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#LIAFF: LIAFF SPECIAL
lostinaflashforward · 3 months
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LIAFF SPECIAL #11 - Interpreti in pillole: Kristen Stewart
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Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL, la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento. Questo mese parleremo di un'attrice molto apprezzata, e che ha visto un incredibile notorietà negli ultimi anni, fra premiazioni importanti e partecipazioni ai grandi festival del cinema, ovvero Kristen Stewart. In questo articolo ripercorreremo la sua carriera, dagli inizi in giovanissima età, fino all'arrivo della fama grazie alla Twilight Saga e alla sua reinvenzione quale volto del cinema indipendente e controcorrente, caratterizzata da grandi interpretazioni e riconoscimenti di rilievo.
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A young star: chi è Kristen Stewart?
Kristen Jaymes Stewart nasce a Los Angeles il 09 Aprile 1990, da padre statunitense e madre australiana, rispettivamente un produttore e una sceneggiatrice. Dopo aver studiato in scuole locali, la Stewart continuò gli studi a distanza fino al liceo, e sognava di diventare sceneggiatrice o regista, non avendo mai preso in considerazione la carriera come attrice. Ad otto anni, durante una recita natalizia scolastica, la Stewart fu notata da un agente, portandola a fare audizioni per l'anno successivo, fino ad ottenere il suo primo ruolo, nel film The Thirteenth Year (1999), seguito da The Flintstones in Viva Rock Vegas (2000), entrambi dei semplici cameo. Il primo ruolo di un certo peso arriva con The Safety of Objects (2001), dove interpreta la figlia maschiaccio del personaggio di Patricia Clarkson.
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Panic Room: i primi ruoli di rilievo
La prima vera svolta nella carriera della Stewart arriva nel 2002 con Panic Room, film thriller diretto da David Fincher, dove interpreta la figlia maschiaccio del personaggio di Jodie Foster, ruolo che le vale una nomination come miglior performance al Young Artist Award. A seguito del successo del film, viene scritturata in Cold Creek Manor (2003), altro thriller con protagonisti Dennis Quaid e Sharon Stone. Fra una lezione a distanza e l’altra, la Stewart trova tempo per partecipare ad altri film, come l’action-comedy Catch that Kid, il thriller Undertow e il drama Speak (tutti usciti nel 2004). In quest’ultimo la Stewart interpreta una ragazza che ha smesso di parlare dopo essere stata vittima di stupro, in una performance notevolmente apprezzata dalla critica. In seguito è apparsa in Zathura: A Space Adventure (2005) di Jon Favreau in un ruolo marginale, in Fierce People (2006), dove recita a fianco del compianto Anton Yelchin, nell’horror The Messengers (2007), a fianco di Dylan McDermott e Penelope Ann Miller e nella commedia romantica In The Land of Women (2007), assieme a Adam Brody e Meg Ryan.
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Into the Wild: le prime attenzioni della critica
Nel 2007 Sean Penn la scelse per interpretare un piccolo ruolo in Into the Wild, adattamento dell’omonimo romanzo di Jon Krakauer, a sua volta basato sulla vera storia di Christopher McCandless, interpretato nella pellicola da Emile Hirsch. La pellicola fu ben accolta dalla critica dell’epoca, la quale si soffermò, fra le altre cose, sull’interpretazione della Stewart, definita rilevante anche se per un ruolo non principale. In seguito la Stewart è apparsa con un cameo in Jumper (2008), ha lavorato a fianco di Robert De Niro in What Just Happened (2008) ed è stata la co-protagonista del film indipendente The Cake Eaters, dove interpreta una ragazza disabile, in un altro ruolo enormemente apprezzato dalla critica.
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The Runaways: fra vampiri e ruoli più drammatici
A Novembre 2007 la Summit Entertainment annunciò che Kristen Stewart avrebbe interpretato la protagonista femminile di Twilight (2008), film tratto dall’omonimo romanzo di Stephenie Meyer, e primo di una lunga e redditizia saga cinematografica. Il primo lungometraggio, diretto da Catherine Hardwicke (che la scelse dopo un provino improvvisato sul set di Adventureland), portò alla Stewart una fama mondiale, ma anche una serie di critiche negative per via della sua recitazione poco espressiva. Nel 2009 la Stewart appare in Adventureland, recitando a fianco di Jesse Eisenberg, e nel secondo capitolo della Twilight Saga, New Moon, seguito poi dal terzo, Eclipse, uscito nel 2010. Da quel momento la Stewart si alterna fra i restanti film della Twilight Saga, vale a dire le due parti di Breaking Dawn, uscite fra il 2011 e il 2012, e una serie di film più drammatici, come The Yellow Handkerchief, dove recita a fianco del compianto William Hurt, Welcome to the Rileys, assieme al compianto James Gandolfini, nel biopic The Runaways, dove la Stewart interpreta la rockstar Joan Jett, in una delle sue performance più importanti, il fantasy Snow White and the Huntsman, dove interpreta una versione action di Biancaneve e l’adattamento cinematografico di On the Road di Jack Kerouac. A seguito della fine della Twilight Saga, la Stewart diventa il volto per marchi come Chanel e Balenciaga, definendosi anche come icona di stile.
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Camp X-Ray: il ritorno dopo le controversie
Per due anni la Stewart non apparve più sulle scene, anche a causa dello scandalo riguardante Rupert Sanders, il regista di Snow White and the Huntsman, ma nel 2014 ritorna in sala con Camp X-Ray, interpretando una giovane guardia che lavora nel penitenziario di Guantanamo, ruolo che la riporta all’attenzione della critica. Nello stesso anno la Stewart è fra i protagonisti di Cloud of Sils Maria, film diretto da Oliver Assayas e presentato al festival di Cannes, che le ha fruttato il César Award come miglior attrice non protagonista, recitando a fianco di Juliette Binoche e Chloë Grace Moretz, e recita accanto a Julianne Moore in Still Alice, film che ha portato la Moore a vincere l'Oscar come miglior attrice protagonista. Negli anni successivi la Stewart appare in Anesthesia, film diretto da Tim Blake Nelson e incentrato sulle vite di alcuni personaggi residenti a New York, in American Ultra, dove ritrova Jesse Eisenberg, il sci-fi distopico Equals, Certain Women di Kelly Reichardt, Cafè Society di Woody Allen, in Personal Shopper, seconda collaborazione con Oliver Assayas, dove interpreta Maureen, una ragazza che lavora nel mondo della moda e che ha recentemente perso il fratello gemello, in un altra performance elogiata dalla critica e in Billy Lynn's Long Halftime di Ang Lee. In questo periodo la Stewart è anche apparsa nella videoclip per il brano "Ride 'Em on Down" de i Rolling Stones e ha debuttato come regista per un cortometraggio, intitolato Come Swim.
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Spencer: la nomination agli Oscar
Nel 2018 la Stewart appare in Lizzie, adattamento cinematografico delle vicende di Lizzie Borden, interpretata da Chloë Sevigny, seguito da JT Le Roy, dove interpreta Savannah Knopp, il volto dietro il famoso caso da cui il film prende il nome e nel 2019 torna al Festival del Cinema di Venezia con Seberg, film che narra la storia dell'attrice Jean Seberg, rivelatosi un altro ruolo importante per la sua carriera. In seguito la Stewart torna al cinema mainstream con il chiacchierato Charlie's Angels di Elizabeth Banks, il thriller Underwater, in cui recita a fianco di Vincent Cassel, ha diretto il cortometraggio Crickets per l'antologia Homemade ed ha recitato nel film natalizio a sfondo LGBTQ+ Happiest Season. A Giugno 2020 la Stewart fu scelta per interpretare Lady Diana in Spencer, biopic diretto da Pablo Larraín ed incentrato sul momento in cui Diana decide di divorziare dal principe Carlo. Per prepararsi al ruolo, la Stewart ha studiato ogni aspetto della compianta principessa del Galles e, a quanto pare, lo sforzo è stato ben ripagato, dato che il film ha debuttato al Festival di Venezia del 2021 ed è stato grandemente accolto dalla critica, soprattutto per l'interpretazione della Stewart, che le ha fruttato fra le altre cose, una nomination agli Oscar come miglior attrice protagonista, momento che segnerà in positivo la sua carriera. In seguito la Stewart torna a Cannes con Crimes of the Future, ultima fatica di David Cronenberg, in un ruolo marginale, ma comunque apprezzato da pubblico e critica e ha un cameo nella miniserie Irma Vep, targata Oliver Assayas.
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I progetti futuri
A quanto pare, Kristen Stewart sembra non volersi fermare qui, dato che ha all'attivo numerosi progetti. Fra questi menzioniamo il thriller romantico Love Lies Bleeding, diretto da Rose Glass e presentato al Sundance Festival di quest'anno, con cui recita a fianco di Katy O'Brien, che già sta ricevendo un grandissimo apprezzamento da parte della critica, il sci-fi sperimentale Love Me, dove recita a fianco di Steven Yeun e anch'esso presentato al Sundance, il debutto alla regia di un lungometraggio in The Chronology of Water, tratto dall'omonimo memoir di Lidia Yuknavitch, la comedy Sacramento, attualmente in produzione, un film che narra la nascita della Beat Generation, che sarà diretto da Ben Foster, e un biopic sull'attivista Susan Sontag.
Qual'è la vostra interpretazione preferita di Kristen Stewart? Fatecelo sapere nei commenti.
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lostinaflashforward · 11 months
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LIAFF SPECIAL #6: Sciopero WGA 2023 - Paralisi a Hollywood
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Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL, la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento. L’argomento per questo mese non poteva che essere il recente sciopero della Writers Guild of America, iniziato il 02 Maggio 2023 e tutt’ora in corso, una situazione molto complessa e ricca di dinamiche, purtroppo ignorate dalla maggioranza delle persone. In questo articolo approfondiremo la questione, parlando dei precedenti scioperi, delle motivazioni che hanno portato alla sospensione delle attività da parte degli sceneggiatori iscritti all’associazione e delle relative conseguenze in merito alle prossime uscite cinematografiche e televisive, nella speranza che si possa far chiarezza su quanto sta accadendo in questi giorni a Hollywood.
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Previously on...: i precedenti
Da quando è stata fondata nel 1933, la Writers Guild of America (WGA) ha scioperato cinque volte, esclusa quella attuale, e ogni volta le motivazioni erano sempre differenti, ma in qualche maniera legati ai diritti degli sceneggiatori e ai compensi per i loro prodotti:
Il primo sciopero fu nel 1960, iniziato il 16 Gennaio e concluso il 12 Giugno di quell’anno, per un totale di 148 giorni, dove fu raggiunto un accordo che migliorava i diritti e le pensioni degli sceneggiatori, con un incentivo di guadagno per tutti i film andati in onda prima del ‘60.
Il secondo fu nel 1981, durato per 13 settimane, il cui accordo finale stabiliva dei compensi per i prodotti delle tv a pagamento e del mercato home-video.
Il terzo fu nel 1985 e durò solo per due settimane, il più breve sciopero della storia dell’associazione, con un accordo che migliorava i pagamenti residuali per l’home-video.
Il quarto fu nel 1988 e durò esattamente 153 giorni, rendendolo lo sciopero più lungo della storia dell’associazione, con un contratto che migliorò i residuali per le repliche delle serie con episodi di circa un ora.
Il quinto fu a cavallo fra il 2007 e il 2008, con una durata di poco più di tre mesi, con una disputa in merito ai compensi per le uscite in DVD. Tale sciopero viene purtroppo ricordato per il numero di serie che furono intaccate, le quali andarono in onda con stagioni più corte o furono addirittura posticipate alla successiva stagione televisiva.
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Why it happened?: perchè la WGA ha scioperato?
Lo sciopero iniziato il 02 Maggio 2023 è stato indetto dall’associazione a causa della mancanza di un accordo con l’Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP) che regolarizzava il compenso per le serie in streaming, il quale ha visto una diminuzione negli ultimi dieci anni, come anche l’uso dell’intelligenza artificiale (AI), che sta tutt’ora spopolando in numerosi ambiti, come strumento per facilitare la ricerca di idee per la stesura piuttosto che come rimpiazzo totale degli sceneggiatori, l'ampliamento delle “writers' rooms” per dare spazio a più co-sceneggiatori nella stesura dei vari episodi e una maggiore sicurezza lavorativa. Consecutivamente il 01 Maggio il Minimum Base Agreement (MBA), l'accordo che copriva i compensi per tutti gli associati, era scaduto, il quale però si applicava solo a serie TV trasmesse su canali broadcast e non sulle piattaforme streaming, portando gli sceneggiatori di tali produzioni a venire pagati di meno. La WGA aveva stimato che venire incontro  alle loro richieste comportava agli studios un costo di 429 millioni di dollari all'anno, ma l'offerta dell'AMPTP ammontava solo a 86 millioni di dollari. Già a partire dal 18 Aprile, circa il 98% dei membri dell'associazione aveva votato a favore di uno sciopero in caso di un mancato accordo per il 01 Maggio, cosa che è purtroppo accaduta. Durante lo sciopero, la WGA ha espressamente chiesto ai suoi membri di non compiere alcuna attività di scrittura, revisione e discussione di progetti futuri, così come ogni mansione legata alla produzione, nonostante gli studios stiano scrivendo lettere ai vari showrunner invitandoli a procedere con le attività di produzione non legate alla scrittura. A partire dal 02 Maggio la WGA ha istruito i suoi membri a manifestare nelle principali sedi degli studios, con vere e proprie proteste a cui stanno prendendo parte i sceneggiatori dell’associazione, come numerosi interpreti e anche autori, come George R.R. Martin e Neil Gaiman, per non parlare dei numerosi post di solidarietà sui social da parte di note celebrità e di persone comuni. Per far fronte ai problemi finanziari legati allo sciopero la WGA ha messo insieme un fondo di circa 2 millioni di dollari per coprire le spese sanitarie e non solo, a cui hanno contribuito numerosi showrunners e produttori.
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#PayYourWriters: le conseguenze per il futuro
Ovviamente la domanda che vi sarete chiedendo è cosa comporta questo sciopero per noi telespettatori. Al momento gli studios hanno già piazzato alcuni titoli per l'estate e forse anche per l'inizio dell'autunno, ma, qualora lo sciopero dovesse persistere fino a quel periodo, le cose potrebbero farsi più complicate. Diverse serie in pre-produzione, fra cui alcune che avevano già iniziato le riprese, sono state messe in pausa fino alla fine dello sciopero, comportando un inevitabile ritardo per il loro rilascio; altre serie, soprattutto quelle di ABC, avranno la premiere in midseason, con la possibilità di una stagione più corta del previsto; altre produzioni, come ad esempio Deadpool 3, le seconde stagioni di House of the Dragon e The Lord of the Rings: The Rings of Power, e la serie prequel di IT Welcome to Derry, continuano la loro produzione, sebbene siano forte oggetto di critica per il fatto che non possono fare revisioni qualora vi siano problemi nella sceneggiatura (in particolare per il film Marvel con protagonista Ryan Reynolds, quest’ultimo non potrà improvvisare e dovrà attenersi alla sceneggiatura, da lui co-scritta); i talk show sono andati in pausa, non avendo materiale da mandare in onda; anche diversi film sono andati in pausa, fra cui i film Marvel Blade e Thunderbolts. Da questo scenario sorge un’altra importante domanda: come faranno gli studios ad andare avanti? Sulla carta, Netflix è l’unica piattaforma che potrebbe colmare il vuoto, in quanto vede una buona fetta del suo palinsesto caratterizzata da produzioni internazionali, da cui ha già ottenuto numerosi guadagni (basti pensare al fenomeno Squid Game), e stando all’atteggiamento mostrato dai suoi esecutivi riguardo allo sciopero e alle voci che affermano che l’accordo fra WGA e AMPTP non è stato raggiunto proprio a causa del colosso streaming in rosso, viene da pensare che il problema siano proprio Ted Sarandos e soci. Tutti gli altri dovranno fare i conti con la mancanza di programmi da mandare in onda e, citando un recente articolo di Vanity Fair, potremmo essere condannati a un mondo di reality, notizie e sport per diverso tempo, il che non è positivo. Con la quinta settimana di sciopero ormai alle porte e senza alcuno spiraglio di risoluzione del problema, per non parlare del possibile sciopero del Screen Actors Guild-American Federation of Television and Radio Artists (SAG-AFTRA) e del Directors Guild of America (DGA), i quali vedono i loro contratti vicini alla scadenza, il futuro dell’intrattenimento per i prossimi mesi rimane incerto, quindi non ci resta che dare sostegno ai sceneggiatori, senza i quali le storie che tanto amiamo non esisterebbero, e sperare che la WGA e l’AMPTP possano raggiungere un accordo che possa soddisfare entrambe le parti e che soprattutto onori il faticoso lavoro dello scrivere una storia, così da poter tornare ad attendere e a godere delle serie e dei film che tanto ci piacciono.
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LIAFF SPECIAL #5: - Star Trek: The Next Generation - La fine di una generazione
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“Space: the final frontier. These are the voyages of the starship Enterprise. Its continuing mission: to explore strange new worlds, to seek out new life and new civilizations, to boldly go where no one has gone before.”
Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL, la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento. Come forse già saprete, non è stato possibile pubblicare l’approfondimento per il mese di Marzo, così per questo Aprile abbiamo pensato a un tema molto particolare, volto anche a concludere un importante capitolo della fantascienza televisiva. Infatti per questo speciale vi parleremo di Star Trek: The Next Generation, affrontando la nascita della serie e la sua importanza all’interno della storia del franchise, fino ai suoi gloriosi anni fra televisione e cinema, fino al ritorno per l’era Kurtzman e all’epica conclusione andata in onda la scorsa settimana.
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The Next Generation: le origini
La saga di Star Trek ebbe inizio nel 1966 con la serie classica, andata in onda su NBC per tre stagioni e cancellata dall’emittente a causa dell’elevato budget, nonostante una massiccia campagna portata avanti dai fan portata avanti già da prima del rinnovo per la terza stagione attraverso una serie di lettere spedite ai dirigenti dell’emittente. A dispetto della cancellazione, la serie classica vide una crescente popolarità negli anni successivi, tanto da portare la Paramount a considerare la produzione di un film già a partire dal 1972, con il franchise che vide una breve parentesi con la serie animata, andata in onda per due stagioni. Con l’arrivo nelle sale di Star Wars Episode IV: A New Hope nel 1977, la Paramount non ritenne saggio competere in sala sul genere fantascientifico, e così puntò sul creare una nuova serie televisiva, che avrebbe visto gli interpreti della serie classica nei loro rispettivi ruoli, con nuovi set, modelli e costumi creati appositamente per il progetto, denominato Star Trek: Phase II, che fu però accantonato nel 1978, quando la Paramount annunciò la produzione di un lungometraggio, trattasi di Star Trek: The Motion Picture, seguito da The Wrath of Khan, The Search for Spock e The Voyage Home, tutti usciti nelle sale fra il 1979 e il 1986. Questi film hanno contribuito ad accrescere la popolarità del franchise, al punto che l’allora presidente della Paramount Frank Mancuso Sr. dichiarò di voler preservare quella che per lui era una “risorsa inestimabile”, decidendo di optare per una serie televisiva guidata da nuovi personaggi, anche alla luce dei problemi di budget sorti durante la produzione del quarto film. Nonostante le prime preoccupazioni sull'eventualità che una nuova serie potesse eclissare il lavoro fatto in passato e il fatto che Gene Roddenberry inizialmente non voleva prendere parte al progetto, Star Trek: The Next Generation entrò ufficialmente in produzione il 10 Ottobre 1986, con il cast che fu annunciato pochi mesi più tardi. Roddenberry supervisionò il progetto, volendo al suo fianco Rick Berman, il quale lo avrebbe poi sostituito come guida del franchise alla sua morte, avvenuta nel 1991, e anche alcuni sceneggiatori della serie classica, da cui hanno preso in prestito anche alcuni elementi della colonna sonora (la sigla di Jerry Goldsmith è una ripresa del tema principale del primo film) e alcuni set. Dopo una massiccia campagna pubblicitaria, agevolata anche da repliche della serie classica e remunerativi accordi di trasmissione, la serie esordì il 28 Settembre 1987 con il famosissimo episodio pilota "Encounter at Farpoint", che fece ascolti molto più elevati del previsto e riportò ufficialmente la saga di Star Trek al centro dell'attenzione.
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Make it so!: I sette anni dell’Enterprise-D
Star Trek: The Next Generation è andata in onda per sette stagioni, con un totale di 178 episodi, dal 1987 al 1994.
La prima stagione (26 episodi) fu accolta in maniera piuttosto mista, anche alla luce di divergenze di carattere creativo fra Roddenberry e gli altri sceneggiatori, col primo che sembrava voler apportare cambiamenti significativi rispetto alla serie classica, che per ovvi motivi non ebbero luogo (come ad esempio l'introduzione di una coppia gay). La critica bocciò alcune scelte portate avanti nel primo ciclo, come ad esempio il voler far risolvere la maggior parte delle situazioni a Wesley Crusher o l'uso pessimo di effetti speciali, ma promosse l'interpretazione dei singoli protagonisti, in particolare di Patrick Stewart, e il fatto che i personaggi avevano una caratterizzazione aperta a un maggior sviluppo rispetto alla serie classica, motivo per cui una buona fetta di pubblico faticò ad accettare l'equipaggio di Picard come erede di quello di Kirk. Nonostante tutto, la prima stagione fu teatro di importanti avvenimenti all'interno del franchise, come l'introduzione di Q, la (ri)apparizione di razze antagoniste come i Ferengi e i Romulani, l'esplorazione della cultura Klingon grazie al personaggio di Worf e l'improvvisa uscita di scena di Tasha Yar (Denise Crosby), la quale fu il primo protagonista della saga a morire definitivamente.
Con la seconda stagione (22 episodi) ci furono una serie di cambiamenti, come la sostituzione di Beverly Crusher con Kathryn Pulaski (Diana Muldaur), l’introduzione di Guinan (Whoopi Goldberg) e del famoso bar Ten Forward, e soprattutto la riduzione degli episodi causata dallo sciopero degli sceneggiatori avuto luogo nel 1988, ma nonostante ciò il secondo ciclo fu accolto in modo migliore rispetto al precedente, con la critica che ha sottolineato un miglioramento delle dinamiche fra i personaggi e la scelta di dare maggiore spazio all’elemento comico, nonchè una maggiore attenzione alla struttura dei vari archi narrativi, fra cui spiccano sicuramente l’esordio dei Borg e il percorso di Data.
La terza stagione (26 episodi) fu teatro di cambiamenti significativi in ambito creativo, su tutti l’ingresso di Michael Piller (come sostituto di Maurice Hurley), il quale, assieme a Rick Berman, ebbe il compito di portare avanti la serie, dato che Roddenberry iniziava ad avere problemi di salute. La stagione vide il ritorno di Gates McFadden nel ruolo di Beverly Crusher, l’ingresso di Ronald D. Moore come co-sceneggiatore, il quale si occupò di scrivere diversi episodi, specialmente quelli riguardanti i Klingon, e di Ira Steven Behr, che sarebbe poi divenuto lo showrunner di Star Trek: Deep Space Nine. Il terzo ciclo fu elogiato dalla critica, soprattutto per la sua conclusione, con la prima parte “The Best of Both Worlds”, considerato a tutt’oggi uno dei momenti più fondamentali del franchise, nonché uno dei migliori cliffhanger della storia della televisione.
La quarta stagione (26 episodi) vede l’ingresso di Brannon Braga e Jeri Taylor nel team degli sceneggiatori e rappresenta un punto di svolta per l’intera serie, poichè ha comportato il sorpasso in lunghezza rispetto alla serie classica con l’episodio “Legacy” e ha portato la serie al traguardo dei 100 episodi, raggiunto con il finale di stagione “Redemption”, celebrato dal cast e dalla troupe sul set. In questa stagione furono introdotti i Cardassiani, che avrebbero avuto un ruolo predominante in Star Trek: Deep Space Nine.
La quinta stagione (26 episodi) fu una dedica vera e propria a Gene Roddenberry, morto il 24 Ottobre 1991, contenuta nel famosissimo episodio “Unification”, che vedeva l’apparizione speciale di Leonard Nimoy nel ruolo di Spock (il nome di Roddenberry appariva fra i produttori anche dopo la sua scomparsa). La stagione ottenne diverse nomination di rilievo, specialmente per l’episodio “The Inner Light”, considerato uno dei migliori dell’intero franchise, e vede l’ingresso di Ro Laren (Michelle Forbes), uno dei personaggi ricorrenti più amati dai fan.
La sesta stagione (26 episodi) fu rilasciata in concomitanza con Star Trek: Deep Space Nine, portando Rick Berman e Michael Piller ad alternarsi fra le due serie ed ha avuto una serie di notevoli guest stars, fra cui James Doohan, che ritorna nel ruolo dell’amato Scotty, l’astronauta Mae Jemison e un cameo di Stephen Hawking.
La settima stagione (26 episodi) fu la conclusiva della serie, nonostante il cast era sotto contratto per otto stagioni, e vide l’introduzione del movimento ribelle dei Maquis, che sarebbe riapparso in Star Trek: Deep Space Nine e Star Trek: Voyager. Il finale della serie, “All Good Things...”, fu uno degli episodi più visti del franchise, con tanto di evento organizzato allo SkyDome di Toronto. Paramount decise di chiudere la serie dopo sette anni a causa di problemi concernenti il budget e optò per riportare il cast principale direttamente sul grande schermo.
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Blue Skies: L’approdo al cinema
Alla fine della settima stagione di Star Trek: The Next Generation, il cast principale passò direttamente alla produzione di Star Trek: Generations, che sarebbe stato il settimo lungometraggio del franchise. La pellicola fu concepita come un vero e proprio passaggio di testimone dal cast della serie originale, che aveva visto il proprio percorso concludersi in Star Trek VI: The Undiscovered Country, a quello di The Next Generation. A questo scopo nel film riappaiono James T. Kirk (William Shatner), il quale ha un ruolo centrale nella trama, come anche Scotty (James Doohan) e Pavel Chekov (Walter Koenig), che appaiono nella sequenza d’apertura del film, precedente agli eventi riguardanti l’Enterprise-D. Il film fu diretto da David Carson, già regista di alcuni episodi all’interno del franchise, e scritto da Ronald D. Moore e Brannon Braga, i quali esplorarono varie opzioni prima di optare per la trama che vede il ponte generazionale fra i due equipaggi. Il film, uscito nelle sale nel 1994, non fu accolto benissimo dalla critica, il quale lo definì dozzinale e deprimente, nonostante il massiccio uso di effetti speciali. All’uscita della pellicola, Paramount incaricò Braga e Moore di curare la produzione del prossimo film, Star Trek: First Contact, i quali intendevano includere i Borg nella trama, con Rick Berman che voleva invece una storia riguardante i viaggi nel tempo. Le due idee furono combinate e, dopo aver scartato l’ambientazione dell’Europa Rinascimentale, si scelse di ambientare la storia nella metà del 21esimo secolo. La regia fu affidata a Jonathan Frakes, interprete del commandante Riker, nonchè regista di diversi episodi, il quale era l’unico, secondo i produttori, che capiva davvero l’essenza del franchise, con le musiche che furono affidate allo storico compositore Jerry Goldsmith. Il film uscì nelle sale nel 1996 e fu accolto positivamente dalla critica, la quale ha elogiato in maniera particolare la potenza della trama, ritenuta più coinvolgente rispetto al film precedente. Sull’onda del successo del film, Paramount diede il via alla produzione di Star Trek: Insurrection, che vide nuovamente Jonathan Frakes alla regia, su sceneggiatura di Michael Piller e Rick Berman, i quali intendevano includere nella trama i Romulani, poi rimpiazzati da due nuove razze, i Son’a e i Ba’ku. Rilasciato nelle sale nel 1998, il film fu accolto in maniera mista, esaltandone la regia ma criticandone la trama, che sembrava essere, citando i critici, “un episodio televisivo molto allungato”. Con l’era Berman oramai prossima al tramonto, arrivò il quarto ed ultimo lungometraggio con il cast di The Next Generation, Star Trek: Nemesis, diretto da Stuart Baird, un regista non proprio esperto, su sceneggiatura di John Logan, Rick Berman e Brent Spiner. Il film fu accolto negativamente alla sua uscita, risalente al 2002, incassando pochissimo al botteghino (anche per il fatto che competeva con film come Lord of the Rings: The Two Towers) e stroncato dalla critica per la trama, ritenuta troppo incentrata sull’antagonista Shinzon, interpretato da un giovanissimo Tom Hardy, e diversi membri del cast ritennero che il film non fosse una buona conclusione per le vicende di The Next Generation.
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The Last Generation: Il ritorno sul piccolo schermo
A 13 anni dalla fine dell'era Berman e dalla dissoluzione del blocco Viacom avvenuta nel 2006, Star Trek torna sul piccolo schermo grazie a Star Trek: Discovery, serie sviluppata da Alex Kurtzman, già coinvolto nel franchise con la trilogia cinematografica dell’universo Kelvin, il quale sarebbe poi diventato il coordinatore di tutti i progetti Trek della nuova era. Grazie all’inaspettato successo della serie, si aprì un nuovo capitolo della saga, portando già a Giugno 2018 a parlare di un possibile ritorno di Jean-Luc Picard, annunciato poi due mesi più tardi con Star Trek: Picard, una serie televisiva con un approccio più volto alla caratterizzazione dei personaggi e molto meno frenetica e movimentata rispetto a Discovery, avrebbe visto Picard a circa vent’anni dagli eventi di Star Trek: Nemesis. Con una durata di tre stagioni, l’ultima delle quali conclusasi il mese scorso, la serie esplora il personaggio di Patrick Stewart dopo il suo periodo come capitano dell’Enterprise, ritrovandosi ora in pensione nella tenuta di famiglia. Attraverso una serie di eventi, la serie rivaluta il passato, il presente e il futuro di Picard, con la prima stagione che vede l’ex-capitano salvare Soji, una giovane androide creata su ispirazione di Data, e impedire un cataclisma di proporzioni galattiche, accompagnato da vecchi volti, come Sette di Nove (Jeri Ryan), il drone della Cooperativa Hugh (Jonathan Del Arco), Will Riker e Deanna Troi (Marina Sirtis), e da new-entry, in particolare Raffi Musiker (Michelle Hurd), ex-collega di Picard, Cristobal Rios (Santiago Cabrera), un ufficiale della Flotta Stellare caduto in disgrazia, il giovane Romulano Elnor (Evan Evagora) e la scienziata Agnes Jurati (Allison Pill). Questo sfaccettato gruppo si ritrova poi nella seconda stagione, il quale deve compiere un viaggio indietro nel tempo, precisamente nel 2024, per superare “l’ultima prova” di Q (John De Lancie) e impedire che la storia della Federazione venga riscritta in negativo, vicenda che permette a Picard di riscoprire il suo passato e riaprire vecchie ferite. La terza ed ultima stagione porta a compimento il percorso di Picard e anche dei suoi ex-compagni di viaggio, dato che è stata messa in piedi una vera e propria reunion del cast di The Next Generation, con Riker, Deanna, un redivivo Data (Brent Spiner), Worf (Michael Dorn), Geordi LaForge (LeVar Burton) e Beverly Crusher, di nuovo insieme per sventare ancora una volta la spietata Collettività Borg e concludere così il loro percorso trentennale, con Sette di Nove e Raffi uniche presenze del team precedente, le quali potrebbero essere l’apripista per il futuro del franchise.
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#STARTREKLEGACY: E adesso?
La terza ed ultima stagione di Star Trek: Picard si è conclusa con un episodio finale a dir poco epico (non a caso proiettato assieme al precedente in alcune sale IMAX degli Stati Uniti lo scorso 18 Aprile), dove Picard e il suo ex-equipaggio sconfiggono nuovamente i Borg, sventando il loro piano di assimilazione ed annientamento della galassia. Tale evento ha portato a compimento il percorso dell’equipaggio di The Next Generation iniziato nel lontano 1987, ma ha di fatto aperto un nuovo capitolo per il franchise, con Sette di Nove ora promossa a capitano, al comando dell’Enterprise-G (precedentemente nota come Titan), accompagnata da Raffi, primo ufficiale, e Jack Crusher, figlio di Picard e Beverly, nominato consigliere speciale del capitano, il quale riceve la sorprendente visita di Q, il quale ha deciso di vegliare sul figlio del suo “umano preferito”. Alla luce di questi eventi, l’intero pubblico Trek si è mobilitato in una vera e propria massiccia campagna, portata avanti sui social media, con post, dediche, commenti positivi e petizioni etichettati con l’hashtag #StarTrekLegacy (Terry Matalas, showrunner della seconda e della terza stagione di Star Trek: Picard, si è unito a questa campagna). A quanto pare le richieste del pubblico sono già arrivate alle orecchie dei dirigenti di Paramount, almeno stando alle recenti dichiarazioni di Alex Kurtzman, il quale ha affermato che i fan sono stati ascoltati e che c’è decisamente ancora moltissimo da raccontare, lasciando intendere che il progetto potrebbe presto o tardi diventare realtà e, se si pensa a quanto avvenuto con Strange New Worlds, allora le possibilità sono piuttosto elevate. Non resta che incrociare le dita e sperare per il meglio, perchè di Star Trek non se ne ha mai abbastanza…
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LIAFF SPECIAL #4: - DC Extended Universe: Dalle origini alla rinascita con James Gunn e Peter Safran
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Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL, la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento. Per questo quarto appuntamento abbiamo pensato di trattare uno dei temi più discussi di questi ultimi mesi, vale a dire la ristrutturazione del DC Universe ad opera di James Gunn e Peter Safran, nominati presidenti della DC Studios lo scorso Ottobre a seguito dei cambiamenti avvenuti dopo la fusione fra Warner Bros e Discovery. In questo speciale ci soffermeremo su quanto accaduto a questo universo cinematografico, partendo dalle origini e arrivando fino alla ristrutturazione e ai nuovi progetti presentati dal duo Gunn-Safran il mese scorso.
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Le origini: la nascita del DC Extended Universe
Il DC Extended Universe nacque nel 2014 (ma tale nome sarebbe stato coniato solo nel 2020, all’indomani della nascita di HBO Max), dopo due tentativi, avvenuti rispettivamente nel 1998, dove ci sarebbe dovuto essere un film su Superman (quello per cui Nicolas Cage fu contattato per interpretare Clark Kent) che poi avrebbe fatto coppia con Batman, impersonato da Michael Keaton, e nel 2011, con una storia che sarebbe partita con il film Green Lantern, uscito nello stesso anno, dove il protagonista Hal Jordan avrebbe fatto coppia con Flash in una scena post-credits, ma fu cancellato a causa dei pochi incassi fatti dalla pellicola con protagonista Ryan Reynolds. Proprio a causa di questo flop la Warner Bros iniziò a lavorare a Man of Steel, un reboot cinematografico incentrato su Superman, diretto da Zack Snyder e con Henry Cavill nel ruolo di Clark Kent, a cui si sarebbero stati agganciati una serie di lungometraggi, con l’intento iniziale di creare una sorta di multiverso narrativo. A questa prima fase appartengono il menzionato Man of Steel, il sequel Batman vs Superman: Dawn of Justice, Suicide Squad di David Ayer, Wonder Woman e il sequel Wonder Woman 1984, diretti da Patty Jenkins, il film sulla Justice League (protagonista di una delle più massive campagne mediatiche mai messe in piedi, volta a far uscire l’edizione completa del film, arrivata solo nel 2021, cinque anni dopo l’uscita della prima versione nelle sale cinematografiche), Aquaman di James Wan (primo film con Walter Hamada come presidente dell’allora DC Films), Shazam!, Birds of Prey and the Fantabulous Emancipation of One Harley Quinn e The Suicide Squad, primo lavoro di James Gunn per il franchise.
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Il caos: la nuova direzione di Warner Bros Discovery
Nell’Aprile 2022 è stata annunciata la fusione fra Warner Bros e Discovery, portando alla nascita di Warner Bros Discovery. La fusione ebbe delle importantissime conseguenze, dettate dal fatto che la nuova amministrazione, capitanata da David Zaslav, aveva espresso disappunto in merito alle strategie adottate dall'amministrazione precedente, e specificamente riguardo al DC Universe, affermò che non vi era una vera e propria strategia, esprimendo l'intenzione di trovare una figura chiave per guidare questo universo narrativo. A questo scopo due mesi più tardi Michael De Luca e Pam Abdy furono nominati presidenti del Warner Bros. Motion Picture Group, avendo anche l’incarico di supervisionare temporaneamente tutti i progetti targati DC. Ad Agosto Zaslav dichiarò che l’intento di Warner Bros Discovery era di concentrarsi sui film per le sale cinematografiche e che valorizzare personaggi come Superman, Batman e Wonder Woman era l’obiettivo principale del franchise DC, una scelta che però segnò l’inizio del caos. Infatti proprio in quel mese il film Batgirl, il cui rilascio era previsto su HBO Max, fu cancellato come parte di una manovra per contenere le ingenti spese fatte dalla precedente amministrazione, una decisione che generò un enorme dissenso, sopratutto sui social media, per non parlare di serie già completate o in produzione cancellate per la stessa ragione, nella fattispecie diverse serie animate, alcune produzioni che vedevano la firma di J.J. Abrams e di recente anche le serie di HBO Max Pennyworth, Titans e Doom Patrol, le quali termineranno il loro percorso con le stagioni attualmente in onda. Ad Ottobre il lungometraggio Black Adam, con protagonista Dwayne Johnson, fu rilasciato nelle sale e il mese successivo, la DC Films divenne DC Studios, con James Gunn e Peter Safran nominati presidenti, ai quali fu affidato il compito di supervisionare ogni progetto legato alla DC, illustrando il loro piano a lungo termine per tale universo. La prima parte di questo piano rappresenta un altro atto del caos, poichè a Dicembre Gunn e Safran annunciarono di essere al lavoro su un nuovo film incentrato su Superman, che però non avrebbe avuto Henry Cavill come protagonista (il quale aveva anche lasciato il cast di The Witcher all'indomani della quarta stagione), notizia che l'attore britannico riferì al suo pubblico attraverso un lungo e toccante post sulla sua pagina Instagram. Sempre nello stesso mese si temeva la cancellazione anche del terzo lungometraggio su Wonder Woman, cosa che a quanto pare non è avvenuta, ma tale film non vedrà il ritorno di Patty Jenkins come regista a causa di divergenze di natura creativa, come anche la cancellazione di Black Adam 2, questione chiarita da Dwayne Johnson, il quale ha tweetato che il film non è in programmazione per gli attuali piani del DC Universe, ma che si stanno esplorando nuove ipotesi per riportare in scena il suo personaggio.
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La fine: i residui della DC Extended Universe
Il DC Universe così come lo conosciamo è destinato ancora a proseguire con Shazam! Fury of the Gods, in uscita il mese prossimo, ma con The Flash, previsto per quest'estate, avverrà un vero e proprio reset narrativo, che verrà poi esteso anche a Blue Beetle, in uscita nelle sale ad Agosto, e a Aquaman and The Lost Kingdom, la cui uscita è prevista per la fine dell'anno, per poi dare via alla nuova fase, Gods and Monsters, annunciata il mese scorso, e che si aprirà nel 2025 con il film Superman: Legacy, incentrata su una versione più giovane del celebre personaggio.
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Il futuro: Gods and Monsters e Elseworlds
Come menzionato in precedenza, lo scorso Gennaio James Gunn e Peter Safran hanno annunciato pubblicamente i nuovi progetti inerenti il DC Universe, in un piano che dovrebbe ricoprire dagli otto ai dieci anni, con il rilascio di due film e di due serie per HBO Max all’anno, e con delle regole precise, che prevedono tra le altre cose che un interprete farà il suo personaggio sia al cinema che in TV e che questo non potrà interpretare due personaggi. Il primo capitolo, intitolato Gods and Monsters, si aprirà con Superman: Legacy, previsto per l’11 Luglio 2025 e che vedrà una versione più giovane del personaggio, la cui storia esplorerà il conflitto del protagonista fra natura umana e kryptoniana. Altri progetti collegati a questo capitolo sono The Brave and the Bold, un film su Batman e Robin che vede i due in un rapporto padre-figlio, The Authority, un “ensemble movie” che mescola una serie di antieroi, Supergirl: Woman of Tomorrow, incentrato sulla famosa cugina di Superman e dal tono più hardcore, e Swamp Thing, che esplorerà le origini della famosa creatura, per poi collegarla all’interno del DC Universe. Sul fronte televisivo il duo ha annunciato diverse serie in sviluppo, fra cui la serie animata Creature Commandos, incentrata su un gruppo bizarro di superumani, Waller, serie incentrata sul personaggio interpretato da Viola Davis e che fungerà da continuo a Peacemaker, dato che Gunn non potrà lavorare alla seconda stagione della serie per via di Superman: Legacy, Lanterns, una serie stile True Detective che vedrà protagonista la coppia Hal Jordan-John Stewart (da notare che non è la serie prodotta da Greg Berlanti), Paradise Lost, incentrata sulle amazzoni di Themyscira e che avrà un impronta alla Game of Thrones e Booster Gold, che narra di uno sfigato che viaggia dal futuro fino ai giorni nostri, usando la sua tecnologia come superpotere. Discorso a parte vale per i progetti esterni al DC Universe, che il duo ha già etichettato sotto il brand Elseworlds; fra questi rientrano The Batman di Matt Reeves, il cui sequel è in lavorazione, la miniserie The Penguin, incentrata sul personaggio interpretato da Colin Farrell e Joker: Folie à Deux, sequel del film di Todd Philips, con Joaquin Phoenix nuovamente nei panni di Joker, affiancato da Lady Gaga nel ruolo di Harley Quinn, confermato essere un musical. Insomma gli elementi ci sono tutti perchè il percorso del nuovo DC Universe sia positivo, con la speranza che i cambiamenti apportati negli scorsi mesi siano stati fatti per il meglio, ma ci toccherà aspettare diverso tempo per vederne i frutti.
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LIAFF SPECIAL #13: Ari Aster - Fra pazzia e surrealismo
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Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL, la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento. Questo mese parleremo di un regista il quale, nonostante sia molto giovane e abbia all'attivo pochissimi lungometraggi, si è già imposto nell'attuale scena cinematografica con il suo stile tanto unico quanto folle, ovvero Ari Aster. In questo articolo esploreremo le sue origini cinematografiche, fino ad analizzare i tre film da lui diretti in maniera dettagliata, scorrendo i vari significati all'interno di ogni pellicola, e andremo vedere che cosa riserva il futuro a questo regista davvero incredibile.
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"New Mexico kid": chi è Ari Aster?
Ari Aster nasce il 15 Luglio 1986 a New York City. Questo si avvicina davvero molto presto al mondo del cinema, dato che all'età di 4 anni vide per la prima volta Dick Tracy (1990) e rimase sconvolto dalla scena in cui il protagonista sparava a un muro di fuoco con una mitraglietta. Per breve tempo visse in Inghilterra, poichè il padre aveva aperto un nightclub jazz, e poi tornò negli Stati Uniti, passando il resto della sua infanzia ad Albuquerque, in New Mexico. Inizialmente Aster voleva diventare uno scrittore e, durante gli anni del liceo, aveva già firmato sei sceneggiature, mostrando una certa passione per il genere horror, e nel 2004 iniziò a studiare alla Santa Fe University of Art and Design. Quattro anni dopo si diploma ed esordisce come sceneggiatore del cortometraggio Tale of Two Tims, che usò come materiale di presentazione per l'AFI (American Film Institute), in cui fu amesso nel 2010, dandogli modo di intraprendere una specializzazione come regista. Dopo essersi diplomato all'AFI Conservatory, Aster iniziò a scrivere numerosi cortometraggi fra il 2011 e il 2018, facendo squadra con due suoi compagni di corso, Alejandro de Leon e Pawel Pogorzelski. Il suo lavoro più notevole di questa prima fase è The Strange Thing About the Johnsons (2011), che narra di un padre che subisce abusi sessuali da suo figlio, inizialmente presentato dal regista come tesi all'AFI Conservatory, per poi essere proiettato a vari festival cinematografici e finendo persino su YouTube, dove è diventato virale.
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Hereditary: una tragedia familiare horror
Nel 2017 Ari Aster mise mano a quello che sarebbe stato il suo primo lungometraggio vero e proprio, ovvero Hereditary. Ciò accadde per via dell'interesse suscitato da The Strange Thing About the Johnsons e da un'altro cortometraggio da lui diretto, Munchausen (2014), che attirò l'attenzione della casa di produzione A24. Il film, diretto e scritto dallo stesso Aster, si presentava come un dramma familiare a tinte horror e diviso in due distinte fasi, le quali sono collegate l'un l'altra, partendo come una tragedia familiare e finendo in un vero e proprio incubo. Per scrivere il film Aster ha tratto ispirazione da opere come Carrie (1976), The Cook, the Thief, His Wife and Her Lover (1989), ma anche da testi inerenti la magia e le figure demoniache, che ha usato per caratterizzare la figura del re demoniaco Paimon. Toni Collette fu una delle prime scelte di Aster per il ruolo di Annie Graham, e dopo una certa riluttanza, lei accettò il progetto per l'approccio innovativo della sceneggiatura sul piano del dramma familiare. Al cast si unirono anche Gabriel Byrne, Alex Wolff, Milly Shapiro, una giovane attrice di Broadway allora al suo debutto al cinema, che fu scelta da Aster per via della sua personalità, che ha aiutato molto nella costruzione del personaggio di Charlie, e Ann Dowd. Girato nello stato dello Utah, il film fu presentato in anteprima al Sundance Festival del 2018, per poi uscire nelle sale cinematografiche pochi mesi più tardi, dove incassò un totale di 83 millioni di dollari a fronte di un budget di 10 millioni, portandolo a diventare il film di maggiore incasso della storia di A24, record che sarebbe poi stato battuto nel 2022 da Everything Everywhere All at Once (2022). Il film fu accolto molto positivamente dal pubblico e dalla critica, che lo definisce un film terrificante dall'inizio alla fine, molto disturbante, che guarda al passato del genere horror e con un particolare elogio alla performance di Toni Collette.
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Midsommar: un horror a tinte pagane
A seguito del successo di Hereditary, nel 2018 fu annunciato che Aster avrebbe diretto un secondo lungometraggio, Midsommar, prodotto da Lars Knudsen e ancora una volta distribuito da A24. Inizialmente il film, proposto dalla B-Reel Films ad Aster, doveva essere un horror slasher ambientato in Svezia, ma in seguito lui reimmaginò la sceneggiatura, basandola su due protagonisti che sperimentano problemi nel loro rapporto e che devia verso un concept di stampo horror folk, anche se in realtà c'è molto di più. Come fonte d'ispirazione per il film, Aster si rifà a Modern Romance (1981), ma anche al folklore della Scandinavia, avendo lavorato con il designer Henrik Svensson per rappresentare gli usi e le tradizioni degli Hårga, rifacendosi anche ad antichi rituali e festività pagane, nonchè al pensiero del filosofo austriaco Rudolf Steiner. Il cast, annunciato a Luglio 2018, comprendeva Florence Pugh, Jack Reynor, Will Poulter, William Jackson Harper, Vilhem Blomgren, Ellora Torchia e Archie Madekwe. Le riprese avvennero negli Stati Uniti e in Ungheria, quest'ultima utilizzata per ricreare l'ambientazione svedese del film, le quali furono costellate da momenti difficili, per via del caldo e delle vespe, ma anche di fasi positive, con il cast che ha elogiato il loro lavoro assieme a Aster. Le musiche, di stampo folk nordico, furono affidate a Bobby Krlic, il quale fu scelto da Aster dopo che questo aveva ascoltato il suo album Excavation (2013) durante la scrittura del film. Il film fu rilasciato in anteprima all'Alamo Drafthouse Cinema a Giugno 2019, per poi uscire nelle sale il mese successivo nelle sale cinematografiche. Il film incassò 48 millioni di dollari a fronte di un budget di 9 millioni e fu particolarmente apprezzato dal pubblico e dalla critica, che ne sottolineano l'ambiziosa messa in scena, l'atmosfera ansiosa, l'attenzione al dettaglio e le sublimi performance attoriali, su cui spicca quella di Florence Pugh. Il film ha anche una director's cut, di circa 170 minuti, distribuita su Apple TV+ e in home video, la quale caratterizza maggiormente alcune parti della pellicola.
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Beau is Afraid: un'odissea surreale
Nel 2021, A24 annunciò che Ari Aster avrebbe diretto un terzo lungometraggio, inizialmente intitolato Disappointment Blvd., per poi chiamarsi Beau is Afraid, quest'ultimo titolo scelto per via di uno dei corti dello stesso Aster, intitolato Beau (2011), il cui soggetto sarebbe stato utilizzato per una sequenza del film. Aster definisce questo film una commedia da incubo, un viaggio a la Lord of the Rings dove il protagonista deve ritrovare la strada per tornare da sua madre, ma soprattutto come una surreale e metaforica odissea. Come fonte d'ispirazione, Aster si rifà a Playtime (1967), Rear Window (1954) e Defending Your Life (1991), anche se i critici hanno trovato altri riferimenti cinematografici all'interno della pellicola. Il film vede come protagonista Joaquin Phoenix, che guida un cast di stelle, con le riprese che si sono tenute in Canada e ha un budget di 35 millioni di dollari, che lo rese il film più costoso di A24 all'epoca, record recentemente battuto da Civil War (2024). La colonna sonora fu nuovamente affidata a Bobby Krlic, le cui note ricalcano alla perfezione ogni fase del folle viaggio compiuto da Beau. Il film debuttò ad Aprile 2023 durante una proiezione del Directors Guild of America, seguito da una serie di eventi successivi per promuovere il film, accompagnati da dei Q&A moderati da personaggi del calibro di Emma Stone e Martin Scorsese, per poi uscire nelle sale cinematografiche pochi giorni più tardi, dove incassò solo 12 millioni di dollari. Il film ha ricevuto un riscontro positivo dalla critica, che lo definisce un folle viaggio di auto-flagellazione, ben diretto da Aster e magistralmente interpretato da Phoenix, in uno dei migliori ruoli della sua carriera.
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Eddington: un western ai tempi della pandemia
Con soli tre lungometraggi all'attivo, Ari Aster si è rivelato essere uno dei registi più affascinanti dell'attuale panorama cinematografico, con uno stile unico e che muta in base alla storia che racconta. E se pensate che non vedremo più nulla di suo, vi sbagliate di grosso. Come regista, Aster è al lavoro sulla sua prossima pellicola, intitolata Eddington, un film a cavallo fra western e black comedy ambientato durante la pandemia da COVID-19 (sì, avete letto bene), con un cast davvero imponente, capitanato da Joaquin Phoenix, Pedro Pascal, Emma Stone e Austin Butler. Ma Aster si è messo anche a produrre film, come il recentissimo Dream Scenario (2023), con protagonista Nicolas Cage, Sasquatch Sunset (2024), con Jesse Eisenberg e Riley Keough e Rumours (2024) con Cate Blanchett, quest'ultimo parte dei film che debutteranno al prossimo festival di Cannes, e ha fatto un'accordo con A24 per produrre serie televisive. Insomma, c'è davvero motivo per cui essere entusiasti, specialmente se si è fan del lavoro fatto da questo promettentissimo cineasta.
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lostinaflashforward · 2 months
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LIAFF SPECIAL #12: Oscars 2024: Le previsioni (3)
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MIGLIORI EFFETTI SPECIALI
Jay Cooper, Ian Comley, Andrew Roberts e Neil Corbould - The Creator
Takashi Yamazaki, Kiyoko Shibuya, Masaki Takahashi e Tatsuji Nojima - Godzilla: Minus One
Stephane Ceretti, Alexis Wajsbrot, Guy Williams e Theo Bialek - Guardiani della Galassia Vol. 3 
Alex Wuttke, Simone Coco, Jeff Sutherland e Neil Corbould - Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte uno
Charley Henley, Luc Ewen, Martin Fenouillet, Simone Coco e Neil Corbould - Napoleon
MIGLIOR MONTAGGIO
Laurent Sénéchal - Anatomia di una caduta 
Kevin Tent - The Holdovers - Lezioni di vita 
Thelma Schoonmaker - Killers of the Flower Moon
Jennifer Lame - Oppenheimer
Yorgos Mavropsaridis - Povere creature!
MIGLIOR SONORO
Ian Voigt, Erik Aadahl, Ethan Van Der Ryn, Tom Ozanich e Dean Zupancic - The Creator
Steven A. Morrow, Richard King, Jason Ruder, Tom Ozanich e Dean Zupancic - Maestro
Chris Munro, James H. Mather, Chris Burdon e Mark Taylor - Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte uno
Willie Burton, Richard King, Gary A. Rizzo e Kevin O'Connell - Oppenheimer
Tarn Willers e Johnnie Burn - La zona d'interesse
MIGLIOR COLONNA SONORA ORIGINALE
Laura Karpman - American Fiction
John Williams - Indiana Jones e il quadrante del destino
Robbie Robertson - Killers of the Flower Moon
Ludwig Göransson - Oppenheimer
Jerskin Fendrix - Povere creature!
MIGLIOR CANZONE ORIGINALE
The Fire Inside - Flamin' Hot
I'm Just Ken - Barbie
It never went away - American Symphony
Wahzhazhe (A song for my people) - Killers of the Flower Moon
What Was I Made For? - Barbie
Voi siete d'accordo con le nostre previsioni? Fatecelo sapere nei commenti. E non dimenticatevi che la cerimonia andrà in onda nella notte fra 10 ed 11 Marzo su Rai 1.
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lostinaflashforward · 2 months
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LIAFF SPECIAL #12: Oscars 2024: Le previsioni
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Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL, la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento. Dato che a Febbraio il post non è uscito a causa di numerosi imprevisti, per Marzo avevo optato per qualcosa di diverso ed attinente al periodo in cui stiamo vivendo. Fra pochissimi giorni ci sarà la notte degli Oscar, dove i film più importanti dell'anno passato, e i propri interpreti, verranno premiati dalla giura dell'Academy, organizzazione che si occupa di tale compito da quasi cento anni. E per celebrare questo importantissimo evento, il post di questo mese sarà una serie di previsioni sui vari premi che verranno assegnati, in base alle varie categorie e alle altre premiazioni già avvenute nelle passate settimane, al fine di farci un idea di cosa aspettarci da questa 96esima edizione.
*Prima di iniziare, volevo precisare che il post è diviso in tre parti, che usciranno una dietro l'altra, dato che Tumblr sembra avere dei limiti di paragrafi per ogni post scritto. Ad ogni modo per ogni categoria verranno evidenziati due titoli, uno con l'arancione per evidenziare quello che secondo questa previsione vincerà e uno con l'azzurro per sottolineare la seconda scelta, la possibile decisione a sorpresa.*
MIGLIOR FILM
American Fiction, di Cord Jefferson
Anatomia di una caduta, di Justine Triet
Barbie, regia di Greta Gerwig
The Holdovers - Lezioni di vita, regia di Alexander Payne
Killers of the Flower Moon, regia di Martin Scorsese
Maestro, regia di Bradley Cooper
Oppenheimer, regia di Christopher Nolan
Past Lives, regia di Celine Song
Povere creature! , regia di Yorgos Lanthimos
La zona d'interesse, regia di Jonathan Glazer
MIGLIOR REGIA
Jonathan Glazer - La zona d'interesse 
Yorgos Lanthimos - Povere creature! 
Justine Triet - Anatomia di una caduta 
Martin Scorsese - Killers of the Flower Moon
Christopher Nolan - Oppenheimer
MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
Bradley Cooper - Maestro
Colman Domingo - Rustin
Paul Giamatti - The Holdovers - Lezioni di vita (The Holdovers)
Cillian Murphy - Oppenheimer
Jeffrey Wright - American Fiction
MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA
Annette Bening - Nyad - Oltre l'oceano
Lily Gladstone - Killers of the Flower Moon
Sandra Hüller - Anatomia di una caduta
Carey Mulligan - Maestro
Emma Stone - Povere creature! 
MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Sterling K. Brown - American Fiction
Robert De Niro - Killers of the Flower Moon
Robert Downey Jr. - Oppenheimer
Ryan Gosling - Barbie
Mark Ruffalo - Povere creature! 
MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA
Emily Blunt - Oppenheimer
Danielle Brooks - Il colore viola
America Ferrera - Barbie
Jodie Foster - Nyad - Oltre l'oceano
Da'Vine Joy Randolph - The Holdovers - Lezioni di vita
MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
Cord Jefferson - American Fiction
Greta Gerwig e Noah Baumbach - Barbie
Christopher Nolan - Oppenheimer
Tony McNamara - Povere creature!
Jonathan Glazer - La zona d'interesse
MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
Justine Triet e Arthur Harari - Anatomia di una caduta
David Hemingson - The Holdovers - Lezioni di vita
Bradley Cooper e Josh Singer - Maestro
Samy Burch e Alex Mechanik - May December
Celine Song - Past Lives
PARTE 2/PARTE 3
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lostinaflashforward · 5 months
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LIAFF SPECIAL #10: Taylor Sheridan: Il regista con l'anima da cowboy
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Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL, la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento. Questo mese parleremo di uno dei sceneggiatori più produttivi e affermati dell'attuale panorama cinematografico e televisivo, vale a dire Taylor Sheridan. In questo articolo parleremo del percorso di Sheridan, dal suo esordio come attore, fino all'approdo come sceneggiatore e regista di film e serie TV, quest'ultime ampiamente apprezzate dal grande pubblico, fino ad arrivare ai progetti futuri, al fine di conoscere e di apprezzare meglio colui che viene definito il regista con l'animo da cowboy.
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"The rare weekend wrangler who was also a theater kid": chi è Taylor Sheridan?
Taylor Sheridan, vero nome Sheridan Taylor Gibler Jr., nasce a Chapel Hill, North Carolina, il 17 Luglio 1969. Ereditando l’identità del cowboy dalla madre, originaria di Waco, Sheridan cresce in Texas, alternandosi fra Fort Worth e il ranch di famiglia a Cranfills Gap. Diplomatosi alla R.L. Paschal High School e avendo lasciato la Texas State University, Sheridan si trasferì ad Austin, dove per vivere tagliava l’erba dei prati e dipingeva case, e mentre cercava lavoro, viene notato da un talent scout, il quale gli propose di seguirlo a Chicago per intraprendere una carriera come attore. Sheridan accettò e iniziò il suo percorso recitativo nel 1995, con piccoli ruoli in serie TV come Walker Texas Ranger, Party of Five, Star Trek: Enterprise, Veronica Mars e Sons of Anarchy, dove ha interpretato lo sceriffo David Hale. Appena compiuti i 40 anni, Sheridan decide di lasciare la recitazione per dedicarsi alla sceneggiatura, dando via alla fase più importante della sua carriera.
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The american frontier: l'approdo come regista e sceneggiatore
Sheridan esordì nel mondo del cinema nel 2011, dirigendo l’horror indipendente Vile, in realtà un progetto nato da un suo amico, il quale gli chiese supporto per la regia, tant’è che Sheridan non considera tale pellicola come esordio alla regia. Nel 2013, Sheridan iniziò a concepire la sceneggiatura di Sicario, primo film di una personale tetralogia sulla “moderna frontiera americana”, che sarebbe stato diretto da Denis Villeneuve, già noto regista di film come Prisoners e Enemy. Il film fu girato nel 2014 in New Mexico, per poi venire presentato durante il 68esimo Festival del Cinema di Cannes e rilasciato nelle sale americane qualche mese dopo, incassando un totale di 85 milioni di dollari. Il film fu un successo di pubblico e critica, acclamato in particolar modo per la regia, la sceneggiatura, la grettezza con cui la storia veniva presentata e soprattutto le interpretazioni di Emily Blunt, Benicio del Toro e Josh Brolin, ma fu al centro di una controversia, dato che prima della sua uscita, il sindaco della città messicana Ciudad Juarez lanciò una campagna per boicottare il film, il quale, a suo dire, dava una falsa e troppo violenta rappresentazione del Messico, mentre Villeneuve afferma che il film si basa proprio sugli episodi avvenuti a Ciudad Juarez nel 2010, descrivendo con occhio attento e drastico la guerra ai cartelli della droga messicani e le dinamiche che la riguardano. Il successo della pellicola, e le nomination ottenute agli Oscar 2016 come miglior cinematografia, miglior suono e miglior colonna sonora originale, portò Lionsgate a produrre un sequel, intitolato Sicario: Day of the Soldado, sempre scritto da Sheridan ma diretto da Stefano Sollima, regista italiano noto per aver diretto Suburra (il quale avrebbe collaborato nuovamente con Sheridan qualche anno dopo in Without Remorse, film tratto dall’omonimo racconto di Tom Clancy e con protagonista Michael B. Jordan), uscito nelle sale tre anni dopo il primo capitolo. Dopo Sicario Taylor Sheridan proseguì con la sua tetralogia sulla moderna frontiera americana con Hell or High Water, film diretto da David Mackenzie e con protagonisti Chris Pine, Ben Foster e Jeff Bridges, presentato in anteprima al 69esimo Festival del Cinema di Cannes, con rilascio limitato al cinema nell’estate 2016. Anch’esso fu un successo di critica, definito come un film rinvigorente per il genere western, ed ottenne quattro nomination agli Oscar 2017 come miglior film, miglior attore non protagonista per Jeff Bridges, miglior montaggio e miglior sceneggiatura originale. Nel 2017 Sheridan torna con Wind River, terzo film della tetralogia, da lui stesso scritto e diretto, a tutt’oggi considerato il suo miglior film da regista. Con protagonisti Jeremy Renner e Elizabeth Olsen, il film tratta come argomento principale gli episodi di violenza e omicidio contro giovani donne native americane negli Stati Uniti e in Canada, moltissime delle quali scomparse e mai ritrovate. Il film fu un clamoroso successo, anche alla luce del tema che tratta, apprezzato per il tono realistico e le interpretazioni dei protagonisti, nonostante il film sia stato criticato per aver scritturato interpreti non nativi per ruoli da nativi. Dopo l’uscita di Sicario: Day of the Soldado, Sheridan decide di dedicarsi al mondo delle serie TV, per poi tornare sul grande schermo nel 2021 con Those Who Wish Me Dead, film da lui stesso diretto e scritto con la collaborazione di Michael Koryta, autore dell’omonimo romanzo da cui è tratto il film, e Charles Leavitt. Come protagonista fu scelta Angelina Jolie, che interpreta un vigile del fuoco che si ritrova a proteggere un bambino da due spietati assassini. Il film non fu un gran successo, nonostante sia stato elogiato per la regia e l’approccio realistico con cui viene affrontata la storia.
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The modern cowboy: l'arrivo di Yellowstone e l'inizio del percorso televisivo
Nel 2017 Taylor Sheridan inizia a concepire la sua opera più importante, nonché la sua prima serie TV, Yellowstone. La serie debuttò nell’estate 2018 su Paramount Network e, in circa due anni, divenne il cavallo di battaglia dell’emittente, nonché una delle serie più popolari e seguite negli Stati Uniti, e in seguito anche in Europa. La serie narra le vicende della famiglia Dutton, composta da John Dutton (Kevin Costner), proprietario dello Yellowstone Ranch in Montana, oggetto del desiderio di chiunque, e dai suoi figli Kayce (Luke Grimes), Beth (Kelly Reilly), e Jamie (Wes Bentley), ma anche di altri personaggi, come il mandriano Rip Wheeler (Cole Hauser), marito di Beth, Monica (Kelsey Asbille), la moglie di Kayce o il capo della riserva indiana Thomas Rainwater (Gil Birmingham), i quali si ritrovano protagonisti di un contorto gioco di potere e della lotta contro il progresso. Con le sue cinque stagioni, la serie ha ridefinito, nel bene e nel male, il genere neo-western in TV e ha confermato il talento di Sheridan quale creatore di opere televisive. Infatti Sheridan negli anni successivi darà vita ad altre serie, alcune più riuscite di altre, fra cui possiamo menzionare Mayor of Kingstown, dramma carcerario con protagonista Jeremy Renner, 1883 e 1923, entrambi prequel di Yellowstone, Tulsa King, serie a tema gangster con protagonista Sylvester Stallone, Special Ops: Lioness, serie a sfondo militare che vanta nel cast Zoe Saldana e Nicole Kidman, e Lawmen: Bass Reeves, miniserie attualmente in onda su Paramount+, incentrata sul celebre sceriffo afroamericano Bass Reeves, impersonato da David Oyelowo.
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What's in store: i prossimi progetti
Nel giro di circa dieci anni, Taylor Sheridan è divenuto uno dei sceneggiatori/registi più prolifici e attivi dell'attuale panorama hollywoodiano e la sua unica abilità nel dipingere mondi ed ambienti pregni di corruzione, rivalità e violenza lo rende anche uno dei più richiesti ed apprezzati dal pubblico sia del grande che del piccolo schermo. Quindi, se siete fra i sostenitori del nostro cowboy moderno, state tranquilli, perchè Sheridan sarà parecchio impegnato nei prossimi mesi, sia al cinema che in televisione. Sul fronte televisivo abbiamo la terza stagione di Mayor of Kingstown, confermata qualche settimana fa, la seconda stagione di Tulsa King e soprattutto la seconda parte della quinta stagione di Yellowstone, le cui riprese sono previste per la prossima Primavera, e con messa in onda prevista per Novembre 2024, la quale sancirà la conclusione della serie principale sulla famiglia Dutton, la cui storia proseguirà con una serie sequel, intitolata 2024 e con protagonista Matthew McConaughey, con il misterioso spin-off sul ranch texano 6666, e con la seconda stagione di 1923, che farà da apripista ad un'altra serie prequel, intitolata 1944. Al cinema invece Sheridan sarà il produttore di FinestKind, film esclusivo di Paramount+ che vanta nel cast Tommy Lee Jones, Ben Foster e Jenna Ortega, in uscita a Dicembre, dirigerà Wind River: The Next Chapter, sequel dell'omonimo film e scriverà Sicario: Capos, terzo capitolo della saga, che vedrà Christopher McQuarrie alla regia e potrebbe vedere il ritorno di Benicio del Toro, Josh Brolin e soprattutto di Emily Blunt, assente in Day of the Soldado. Insomma, se siete fan di Taylor Sheridan e del suoi lavori, c'è davvero tanto per cui essere entusiasti...
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lostinaflashforward · 6 months
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LIAFF SPECIAL #9: Loki: La magia dell'inganno
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Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL, la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento, dopo una pausa durata due mesi. L’argomento per questo mese riguarda uno dei personaggi più affascinanti dell'universo Marvel, sia in forma cartacea che sullo schermo, vale a dire il dio norreno Loki. In questo articolo parleremo dell'esordio del personaggio in ambito fumettistico, passando per la fase live-action al cinema, fino ad arrivare alla fortunatissima serie televisiva, attualmente in onda, in modo da poter conoscere meglio la versione Marvelliana del famigerato dio dell'inganno.
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Journey into Mystery: la genesi di un villain
Il personaggio basato sul dio norreno dell’inganno vede il suo esordio fumettistico in un volume della serie Venus, targata Timely Comics, pubblicato nell’Agosto 1949. Qui, Loki è rappresentato come una divinità rilegata in una sorta di oltretomba, con un aspetto simile a quello di un diavolo e che dispensava consigli oscuri, spargendo odio fra i suoi simili. Soltanto diversi anni dopo, nel 1962, all’interno della serie Journey into Mystery, scritta da Stan Lee e Larry Lieber, Loki viene presentato nella forma in cui tutti lo conosciamo e che si avvicina all’originale figura mitologica, vale a dire fratellastro di Thor, nonché suo acerrimo nemico. La sua storia è pressoché simile a quella mitologica: figlio di un gigante di ghiaccio di nome Laufey (chiamato Fárbauti nel mito), Loki viene adottato da Odino durante la guerra contro Jotunheim e viene allevato come suo figlio al fianco del fratellastro Thor. Col passare degli anni, Loki inizia a vedere le differenze fra lui e Thor, realizzando di essere inferiore a lui dal punto di vista fisico, ma di avere enormi capacità come mago e ingannatore, ottenendo la definizione di “dio dell’inganno” proprio per le sue abilità manipolative. Sfruttando queste sue capacità, Loki tenta più volte di sbarazzarsi del fratellastro e di ottenere il dominio su Asgard, collezionando una serie di crimini a danni della popolazione e della sua famiglia, al punto che Odino lo imprigiona all’interno di un albero, da cui poteva essere liberato solo da una lacrima, ma lui riesce a liberarsi ingannando Heimdall, e fugge sulla Terra, dove continua con la sua serie di inganni e macchinazioni. Tali eventi portano indirettamente alla formazione degli Avengers, che riescono a sconfiggere Loki, il quale viene esiliato nello spazio da Odino. Avendo scoperto di essere la causa del Ragnarok, l’apocalisse della mitologia norrena, Loki torna dal suo esilio, ma viene privato dei suoi poteri e collocato sulla Terra, da cui riesce a fuggire sfruttando, come sempre, le sue doti. Insomma, dopo una serie di eventi, fra fughe da vari luoghi, manipolazioni sotto mentite spoglie, un incontro con gli X-Men e il suo unirsi al gruppo di supercattivi noto come Cabala, Loki colleziona una marea di disavventure e scontri negli ultimi 51 anni, affrontati in diverse serie di fumetti, alcune delle quali esplorano il famoso personaggio in formati differenti da quelli delle sue prime apparizioni.
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Burdened with glorious purposes: il percorso sul grande schermo
Thor (2011)
L’esordio sul grande schermo del dio dell’inganno avviene nel 2011 con il primo lungometraggio su Thor, diretto da Kenneth Branagh. Per il ruolo fu scelto l’attore britannico Tom Hiddleston, il quale prima di allora aveva partecipato perlopiù a produzioni televisive locali, consacrandosi come uno degli interpreti maggiormente apprezzati del Marvel Cinematic Universe. La rappresentazione della sua rivalità con Thor e il suo desiderio di rivalsa nei confronti di Odino vengono ben tratteggiati anche grazie all’interpretazione di Hiddleston, rendendo il suo Loki uno dei villain più affascinanti del mondo dei cinecomic.
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The Avengers (2012)
Loki è stato il primo antagonista per eccellenza del Marvel Cinematic Universe, come testimoniato dal suo ritorno in The Avengers, dove, riapparso dalla Terra dopo essere sparito nello spazio, si impadronisce del Tesseract e scaglia i Chitauri contro la città di New York, in un'epica battaglia dove gli Avengers uniscono le forze per la prima volta. Alla fine Loki viene nuovamente sconfitto e ricondotto da Thor su Asgard per essere imprigionato, ma ciò non segnerà la fine del suo percorso.
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Thor: The Dark World (2013)
In Thor: The Dark World vediamo Loki prigioniero su Asgard, ma tale situazione cambierà a seguito della morte della madre adottiva Frigga, a cui era particolarmente affezionato, uccisa per mano dell’elfo oscuro Malekith, il quale intendeva possedersi dell’Aether, che si trovava nel corpo di Jane Foster. A seguito di tale tragedia, Loki unisce le forze con suo fratello Thor per sconfiggere Malekith, ma alla fine usa uno dei suoi trucchi per fingersi morto e sostituirsi ad Odino come sovrano di Asgard. Nonostante abbia nuovamente attinto ai suoi istinti più oscuri, il Loki presentato nella pellicola targata Alan Taylor è decisamente più umano di quanto ci si potesse aspettare.
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Thor: Ragnarok (2017)
Ripartendo dagli eventi del film precedente, Thor: Ragnarok vede Loki fare i conti con le conseguenze del suo inganno, venendo scoperto da Thor. I due però si ritrovano ad affrontare la spietata Hela, prima figlia di Odino, la quale è tornata dal suo esilio dopo la morte del padre per rivendicare il dominio su Asgard. Così Thor e Loki si trovano a fare nuovamente coppia fra una disavventura su Sakhar, dove trovano degli alleati in Hulk e Valchiria, e un acceso confronto su Asgard, terminato con la distruzione del pianeta per mano del demone Surtur, il quale ha causato il Ragnarok, di cui Thor aveva avuto una visione in Avengers: Age of Ultron. Tutto sembra finire per il meglio, ma Loki ruba nuovamente il Tesseract, riaccendendo una minaccia ormai inevitabile.
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Avengers: Infinity War (2018)
Nella scena d’apertura di Avengers: Infinity War, Thanos stermina metà della popolazione Asgardiana a bordo della nave di Thor, fra cui Heimdall, per poi chiedere la consegna del Tesseract. In un primo momento Loki sembra volerlo aiutare, ma poi si prepara a colpire il titano, il quale, dopo aver sorprendentemente sconfitto Hulk, lo uccide sotto gli occhi di Thor, prendendogli il Tesseract. Quello che succede dopo è un altra storia, ma è impossibile dimenticare le drammatiche ultime parole di Loki a suo fratello:
“I assure you brother… the sun will shine on us again.”
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"For All Time. Always.": la rinascita televisiva
L'ultima apparizione cinematografica di Loki avviene in un breve cameo durante Avengers: Endgame, dove, durante la missione degli Avengers per recuperare le varie Gemme dell'Infinito nel passato, il Loki del 2012, in procinto di venire condotto su Asgard come prigioniero, usa il Tesseract per fuggire, evento che porterà alla prima stagione della sua omonima serie. Qui Loki viene prelevato dalla misteriosa organizzazione nota come TVA (Time Variance Authority), che lo accusa di aver violato la linea temporale, ma il dio dell'inganno riesce ad impedire di essere giustiziato offrendo il suo aiuto nel catturare una sua variante, che si scopre essere una donna di nome Sylvie, di cui in seguito si innamorerà. Durante questo periodo, Loki fa' amicizia con l'agente della TVA Mobius e scopre la verità dietro l'organizzazione, la quale recluta i suoi agenti rapendo varianti da varie linee temporali, motivo per cui Sylvie era intenzionata ad annientarli. Alla fine Loki e Sylvie finiscono alla Fine del Tempo, luogo dove dimora il leader della TVA, conosciuto come Colui che Rimane, il cui compito era proteggere la linea temporale dalle sue infinite varianti, che avrebbero causato una guerra su scala multiversale. Presa dalla rabbia per quanto ha subito, Sylvie uccide Colui che Rimane, dando via agli eventi che hanno portato alla formazione del multiverso, e rispedisce Loki in una TVA completamente diversa da quella che ricordava. Nella seconda stagione, attualmente in corso, Loki si trova a far squadra con Mobius, Hunter B-15, Sylvie, Casey e Ouroboros per evitare che la linea temporale venga annientata a causa di una reazione scatenata dalla morte di Colui che Rimane, il quale sembrava avere dei piani nel caso venisse ucciso, che però restano tutt'ora un mistero. Se siete curiosi di scoprire cosa accadrà al dio dell'inganno, non vi resta che seguire la seconda stagione di Loki su Disney+, con un nuovo episodio ogni Venerdì, e leggere le nostre recensioni settimanali sul blog.
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lostinaflashforward · 9 months
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LIAFF SPECIAL #8: Sciopero SAG-AFTRA 2023: Stare dalla parte giusta della storia
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Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL,  la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento. L’argomento per questo mese riguarda inevitabilmente lo sciopero della Screen Actors Guild-American Federation of Television and Radio Artists (SAG-AFTRA), un evento fondamentale per il futuro di Hollywood, che va ad aggiungersi allo sciopero della Writers Guild of America (WGA), ancora in corso. In questo articolo affronteremo i precedenti scioperi della gilda, i motivi che hanno portato a questa importantissimo evento e come questo plasmerà per sempre il futuro dell’intrattenimento.
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Back to the past: i precedenti
Sin da quando è stata fondata, la SAG-AFTRA ha scioperato solamente due volte; la prima nel 1960, quando ancora si chiamava solo SAG, unendosi allo sciopero della WGA dello stesso anno, al fine di ottenere migliori stipendi per i film prodotti da quell’anno in poi, e la seconda nel 1980, al fine di ottenere migliori guadagni dalle repliche televisive, assieme ad AFTRA, decenni prima che le due sigle si unissero. Allora non vi era nè il fenomeno dello streaming, nè la paura derivata dall’intelligenza artificiale e le cose erano più facili, almeno all’apparenza...
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“Divide et impera”: lo sciopero della WGA, il nuovo contratto DGA e i primi negoziati
Il 01 Maggio 2023 la WGA entra ufficialmente in sciopero e circa un mese dopo l’Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP) ha raggiunto un accordo con la Directors Guild Alliance (DGA), che prevede migliori guadagni per i registi, soprattutto per i prodotti in streaming, e una maggior protezione contro l'intelligenza artificiale, ovvero i punti focali per cui la WGA è arrivata a scioperare. La stessa gilda degli sceneggiatori e moltissime persone hanno ritenuto questo atteggiamento mostrato dagli studios sinonimo di una volontà di voler dividere e controllare le varie rappresentanze dei lavoratori ad Hollywood, nonchè un modo per sfottere gli sceneggiatori, i quali avevano chiesto le stesse cose offerte senza alcuna difficoltà ai registi. Nel frattempo però SAG-AFTRA si preparava all'azione, con il consiglio nazionale della gilda che aderiva all'unanimità ad autorizzare lo sciopero in caso di accordo non raggiunto per il rinnovo del contratto, che era previsto per la fine dello scorso Giugno, una scelta volta ad avere un eventuale vantaggio per i successivi negoziati. La SAG-AFTRA intendeva portare sul tavolo delle trattative le stesse questioni poste dalla WGA, vale a dire migliori compensi per i prodotti in streaming, regolarizzazione dell'uso dell'intelligenza artificiale e in più vi era il problema del "self-tape", metodo di casting che si sta sempre più diffondendo nell'industria hollywoodiana, che consiste nell'auto-registrazione della propria audizione, un approccio che non garantisce molta sicurezza per gli appartenenti alla gilda. A sostegno delle richieste della SAG-AFTRA, moltissimi attori e attrici di rilievo appartenenti alla gilda hanno sottoscritto una lettera dove si invitava l'AMPTP ad accogliere quanto richiesto e ad evitare lo sciopero. I negoziati furono posticipati al 12 Luglio, a causa delle festività della settimana precedente, ma ciò non avrebbe evitato quanto avvenuto in seguito.
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The strike: Perchè SAG-AFTRA ha scioperato?
L'11 Luglio l'AMPTP annunciava di aver acconsentito a una richiesta dell'ultimo minuto per una mediazione di terze parti al negoziato con SAG-AFTRA, un atteggiamento ritenuto immaturo dalla gilda e volto ad estendere i negoziati più di quanto dovuto. Il 12 Luglio i rappresentanti di SAG-AFTRA hanno lasciato il negoziato dopo essere stati insultati dai rappresentanti di AMPTP, i quali, secondo quanto riportato da Variety, li avrebbero definiti "incivili" per la loro volontà di scioperare, ma Fran Drescher, presidente della SAG-AFTRA, ha risposto loro che in quel momento ci sarebbero state due gilde in sciopero. Il giorno seguente la SAG-AFTRA ha invitato ad approvare lo sciopero, cosa che è avvenuta, con tanto di discorso d'annuncio fatto dalla Drescher (per ascoltarlo, cliccate sul video). Alla mezzanotte del 14 Luglio SAG-AFTRA entra ufficialmente in sciopero, con una serie di regolamenti per tutti gli appartenenti alla gilda e anche per persone coinvolte esternamente, come giornalisti e cosplayer, una marea di manifestazioni in strada nelle grandi città americane. Tre giorni più tardi, viene pubblicato dalla SAG-AFTRA un documento che testimonia le vere ragioni per cui la gilda è in sciopero, fra cui spiccano miseri aumenti di stipendio e la scansione delle fattezze degli attori con l'intelligenza artificiale, con paga equivalente a un giorno di lavoro e con utilizzo illimitato e senza consenso (pratica già avvenuta nel set di note serie, come Snowpiercer e WandaVision). Le reazioni degli studios sono state pressochè negative, fra cui spiccano le discutibili parole di Bob Iger, presidente della Disney, ma per i grandi colossi dell'intrattenimento si preannuncia una situazione futura tutt'altro che positiva.
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Consequences: L’impatto dello sciopero nel mondo di Hollywood
Nel momento in cui la SAG-AFTRA è entrata in sciopero, tutte le produzioni televisive e cinematografiche a stelle e strisce, o perlomeno la maggior parte di esse, sono state sospese, come ad esempio l'atteso Deadpool 3 e la seconda stagione di Silo. Nonostante ciò, la SAG-AFTRA ha annunciato che una serie di progetti con membri appartenenti alla gilda, ma non scritti e distribuiti per l'AMPTP, possono proseguire la produzione (qui potete trovare una lista costantemente aggiornata). La 75esima edizione degli Emmy è stata posticipata al 15 Gennaio 2024, l'80esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia rischia di avere luogo senza la presenza degli interpreti delle varie pellicole partecipanti, facendone calare di fatto l'hype, i festival cinematografici indipendenti, come il TIFF (Toronto Film Festival), avranno comunque luogo, l'uscita in sala di diversi film, come i sequel di Avatar e i prossimi film del Marvel Cinematic Universe, è stata inevitabilmente rimandata, per non parlare degli addetti ai lavori che non avranno un impiego per i mesi successivi, nonostante le innumerevoli donazioni e campagne già portate avanti dalla WGA e dalla SAG-AFTRA. Ma lo scorso Venerdì è arrivata una notizia che potrebbe far ben sperare: dopo un primo tentativo di negoziato andato male la settimana scorsa, l'AMPTP ha mandato una contro-offerta per una possibile trattativa alla WGA, la quale intende inviare una risposta entro questa settimana. Che sia il primo passo verso un accordo equo per tutti? Non abbiamo modo di saperlo, ma una cosa è certa: se anche SAG-AFTRA siglasse un accordo subito dopo, la grande macchina hollywoodiana potrebbe ripartire non prima di un paio di mesi, portando a una totale ripresa non prima della fine dell'anno. La parte difficile per noi spettatori sarà il dover aspettare, ma anche temere qualche spiacevole conseguenza in termini di budget, dato che gli studios dovranno recuperare le ingenti perdite già subite. Non ci resta che incrociare le dita e sperare che sceneggiatori e attori abbiano ciò che richiedono, senza se e senza ma, dato che gli studios possono decisamente permetterselo, e che si possa tornare alla normalità il prima possibile.
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lostinaflashforward · 10 months
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LIAFF SPECIAL #7: Jordan Peele - Il cinema terrificante e spettacolare
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Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL,  la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento. L’argomento per questo mese riguarda uno dei registi più insoliti e particolari dell’attuale panorama cinematografico, trattasi di Jordan Peele. In questo articolo impareremo a conoscere il cineasta statunitense, partendo dalle sue origini come attore comico, fino all’analisi approfondita dei suoi noti lungometraggi, i quali rappresentano perfettamente e in maniera diversificata la visione portata avanti dal regista.
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The comedian: chi è Jordan Peele?
Jordan Haworth Peele nasce a New York il 21 Febbraio 1979 da padre afro-americano, Hayward Peele jr., morto nel 1999, e da madre bianca, Lucinda Williams. Cresciuto con sua madre nell'Upper West Side di Manhattan, Peele ha studiato fino al 1997, per poi formare un duo comico assieme a Rebecca Drysdale, ex-compagna di scuola e futura sceneggiatrice di Key & Peele. Fino al 2002 Peele si esibisce a Chicago ed altre città in performance comiche e musicali, per poi entrare nel mondo della televisione l'anno successivo, con il suo ingresso nella nona stagione di Mad TV, un programma di sketch comici, dove farà coppia con Keegan-Michael Key. Nel 2008 Peele lascia Mad TV e si mette in proprio, creando musica e contenuto a sfondo parodistico e satirico, appare in alcune serie televisive e film, fra cui l’adattamento televisivo di Fargo, la già menzionata Key & Peele, serie co-creata con Keegan-Michael Key e andata in onda dal 2012 al 2015, e l'action-comedy Keanu, sempre in coppia con Key. Nel 2017 Jordan Peele si da’ ufficialmente alla regia, coronando un sogno che ha sin dall’età di dodici anni, e produce negli anni anche altre opere, fra cui si ricordano la nuova versione di The Twilight Zone, Hunters e Lovecraft Country.
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Get Out: fuga dal delirio
“Man, I told you not to go in that house.”
Nel 2017 Jordan Peele esordisce come regista cinematografico, optando per un horror con elementi di commedia, affermando come i due generi siano incredibilmente simili tanto per il ritmo, quanto per l'affidarsi alle rivelazioni nel corso della storia. Per scrivere il film, Peele afferma di essersi ispirato a The Stepford Wives (1975), uno dei primi esempi di film horror con sfumature satiriche, e che per lui il film è molto personale, soprattutto per quanto riguarda la tematica del razzismo. Con l’aiuto di Keegan-Michael Key, Peele presentò l’idea al produttore Sean McKittrick, il quale rimase parecchio entusiasta del progetto. Peele scrisse la sceneggiatura in circa due mesi e il casting iniziò qualche tempo dopo, con Daniel Kaluuya e Allison Williams ad essere scritturati per primi. Peele racconta di aver scelto Kaluuya per il ruolo del protagonista dopo averlo visto nell’episodio di Black Mirror “Fifteen Million Merits”, mentre per Williams il regista ammette che la scelta dell’attrice è frutto di una manovra per disorientare il pubblico, dato che il suo personaggio appare all’inizio del film come una persona di fiducia, per poi rivelarsi l’opposto nella seconda metà della pellicola, con la scena dove sceglie la prossima vittima e sorseggia del latte sulle note di “(I’ve Had) The Time of My Life” scritta proprio per rafforzare il lato oscuro del personaggio. Tutto viene studiato a tavolino da Peele, dalla scelta della location in uno stato americano dove non predominavano atteggiamenti razzisti, alla presentazione del “sunken place” come metafora del cadere in un luogo oscuro e pericoloso per poi risalirvi, interpretato da alcuni critici anche come chiave di lettura per raccontare la paura vissuta dalla popolazione afro-americana sin dall’inizio della loro storia. Tale componente aveva portato Peele a temere che il film non potesse avere successo, a causa di un eccessiva identificazione da parte dei bianchi e degli afro-americani che lo avrebbero visto, e ha influenzato anche la colonna sonora, curata da Michael Abels, le cui tracce hanno voci di cantanti afro-americani ed elementi della musica black. Il finale originale del film prevedeva che Chris venisse arrestato dalla polizia dopo aver strangolato Rose e che Rod, invece di salvarlo, lo andasse a trovare in prigione, offrendogli aiuto per smascherare la famiglia Armitage, cosa che Chris non avrebbe ritenuto necessario. Secondo Peele, tale epilogo rifletteva la realtà legata al razzismo, ma durante la produzione del film, Peele optò per un “lieto fine”, anche alla luce degli episodi di violenza contro gli afro-americani da parte della polizia accaduti in quel periodo (in realtà il regista aveva considerato diversi finali, alcuni dei quali sono inclusi anche nei contenuti speciali del DVD/Blu-Ray del film). A dispetto delle previsioni il film incassò moltissimo al botteghino e fu acclamato dalla critica per la storia, l’interpretazione, la regia e soprattutto il sottotesto sociale, arrivando infine ad ottenere quattro nomination agli Oscar 2018, vincendo solo come miglior sceneggiatura originale. Riguardo all’interpretazione del suo significato, la visione più condivisa è quella dove il film è visto come una rappresentazione critica dell’America post-razziale, dove gli antagonisti non sono gli estremisti bianchi, ma i cosiddetti liberali, i quali, per quanto bene possano comportarsi nei confronti degli afro-americani, in realtà rendono loro la vita disagiante, riducendo le loro figure a un modello estetico e nient’altro.
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Us: il lato oscuro prende vita
“Once upon a time there was a girl, and the girl had a shadow.”
Essendo rimasto turbato dalla confusione di generi usata in Get Out, Peele affermò che il suo secondo lungometraggio dovesse essere un horror a tutto tondo. Per scriverne la storia, Peele racconta di essersi ispirato all’episodio di The Twilight Zone “Mirror Image”, che parlava di una giovane donna e del suo oscuro doppelgänger, e che l’idea degli esseri incatenati nel sottosuolo deriva dalla sua esperienza ogni volta che prendeva il treno per tornare a casa, affermando che ogni volta che passava sotto una galleria, vedeva un riflesso di se stesso. Nel 2018 ebbe luogo il processo di casting, con Lupita Nyong’o, Winston Duke e Elisabeth Moss a venire scritturati per primi, seguiti dal resto del cast. Peele afferma di aver sempre visto la famiglia Wilson come un episodio di archetipico quartetto, dove Adelaide (Nyong’o) è il leader, Zora (Shahadi Wright Joseph) è il guerriero, Gabe (Duke) è il giullare e Jason (Evan Alex) è il mago. Per interpretare il suo doppelgänger, Nyong’o ha usato una voce differente, affermando di essersi ispirata alla condizione nota come disfonia spasmodica, in cui la voce di chi ne è affetto è soggetta a regolari spasmi, aggiungendo anche di essersi preparata in maniera sicura con l’aiuto di terapisti e medici specializzati. Le riprese durarono per tre mesi e all’uscita nelle sale il film ebbe un grande successo, con la critica che ne apprezzò la regia, la sceneggiatura, l’interpretazione della Nyong’o e la colonna sonora di Michael Abels, difficile da dimenticare. Come per Get Out, anche in Us c’è stato un dibattito riguardo al significato del film. Alcuni ritengono che vi sia un collegamento fra gli esseri del sottosuolo, le leggende urbane e la paura per il diverso, altri affermano che il film rappresenti il classismo e il dualismo degli Stati Uniti, arrivando a pensare che il titolo del film potrebbe significare U.S., l’acronimo per United States (Peele avvalorerà questa ipotesi, affermando in seguito che uno dei temi principali della pellicola è il concetto di privilegio). Il film è ricco di riferimenti cinematografici, letterari e della cultura pop, dalle inquadrature alla Stanley Kubrick, all’effetto horror ereditato da film come Jaws e A Nightmare on Elm Street, al riferimento alla figura di Michael Jackson, specialmente nelle tute rosse indossate dai doppelgänger, fino alle citazioni della Bibbia, in particolare al libro di Geremia, dove si parla della caduta della civiltà causata dai falsi idoli.
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Nope: un terrore spettacolare
“We are being surveilled by an alien species I call << the Viewers >>. And though they have yet to emerge from their ship, I believe they trust me. If they didn’t, I don’t think any of us would be here right now.”
Nel 2019, la Universal Pictures annunciò di aver stipulato un accordo quinquennale con la Monkeypaw Productions, casa di produzione di Jordan Peele, e l’anno seguente il regista si mise al lavoro sul suo terzo lungometraggio, raccontando di averlo scritto in un momento in cui vi era preoccupazione riguardo al futuro del cinema, a causa della pandemia di Covid-19, e che pertanto intendeva scrivere un film spettacolare, il quale avrebbe riportato il pubblico nelle sale cinematografiche. Peele aggiunge anche di aver scritto la sceneggiatura rinchiuso in casa e che questo lo ha portato a scegliere il cielo come il soggetto del film, sapendo che il mondo da un lato intendeva tornare all’esterno ma dall’altro aveva vissuto un trauma profondo, che lo spingeva a chiudersi in se stesso. Nel Febbraio 2021 Keke Palmer e Daniel Kaluuya si uniscono al cast, assieme a Steven Yeun, Michael Wincott, Brandon Perea e Keith David, con le riprese che si tennero da Luglio a Novembre di quell’anno. Il film uscì nelle sale nel Luglio 2022, essendo il primo film di genere horror ad essere girato con la tecnologia IMAX, ed ebbe un grande successo, con la critica che ne esaltò la visione ambiziosa, la regia e l’interpretazione, finendo nella top 10 dei film del 2022 redatta dall’American Film Institute e venendo definito uno dei migliori film fantascientifici del ventunesimo secolo. Naturalmente anche Nope è stato soggetto a un approfondita analisi, e la critica evidenziò che i temi più rilevanti dellla pellicola erano il concetto di spettacolo e di sfruttamento del dramma e del trauma, menzionando il riferimento alla cancellazione della presenza afro-americana nell’industria cinematografica, fattispecie nel genere western, motivo per cui all’interno della pellicola viene citato Buck and the Preacher (1972), il primo film ad avere dei cowboys afro-americani, o anche la figura di Ricky Jupe (Yeun), il quale sfruttava l’incidente avvenuto nella sitcom a cui aveva preso parte da bambino e anche la presenza della creatura per crearsi la propria fama. La creatura aliena è chiaramente una metafora, a detta di Peele, di una minaccia d’altro mondo, nonchè un qualcosa che ci accomuna, vale a dire il rapporto con lo spettacolo, citando come riferimento per la sua rappresentazione il famoso anime Neon Genesis Evangelion, il quale contiene notevoli riferimenti biblici.
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What’s next: il futuro del regista
Jordan Peele non si ferma di certo qui. Infatti la Universal Pictures ha confermato che il quarto lungometraggio del regista uscirà nelle sale a Natale 2024 (data soggetta a variazioni a causa dell’attuale sciopero della WGA). Come per i precedenti progetti, Peele non ha ancora svelato nè la trama, nè il genere del film, nè tantomeno il cast, ma siamo fiduciosi che il regista saprà regalarci nuove e terrificanti emozioni. Intanto, se non avete avuto ancora modo di vedere i suoi film, vi consigliamo di recuperarli, ne vale davvero la pena!
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LIAFF SPECIAL #3: - Child’s Play: Quando l’horror non si prende sul serio
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Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL, la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento. Per la nostra prima battuta su Tumblr abbiamo pensato di portarvi un approfondimento su un franchise dell’horror slasher che meriterebbe più attenzione, non tanto per il contenuto quanto per la sua natura imprevedibile e sovversiva per il genere. Stiamo parlando di Child’s Play, la saga incentrata su Chucky, la bambola assassina, un personaggio di incredibile fascino e che sembra rappresentare una versione simpatica e caricaturale del mondo del sottogenere slasher. Se volete saperne di più, continuate la lettura...
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La mente: chi è Don Mancini
Don Mancini, all’anagrafe George Donald Mancini, nasce il 25 Gennaio 1963 in una città non specificata degli Stati Uniti, da una famiglia di discendenza italiana. Mancini ha frequentato la St. Christopher School a Richmond, in Virginia, la California University e la Columbia University, dove fra i suoi insegnanti vi era Brad Dourif, colui che avrebbe dato la voce e le movenze al famigerato Chucky. Appassionato di cinema horror sin da bambino, Mancini esordisce nel 1988 sotto il pseudonimo Kit Du Bois, scrivendo il film Cell Dweller, un horror a basso budget incentrato su un fumettista che evoca accidentalmente uno spirito maligno nella cantina di casa sua. Oltre ad essersi occupato della stesura di tutti i film del franchise Child’s Play (ad eccezione del reboot del 2019, il quale è a tutti gli effetti un film standalone), Mancini ha anche contribuito ad altre opere nel corso degli anni, scrivendo un episodio di Tales from the Crypt e co-producendo degli episodi della serie Hannibal e dell’antologia horror Channel Zero.
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L’opera: come nasce il franchise
L’idea per questa bizzarra saga nasce proprio dalla passione del cineasta statunitense per l’horror, in particolare del sottogenere incentrato sulla figura della bambola come strumento demoniaco e di morte, ispirandosi in particolar modo al film antologico Trilogy of Terror (1975) e all’episodio di The Twilight Zone “Talky Tina”, esprimendo il suo interesse nel realizzare un film di questo tipo usando l’animatronica, tecnica che vede l’uso di pupazzi, chiamati appunto animatronic, che si muovono con dei componenti robotici, ampiamente usata nell’industria cinematografica. Quando era studente all’Università della California, Mancini si appassionò particolarmente all’isteria generata dalla serie di bambole di pezza Cabbage Patch Kids, vendute agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso e divenute virali in pochissimo tempo, in particolare ai furti nei negozi di giocattoli legati a queste bambole e alle liti familiari connesse all’eccessivo desiderio dei bambini di mettere mano su una di loro. Questo, aggiunto al fatto che il padre di Mancini lavorava nell’industria dei giocattoli, diede al regista una solidissima base per creare una cupa satira basata sul potere del marketing e sul consumismo, in particolare verso i bambini, portando alla stesura del primo lungometraggio della saga.
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Child’s Play (1988)
Il primo film del franchise nacque, come menzionato sopra, da questo interesse di Mancini per il marketing legato all’industria dei giocattoli, da lui conosciuto grazie a suo padre, con cui non aveva un bel rapporto, a causa della sua omosessualità, motivo per cui Mancini decise di incentrare il film su un bambino e sua madre, escludendo la presenza di una figura paterna. Influenzato dal sottogenere horror sulle bambole demoniache, dal filone slasher, portato alla ribalta con il franchise A Nightmare on Elm’s Street, e da pellicole horror più cupe come Poltergeist e Magic, Mancini unisce le forze col produttore David Kirschner, il quale avrebbe poi prodotto tutti i film della saga, spinto anche lui dalla passione per le bambole demoniache. La sceneggiatura iniziale del film doveva essere molto più complessa; infatti vedeva Chucky, una bambola con del sangue finto, attivarsi grazie all’unione fra il suo sangue e quello di Andy, la cui rabbia soppressa veniva rappresentata dalla bambola stessa, la quale avrebbe preso di mira i suoi nemici. Il film avrebbe dovuto avere un approccio alla “whodunit”, vale a dire volto a capire per tutto lo svolgimento dello stesso chi era il vero assassino, con riferimenti al mondo della televisione della pubblicità e avrebbe dovuto creare ambiguità sull’identità del killer. Dopo che la sceneggiatura fu accettata dalla United Artists, fu riscritta da John Lafia, portando Andy ad essere un personaggio più facilmente apprezzabile dal pubblico e dando un origine diversa a Chucky, dove l’anima del killer Charles Lee Ray veniva trasferita a una catena di montaggio dopo essere stato giustiziato sulla sedia elettrica. Lafia voleva inizialmente dirigere il film, ma a causa della sua inesperienza come regista fu scartato e, dopo una serie di colloqui con registi più o meno noti, venne scelto Tom Holland, grazie alla raccomandazione di Steven Spielberg, che lavorò con lui nella serie antologica Amazing Stories. Per il ruolo di Charles Lee Ray fu inizialmente considerato John Lithgow, ma Holland puntò su Brad Dourif poichè aveva già lavorato con lui nel film Fatal Beauty (1987). Dopo una serie di revisioni e dei tagli fatti a seguito del test screening, si arriva al film così come lo conosciamo, il quale divenne il secondo film ad incassare di più nella storia della United Artists e ricevette un accoglienza mista dalla critica dell’epoca. Purtroppo il film fu al centro di una controversia causata da un nutrito gruppo di persone, le quali hanno protestato negli uffici della MGM poichè ritenevano la pellicola incitasse la violenza nei bambini, polemica che sarebbe continuata anche nei capitoli successivi del franchise.
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Child’s Play 2 (1990)
Come di consueto, la United Artists sfruttò il successo della prima pellicola per lavorare su un sequel, le cui riprese erano previste per l'Ottobre 1989, ma il presidente della United Artists Richard Berger annunciò a David Kirschner che lo studio stava per essere acquisito dal gruppo australiano Qintex, il cui presidente voleva bandire la produzione di film horror da parte del suddetto. E così i diritti del film furono contesi dalle maggiori produzioni, finchè la Universal (con l'aiuto di Steven Spielberg) riuscì ad aggiudicarseli. Inizialmente il film prevedeva come introduzione una scena in una corte di tribunale, dove la madre di Andy, Karen, veniva internata a causa degli eventi del primo film, e che sia Catherine Hicks che Chris Sarandon, interpreti rispettivamente di Karen e del detective Norris, sarebbero dovuti tornare, ma le loro scene furono tagliate per motivi legati al budget, rendendo questo secondo film il più corto del franchise (la scena del tribunale sarebbe stata poi riutilizzata come finale per Curse of Chucky). Il film fu diretto da John Lafia e scritto sempre da Mancini e all'uscita ebbe un discreto successo, specialmente per gli amanti dell'horror slasher, anche grazie al romanzo tie-in scritto da Matthew J. Costello, che approfondiva i personaggi di Chucky e Andy e conteneva elementi che sarebbero stati riutlizzati nei film successivi.
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Child’s Play 3 (1991)
La Universal chiese a Mancini di iniziare a stendere la sceneggiatura per un terzo film prima dell'uscita di Child Play's 2, causandogli una certa pressione, e il successo del secondo capitolo portò la Universal a dare il via libera al sequel, con l'uscita prevista nove mesi più tardi. Mancini voleva introdurre il concetto della moltitudine di Chucky già in questo capitolo, ma per motivi di budget l'idea fu scartata, per poi essere riutilizzata in Cult of Chucky. Il film doveva aprirsi con una scena che vedeva un addetto alla sicurezza della fabbrica di Good Guys, interpretato da John Ritter (che in seguito sarebbe apparso in Bride of Chucky), il quale spaventa un gruppo di ragazzini raccontando loro delle storie spaventose su Chucky. Mancini decise che in questo film Andy avrebbe avuto sedici anni e a questo scopo, voleva scritturare Jonathan Brandis, ma optò per Justin Whalin, mentre alla regia Mancini avrebbe voluto Peter Jackson, ma la scelta ricadde su Jack Bender, allora un regista emergente. Come per il film precedente, Costello scrisse un romanzo anche per questo film, cambiando alcuni elementi della trama. All'uscita il film non incassò moltissimo e, mentre era ancora apprezzato dai fan del genere, il film fu criticato per la trama, ritenuta piatta (lo stesso Jack Bender affermò che il film in se' era sciocco), mentre fu elogiato nel progresso legato alla tecnologia usata per creare Chucky. Il film viene purtroppo ricordato perchè collegato all'omicidio di James Burger, un bambino di due anni, avvenuto il 12 Febbraio 1993 per mano di due ragazzini di dieci anni, poichè, secondo quanto emerso dalle fonti d'epoca, uno degli assassini avrebbe visto il film con suo padre, fatto che fu smentito dopo anni d'indagini, ma nonostante ciò, il film è a tutt'oggi ritenuto problematico, specialmente in Europa.
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Bride of Chucky (1998)
Dopo l'uscita di Child's Play 3, Mancini e Kirschner ritennero che il franchise aveva bisogno di una nuova direzione ed erano contrari a far tornare il personaggio di Andy Barclay. La produzione del film iniziò nel 1996 e a quel tempo Mancini affermò che il genere horror girava letteralmente su se stesso e che l'uscita di Scream aveva dato nuova linfa, portandolo a studiare nuovi scenari e a reinventare completamente il franchise e assieme a Kirschner, mise insieme un concept che mescolava l'horror con la commedia, il genere sentimentale ed elementi da road-movie. Come regista fu scelto Ronny Yu, il cui lavoro nel wuxia The Bride with White Hair (1993), nonchè la sua libertà creativa erano molto ammirati da Mancini e Kirschner. L'idea di creare una fidanzata per Chucky venne a Kirschner dopo che questo aveva visto una copia di Bride of Frankenstein (1935) in un negozio e così Mancini concepì il personaggio di Tiffany, scegliendo Jennifer Tilly per interpretarla per via del suo lavoro in Bullets over Broadway (1994) e Bound (1996). In merito a tale scelta Mancini commentò dicendo che Jennifer Tilly aveva portato una sfumatura comica unica per il franchise e che rappresentava un traguardo importante per la comunità LGBTQ+, oggetto di grandissimo interesse anche per i successivi capitoli della saga. Il film ebbe un buon successo e fu pubblicizzato notevolmente sia nel mondo del wrestling, con l'apparizione di Chucky in un episodio della WCW, sia nel mondo della musica, con una colonna sonora composta da artisti di fama, fra cui Blondie, Rob Zombie, Judas Priest, Slayer e Motörhead, ma la critica lo bocciò per via del suo misto di generi, a loro avviso non funzionante per la trama.
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Seed of Chucky (2004)
Due giorni dopo l'uscita di Bride of Chucky, Mancini iniziò a lavorare a un nuovo capitolo del franchise, che non avrebbe avuto Ronny Yu come regista a causa di altri impegni di quest'ultimo. In quanto omosessuale, Mancini voleva esplorare i temi legati al mondo LGBTQ+ all'interno del film e, ispirato dal film Glen and Glenda (1953), scrisse una sceneggiatura incentrata sul figlio di Chucky e Tiffany, che soffre di disforia di genere. Mancini decise anche di continuare a dare al franchise uno stile più comico, poichè a suo avviso il tipico assassino slasher a la Freddy Krueger non faceva più così paura, man mano che tali personaggi erano più noti al pubblico. La Universal respinse la sceneggiatura di Mancini, definendola troppo gay e contraria alle loro aspettative, ma alla fine la Focus Pictures, sfruttando il successo di Cabin Fever (2002), la accettò e il film fu girato interamente in Romania (location che diede modo al regista di rifarsi alle atmosfere degli horror stile Brian De Palma o Dario Argento), al contrario dei precedenti capitoli, e fu distribuito dalla Rogue Pictures. Prima di scritturare il rapper Redman, Mancini dichiarò di aver contattato Quentin Tarantino per recitare nel ruolo di se stesso, ma questi rifiutò. Il film ebbe un discreto successo e fu naturalmente bocciato dalla critica per via dell'approccio a loro dire assurdo portato avanti nel film, per non citare altri motivi ben più gravi.
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Curse of Chucky (2013)
Nell'Agosto 2008, Mancini e Kirschner parlarono della possibilità di un remake per il franchise, una scelta fatta come risposta al volere di quei fan che desideravano rivedere un Chucky più spaventoso e un ritorno all'horror propriamente detto. In seguito Mancini spiegò che tale remake sarebbe stato una versione più cupa e spaventosa dell'originale, pur non allontanandosi da esso. Nel 2009, Brad Dourif confermò il suo ritorno come voce di Chucky, viene introdotta nel franchise Fiona Dourif, figlia di Brad, nel ruolo di Nica Pierce, e  fu confermata anche la produzione di un seguito e di un eventuale spin-off. Il film fu girato in Canada e fu rilasciato in direct-to-video nel 2013, con la critica che promosse il film, elogiando il ritorno alle radici e definendolo uno dei titoli più remunerativi nel mercato home video di quell'anno, ricevendo anche uno spazio dedicato all'Halloween Horror Nights del 2013.
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Cult of Chucky (2017)
Nel Dicembre 2013 Mancini annunciò di essere al lavoro su un sequel di Curse of Chucky, ma iniziò a stenderne la sceneggiatura soltanto nel 2015. Mancini incluse nella trama il concetto della moltitudine di Chucky e avrebbe voluto anche includere un riferimento a Glen/Glenda, purtroppo tagliato in seguito. Il film segnò il ritorno di Jennifer Tilly nel ruolo di Tiffany e di Alex Vincent nel ruolo di Andy (il quale era già apparso in una scena post-credit in Curse of Chucky), nonchè di Fiona Dourif nel ruolo di Nica Pierce. Le riprese si svolsero nuovamente in Canada e il film fu rilasciato in direct-to-video nel 2017, venendo ampiamente promosso dalla critica per aver portato il franchise in una nuova ed intrigante direzione.
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Chucky (2021-)
Nel 2019, la SyFy annunciò di essere al lavoro su una serie TV collegata al franchise e un anno dopo, l’emittente ordinò la serie, curata da Mancini e Kirschner. Mancini espresse preoccupazione per il film reboot del 2019, temendo che un eventuale successo avrebbe minato alla continuità del franchise, ma il film non ebbe successo e la serie originale rimase intatta. Mancini iniziò a lavorare in televisione con Hannibal e, usando tale esperienza, intendeva reinventare in qualche modo il personaggio di Chucky usando la televisione ed eventualmente, espandendone il fandom. Per scrivere il personaggio di Jake, Mancini ha attinto dalle sue esperienze personali in età adolescenziale e dai problemi avuti per via della sua omosessualità. La serie è un diretto sequel di Cult of Chucky, in cui Chucky vedeva la sua anima trasferita nel corpo di Nica, altro modo per esplorare il tema dell’identità di genere nel franchise, come anche la presenza di Jennifer Tilly/Tiffany, e vede il ritorno di Alex Vincent nel ruolo di Andy e di Christine Elise nel ruolo di Kyle. Mancini scrisse tutti gli episodi della prima stagione e diresse il primo, usando il primo ciclo per esplorare il passato di Charles Lee Ray. La prima stagione ebbe un buon successo, portando SyFy e USA Network a rinnovare la serie nel 2021, con il secondo ciclo che avrebbe fatto da seguito a Seed of Chucky, vedendo il ritorno di Glen/Glenda, interpretate entrambe da Lachlan Watson (già interprete di un personaggio queer in Chilling Adventures of Sabrina), Meg Tilly, Gina Gershon, Joe Pantoliano e Sutton Stracke che interpretano se stessi in un episodio della stagione e un cameo della star della WWE Liv Morgan. Per scrivere la seconda stagione, Mancini si ispirò al filone del genere horror a sfondo religioso, come The Exorcist (1973) e The Omen (1976), e alla sua esperienza personale, in quanto lui è cresciuto in un ambiente cattolico, volendo esplorare un contesto in cui una relazione omosessuale, come quella fra Jake e Devon, era vista in maniera negativa. Anche la seconda stagione ebbe un buonissimo successo, portando all'uscita di scena di Andy e Kyle e a un nuovo capitolo per il franchise, che diverrà realtà grazie al rinnovo della serie per una terza stagione, annunciata in questi giorni.
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Cosa ci riserva il futuro?
Con la terza stagione in lavorazione, le cui riprese sono previste per il mese prossimo, ci si aspetta parecchio per il futuro del franchise. Mancini ha già iniziato a stendere la sceneggiatura dei futuri episodi, preannunciando che saranno molto più spaventosi e che vi saranno altri ritorni di personaggi apparsi nei passati film. Probabilmente vedremo la nuova stagione per la fine dell'anno, ma non possiamo che essere fiduciosi su quello che Mancini ha in serbo per lo spietato Chucky e gli altri protagonisti. In una saga così poliedrica come Child's Play possiamo aspettarci davvero di tutto...
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lostinaflashforward · 8 months
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lostinaflashforward · 8 months
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SPECIAL OPS: LIONESS - Recensione 1x08 "Gone is the Illusion of Order" (SEASON FINALE)
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Special Ops: Lioness conclude la sua prima stagione con un epilogo abbastanza decente, che chiude la trama principale, ma porta con se' contraddizioni e dubbi sul futuro della serie...
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lostinaflashforward · 8 months
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SPECIAL OPS: LIONESS - Recensione 1x07 "Wish the Fight Away"
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Special Ops: Lioness si prepara alla sua conclusione stagionale con un penultimo episodio ben strutturato, che fra emozioni e amare verità lascia presagire un finale parecchio esplosivo.
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lostinaflashforward · 8 months
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SPECIAL OPS: LIONESS - Recensione 1x04 "The Choice of Failure" e 1x05 "The Truth is the Shrewdest Lie"
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Special Ops: Lioness prosegue la sua stagione di debutto con due episodi rilevanti e che dimostrano come la serie di Taylor Sheridan possa offrire davvero di più, con le giuste scelte...
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