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#centenario pasoliniano
gregor-samsung · 10 months
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“ Il dialetto gaddiano, il romanesco del Pasticciaccio tanto spesso avvicinato a quello pasoliniano, entra in un rapporto ludico complesso con la lingua, con i suoi differenti livelli, e nel gioco quello che conta è la scrittura, l'artificio della scrittura come suprema abilità di maneggiare (e magari di distruggere, ma dall'interno) il registro del simbolico, la comunicazione (e la tradizione) letteraria. Al contrario il romanesco pasoliniano vuole prima di tutto essere puro suono, nasce indifferente ai significati, esterno alla comunicazione, posto al servizio di un progetto di ipnosi, di trance. È un dialetto "brutto", rigorosamente privo di tensioni formali, tutto concentrato sulla propria noia. Se nei primi racconti di Alí l'artificio letterario tradizionale, inteso come abilità ed eccezionalità linguistica, era ancora ben presente, col dialetto dei romanzi passa in secondo piano e ci sembra di leggere semplici registrazioni vocali. La letterarietà dell'operazione si è spostata, ha cambiato scopo. L'« intervento dello scrittore in quanto tale »* non si indirizza piú al perfezionamento interno della scrittura, ad esibire gli artifici, le astute scelte, a molare e render "bello" il pezzo testuale; ma punta piuttosto all'effetto finale, pratico, del testo: non interessa la tenuta estetica ma il potenziale di fascinazione che il testo può produrre. Perciò i romanzi pasoliniani, nonostante le apparenze spesso alessandrine, possono anche mostrare rozzezze, e trascuratezze di scrittura. Il romanesco non è affatto un registro "d'arte", viene adottato e trascritto in una chiusa brutalità che lavora efficacemente come un suono addormentatore. Tale vistosa modifica della letterarietà testuale chiarisce le profonde differenze tra l'operazione dialettale romana e il precedente friulano. Nel Friuli il dialetto funzionava come metafora della dimensione immaginaria ma conservava tutti i segni "letterari" del gergo ermetico. L'immaginario era messo in gioco per via di metafora, proprio attraverso la strumentazione raffinata dell'artificio: la cantilena ipnotica del fantasma era prima di ogni altra cosa una scrittura, un'elaborazione testuale, e fingeva abilmente di essere il suo contrario, l'oralità liberata di un registro pre-linguistico. Ora invece l'esperimento pasoliniano è diverso, molto piú radicale. Ora il dialetto dei romanzi, appiattito nella ripetizione, è letteralmente quella oralità dell'immaginario. Se volessimo servirci di una sottile distinzione potremmo dire che il friulano era una « scrittura », il romanesco è invece una « trascrizione » del fantasma.** Certo, anche nel caso del romanesco il dialetto è prima di tutto linguaggio, quindi interno alla generale dimensione della comunicatività; ma Pasolini ne fa un uso così speciale, così limitato (fatto di formule, di indifferenza, quasi di cecità linguistica), che il salto dal dialetto-linguaggio al dialetto-fantasma è facilissimo. Il romanesco, così ridotto e impoverito, è una catena di significanti, senza semantica, e una tale catena non riesce neppure a localizzarsi come sistema di opposizioni, di simboli, di segnali riconoscibili e produttori di senso: insomma, il puro significante di questo dialetto non riesce a diventare organizzazione, griglia simbolica dentro la quale ordinare le cose. “
*Si veda la dichiarazione pasoliniana: « Per assumere nel romanzo il colloquio in dialetto occorre perciò un intervento dello scrittore in quanto tale molto piú accentuato e dichiarato che in una pagina scritta nell'italiano letterario ». Cfr. F. Camon, Il mestiere di scrittore, Milano, 1973, p. 107. **Ci serviamo di una distinzione enunciata da Lacan, a proposito dei suoi seminari, nella Postface a J. LACAN, Le séminaire livre Xl. Les quatre concepts fondamentaux de la psychanalyse, Paris 1969, pp. 251-254.
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Rinaldo Rinaldi, Pier Paolo Pasolini, Ugo Mursia Editore (collana Civiltà letteraria del Novecento - Profili N. 40), 1982¹; pp. 145-46.
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fashionluxuryinfo · 1 year
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I nuovi appuntamenti di Roma Culture 2023 Dal 25 al 31 gennaio Il programma degli eventi è disponibile su culture.roma.it, sui canali FB e IG @cultureroma, TW culture_roma e con #CultureRoma #Pasolini100Roma #memoriagenerafuturo2023 In partenza una nuova settimana di Roma Culture con le iniziative proposte dalle istituzioni culturali cittadine e con la programmazione di PPP 100 - Roma racconta Pasolini, dedicata alla celebrazione del centenario pasoliniano. Nel corso di questa settimana, di particolare interesse, inoltre, gli appuntamenti di Memoria genera Futuro, il calendario di eventi di Roma Capitale per celebrare il Giorno della Memoria 2023. https://www.fashionluxury.info/it/
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lamilanomagazine · 1 year
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Verona, lo spettacolo Pa' dedicato a Pier Paolo Pasolini
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Verona, lo spettacolo Pa' dedicato a Pier Paolo Pasolini.   Dopo il grande successo di Mine vaganti che ha segnato il felice debutto di Ferzan Özpetek nella regia teatrale, il Grande Teatro, rassegna organizzata dal Comune di Verona in collaborazione col Teatro Stabile di Verona, prosegue con uno spettacolo che celebra il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini.   Al Nuovo da martedì 22 novembre alle ore 20.45 in scena Pà, la drammaturgia di Marco Tullio Giordana e di Luigi Lo Cascio, su testi di Pier Paolo Pasolini. Regia di Giordana e con protagonista lo stesso Lo Cascio.   Repliche fino a sabato 26 sempre alle 20.45. L’ultimo spettacolo di domenica 27 è invece alle 16. Giovedì 24, alle ore 18, Luigi Lo Cascio incontrerà il pubblico nel Piccolo Teatro di Giulietta. L’incontro, a ingresso libero, sarà condotto da Piermario Vescovo, direttore artistico dello Stabile di Verona.   "Saremo in molti a chiederci, anche dopo il centenario – dice Marco Tullio Giordana – quanto attuale rimarrà Pasolini, cosa di lui sarà ancora vivo e cosa ingiallito, cosa ancora portabile e cosa riporre nell’armadio in attesa di tornare in auge come modernariato. Non so dare a questa domanda una risposta se non con questo spettacolo ordito insieme a Luigi Lo Cascio, da tanti anni prediletto compagno di ventura. Si tratta di una cernita nell’opus pasoliniano immenso che non ha certo l’ambizione di dire tutto né fornire il quadro nemmeno abbozzato, ma di scegliere cosa abbiamo scoperto per noi di indispensabile, al punto da riassumerlo nel vocativo con cui lo chiamavano i ragazzi: a Pa’, per invitarlo a tirare due calci di pallone o chiedergli la comparsata in un film. Io sono stato uno di quei ragazzi, un contemporaneo, uno che avrebbe potuto averlo a portata di mano se non l’avesse considerato un maestro irraggiungibile. Insieme a lui ce n’erano altri – solo in Italia vengono in mente Sciascia, Calvino, Bobbio, Moravia, Eco e tante altre leggendarie figure – ma Pasolini era di gran lunga il preferito. Non tanto – prosegue Giordana – per l’assidua vigilanza sui temi del giorno, quanto per la passione e l’imprevedibilità nel trattarli. Senza contare il Cinema, senza contare la Poesia, dove ritrovavo le stesse provocazioni, gli stessi stimoli, ma come se tutto fosse stato risolto in una Forma e apparisse perciò meno doloroso, meno disperato di quanto trapelava negli articoli o nella prosa militante. Quanta rabbia in lui a scrivere, quanta in noi a leggerlo, strana la sensazione di intimità e irritazione, come davanti a un fratello maggiore infinitamente dotato, amatissimo e indisponente. Dopo il suo assassinio non mi sono mai chiesto cosa restasse di lui, mentre me lo chiedevo sempre per i suoi detrattori. La perdita di una formidabile e autorevolissima figura pubblica era sotto i nostri occhi, pazienza per quelli che non l’hanno capito al volo. Per molti fu necessario aspettare l’avverarsi delle “profezie”, il giungere puntuale di ciò che aveva visto da lontano. Ma Pasolini non voleva essere profeta: il suo era un grido di battaglia che bisognava raccogliere per fronteggiare il declino anziché trattarlo come un visionario jettatore. Più che la desolata rappresentazione dell’Italia che non c’è più, mi colpisce oggi quanto fosse per lui necessario consumarsi e mettersi a repentaglio, addirittura fisicamente, per poter decifrare e descrivere il suo Paese. Qualcosa che non riguarda solo l’intelligenza ma il corpo, la carne, il sangue. Questo spettacolo cerca di dar conto proprio di questa disperata attualità, senza preoccuparsi troppo di apparire parziale o arbitrario. D’altra parte – conclude Giordana – ognuno ha il suo Pasolini, com’è giusto che sia, e questo non è che il nostro. Anzi il “suo”, perché non c’è parola, virgola, capoverso che non provenga dalla sua opera tanto che potremmo definirlo un’autobiografia in versi".    Dopo quattro anni Luigi Lo Cascio torna al Nuovo nell’ambito del Grande Teatro. Molti spettatori se lo ricorderanno interprete, nel marzo 2018 insieme a Sergio Rubini, di Delitto e castigo, spettacolo tratto dall’omonimo romanzo di Dostoevskij. Parallela all’attività teatrale prosegue intanto con successo la fortunata carriera cinematografica dell’attore palermitano, in particolare con registi come Marco Tullio Giordana, Giuseppe Piccioni e Cristina Comencini che hanno da sempre valorizzato in suo talento. A partire dal 2000 quando, dopo anni di teatro, è il protagonista del film I cento passi nel ruolo di Peppino Impastato. In seguito, interpreta con successo Luce dei miei occhi (2001), Il più bel giorno della mia vita (2002), La meglio gioventù e Buongiorno, notte (2003). Seguono La vita che vorrei (2004), La bestia nel cuore (2005), Mare nero (2006), Sanguepazzo (2008), Miracolo a Sant’Anna (2008), Gli amici del bar Margherita e Baarìa (2009). Tra le altre sue interpretazioni, Noi credevamo (2010), Romanzo di una strage (2012), La città ideale (2012), Salvo e Marina (2013), Il capitale umano e I nostri ragazzi (2014), Il nome del figlio (2015), Smetto quando voglio: Masterclass e Smetto quando voglio: Ad honorem (2017), Il traditore (2019) e Lacci (2020). Sono infine del 2022 Il signore delle formiche e La stranezza. Pa’ è prodotto dal TSV - Teatro Nazionale e si avvale delle scene e del disegno luci di Giovanni Carluccio, dei costumi di Francesca Livia Sartori e delle musiche di Andrea Rocca.   Biglietti in vendita al Teatro Nuovo (dal lunedì al sabato, ore 15.30-19.30) e a Box Office (dal lunedì al venerdì, ore 9.30-12.30 e 15.30-19, e il sabato dalle 9.30 alle 12.30).... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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sciscianonotizie · 2 years
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Intervista – ‘Pasolini, il poeta corsaro’ raccontato da Giuliana Vitali: “Come il capitano Achab da intellettuale ha lottato e nutrito il nostro pensiero critico’
Cinema, poesia, letteratura solo per scandagliare la verità dell’animo umano e delle sue manifestazioni, seguendo l’ottica dell’inchiesta. In Pierpaolo Pasolini c’è sempre stata volontà di comunicare ed insegnare implicitamente ciò che dal mondo aveva imparato. Per questo nel centenario della sua nascita, la rivista letteraria Achab ha scelto di presentare un volume (il dodicesimo), dedicato all’illustre bolognese. Il direttore e fondatore Nando Vitali ha così selezionato proiezioni e letture degli scritti di Pasolini per i napoletani, in una presentazione della rivista letteraria, svolta lo scorso 22 maggio, nel Convento di San Domenico Maggiore a Napoli. 
Alla voce della caporedattrice di Achab, Giuliana Vitali, è stato affidato il compito di lasciare percepire ai lettori, l’importante attualità del messaggio pasoliniano, elaborato da un vero poeta corsaro che ha fatto della cultura sua unica ragione di vita, dividendosi tra consenso e dissenso pubblico, pur restando indiscusso intellettuale di riferimento per un’Italia intera, come si sottolinea in questa intervista.
L’INTERVISTA A GIULIANA VITALI
– Pasolini, uomo profetico, coraggioso, ma scomodo. Come commenta questa descrizione e che immagine ha lei di una tale pietra miliare della nostra cultura?
Penso che Pasolini sia stato uno dei pochi intellettuali e artisti italiani ad essersi immerso completamente nella realtà che abitava e con la quale si è sempre confrontato talvolta in modo spietato. La indagava, la raccontava attraverso quasi tutti i linguaggi artistici: cinema, letteratura, critica, saggistica, politica, poesia, persino pittura e musica come fosse alla spasmodica ricerca della verità, ai limiti dell’ossessione; come un capitano Achab insomma, in continua lotta contro la Balena Bianca ma che allo stesso tempo lo nutriva. Secondo il mio punto di vista Pasolini non ci dà risposte, né messaggi ma alimenta il nostro pensiero critico provocando in noi dubbi, ci fa porre delle domande sullo stato delle cose intorno a noi, sulle nostre debolezze e incoerenze scardinando di fatto qualsiasi nostra certezza. E questo spesso, ancora oggi, ci rende scomodi sia agli occhi di noi stessi che a quelli dell’altro.
  – Con Achab non si intende dare semplicemente memoria agli scritti pasoliniani, ma si desidera parlare ai giovani e alle coscienze. Nello specifico, attraverso quali letture verrà compiuta una tale operazione?
Il volume che ho curato insieme a mio padre – il fondatore e direttore Nando Vitali –  raccoglie oltre trenta contributi da parte di artisti, intellettuali sia nazionali che internazionali con lo scopo di alimentare il senso critico – proiettato sulla contemporaneità – di ogni lettore attraverso il confronto tra le voci più autorevoli e diverse tra loro. Infatti il pubblico di Achab è sempre stato parte attiva della rivista, partecipe ai dibattiti durante i nostri incontri. Tra gli autori che hanno partecipato c’è chi ha affrontato temi sociali come l’attivista polacca Elżbieta Jachlewska sull’aborto (in risposta al famoso scritto di Pasolini sul Corriere della Sera), o lo stato dell’informazione con Angelo Ferracuti (riprendendo gli articoli giornalistici che condannavano Pasolini e i suoi lavori); c’è chi ha raccontato la Roma delle case popolari come Ascanio Celestini per esempio o, come Filippo La Porta, ha indagato le controversie di Pasolini attraverso un saggio critico e ancora Andrea Carraro con un’intervista immaginaria – semiseria a Pier Paolo Pasolini; ci sono anche storie di “vite violente” come quella autobiografica di Carmelo Musumeci o come il racconto “Le ceneri di Kafka” di Paolo Restuccia. Non manca la poesia come quella della somalo-pakistana Shirin Ramzali Fazel. Tutto il volume è inoltre stato illustrato con oltre dieci disegni dall’artista Senzarumore – alias Bruna Iacopino.
 – Pasolini, il poeta corsaro. Perché questa immagine e se oggi si trovasse a confronto con il nostro, cosa gli chiederebbe e su quale argomento disquisirebbe?
Ha vissuto il suo tempo in modo critico con gli occhi di un poeta. Mi viene in mente  quell’illuminante saggio di Quasimodo al Nobel che parlava dei poeti che più degli altri sono sempre stati scomodi al potere; li temono quando la loro voce raggiunge profondamente i diversi strati sociali, quando cioè dalla lirica o dall’epica si rivelano, oltre alle forme, anche i contenuti. Quindi di una realtà tragica.
Era un uomo così imprevedibile che cercare di immaginare un suo pensiero sugli accadimenti e lo stato delle cose di oggi sarebbe forse inutile.
 – Relativamente alla deriva del pensiero che Pasolini aveva preventivato, cosa la cultura è chiamata oggi a fare e soprattutto, come dovrebbe veicolare i messaggi pasoliniani?
La Cultura, e quindi soprattutto l’intellettuale, ha una responsabilità civile, sociale ed è soprattutto di carattere universale al di fuori di ogni provincialismo. Secondo me è necessario che si forniscano gli strumenti che incoraggino alla formazione del libero pensiero, alla presa di coscienza dell’essere dentro alla Storia sfuggendo così anche a una certa pigrizia mentale che spesso ci attanaglia. Ma questo è anche la conseguenza di un mondo culturale accademico e di vecchia guardia – pur facendone parte molti giovani –  che di fatto esclude, annoia cercando un mero indottrinamento anziché l’inclusione e l’interazione con le nuove generazioni.
 – Oltre Pasolini, cosa resta oggi di un’anima delicata ma incompresa? Quali altre iniziative intende portare avanti (se ce ne sono) per contribuire meglio a definire la presentazione del pensatore più moderno che ci sia?
Stiamo lavorando sia con le Istituzioni municipali, comunali, scolastiche, biblioteche sia con alcuni spazi sociali presenti sul territorio. Attraverso la figura di Pasolini cerchiamo di dare più ampio respiro ai dibattiti e alle diverse forme artistiche includendole negli incontri che organizziamo; dalla proiezione di cortometraggi a mostre che accolgono le illustrazioni legate alla rivista, o da momenti musicali a quelli recitativi. In uno degli incontri a Roma per esempio, alla Casa della Cultura di Torpignattara, abbiamo ospitato l’attore e autore teatrale Nicola Vicidomini – presente anche con un suo scritto in Achab –  che, con una sua originale performance ha recitato “Siamo la forza del Passato” e un suo testo originale ispirato a Pasolini. Abbiamo tante idee che cercheremo di realizzare insieme con tutta la redazione, agli amici e lettori che ci sostengono.
source https://www.ilmonito.it/intervista-pasolini-il-poeta-corsaro-raccontato-da-giuliana-vitali-come-il-capitano-achab-da-intellettuale-ha-lottato-e-nutrito-il-nostro-pensiero-critico/
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lamilanomagazine · 2 years
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Fano (PU), il “Cinema in spiaggia” di Cinefortunae 2022
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Fano (PU), il “Cinema in spiaggia” di Cinefortunae 2022. Continua con "Cinema in Spiaggia" la programmazione di CineFortunae. Capolavori Restaurati by the Sea in avvicinamento alle giornate della Rocca Malatestiana (3-7 agosto) dove si svolgerà la parte principale della manifestazione dedicata al grande cinema en plein air, in programma a Fano fino all'11 settembre. Cinque serate di proiezioni (inizio ore 21.15), dal 19 luglio al 9 agosto, in altrettanti stabilimenti balneari del litorale fanese che seguono il filo conduttore di questa terza edizione: l'omaggio a Tognazzi, Pasolini e Gassman nel centenario delle loro nascite. In programma due film che hanno regalato al pubblico tra le più iconiche interpretazioni dei due grandi attori e, per omaggiare il Poeta di Casarza, tre opere di registi contemporanei nelle quali è impresso forte il 'segno pasoliniano’. Programma  Martedì 19 luglio, Bagni Lido 2, "Non essere cattivo" di Claudio Caligari con Alessandro Borghi e Luca Marinelli. Film postumo del regista di Arona che entusiasmò e scosse la platea della Mostra del Cinema di Venezia del 2015, tre mesi dopo la sua scomparsa a 67 anni. "Un apologo morale, duro e commovente, sulla periferia e sugli ultimi, in una storia di degrado tossico e insieme di umanità profonda che si richiama deliberatamente al modello pasoliniano e insieme lo reinterpreta con straordinario talento" come si legge sul sito del centro studi Pier Paolo Pasolini. Nominato ai David di Donatello e ai Nastri d'Argento, il film fu scelto per rappresentare l'Italia agli Oscar. Martedì 26 luglio, Bagni Carlo, "Dogman" di Matteo Garrone con Marcello Fonte e Edoardo Pesce. Ultrapremiato film del 2018 - in totale 19 premi tra David di Donatello, Nastri d'Argento, European Film Awards e Festival di Cannes – restituisce una lettura 'pasoliniana' del dolore, raccontando la storia di degrado di Marcello, baraccato della borgata romana del Mandrione, luogo di "pura vitalità" come lo definì lo stesso Pasolini, dove coesistono "violenza e bontà, malvagità e innocenza, malgrado tutto”. Venerdì 29 luglio, Bagni Torrette, 'Omaggio a Ugo Tognazzi - Tognazzi 100', "La voglia matta" di Luciano Salce con Ugo Tognazzi e Catherine Spaak. Uscito nel 1962, è uno dei primi film che indaga il comportamento dei giovani degli anni '60 nel rapporto con le figure d'autorità. Grande prova d'attore di Tognazzi che s'invaghisce della 'lolita' interpretata dalla Spaak. Negli anni il titolo è diventato un iconico modo di dire e il film uno dei cult della storia della commedia all'italiana. Martedì 2 agosto, Bagni Café Arzilla, "La terra dell'abbastanza" di Fabio e Damiano D'Innocenzo con Andrea Carpenzano, Milena Mancini, Max Tortora. Protagonista ancora la periferia di Roma nel film d'esordio dei due fratelli romani (tra i produttori Valerio Mastandrea) che si fece ben notare al Festival di Berlino 2018. Due ragazzi di borgata a tarda notte non si fermano dopo aver investito a morte un uomo: comincia così il loro viaggio verso l'inferno. La terra dell'abbastanza è il folgorante esordio dei più talentuosi, premiati e acclamati tra i registi della nuova generazione italiana. Martedì 9 agosto, Bagni Imperial Beach a Ponte Sasso, 'Omaggio a Vittorio Gassman - Gassman 100', "Profumo di donna" di Dino Risi con Vittorio Gassman, Alessandro Momo, Agostina Belli. Un soldatino in licenza accompagna a Napoli un capitano in congedo rimasto cieco per lo scoppio di una granata. Durante il viaggio il giovane scoprirà che dietro la maschera di sarcastico viveur, il capitano nasconde un ultimo, inconfessabile desiderio. David di Donatello 1975 per Vittorio Gassman e Dino Risi, due candidature agli Oscar nel 1976. Una delle interpretazioni più straordinarie e uno dei film più amati dallo stesso Gassman. Il ciclo di proiezioni è in collaborazione con Bagni Lido 2, Bagni Carlo, Bagni Torrette di Torrette di Fano, Bagni Café Arzilla, Bagni Imperial Beach di Ponte Sasso. Ingresso gratuito senza prenotazione.... Read the full article
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lamilanomagazine · 2 years
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Fano (PU), torna la rassegna di cinema CineFortunae
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Fano (PU), torna la rassegna di cinema CineFortunae. Torna a Fano (PU), con una lunga serie di eventi, dal 13 luglio all'11 settembre, CineFortunae - Capolavori Restaurati by the Sea, la rassegna di cinema promossa da FanoFellini e dall'Associazione La Locura, con il contributo del Comune di Fano Assessorato alla Cultura, in collaborazione con Cineteca Bologna e con il sostegno di Profilglass, Arbo, BCC Banca di Credito Cooperativo di Fano, Schnell.  Dopo l'omaggio a Federico Fellini nel 2020 e quello a quattro straordinarie interpreti del nostro cinema (Giulietta Masina, Anna Magnani, Sophia Loren e Monica Vitti) nel 2021, l'edizione 2022 vedrà protagonisti Pier Paolo Pasolini, Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, in occasione del centenario della loro nascita. Raccontare il nostro paese, farlo attraverso l'arte più popolare e immediata, il cinema, farlo partendo da una partnership prestigiosa, quella con la Cineteca di Bologna, e farlo con un duplice obiettivo, coinvolgere le giovani generazioni e portare durante l'estate fanese il cinema en plein air con proiezioni ad alto impatto emotivo, questo è CineFortunae - Capolavori Restaurati by the Sea.  Rispetto al passato aumentano le proiezioni cinematografiche nella convinzione che anche così, moltiplicando le occasioni di cinema all'aperto, portando i giovani e il pubblico tutto, turisti compresi, a riappropriarsi di quel piacere unico che è la visione condivisa su un grande schermo, una manifestazione come CineFortunae possa nel suo piccolo anche essere di supporto al comparto delle sale cinematografiche, affinché possano davvero ripartire e continuare a scandire le nostre vite attraverso il cinema e i suoi grandi protagonisti come lo sono stati per la nostra cultura Pasolini, Gassman e Tognazzi.  Non solo cinema però, il format di CineFortunae parte dalla settima arte per abbracciare ogni anno le altre arti: quest'anno saranno la musica, il teatro, e l'enogastronomia partendo dalla passione per la cucina di Ugo Tognazzi. Dal 3 al 7 agosto gli eventi clou di CineFortunae: il cinema alla Rocca Malatestiana (inizio ore 21.15), la cui formula si compone di proiezioni con incontri e contributi extra, e il Concerto all'Alba in spiaggia. Si comincia il 3 agosto con "Amici miei" di Mario Monicelli interpretato da Ugo Tognazzi con Philippe Noiret, Gastone Moschin, Adolfo Celi, Milena Vukotic e Duilio Del Prete. Giovedì 4 agosto è dedicato a Vittorio Gassman con il film "C'eravamo tanto amati" di Ettore Scola, Gassman protagonista insieme a Stefania Sandrelli, Nino Manfredi, Stefano Satta Flores e Aldo Fabrizi.  La figura di Pier Paolo Pasolini verrà raccontata il 5 agosto da uno degli amici e attori che gli sono stati più vicini, Ninetto Davoli, ospite di un incontro aperto al pubblico (alle 19.30, a cura di Carolina Iacucci), e alla sua presenza a seguire proiezione di "Uccellacci e Uccellini" di cui fu interprete al fianco di Toto'. Ancora un omaggio a Pasolini sabato 6 agosto con la visione di "Mamma Roma" che vede sullo schermo la grande Anna Magnani con Ettore Garofalo e Franco Citti. Alle 5.30 di domenica 7 agosto ai Bagni Café Arzilla, Concerto all'Alba in spiaggia "Tutto il mio folle amore", canzoni e memorie del cinema degli anni '60/'70 con Elisa Ridolfi, voce, Riccardo Bertozzini, chitarra classica, e Matteo Moretti, basso. Al cinema alla Rocca si aggiunge Cinema in spiaggia che vedrà omaggi a Gassman e Tognazzi e la proiezione di tre film recenti, espressione dell'eredità del cinema pasoliniano. Cinque proiezioni (inizio ore 21.15) in altrettanti stabilimenti balneari del litorale fanese: 19 luglio, Bagni Lido 2, "Non essere cattivo" di Claudio Caligari con Alessandro Borghi e Luca Marinelli; 26 luglio, Bagni Carlo, "Dogman" di Matteo Garrone con Marcello Fonte e Edoardo Pesce; 29 luglio, Bagni Torrette – Torrette di Fano, "La voglia matta" di Luciano Salce con Ugo Tognazzi e Catherine Spaak; 2 agosto, Bagni Café Arzilla, "La terra dell'abbastanza" di Fabio e Damiano D'Innocenzo con Andrea Carpenzano, Milena Mancini e Max Tortora; 9 agosto, Bagni Imperial Beach - Ponte Sasso, "Profumo di donna" di Dino Risi con Vittorio Gassman, Alessandro Momo e Agostina Belli. Gli appuntamenti con il Teatro sono curati da Teatro Linguaggi e legati al cinema di Pier Paolo Pasolini. Il primo in ordine cronologico è quello che apre l'intera programmazione di CineFortunae: mercoledì 13 e giovedì 14 luglio alle 21.30 al Chiostro di Sant'Agostino gli allievi del Laboratorio Teatro Linguaggi portano in scena "Teatro Decameron 'di ciò che di vero esiste al mondo'. Da Boccaccio a Pasolini" ispirato al capolavoro del Boccaccio e alle suggestioni del film di Pasolini (posti limitati solo su prenotazione). Lunedì 1 agosto al Bastione Sangallo doppio appuntamento: alle 19.30 "Pasolini padre selvaggio", presentazione del video 'Appunti per un Padre Selvaggio' e reading di Fabrizio Bartolucci dalla sceneggiatura di "Il padre selvaggio" scritta per un film che non fu mai realizzato; a seguire (ore 21.15) proiezione di "Porcile" di Pier Paolo Pasolini con Pierre Clémenti, Jean-Pierre Léaud, Ninetto Davoli e Ugo Tognazzi. Due gli eventi legati a Cucina e dintorni. Mercoledì 20 luglio all'Arena BCC (inizio proiezione alle 21.30), in omaggio a Tognazzi attore e cuoco appassionato, Spaghetti e Cinema, cena con proiezione del film "Il magnifico cornuto" di Antonio Pietrangeli con Tognazzi e Claudia Cardinale (ingresso Cena + Cinema su prenotazione a pagamento). Chiude CineFortunae 2022 l'Evento a sorpresa in collaborazione con Brodetto Fest al Lido di Fano domenica 11 settembre alle 21.15 nell'ambito della ventesima edizione della manifestazione dedicata ad uno dei piatti principi della gastronomia fanese. L'ingresso a tutti gli eventi è gratuito e senza prenotazione.  Eccetto per: 13 e 14 luglio "Teatro Decameron" solo su prenotazione al 388 4939900.  Eccetto per: 20 luglio "Spaghetti e Cinema", ingresso Cena + Cinema € 10, cena su prenotazione entro le ore 12:00 del 20 luglio via email agli indirizzi [email protected] e [email protected]; ingresso solo Cinema intero € 6, ridotto € 5. Per info: [email protected] Il programma potrà subire variazioni. Per aggiornamenti: cinefortunae.it  ... Read the full article
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gregor-samsung · 2 years
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“ Uno dei temi più misteriosi del teatro tragico greco è la predestinazione dei figli a pagare le colpe dei padri. Non importa se i figli sono buoni, innocenti, pii: se i loro padri hanno peccato, essi devono essere puniti. È il coro — un coro democratico — che si dichiara depositario di tale verità: e la enuncia senza introdurla e senza illustrarla, tanto gli pare naturale. Confesso che questo tema del teatro greco io l'ho sempre accettato come qualcosa di estraneo al mio sapere, accaduto «altrove» e in un «altro tempo». Non senza una certa ingenuità scolastica, ho sempre considerato tale tema come assurdo e, a sua volta, ingenuo, «antropologicamente» ingenuo. Ma poi è arrivato il momento della mia vita in cui ho dovuto ammettere di appartenere senza scampo alla generazione dei padri. Senza scampo, perché i figli non solo sono nati, non solo sono cresciuti, ma sono giunti all'età della ragione e il loro destino, quindi, comincia a essere ineluttabilmente quello che deve essere, rendendoli adulti. Ho osservato a lungo in questi ultimi anni, questi figli. Alla fine, il mio giudizio, per quanto esso sembri anche a me stesso ingiusto e impietoso, è di condanna. Ho cercato molto di capire, di fingere di non capire, di contare sulle eccezioni, di sperare in qualche cambiamento, di considerare storicamente, cioè fuori dai soggettivi giudizi di male e di bene, la loro realtà. Ma è stato inutile. Il mio sentimento è di condanna. I sentimenti non si possono cambiare. Sono essi che sono storici. È ciò che si prova, che è reale (malgrado tutte le insincerità che possiamo avere con noi stessi). Alla fine — cioè oggi, primi giorni del '75 — il mio sentimento è, ripeto, di condanna. Ma poiché, forse, condanna è una parola sbagliata (dettata, forse, dal riferimento iniziale al contesto linguistico del teatro greco), dovrò precisarla: più che una condanna, infatti il mio sentimento è una «cessazione di amore»: cessazione di amore, che, appunto, non dà luogo a «odio» ma a «condanna». Io ho qualcosa di generale, di immenso, di oscuro da rimproverare ai figli. Qualcosa che resta al di qua del verbale: manifestandosi irrazionalmente, nell'esistere, nel «provare sentimenti». Ora, poiché io — padre ideale — padre storico — condanno i figli, è naturale che, di conseguenza, accetti, in qualche modo l'idea della loro punizione. Per la prima volta in vita mia, riesco così a liberare nella mia coscienza, attraverso un meccanismo intimo e personale, quella terribile, astratta fatalità del coro ateniese che ribadisce come naturale la «punizione dei figli». Solo che il coro, dotato di tanta immemore e profonda saggezza, aggiungeva che ciò di cui i figli erano puniti era la «colpa dei padri». Ebbene, non esito neanche un momento ad ammetterlo: ad accettare cioè personalmente tale colpa. Se io condanno i figli (a causa di una cessazione di amore verso di essi) e quindi presuppongo una loro punizione, non ho il minimo dubbio che tutto ciò accada per colpa mia. In quanto padre. In quanto uno dei padri. Uno dei padri che si son resi responsabili, prima, del fascismo, poi di un regime clerico-fascista, fintamente democratico, e, infine, hanno accettato la nuova forma del potere, il potere dei consumi, ultima delle rovine, rovina delle rovine. “
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Brano tratto dallo scritto I giovani infelici (inedito, al primo posto nella cartella Lettere luterane della Biblioteca Nazionale di Roma) raccolto in:
Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane; 1ª edizione originale 1976.
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gregor-samsung · 2 years
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“ L'intera tipologia dei ragazzi di vita, le loro fisiognomiche descrizioni, rimandano alla tradizione iconografica, da Caravaggio ai Macchiaioli, ad un colorismo affondato nella ritrattistica italiana: fermati, irrealizzati come quadri, con qualcosa di bloccato anche nella massima scompostezza, i loro volti paiono trattati a lacca, lucidi come un miraggio. Si badi, questo non è il procedimento tipico di certa narrativa classica, secondo il quale la descrizione "si ispira" a un quadro per trovare un fondamento, o nell'autorità del dipinto oppure nella maggiore "verosimiglianza" della pittura (già data in anticipo e tutta presuntiva, secondo uno scatto ideologico fondato sul principio dell'arte-rappresentazione). Ragazzi di vita non si ispira, magari occultamente, alla pittura, ma cita direttamente ed esplicitamente la sua tecnica: la pittura non è un riferimento esterno ma entra nel testo, facendo finta che proprio il testo sia costruito coi colori, coi pennelli. La pagina pasoliniana si presenta come quadro, esibendo tutta la relativa terminologia tecnica, con il risultato finale di escludere dall'omologia ogni intenzione rappresentativa, ogni trasparenza realista: la pagina diventa pagina-quadro allo scopo di mostrare la propria totale finzione, di mostrarsi come spettacolo innaturale, schermo visionario.
Funziona allo stesso modo l'altra grande omologia extra-romanzesca a cui il romanzo si appella: lo spettacolo teatrale. I movimenti, i dialoghi, si cristallizzano entro una forma esibita di recitazione, di scenografia, che li denuncia come falsificati: la vita dei ragazzi diventa un vastissimo trucco. Pensiamo a una serie di battute [...] dove ognuno prepara con cura la sua « sparata », dove tutto è « forzato » e sottolineato dalla piú rigida convenzionalità. Un vero e proprio pubblico è indispensabile alle battute dei ragazzi, una persona in qualche modo esterna al dialogo che funzioni da spettatore: tutti parlano, bloccati nelle loro maschere, solo per farsi sentire da un terzo, si atteggiano in pose per essere osservati, per affascinare (e ritroviamo nel testo, ancora una volta, il meccanismo retorico). Un esempio che vale per tutti è la grande scena del capitolo quinto (Le notti calde), il lungo incontro in piena notte dei ragazzi, reduci da un furto, con un vecchio, ladro anche lui per necessità. Tutto diventa un gioco di sguardi, una fitta regia di fermate, di passi, di falsi movimenti, nella lunga camminata notturna, e ognuno dei ragazzi alternativamente funge da pubblico agli altri due. In uno scambio vertiginoso delle parti, da attore a spettatore, nessuno rinunzia all'acquisizione cosciente della propria parte: “Il Lenzetta guardava rossastro il Riccetto, soddisfatto e ridacchiando fece, con un cenno del capo verso Alduccio: « Forza, schiavo. » Pure il Riccetto a quella sparata ridacchiò, e, sentendosi fijo de na mignotta associato, s'illuminò tutto; quello non chiedeva di meglio, e l'occhio gli brillò astutamente, perché, pur facendo la parte dello stronzo, non era che rinunciasse del tutto a far capire che, tra loro, s'erano capiti”. Tutto è spettacolo, osservato dalla canonica distanza tra pubblico e palcoscenico. “
Rinaldo Rinaldi, Pier Paolo Pasolini, Ugo Mursia Editore (collana Civiltà letteraria del Novecento - Profili N. 40), 1982¹; pp. 163-64.
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