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#Vito Schifani
gregor-samsung · 2 years
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“ La domenica mattina, il vecchio Alex si alzava presto, e intanto che la sua famiglia si godeva il sonno dei giusti, inforcava la sua bici nera e faceva il giro dei colli di Bologna. Immerso in quella beata solitudine, al massimo incontrava qualche altro eroico ciclista con cui non disdegnava di scambiare taluni energici saluti calorosi. Gli piaceva enormemente salire per San Mamolo, Roncrìo, via dei Colli, volare giù per le curve di Paderno, attaccare il muro di parco Cavaioni e veleggiare sul colle di Casaglia per poi planare nella Saragozza avenue mentre la città si risvegliava. Tornava a casa che i parens avevano appena cominciato a sbadigliarsi in faccia. Ecco, era giusto una di quelle domeniche mattina esageratamente azzurre, quando, rientrato in casa fradicio e indolenzito, il vecchio Alex aveva letto sul giornale che vicino a Palermo avevano fatto saltare cinquanta metri d’autostrada per uccidere il giudice simbolo della lotta alla mafia. Era questa l’Italia in cui stava vivendo. Magari non era stata la mafia, magari erano stati i servizi segreti, o comunque anche loro avevano una parte - come in tutte le altre stragi della Repubblica, del resto - e il fine era distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle indagini dei giudici di Milano sulla corruzione nel mondo politico e finanziario, indagini che stavano prendendo una bruttissima piega per i boss di partito. Insomma, s’era messo in testa un’idea di questo tipo, il vecchio Alex: qualche esponente dei partiti di governo aveva comandato ai servizi segreti, ampiamente controllati, di combinarne una particolarmente grossa - qualcosa del calibro della strage alla stazione della sua città o dell’attentato al rapido 904 - per far sì che l’opinione pubblica si spaventasse e facesse quadrato attorno alle Istituzioni Democratiche, Istituzioni rappresentate appunto dai partiti al governo, in modo da allentare la morsa che gli si stava stringendo addosso. Così, qualche più o meno oscuro dirigente dei servizi aveva deciso: quella brutale condanna a morte avrebbe sconvolto il Paese e sarebbe stata attribuita alla mafia. Una specie di piano perfetto. Che poi i servizi avessero eseguito l’attentato o avessero fornito protezione e mezzi alla mafia per eliminare il nemico numero uno, faceva poca differenza. Portava avanti questi ragionamenti, il vecchio Alex, seduto in salotto col giornale aperto sulle gambe e la memoria alle altre stragi della sua infanzia: aveva sentito il boato immenso della stazione di Bologna che saltava in aria; e poi tutte quelle sirene delle ambulanze che correvano verso l’appennino lungo via Porrettana, la notte della bomba a San Benedetto; e poi. Era questa l’Italia in cui stava vivendo. Così, era rimasto in casa tutto il giorno, rabbioso e in gabbia, convinto com’era che in Italia, e forse anche nel resto del Mondo dei Grandi, tutto era un po’ come a scuola: ovunque spadroneggiava la forza e l’ignoranza, fosse quella del boss mafioso con la catena d’oro al collo e l’Uzi nel cassetto, o quella del professore supponente che ghignava delle opinioni politiche o del modo di vestire degli studenti, o quella del sottosegretario che s’ingozzava di pasta al salmone nei ristoranti romani senza pagare mai il conto... Quel pomeriggio, il vecchio Alex aveva rivisto daccapo Il portaborse di Nanni Moretti e aveva stabilito che un uomo come Cesare Botero non avrebbe esitato a ordinare a chi di dovere l’esecuzione di un giudice, pur di salvare il suo posto in parlamento. E di uomini come Cesare Botero, a Montecitorio, ce n’erano anche troppi... Anche quel giudice assassinato era un uomo che aveva tentato di uscire dal gruppo - rifletteva, rabbioso e in gabbia, il vecchio Alex - uno a cui non andavano bene le prepotenze e l’arbitrio dei forti, uno che aveva camminato controcorrente con l’acqua alla cintola, fino a quando non era arrivata un’onda troppo grande che l’aveva trascinato via. Era uscito dal gruppo, certo. E quando per il gruppo era diventato scomodo, l’avevano fatto saltare in aria con la moglie e tutti gli uomini della scorta... Il gioco era diventato durissimo, e l’indomani la profia di latino e greco, commossa, aveva appeso in classe, sotto il crocefisso alle spalle della cattedra, un fotoritratto del giudice assassinato. L’ora seguente, l’insegnante di chimica aveva fatto il suo ingresso semitrionfale in classe, fissato la foto, guardato gli studenti con aria interrogativa, domandato chi fosse il tizio della foto. Un istante più tardi era passata a interrogare sulla digestione, con particolare riguardo al bolo, chimo e chilo, giacché s’era indietro col programma, boys. Era questa l’Italia in cui stava marcendo. “
Enrico Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Una maestosa storia d'amore e di «rock parrocchiale», Baldini&Castoldi (collana Romanzi e Racconti n° 34), 1995; pp. 121-23.
[Prima edizione: Transeuropa (collana CO/DA), Ancona, 1994]
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campitalia · 11 months
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Trentuno anni per non dimenticare
Trentuno anni da quel funesto 23 Maggio 1992. Trentuno anni per ribellarsi, trentuno anni per dire che “No” non hanno vinto loro, i mafiosi. Ma nemmeno l’antimafia di comodo, quella che fa da paravento al riciclo del male. Trentuno anni per non dimenticare! Per continuare, incessantemente, a dire No ai soprusi. Noi lo vogliamo ricordare così, il nostro giudice Falcone: mentre andava a testa…
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ricorditempestosi · 11 months
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"che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare".
In ricordo di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.
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crazybutsensible · 11 months
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X non dimenticare!!! ❤️❤️
Sono le 17.58 del 23 maggio 1992 quando, nel tratto di strada che va dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo, all’altezza dello svincolo autostradale di Capaci, l’esplosione di una bomba al tritolo inghiotte la Fiat Croma blindata su cui viaggia il giudice Giovanni Falcone e le due auto della scorta. Nella strage perderanno la vita, oltre al valoroso magistrato, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. A 31 anni da quella ferita profonda inflitta alla coscienza collettiva, ricordiamo chi, col sacrificio della vita, contribuì a estirpare le fondamenta del potere mafioso portando avanti ideali di giustizia che continuano a vivere ancora oggi grazie al loro ricordo.
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chris69003 · 11 months
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Il 23 maggio 1992 sull’autostrada A29..ho perso la vita il magistrato antimafia Giovanni Salvatore Augusto Falcone ..sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta…Vito Schifani…Rocco Dicillio..Antonio Montinaro …💔🙏
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vividiste · 2 years
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23 maggio 1992 - Strage di Capaci: una bomba fa saltare l'autostrada mentre transitano le auto del giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.
"Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l'essenza della dignità umana"
- Giovanni Falcone -❤
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Fonte Fb
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petalodiseta · 2 years
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“Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.”
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30 anni fa la terribile strage di Capaci. Non scordiamo il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Per non dimenticare....
MAI.
23 maggio 1992 ore 17.56
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diceriadelluntore · 2 years
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Capaci, Di Ricordare
Possiamo sempre fare qualcosa: massima che andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto.
Giovanni Falcone
Oggi sono 30 Anni dal 23 Maggio 1992 quando un attentato mafioso a Capaci, in provincia di Palermo, uccise Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e i tre uomini della propria scorta: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
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arcobalengo · 1 year
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«Qui adesso cambia tutto e per capirne di più dobbiamo aspettare l’esito delle prossime elezioni politiche. Non si uccide la gallina dalle uova d’oro se non ce n’è già pronta un’altra che ne fa di più». Giovanni Falcone stava riflettendo con il collega e amico Piero Grasso, e il riferimento era all’omicidio di Salvo Lima, avvenuto due mesi prima. Il rientro a Palermo di Falcone con la moglie Francesca Morvillo era previsto per venerdì 22 maggio. Ma la magistrata venne bloccata, aveva una riunione la mattina successiva convocata dal presidente della commissione d’esame per uditori giudiziari, di cui faceva parte. Il volo fu rinviato al sabato pomeriggio.
[.....]
Alle 17.43 il Falcon 50 noleggiato dal Sisde atterrò sulla pista di Punta Raisi. Antonio Montinaro, caposcorta del giudice, si avvicinò al velivolo. Gli altri agenti di scorta della polizia di Stato attendevano davanti alle tre auto blindate. Giuseppe Costanza aprì il cofano e sistemò i bagagli. Poi salì dietro e lasciò le chiavi dell’auto al giudice, che aveva deciso di guidare. Accanto a Falcone si sedette la moglie. Ad aprire il corteo diretto a Palermo la Fiat Croma marrone guidata da Vito Schifani. Insieme a lui in auto c’erano Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. A seguire la Croma azzurra guidata da Gaspare Cervello, dove a bordo c’erano anche gli agenti Paolo Capuzza e Angelo Corbo. Nel frattempo, il boss di Altofonte Gioacchino La Barbera stava percorrendo in macchina la stradina parallela all’autostrada, seguendo le tre blindate del giudice con il telefonino sempre acceso. Era in contatto con i mafiosi che da un paio di ore erano in attesa sulla collinetta di Capaci: Giovanni Brusca, Antonino Gioè, Santino Di Matteo, Salvatore Biondino, Mariano Tullio Troia, Giovanbattista Ferrante. Ad azionare il radiocomando fu Brusca (o almeno lui credette così), che per qualche istante esitò. «Via, via, via», lo esortò Nino Gioè, per ben tre volte. E alla terza Brusca pigiò il tasto. Ma come spesso accade in questa storia, spesso la realtà si discosta dalla narrazione ufficiale e ancora più spesso le cose sono sempre più complesse di quanto appaiono. Durante il processo d’appello sulla strage di Capaci che si svolse dinanzi alla Corte d’Assise di Appello di Caltanissetta, Pietro Riggio (ex agente del corpo della polizia penitenziaria e contemporaneamente affiliato alla cosca mafiosa di Caltanissetta, per conto della quale svolgeva il ruolo di esattore della mafia) dichiarò che il suo compagno di cella, l’ex appartenente alla polizia di Stato Giovanni Peluso, gli avrebbe confidato di aver lavorato per il Sisde e di aver partecipato alle fasi esecutive della strage insieme a un altro appartenente alla polizia di Stato, denominato “il turco”. Sempre nel corso delle stesse udienze, la genetista Nicoletta Resta (perita nominata dalla Corte d’Assise d’Appello) affermò che nel luogo in cui fu preparata la strage c’era stata e si era trattenuta certamente una donna in quanto resti di Dna femminile furono estratti dai reperti rinvenuti nei pressi del luogo dell’esplosione. La mafia non aveva mai acconsentito che una donna partecipasse a una qualsiasi sua azione, per cui tale donna doveva necessariamente provenire da un ambito non mafioso. Qualche anno dopo si svolse (sempre a Caltanissetta) il processo “Capaci bis”. Nel corso delle udienze questa volta Riggio venne preso sul serio e fu organizzato un confronto tra lui e Peluso, questa volta indagato per la strage del 23 maggio 1992. Riggio: «Peluso mi disse: “Ma tu sei sicuro, credi ancora che il tasto del telecomando l’abbia premuto Brusca?” Io rimasi spiazzato. “Mah – dissi - non lo so perché mi dice questo”. Però ho intuito subito, nell’immediatezza dei fatti, che sicuramente conosceva, sapeva qualche cosa, o diretta o de relato o non so come, che gli facesse affermare questa cosa che Brusca effettivamente non avesse premuto lui».
Franco Fracassi - The Italy Project
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solayablu · 2 years
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Il 23 maggio del 1992 Giovanni Falcone morì nella strage di Capaci. Oltre al giudice, morirono altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Meno di due mesi dopo fu ucciso Paolo Borsellino in via D’Amelio. Sono passati trent’anni e il messaggio lasciato dai due magistrati è ancora vivo: insieme a loro vogliamo rendere onore anche tutti coloro che alla lotta per la legalità hanno dato la vita, ricordandoci la necessità di combattere per essa, ogni giorno.
💚🤍❤️
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lamilanomagazine · 21 days
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Palermo, corretti stili di vita: i bambini protagonisti dell'iniziativa "Costruire salute con lo sport" della Regione
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Palermo, corretti stili di vita: i bambini protagonisti dell'iniziativa "Costruire salute con lo sport" della Regione. Una giornata all'insegna dello sport per promuovere corretti stili di vita coinvolgendo i bambini. Questo l'obiettivo di "Costruire salute con lo sport. Insieme si può", iniziativa organizzata dalla Regione Siciliana attraverso il dipartimento regionale per le Attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico (Dasoe) in collaborazione con Asp e Comune di Palermo. La manifestazione si è svolta questa mattina allo stadio delle Palme "Vito Schifani" e ha visto un centinaio di alunni provenienti dagli istituti comprensivi Abba-Alighieri, Giovanni XXIII-Piazzi e Luigi Capuana, impegnati in attività ludico-creative per sensibilizzare all'adozione di stili di vita sani e al contrasto dei rischi di dipendenza da fumo e alcol. L'iniziativa si propone, infatti, di promuovere un accesso più agevole allo sport, all'attività fisica e a un'alimentazione sana, e di favorire un approccio globale interdisciplinare e trasversale che colleghi alimentazione, salute, benessere e sport. «La scelta di rivolgersi alla primissima età – ha spiegato il dirigente generale del Dasoe, Salvatore Requirez – è legata alla volontà di far prendere coscienza degli aspetti benefici delle attività sportive sulla salute. La scuola è uno di quegli ambiti in cui è assolutamente prioritario proporre stili di vita sani, nonché il luogo in cui si imparano l'evoluzione storica dello sport, regole e logiche del gioco di squadra, rispetto dell'avversario. In questo modo si guarda non solo alla salute del corpo ma anche a quella mentale: lo sport non è solo un fattore di crescita, ma anche di orientamento nella società civile». All'iniziativa sono intervenuti il rappresentante dell'Ufficio scolastico regionale Marcello Li Vigni, il componente della giunta del Coni Sicilia Fabio Gioia, e l'assessore comunale allo Sport Alessandro Anello.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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gaiaitaliacom · 6 months
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“La mafia non deve fermarvi”, a Palazzo Ducale Rosaria Costa Schifani
Rosaria Costa Schifani, vedova di Vito Schifani, uno degli uomini della scorta che perse la vita nell’attentato contro il giudice Falcone a Capaci, sarà giovedì 9 novembre a Palazzo Ducale per partecipare alla presentazione del suo libro “La mafia non deve fermarvi”. In dialogo con Andrea Macario, referente per la Liguria dell’associazione Libera, ci sarà sua figlia Erika. L’appuntamento si…
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In libreria 'La mafia non deve fermarvi' di Rosaria Costa
(ANSA) – ROMA, 24 GIU – ROSARIA COSTA, ‘LA MAFIA NON DEVE FERMARVI’ (RIZZOLI, PP. 268, EURO 18) Rosaria Costa è la vedova dell’agente Vito Schifani, ucciso dalla mafia nella strage di Capaci. Era il 23 maggio 1992.    Schifani era uno dei poliziotti della scorta del giudice Falcone. Rosaria all’epoca aveva 22 anni. Antonino Emanuele, il figlio di Vito e Rosaria, era nato da quattro mesi; oggi…
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kritere · 11 months
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Strage Capaci, Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani: “Messina Denaro per me non esiste”
DIRETTA TV 23 Maggio 2023 In occasione del 31esimo anniversario della strage di Capaci, la vedova dell’agente della scorta Vito Schifani ha parlato anche del boss di Castelvetrano, arrestato lo scorso gennaio: “Non mi dice niente, non lo calcolo neanche…” 0 CONDIVISIONI “Posso essere sincera? A me quel Mattia Messina Denaro lì non fa alcun effetto. Né caldo né freddo. Davvero. Non mi dice…
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personal-reporter · 11 months
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23 maggio 1992 La strage di Capaci: un attentato terroristico-mafioso che ha cambiato la storia italiana
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La strage di Capaci è stata un attentato terroristico-mafioso compiuto da Cosa Nostra il 23 maggio 1992 nei pressi di Capaci, in Sicilia. L'attentato ha causato la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e di tre agenti di scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. L'esplosione dell'autostrada Palermo-Trapani, dove viaggiava il giudice Falcone, è stata un evento che ha segnato profondamente la storia italiana. Le cause Secondo le testimonianze dei collaboratori di giustizia, l'attentato di Capaci fu eseguito per danneggiare il senatore Giulio Andreotti: infatti la strage avvenne nei giorni in cui il Senato avrebbe dovuto votare la fiducia al governo Andreotti VII. Tuttavia, nonostante le indagini siano state condotte per anni, non è mai stata trovata una prova concreta che collegasse l'attentato alla politica. Le conseguenze La strage di Capaci ha rappresentato un punto di svolta nella lotta contro la mafia in Italia. L'attentato ha scosso profondamente l'opinione pubblica e ha portato a una maggiore consapevolezza dell'esistenza e dell'influenza della mafia nel Paese. Inoltre, ha spinto le autorità a intensificare gli sforzi per combattere la criminalità organizzata. Le indagini Le indagini sulla strage di Capaci sono state molto complesse e hanno richiesto anni di lavoro da parte delle autorità italiane. Nel giugno 2008 Gaspare Spatuzza (ex mafioso di Brancaccio) iniziò a collaborare con la giustizia e dichiarò ai magistrati di Caltanissetta che circa un mese prima della strage di Capaci si recò a Porticello insieme ad altri mafiosi per incontrare i vertici della mafia siciliana. Secondo Spatuzza, durante l'incontro fu deciso di organizzare l'attentato contro il giudice Falcone. La commemorazione delle vittime Ogni anno, il 23 maggio, si tiene a Palermo e Capaci una lunga serie di attività, in commemorazione della morte del magistrato Giovanni Falcone e di Francesca Morvillo. Le cerimonie includono momenti di preghiera, deposizione di fiori e corone d'alloro presso i luoghi dove sono avvenuti gli attentati e discorsi delle autorità locali e nazionali. Conclusioni La strage di Capaci è stata un evento tragico che ha segnato profondamente la storia italiana. L'attentato terroristico-mafioso ha causato la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e di tre agenti di scorta ed è stato un punto di svolta nella lotta contro la mafia in Italia. Nonostante siano passati molti anni dall'attentato, ogni anno si tiene una cerimonia per commemorare le vittime e ribadire l'importanza della lotta contro la criminalità organizzata. FONTI https://www.ilpost.it/2022/05/23/strage-capaci-giovanni-falcone/ https://www.skuola.net/temi-saggi-svolti/temi/strage-capaci-morte-falcone.html Read the full article
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statoprecario · 1 year
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'Non ci avete fatto niente' Tina Montinaro
Con il libro di Tina Montinaro la casa editrice De Agostini consegna ancora una volta ai suoi giovani lettori una storia da non dimenticare. Quella di Antonio Montinaro, caposcorta del giudice Giovanni Falcone, morto insieme al magistrato, alla moglie Francesca Morvillo e agli altri due uomini della scorta, Vito Schifani e Rocco Dicillo, nel tragico attentato del 23 maggio 1992.Il volume si…
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