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#ragazzi di vita
abatelunare · 8 days
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Erano tutti contenti e scherzosi, non pensando manco lontanamente che le gioie di questo mondo son brevi, e la fortuna gira… (Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita).
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I finished reading Ragazzi di Vita.
Spoiler-free review: PIER PAOLO. I SWEAR TO GOD. I WILL PUNCH YOU IN THE BALLS!!!!!!
Spoiler review: under the cut
MARCELLO OUGGGHHH
GENESIO ARRGGGFHHH AHHHHH
Alduccio & Begalone 🥺🥺🥺🥺🥺
Riccetto I love him dearly he's an AMAZING protagonist because he's both so cute and tragic and a complete asshole I want to hate (especially after the jail. The fact he lost YEARS of his young life in jail for no reason makes me want to puke I felt physically unwell)
Pier Paolo could transfer this sense of deep injustice he felt, the feel of the world being evil and cruel and not fair to you and you can just try to go on or perish. I feel sick Pier Paolo I hate you *kisses him*
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ikarussus · 1 month
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My favourite "Ragazzi di vita" stuff. These boys are like sons to me (even if they would beat my ass or rob me..............)
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gregor-samsung · 10 months
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“ Il dialetto gaddiano, il romanesco del Pasticciaccio tanto spesso avvicinato a quello pasoliniano, entra in un rapporto ludico complesso con la lingua, con i suoi differenti livelli, e nel gioco quello che conta è la scrittura, l'artificio della scrittura come suprema abilità di maneggiare (e magari di distruggere, ma dall'interno) il registro del simbolico, la comunicazione (e la tradizione) letteraria. Al contrario il romanesco pasoliniano vuole prima di tutto essere puro suono, nasce indifferente ai significati, esterno alla comunicazione, posto al servizio di un progetto di ipnosi, di trance. È un dialetto "brutto", rigorosamente privo di tensioni formali, tutto concentrato sulla propria noia. Se nei primi racconti di Alí l'artificio letterario tradizionale, inteso come abilità ed eccezionalità linguistica, era ancora ben presente, col dialetto dei romanzi passa in secondo piano e ci sembra di leggere semplici registrazioni vocali. La letterarietà dell'operazione si è spostata, ha cambiato scopo. L'« intervento dello scrittore in quanto tale »* non si indirizza piú al perfezionamento interno della scrittura, ad esibire gli artifici, le astute scelte, a molare e render "bello" il pezzo testuale; ma punta piuttosto all'effetto finale, pratico, del testo: non interessa la tenuta estetica ma il potenziale di fascinazione che il testo può produrre. Perciò i romanzi pasoliniani, nonostante le apparenze spesso alessandrine, possono anche mostrare rozzezze, e trascuratezze di scrittura. Il romanesco non è affatto un registro "d'arte", viene adottato e trascritto in una chiusa brutalità che lavora efficacemente come un suono addormentatore. Tale vistosa modifica della letterarietà testuale chiarisce le profonde differenze tra l'operazione dialettale romana e il precedente friulano. Nel Friuli il dialetto funzionava come metafora della dimensione immaginaria ma conservava tutti i segni "letterari" del gergo ermetico. L'immaginario era messo in gioco per via di metafora, proprio attraverso la strumentazione raffinata dell'artificio: la cantilena ipnotica del fantasma era prima di ogni altra cosa una scrittura, un'elaborazione testuale, e fingeva abilmente di essere il suo contrario, l'oralità liberata di un registro pre-linguistico. Ora invece l'esperimento pasoliniano è diverso, molto piú radicale. Ora il dialetto dei romanzi, appiattito nella ripetizione, è letteralmente quella oralità dell'immaginario. Se volessimo servirci di una sottile distinzione potremmo dire che il friulano era una « scrittura », il romanesco è invece una « trascrizione » del fantasma.** Certo, anche nel caso del romanesco il dialetto è prima di tutto linguaggio, quindi interno alla generale dimensione della comunicatività; ma Pasolini ne fa un uso così speciale, così limitato (fatto di formule, di indifferenza, quasi di cecità linguistica), che il salto dal dialetto-linguaggio al dialetto-fantasma è facilissimo. Il romanesco, così ridotto e impoverito, è una catena di significanti, senza semantica, e una tale catena non riesce neppure a localizzarsi come sistema di opposizioni, di simboli, di segnali riconoscibili e produttori di senso: insomma, il puro significante di questo dialetto non riesce a diventare organizzazione, griglia simbolica dentro la quale ordinare le cose. “
*Si veda la dichiarazione pasoliniana: « Per assumere nel romanzo il colloquio in dialetto occorre perciò un intervento dello scrittore in quanto tale molto piú accentuato e dichiarato che in una pagina scritta nell'italiano letterario ». Cfr. F. Camon, Il mestiere di scrittore, Milano, 1973, p. 107. **Ci serviamo di una distinzione enunciata da Lacan, a proposito dei suoi seminari, nella Postface a J. LACAN, Le séminaire livre Xl. Les quatre concepts fondamentaux de la psychanalyse, Paris 1969, pp. 251-254.
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Rinaldo Rinaldi, Pier Paolo Pasolini, Ugo Mursia Editore (collana Civiltà letteraria del Novecento - Profili N. 40), 1982¹; pp. 145-46.
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frammento · 9 months
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Fuori era già un po’ chiaro: dietro i quaranta scatoloni in fila della Borgata degli Angeli, oltre il Quadraro, oltre la campagna, oltre le sagome nebbiose dei colli Albani, si stampava nel cielo una luce rossiccia, come dietro un’invetriata, e pareva che laggiù, dall’altra parte del cielo, ci fosse un’altra Roma, che andasse silenziosamente a fuoco.
Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita
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riflussi · 2 years
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"Ragazzi di vita" - P. P. Pasolini (aka PPP)
Che dire, torno a rimpolpare un po' questo piccolo angolo di mondo (sono pessima, scusate, lo so) con una nuova recensione che, strano a dirsi, è parte di un esame.
In realtà, sono stata piacevolmente colpita da questo libro. Ero rimasta a Petrolio con l'esame di letteratura italiana contemporanea (mai finito davvero, vogliate scusarmi, sono sicura lo finirò. Prima o poi.) ed ero rimasta scottata pesantemente dai romanzi di Pasolini: troppi sottesi, troppe conoscenze pregresse che mi mancavano, insomma, difficoltà a non finire e poco tempo per approfondire.
Con Ragazzi di vita è stato diverso. Sarà l'età (non penso), ma è stato proprio interessante leggere queste duecentocinquantasei pagine che sono scorse velocemente e senza praticamente annoiarmi.
Certo, il linguaggio non è semplice, dato che è scritto tutto in dialetto romanesco (ebbene sì, non solo i dialoghi) e in quanto non conoscente della lingua è stato difficile addentrarmi in questo mondo "nuovo" (si fa per dire, parliamo del post guerra), ma ne è valsa la pena.
Ne è valsa la pena perché Pasolini ha una capacità incredibile di analisi e sa catturare perfettamente alcune dinamiche con le sue parole. Come si può intuire, il sottoproletariato romano non è esattamente il mio ambiente, eppure alla fine del libro mi sono sentita capace non solo di empatizzare con i personaggi, ma anche di capire meglio perché, come mai, per quali motivi c'era bisogno di comportarsi così, con un'apparente violenza aberrante e inutile.
Certo, le riflessioni sulle differenze e prospettive tra anni '50, '70 (XX sec.) e '22 (XXI sec.) non mancano; inoltre, Pasolini non è mai stato molto gentile con le donne, come nemmeno con le persone trans, e nemmeno con le persone nere (ennesimo libro, infatti, in cui è presente la N word non censurata, mannaggia a sti cazzo di editori).
Però, in fondo, è la prospettiva dei ragazzi che stiamo osservando, e per quanto Pasolini potesse in parte o meno condividerla, non è quello che ci interessa. E sicuramente, come si può anche capire dal libro, i ragazzi di vita non sono di certo le persone più aperte mentalmente sulla faccia della terra. E noi non è che li accettiamo, ma li osserviamo, cercando di comprenderli, anche solo un po' (ehi, ma il voyeurismo è proprio una fissa eh).
E non è proprio questo che tenta di fare la letteratura? Catturare attimi, momenti, per comprendere meglio qualcosa che ci è lontano e distante in ogni dimensione?
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A las puertas de la Cineteca - Bolonia, 20 de mayo de 2022 a las 11:10
Conocí a Gregorio (20 años, boloñés y estudiante de ciencias) y le pedí que me leyera un poema en italiano del libro Carne e cielo, PPP. Estuvimos conversando sobre el significado del poema, le hablé del proyecto que estoy haciendo y el me dijo que solo conocía la película de Saló y que le parecía “particular y difícil”. Le recomendé que viese Mamma Roma y que fuese a la Mostra que está en la plaza mayor, el no sabía de su existencia. Nos hicimos una foto y enseguida nos tuvimos que despedir porque le llamaron por teléfono, me dijo que se iba a Parma. Una experiencia inolvidable.
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Tutti hanno degli standard e io ho scelto di averli troppo alti. A quanto pare costa troppo essere esigenti, in un mondo pieno di superficialità.
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eternosecondo · 8 months
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Scegli chi non ti fa venire nemmeno l'ombra di un dubbio.
Stai ancora aspettando quel qualcuno capace di capirti quando parli, quando non parli, quando osservi, quando sospiri, perfino quando alzi gli occhi al cielo e sbuffi.
Bisogna avere cura di chi ti presta attenzione, di chi ti ascolta e resta sveglio fino all'alba pur di parlare con te.
Non è da tutti, sai? Non farti pesare di continuo il tuo passato..
Ed esserci sempre, a differenza di quelli che dicono " Guarda che io ci sono" ma, al di fuori dei soliti messaggi non si fanno mai sentire.
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illsadboy · 1 year
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Io ero semplicemente un passo avanti a loro. Che fosse un passo verso la merda totale, allora non lo sapevo.
~Christiane F. Noi i ragazzi dello zoo di Berlino~
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Riccetto x Genesio 🔛🔝
(spoiler for the end of Ragazzi di Vita under the cut)
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I love Riccetto's transformation and the metaphore with the swallow at the start but DAMN IT!!! A GIRL CAN DREAM!
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Provando ad esorcizzare e metabolizzare La Primavera Della Mia Vita con una lista fatta nel memo del telefono prima che gli effetti di quel che mi è successo lascino il mio corpo per sempre (queerbaitata dai colartino sul grande schermo)
[SPOILER DI SEGUITO DEL FILM DI COLAPESCE E DIMARTINO “LA PRIMAVERA DELLA MIA VITA” andate a vederlo se ne avete la possibilità]
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il titolo dell’ultima track che sarebbe questo madonna mi mangio le mani :)
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chimiche nel cervello alterate irrimediabilmente
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gregor-samsung · 5 days
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“ Tina, nome di battaglia Gabriella, anni diciassette, giovane come tante nella Resistenza. Non ho mai pensato che noi ragazze e ragazzi che scegliemmo di batterci contro il nazifascismo fossimo eccezionali, ed è questo che vorrei raccontare: la nostra normalità. Nella normalità trovammo la forza per opporci all’orrore, il coraggio, a volte mi viene da dire la nostra beata incoscienza. E così alla morte che ci minacciava, che colpiva le famiglie, gli amici, i paesi, rispondemmo con il desiderio di vita. Bastava aprire la porta di casa per incrociare il crepitare delle armi, le file degli sfollati, imbattersi nella ricerca dei dispersi; partecipare dell’angoscia delle donne in attesa di un ritorno che forse non ci sarebbe stato: ma le macerie erano fuori, non dentro di noi. E se l’unico modo di riprenderci ciò che ci avevano tolto era di imbracciare il fucile, ebbene l’avremmo fatto. Volevamo costruire un mondo migliore non solo per noi, ma per coloro che subivano, che non vedevano, non potevano o non volevano guardare. E se è sempre azzardato decidere per gli altri, temerario arrogarsi il diritto della verità, c’erano le grida di dolore degli innocenti a supportare la nostra scelta, c’era l’oltraggio quotidiano alla dignità umana, c’era la nostra assunzione di responsabilità: eravamo pronti a morire battendoci contro il nemico, a morire detestando la morte, a morire per la pace e per la libertà. Vorrei che voi sfogliaste insieme a me l’album di ricordi, con i volti dei miei tanti compagni di grandi e piccole battaglie, fotografie scattate nei giorni della pace ritrovata, quando ci riconoscemmo simili. Mi rivedo, ci rivedo, con i capelli ricci o lunghi, barbe più o meno incolte, vestiti a casaccio, e tuttavia qua e là spuntano una certa gonna più sbarazzina, scarpe basse ma con le calzette colorate, un fermaglio su una ciocca ribelle, la posa ricercata di un ragazzo, e tutti insieme a guardare diritto l’obiettivo, tutti insieme sapendo che il futuro ci apparteneva, tutti insieme: questa era stata la nostra forza, la nostra bellezza. “
Tina Anselmi con Anna Vinci, Storia di una passione politica, prefazione di Dacia Maraini, Chiarelettere (Collana Reverse - Pamphlet, documenti, storie), 2023; pp. 3-4.
Nota: Testo originariamente pubblicato da Sperling & Kupfer nel 2006 e nel 2016.
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ross-nekochan · 1 year
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Primo giorno di palestra qui nella città più perculata della regione Veneto.
Istruttore che mi fa tipo l'anamnesi: ma quanti anni hai, che sport hai fatto nella vita (io: palestra), da quanto ti alleni (io: 10 anni - e lui: e vabbè allora che ci sto a fare qua?! Non lo so zio, ci hai provato ma unfortunately non sono una newbie).
Vabbè nel frattempo io tutta carina che mi alleno per i fatti miei come al solito bellina bellina facendo cose a caso solo per riprendere un po'...
A un certo punto lui mi si avvicina e mi fa:
ti posso dire che ti muovi da Dio?
Me inside: AAAAAAWWNEJUWSJDBSKANSJJDJSJJAIWWIUEOQOQNSDBJSKANSEHJWNASJJWIQIWBSBADBWJAJSNEJAJSJEAAAHFHDH 💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘
Outside: Ma grazie! Sai, non tutti se ne accorgono!
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frammento · 9 months
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Dentro si sentivano i pianti delle donne. I maschi, invece, non davano segni d’esser commossi, e anzi, semmai, avevano, incarnata nei lineamenti di giovinottelli imberbi o di vecchi paraguli, una vaga espressione di divertimento. A Pietralata, per educazione, non c’era nessuno che provasse pietà per i vivi, figurarsi cosa c… provavano per i morti.
Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita
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