Tumgik
#storie brevi
volevoimparareavolare · 9 months
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Tutti noi abbiamo rotto regole
per qualcuno
che alla fine
ha rotto noi
-tradotta
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massimoognibene · 2 months
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- Sofia, mi annoio, mi racconti una storia?
- Una storia lunga o una corta, Paolo?
- Una corta, Sofia, poi c'ho uno spritz o due.
- Bene, Paolo. Ti racconterò una storia breve.
- Grazie, Sofia.
- Luca e Joe non avevano voglia di alzarsi...
- Poi, Sofia?
- Poi niente, Paolo. La storia è finita.
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Kafka e la bambola viaggiatrice
Un anno prima della sua morte, Franz Kafka visse un’esperienza insolita. (aveva 40 anni - 1883-1924 -). Passeggiando per il parco di Berlino incontrò una bambina che piangeva sconsolata perché aveva perso la sua bambola preferita. Kafka si offrì di aiutarla a cercare la bambola e le diede appuntamento per il giorno seguente nello stesso posto.
Il giorno dopo, non riuscendo a trovare la bambola, Kafka diede alla bambina una lettera "scritta" dalla bambola che diceva: “Per favore non piangere, sono partita in viaggio per vedere il mondo, ti riscriverò raccontandoti le mie avventure…”, così cominciava la lettera.
Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka.
Durante i loro incontri Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili.
Infine, Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che quindi era tornata a Berlino.
"Non assomiglia affatto alla mia bambola!", disse la bambina.
Kafka le consegnò un'altra lettera in cui la bambola scriveva: "Sai i miei viaggi, mi hanno cambiata!". La bambina abbracciò così la nuova bambola e la portò tutta felice a casa.
Un anno dopo Kafka morì.
Molti anni dopo, la bambina oramai adulta, trovò una letterina dentro la bambola. Nella minuscola lettera firmata da Kafka c‘era scritto:
"Tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l'amore tornerà in un altro modo." ❤
(Da “Kafka e la bambola viaggiatrice”)
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spettriedemoni · 11 months
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Confusione
Apro il Mac e decidi di usare la funzione vocale.
«Alexa, trovami il file X»
«Forse ti sei confuso…»
Rifletto un attimo poi dico: «SIRI»
Purtroppo non mi ha parlato per mezz’ora.
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roraitoeru · 11 months
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Con un passato grigio vedi il futuro nero.
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fanculosutela · 2 years
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Nessuno le aveva mai chiesto cosa fosse l'amore secondo lei.
Ma lei l'amore riusciva a scorgerlo nelle mani di colui che le stringevano la vita, che finivano sotto i vestiti, e talvolta, anche sotto la pelle.
Riusciva a sentirlo nella voce tremolante di lui che versava acqua salata dai propri occhi quando discutevano. Quando di lasciavano andare, per poi ritornare sui loro passi.
Lo vedeva dai suoi occhi, che la guardavano come se fosse l'unica donna in grado di devastargli l'anima, lo vedeva da come i suoi febbricitanti occhi continuavano ad ammirarla, conoscerla.
Da come fremeva al suo tocco con le labbra sopra la sua pelle, sopra le sue labbra, sopra al suo cuore. In posti dove è impossibile non tremare.
Lo sentiva dal suono della sua voce che gli invadeva il cervello, che mandava in tilt tutti gli altri sensi. Sentirlo sussurrarle nell'orecchio le faceva sempre uno strano effetto, anche se le parlava soltanto non riusciva a trovare voce più incantevole della sua.
Lo percepiva dal profumo che passava tra le proprie narici, che le permetteva di chiudere gli occhi e inciderlo per sempre nella sua mente. Come un tatuaggio. L'unico profumo familiare che avrebbe riconosciuto anche fra un milione di persone. Si girerebbe a cercarlo tutte le volte che avrebbe sentito quel profumo che tanto ama.
Lui oltre che a prenderla per i sensi, sentimenti e testa, riesce a prenderla tramite cuore, anima e corpo.
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saidilettere · 2 years
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“Ieri gli ho parlato di te, mi ha detto che non gli interessa più nulla” —> 💔
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70tre · 2 months
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IO E RAUL
C’era una volta un ranocchio di nome Raul, che viveva in una piccola pozza nel mezzo di una foresta lussureggiante. Raul, come gli altri ranocchi, amava saltare di ramo in ramo e cacciare insetti, ma la sua passione era osservare il cielo e riflettere sul significato della vita. Un giorno, mentre Raul si trovava sul bordo della sua pozza, sentì come un peso insopportabile sulle sue spalle: era…
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charrednewt · 8 months
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PREDAZIONE
So che cosa ho visto e so che non è stato per via del buio. Insomma, era una notte buia, certo, ma non abbastanza da farmi dubitare. E non andate a dirmi che sia stata colpa della nebbia: mi ricordo chiaramente di aver guidato attraverso al massimo un po’ di foschia, del tipo che va a posarsi su tutte le strade da queste parti quando l’autunno si fa inoltrato.
Divento un’autista parecchio prudente quando sento avvicinarsi la stanchezza e gli occhi iniziano a pizzicarmi, specialmente se sto guidando in campagna; quello era il motivo principale per cui non avevo ancora sorpassato la corriera, nonostante stesse andando ad una velocità a malapena accettabile. Dopo un paio di chilometri passati nella sua scia la mia frustrazione si era diluita in una sorta di placido cameratismo, una strana punta d’affetto per i suoi fanali posteriori rossi. Per questo motivo la comparsa nel mio retrovisore di un paio di fari che si avvicinavano rapidamente mi diede particolarmente fastidio; anche solo nel riflesso, la luce bianca era una stilettata dritta attraverso la mia tranquillità. Non era facile vedere attraverso quell’alone, ma sembrava appartenere a un’auto di grossa taglia, un SUV o qualcosa di simile. Fantastico, pensai, Probabilmente uno di quegli stronzi che credono la strada gli appartenga. Non un’idea che avevo intenzione di mettere in discussione quella notte, non mi andava di competere in velocità; prima avessi visto passare oltre quel totem d’arroganza, meglio sarebbe stato. Le luci stavano avvicinandosi: chiunque fosse al volante aveva acceso anche gli antinebbia, nonostante non ce ne fosse davvero il bisogno quella notte.
Quello che non vedevo erano segni che il SUV stesse rallentando. Nemmeno una freccia accesa per un sorpasso, nessuno spostamento sull’altra corsia. Cos’è, vuole sorpassarci all’ultimo secondo? Mi chiesi mentre la mia confusione si cristallizzava in ansia. Ci ha visti, no? Non può non averci visti. Si è addormentato? Oddio, si è addormentato al volante?! I miei pensieri correvano frenetici, sembrava che la sagoma del fuoristrada stesse riempiendo il retrovisore ogni secondo di più e, contemporaneamente, il tempo si stesse dilatando per fare spazio ad ogni dettaglio dell’incidente che incombeva sulla mia testa. Potevo sterzare in tempo per schivarlo? Sarei sopravvissuta se la risposta fosse stata “no”?
Mi lanciai sul volante, virando bruscamente a destra con tutto il peso del mio corpo e del mio panico. L’auto sobbalzò spaurita di lato mentre il SUV ci piombava addosso: la confusione era tale da farmi vedere doppio, sicuramente, perché vidi di sfuggita otto luci sul muso lanciato a tutta velocità. Colpì di striscio la mia fiancata facendomi tremare i denti nelle gengive, ma non con lo schianto devastante che avevo temuto; riuscii a mantenere la presa sul volante e a frenare con un orrendo stridio delle ruote prima che la mia stessa velocità potesse farmi finire fuori strada, nel fosso soffocato dai canneti.
L’aria sapeva di gomme bruciate.
Le mani mi tremavano mentre riportavo la macchina in carreggiata, a passo d’uomo. Non cercai di ripartire. Mi aspetto che adesso non mi crediate, liberi di farlo, ma i miei fanali funzionavano benissimo e la scena che stavano illuminando mi aveva lasciato troppo sbalordita per fare altro che stare a guardare. Avrei dovuto vedere una carcassa accartocciata: e invece a una dozzina di metri da me, portata fin lì dalla forza della collisione, stava svolgendosi una lotta gigantesca. Il SUV - beh, quello che avevo scambiato per un SUV – era balzato sul dorso della corriera e vi si aggrappava saldamente con le sue otto zampe, ognuna spessa come un tronco d’albero e liscia e nera come la notte tutt’intorno. Il contrasto con il resto del corpo era netto, linee scure che tagliavano il grigio metallico della carrozzeria; un modello che vedo in strada ogni giorno, che si sarebbe confuso tra le auto parcheggiate in una concessionaria. Sembrava che le zampe scomparissero appena sotto la portiera del lato del passeggero: era una creatura unica? Stava indossando il guscio vuoto di un’automobile come un paguro? Era impossibile a dirsi, non con gli scossoni disperati della preda al di sotto. Già, perché neanche la “corriera” era davvero un veicolo: nella luce combinata dei miei fanali sbiaditi e degli otto fari incandescenti del “ragno” – occhi, forse? - il suo corpo si rivelava segmentato e tinto di un’iridescenza animale che nessuna verniciatura avrebbe potuto riprodurre. I riflessi disegnavano pozze di luce sull’asfalto mentre si torceva; nel suo inarcarsi per lottare contro la presa del suo avversario vidi file di zampe corte e tozze che si agitavano sul ventre della creatura. In confronto le ruote a lato sembravano piatte e finte, sagome vestigiali fuse all’esoscheletro esterno. Persino i finestrini per i passeggeri non erano altro che macchie regolari disegnate su ogni segmento.
I fanali posteriori brillavano debolmente e disegnavano scie rosse nella notte mentre il corpo serpentino si dimenava nel combattimento: il rumore di metallo urlante e colpi sull’asfalto riempiva ogni angolo della scena, eppure per qualche ragione sembrava più basso di quanto ci si potesse aspettare. Rispetto a un incidente con auto vere, intendo.
La creatura-bus smise di cercare di disarcionare il suo aggressore e iniziò invece a raggomitolarsi su sé stessa, chiudendosi in modo simile a un onisco gigantesco, ma il ragno era più rapido e risalì la curva della schiena fino alla testa prima che questa potesse essere protetta. Puntò il raggio accecante delle sue otto luci dritto attraverso la griglia del radiatore della preda: la corriera mandò uno stridio altissimo tornando a contorcersi; riuscii a vedere la sagoma vaga di una testa tondeggiante, ridicolmente piccola in confronto al resto, che saettava fuori dal carapace cromato del cofano e fendeva l’aria con grosse mandibole squadrate. Mirando alle zampe del suo avversario, forse. Ma la battaglia era già finita: il ragno schivò i morsi andando a piantarsi dritto nel ventre della corriera. Doveva avere anch’esso zanne di qualche tipo e forse del veleno, perché i colpi frenetici della preda si ridussero nel giro di pochi secondi a spasmi, poi a brividi, fino a smettere ogni movimento.
Il silenzio improvviso mi premette sulle orecchie come una morsa coperta di cotone. Ero fradicia di sudore gelato che il terrore non mi lasciava tempo di notare e sulla strada non c’eravamo che io e il ragno. Per chilometri e chilometri. Sembrava che anche il ragno lo sapesse: la sua sagoma, orribilmente familiare nel profilo, era immobile sul corpo della preda e l’alone degli occhi rendeva difficile distinguerne i contorni. Mi puntavano, obliterando ogni ombra nell’abitacolo. Ebbi appena il tempo di pensare che neanche la mia auto sarebbe stata abbastanza veloce per salvarmi, prima che le luci diventassero di scatto più vicine e più luminose di quanto fosse sopportabile, otto piccoli soli affollati sul mio parabrezza. Chiusi gli occhi per paura potessero scoppiarmi nelle orbite, forse urlai persino per il dolore che mi attraversò di lampo le tempie; nell’oscurità chiazzata dietro le palpebre sentii il suono di otto zampe massicce che correvano via e di qualcosa di pesante che veniva trascinato sull’asfalto, sempre più in lontananza. Quando la mia visione fu tornata e smise di essere un insieme di macchie sfocate, la strada era di nuovo vuota.
Guidai fino a casa più veloce che potevo. La stanchezza mi era passata del tutto, come si può immaginare. L’auto era praticamente indenne, anche se c’erano alcune ammaccature e due graffi profondi nel punto in cui il ragno l’aveva colpita nella sua carica. Anche io stavo bene, si può dire.
Ma così tante cose mi rendono irrequieta adesso, tanti piccoli pensieri che non riesco a mandar via.
Per esempio, avete notato quanti elicotteri ci sono in giro ultimamente?
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A volte mi sento come se stessi correndo
correndo
correndo
senza mai potermi fermare a riprendere fiato,
ad asciugarmi il sudore,
a scacciare le lacrime dal viso bagnato.
Non ho tempo
per controllare se ho imboccato la direzione giusta,
o se la mia strada é abbastanza sicura.
Le gambe iniziano a cedere,
le ginocchia fanno male,
i piedi inciampano sul terreno accidentato
e sotto pelle,
dentro le ossa,
fino in fondo al cuore,
lo sento:
la caduta
sarà mortale.
-pensieri delle 22.49 di una giornata particolarmente malinconica
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massimoognibene · 1 year
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- Dormi, Hypnos?
- Sì, Thanatos. Tu dormi?
- Profondamente, Hypnos.
- Abbracciami, Thanatos.
- Con piacere, Hypnos.
E dormirono per sempre
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Il Lupo e la Farfalla
Si racconta che si catturarono al primo sguardo.
Lui forte, temerario e ipnotico.
Lei leggiadra, tenera e ladra di attimi.
Con i suoi colori riuscì a dipingere la sua vita, gli regalò l'arcobaleno che teneva tra le ali.
Lui le insegnò la forza e lei gli donò la leggerezza.
Si dice che nessuno riuscisse a distrarli l'uno dall'altra.
Il sole faceva brillare il manto di lui, il vento sollevava lei e le sue danze.
Sempre insieme contro ogni regola della natura che voleva lui indomito cacciatore e lei gioia di ogni sguardo ammaliato.
La leggenda si racconta ancora attorno ai fuochi scoppiettanti, di come lei concluse la sua breve vita addormentandosi nei suoi ricordi, e di come il lupo ancora si senta ululare alla luna, aspettando quel vento che la riporterà da lui...
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enos43 · 1 year
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Lo spirito di osservazione
Lo spirito di osservazione é tratto da Project Management per tutti, il terzo libro della trilogia del management, che fa seguito a NOS Management e Project Management per esordienti e curiosi. Project Management per tutti nasce grazie all’intuizione di alcuni amici che, a seguito della lettura di Project Management per esordienti e curiosi, mi pregarono di scrivere un libro sul project…
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mesca24 · 16 days
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illsadboy · 1 month
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Che la mia misericordia possa prevalere sulla mia ira.
~Hadith~
-Raccolte di detti e azioni del Profeta Maometto-
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saidilettere · 2 years
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Il dolore nel sapere che non avrò mai più un amore così ❤️‍🩹
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