Tumgik
#libri russi
Text
Seguitemi su instagram ;*
0 notes
gregor-samsung · 2 months
Text
“ «Com'è strano, — pensava Veročka — già le sapevo dentro di me, già le presentivo, tutte le cose che ha detto sulle donne, sui poveri, sull'amore. Dove le ho imparate? Forse nei libri che ho letto? No, non là. In quei libri ci sono tanti dubbi, tante riserve, e ogni cosa sembra insolita, incredibile. Come si trattasse di sogni belli, ma irrealizzabili! A me sembra invece che questi sogni siano semplici, semplicissimi, comuni, che senza di essi non si possa vivere, che si dovranno avverare senz'altro. Eppure, secondo me, questi libri sono ottimi. George Sand; per esempio, è così buona e morigerata, eppure, tutto in lei è sogno! E i nostri? No, nei nostri non si parla di questo. In Dickens, invece, sì, ma tutto è come senza speranza; certo, lui se l'augura, perché è buono, però sa bene che non si avvererà. Come fanno costoro a non sapere che in mancanza di questo non si può vivere e che bisogna darsi da fare, e si lavorerà senz'altro, perché non ci siano più uomini poveri e infelici? Ma che, forse non lo dicono? Dire lo dicono, ma provano solo pietà, mentre pensano che tutto resterà com'è ora: sì, qualcosa migliorerà, ma per il resto. No, essi non dicono le cose che io penso. Se le dicessero, saprei che le persone buone e intelligenti ragionano come me. E invece sinora ho creduto di essere l'unica a pensarla così, perché sono una stupida. Nessuno pensa come me, nessuno si aspetta che le cose cambino realmente. E ora lui assicura che la sua fidanzata ha detto a tutti coloro che l'amano che le cose andranno proprio secondo le mie idee. E ha parlato così chiaramente, dice lui, che tutti già lavorano perché tutto avvenga al più presto. Che donna intelligente! Ma chi è? Lo saprò di certo. E come sarà bello, quando non ci saranno più poveri, quando nessuno sarà costretto a ricorrere agli altri per bisogno, quando tutti saranno allegri, buoni, felici...». Assorta in queste riflessioni, Veročka si addormentò, e dormì profondamente, senza sognare.  “
Nikolaj Gavrilovič Černyševskij, Che fare?, traduzione e cura di Ignazio Ambrogio, Edizioni Studio Tesi (collana Collezione Biblioteca, n° 85), Pordenone, 1990; p. 78.
 NOTA: Il testo originale (Что делать?), che Černyševskij scrisse in prigionia nella fortezza di Pietro e Paolo a San Pietroburgo, cominciò ad essere pubblicato a puntate nel 1863 sul mensile letterario russo Sovremennik sino a quando le autorità sequestrarono l’intera opera, ritenuta sovversiva. Il libro circolò quindi clandestinamente fino alla pubblicazione integrale nel 1905, all’inizio della breve stagione riformista dello zar Nicola II.
9 notes · View notes
princessofmistake · 4 months
Text
Il reciproco isolamento nuoce talvolta straordinariamente alla vera amicizia.
4 notes · View notes
inhiatusfromlife · 1 month
Text
nuova rubrica 'forse mi laureo'
2 notes · View notes
soprabito · 2 years
Text
Cose che sto leggendo
Ho letto molto, in questi ultimi giorni. Il caldo ha reso praticamente impossibile il lavoro a maglia, il terrazzo è fresco e per ora non invaso dalle zanzare, i libri sono tanti e il risultato è chiaro. Non che normalmente non trovi il tempo di leggere. Nè che stia a contare quanti libri leggo. Ma così a occhio e croce mi è sembrato di aver letto un po’ di più. Sono certa che volete sapere che…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
sauolasa · 2 years
Text
Kiev: la messa al bando dei libri russi divide librai e lettori
Nel processo di "derussificazione" dell'Ucraina, Kiev ha approvato due leggi che mettono al bando gli scrittori contemporanei russi e la musica russa (di autori con cittadinanza russa da dopo il 1991); ma alcuni librai ucraini protestano
0 notes
ilpianistasultetto · 9 months
Text
Ma no, dai! Non puo' essere vero! Ma ti pare che un paese democratico come gli USA si mette a fare le cose che fanno i despoti e i tanti dittatori sanguinari sparsi per il mondo? Ma come puo' passare nella testa che un Democratico come Reagan o come Biden si comporti come un Putin qualsiasi? Gli americani e' gente che parla, discute, rispetta le opinioni e le scelte di tutti. Non sono mica come i russi che appena una cosa non gli va bene, dichiarano guerra, avvelenano o fanno saltare in aria i loro avversari politici. Questo e' quanto, media, giornali, libri, riviste, ci hanno raccontato dal 1945 ad oggi. Poi, si alza un ex presidente del Consiglio italiano e dice che l'aereo Itavia caduto nel mar Tirreno nel 1980 con 81 italiani a bordo e' caduto per colpa dei francesi su ordine americano. Si doveva eliminare Gheddafi abbattendo l'aereo su cui volava e invece si sbaglio' bersaglio. Azz..axx.. e ancora azz. Ma allora i russi hanno solo copiato certi metodi, non li hanno inventati loro. La fortuna dell'Italia e' che adesso non ci sono i "pappemolli" di una volta, non ci sono i sinistri asserviti o l'amico "Giuseppi"..No! Adesso governa una con le palle, una tutta Patria e Famiglia, un'autentica patriota. Vedrete che uno di questi giorni, Giorgia Meloni fara' finalmente un viaggio negli USA non per la solita passerella ma andra' da Biden e gli fara' sputare tutti i denti finche' confessi e renda giustizia alle 81 vittime italiane.."Biden, sei avvisato! Sarai tra quelli che Giorgia rincorrera' per tutto il globo terracqueo". @ilpianistasultetto
32 notes · View notes
cancheabbaiamorde · 11 months
Text
Il livello di credibilità e di professionalità di giornalisti e analisti delle nostre TV non è degno di un paese del 3° mondo.
Sono solo insulsi ripetitori di interpretazioni stereotipate di meschina propaganda. Basta vedere cosa hanno scritto sul presunto golpe in Russia.
Un commentatore esperto e onesto racconta la cosa in un tutt’altro modo. Tutto ha inizio con la battaglia di Bakmuth. Chi sa le cose direbbe subito che l’obiettivo russo non era conquistare la città ma distruggere il nemico al suo interno.
Lo aveva detto il generale Gerasimov  il 18 ottobre scorso: non andiamo più avanti facendo grandi operazioni ma aspettiamo gli ucraini che avanzano e lo distruggiamo. Lo aveva capito il NYT che il 27 novembre aveva scritto:  “Bakmuth è il buco nero in cui Kiev perderà le sue truppo”.
E’ esattamente quello che è successo. Mosca avave dato a Progozhin 6 mesi di tempo per ottenere il risultato, fine ottobre – fine aprile.
La Wagner ha fatto il suo lavoro e il ministero, ad aprile, dice:  “bene, missione compiuta, arrivederci”.
Solo che Bakmuth non era completamente conquistata, perché l’obiettivo non era quello ma distruggere il nemico.
C’era ancora qualche palazzo da ripulire ed è a quel punto che Progozhin ha cominciato a protestare  ontro il ministero della difesa, non contro Putin, perché non riceveva più rifornimenti.
Logico per il ministero perché il lavoro era terminato e le armi servivano per l’esercito ordinario.
E’ lì che è iniziato lo psicodramma di maggio che ha condotto  ad una proroga del contratto fino al 21 maggio. Così la Wagner ha elimato anche le ultime sacche di resistenza ucraina e Prigozhin ha potuto dichiarare ufficialmente la presa di Bakmuth.
I russi hanno ben capito che difficilmente potevano integrare una società privata in una operazione militare condotta da un esercito, per motivi tecnici, legali e funzionali. Hanno così deciso di far ritirare completamente la Wagner, anzi di scioglierla  per integrare i componenti in qualche forma nell’esercito sotto il comando dello stato maggiore. Questo doveva essere fatto il 23 giugno. Qui si comincia a capire perché Progozhin ha ricominciato ad attaccare Shoigu e Gerasimov.
Stava cercando di difendere la sua “azienda” , protestando con chi voleva che portasse i libri in tribunale. In nessun momento ha detto di voler rovesciare il governo, mentre ha detto continuamente di avercela con chi era responsabile dello smantellamento di Wagner.
La Wagner, come compagnia privata poteva andar bene solo per una operazione speciale, in cui lo stato Russo non compare ufficialmente in guerra. Ma nel momento in cui si tratta di difendere i territori annessi del Donbass, allora è necessario utilizzare  l’esercito nazionale e i mercenari vanno in qualche modo esclusi. Tutte le altre compagnie private presenti in Ucraina, hanno accettato di sciogliersi, solo Progozhin, per interessi personali, ha tentato di resistere.
Putin non lo poteva accettare ed è per questo che è intervenuto duramente con l’accusa di tradimento. La repressione di Putin è stata molto meno dura di quella per una ribellione armata, ma alla fine si è dimostrata una mediazione efficace nel risolvere il problema,  dimostrando che Putin è un uomo di compromesso al contrario di come lo si dipinge in occidente. Insomma non c’è proprio nessun elemento che possa portare a parlare di colpo di stato. Stiamo parlando di una faccenda puramente commerciale.
Progozhin no ha voluto difendere la Russia ribaltando il governo, ha voluto difendere la sua azienda e i suoi affari;  il suo interesse è strettamente personale e finanziario.
Progozhin non è né un uomo politico, né un militare; è un uomo d’affari che ha voluto sfruttare fino in fondo, a suo vantaggio, la notorietà dopo la presa di Bakmuth. La storia raccontata dai media occidentali è solo fantapolitica interessata a compiacere l'establishment.
@fortnardelli
43 notes · View notes
cinquecolonnemagazine · 2 months
Text
Volevo scrivere Epico
L’Epico è il genere che preferisco: è un incontro e uno scontro di personalità titaniche, di grandi imprese, di avventure strepitose, di un senso cupo e fatale del destino, dell ineluttabilità’ della vendetta e della morte. Delle guerre di qualsiasi tipo. Di sentimenti estremi. Amavo l’Iliade, l’Eneide, Il Conte di Montecristo, I Miserabili, Guerra e Pace, Faulkner, Steinbeck, amo i grandi americani di praterie e conflitti, i russi delle distese steppose e siberiane. Un raccontare arioso e drammatico che arriva e coinvolge il mondo, perché dell’anima del mondo parla. Senonché il mondo è sempre stato degli uomini: sono loro che cacciavano, difendevano il territorio, attaccavano il nemico, marciavano verso la vendetta, avevano odi e amori al limite del crimine, sostenevano le sorti del mondo, comandavano fuori e dentro casa. Si chiama patriarcato. Le donne stavano a casa, a esercitare le virtù dell’accudimento e della pazienza, a curare la prole, a cucinare, ricamare, curare l’habitat interno. a custodire la vita. Nel ristretto ambiente familiare, a contatto con altre donne e marginali al mondo straordinario degli uomini, non potevano che concentrarsi sulle emozioni e sui sentimenti, sulle dinamiche dei rapporti di condivisione casalinga, sull’attenzione alle piccole cose quotidiane mentre gli uomini costruivano l’eterno. Nei grandi romanzi epici ci sono grandi figure di donne quasi sempre in veste di mogli, madri, amanti, curatrici e consolatrici di feriti e moribondi. Quando si ribellano esplodono verso il loro nemico diretto che è la famiglia, come Medea, Clitennestra, Antigone. Il mondo separato in cui si sono sempre mosse donne e uomini non poteva non produrre, tranne che in pochi casi spesso maturati in ambienti evoluti, una letteratura separata che ancora persiste. È un prodotto culturale più che naturale: i libri degli uomini grondano muscoli di forza e coraggio, quelli delle donne di sentimenti intimi e introspettivi. Le donne raccontano il piccolo, i luoghi, l’ambiente, i sentimenti nel particolare, che gli uomini neppure vedono. Anche in tempi di rivendicazioni femministe? Anche. Perché nonostante che la parità tra uomo e donna sia assicurata, dove è assicurata, sulla carta, persiste una cultura del potere maschile che pregna le società e condiziona le donne stesse, secondo a quella “violenza simbolica” di cui parla il sociologo Bourdieu. Ci vorranno anni per scalzarla. Attenti uomini però: navigate mari e terre, vi attestate l’epica del mondo, ma non riuscite ancora a conoscere il femminile, che liquidate come cose da donne. Perché non entrate nei loro mondi neppure attraverso la lettura. Noi invece che i libri degli uomini li leggiamo, e ci riflettiamo, gli uomini li conosciamo più di quanto si conoscano loro stessi. E l’incontro e non il conflitto tra i sessi passerà proprio da noi, quando vi deciderete ad ascoltarci, a leggerci, a capirci. Foto generata con Copilot per Cinque Colonne Magazine Read the full article
2 notes · View notes
libriaco · 1 year
Text
Le coincidenze
All'improvviso è comparso, sul mio comodino, un libro di Leskov: "Una famiglia decaduta".
Quel bel piano di legno, dove riposano pile di cartalibri, un ereader, due cellulari, due tablet, un paio di cuffiette bluetooth, un power-bank, una moleskine per le note e alcuni lapis, evidentemente è stato l'oggetto di una 'messa in ordine' da parte di mia moglie. Ora, io considero quell'ampia superficie una naturale estensione delle mie scrivanie (plurale!) e quindi soggetta alla stessa regola che vige per loro: nulla deve essere toccato, spostato, aggiunto o tolto, pena il mio impazzimento nel ritrovare un qualsiasi oggetto che, con memoria fotografica, ricordo a quale livello di stratificazione appartenga, vicino a cosa sia e perché lo abbia amorevolmente accomodato lì (certo in attesa che, un anno o l'altro, mi punga vaghezza di riaverlo tra le mani). Questa 'riorganizzazione' del piano in noce mi ha proprio infastidito ma mi sono ben guardato dal fare commenti; si sa, siamo nel periodo delle feste...
Il libro era in bella evidenza, chissà perché; se siete buoni lettori sapete senza dubbio che i libri, dotati di una vivace vita autonoma, spesso si nascondono e non si fanno trovare nonostante ricerche capillari, per poi sbucare fuori, all'improvviso, dove meno ci si aspetta. Questo libro però io non lo stavo cercando, quindi, da bell'esibizionista, ha evidentemente trovato il modo di mettersi in mostra per imperscrutabili motivi tutti suoi. Si tratta di un economicissimo pocket Longanesi, risale alla fine degli anni '60 e quasi certamente apparteneva alla biblioteca di mio suocero; però il romanzo devo averlo letto anche io, nel periodo adolescenziale dell'innamoramento con gli scrittori russi; sicuramente dopo i Grandi, però. Lo sfoglio e vado a cercare chi ne sia il traduttore: noi common readers abbiamo un sacco di fissazioni, una di quelle che ho io è di sapere chi traduca/tradisca i testi che leggo; nel caso specifico si tratta di una coppia: Dan Danino di Sarra e Leo Longanesi. Rimango perplesso: mi passa per la mente che il primo, sconosciuto, sia un nom de plume; che Leo Longanesi conoscesse il russo non l'ho mai saputo e forse ha solo 'aggiustato' la traduzione, facendo da editor al primo traduttore: in fondo lo ha pubblicato nella sua stessa casa editrice e avrà voluto avere un buon 'prodotto'.
Faccio qualche ricerca e scopro che Dan Danino (detto Dante) di Sarra era uno slavista, profondo conoscitore di lingue e civiltà slave, docente presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli, traduttore di autori russi, polacchi e cèchi tra cui Ljeskov, Gor’kij, Achmatova. "Il suo curriculum annovera attività didattica, pregevoli traduzioni di autori russi, polacchi e cèchi, autorevoli riconoscimenti per la promozione della cultura dell’Est in Italia, collaborazioni a riviste nazionali e straniere di rilevanza intellettuale, rigorose ricerche filologiche nel grande gruppo delle lingue slave. La severità dei suoi studi lo pose tra gli intellettuali bene considerati nei Paesi slavi e nel mondo della Slavistica italiana."  Leggo  QUI. Lo studioso era originario di Fondi. Quest'ultima informazione mi fa accendere, fioca, una lampadina: Fondi, Alberto Moravia, Elsa Morante, “La ciociara”... (uno dei peggiori libri che abbia mai letto).
Approfondisco e scopro che quando Moravia e consorte sfollarono da Roma nel 1943, sperarono di essere aiutati proprio da due loro buoni conoscenti che vivevano a Fondi: i giovani fratelli di Sarra; all'arrivo nel paese non trovarono però Dante, che era impegnato in una docenza a Bratislava, tuttavia la sua famiglia, per i coniugi Pincherle  (che si erano sposati nel 1941, testimone di nozze Leo Longanesi...), riuscì a trovare, nei dintorni, una casetta dove si rifugiarono per mesi e dove Moravia scrisse “La Ciociara”, il suo capolavoro (ironia, eh, ironia!).
Resto tuttavia pensieroso: perché il libro sarà improvvisamente comparso in bella vista? Vorrà ricordarmi di andare a leggere anche "L'angelo suggellato" di cui mi parlò con calore un'amica tempo fa? Mi starà suggerendo di riprendere in mano il saggio di Benjamin su Leskov?   Vorrà che lo rilegga perché il messaggio che mi deve comunicare è contenuto proprio nel testo? Oppure c'è  qualcos'altro che non ho ancora capito?
N. Ljeskov (sic) [Захудалый род - Zahudalyj rod, 1874 ], Una famiglia decaduta, Milano, Longanesi, 1967 [Trad. D. di Sarra, L. Longanesi]
19 notes · View notes
Text
Tumblr media
Incipit "Amore colpevole", Sofja Tolstaja.
Nella mia pagina ig potete trovare anche incipit letterari russi, i più famosi e anche i meno conosciuti.
ig: @russianliteraturequotes_
0 notes
gregor-samsung · 2 years
Text
“ Dopo Beslan lo slogan di Putin è stato à la guerre comme à la guerre, la verticale del potere va rafforzata. E lui l’ha resa completamente dipendente da un solo e unico uomo (se stesso), che sa meglio di chiunque altro come garantirci dagli attentati. È stata modificata anche la procedura per l’elezione dei governatori: Putin ha insistito affinché venisse abolita l’elezione diretta, causa prima – a suo dire – della loro condotta irresponsabile. Non una parola, non un’allusione riguardo al fatto che a Beslan gli uomini del presidente – Zjazikov e Dzasochov – si erano comportati da codardi, che non avevano fatto altro che mentire dimostrando di essere degli emeriti buoni a nulla. Sullo sfondo della riforma suddetta è stata inoltre portata avanti una massiccia campagna di lavaggio del cervello: si è continuato a ripetere che durante la tragedia di Beslan le autorità avevano tenuto una condotta ineccepibile e nulla di più efficace poteva essere fatto. Per creare una cortina fumogena è stata anche costituita un’apposita commissione parlamentare d’inchiesta, il cui presidente – il signor Toršin – è stato ricevuto al Cremlino per ascoltare da Putin i consigli del caso. La commissione, va da sé, non è mai uscita dal seminato. A Beslan, intanto, si erano resi conto che nessuno si stava più occupando di loro. La televisione si concentrava solo sugli aspetti positivi: il sostegno agli ostaggi, i dolci e i giocattoli per i bambini... Ma i dispersi? Passarono i quaranta giorni del lutto. Vennero celebrati i funerali ufficiali. La televisione non trasmise un solo fotogramma dei genitori straziati. “
Anna Politkovskaja, La Russia di Putin, traduzione di Claudia Zonghetti, Adelphi (collana Gli Adelphi, n°639), 2022⁴; pp. 365-366.
[1ª Edizione originale: Putin’s Russia, The Harvill Press, London (UK), 2004]
36 notes · View notes
princessofmistake · 4 months
Text
E un dolore vero, indubbio, è capace di rendere talvolta posato e forte, sia pure per poco tempo, anche un uomo fenomenalmente leggero; non solo, ma per un dolore vero, sincero, anche gli imbecilli son diventati qualche volta intelligenti, pure, ben inteso, per qualche tempo; il dolore ha una tale potenza.
1 note · View note
francesca-fra-70 · 1 year
Text
In Ucraina a Kiev si bruciano i libri russi. Cosa vi ricorda? Ah...i vecchi tempi!😏
Tumblr media
11 notes · View notes
Me la prendo, invece. Perché è da mezzo secolo che i comunisti tentano di procurarsi l’esclusiva della Resistenza, far credere che l’hanno fatta loro e basta. Quando la si celebra nelle piazze si permettono addirittura di cacciare chi non sventola la bandiera rossa. Qualche anno fa questo accadde anche a Milano. Del resto l’hanno fatto anche in Vietnam. Il Fronte di Liberazione Nazionale vietnamita era composto da uomini e donne di varie correnti politiche, a combattere nel Sud non c’erano i comunisti e basta. C’erano anche i buddisti, i cattolici, i liberali. Ma di loro non si parlava mai. Già nel 1967, cioè l’anno in cui io andai per la prima volta in Vietnam, si parlava dei vietcong (vietnamita-comunista) e basta. La parola Vietcong era entrata nell’uso comune anzi nel vocabolario fino a sintetizzare le altre, e sai perché? Perché, già allora, i comunisti s’erano appropriati dell’Fln quindi della Resistenza. Proprio come certi comunisti italiani hanno tentato, ancor oggi tentano, di fare in Italia. E ciò non è soltanto un insulto alla Storia: è un insulto ai morti altrui. È come dire che nei campi di concentramento tedeschi sono morti gli ebrei e basta, che i non-ebrei cioè i cattolici polacchi, i prigionieri russi, gli zingari, gli omosessuali, gli antifascisti di ogni nazionalità e religione incominciando da Mafalda di Savoia e dalla figlia di Nenni che morì a Dachau, stavano lì in vacanza. Comunque i motivi per cui in quella Sinistra non mi piace nessuno sono ben altri.
Quali?
Quelli di cui parlo nei miei due ultimi libri. Quelli che conoscono tutti. Il terrorismo intellettuale che, applicando la medesima strategia seguita per impadronirsi delle Resistenze, quella Sinistra esercita da sessant’anni. Il lavaggio cerebrale cui ha sottoposto la gente dandogli a bere che chi non gioca nella sua squadra di calcio è un cretino anzi un retrogrado, un reazionario, una persona spregevole e destinata all’Inferno. Poi, l’egemonia culturale che grazie a ciò ha stabilito in tutti i gangli della società. Nelle scuole, nelle università. Nei giornali, nelle televisioni. Nelle case editrici, nel mondo della musica, nel cinema. Nell’esercito, nella polizia, nella magistratura.
Oriana Fallaci
4 notes · View notes
klimt7 · 1 year
Text
Tumblr media
.
DARE ALLA LUCE
.
Il Natale è il compleanno di tutti e ciascuno, perché ci faremmo i regali altrimenti?
L’ho capito meglio guardando un capolavoro di Raffaello in mostra al Museo diocesano di Milano per il periodo natalizio. Si tratta di un rettangolo di legno (predella) diviso in tre scene che faceva da base al dipinto collocato nella cappella degli Oddi in San Francesco a Perugia, da dove fu rubato dai Francesi a fine 1700, per poi finire a Roma nel secolo successivo. La pala lignea era stata commissionata nel 1502 al 19enne Raffaello da Alessandra Baglioni, moglie di Simone degli Oddi, per la cappella dove un giorno avrebbe voluto la sua sepoltura. L’artista, in piena fioritura, consegnò l’opera due anni dopo, dipingendo nella parte verticale la tomba vuota di Maria assunta in cielo, nella base orizzontale le tre scene del Natale: annunciazione dell’angelo (concepimento), adorazione di Magi e pastori (nascita) e presentazione al tempio (introduzione del bambino nella comunità). Lo spettatore vede quindi una giovane ragazza che dà alla luce un bambino a cui molti fanno festa. E che cosa ci sarebbe di straordinario? Raffaello mi ha risposto nella prima delle tre scene. Come?
Nella prima scena Raffaello dipinge la figura più bella di tutta la predella, quella di un ragazzo che entra di corsa nella stanza di una ragazza. Entrambi hanno l’indice alzato, segno che stanno parlando.
Al centro della scena non ci sono loro ma uno spazio vuoto, che permette di guardare, attraverso una finestra spalancata, il paesaggio retrostante nel quale si intravede un ponte che conduce verso le torri di una città incastonata tra le colline.
Di che parlano? Il messaggero (in greco angelo) le propone di diventare madre e lei chiede spiegazioni non essendo sposata. Nel mito antico quando un dio vuole una donna se la prende con la forza, qui no: dialogano. Lo spazio vuoto (innovazione di Raffaello: la tradizione pittorica voleva che al centro ci fosse un personaggio) che separa il messaggero e la ragazza è la libertà: la Vita propone, l’uomo dispone.
quel verbo presente in ogni uomo o una bianca fuga dalla realtà.
Tempo fa ho scoperto che la mia parola-azione era già nel mio nome, Alessandro, in greco protettore dell’uomo: vengo al mondo, cioè nasco ogni giorno di più, nella misura in cui provo, con i miei limiti, a custodire il destino di persone (a scuola, nelle amicizie, in amore) e di personaggi (nei libri). Così pro-creo, mi salvo (mi compio) e salvo (compio) un po’ di mondo. Il Natale resiste nei secoli perché ci ricorda che c’è un verbo, parola-azione, che vuole farsi carne in noi: Natale è quindi fare spazio, liberarsi dalle menzogne di destino, ricevere l’ispirazione autentica e portarla al mondo nella propria carne. Non c’è Natale, nascita, senza con(ce)pimento: una ragazza qualunque di duemila anni fa mi ricorda che esistere non è «venire alle luci della ribalta» ma «dare alla luce nella carne».
Raffaello mi conferma che ogni persona è luce del mondo, lui che a 12 anni aveva risposto alla sua chiamata, cambiando città, per andare a bottega dal maestro migliore (Perugino), per poi affrancarsene e compiere il suo Natale terreno a soli 37 anni, come dice provocatoriamente un personaggio nei Demoni (coloro che vogliono «salvarsi» da soli) di Dostoevskij:  «Io dichiaro che Shakespeare e Raffaello stanno al disopra dell’affrancamento dei contadini, del nazionalismo, del socialismo, della chimica, di quasi tutto il genere umano, perché sono già il frutto, il vero frutto di tutto il genere umano! Sono una forma di bellezza già raggiunta, senza la quale io, forse, non accetterei neanche di vivere. Senza gli Inglesi l’umanità può ancora vivere, senza la Germania può vivere, senza i Russi può vivere anche troppo bene, senza la scienza può vivere, senza pane può vivere, ma senza la bellezza no, perché allora non avrà assolutamente nulla da fare al mondo! Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui! Senza la bellezza, lo sapete, voi che ridete, che non inventerete nemmeno un chiodo?»
Senza bellezza, che è vita concepita e salvata (compiuta), non c’è nulla da fare al mondo, manca l’ispirazione anche solo per un chiodo, figuriamoci per vivere. Le luci del Natale che, sin dai tempi antichi, segnalavano il rinnovato prevalere della luce sul buio nelle 24 ore del giorno, ci aiutano, una volta l’anno, credenti o no, a prendere in considerazione che ogni singola vita è fatta per venire alla luce, essere parola-azione, pro-creazione e salvezza del mondo.
Il Natale che tutti, volenti o nolenti festeggiamo, è iniziato nella stanzetta di una ragazza di un villaggio sperduto di due millenni fa. Se prendessimo la e le vite con la stessa serietà di questo racconto, quanto Natale concepiremmo ogni giorno! E poi quanta luce daremmo al mondo e quanto mondo daremmo alla luce!
.
[ A. D'avenia - Corriere della sera del 12/12/2022 ]
.
.
.
7 notes · View notes