Tumgik
#riformismo
gregor-samsung · 1 month
Text
“ «Com'è strano, — pensava Veročka — già le sapevo dentro di me, già le presentivo, tutte le cose che ha detto sulle donne, sui poveri, sull'amore. Dove le ho imparate? Forse nei libri che ho letto? No, non là. In quei libri ci sono tanti dubbi, tante riserve, e ogni cosa sembra insolita, incredibile. Come si trattasse di sogni belli, ma irrealizzabili! A me sembra invece che questi sogni siano semplici, semplicissimi, comuni, che senza di essi non si possa vivere, che si dovranno avverare senz'altro. Eppure, secondo me, questi libri sono ottimi. George Sand; per esempio, è così buona e morigerata, eppure, tutto in lei è sogno! E i nostri? No, nei nostri non si parla di questo. In Dickens, invece, sì, ma tutto è come senza speranza; certo, lui se l'augura, perché è buono, però sa bene che non si avvererà. Come fanno costoro a non sapere che in mancanza di questo non si può vivere e che bisogna darsi da fare, e si lavorerà senz'altro, perché non ci siano più uomini poveri e infelici? Ma che, forse non lo dicono? Dire lo dicono, ma provano solo pietà, mentre pensano che tutto resterà com'è ora: sì, qualcosa migliorerà, ma per il resto. No, essi non dicono le cose che io penso. Se le dicessero, saprei che le persone buone e intelligenti ragionano come me. E invece sinora ho creduto di essere l'unica a pensarla così, perché sono una stupida. Nessuno pensa come me, nessuno si aspetta che le cose cambino realmente. E ora lui assicura che la sua fidanzata ha detto a tutti coloro che l'amano che le cose andranno proprio secondo le mie idee. E ha parlato così chiaramente, dice lui, che tutti già lavorano perché tutto avvenga al più presto. Che donna intelligente! Ma chi è? Lo saprò di certo. E come sarà bello, quando non ci saranno più poveri, quando nessuno sarà costretto a ricorrere agli altri per bisogno, quando tutti saranno allegri, buoni, felici...». Assorta in queste riflessioni, Veročka si addormentò, e dormì profondamente, senza sognare.  “
Nikolaj Gavrilovič Černyševskij, Che fare?, traduzione e cura di Ignazio Ambrogio, Edizioni Studio Tesi (collana Collezione Biblioteca, n° 85), Pordenone, 1990; p. 78.
 NOTA: Il testo originale (Что делать?), che Černyševskij scrisse in prigionia nella fortezza di Pietro e Paolo a San Pietroburgo, cominciò ad essere pubblicato a puntate nel 1863 sul mensile letterario russo Sovremennik sino a quando le autorità sequestrarono l’intera opera, ritenuta sovversiva. Il libro circolò quindi clandestinamente fino alla pubblicazione integrale nel 1905, all’inizio della breve stagione riformista dello zar Nicola II.
9 notes · View notes
antonelladallomo · 2 years
Text
Il sindacato non esiste più da un pezzo...
Il sindacato non esiste più da un pezzo…
Da quando gli insegnanti e tutto il personale pubblico è stato penalizzato dal punto di vista dello stipendio, da quando un concorso abilitante già pagato è caduto nel dimenticatoio, da quando la scuola tira avanti come il fanalino di coda della società, insieme a sanità e cultura, io direi che non solo il sindacato è finito, ma anche la presunta sinistra riformista non ha più ragione di farsi…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
forgottenbones · 5 months
Text
youtube
"...interrompiamo il PDS per un'edizione straordinaria del TG4..."
1 note · View note
rideretremando · 2 months
Text
"Ieri sera sono andato a sentire Bifo (gli ho anche stretto la mano, cosa che ancora stamattina, a ripensarci, mi riempie di soddisfazione).
Adesso però mi sto ridicendo in testa tutte le cose che mi sono venute in mente ascoltandolo (come sempre mi succede, perché sono un polemico di merda e sviluppo pensieri solo in maniera parassitaria, quando qualcuno dice qualcosa a me viene in mente qualcosa di opposto o di diverso o di derivativo). Una la scrivo, perché c’entra col mio lavoro di insegnante e con le cose che vedo tutti i giorni.
L’incontro era pieno di vecchi (vecchi forse è troppo sprezzante come parola, diciamo anziani, o vegliardi, o senescenti, anche perché era un ottimo uditorio, composto da persone di buone letture, dal pensiero attivo) nonostante quella di Bifo fosse fondamentalmente un’invettiva contro il pensiero senile, il potere senile, la mentalità del novecento (paradosso denunciato da lui medesimo durante l’incontro: un uomo di 75anni che inveisce contro altri uomini di 75 anni, un europeista che inveisce contro l’europa, un militane che invita alla diserzione, un sostenitore di una lista politica che si augura che la sua lista politica non entri in parlamento ecc, il pensiero paradossale è una delle cose tante cose belle del pensiero di Bifo e ieri è stata una goduria).
Comunque torniamo al fatto che Bifo si rivolgeva alla gioventù, e in effetti l’incontro era stato organizzato da giovani di venti-trent’anni, e alcuni erano in sala ad ascoltare (credo più che altro l’entourage dell’organizzazione, diciamo che su 100 persone ce ne saranno state una trentina sotto i 40, e siccome quelli di questa età non facevano altro che muoversi per la stanza con telecamere, macchine fotografiche, telefoni, treppiedi ecc, ne ho dedotto che molti avessero a che fare con l’organizzazione) e ad annuire o sorridere sornioni a ogni imbeccata dell’oratore.
Gli interventi post-orazione, invece, come c’era da aspettarsi, sono stati monopolizzati da 60-70enni che replicavano al nichilismo di Bifo obiettando con le solite argomentazioni degli attivisti, di chi ha fatto la contestazione, ha vissuto gli anni 70, la speranza, la rivoluzione/il riformismo ecc ecc (nobilissime idee, dico “solite” tanto per spicciarci).
A un certo punto si alza finalmente un ragazzo e sembra la pubblicità delle Vigorsol quando finalmente arriva il fresco e l’aria si muove e suona la sveglia oppure si apre una finestra e una balena si schianta sulla scrivania, e insomma il ragazzo riconduce tutti al centro della riflessione di Bifo, o se non altro alla parte della sua riflessione che era stata negletta dall’uditorio e dagli interventi spontanei: “Siamo di fronte a una generazione [quella dei ventenni] che ha imparato più parole da una macchina che dalla propria madre”. Da questo postulato, a cascata, una serie di corollari: sono “socialmente anaffettivi”, “incapaci di solidarietà” (un po’ come i gatti: imparano a fare le fusa solo se non li togli troppo presto dalla cucciolata), “sono depressi di una depressione non patologica, ma anzi sana, essendo questa il sintomo della consapevolezza: se non fossero depressi sarebbero deficienti”.
Ora, vabbe’, il ragazzo che è intervenuto parlava con vigore e con chiarezza (per me è stato illuminante e allo stesso tempo avvilente accorgermi che anche per parlare serve il vigore della gioventù, anche per dire con la voce le cose in modo semplice ed efficace ci vuole l’energia di un corpo giovane, e che la mente tiene dietro al corpo e viceversa) e anche a me è venuto da applaudirlo fortissimo: finalmente uno che ci riporta al nocciolo della questione.
Bifo, visibilmente soddisfatto dell’intervento, che rimproverava la scarsa presenza dei giovani in sala e motivava il fatto che questi non prendessero parola proprio per conformità con quanto esposto dall’oratore stesso (i ragazzi hanno compreso che disertare è l’unica via, e si astengono, rinunciano consapevolmente, anche a esprimersi, specie in un consesso senile con il quale non condividono più nessun orizzonte), ha rafforzato questo pensiero e si è congedato.
Io invece mi rigiravo in testa il pensiero che per quanto energicamente espresse e teoreticamente ben motivate, avevo ascoltato idee che adesso mi lasciavano un sacco di perplessità che adesso mi dovevo risolvere da solo (lo so che lo scopo di ogni buona orazione è questo, però OGNI TANTO potreste anche prevedere che esistiamo NOI PIGRI).
Voglio leggere il libro di Bifo, perché di sicuro mi chiarirà questi dubbi, il primo dei quali riguarda proprio la proposizione -assioma: “Una generazione che ha imparato più parole da una macchina che dalla propria madre”.
Quando l’avevo sentita dire a Bifo, mi aveva confuso: ero convinto che parlasse della MIA generazione.
Io ho 50 anni, ho imparato più parole da una macchina (la tv) che da mia madre.
Se la mia generazione avesse imparato più parole dalla famiglia che dalla tv probabilmente avrebbe parlato prevalentemente il dialetto siciliano.
Sono anche abbastanza certo che eravamo esposti alla tv (e nella primissima infanzia alle favole ascoltate dai mangianastri, e intorno agli otto anni ai videogiochi, e alle vhs, e poi ai dvd, ecc) per tempi molto simili, se non più lunghi, di quelli cui i ventenni di oggi sono stati esposti al cellulare. Allora come oggi, le famiglie progressiste più avvertite si affannavano a disciplinare il consumo di televisione e videoregistratore e consolle di videogiochi (e poi computer) esattamente come è accaduto alle famiglie degli attuali ventenni con l’uso dei telefoni, dei tablet ecc.
Allora come oggi, il segno distintivo del progressismo di sinistra erano affermazioni come: mio figlio non ha la tv, o guarda la tv al massimo per un’ora al giorno e sotto la mia supervisione, stessa frase che ho sentito e sento dire ai genitori dei miei studenti riguardo ai cellulari, i tablet ecc.
Quindi sì, non dubito affatto che questa generazione di venti-trentenni abbia imparato più parole da una macchina che dalla madre, però dubito seriamente che sia la prima a cui sia accaduto, e dubito anche che sia quella a cui è accaduto in misura maggiore (molti della mia generazione e delle generazioni limitrofe alla mia sono stati letteralmente ALLEVATI dalla televisione).
Certo, può darsi che io stia cogliendo solo la lettera di quanto hanno sostenuto Bifo e il 20enne che ha parlato ieri sera, però appunto, se in questa affermazione c’è uno spirito che va oltre la lettera, lo scoprirò grazie al libro. Questa idea di novità assoluta (la prima generazione che ha imparato più parole da una macchina che dalla madre) ieri ha fatto ha fatto raggiungere al il ragazzo che ha fatto l’intervento una punta di lirismo. Non so se la ricordo bene, ma era una cosa tipo: io non posso nemmeno più guardare il sole come lo guardava mio padre. Qualcosa di simile, insomma, che credo sottintendesse cose come: il mio sguardo è inficiato dalla macchina anche quando mi trovo di fronte a un panorama naturale commovente, struggente, ecc, lo vedo e penso a fotografarlo o a riguardarlo in video ecc.
Ok, verissimo, ma pure questo, boh: è una novità? La mia generazione ha commentato miliardi di panorami e fenomeni naturali con la frase: sembra un film, o sembra Tomb Rider, o sembra finto, intendendole come dei grandissimi complimenti o comunque prendendole per quello che esattamente erano: la prima analogia che ci veniva in mente.
Nemmeno io ho potuto guardare il sole come lo guardava mio padre, e mio padre non l’ha guardato come lo guardava mio nonno.
Aggiungo anche che pure io sono stato depresso, e pure mio padre e pure mio nonno probabilmente lo sono stati, e che nella depressione mondiale e simultanea dei ventenni di oggi forse una novità c’è davvero: la facilità di diagnosi e di ricorso a cure o sostegno mai sperimentata prima nella storia dell’umanità.
Dopo Mark Fisher, l’ipotesi di essere depressi a causa del realismo capitalista si è diffusa tantissimo, però forse è plausibile solo in parte: come in ogni epoca, il capitalismo è di sicuro una delle concause della depressione, la macroeconomia c’entra sempre (e quindi un po’ non c’entra neanche nulla, almeno per chi poi deve curare il disagio, visto che bisogna curare l’individuo, ed è difficilotto guarire il pianeta dal capitalismo spinto).
Quindi non so, vedo ragazzi ogni giorno, e a me non sembrano depressi e nemmeno disperati (vorrei tanto che lo fossero, nel bel senso che ha dato ieri alla parola Bifo) e non mi pare nemmeno che i loro problemi possano derivare dall’avere imparato più parole da una macchina che dalla madre (in un certo numero di casi, I me contro te parlano meglio delle madri, conosco famiglie intere che per esprimersi usano un unico fonema: OHU!, il cui senso e significato dipendono unicamente da intonazione e volume ).
Forse invece vedremo presto una cosa davvero nuova (o almeno “più nuova”) in classe. Provo a dire quale.
Io e i ragazzi che finora ho avuto in classe abbiamo imparato parole da una macchina vecchio tipo. Io e loro abbiamo imparato parole da una macchina dentro la quale c’erano degli esseri umani che parlavano.
I prossimi impareranno parole da una macchina dentro la quale ci sarà UN’ALTRA MACCHINA CHE PARLA.
Se vogliamo guardare ancora più avanti, dentro questa macchina con dentro una macchina che parla, per un certo periodo di tempo ci sarà una macchina che parla attingendo parole dal repertorio umano, ma poi, a un certo punto, ci sarà una macchina che attingerà parole dal repertorio delle macchine.
Personalmente, credo che nemmeno a questo punto potremo dichiarare finita l’umanità, e che nemmeno a questo punto un ventenne potrà lagnarsi del fatto che ha diritto a essere depresso, anzi fa bene, perché se non lo fosse significherebbe che è deficiente. Anche se perfino sulla lagna sospendo il giudizio.
Il ragazzo di ieri sera si è lagnato bene, e per me se ti lagni bene, se ti lagni come Leopardi o come Nietzsche ti puoi lagnare quanto ti pare, anzi: lagnati per favore, che mi fai godere molto con le tue lagne. Se invece ti lagni come Giorgia Soleri, ecco, secondo me è più piacevole per tutti se non ti lagni."
Mario Filloley
2 notes · View notes
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti 
L’EVOLUZIONE DELLA PITTURA
Tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, nel “Libro dell’Arte”, Cennino Cennini scriveva che per la pittura «conviene avere fantasia e operazione di mano, di trovare cose non vedute, cacciandosi sotto ombra di naturali, e fermarle con la mano, dando a dimostrare quello che non è, sia. E con ragione merita metterla a sedere in secondo grado alla scienza e coronarla di poesia». Quando Cennino si cimentava nella teoria dell'arte, Giotto, la punta più avanzata della nuova pittura, era già scomparso da oltre sessant'anni, lasciando in eredità l’apertura alla terza dimensione e con essa le infinite possibilità della narrazione, le ambientazioni naturalistiche, l’espressività che connota la psicologia delle figure ritratte, la magia della luce attraverso i colori. Ma anche qualcosa di più: il ruolo della pittura quale strumento principe di nuove forme di visione. Detta così sembra semplice. Eppure, la questione non può limitarsi a registrare il processo di maturazione in atto tra la fine del '200 e gli inizi del '300.La pittura rimase a lungo relegata in una manieristica, ossessiva ripetizione del modello "costantinopolitano": forse per la mancanza di riferimenti alternativi? Forse perché le arti plastiche coglievano le opportunità del tutto tondo ovvero dell’altorilievo che colori e pennelli non erano in grado di equiparare? Cosa accadde ai vari Giunta Pisano, Coppo di Marcovaldo, Cimabue, Giotto e Duccio di Buoninsegna perché si destassero spalancando all’arte scenari inconsueti e fecondi? E perché questo cambiamento, pur timido nelle sue fasi iniziali, si affermò proprio nel momento in cui i modelli bizantini, dopo la IV crociata del 1204 e la conquista di Costantinopoli, proliferavano nell'Europa occidentale? Proviamo a capire. Senza dubbio la pittura era più economica e più rapida da realizzare. Poi, occorre aggiungere, si affermò l’uso della “tavola” dipinta poiché poteva essere rimossa e così fungere anche da icona per le processioni. Naturalmente, non basta. Esisteva un riflesso culturale legato all’opera pittorica, una dimensione nella quale il dipinto è soggetto-oggetto: modificare questa concezione, diffusa e consolidata, diveniva atto di un riformismo radicale che non poteva essere accolto così facilmente. Quindi, la pittura nuova doveva nascere in un mutato ambiente culturale, quando gradualmente le generazioni dell’urbanesimo italiano (e non solo italiano) maturarono paradigmi differenti attribuendo alla figurazione funzioni diverse dal passato. In questa scia ci si accorse che la scultura possedeva una capacità narrativa intensa ma insufficiente a descrivere le novità della rivoluzione commerciale ed il cambiamento dei costumi sociali: sul supporto bidimensionale la descrizione del mondo e dei suoi contenuti è molto più agevole, potenzialmente più ampia, diventa soprattutto una questione tecnica prima che stilistica. Anche le sensibilità religiose si stavano trasformando: influenzate e mediate dagli Ordini mendicanti, presenze che hanno luogo nella città, nella fitta trama di società convulse, tendono a farsi corpo di una nuova espressività, più profonda, più vicina ai sentimenti dei nuovi ceti sociali e del loro protagonismo. Non è un caso se spicca la figura di San Francesco che diventerà uno dei soggetti preferiti della figurazione pittorica. Allo stesso modo, il Cristo crocifisso transita dall’essere "triumphans" al diventare "patiens", mentre la Vergine in trono, che simboleggia l’Ecclesia e tiene in braccio Gesù Bambino, comincia ad assumere in volto un’espressione carica di umano sentimento e di afflato materno. La prospettiva è ancora fragile. Eppure esiste: si tratta di una prospettiva inversa, quella che colloca il punto di fuga verso lo spettatore come per accoglierlo entro la scena rappresentata. Tutti assieme, questi elementi costituiscono i vagiti ancora lontani dell'Umanesimo: è lo spirito che si realizza nella storia.
Giunta Pisano (1190/1200 circa - 1260 circa): Crocifisso, Basilica di San Domenico, 1250/1254, Bologna (particolare)
Coppo di Marcovaldo (1225 circa - 1276 circa): “San Francesco Bardi”, 1250/1260, Basilica di Santa Croce, Firenze
Cimabue (1240 circa - 1302): Crocifisso, 1268/71, Chiesa di San Domenico, Arezzo (particolare)
Duccio di Buoninsegna (1255 circa - 1318 o 1319): "Madonna Rucellai", 1285, Galleria degli Uffizi, Firenze
Giotto (1267 - 1337):“Crocifisso”, 1290/1295, Santa Maria Novella, Firenze e "Omaggio dell'uomo semplice", 1295 /1299, ciclo di affreschi delle "Storie di San Francesco", Basilica Superiore di San Francesco, Assisi
14 notes · View notes
vintagebiker43 · 1 year
Text
Oggi si capisce perchè Elly Schlein ha vinto le primarie del PD.
Infatti solo oggi si viene a sapere cosa aveva detto Fassino:
“Bonaccini è la miglior garanzia di un Pd nuovo, che torna al centro della scena”, “Il riformismo di Bonaccini ci farà vincere”
A portare sfiga con le previsioni è una lotta dura fra lui e il felpetta.
4 notes · View notes
paoloferrario · 9 days
Text
Concetto Vecchio, Io vi accuso. Giacomo Matteotti e noi, Utet, 2024
scheda dell’editore: Io vi accuso | Libri | Utet Libri https://www.utetlibri.it/libri/io-vi-accuso «E Matteotti quindi è stato figlio di un dio minore, e tale è rimasto per tutto il Novecento, e oltre. E così venne, nella narrazione pubblica, schiacciato sul delitto, senza che gli fosse riconosciuta la grandezza politica, l’eroismo, il riformismo visionario.»Nel suo paese natale, Fratta…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
guattarianbitch · 2 months
Text
«Lo sviluppo dell'operaio è la conseguenza diretta del suo stato economico. Ed in questo senso il socialismo vuole interessarsi dell'emancipazione intellettuale dell'operaio contemporaneamente a quella economica, sempre ritenendo che la prima è una conseguenza della seconda, e che se si tiene a cuore il progresso e la cultura della massa, non si deve disprezzare, ma accettare nel suo massimo valore il programma della sua redenzione "materiale".»
«Ma il "riformismo" e la "democrazia" vedono il problema della cultura da un punto di vista ben diverso, anzi esattamente capovolto. Nella cultura operaia essi scorgono la conseguenza parallela dell'emancipazione economica, il mezzo principale e la "condizione necessaria" di quella emancipazione.»
«Si dice ai proletari che essi non hanno quasi il "diritto" di essere militanti nel campo sindacale e specie in quello politico per la loro scarsa istruzione, si vuole farli arrossire della propria ignoranza, mentre occorrerebbe convincerli che essa è una delle tante infami conseguenze dello sfruttamento borghese, e la inferiorità intellettuale dell'operaio, che dovrebbe essere una molla per farlo insorgere, al pari della sua inferiorità economica, diviene una causa di titubanza e di viltà.»
0 notes
lamilanomagazine · 4 months
Text
Il Mes divide maggioranza e opposizione: la Camera boccia la ratifica
Tumblr media
Il Mes divide maggioranza e opposizione: la Camera boccia la ratifica. La Camera ha bocciato la ratifica dell'accordo sul Mes. Montecitorio ha respinto il trattato con 184 voti contrari, 72 favorevoli e 44 astenuti. Si sono schierati per il no alla ratifica i partiti di maggioranza (tranne Forza Italia e Noi Moderati che si sono astenuti). Hanno votato sì, invece, le opposizioni (tranne M5S che ha votato per il no). La bocciatura arriva dopo che la Commissione Bilancio aveva votato per il parere contrario. Sulla vicenda il presidente dell'Eurogruppo Paschal Donohoe afferma: «Ho preso atto del voto espresso dal Parlamento italiano in merito alla ratifica del trattato. Pur nel pieno rispetto delle deliberazioni parlamentari, mi rammarico per l'esito. L'Italia rimane l'unico Paese che blocca la finalizzazione di una riforma su cui tutti ci siamo impegnati nel 2021». Fonti di Palazzo Chigi sottolineano che "il Mes è in piena funzione nella sua configurazione originaria, ossia di sostegno agli Stati membri in difficoltà finanziaria. La scelta del Parlamento italiano di non procedere alla ratifica può essere l'occasione per avviare una riflessione in sede europea su nuove ed eventuali modifiche al trattato, più utili all'intera Eurozona”. Forza Italia sostiene di aver agito responsabilmente con l’astensione. Il capogruppo alla Camera Paolo Barelli avverte: «Tajani ha avvisato Meloni e Salvini sull'astensione, il governo regge». Il vicepremier Salvini commenta sui social il voto: "Il Parlamento boccia il Mes: pensionati e lavoratori italiani non rischieranno di pagare il salvataggio delle banche straniere. E pazienza se a sinistra si arrabbieranno. Una battaglia della Lega combattuta per anni e finalmente vinta. Avanti così, a testa alta e senza paura”. "Tutti dicono che il Mes non serviva. Gli altri lo hanno votato, se una cosa non serve io non la voto - aggiunge il leader della Lega -. Anzi, siccome l'Italia ha messo dei soldi in questo istituto, visto che non ci serve possiamo anche chiederli indietro questi soldi”. Il leader del M5S Giuseppe Conte, dopo aver dichiarato che il suo partito avrebbe votato contro la ratifica del Mes, ha spiegato: «Meloni ha detto che avevamo fatto passare il Mes con il favore delle tenebre. Ha mentito al Parlamento. Solo oggi decidete sul Mes e ve ne assumente le responsabilità. Noi lo abbiamo rifiutato quando tutti volevano costringere l'Italia. Nel dicembre 2020 abbiamo lavorato financo per migliorare questo strumento, per rendere il Mes un accordo comunitario e non intergovernativo. Oggi avete portato alla chetichella la votazione sul Mes in Aula, ma pensate che gli italiani siano così stupidi? Mascherate i vostri fallimenti e il Mes rimarrà grazie a voi un accordo intergovernativo e non comunitario». La segretaria del Pd Elly Schlein ha spiegato che «sulla ratifica del Mes si è spaccato il governo e la maggioranza a dimostrazione di un europeismo di facciata da parte di alcuni della maggioranza, ma soprattutto del danno alla credibilità del Paese. Avevano detto che avrebbero utilizzato il Mes sul patto di stabilità e invece succede che si sono smascherati da soli: mercoledì hanno accettato a testa bassa un accordo fatto da Francia e Germania e adesso confessano con questo voto sul Mes, che non è mai entrato nella trattativa, di essere stati sconfitti sul patto, ma il messaggio ritorsivo danneggia il Paese». "Meloni, Salvini e Conte si confermano populisti e dicono No al Mes. Forza Italia sempre più imbarazzante si astiene come la sinistra radicale. C'è un grande spazio per chi ancora crede nell'Europa, nel riformismo, nella politica. Avanti!". Lo scrive su X il leader di Italia Viva Matteo Renzi. "Oggi la maggioranza si spacca sul Mes e così il campo largo - scrive sui social il leader di Azione Carlo Calenda -. È la testimonianza che questo Paese non si può governare con un bipolarismo che produce solo contraddizioni e figuracce”. "Il Mes si rammarica della decisione del Parlamento italiano di votare contro la ratifica della riforma del trattato. Senza la ratifica di tutti i Paesi membri, il Mes non sarà in grado di fornire il sostegno comune al Fondo di risoluzione unico dell'Unione bancaria, di cui beneficerebbero tutti i Paesi dell'area euro". Lo dichiara il direttore generale del Mes, Pierre Gramegna, in una nota.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
istanbulperitaliani · 7 months
Text
Il Kemalismo
Mustafa Kemal Ataturk attuò una serie di riforme che erano basate su 6 principi: repubblicanesimo, populismo, secolarismo, riformismo, nazionalismo, statalismo.
Tumblr media
Repubblicanesimo (Cumhuriyetçilik): Il kemalismo crede che solo il regime repubblicano possa rappresentare al meglio i desideri del popolo. Populismo (Halkçilik):Il kemalismo si basa sul valore supremo della cittadinanza turca. Un senso di orgoglio associato a questa cittadinanza darebbe lo stimolo psicologico necessario alle persone a farle lavorare di più e per raggiungere un senso di unità e di identità nazionale. Secolarismo (Laiklik): La laicità kemalista non significava solo separazione tra stato e religione, ma anche separazione della religione dagli affari educativi, culturali e legali. Il principio kemalista della laicità non sosteneva l'ateismo. Ma un laicismo razionalista e anticlericale. Contro un Islam che si opponeva alla modernizzazione. Riformismo (Devrimçilik): Questo principio ha significato che la Turchia ha fatto riforme e che il paese ha sostituito le istituzioni tradizionali con istituzioni moderne. Un principio che é andato oltre il riconoscimento delle riforme: eliminare i concetti tradizionali e adottare concetti moderni.
Nazionalismo (Milliyetçilik): Il nazionalismo kemalista crede nel principio che lo stato turco é un insieme indivisibile che comprende il suo territorio e il suo popolo. Statismo (Devletçilik): Lo stato regola l'attività economica in generale e in particolare si impegna in settori in cui l'impresa privata non é disposta a farlo, o risulta inadeguata o se l'interesse nazionale lo richiede.
Foto: Autoproduzione digitale in AI realizzata il 9/10/2023 by Istanbulperitaliani.
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città. Scrivi una e-mail a: [email protected] anche su www.facebook.com/istanbulperitaliani
1 note · View note
Text
Renzi gongola dopo la vittoria di Schlein nel Pd: perché da ora cambierà tutto
Il leader di Italia Viva prevede che il Pd ormai di «sinistra-sinistra» si scontrerà con il M5s di Giuseppe Conte, aprendo la strada al suo partito unitario che già ora stima al 10% Con la vittoria di Elly Schlein alle primarie del Pd «vengono giù, all’improvviso, tutti insieme, gli alibi di chi ancora pensava di poter coltivare il riformismo dentro il Pd». Matteo Renzi nella sua ultima eNews si…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
ombrafurtiva · 1 year
Text
Solo in un paese iper liberista con tendenze liberticide e totalitarie da passati non ben risolti come l’Italia, una normalissima persona civile e di stampo politico socialdemocratico poteva passare per una pericolosa comunista ignorante.
Non parliamo di una Tina Anselmi, non di un(a) Pertini, o una Nilde Lotti, non una pericolosa socialista o una progressista, non una comunista o una pericolosa figlia del fu PCI; ma una persona molto più vicina agli ambienti dem di Conte o di Bersani.
Eppure in queste ore la Shlein sta passando sotto alla lente di ingrandimento di testate giornalistiche iper politicizzate, truffaldine e para mafiose come Il Foglio, Libero e Il Giornale, come un pericolo per la democrazia liberale e il suo futuro riformista.
Non penso che esista raffigurazione semantica più emblematica dei problemi del mondo di termini come liberismo e riformismo messi insieme.
Personalmente sono tristemente convinto che farà la fine della Raggi a Roma; già un mezzo miracolo superare le correnti renziste ancora stabili e venefiche nel pd vincendo le primarie, ma dare una nuova direzione ad un partito ormai stagnante nel suo essere clientelare e aristocratico?
Qui siamo ma ‘ il pesce fete dalla testa’ e ci vorrebbe ben più di una sola brava persona per uscire dalla palude
1 note · View note
lucabellinzona · 1 year
Text
Parliamo di Moratti
Partiamo da un presupposto: Letizia Moratti mi piace poco. Sarà un mio limite ma non credo nelle conversioni sulla via di Damasco. Letizia Moratti è stata organica del centrodestra per anni: da ministra del governo Berlusconi prima a vicepresidente di Regione Lombardia sotto Fontana poi. Non solo, ce la ricordiamo come possibile candidata del centrodestra alla Presidenza della Repubblica. Non proprio il CV di un civico insomma.
Moratti non è nemmeno un’alternativa alla giunta Fontana avendone fatto parte per circa due anni e avendone condiviso ogni passo fino a firmare la (non) riforma della sanità. La rottura sì è avvenuta su temi importanti come la reintegrazione dei medici novax, ma nasce molto prima, con il rifiuto del centrodestra a candidarla come Governatore al posto dell'uscente Fontana.
Ma credo sia inutile proseguire su questa linea. Non perché ritenga secondarie queste questioni (anzi) ma perché credo che la politica debba adeguarsi alle contingenze. E allora vediamole queste contingenze:
Per prima cosa non possiamo ignorare come, per la prima volta dopo decenni, la Lombardia è contenibile. Il candidato del centrodestra è debole, fiaccato da una pessima gestione covid e indebolito dal contrasto aperto con la sua Vice Moratti. Questa debolezza apre la possibilità all'opposizione di abbattere dopo trent'anni il monopolio del malgovernotargato centrodestra. 
A questo si somma la disponibilità a candidarsi di Letizia Moratti che, piaccia o meno, è una candidata conosciuta e con una rete a suo sostegno già attiva e al lavoro da settimane. Può sembrare una cosa da poco ma soprattutto alle regionali Lombarde, dove fuori dalle grandi città il voto per appartenenza partitica (voto Lega o chi per essa indipendentemente da tutto) è molto forte, avere un candidato conosciuto in tutta la regione è già un passo avanti importante. 
Al contrario, per quanto riguarda l'altro campo (il cosiddetto centrosinistra), la situazione è tragica. Divisi su tutto non sono nemmeno sicuro che arrivi integro alle elezioni. Prima hanno chiesto le primarie poi, quando hanno visto che i candidati scarseggiavano, hanno pensato di scegliere internamente il candidato. A questo punto entra in scena Maran(assessore della Giunta Sala a Milano e recordman di preferenze) con una proposta che si basa sull'apertura al riformismo e la chiusura ai 5 stelle. Apriti cielo. Tempo qualche ora e il segretario del PD Lombardia Peluffointerviene per tagliare le gambe a Maran, sostenuto dall'ala sinistra del partito che propone Majorino che invece apre ai 5 stelle. Nessuno gli ricordi come attaccarono Renzi negli anni della sua segreteria per le candidature calate dall'altro e l'assenza di primarie. Evidentemente oggi questo non è più un problema.
Una candidatura unitaria del centrosinistra ampio, quella di Carlo Cottarelli, non è più in campo. Ma ripercorriamo velocemente la storia di questa candidatura che, credo, dica molto dello stato di salute del centrosinistra lombardo. Proposto da Calenda e Sala come possibile candidato unitario il PD, come risposta alla rottura del patto con Azione, ha deciso di candidarlo alle politiche nel collegio di Cremona dove, come prevedibile, ha perso contro Daniela Santanché. Come se non fosse abbastanza quando Cottarelli ha dichiarato di essere disponibile se PD e Terzo Polo gli avessero offerto la candidatura, dal PD è stato fatto notare che le candidature non arrivano, ma vanno guadagnate.
A questo punto quale possibilità c'erano? Aspettare che il PD si chiarisca le idee e decida se vuole essere riformista o movimentista? Ridurre la scelta a Maran o Majorino senza possibilità di proporre una candidatura alternativa? Qui si apre poi un ulteriore tema ossia quale sia il compito del Terzo Polo. Qualcuno nel PD pensa che Azione-Italia Viva debba limitarsi a sostenere i candidati Democratici che più si avvicinano alla loro prospettiva politica. Ma non è così. Il terzo polo deve rivendicare non solo la sua autonomia, ma anche il suo diritto di presentare i suoi candidati quando lo ritiene necessario.
Dopodiché possiamo discutere (anzi dobbiamo discutere) dei modi con cui questa candidatura è stata presentata come possiamo avere dubbi sulle posizioni avute da Moratti. Ma invito tutti, me per primo, a fare un respiro profondo e pensare a quale sia la posta in gioco. La politica, quella vera, ha come obiettivo cambiare le cose e per farlo deve riuscire a vincere alle elezioni, altrimenti ci si relega a una opposizione che spesso non ha la forza e il peso di cambiare alcunché. Per questo dobbiamo chiederci cosa vogliamo da elezioni regionali. Vogliamo vincere? E allora dobbiamo anche accettare di sostenere una candidata che non ci rappresenta al 100% ma che è l'unica che può veramente avere la meglio. Vogliamo fare una campagna volta solo a pesarci e piantare una bandierina? Allora ben venga una candidatura di bandiera come quella di Majorino. Ma dobbiamo anche mettere sul piatto della bilancia le conseguenzeche una ipotetica sconfitta della destra in una regione storicamente loro da anni comporterebbe. Sia sulla leadership di Salvini (già oggi messa in discussione dal fronte dei governatori) sia sulla tenuta del governo che già oggi vive profonde divisioni interne.
Ci ho messo tempo per fare queste riflessioni (ed è per questo che a lungo non ho parlato della questione) e sono arrivato alla conclusione che il gioco vale la candela. Battere Fontana e garantire ai lombardi un governo alternativo della regione vale il dover sostenere una candidata su cui ho profondi dubbi. Perché penso che ai cittadini della Lombardia interessi relativamente il nome di per sé, ma interessi avere un cambiamento su quelle tematiche (tante) su cui la Lombardia ha bisogno di una svolta. Penso a sanità e trasporti prima di tutto, ma anche ambiente e transizione ecologica, lavoro e formazione nonché il grande tema delle infrastrutture. Per cui se Moratti può rappresentare questo cambiamento, e ne avremo la certezza solo quando verrà messa a terra la piattaforma programmatica, ben venga.
P.S. Agli amici del PD che dicono che Moratti sia irricevibile e che non si può costringere gli elettori del centrosinistra a votare per lei vorrei chiedere una cosa: quando il centrosinistra ha candidato a Bologna Casini e a Napoli Di Maio quello andava bene? Quando si è candidata nel 2013 Binetti nelle liste del PD andava bene? Quando tra le fila dei democratici è stata ammessa a braccia aperte Beatrice Lorenzin (ex. Forza Italia passata da Alternativa Popolare di Alfano) era accettabile? Io credo che chi in un decennio ha governato con (quasi) tutti e ha eletto Conte (quello dei decreti sicurezza) punto di riferimento dei progressisti questa critica non regga.
Tumblr media
1 note · View note
rideretremando · 8 months
Text
La mia generazione è cresciuta nel mito della rivoluzione. E nemmeno io sono immune dal suo fascino. Certo, non ho mai pensato che il potere dovesse essere conquistato con la violenza, come predicavano gli estremisti degli anni Settanta. Ma, anche quando ho scelto il riformismo, sono rimasto fedele all’idea che, per cambiare davvero le cose, qualsiasi riforma deve essere radicale, decisa, senza mezze misure. L’Italia va rivoltata come un calzino. 
Luca Ricolfi
2 notes · View notes
umbriasud · 1 year
Text
Giorgio Armillei, "La forza mite del riformismo"
Giorgio Armillei, “La forza mite del riformismo”
“La forza mite del riformismo. Riflessioni di un cattolico liberale sulla crisi di inizio secolo”, pubblicato da il Mulino, è il titolo del volume che raccoglie un’ampia selezione di scritti di Giorgio Armillei, che è stato assessore alla Cultura del Comune di Terni e funzionario nello stesso ente, e a lungo impegnato nell’Azione cattolica diocesana. Venerdì 11 novembre alle 17,30 il libro sarà…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
crossroad1960 · 2 years
Text
Dubbi legittimi, non sul merito ma sul metodo.
0 notes