Tumgik
#narrativa degli anni '90
gregor-samsung · 2 years
Text
“ La domenica mattina, il vecchio Alex si alzava presto, e intanto che la sua famiglia si godeva il sonno dei giusti, inforcava la sua bici nera e faceva il giro dei colli di Bologna. Immerso in quella beata solitudine, al massimo incontrava qualche altro eroico ciclista con cui non disdegnava di scambiare taluni energici saluti calorosi. Gli piaceva enormemente salire per San Mamolo, Roncrìo, via dei Colli, volare giù per le curve di Paderno, attaccare il muro di parco Cavaioni e veleggiare sul colle di Casaglia per poi planare nella Saragozza avenue mentre la città si risvegliava. Tornava a casa che i parens avevano appena cominciato a sbadigliarsi in faccia. Ecco, era giusto una di quelle domeniche mattina esageratamente azzurre, quando, rientrato in casa fradicio e indolenzito, il vecchio Alex aveva letto sul giornale che vicino a Palermo avevano fatto saltare cinquanta metri d’autostrada per uccidere il giudice simbolo della lotta alla mafia. Era questa l’Italia in cui stava vivendo. Magari non era stata la mafia, magari erano stati i servizi segreti, o comunque anche loro avevano una parte - come in tutte le altre stragi della Repubblica, del resto - e il fine era distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle indagini dei giudici di Milano sulla corruzione nel mondo politico e finanziario, indagini che stavano prendendo una bruttissima piega per i boss di partito. Insomma, s’era messo in testa un’idea di questo tipo, il vecchio Alex: qualche esponente dei partiti di governo aveva comandato ai servizi segreti, ampiamente controllati, di combinarne una particolarmente grossa - qualcosa del calibro della strage alla stazione della sua città o dell’attentato al rapido 904 - per far sì che l’opinione pubblica si spaventasse e facesse quadrato attorno alle Istituzioni Democratiche, Istituzioni rappresentate appunto dai partiti al governo, in modo da allentare la morsa che gli si stava stringendo addosso. Così, qualche più o meno oscuro dirigente dei servizi aveva deciso: quella brutale condanna a morte avrebbe sconvolto il Paese e sarebbe stata attribuita alla mafia. Una specie di piano perfetto. Che poi i servizi avessero eseguito l’attentato o avessero fornito protezione e mezzi alla mafia per eliminare il nemico numero uno, faceva poca differenza. Portava avanti questi ragionamenti, il vecchio Alex, seduto in salotto col giornale aperto sulle gambe e la memoria alle altre stragi della sua infanzia: aveva sentito il boato immenso della stazione di Bologna che saltava in aria; e poi tutte quelle sirene delle ambulanze che correvano verso l’appennino lungo via Porrettana, la notte della bomba a San Benedetto; e poi. Era questa l’Italia in cui stava vivendo. Così, era rimasto in casa tutto il giorno, rabbioso e in gabbia, convinto com’era che in Italia, e forse anche nel resto del Mondo dei Grandi, tutto era un po’ come a scuola: ovunque spadroneggiava la forza e l’ignoranza, fosse quella del boss mafioso con la catena d’oro al collo e l’Uzi nel cassetto, o quella del professore supponente che ghignava delle opinioni politiche o del modo di vestire degli studenti, o quella del sottosegretario che s’ingozzava di pasta al salmone nei ristoranti romani senza pagare mai il conto... Quel pomeriggio, il vecchio Alex aveva rivisto daccapo Il portaborse di Nanni Moretti e aveva stabilito che un uomo come Cesare Botero non avrebbe esitato a ordinare a chi di dovere l’esecuzione di un giudice, pur di salvare il suo posto in parlamento. E di uomini come Cesare Botero, a Montecitorio, ce n’erano anche troppi... Anche quel giudice assassinato era un uomo che aveva tentato di uscire dal gruppo - rifletteva, rabbioso e in gabbia, il vecchio Alex - uno a cui non andavano bene le prepotenze e l’arbitrio dei forti, uno che aveva camminato controcorrente con l’acqua alla cintola, fino a quando non era arrivata un’onda troppo grande che l’aveva trascinato via. Era uscito dal gruppo, certo. E quando per il gruppo era diventato scomodo, l’avevano fatto saltare in aria con la moglie e tutti gli uomini della scorta... Il gioco era diventato durissimo, e l’indomani la profia di latino e greco, commossa, aveva appeso in classe, sotto il crocefisso alle spalle della cattedra, un fotoritratto del giudice assassinato. L’ora seguente, l’insegnante di chimica aveva fatto il suo ingresso semitrionfale in classe, fissato la foto, guardato gli studenti con aria interrogativa, domandato chi fosse il tizio della foto. Un istante più tardi era passata a interrogare sulla digestione, con particolare riguardo al bolo, chimo e chilo, giacché s’era indietro col programma, boys. Era questa l’Italia in cui stava marcendo. “
Enrico Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Una maestosa storia d'amore e di «rock parrocchiale», Baldini&Castoldi (collana Romanzi e Racconti n° 34), 1995; pp. 121-23.
[Prima edizione: Transeuropa (collana CO/DA), Ancona, 1994]
8 notes · View notes
kneedeepincynade · 1 year
Text
If socialism doesn't work then why capitalism always try to sabotage it? In this new episode of America whining the Yankees decide to blacklist 30 chinise companies,their sin?doing too well
The post is machine translated
Translation is at the bottom
The collective is on telegram
⚠️ IL GOVERNO DEGLI STATI UNITI INSERIRÀ PIÙ DI 30 AZIENDE CINESI NELLA "LISTA NERA" DEL DIPARTIMENTO DEL COMMERCIO ⚠️
🇺🇸 Il Governo Statunitense aggiungerà più di 30 Aziende Cinesi alla "Lista Nera" del Dipartimento del Commercio, nell'ambito di una Guerra Tecnologica che gli USA hanno dichiarato alla Repubblica Popolare Cinese 🇨🇳
⚔️ Le 30 Aziende, tra cui figura la Yangtze Memory Technologies, non potrebbero più acquistare componentistica dagli Stati Uniti - una mossa atta a indebolire e rallentare l'Ascesa della RPC e il suo sviluppo tecnologico 📈
https://www.ymtc.com/cn/
🥇Tale Lista Nera ostacolerà gli sforzi della Semiconductor Manufacturing International Corporation nel diventare il "Campione" della Cina nella produzione di semiconduttori, fondamentali per i dispositivi elettronici e per le tecnologie avanzate 🖥
⭐️ Proprio ieri, il Governo Centrale della RPC ha fatto sapere che verrà investito 1 Trilione di Yuan (143mlrd di dollari) proprio per lo sviluppo dell'Industria Nazionale dei Semiconduttori - 📄 post completo.
🇺🇸 Gli Stati Uniti - politicizzando il settore industriale - utilizzano sanzioni e restrizioni come armi atte a colpire la Repubblica Popolare Cinese, dimostrando che i loro discorsi sul "libero mercato" altro non sono che farneticazioni ideologiche per allocchi 🤪
🇨🇳 Il 7 Ottobre, all'alba delle restrizioni statunitensi verso le Aziende Cinesi, Mao Ning - Portavoce del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese - rilasciò le seguenti dichiarazioni:
"💬 "Per mantenere la loro egemonia nel settore, gli USA hanno abusato delle misure di controllo sulle esportazioni per bloccare e colpire in maniera arbitraria le imprese cinesi. Tale pratica è assolutamente contraria al principio della concorrenza leale, nonché alle basilari regole del commercio internazionale. [...] Politicizzando le questioni tecnologiche e commerciali, e usandole come strumenti e come armi, gli USA non freneranno lo sviluppo della Cina, ma si limiteranno soltanto a isolarsi e le loro azioni si ritorceranno contro loro stessi" ⚔️
🇺🇸 La Strategia degli USA di frenare l'enorme sviluppo tecnologico della Cina rappresenta il "nuovo tassello" della Politica Anti-Cinese promossa dal Governo USA.
🌟 "Dopo la Riforma e Apertura (改革开放), dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica [...], l'opinione pubblica internazionale si è costantemente scagliata contro la Cina e non c'è stata fine alle teorie del "collasso della Cina", eppure la Cina non è crollata. Al contrario, la nostra forza aumenta di giorno in giorno" - Xi Jinping.
🤡 Dagli anni '90 fino al 2014 [Grazie ad OttolinaTV per alcuni di questi articoli], ci fu una "corsa" a chi la sparava più forte sul "collasso della Cina", dal "The Coming Chinese Collapse" del 1995 di Jack A. Goldstone al libro "The Coming Collapse of China" di Gordon G. Chang, dove l'autore affermava che il sistema Cinese sarebbe crollato nel 2011, salvo poi "aggiornarlo" al 2012, con "The Coming Collapse of China: 2012 Edition", ma neanche nel 2012 la Cina è collassata.
😵‍💫 Nel 2012, il Guardian pubblicò un articolo dal titolo "China's collapse 'will bring economic crisis to climax in 2012", in cui degli "analisti" avevano essenzialmente previsto un climax e punto di non ritorno nella "crisi cinese", poi MAI avvenuta.
🇺🇸 Abbandonata quindi, con l'articolo "The collapse of 'China collapse' theory", ovvero "il collasso della teoria del collasso della Cina", il Governo Statunitense iniziò a cambiare narrativa, affermando che il "sistema socialista è incapace di portare l'innovazione" e che "la Cina non innova", salvo poi, tempo dopo, iniziare ad affermare che i paesi occidentali dovevano unirsi per fermare l'innovazione della Cina, ormai leader in quasi tutti i settori tecnico-scientifici 📈
🇺🇸|🇪🇺 E arriviamo quindi al giorno d'oggi, dove ormai la strategia occidentale è quella del voler FERMARE la Cina, poiché troppo potente e innovativa, e perché nutre l'intezione, e possiede la capacità, di cambiare l'attuale ordine internazionale, dall'egemonia statunitense al mondo multipolare.
🌸 Iscriviti 👉 @collettivoshaoshan
⚠️ US GOVERNMENT TO PLACE MORE THAN 30 CHINESE COMPANIES ON DEPARTMENT OF COMMERCE "BLACKLIST" ⚠️
🇺🇸 The US Government Will Add More Than 30 Chinese Companies To The Commerce Department's "Black List" As A Part Of A Tech War The US Has Declared On The People's Republic Of China 🇨🇳
⚔️ The 30 companies, including Yangtze Memory Technologies, could no longer buy components from the United States - a move designed to weaken and slow down the rise of the PRC and its technological development 📈
https://www.ymtc.com/cn/
🥇This Blacklist will hinder Semiconductor Manufacturing International Corporation's efforts to become China's "Champion" in manufacturing semiconductors, which are essential for electronic devices and advanced technologies 🖥
⭐️ Just yesterday, the Central Government of the PRC announced that 1 Trillion Yuan (US$143bn) will be invested precisely for the development of the National Semiconductor Industry - 📄 full post.
🇺🇸 The United States - politicizing the industrial sector - uses sanctions and restrictions as weapons aimed at affecting the People's Republic of China, demonstrating that their talk of the "free market" is nothing more than ideological ranting for fools 🤪
🇨🇳 On October 7, at the dawn of US restrictions on Chinese companies, Mao Ning - Spokesman of the Ministry of Foreign Affairs of the People's Republic of China - made the following statements:
"💬 "To maintain its hegemony in the industry, the US has abused export control measures to arbitrarily block and target Chinese companies. This practice is absolutely contrary to the principle of fair competition, as well as the basic rules of international trade. [...] By politicizing technological and commercial issues, and using them as tools and as weapons, the US will not curb China's development, but will only isolate itself and its actions will turn against themselves" ⚔️
🇺🇸 The US strategy to curb China's enormous technological development represents the "new piece" of the Anti-Chinese Policy promoted by the US Government.
🌟 "After the Reform and Opening Up (改革开放), after the dissolution of the Soviet Union [...], international public opinion has constantly railed against China and there has been no end to theories of the "collapse of China", yet China has not collapsed. On the contrary, our strength is increasing day by day" - Xi Jinping.
🤡 From the 1990s through 2014 [Thanks to OttolinaTV for some of these articles], there was a "race" to shoot the loudest on "China's collapse", from 1995's "The Coming Chinese Collapse" by Jack A Goldstone to the book "The Coming Collapse of China" by Gordon G. Chang, where the author stated that the Chinese system would collapse in 2011, only to then "update" it to 2012, with "The Coming Collapse of China: 2012 Edition" , but not even in 2012 did China collapse.
😵‍💫 In 2012, the Guardian published an article entitled "China's collapse 'will bring economic crisis to climax in 2012", in which "analysts" essentially predicted a climax and tipping point in the "China crisis", then NEVER happened.
🇺🇸 Abandoned therefore, with the article "The collapse of 'China collapse' theory", or "the collapse of the theory of the collapse of China", the US Government began to change the narrative, stating that the "socialist system is incapable of bringing innovation" and that "China does not innovate", only to then, some time later, start stating that Western countries had to unite to stop the innovation of China, now a leader in almost all technical-scientific sectors 📈
🇺🇸|🇪🇺 And so we arrive today, where by now the Western strategy is that of wanting to STOP China, because it is too powerful and innovative, and because it nourishes the intention, and possesses the ability, to change the current international order, from US hegemony to the multipolar world.
🌸 Subscribe 👉 @collettivoshaoshan
4 notes · View notes
patemi-pk · 1 year
Text
Aspettando Pk
Post in italiano, mi spiace per i lettori internazionali, ma mi trovo più comodo a parlare nel mio idioma natio per questa piccola digressione.
Davide Cesarello
Tumblr media
Ho ordinato su Panini.it il nuovo volume di Pk, assieme ad altre cose, perciò avrò modo di leggerlo dopo la data di uscita. Intanto, mi fa piacere che per le matite sia stato scelto stavolta Davide Cesarello.
Potrà apparire forse strano, ma faccio moderatamente il tifo per Cesarello da tempi non sospetti. Allievo della defunta Accademia Disney, ha collaborato con Disney Italia dalla seconda metà degli anni 90, fino agli anni 00. In quegli anni disegnò un pugno di storie, in due delle quali si cimentò anche da autore completo. Ben presto, però la sua carriera prese una strada che definirei più corporate, ovvero da copertinista per varie serie, come Minni & co., Mega 2000, X-Mickey (di cui si occupò anche di parte del processo creativo alle spalle), i Gialli di Topolino e iniziative editoriali come i Classici della Letteratura (la serie edita in collaborazione col Corriere della Sera ebbe in Italia come copertinista principalmente Fabio Pochet, ma in altri Paesi continuò con copertine di Cesarello).
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
In pratica si potrebbe dire che sviluppò una carriera simile a Marco Ghiglione, ma, parlando da lettore, nelle poche cose disegnate da lui, vedevo una maggiore capacità narrativa e recitativa, che superava la capacità di mettere in posa dei personaggi per un'illustrazione statica.
Una storia in particolare, mi permise di mettere a fuoco il suo talento: Topolino e il diamante rosa, che ritrovai su un Topolino di quelli venduti nelle buste delle edicole.
Tumblr media Tumblr media
La cosa che mi colpì maggiormente, fu, nello stile, la volontà di eludere dal manierismo un po' provinciale che spesso insidia varie storie italiane, per mettere in scena un Topolino molto reale e allo stesso tempo fedele alla lezione d'oltreoceano. Questa commistione fra look corporate e taglio rampante dei personaggi, più che a Ghiglione, finiva per farmelo accostare a Sciarrone o Barbucci. Insomma, mi sembrava arrivare da quella scuola (o meglio, come avrei scoperto dopo, da quell'Accademia).
Tumblr media Tumblr media
Guizzi così me li potevo immaginare animati dagli studi di Burbank. Non era un qualcosa che sembrava troppo alieno da un Runaway Brain. Tutto questo portava a crederci un po' di più in quello che si leggeva. E la trama, poi, non era neanche banale, ma aveva delle sequenze, inquadrature, tagli, che la facevano risaltare. Anche la scelta di alcune vignette monocromatiche dava un appeal moderno, simile a quello che Monteduro aveva inaugurato su Pk (sui colori, però, suppongo indicazioni dell'autore, data la valenza narrativa degli stessi, ma non ho elementi per identificare autori).
Se ciò sembra poco, questa storia segna anche il suo esordio sul settimanale, come rivela lo stesso autore nella sua scheda su Topolino.it:
Di saper disegnare lo dimostrai molto presto, all’asilo delle suore di Sesto S. Giovanni, dove i classici omini stilizzati prendevano forme e dinamismi unici per un bimbo di quell’età. L’asilo fu in effetti una buona palestra, si passava molto tempo a fare “scarabocchi” che tra l’altro conservo ancora gelosamente (oltre che a giocare a Zorro e D'Artagnan, gli eroi dell’epoca). Ad ogni modo, fu subito chiaro che il disegno sarebbe stato una componente molto importante nella mia vita e irrinunciabile. Seguirono poi gli anni delle elementari, tra cartoni animati giapponesi, che copiavo senza fermo immagine (ahimè all’epoca non ce l'avevamo) e caricature di compagni e maestre, naturalmente a loro insaputa, con una vena sempre umoristica. Crescendo diventai un divoratore di fumetti e col tempo mi appassionai soprattutto allo stile umoristico, imparando a riconoscere gli autori e l loro segno grafico. Da adolescente non ebbi troppi problemi a scegliere la mia strada. Passai diversi anni a studiare grafica e illustrazione, finendo poi all’Accademia di Belle Arti di Brera dove mi diplomai in scenografia. Fu proprio a Brera che venni a sapere della scuola Disney e così convinto da una amica, mi presentai con un book di disegnetti molto naif alla selezione per entrare ai corsi tenuti dal grande Giovan Battista Carpi. Passò un lungo periodo di prove infinite ma alla fine riuscii ad entrare all’Accademia Disney, un luogo di incontro e scambio culturale che mi rimarrà sempre nel cuore. La prima storia uscii nell’ottobre 98: "Topolino e il diamante rosa”, scritta e disegnata da me e in seguito ne uscirono altre, mentre collaboravo saltuariamente anche con il dipartimento Licensing della Disney per la creazione di prodotti per il consumer product. Dopo qualche anno da freelance mi venne offerto di entrare alla Walt Disney Company come senior artist, dove ebbi modo di conoscere tantissimi artisti provenienti da tutto il mondo e crescere artisticamente, ispirato dal loro talento e i loro insegnamenti. Nonostante fossi ormai lontano dalla testata di Topolino ebbi modo comunque di ispirare la redazione con alcune serie di grande successo: X-Mickey e le Storie della Baia. Il fumetto come mezzo per raccontare storie continuava ad avere un certo fascino su di me. Nel 2018 tornai a fare il freelance, riallacciando i rapporti con la rivista di Topolino.
Tumblr media
Nonostante il Diamante Rosa fu a lungo l'unico ricordo connesso a Cesarello, il suo nome mi rimase impresso, tanto da essere stupito, nel tempo, di non trovare più un così fulgido talento speso fra le pagine del topo. Fui perciò molto felice di rivederlo, prima di nuovo sulle cover e dopo sulle storie, a collaborare col settimanale, dopo una decennale assenza (ultradecennale, se poniamo l'attenzione sulle storie lunghe più di una tavola).
Menzione obbligatoria di congratulazioni con la direzione Bertani per il fiuto nel recuperare autori.
Il nuovo Cesarello appare certamente più maturo di come fosse negli anni 90. Mantiene una regia interessante e una buona capacità di far recitare i personaggi. Con le nuove storie di Top de Tops riesce egregiamente a sostituire Massimo De Vita, riuscendo a porsi in continuità con lui, pur avendo infuso una riconoscibilità ai personaggi mutuato, evidentemente, dagli anni nel licensing.
Tumblr media Tumblr media
Se in passato sembrava pendere verso l'animazione in determinate scelte e lo stile corporate, qui pare tornare ad adattarsi al mezzo fumetto, pur mantenendo quella particolare affinità per il dinamismo. Insomma, appare in evoluzione, capace di rinnovarsi e di applicarsi a studiare per adattarsi a ciò che gli viene chiesto, dandone un'interpretazione comunque personale.
Ora ha ricevuto il pesante incarico di occuparsi di Pk, in un periodo in cui alla serie vengono affidate matite inedite. Sono molto curioso della prova che potrà dare in questo contesto.
5 notes · View notes
carmenvicinanza · 4 months
Text
Yuliana Ortiz Ruano
Tumblr media
Anche la violenza ha a che fare con il mondo adulto che, come lo conosciamo, è un mondo maschile. E questa questione degli uomini ha a che fare con un movimento sociale molto rigido di colonizzazione. Vengono colonizzati i corpi. La terra, la donna, la patria sono soltanto elementi di consumo a loro disposizione. Come se gli appartenessero.
Yuliana Ortiz Ruano è una scrittrice e poeta ecuadoriana.
È nata nel 1992 a Valdez, nella provincia di Esmeraldas, una delle zone più povere e turbolente di un paese dove il numero dei femminicidi e delle gravidanze precoci è altissimo.
La sua prima opera è la raccolta di poesie Sovoz del 2016 a cui è seguita, nello stesso anno, Canciones desde el fin del mundo e Cuaderno del imposible regreso a Pangea del 2021.
Oltre a scrivere, coltiva la sua passione per la musica facendo la dj.
Il suo primo romanzo, Febbre di Carnevale, del 2022, raccomandato da Vanity Fair, ha riscosso, da subito, favori entusiasti dalla critica internazionale.
Il libro, che contiene anche diverse poesie e un indice delle canzoni citate che si possono ascoltare, mentre si legge, attraverso un QR code, ha il punto di vista di Ainhoa, ragazzina che vive negli anni della grande crisi economica (1998-99) e passa giorni interi arrampicata sugli alberi del giardino della nonna a osservare, con infinita curiosità, il mondo che la circonda.
Una bambina felice che si incupisce con l’avvicinarsi dell’adolescenza, quando i mutamenti del corpo la espongono al «terribile amore» degli uomini.
“Crescere è non poter aprire bocca quando le cose ti fanno schifo, ho pensato, ma non ho detto nemmeno quello ad alta voce; tanto, nessuno mi ascoltava“.
Vi si trovano episodi di violenza mai messi a fuoco, segreti che si tramandano di generazione in generazione. Ci sono famiglie allargate e uomini prepotenti, un labirinto di scene via via più angosciose dove la protagonista si perde, come in un bosco orgiastico e musicale. L’amore viene ritratto come qualcosa di terribile, anche quello paterno. Ricordi che ripercorrono la sua storia e quella delle donne che l’hanno cresciuta, in una sorta di memoria musicale. Un romanzo dove la lingua, la famiglia e il luogo sono indissolubilmente legati.
“Per pensare all’amore e riparare tutta questa violenza che abbiamo subito è necessario ripensare da zero le categorie di uomo, di adulto e dello sviluppo del progresso in assoluto” sottolinea l’autrice, in un’intervista.
La festa e, in particolare, il Carnevale, soprattutto in America Latina e in tutta la zona dei Caraibi, è uno spazio nel quale le persone nere, afro discendenti, indigene, possono essere veramente loro stesse e recuperare quella cultura che è stata soppressa, eliminata dalla colonizzazione.
Il luogo in cui la storia si dipana è una presenza densa e palpabile, con odori grevi, colori violenti, gente orgogliosa della propria discendenza africana e tanta musica.
Il romanzo ha vinto il Premio IESS, per la ricchezza dei riferimenti culturali, la capacità di scrittura e la solidità della costruzione narrativa.
È stata premiata la sicurezza della scrittura che oscilla tra un registro fortemente popolare e sprazzi di sorprendente liricità; una lingua dotata di un ritmo, di una misura e di uno stile capaci di toccare, dietro un’apparente levità iniziale, temi come la condizione delle donne e delle bambine in una società patriarcale, le violente dinamiche tra i sessi, l’emigrazione, la crisi economica ecuadoriana e la dollarizzazione degli anni ’90, introducendo chi legge nella comunità afrodiscendente dell’Ecuador e le sue enormi ricchezze culturali.
0 notes
cinefilo-pigro · 10 months
Text
The Rock
"The Rock" di Michael Bay è un film che ha segnato un'epoca nel cinema d'azione americano degli anni '90, ci catapulta in un'avventura frenetica e spettacolare. Nonostante alcuni difetti nella scrittura e nel montaggio, il film rimane un'icona del genere
“The Rock”, secondo film del regista Michael Bay, ha segnato una svolta nel cinema d’azione americano degli anni ’90. Non solo ha influenzato la narrativa visiva e le dimensioni delle produzioni, ma ha anche riunito un cast di attori molto noti al pubblico in una trama accuratamente costruita per offrire spettacolari effetti speciali e acrobazie che erano quasi inedite nel genere. Il film è…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
gcorvetti · 11 months
Text
Si sapeva.
Oggi ho letto 'sta notizia che in realtà rimbalzava da qualche giorno qua e la, ma che nella mente delle persone che pensano fuori dal coro mainstream era già chiara. Parlo del fattaccio del Tubo (il nord stream) fatto saltare a Settembre scorso e da subito si puntava il dito contro i russi, perché è normale sono i cattivoni di turno. Ma andiamo con ordine. Prima dello scoppio della guerra, qualche settimana prima per la precisione, in una conferenza stampa biden in faccia a scholz disse chiaramente che avrebbero fatto saltare il tubo, al che la giornalista che fece la domanda chiese anche come, e il bidè rispose che non si doveva preoccupare che sapevano come fare, nel video c'è tutto l'imbarazzo di un politico tedesco piegato a 90°, si vede benissimo nella sua faccia l'espressione di uno che vorrebbe dire qualcosa tipo: "Che cazzo hai detto vecchio di merda, ti spacco la faccia ora", invece è stato zitto; sono sicuro che se c'era la Merkel non avrebbe mai osato dirlo così apertamente, Angela l'avrebbe fatto a fettine. Questo perché per gli yankee noi europei ci siamo avvicinati economicamente troppo alla russia, viva il libero mercato eh!, qualcuno dice che ci tenevano sotto scacco per le forniture ma è una cazzata secondo me. L'esempio che faccio di solito è del droghiere sotto casa e del centro commerciale dall'altra parte della città, se ti serve il latte e il pane scendi anche in pigiama e lo compri, non vai in auto tagliando tutta la città per poi tornare con due buste della spesa, tranne che sei coglione. Poi la russia invase l'ucraina, come da copione hollywoodiano, e il resto lo sapete. Torniamo al tubo. Sin dall'inizio ci fu un batti e ribatti sulle colpe, ma come è accaduto per la diga negli ultimi giorni, ho letto che la diga è nella parte russa e che serve a loro oltre al fatto che le acque servono per raffreddare la centrale nucleare, sempre in zone occupate dai russi, ma quello che si chiedevano tutti era "Perché i russi dovrebbero fare saltare un'infrastruttura costata miliardi e che serve a loro, e alla Germania, per portare il gas?", se ci pensi è un controsenso, va bè che i russi se la sono presa anche con noi del vecchio continente perché come accade oramai diamo ascolto agli yankee e quindi al loro nemico numero 1, ma così si tirano la zappa sui piedi, metti che la guerra finisce presto magari il tubo può riprendere a funzionare, cosa oramai impossibile.
Nell'articolo si parla chiaramente che sono stai gli ucraini, il capro espiatorio delle colpe USA in questo momento, ma negli articoli letti in queste settimane si parlava di un'operazione congiunta USA-UK-Norvegia, quest'ultima è l'unica nazione europea a guadagnarci dal conflitto, vi ricordo che Stoltenberg il segretari della NATO è norvegese ed è stato primo ministro dei vichinghi, non è da complottisti pensare che a lui e al suo paese ricco conviene. Passando a qualcosa di corposo, oltre al danno per i tedeschi e i russi sull'economia c'è da precisare che quella cosa ha fatto riversare nel mar Baltico un'enorme quantità di gas, molti hanno gridato al disastro ambientale, non solo gli ambientalisti, ma come si sa del nostro pianeta non frega un cazzo a nessuno, meglio incolparsi a vicenda. La cosa che fa più rabbia è che gli ignorantoni della rete si inalberano per ste cose sorretti dalla narrativa falsa delle notizie che vengono diramate dai media ad hoc, media naturalmente al soldo degli yankee.
Concludendo posso dire che questo è l'ennesimo tassello che mette sotto cattiva luce gli ucraini, dopo 8 anni di guerra civile a nazisti spianati del donbass, ma si sa che oramai sono i buoni, come se fare la guerra sia una cosa da buoni. Posto l'articolo.
0 notes
dettaglihomedecor · 1 year
Text
L’iconico Stool 60 di Artek compie 90 anni
Tumblr media
L’iconico Stool 60 di Artek compie 90 anni e per celebrarlo l’azienda presenta 3 edizioni limitate nel tempo, ma non nel numero Il più elementare dei mobili, l'umile sgabello a tre gambe di Artek disegnato da Alvar Aalto, festeggia il suo 90° anniversario nel 2023. Nato dagli ideali modernisti e dall'innovazione finlandese, la sua grande eredità e la sua continua rilevanza devono molto alla visione originale di Alvar Aalto. Rimanendo in produzione continua dal 1933, Stool 60 è cambiato poco sia nel materiale che nella forma, eppure continua a trascendere sia il tempo che la moda. Volutamente informale, non è legato a funzioni o ambientazioni specifiche, ma si inserisce con disinvoltura in qualsiasi spazio. La sua semplicità e onestà hanno assicurato la sua atemporalità. Inoltre, la sua costruzione ingegnosa e la sua durata consentono a ogni sgabello di invecchiare con grazia.
Tumblr media
Ogni Stool 60 è prodotto in Finlandia combinando metodi di produzione moderni e abile maestria artigianale. In 48 fasi di produzione, il legno massello di betulla proveniente dalle foreste finlandesi viene piegato nelle caratteristiche gambe a forma di L dello sgabello. Gli scarti della produzione delle gambe vengono utilizzati per realizzare la seduta circolare dello sgabello.
Tumblr media
Con questo minimo di componenti Stool 60 è imballato piatto, rendendo il trasporto sia economico che ecologico. Attraverso le caratteristiche individuali del legno e la bellezza naturale, ogni sgabello acquisisce il proprio carattere unico.
Artek celebra 90 anni di Stool 60 con 3 edizioni limitate
Tumblr media
Photo ©Mikko Ryhanen Per festeggiare il 90° anniversario, sono state sviluppate edizioni speciali dal team di design di Artek (Kontrasti e Loimu) e dallo studio di design Formafantasma (Villi). Ogni edizione commemora le grandi virtù di Stool 60. Stool 60 Kontrasti Questa edizione celebra l'ingegnosa costruzione dello sgabello. Per lo sgabello 60 Kontrasti si utilizza impiallacciatura di betulla termotrattata in tono contrastante per il processo di curvatura del legno. In questo modo si evidenzia la bellezza di questa grande innovazione. Le stesse strisce di impiallacciatura più scure riappaiono nella parte superiore del sedile, sottolineando l'uso economico degli scarti di legno delle gambe nella costruzione del sedile. Disponibile dal 13 marzo 2023.
Tumblr media
Stool 60 Loimu Rivelando la bellezza naturale della betulla finlandese e la sua diversità, Stool 60 Loimu è prodotto da una variante di betulla eccezionalmente rara. Questa variante è caratterizzata da un motivo a venature ondulato simile a una fiamma. Per dare vita alla superficie in legno, i clienti completeranno da soli il processo di oliatura dello sgabello non trattato. Disponibile da settembre 2023 in edizione limitata per natura. Stool 60 Villi  Lo sgabello 60 Villi dello studio di design Formafantasma incoraggia un uso più ampio, selvaggio e responsabile della betulla finlandese. Rivalutando gli attuali rigorosi criteri di selezione per il legno di betulla, l'edizione evidenzia l'impatto del cambiamento climatico sulla foresta e le conseguenze in evoluzione di ciò per i prodotti in legno.  Stool 60 Villi presenta una nuova selezione di legni denominata "betulla selvatica", che abbraccia sistematicamente la bellezza onesta e la narrativa critica della foresta all'interno del prodotto. Disponibile da settembre 2023, diventerà un prodotto permanente all'interno della gamma Artek a partire dal 2024.   Read the full article
1 note · View note
tempi-dispari · 1 year
Photo
Tumblr media
New Post has been published on https://www.tempi-dispari.it/2023/02/14/the-bang-tales-la-riscossa-delle-riot-grrrl/
The Bang! Tales: la riscossa delle riot grrrl
Le riot grrrl sono tornate. Esattamente in quel solco si pone il primo lavoro dei The Bang! Tales. Quello che è stata Joan Jet, e poi L7, Bikini Kill, Babes in toyland, è tutto racchiuso in un disco. Con una spruzzata dark e garage. Le atmosfere sono quelle cupe della tradizione dark wave, rabbiose del punk, dirette dell’hard rock. Non ci sono mezze misure. Questo disco o lo si ama o lo si odia. Compromessi non ce ne possono essere. I nostr*, gruppo equamente suddiviso tra uomini e donne, presentano un prodotto interessante. Senza arzigogoli stilistici o contorsioni tecniche.
Diretto. Suoni acidi quanto basta per non essere standard, ma non troppo da risultare fuori posto. Il songwriting è piuttosto maturo un primo disco. La voce è molto narrativa. Non è urlata, non è sguaiata. È sempre melodica ma non sussurrata. L’andamento dei brani è sulla falsariga dei su citati gruppi e riporta indietro nel tempo. Agli inizi degli anni ’90. Anche la produzione aiuta a rievocare quei tempi. Il disco sembra registrato in presa diretta con limiti e possibilità che questa tecnica offre.
I suoni risultano molto secchi, asciutti, senza riverberi particolari. Il che, da una parte, potrebbe essere un difetto togliendo ‘profondità’. Dall’altra un pregio perché è in perfetta linea con lo stile prescelto. Ottimo il lavoro della sezione ritmica. Crea una base uniforme, compatta su cui poggiano i riff di chitarra e gli a solo. Questi ultimi rispettano l’andamento generale. Diretti, non velocissimi, con un suono ‘sporco’, non tecnicamente.
Tirando le somme. Un disco che davvero avrebbe stonato tra le band riot grrl quello delle The Bang! Tales. Un debutto molto buono. Che presenta potenzialità davvero rilevanti. Un disco tuttavia non per tutti. Ha un suono molto particolare cui non tutti ono avvezzi. Non c’è wall of sound standard dato da distorsioni o eccessivo amalgama. È un muro creato dalla sezione ritmica unitamente alla voce. Un disco per chi è alla ricerca di un sound non canonico ma che allo stesso tempo riporta a vecchi ricordi di garage, pub e feste punk.
youtube
0 notes
kon-igi · 4 years
Text
thec8h10n4o2 ha detto:
Kon, oh guru di tutto ciò che è fantastico, help! Volevo fare un libro fantasy come regalo di Natale a una persona adulta che ha apprezzato molto le saghe di Tolkien e di Martin. Cosa posso scegliere? Mi servirebbe qualcosa di facilmente reperibile! Pubblica pure se credi, grazie ! :*
-------------------------------------------------------------
Sappi che mi sono lussato l’indice per la foga di risponderti e, anzi, sono io che ringrazio te per avermi dato la possibilità di parlare del lunghissimo viaggio letterario iniziato a Giugno e che ho da poco concluso, frastornato e col senso di vuoto e di abbandono di quando esci dal mondo di fantasia in cui ti eri immerso.
La saga de LA RUOTA DEL TEMPO di Robert Jordan.
Oggettivamente faccio fatica a parlartene in modo equilibrato perché erano da decenni di questo tipo di letture che non trovavo una serie di libri così avvincenti e di così ampio respiro narrativo.
Considera che si tratta di una raccolta di 14 volumi di circa 800 pagine ciascuno, quindi deciderai tu se far scoccare la scintilla con uno o due libri oppure investirlo con la tempesta di fiamme di tutti e quattordici e... ok, mi calmo... mi calmo e ti faccio una veloce sinossi.
L’ambientazione è tolkeniana classica -- quindi senza il sex&gore di Martin -- ed essendo il primo volume del 1990, la storia nasce come la classica quest di un contadino-guerriero-mago (a sua insaputa predestinato a grandi cose) che si muove insieme al suo party attraverso un continente popolato da meraviglie e stranezze. Nei primi anni ‘90 era lo standard ed è in questo marasma di creazione quasi giornaliere che io me lo devo essere perso.
Robert Jordan si ispira in modo nemmeno troppo velato non solo a Il Signore degli Anelli ma anche alla saga di Dune di Herbert, creando un iconica Sorellanza di potenti ‘streghe’ -- le Aes Sedai -- che reggeranno le sorti del mondo (e della struttura narrativa) e anche un popolo fiero come quello degli Aiel, importantissimi ai fini della trama e cugini nemmeno troppo lontani dei Fremen di Arrakis.
Come ho detto, la storia è di ampissimo respiro e con un evoluzione della trama e dei personaggi davvero coinvolgente, al punto che se lo avessi letto da giovincello, come master di D&D sarei diventato monotematico.
Concludo questa squinternata recensione suggestiva con una bella ‘foto di gruppo’ dei personaggi principalissimi, ricordando che ce ne sono il quadruplo ma che davvero non ci stavano tutti dentro.
Tumblr media
P.S. Stanno per farci una serie TV ma dopo l’emorragia alle corde vocali che mi ha provocato la trasposizione della Torre Nera sto zitto con l’ulcera carica in canna, @thec8h10n4o2​.
34 notes · View notes
gregor-samsung · 3 months
Text
“ Quando il cameriere arrivò con la limonata Pereira gli chiese: che notizie ci sono, Manuel? Notizie contrastanti, rispose il cameriere, pare che ora in Spagna ci sia un certo equilibrio, i nazionalisti hanno conquistato il Nord, ma i repubblicani la vincono al centro, pare che la quindicesima brigata internazionale si sia comportata valorosamente a Saragozza, il centro è in mano alla repubblica e gli italiani che appoggiano Franco si stanno comportando in maniera ignobile. Pereira sorrise e chiese: lei per chi tiene, Manuel? A volte per l'uno a volte per l'altro, rispose il cameriere, perché sono forti tutti e due, ma questa storia dei nostri ragazzi della Viriate che sono andati a combattere contro i repubblicani non mi piace, in fondo anche noi siamo una repubblica, abbiamo cacciato il re nel millenovecentodieci, non vedo quale sia il motivo di combattere contro una repubblica. Giusto, approvò Pereira. “
Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, Feltrinelli, 1994 [Libro elettronico]
16 notes · View notes
kneedeepincynade · 2 years
Text
Welcome to yet another post,the drill is the same,machine translation at the bottom and the collective is on telegram
Today article is packed full of links so please visit the telegram for them
⚠️ OGNI PREVISIONE OCCIDENTALE SUL "COLLASSO DELLA CINA" È FALLITA, E L'OCCIDENTE TEME DI ESSERE SUPERATO DALLA CINA ⚠️
🌟 "Dopo la Riforma e Apertura (改革开放), dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica [...], l'opinione pubblica internazionale si è costantemente scagliata contro la Cina e non c'è stata fine alle teorie del "collasso della Cina", eppure la Cina non è crollata. Al contrario, la nostra forza aumenta di giorno in giorno" - Xi Jinping, "Sostieni e sviluppa il Socialismo con Caratteristiche Cinesi"
📣 Alcuni link riportati in seguito sono stati presi da questo video di OttolinaTV, che - negli ultimi mesi - ha prodotto una serie di contenuti molto interessanti su vari temi, dalla Cina al conflitto russo-ucraino, fino alla politica italiana.
🤡 Dagli anni '90, si è verificata una corsa a chi la sparava più forte sul "collasso della Cina", dal "The Coming Chinese Collapse" del 1995 di Jack A. Goldstone al libro "The Coming Collapse of China" di Gordon G. Chang, dove l'autore affermava che il sistema Cinese sarebbe crollato nel 2011, salvo poi "aggiornarlo" al 2012, con "The Coming Collapse of China: 2012 Edition", ma neanche nel 2012 la Cina è collassata.
🤪 Nel 2004, l'Economist pubblicò l'articolo "The great fall of China?", parlando di un imminente crollo dell'economia cinese, poi MAI avvenuto. Nel 2008, mentre il sistema economico-finanziario occidentale era sull'orlo del collasso a causa della Crisi Finanziaria, Generational Dynamics pubblicava un articolo dal titolo "Rapid Chinese economic collapse spurs desperation measures", ma neanche nel 2008 il sistema Cinese è collassato.
😵‍💫 Nel 2012, il Guardian pubblicò un articolo dal titolo "China's collapse 'will bring economic crisis to climax in 2012", in cui degli "analisti" avevano essenzialmente previsto un climax e punto di non ritorno nella "crisi cinese", poi MAI avvenuta.
😵 Nel 2016, il Fortune pubblicò l'articolo "Meet the Man Who Predicted the Chinese Economic Collapse", in cui si promulgava ancora la "teoria del collasso", ma anche nel 2016 la Cina non crollò, ma anzi, il suo PIL crebbe del +8,26%.
🇺🇸 Abbandonata quindi, con l'articolo "The collapse of 'China collapse' theory", ovvero "il collasso della teoria del collasso della Cina", il Governo Statunitense, e l'Occidente, hanno cambiato narrativa, affermando che il "sistema socialista è incapace di portare l'innovazione" e che "la Cina non innova", salvo poi, tempo dopo, iniziare ad affermare che i paesi occidentali dovevano unirsi per fermare l'innovazione della Cina, ormai leader in quasi tutti i settori tecnico-scientifici.
🧾 È assolutamente emblematico l'articolo: "Gli Stati Uniti devono collaborare con l’Europa per rallentare il tasso di innovazione della Cina"
https://www.cnbc.com/2021/09/28/us-needs-to-work-with-europe-to-slow-chinas-innovation-rate-raimondo-says.html
🇺🇸|🇪🇺 E arriviamo quindi al giorno d'oggi, dove ormai la strategia occidentale è quella del voler FERMARE la Cina, poiché troppo potente e innovativa, e perché nutre l'intezione, e possiede la capacità, di cambiare l'attuale ordine internazionale, dall'egemonia statunitense al mondo multipolare.
🤬 L'Occidente, dal ridicolizzare la Cina è passato a odiarla, esprimendo un lunatico e isterico nervosismo, nonché è una forte paura di essere superato dalla Cina, che è ciò che sta accadendo oggi.
📈 L'Economia della Cina è, al momento, la seconda economia più grande del mondo, e - secondo diversi analisti - la Cina potrebbe superare gli Stati Uniti già entro il prossimo decennio.
📊 Media statunitensi hanno citato le proiezioni del Center for Economics and Business Research, in cui si affermava che il superamento della Cina sugli USA si sarebbe verificato entro il 2030, mentre il Japan Center for Economic Research di Tokyo, invece, ritiene che il sorpasso non sarà raggiunto prima del 2033.
🐉 L'ascesa economica della Cina genera paura, gelosia, invidia in Occidente, e quindi o si tende a negarla - e abbiamo visto il trattamento che la Storia ha riservato a quegli "articoloni" - o si tende a costruire discorsi disarticolati e fondati su palesi fabbricazioni anti-cinesi di stampo americano.
🌸 Iscriviti 👉 @collettivoshaoshan
⚠️ EVERY WESTERN "CHINA COLLAPSE" FORECAST IS FAILED, AND THE WEST FEARS TO BE OVERCOMED BY CHINA ⚠️
🌟 "After the Reformation and Opening (改革 开放), after the dissolution of the Soviet Union [...], international public opinion has constantly railed against China and there has been no end to the theories of the" collapse of China ", yet China has not collapsed. On the contrary, our strength is increasing day by day" - Xi Jinping, "Support and Develop Socialism with Chinese Characteristics"
📣 Some links below were taken from this OttolinaTV video, which - in recent months - has produced a series of very interesting contents on various topics, from China to the Russian-Ukrainian conflict, up to Italian politics.
🤡 Since the 1990s, there has been a rush to shoot the hardest on "the collapse of China", from Jack A. Goldstone's 1995 "The Coming Chinese Collapse" to Gordon G's book "The Coming Collapse of China" Chang, where the author stated that the Chinese system would collapse in 2011, only to then "update" it to 2012, with "The Coming Collapse of China: 2012 Edition", but not even in 2012 did China collapse.
🤪 In 2004, The Economist published the article "The great fall of China?", Talking about an imminent collapse of the Chinese economy, which NEVER happened. In 2008, while the Western economic-financial system was on the verge of collapse due to the Financial Crisis, Generational Dynamics published an article entitled "Rapid Chinese economic collapse spurs desperation measures", but not even in 2008 did the Chinese system collapse.
😵‍💫 In 2012, the Guardian published an article entitled "China's collapse 'will bring economic crisis to climax in 2012", in which some "analysts" had essentially predicted a climax and point of no return in the "Chinese crisis", then NEVER happened.
😵 In 2016, Fortune published the article "Meet the Man Who Predicted the Chinese Economic Collapse", in which the "collapse theory" was still promulgated, but even in 2016 China did not collapse, but on the contrary, its GDP grew of + 8.26%.
🇺🇸 Abandoned then, with the article "The collapse of 'China collapse' theory", the US government, and the West, changed their narrative, stating that the " socialist is unable to bring innovation "and that" China does not innovate ", but then, some time later, he began to assert that Western countries had to unite to stop China's innovation, now a leader in almost all technical sectors- scientific.
🧾 The article is absolutely emblematic: "The United States must collaborate with Europe to slow down China's rate of innovation"
🇺🇸 | 🇪🇺 And so we come to the present day, where by now the Western strategy is that of wanting to STOP China, as it is too powerful and innovative, and because it nourishes the intention, and possesses the ability, to change the current international order, from US hegemony to the multipolar world.
🤬 The West has gone from ridiculing China to hating it, expressing a moody and hysterical nervousness, as well as a strong fear of being overtaken by China, which is what is happening today.
📈 China's economy is, at the moment, the second largest economy in the world, and - according to several analysts - China could overtake the United States within the next decade.
📊 US media cited the projections of the Center for Economics and Business Research, which stated that the overtaking of China over the US would occur by 2030, while the Japan Center for Economic Research in Tokyo, on the other hand, believes that overtaking will not will be reached before 2033.
🐉 The economic rise of China generates fear, jealousy, envy in the West, and therefore either we tend to deny it - and we have seen the treatment that history has reserved for those "articles" - or we tend to construct disjointed speeches based on blatant anti-Chinese fabrications of an American style.
🌸 Subscribe👉 @collectivoshaoshan
0 notes
mi-manifesto · 4 years
Photo
Tumblr media
     Per raggiungere un pubblico di milioni, crea per un pubblico di uno
Iniziare con l'intenzione di fama annega la nostra creatività
David Bowie è stato senza dubbio uno dei più grandi creativi degli ultimi 50 anni. Alla sua morte, nel 2016, ha prodotto non meno di 36 album e più di 100 singoli. Ha recitato in alcune dozzine di film e ha esposto i suoi dipinti in musei e gallerie. Ha co-scritto uno spettacolo di Broadway e sviluppato una piattaforma Internet per contenuti creativi chiamata BowieNet. Ha inventato il Verbasizer, un'app di randomizzazione delle frasi per scrivere testi. Secondo tutti gli standard, Bowie ebbe un enorme successo, sia dal punto di vista artistico che commerciale. Come icona culturale, ha raggiunto più della semplice fama.La sua singolare vita era costellata di innovazione e praticamente inventò la reinvenzione. Laddove qualcun altro avrebbe potuto riposare nei giorni di gloria del glam-rock Ziggy Stardust, Bowie si è imbrogliato con Diamond Dogs e poi Young Americans. Dopo quell'incursione nell'anima, partì per l'Europa e la musica elettronica sperimentale. L'amico e collaboratore Brian Eno ha spiegato il coraggioso cambiamento di forma di Bowie come un modo per "evitare lo slancio di una carriera di successo" e mantenere il suo lavoro fresco e interessante, sia per se stesso che per il suo pubblico. Non c'è dubbio che un cruciale denominatore comune - creare per se stesso, un pubblico di uno - è ciò che ha reso Bowie un artista vitale, attuale e autentico fino alla sua morte. Se stai cercando di piacere agli altri, è facile dimenticare esattamente perché hai iniziato a lavorare su uno sforzo creativo. Bowie non ha dimenticato, dicendo:
Non giocare mai alla galleria. Non lavorare mai per altre persone in quello che fai. Ricorda sempre che la ragione per cui inizialmente hai iniziato a lavorare era perchè c'era dentro di te qualcosa che, se avessi potuto manifestare, ti avrebbe permesso di capire di più su di te. Penso che sia terribilmente pericoloso per un artista soddisfare le aspettative degli altri. Cercare di soddisfare le aspettative delle altre persone è una follia quando si tratta di lavoro creativo. È inevitabile che fallirai ad un certo punto, scenderai a compromessi di cui ti pentirai e finirai con il tuo peggior lavoro. Potresti trovare o meno consensi, ma sarai piuttosto infelice come creativo se non segui il tuo cuore. Bowie non solo lo credeva, ma incarnava il suo significato. Il paradosso finale del lavoro creativo è che ciò che crei per un pubblico di uno è molto più probabile che raggiunga un pubblico di milioni.
Molti creatori sognano il giorno in cui milioni di persone ascolteranno i loro spettacoli, leggeranno i loro libri, compreranno i loro prodotti o li vedranno esibirsi. Ma cosa ti apporterà quando ti esibirai solo per un pubblico di uno, te stesso? Tendiamo a sottovalutare la creazione solo per noi stessi e sopravvalutiamo la creazione per un vasto pubblico. Ma il tuo pubblico di uno sarà lì ogni giorno quando ti svegli. Se pensi che crescerai solo quando il pubblico sarà più grande, il pubblico, paradossalmente, non aumenterà. Sebbene Internet e la tecnologia abbiano reso possibili quantità senza precedenti di creatività, ironicamente hanno anche inibito il processo creativo. Ciò che controlliamo in ogni tentativo creativo sono i nostri sforzi, ciò che facciamo ogni giorno per coltivare la nostra creatività e il nostro impegno nel processo. Dimentica gli elenchi dei bestseller, le aperture della gallerie e le luci splendenti. La creazione di un lavoro creativo appagante è il risultato della perdita di te stesso nel momento. Quando il lavoro è finito, il tuo ruolo termina. Il destino di un libro, un film, un album musicale è in definitiva fuori dalle tue mani. Non puoi controllare come risponde il mondo. Ma puoi scegliere di apprezzare e riconoscere i tuoi sforzi e semplicemente ricominciare. Come ha notato l'autore Ryan Holiday al completamento di uno dei suoi libri: 
Una delle cose più difficili da fare è separare il tuo lavoro e lo sforzo che fai dai risultati. Un attore non controlla il film che li circonda. Non controllano ciò che fanno gli altri attori. Non controllano il budget di marketing. Non controllano la distribuzione. Potrebbero svolgere il ruolo di una vita, ma il regista o l'editore potrebbero incasinarlo in postproduzione. Se la tua felicità con il tuo lavoro e la tua carriera dipende da come il film fa al botteghino o da come i critici rispondono al tuo ruolo, hai posto la tua felicità con la tua vita nelle mani di altre persone, e questa è la ricetta per una profonda delusione. Mentre separare il tuo lavoro e lo sforzo dai risultati è una delle cose più difficili da fare, è anche una delle più importanti. Altrimenti, il tuo senso di soddisfazione, realizzazione, felicità e benessere generale fluttuerà, a seconda dei "risultati". Se i risultati sono in gran parte fuori dal nostro controllo, non avremmo maggiori benefici misurando il nostro successo in modi su cui abbiamo un certo controllo? Sei orgoglioso del tuo lavoro? Ci metteresti felicemente la tua firma? Hai soddisfatto o superato le tue aspettative o la creazione precedente? 
La nostra creatività parla più forte e più chiaramente quando il lavoro è separato dai risultati. A partire dall'intenzione di fama e fortuna, si annulla il suono della nostra creatività e ci rende più difficile l'ascolto, risultando una perpetua mancanza di appagamento e una sottovalutazione della gioia che potremmo provare nel processo. Riformulando il modo in cui definiamo risultati "positivi", in base a ciò su cui abbiamo il controllo, aumentiamo la probabilità che il nostro lavoro creativo sarà gratificante. La narrativa culturale predominante che guida così tanto il lavoro creativo è “Perché creare se nessuno ascolterà, pagherà o presterà attenzione? Perché stiamo sprecando il nostro tempo? ” Abbiamo messo celebrità su piedistalli e trasformato i loro successi e stili di vita nella nostra nuova definizione di successo. Il risultato è un profondo senso di insoddisfazione per la nostra creatività. La purezza si perde nel nostro lavoro quando tutto ciò che facciamo è per un risultato esterno, quando ogni ricerca creativa diventa inutilmente professionale. Ma quando si prendonono in considerazione  i creatori di maggior successo, quasi nessuno di loro ha iniziato a guadagnare fama, fortuna, prestigio e riconoscimenti. All'inizio degli anni '90, un duo di adolescenti francesi iniziò a fare musica dalle loro camere da letto. Nonostante il riconoscimento mondiale della loro musica, non riconosceresti mai nessuno dei membri dei Daft Punk per strada. Invece di mostrare i loro volti durante le esibizioni dal vivo, indossano maschere robot. In una cultura che mette le "stelle" su piedistalli, celebrando fama e fortuna, in cui le persone misurano il proprio valore in metriche di vanità sui social media, è inaudito che qualsiasi artista si renda intenzionalmente più anonimo man mano che la sua popolarità cresce. Le fantasie grandiose spesso diventano l'insidioso motivatore di tanti aspiranti creativi. Ma Daft Punk ha una filosofia completamente diversa: "Non è necessario essere sulle copertine delle riviste con la faccia per fare buona musica". A tal fine, quando sono stati pagati più di $ 300.000 per la loro esibizione al festival musicale Coachella nel 2006, quasi tutto il denaro è stato restituito all'esibizione, il che ha alzato l'asticella per quello che potrebbe essere un'esperienza di musica elettronica dal vivo. È stato uno spettacolo di luce, suono, effetti speciali e musica che alla fine ha portato a un video di YouTube diventato virale e ha ottenuto milioni di visualizzazioni. 
Un'altra creatrice, Maria Popova, ha fondato Brain Pickings, un sito web che afferma di essere "un inventario della vita significativa". È iniziato come nient'altro che una raccolta di link che Popova ha inviato via email a sette amici. Oggi raggiunge milioni di lettori. Riflettendo sul successo ottenuto nel suo post sulle lezioni apprese da 10 anni nella gestione del sito, Popova ha dichiarato: Quei motivatori estrinseci stanno bene e possono sentirsi affermativi della vita nel momento, ma alla fine non rendono elettrizzante alzarsi al mattino e gratificante andare a dormire - e, in effetti, possono spesso distrarre e detrarre dalle cose che offrono quelle ricompense più profonde. Valutare i nostri sforzi esclusivamente sulla base dell'estrinseco è esattamente l'opposto di ciò che significa ascoltare il tuo io più profondo. Quando insistiamo sull'estrinseco, il nostro lavoro in realtà soffre. È pieno di autenticità e potenziale per una firma inconfondibile, che, ironicamente, rende meno probabile la possibilità di un successo esterno. Ma questi desideri sono naturali. Dopotutto, viviamo in un'epoca definita dalla capacità di vedere la vita di tutti gli altri e la loro creatività in mostra perpetua. La condivisione crea la possibilità di convalida in Mi piace, Commenti o qualsiasi altra vanità che guida la tua piattaforma preferita. Questa convalida non è solo fugace, ma è anche tossica per la creatività. Sottolineiamo la gioia del processo, ci confrontiamo con gli altri e diventiamo eccessivamente attaccati ai risultati. È abbastanza facile entrare nel business di quello che il creatore di Life After Tampons, Jennifer Boykin descrive come "confrontare i tuoi interni con quelli di altre persone". Smetti di provare a diventare il prossimo Beyoncé, Kanye o Stephen King. Il difetto di questo desiderio è che non diventerai mai - non puoi diventare - la prossima versione di quella persona. Come creatore, il tuo compito è impegnarti a diventare la versione migliore di te. Se sei una versione migliore di te oggi rispetto a ieri, sono progressi. Il confronto e l'invidia ostacolano il progresso in qualsiasi sforzo creativo - o in qualsiasi vita.
Articolo tratto da An Audience of One di Srinivas Rao 
Foto: @thewzrdharry
1 note · View note
pedrop61 · 5 years
Text
I GUARDIANI DELL'IPOCRISIA
L'assegnazione del premio Nobel per la Letteratura allo scrittore austriaco Peter Handke è stata un’imperdibile occasione per i pasdaran del 'correttismo politico', per mettersi in scena come autoproclamati guardiani della morale.
Peter Handke era in odor di Nobel già nella seconda metà degli anni '90, quando ebbe l’infelice idea di uscire dal coro politico-mediatico ufficiale, pubblicando (1996) "Eine winterliche Reise zu den Flüssen Donau, Save, Morawa und Drina oder Gerechtigkeit für Serbien" (Un viaggio d'inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina, ovvero giustizia per la Serbia). In questo diario di viaggio Handke rifiutava la vulgata costruita dai media occidentali, dove alla Serbia venivano imputate unilateralmente le colpe ed atrocità della sanguinosa guerra civile iniziata nel 1991, e dava spazio alle ragioni serbe.
Handke, che si è sempre considerato socialista, è legato anche per ragioni biografiche (da parte di madre) alla Jugoslavia, la cui dissoluzione ha sempre considerato una tragedia. In quest’ottica egli condannò dall’inizio come illegittime ed esiziali le dichiarazioni di indipendenza di Slovenia e Croazia.
È impossibile percorrere qui l'accidentata storia della guerra in Jugoslavia. A titolo di spunto, senza nessuna pretesa di esaustività, è però utile ricordare un paio di questioni.
Alle origini della guerra non stanno affatto, come si sente dire spesso, inveterati odi nazionalistici. Il livello di 'odio etnico' presente in Jugoslavia dal dopoguerra fino agli anni ‘80 era più o meno lo stesso che si può percepire in Italia in forma di battute ‘etniche’ su 'polentoni' e 'terroni', o baruffe di campanile. La principale differenza rispetto ad un contesto come quello italiano era rappresentata dall’esistenza di tradizione religiose diverse (cattolici in Slovenia e Croazia, ortodossi in Serbia e Montenegro, una maggioranza relativa di musulmani in Bosnia). Queste differenze rappresentavano potenziali linee di faglia, ma erano faglie silenti, trattandosi di un paese essenzialmente laico e dove la mescolanza della popolazione, per ragioni lavorative e matrimoniali, era stata elevata.
Con la morte di Tito e la crisi economica degli anni '80 si avviò un processo di esacerbamento delle tensioni di matrice etnico-nazionale con il fattivo contributo di agenti esterni, e nello specifico dell’attivismo tedesco, che ambiva a ricondurre l’area industriale della Jugoslavia (Slovenia e parte della Croazia) nella propria zona di influenza. La Germania fu la prima a far sapere che eventuali richieste di indipendenza sarebbero state da loro riconosciute, fornendo di fatto una sponda perfetta ai nazionalisti sloveni e croati. Il problema della rottura dell’unità jugoslava era infatti innanzitutto un problema di natura economica: nella ‘divisione del lavoro’ avvenuta all’interno della Repubblica Federale di Jugoslavia il settore industriale era rimasto concentrato in Slovenia e Croazia, mentre alla Serbia, il territorio più esteso e popoloso, era stato attribuito principalmente un ruolo agricolo, amministrativo e militare. Una rottura del paese con la promessa al Nord di entrare nell’area produttiva tedesca significava un futuro potenzialmente roseo per Slovenia e Croazia, e un destino di arretratezza e minorità per il Sud (Serbia, Montenegro e Bosnia-Erzegovina).
Anche il contesto degli eventi internazionali non va dimenticato: il 1991 è anche l'anno della fine ufficiale dell'URSS e la Jugoslavia, in quanto repubblica socialista non allineata, poteva rappresentare un potenziale fattore aggregante per orfani del socialismo reale.
In questo contesto la ‘comunità internazionale’ avrebbe potuto giocare le proprie carte in vari modi. La scelta esplicita di Germania e USA, sia per ragioni economiche che politiche, fu quella di alimentare le istanze separatiste, promuovendo di fatto la guerra civile.
Nel 1991 il presidente croato Franjo Tuđman (noto simpatizzante degli Ustascia di Ante Pavelic ed antisemita) annunciò (con il sostegno, come oggi si sa, della C.I.A.), la costituzione di un esercito nazionale croato trasformando e incrementando le forze speciali di polizia. Successivamente Croazia e USA firmarono un accordo militare che includeva l’addestramento dell’esercito croato da parte di una compagnia militare privata (Military Professional Resources, Inc.) sull’isola di Brac (Dalmazia).
Una volta incendiata la questione nazionale vennero anche rimpatriati molti estremisti nazionalisti, che negli anni di Tito erano rimasti in esilio in Germania e Svizzera. Con la dichiarazione di indipendenza della Slovenia il conflitto iniziò a fare il suo corso, tragico ed efferato come possono essere solo le guerre civili.
Gli orrori di quella guerra, perpetrati da tutte le parti in causa, furono narrati in Occidente con singolare unilateralità. Di alcuni orrori (Srebrenica) si parlò per anni, di altri (come il massacro di 1400 civili serbi in Krajina da parte dell’esercito croato) si sentì parlare poco o nulla. (Incidentalmente l’offensiva croata in Krajina fu approvata dai governi statunitense di Bill Clinton e tedesco di Helmut Kohl, che fornirono anche armi e strumentazioni all'esercito croato.)
Ora, tornando a Handke, ho un ricordo personale molto forte del suo posizionamento di allora. In quel periodo (1996) vivevo a Vienna, e Handke iniziava ad essere bersagliato per il suo accoglimento delle ragioni unioniste della Serbia. Ricordo a questo proposito la sua reazione all'ennesima giornalista che, in una conferenza pubblica all’Akademietheater, lo aveva assalito chiedendogli se non si sentisse in colpa per le "vittime" (die Betroffenen).
La risposta di Handke (ritrovata testualmente in rete) fu: "Stecken Sie sich Ihre Betroffenheit in den Arsch! Ihr tut so, als gehört Euch das Leid und die tausenden Toten, Sie Jammergestalt! Ich rede nicht mit Ihnen, hauen Sie ab!" (“Si metta il suo ‘vittimismo’ nel culo, miserabile, lei fa come se la sofferenza e le migliaia di morti le appartenessero. Io con lei non parlo, sparisca!”). Al tempo ricordo di aver trovato la risposta assai appropriata, ma il conto arrivò a stretto giro di posta. Handke, prima una celebrità invitata ovunque, venne fatto letteralmente sparire dalla scena pubblica. Molte librerie restituirono le opere di Handke, annunciando che non le avrebbero vendute più. I suoi lavori smisero di essere tradotti all’estero. La morte civile coprì l’autore e la sua opera per oltre un decennio.
Di fronte a questo linciaggio morale Handke, essendo caratterialmente piuttosto lontano dalla genia degli yes-man, si arroccò nella propria posizione, probabilmente più testardamente di quanto sarebbe stato giusto fare. Quando nel 2006 Milosevic venne ‘trovato morto’ in circostanze mai chiarite nel carcere dell’Aia (proprio a ridosso della decisione sulla sua richiesta di confronto in aula con Bill Clinton e il generale Wesley Clark), Handke si recò al suo funerale, dove parlò in sua difesa.
Ora, non è possibile, né ha alcuna importanza cercare qui di stabilire con acribia ragioni e torti relativi a quell’orrore che è stata la guerra civile jugoslava, dall’indipendenza della Slovenia a quella del Kosovo (1991-1999). Quello che si può dire con considerevole sicurezza sono però almeno tre cose: che ci furono colpe gravi da tutte le parti; che la guerra venne alimentata inizialmente dall’atteggiamento di autorevoli paesi occidentali; che quegli stessi paesi si schierarono nella guerra civile con una parte, e contro l’altra, per ragioni che nulla avevano a che fare con motivazioni ‘etiche’.
In questo quadro non è importante stabilire se Handke avesse ragione o torto, o quanta parte di ragione e quanto di torto. Il punto è che delle posizioni di Handke il minimo che si può dire è che fossero posizioni critiche degne di essere ascoltate e discusse con rispetto, non certo di essere fatte oggetto della versione ‘liberal’ del rogo dei libri.
Ma tolleranza per le opinioni eterodosse, amore per la ragione critica, ricerca della verità, sono formule con cui i ‘liberal’ occidentali si sciacquano la bocca quotidianamente, salvo non connetterle ad alcun contenuto reale.
I moderni 'liberal' sono quelli la cui narrativa e cinematografia glorificano a getto continuo i personaggi 'franchi e trasgressivi', applaudono i ribelli 'che non la mandano a dire', osannano gli eroi scapigliati che hanno il coraggio di dire 'verità scomode'; ma quando accidentalmente qualcuno se ne esce dal giardinetto ammuffito delle convenzioni mainstream la loro reazione è solo sdegno inorridito e la richiesta di quella testa su un vassoio (e che si tratti di Assange, Handke o altri poco importa).
È tutta gente che ama molto gli intellettuali. Purché siano decorativi, leggano le veline o siano educatamente morti.
[A.Zock]
3 notes · View notes
lafinestrarotta · 6 years
Text
Generazione 90210 (3/3)
Qualcosa però è cambiato per davvero, perché il 2009 è anche l’anno in cui esce una serie televisiva rivoluzionaria: Glee. Per chi non l’avesse mai vista, la serie racconta delle vicissitudini di un gruppo di studenti della William McKinley High School protaogonisti di un gruppo di canto e ballo. E qui voi potreste dirmi: “Dov’è la novità?”. Abbiamo visto decine di serie televisive così, abbiamo persino importato Paso adelante dalla tv spagnola. Già, ma l’innovazione di Glee sta nel fatto che i protagonisti sono dei loser, degli sfigati: c’è il ragazzo con l’apparecchio ai denti costretto sulla sedia a rotelle, l’omosessuale che viene gettato tutti i giorni nei rifiuti dai bulli della scuola, la secchiona con talento ma presa in giro dalle cheerleader, la ragazza balbuziente e quella di colore con diversi chili di troppo. Il tutto in un’atmosfera che passa dall’ilarità al dramma con una facilità disarmante. Ce n’è per tutti i gusti, insomma, anche perché questa armata brancaleone è allenata da un professore di spagnolo che in gioventù aveva rinunciato ai propri sogni di gloria ed ora vive di rimpianti. Un nostalgico degli anni ‘90.
I nostri arriveranno (per lo meno nella prima serie, datata 2009) ad un passo dal trionfo, ma perderanno:una cosa che in Beverly Hills non sarebbe mai successa; nella serie firmata da Darren Star non c’era posto per i loser.
Conclusione 
In questo articolo tra il serio e il demenziale ho cercato di dimostrare che capire la pop-culture aiuti a capire molto dei modelli di consumo; capire i sogni, le aspettative e le paure di una generazione permette di capire come andrà il mondo; viceversa, capire gli avvenimenti economici e politici aiuta a comprendere la produzione cinematografica (e non solo). Dagli anni ’90 in avanti, sono state create almeno tre enormi bolle finanziarie: la prima, quella denominata dot-com, è stata figlia dell’incredibile ottimismo nei confronti delle innovazioni ICT; non ho le prove per dimostrare che la Subprime bubble sia stata “pianificata” ad arte per finanziare gli interventi militari in Medio-Oriente, ma visto il ruolo fondamentale della Federal Reserve (la Banca centrale degli Stati Uniti) e del Governo nello spargere i semi della crisi, il sospetto è molto forte. La terza bolla, la bolla dei Quantitative Easing, è stato finora un autentico regalo alle stesse élite finanziarie coinvolte nelle crisi precedenti ed ai Paesi sovra-indebitati. Il basso costo del denaro ha dato la possibilità di estendere i consumi ancora una volta, di rendere nuovamente sostenibile l’insostenibile (per lo meno a livello aggregato). 
Nell’epoca in cui viviamo ora, quella della connessione continua, tutto va più forte (3G, poi 4G….), tutto è più grosso (i data, diventano big data, gli smartphone si fanno sempre più grandi), tutto viene spinto sempre più all’estremo. Gli stessi idoli sportivi sono sempre più dei kolossal viventi, a volte per il proprio talento, a volte per regole cambiate appositamente per loro. Phelps ha disintegrato il record di Spitz nel nuoto, così come Usain Bolt ha abbattuto i record nei 100 e 200 metri; ma per poter assegnare il pallone d’oro sempre alle stesse persone (uno tra Messi e Cristiano Ronaldo lo vince ininterrottamente dal 2008, eccezion fatta per la parentesi Modric nel 2018) si è giunti a cambiare la metodologia di votazione del premio. A volte ho come l’impressione che l’obiettivo ultimo sia quello di creare le condizioni per avere sempre nuovi record, senza alcun rispetto per la storia di uno sport. L’obiettivo è: creare sempre maggiore sensazionalismo. 
Come ha detto l’economista Dambisa Moyo, l’occidente sta sprecando enormi quantità di denaro in attività improduttive (come negli stipendi di una squadra di calcio che chiuderà sempre in perdita) e questa situazione, lo capirebbe un bambino, non potrà durare per sempre. Si fa sempre maggiore fatica a dare un senso agli eventi più recenti, ma l’ISIS non è altro che un Al-Quaeda up-gradata; i nemici dell’Occidente vivono sempre più tra noi, spesso sono nostri concittadini (qualcuno dice “esclusi”, “emarginati” dalle opulente società che li hanno accolti). Questo senso di insicurezza è narrato in alcune serie televisive cult di questi anni, basti pensare allo straordinario duello tra Patrick Jane e Red John (e la sua rete di adepti) in The Mentalist  o alla cruda lotta tra Ryan Hardy e Joe Carroll in The Following.
Ogni bolla ha bisogno del sostegno di una narrativa; i sogni delle persone devono essere alimentati da qualcosa. Così come ogni guerra (qualsiasi sia il nemico) deve essere sostenuta per mezzo della paura. Il problema è che le aspettative spesso e volentieri vengono disattese: la Generazione 90210, per esempio, è cresciuta sognando di guidare auto di grossa cilindrata e di vivere in case con la piscina. I cosiddetti Millennials (o generazione Y) sono probabilmente più disillusi ed hanno capito che la pensione probabilmente sarà un miraggio. La Generazione Glee ha forse più anticorpi contro la precarietà nel lavoro (una “malattia” ben meno diffusa 20-25 anni fa), ma ne hanno  meno contro l’AIDS, come dimostra l’aumento delle infezioni che si è verificato nell’ultimo decennio; d’altronde la malattia è sempre la stessa, ma il livello di drammaticità visto nel grandioso Dallas Buyers Club (2013) rimane ben lontano dalle vette toccate nel già citato Philadelphia (1993). Le narrative, insomma, guidano l’azione delle persone in tutti gli ambiti della vita. L’economia è solo uno dei tanti.
0 notes
pangeanews · 5 years
Text
“Scrivere non è predicare una verità. È scoprirla”. Milan Kundera compie 90 anni! Lo festeggiamo con una intervista in cui parla di politica (“uno show tragico”), scrittura, Europa, ruolo del romanzo etc.
Milan Kundera è l’ultimo, autorevole, rappresentante del romanzo europeo. Il romanzo europeo è un romanzo ‘di idee’ rispetto a quello americano, ‘di trama’. In Europa si pensa, in Usa si fa (e si dis-fa). Da quando l’Europa ha smesso di pensare – pensando con la testa di altri – la letteratura – perciò, l’Europa in sé – è in disarmo: non dialoga, subisce.
*
“Durante le varie fasi della storia del romanzo, nazioni diverse si sono per così dire passate il testimone: prima l’Italia con Boccaccio, il grande precursore; poi la Francia di Rabealis; poi la Spagna di Cervantes e del romanzo picaresco; nel Settecento fu la volta del grande romanzo inglese con l’intervento, sul finire del secolo, del tedesco Goethe; l’Ottocento appartiene invece, interamente, alla Francia, pur tenendo conto dell’ingresso del romanzo russo, negli ultimi trent’anni del secolo, e della comparsa, subito dopo, di quello scandinavo. Viene, poi, il Novecento e la vicenda mitteleuropea con Kafka, Musil, Broch, Gombrowicz… Se l’Europa fosse una nazione unica, non credo che la storia del suo romanzo avrebbe potuto protrarsi per quattro secoli con tanta vitalità, tanta forza e tanta varietà”. La lezione narrativa di Kundera – simile a quella di Thomas S. Eliot – ha nitidezza politica. Ascoltate i grandi scrittori, gente.
*
In effetti. Manzoni, George Eliot, Victor Hugo, Dostoevskij, Tolstoj, Gombrowicz, Martin Amis… Lo scrittore europeo fa agire il pensiero, si erge nel golfo della contraddizione, si contraddistingue perdendosi. Nel cinema accade lo stesso: da Fellini a Bergman, da Antonioni a Herzog e Kieslowski, agiscono le visioni e la frizione dei sentimenti, non l’azione. L’abominio del pensiero in favore dello ‘spettacolo’ ha garantito la nostra smisurata piccolezza rispetto alla muscolarità visiva – non visionaria – americana e – vedrete, vedremo – all’epica cinese.
*
Il bilinguismo come tradizione dell’intelletto ‘europeo’. Kundera, si sa, scrive in ceco e in francese. Beckett scriveva in inglese e in francese come Nabokov parte dal russo per arrivare all’inglese. Joseph Conrad, ucraino, parlava in francese e ha scritto in una magnetica prosa inglese. Brodskij scrive le poesie in russo e i saggi in inglese. Rilke, praghese, si esprimeva in tedesco e in francese. Manzoni scriveva in italiano ma nelle lettere detta nella lingua degli intellettuali del tempo, il francese; Dante inventa il volgare, scrive in latino, legge i provenzali. Natura dello scrittore europeo è varcare i linguaggi (perché l’anima dell’uomo ha vastità linguistica, è lingua) – restando nel proprio.
*
In un testo “In omaggio a Stravinskij” raccolto ne I testamenti traditi, Kundera centra il lavoro dello scrittore. “Da sempre detesto, profondamente, violentemente, quelli che in un’opera d’arte vogliono trovare una posizione (politica, filosofica, religiosa ecc.), invece di cercarvi una intenzione di conoscere, di capire, di cogliere questo o quell’aspetto della realtà”.
*
Ogni tentativo di conoscere – senza sbandierare opinioni o sbraitare – è atto d’offesa. Un romanzo, se è grande, è tormento: scortica con il taglierino. L’ironia cinica di Kundera è il bisturi di chi ti stacca la calotta cranica mentre cammini, ebete, nelle vie del centro.
*
A proposito: le accuse di MK contro il ‘pubblico’, le chiacchiere da social bar. “Ma il conformismo dell’opinione pubblica è una forza che si è eretta a tribunale, e il tribunale non può perdere tempo con i pensieri, il suo compito è quello di istituire processi. E a mano a mano che fra giudici e accusati si scava l’abisso del tempo, le grandi esperienze vengono giudicate sempre più spesso da esperienze inferiori. Così gli errori di Céline vengono giudicati da persone immature, incapaci di vedere come, proprio in virtù di quegli errori, i romanzi di Céline contengano un sapere esistenziale che, a saperlo intendere, potrebbe renderle più adulte. Perché in questo consiste il potere della cultura: nel riscattare l’orrore transustanziandolo in saggezza esistenziale”.
*
Nel 1985, quando Milan Kundera è già un ‘fenomeno mondiale’ in virtù de L’insostenibile leggerezza dell’essere, Olga Carlisle lo intervista per il New York Times. L’intervista si intitola, banalmente, A Talk With Milan Kundera. Festeggiare Kundera significa omaggiare la propria intelligenza, per questo, abbiamo deciso di tradurre l’intervista. Con formidabile perizia profetica, qui Kundera allinea i suoi temi più cari. (d.b.)
*
OC (Olga Carlisle) Per dieci anni, più o meno, hai vissuto in Francia. Ti senti un émigré, un Francese, un Ceco o solo un Europeo senza nazionalità specifica?
MK Quando gli uomini di pensiero tedeschi lasciarono il loro stato per l’America negli anni Trenta, erano sicuri che vi sarebbero tornati, un giorno. Consideravano la loro permanenza all’estero come temporanea. D’altro canto io non ho speranza in alcun genere di ritorno. La mia soluzione francese è definitiva e perciò non sono un émigré. Ora la Francia è la mia unica patria. Né mi sento privo di radici. Per mille anni la Cecoslovacchia è stata una parte dell’Occidente. Oggi essa è parte dell’impero a Est. Mi sentirei molto più sradicato a Praga che a Parigi.
OC Ma scrivi ancora in ceco?
MK Scrivo i saggi in francese, ma le storie in ceco perché le mie esperienze di vita e la mia immaginazione sono ancorate alla Boemia, a Praga.
OC Fu Milos Forman, ben prima di te, a rendere nota la Cecoslovacchia al più vasto pubblico occidentale, con film come “Al fuoco, pompieri!”.
MK Davvero lui incarna quel che chiamo lo spirito fine di Praga – lui con altri registi cechi, Ivan Passer e Jan Nemec. Quando Milos viene a Parigi, sono tutti scossi, stupiti. Com’è possibile che un regista così famoso sia così libero da ogni sentimento snob? A Parigi, dove nemmeno una commessa alle Galeries Lafayette sa come ci si comporta in modo naturale, la semplicità di Forman risulta semplicemente come una provocazione.
OC Come definiresti “il sottile spirito di Praga”?
MK Hai Il Castello e Il buon soldato Schweik di Hasek che sono tutti percorsi da questo sentimento, un senso straordinario verso la realtà. Prendi il punto di vista di un uomo normale, la storia vista a partire dal basso, una semplicità che ti provoca, con un genio per le assurdità. E un senso dell’umorismo con pessimismo infinito. Ad esempio, un Ceco richiede un visto per emigrare, e l’officiale gli domanda ‘Dove vuoi andare?’. ‘Non importa’, risponde l’uomo, al quale viene dato un mappamondo. ‘Prego, scelga’. Ora l’uomo guarda il mappamondo, vi scorre sopra il dito lentamente e dice ‘Non ne ha un altro?’.
OC Ma oltre alle tue radici praghesi, quali altri amori letterari ti hanno formato?
MK Per primi i romanzieri francesi Rabelais e Diderot. A mio giudizio il vero fondatore, il re della letteratura francese è Rabelais. Con Jacques il Fatalista di Diderot il quale ha portato il sentimento di Rabelais dentro il Dciottesimo secolo. Non fatevi sviare dal fatto che Diderot fosse un filosofo: il suo romanzo non può essere ridotto a nessun tipo di discorso filosofico: è una recita dell’ironia, il romanzo più libero che sia mai stato scritto, la libertà volta in romanzo. Ne ho fatto recentemente un adattamento teatrale ed è stato messo in scena da Susan Sontag a Cambridge, Mass. come Jacques e il suo padrone [gennaio 1985, American Repertory Theater]
OC E le tue altre radici?
MK Il romanzo dell’Europa di mezzo, quello del nostro secolo. Kafka, Robert Musil, Hermann Broch, Witold Gombrovicz. Questi romanzieri sono malfidati in modo meraviglioso di quel che Malraux chiama “illusioni liriche”. E malfidati verso le illusioni che riguardano il progresso, il kitsch della speranza. Sto con loro a condividere una tristezza sul crepuscolo dell’Occidente: ma non è una faccenda sentimentale, è più ironica. E la mia terza radica è: la poesia ceca moderna. Per me è stata un’ottima scuola di immaginazione.
OC E tra questi poeti c’è anche Jaroslav Seifert? Avrebbe meritato di vincere il Nobel nel 1984?
MK Certamente. E si sentiva che è stato il primo a venir proposto nel 1968, ma la giuria fu prudente. Temevano che il gesto sarebbe stato considerato come pura simpatia per uno stato allora recentemente occupato. E il premio è giunto troppo tardi [1984], tardi per il popolo ceco che era stato umiliato, tardi per la poesia ceca la cui grande epoca era conclusa da tempo, tardi per Seifert che ora ha 83 anni. Si dice che quando l’ambasciatore svedese giunse al suo letto d’ospedale per dirgli dell’onore, Seifert l’abbia guardato a lungo. Ma poi gli disse ‘E che me ne faccio ora di tutti questi soldi?’.
OC E a proposito di letteratura russa, ti tocca ancora, o gli eventi del 1968 te la fanno gustare male?
MK Mi piace molto Tolstoj. È più moderno di Dostoevskij. Tolstoj fu forse il primo ad afferrare la componente irrazionale nel comportamento umano. Il ruolo della stupidità – ma soprattutto delle azioni umane guidate da qualcosa di nascosto, non controllato, non controllabile, e che non rientra nel conteggio finale. Rileggete i passaggi che precedono la morte di Anna Karenina. Perché si uccide se davvero non vuole farlo? Come nasce la sua decisione? Per catturare queste ragioni, irrazionali ed elusive, Tolstoj scatta una foto del flusso di coscienza di Anna. Sta in carrozza; le immagini della strada si mescolano nella sua testa coi suoi pensieri illogici, frammentati. Perciò vedete che il creatore dello “stream” non è Joyce ma Tolstoj, in queste poche pagine di Anna Karenina. Raramente lo si riconosce, perché Tolstoj è tradotto male: ho letto una volta una traduzione francese di questo passo ed ero stupefatto, quel che nel testo originale è illogico e a frammenti diventava logico e razionale in lingua francese. Come se l’ultimo capitolo dell’Ulisse fosse riscritto e al lungo monologo di Molly fosse data una punteggiatura logica e convenzionale. Purtroppo, i nostri traduttori ci tradiscono, non osano tradurre l’inusuale nei nostri testi – il non comune, l’originale. Temono che le critiche li accuseranno di tradurre male. E per proteggerci, fanno carne di porco del lettore. Avete idea di quanto tempo ed energia ho speso a correggere le traduzioni dei miei libri?
OC Parli con affetto di tuo padre ne “Il libro del riso e dell’oblio”.
MK Era un pianista con una passione per la musica moderna, Stravinskij, Bartok, Schönberg, Janacek. Si spese per far accettare Leos Janacek come un artista, e Janacek era un compositore moderno affascinante, senza paragoni, impossibile classificarlo. La sua opera Dalla casa dei morti, tratta da Dostoevskij, è uno dei grandi lavori profetici del nostro secolo come Il processo o Guernica. Mio padre eseguiva questa musica complessa in sale da concerto semivuote. E da bambino io odiavo il pubblico che rifiutava di ascoltare Stravinskij e poi applaudiva Tchaikovskij o Mozart. Ho mantenuto una passione per l’arte moderna; questa è fedeltà a mio padre. Però mi sono rifiutato di proseguire nella sua professione, la musica mi piaceva, i musicisti no. Vivere in mezzo a loro era per me come mettermi un bavaglio con le mie mani. Quando lasciai la Cecoslovacchia con mia moglie, potemmo prendere solo pochi libri, scegliemmo Il centauro di John Updike, toccava qualcosa di profondo in me, un amore che sta per morire verso un padre umiliato, sconfitto
OC E ne “Il libro del riso” colleghi la memoria di tuo padre a un racconto su Tamina che vive su un’isola dove ci sono solo bambini.
MK Quel racconto è un sogno, sogno fatto da una immagine che mi perseguita. Pensate di essere forzati per il resto dei vostri giorni a rimanere circondati da bambini, senza poter mai parlare da adulti: che incubo. L’immagine da dove arriva? Non lo so, non analizzo mica i miei sogni, meglio passarli a qualche racconto.
OC I bambini hanno un posto strano nei tuoi libri. Ne “L’insostenibile leggerezza dell’essere” i bambini torturano un corvo e Tereza dice all’improvviso a Tomas “Ti sono grata per non aver voluto dei bambini”. Poi però uno trova nei tuoi libri della tenerezza verso gli animali, e nell’ultimo c’è un maiale che è quasi un personaggio stimabile. Non sarà un poco kitsch?
MK Non penso lo sia. Kitsch è desiderio di piacere a tutti i costi. Parlare bene degli animali e guardare scetticamente ai bambini non può piacere troppo al pubblico, può persino irritare, leggermente. Non che abbia nulla contro i bambini: ma il kitsch che li circonda mi dà fastidio. Qui in Francia, prima delle elezioni, tutti i partiti politici fanno i loro poster, ognuno con gli stessi slogan su un futuro migliore e sempre foto di bambini che sorridono, corrono e giocano. Purtroppo, il nostro futuro umano non è l’infanzia ma l’età adulta. Il vero umanesimo di una società si rivela nella sua attitudine verso l’età della vecchiaia. La quale è l’unico futuro che ognuno di noi ha davanti e che non sarà mai mostrato sui poster. Né a sinistra né a destra.
OC Vedo che la polemica destra e sinistra non ti esalta troppo.
MK Il pericolo che ci minaccia è l’impero totalitario. Khomeini, Mao, Stalin – sinistra o destra? Il totalitarismo non è né l’una cosa né l’altra, al suo interno queste distinzioni si essiccano. Non sono mai stato credente, ma dopo aver visto i cechi cattolici perseguitati durante il terrore staliniano ho provato la più profonda solidarietà verso di loro. Quel che ci separava, la fede in Dio, veniva dopo a quel che ci univa. Una solidarietà da impiccati. Quindi la stupidissima battaglia tra sinistra e destra mi pare obsolete e abbastanza provinciale. Odio partecipare alla vita politica, benché poi la politica mi affascini come show: uno show tragico, mortale nell’impero dell’Est – intellettualmente sterile ma divertente qui a Ovest.
OC A volte di dice, paradossalmente, che l’oppressione dia più serietà e vitalità ad arte e letteratura.
MK Ma non siamo romantici! Quando l’oppressione continua a durare, può distruggere una cultura da cima a fondo. La cultura vuole una vita pubblica, libero scambio di idee, necessita di pubblicazioni, esibizioni, dibattiti, confini transitabili. Pure, per del tempo, la cultura può durare in circostanze molto difficili. Dopo l’invasione russa del 1968, quasi tutta la letteratura ceca fu bandita e circolava solo in manoscritti. Una vita culturale aperta e pubblica veniva distrutta e nondimeno la letteratura degli anni Settanta è stata splendida. La prosa di Hrabal, Grusa, Skvorecky. È stato allora, al tempo più impossibile della sua esistenza, che la letteratura ceca ha ottenuto riconoscimento internazionale. Ma quanto a lungo riesce a sopravvivere nei tubi, sottoterra? Chi lo sa. L’Europa non ha mai provato situazioni simili, prima. Quando si arriva alla sventura delle nazioni, non dobbiamo dimenticare la dimensione temporale. In uno stato di fascisti, di dittatori, tutti sanno che la storia finirà un certo giorno. Tutti guardano verso la fine del tunnel. Nell’impero dell’Est il tunnel non ha fine – perlomeno dal punto di vista di una vita umana, adesso. Ecco perché non mi piace che si paragoni la Polonia, per dire, col Cile. Sì, la tortura e le sofferenze sono le stesse ma i tunnel hanno lunghezza davvero diversa. Questo cambia tutto. E l’oppressione politica si presenta ancora con un altro pericolo che – specie per un romanziere – è anche peggio della censura e della polizia. Voglio dire: il moralismo. L’oppressione crea un confine fin troppo chiaro tra bene e male e allo scrittore viene la tentazione di mettersi a predicare. Per il genere umano è attraente, per la letteratura mortale. Hermann Broch, il romanziere austriaco che amo di più, ha detto “L’unica moralità dello scrittore è la conoscenza”. Ha ragion d’essere solo un lavoro letterario che riveli un frammento sconosciuto di esistenza umana. Scrivere non è predicare una verità. È scoprirla.
OC Ma forse le società che subiscono oppressione offrono più occasioni allo scrittore di scoprire questo frammento, rispetto a quelle società che trascorrono le loro vite in pace?
MK Forse. Se pensate all’Europa di mezzo, che laboratorio prodigioso di storia! In un periodo di 60 anni abbiamo vissuto la caduta di un impero, la rinascita delle piccole nazioni, democrazia, fascismo locale, occupazione tedesca coi suoi massacri, invasione russa con le sue deportazioni, speranze di socialismo, terrore staliniano, emigrazione… sono sempre e ancora colpito nel constatare come si sono comportate le persone intorno a me in questa situazione. L’uomo è diventato enigmatico, sta lì come una domanda e da questo sbalordimento viene la passione di scrivere romanzi. Il mio scetticismo in relazione a certi valori che sono così inattaccabili – è radicato nella mia esperienza nell’Europa di mezzo. Per esempio, la gioventù è tratta non come una fase ma come un valore in sé. Quando spendono questa parola, i politici esibiscono un sorriso beota. Ma io, da giovane, ho vissuto il terrore, ed è stato il giovane che ha sopportato il terrore, in grandi numeri, con inesperienza, immaturità, la moralità del tutto o nulla, senso lirico. Il più scettico tra i miei romanzi è La vita è altrove. Il soggetto lì è la gioventù e la poesia, l’avventura poetica nel terrore staliniano, il sorriso della poesia, un sorriso di innocenza macchiato di sangue. La poesia è un altro di quei valori non attaccabili nella nostra società. Sono stato scioccato quando nel 1950 il grande comunista e poeta francese Paul Eluard approvava in pubblico l’impiccagione del suo amico e scrittore praghese Zavis Kalandra. Quando Brezhnev manda carrarmati a massacrare gli Afgani, è terribile ma per così dire “normale” – e prevedibile. Quando un poeta elogia un’esecuzione, è un soffio che manda all’aria tutta l’immagine che ti sei fatto del mondo.
OC Ma una vita ricca di esperienza rende i tuoi romanzi autobiografici…
MK Nessun personaggio lì è un autoritratto, nessun carattere un ritratto di persone viventi. Non mi piacciono le autobiografie camuffate, odio le indiscrezioni da scrittore: peccato capitale. Chiunque riveli qualcosa di intimo di vite altrui merita la frusta. Viviamo un’epoca dove la vita privata sta per essere tutta distrutta, la polizia la distrugge negli stati comunisti, i giornalisti la minacciano nelle libere democrazie, e poco a poco la gente sta perdendo il gusto per la sua vita privata. Il senso che questa vita privata possiede. La vita che non si può difendere dallo sguardo altrui è l’inferno. Lo conoscono quelli che hanno vissuto nello stato totalitario, ma quello è un sistema che porta fuori, come una lente caleidoscopica, le tendenze di ogni società moderna: natura devastata, declino di pensiero e arte, burocrati che imperversano e spersonalizzano, mancanza di rispetto davanti alla vita personale. Senza segreto, niente è possibile – né amore né amicizia.
[traduzione italiana di Andrea Bianchi]
L'articolo “Scrivere non è predicare una verità. È scoprirla”. Milan Kundera compie 90 anni! Lo festeggiamo con una intervista in cui parla di politica (“uno show tragico”), scrittura, Europa, ruolo del romanzo etc. proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2TP1GfA
1 note · View note
tergestin · 6 years
Text
Criminalità ed immigrazione
I crimini degli immigrati sono abitualmente omessi o ridimensionati nella narrativa demagogica e mistificatoria a favore dell’invasione e della sostituzione etnica. Poiché la loro negatività è immediatamente percepita dalla popolazione, essi sono una delle cause principali del malcontento crescente degli italiani nei confronti di politiche ultradecennali tese a far arrivare milioni e milioni di stranieri. Per questa stessa ragione, i media dominanti del regime europeo e progressista ricorrono ad una serie di strumenti di falsificazione delle notizie:
-la rimozione. Le notizie dei crimini degli immigrati semplicemente non sono date, ovvero riportate il meno possibile, essendo quasi sempre omesse;
-la deformazione. Esse sono esposte in maniera alterata, ad esempio definendo gli assassini come malati mentali, oppure parlando genericamente di “italiani” quando si tratta di persone con nazionalità allogena ma cittadinanza italiana;
-il ridimensionamento. Quando si è costretti a citare i reati degli stranieri, si tenta di spacciarli quali eccezioni, eventi rari etc.
-la distrazione. La prassi tipica è di concedere il massimo risalto ai casi di italiani che aggrediscono stranieri, sebbene siano eventi statisticamente del tutto fuori dall’ordinario, tentando così di sviare l’attenzione dagli eventi opposti di italiani vittime di immigrati, che sono di gran lunga più frequenti.
Con buona pace di questi media così faziosi e falsificatori, o di politicanti che seguono i precetti di quei propagandisti prezzolati noti come “spin doctor”, i dati statistici dimostrano che l’immigrazione accresce in misura considerevole la criminalità in Italia ed in Europa, secondo livelli più che proporzionali alle percentuali di popolazione immigrata.
Stando alle statistiche del ministero della giustizia, al 30 settembre 2016, su una popolazione detenuta complessiva di 54.465, gli immigrati erano 18.462 quindi il 33,8 %. L’annuario statistico italiano indica per il 31 dicembre 2016 una cifra quasi uguale, con il 34,1 % di stranieri fra i detenuti. Il tasso di criminalità fra gli immigrati è quindi in percentuale superiore a quello esistente fra gli italiani, perché gli stranieri commettono 1/3 dei reati, ma sono 1/10 della popolazione. Gli stranieri hanno quindi una propensione media al crimine che è circa il triplo di quella degli italiani. Altri calcoli conducono a cifre ancora più elevate. Nel periodo dal 1° agosto 2016 al 31 luglio 2017, confrontando il numero di denunce/arresti alla popolazione residente, nel caso degli stranieri si è al 4,78% contro l’1,07% degli italiani secondo i dati del ministero dell’Interno (che però limitava il numero di stranieri all’8,8 % della popolazione).
Marzio Barbagli, storico e sociologo, aveva scritto molti anni fa un saggio sul rapporto fra criminalità ed immigrazione. Essendo egli stato un intellettuale di sinistra, ha confessato di essere partito nell'indagine con idee preconcette, secondo cui non sarebbe vero che gli immigrati porterebbero ad un considerevole aumento del crimine. Tuttavia, i fatti l'hanno costretto a ricredersi. Egli ha detto, onestamente: «Ho fatto il possibile per ingannare me stesso», «era come se avessi un blocco mentale». Alla fine, ha dovuto ammettere che quello che riteneva falso era vero: gli immigrati delinquono più degli italiani. «I dati di cui disponiamo non lasciano dubbi sul fatto che gli stranieri presenti nel nostro paese commettono una quantità di reati sproporzionata al loro numero. Dall’1,4% della popolazione italiana nel 1990, essi sono passati al 5% del 2007. Ma, come abbiamo visto, essi contribuivano dal 25% al 68% delle denunce» (Marzio Barbagli, “Immigrazione e sicurezza in Italia”, Il Mulino, ultima edizione Bologna 2008).
Inoltre, intere zone del paese la maggioranza assoluta dei crimini è compiuto da immigrati. Nel 2061 vi erano significative disparità regionali fra i detenuti, poiché gli immigrati erano il 48,2 % del totale nell’Italia settentrionale, il 43 % in quella centrale e solo il 17,8 % nel Mezzogiorno. Al nord, dove la quantità di immigrati era maggiore, costoro costituivano quasi la metà dei carcerati ed anche nel centro Italia la cifra era assai elevata. Soltanto il basso livello di carcerati stranieri al sud, in cui l’immigrazione è assai più modesta numericamente, abbassa drasticamente un numero che nel resto d’Italia si approssima alla metà del totale.
Il “Dossier Statistico Immigrazione 2016” (per inciso, favorevole agli immigrati) rielaborando dati del ministero dell’Interno ammette che in intere province la maggioranza assoluta delle denunce erano state presentate contro immigrati: fra queste province si trovavano due delle dimensioni di Milano (con il 56,2 %) e Firenze.
Ancora, vi sono tipologie di reato in cui gli immigrati sono la maggioranza assoluta. Ad esempio, un articolo pubblicato dalla Caritas (fonte insospettabile di ostilità verso gli immigrati!) ammette che nel 2005 gli stranieri erano stati i responsabili dell’81,7 % dei casi di “tratta e commercio di schiavi”, del 74,4 % di false dichiarazioni d’identità, del 70 % dei borseggi, del 55 % dei furti con destrezza, del 51 % dei denunciati per rapina o furto in abitazione, mentre le donne straniere erano ree del 60 % degli “spettacoli osceni”. Alcune di queste categorie sono quasi monopolio di immigrati nelle grandi città. Nel 2016, la quota degli stranieri denunciati per un borseggio raggiunge il 74 % a Bologna, il 79 % a Firenze, il 90 % a Milano, il 92 % a Roma.
Per inciso, le cifre riportate nelle statistiche giudiziarie e di polizia tendono certamente a sottostimare il numero effettivo di reati commessi da stranieri per una serie di ragioni sostanziali: molte violazioni della legge cosiddette “minori”, frequentissime e che sono in buona parte od anche in maggioranza opera di immigrati (come i borseggi) sovente non sono neppure denunciati e sfuggono alle quantificazioni ufficiali; assai spesso è impossibile identificare i responsabili se non in flagranza di reato, come avviene sovente per immigrati per la loro "non esistenza del profilo nelle banche dati e nell'anagrafica”; numerosi stranieri per etnia e cultura hanno ottenuto la cittadinanza italiana e, se violano la legge, sono ascritti nella categoria degli “italiani” sebbene siano tali solo giuridicamente e non per nazionalità.
Con le debite differenze, questo quadro si ripropone anche in Europa tutta. Secondo l’Eurostat, i paesi di più intensa immigrazione sono anche quelli con la più alta percentuale di denunce penali in rapporto alla popolazione: Svezia 13,3 %; Regno Unito 9,8 %; Danimarca 7,8 %; Germania 7,7 %; Olanda 7,4 %; Austria 7,1 %; Francia 5,8 %. Questi sono tutti paesi con una percentuale di popolazione immigrate superiore all’Italia, il cui tasso di denunce penali era più basso di ciascuno di loro, pari al 4,6 %.
Gli effetti negativi dell’immigrazione sono tangibili, ad esempio, in Svezia. In data 1975 il parlamento svedese decise senza contrasti d’imporre al paese una politica delle “porte aperte”, che trasformò in pochi decenni quella che era sempre stata una terra etnicamente e culturalmente unitaria in una landa abitata da una ridda di etnie differenti. In questi 40 anni, il crimine violento è triplicato, in controtendenza con l’abbassamento del medesimo che si è avuto (in media!) nel mondo e nonostante le somme enormi spese dai vari governi in misure “sociali”. Il reato violento in cui la crescita è più impressionante è quello dello stupro.
Le violenze sessuali denunciate furono 421 nel 1975, 6620 nel 2014, con un aumento del 1472 %! La Svezia, paese per eccellenza progressista e femminista, nel 2010 si collocava al secondo posto nel mondo per numero di stupri, superata soltanto dal Lesotho. Le aggressioni sessuali sono compiute quasi tutte da immigrati, in un rapporto di circa 20 ad 1: per ogni singolo stupro commesso da uno svedese ve ne sono venti di stranieri. Una relazione del 1996 dello Swedish National Council for Crime Prevention era già allora pervenuto alla conclusione che gli immigrati provenienti dal Nord Africa (Algeria, Libia, Marocco e Tunisia) erano 23 volte più inclini a commettere violenze sessuali rispetto agli svedesi.
Nel 2017, un rapporto della polizia svedese, "Utsatta områden 2017", ("Aree vulnerabili 2017", colloquialmente definite "no-go zones", per indicare zone in cui lo stato non ha controllo) mostrava che in Svezia vi erano 61 territori siffatti, in cui viveva mezzo milione (500.000) di persone, con 200 organizzazioni criminali e circa 5000 delinquenti, effettivi signori del territorio.
Un analogo incremento del crimine, specialmente di alcune sue forme, si è avuto anche in altri paesi europei in cui sono arrivati milioni di stranieri. In Germania, le aggressioni con il coltello, un secolo fa rarissime, si sono moltiplicate esponenzialmente. Soltanto negli ultimi dieci anni l’aumento di aggressioni all’arma bianca in Germania è stato superiore al 1200 % (milleduecento per cento): un incremento di oltre 12 volte!
Un altro esempio di questo è la Francia, che ha profuso immense risorse economiche, sociali e culturali nello sforzo, supportato da uno stato tradizionalmente assai saldo ed una identità nazionale radicata. Malgrado ciò, numerosi studiosi e studi asseriscono con una mole impressionante di dati comprovati che intere comunità di stranieri continuano a considerarsi tali anziché francesi, con il risultato che l’ex Francia è ormai divenuta un tessuto lacerato e punteggiato da centinaia e centinaia di piccole zone che sono fuori dal controllo delle autorità statali e di fatto in mano all’autogoverno degli immigrati.
Ad esempio, nel 2011 L'Institut Montaigne pubblicava una ricerca imponente di 2200 pagine curata da un gruppo di sociologi francesi fra cui lo stimato Gilles Kepen, intitolata "Banlieu de la République" (Periferie della Repubblica). Essa dimostrava che interi quartieri sparsi su tutto il territorio nazionale stavano divenendo "società islamiche separate" in cui vigeva la sharia, poiché nelle comunità d’immigrati e di loro discendenti esisteva un crescente rifiuto della società francese ed un corrispettivo aumento dell’Islam radicale. In considerazione del fatto che in Francia esistono quasi 7 milioni di mussulmani, la ricerca ipotizzava che il paese si stesse avvicinando alla disgregazione sociale.
Lo studio di Gilles Kepen non è certo l’unico ad evidenziare la marcia verso il baratro della nazione francese, poiché sono molti gli intellettuali, i politici, i giornalisti che, basandosi su fatti precisi e provati anziché sulla melliflua retorica del “politicamente corretto”, asseriscono che in Francia si ritrovano intere enclaves sotto il controllo di associazioni criminali fornite di armi da guerra, in cui la polizia non osa neppure entrare e che sono alla lettera fuori dal controllo dello stato. In queste zone i predicatori salafiti insegnano la legge coranica nella forma intransigente, le tensioni tribali sono fortissime fra gli immigrati stessi, l’ostilità razziale nei confronti dei francesi è tale da costringerli a fuggire. Secondo alcune stime, il numero di queste “zone franche”, chiamate in gergo burocratico “Zus” ossia Zones urbaines sensibile, si avvicinerebbe al migliaio. Il ministero dell’Interno del governo socialista ed ultrafavorevole all’immigrazione calcola che ve ne siano 751 e che in esse vivano cinque milioni di mussulmani.
Una descrizione completa di quanto sta avvenendo in Francia è impossibile in questa sede, se si era potuto scrivere già nel 2011 una ricerca di oltre 2000 pagine per descrivere i disastri prodotti dall’immigrazione senza riuscire ad esaurire l’argomento. Si può semmai ricordare che, in modi e con intensità differenti a seconda degli stati, situazioni analoghe si ritrovano nel Belgio, in Olanda (in questo piccolo paese le zone fuori controllo sono calcolate essere almeno 40), nel Regno Unito (in cui entrando in certi quartieri ci si imbatte in manifesti che avvertono che si sta accedendo in zone sotto il controllo della sharia), in Germania, in Svezia … Tutti questi paesi si stanno avviando a divenire affini a regioni come i Balcani, in cui la mescolanza fra popoli giunge talora sino alla polverizzazione etnica, ciò che ha determinato una conflittualità endemica, instabilità politica, guerre ricorrenti con pulizie etniche e genocidi.
Anche a livello internazionale si ritrova una radicale differenza di indici di criminalità fra popolazioni europee ed africane. Gli annuari dell’Interpol per gli anni 1993-1996 mostrano che le percentuali di crimine violento per 100.000 abitanti è di 149 per gli africani, di 42 per gli europei: un rapporto quasi di 4 ad 1.
Non si creda poi che queste altissime percentuali di criminalità di immigrati siano spiegabili unicamente in termini di “povertà” od altre ipotesi consimili, perché esse hanno fra le loro motivazioni l’ostilità razzista verso i bianchi. Lo psichiatra Frantz Fanon, un ideologo marxista che era apertamente ostile all’Europa ed ai bianchi e che teorizzava la violenza quale necessaria, in “I dannati della terra” sosteneva fra l’altro che la delinquenza ed il crimine sarebbero stati la prima fase della “rivoluzione” che doveva condurre alla cacciata od allo sterminio dei bianchi. In Sudafrica il cosiddetto “white genocide” viene portato avanti da bande criminali.
36 notes · View notes