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#la terra desolata
yourtrashcollector · 10 months
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18 giugno 1922, T S Eliot a casa di Virginia Woolf per la lettura del The waste land
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marcogiovenale · 1 year
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"1922 - afterlives - ulysses and the waste land in..." @ la sapienza, 13-14 aprile
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kuromiwriter · 16 days
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UN TAVOLINO DI VETRO SULLA LUNA
C'era una volta un tavolino sulla luna,
una luna rocciosa e grigia come il fango.
Miriadi di pozzanghere
si distendevano sulla superficie lunare come specchi rotti.
Accanto alle pozzanghere violacee
si situava un vecchio e scheggiato tavolino di vetro.
Un tavolino ricoperto di specchi:
specchi frammentati e sporchi di polvere lunare.
Ma la sporcizia traspariva a malapena
sul riflesso del cielo, nero come la pece.
Il cupo e secolare tavolino giaceva
tra quelle pozzanghere violacee dall'odore di zolfo e vernice fresca.
Ma cosa ci faceva davvero un tavolino
sulla luna?
e chi l'aveva costruito un tavolino di vetro ricoperto di specchi?
Che senso ha un tavolino così particolare e senza sedie?
perché mai portare un tavolino in una luna inabitata e spenta?
Era un logoro e secolare tavolino
nato dal dolore e dalla disperazione.
La disperazione di una luna malata
che sarà infelice per sempre.
Permanevano i ricordi amari,
sgualciti come pagine di giornale strappate e annegate nel caffè bollente.
Aveva appena conosciuto
la sua stella magnifica
quando la luna vuota iniziò a brillare.
Il sole amava la luna,
come un drago fedele riscaldava la principessa che sognava la luce.
Il sole donava la sua luce infuocata
alla sua fredda amata..
spegnendosi con il passare del tempo.
Lei era diventata spettacolare,
adesso brillava più di un diamante e
tutte creature dell'universo iniziarono ad innamorarsi di lei.
Nella Terra gli esseri umani le dedicarono poesie e sinfonie,
gli artisti iniziarono a dipingerla,
i lupi ululavano
e gli animali si addormentavano dolcemente ammirandola come una musa.
Ma lei non faceva altro
che disprezzare se stessa.
odiava la sua oscurità originaria
e pensava che l'universo fosse un'innata menzogna.
Lei non era mai stata veramente felice,
nata nella tenebra sentiva l'oscurità anche nella luce più disparata.
Fragile come una sfera di cristallo
guardava malinconica il sole
che le sorrideva dolcemente.
La luna si sentiva una creatura orribile,
nonostante il suo amato le stesse regalando la sua esistenza.
Lei non fece altro che lasciarsi trascinare dalle tenebre dell'universo
che bramavano la sua luce.
Il sole stava per spegnersi,
ma decise di non morire per lei e raccolse la sua poca luce per poi trasferirsi in un'altra galassia.
Il sole non meritava la sofferenza della luna immersa nelle tenebre.
Rimasta sola la luna tornò al buio
e scomparve nell'universo.
Avvolta nelle tenebre pianse sprazzi di zolfo e vapori chimici:
senza il sole adesso si sentiva morire.
Si rese conto di quanto spregevole e meschina fosse stata
e cadde in un oblio eterno di tormento.
La luna si sentiva desolata e schiacciata dal suo dolore incombente,
senza il sole non era altro che un dado senza numeri lanciato nell'oscurità.
Con il passare del tempo creò dalle sue lacrime un tavolino di vetro,
ricoperto di specchi di cristallo puro.
La luna decise di crearne uno ogni anno
fino a ricoprire l'intera superficie lunare di tavolini di cristallo.
Codesti erano il ricordo eterno
del suo amante perduto,
sperava vanamente nel suo ritorno...
ma ormai il sole si era inabissato in un'altra galassia dove miriadi di pianeti e satelliti lo meritano davvero.
Ma adesso la luna con l'oblio degli anni era diventata una sfera di cristallo totalmente coperta di specchi,
specchi che nemmeno si scorgevano riflettendo l'oscurità del cielo tenebroso.
La luna era invisibile nel cielo,
ma sperava ogni giorno in suo ritorno.
Quando il sole sarebbe tornato con la sua luce infuocata avrebbe ammirato per sempre l'incantevole spettacolo
di una luna di fuoco.
Se il sole tornasse da lei non smetterebbe mai di spegnersi,
perché guarderebbe nella luna la perfezione della sua stessa luce.
Ma ormai era troppo tardi...
la lancette erano scadute
e si fermarono nell'oblio di un'eterna disperazione.
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susieporta · 9 months
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Se il tuo cuore è gonfio di affanni,
e i fumi amari della confusione
bombardano la testa dolente, squinternata,
socchiudi per un attimo i tuoi occhi,
e dolcemente inizia a respirare, ascolta il tuo respiro,
con dolcezza, ti prego, con dolcezza,
conta così i tuoi prossimi sette respiri,
lasciati respirare, dolcemente,
e conta sette e poi altri sette respiri, senza fretta,
avrai almeno 5 minuti per darti cura di te, e stare meglio,
almeno un po' meglio, spero ......
lasciati andare un po' di più
ad ogni espiro, molla la presa mentale, molla il tuo dolore,
il peso insopportabile dei giorni,
molla gli ormeggi, e va', prendi il tuo largo, torna a viaggiare.
Magari conta adesso altri sette respiri,
ancora più dolci, più dolci, e rallentati,
e poi vedrai,
la vita ritorna a circolare, il Regno dei mari dei mari
ritorna a parlarti, ad ispirare
la tua mente nuovamente soleggiata,
e anche la terra, questa terra così desolata,
ritorna a pulsare in te
come una dimora amabile
da abitare.
Marco Guzzi
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
LA PRIMA SCIENZA
"Flatus vocis" perso in una terra desolata. Qual è dunque l'origine del mito? L'essere umano e le sue domande: la coscienza infelice evocata nelle pagine di Hegel. Ogni quesito, un abisso. Lascito per chi verrà: la catena delle generazioni che fonderà il pensiero scientifico. Ma l'uomo, in attesa, forma la traccia: l'istanza muta in racconto. Giace. Come soffio del tempo. Fu scienza, con i mezzi possibili. Oggi, noi che siamo chiamati testimoni, sorridiamo. Stolti. Inconsapevoli della profondità dell'atto narrativo: struggente consapevolezza di mondi silenziosi evocati in immagini destinate al futuro. Il senso di essere stati diventa dono: fissa il punto per custodire la domanda dell'inizio. La scienza nasce lì. "Scienza dell'esperienza della coscienza": questo il titolo originario della più conosciuta opera di Hegel, la "Fenomenologia dello spirito". Così, nella riflessione del filosofo di Stoccarda, tutto divenne chiaro. Ma il concetto si perde: la potenza della parola corre verso il buio. Al contrario, la figura, silenziosa quanto l'essenza del suo oggetto, illumina e riscopre. L'arte è carne viva sulla quale rimane impressa la ferita dell'origine.
- Bernardo Strozzi (1581 - 1644): "Le tre parche", 1635 circa, collezione Bonomi, Milano - Angelo Morbelli (1853 - 1919): "Le parche", 1904, collezione privata
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bones39 · 2 months
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Felice di vedermi in una terra desolata, così ch io spiccassi il volo prima degli altri, quando tutto è ancora in partita, come Martino e milioni di altre vite veloci, nessuno si fermerebbe più d un attimo a constatare la mia assenza. Essa già esiste. Per tutti fuorché per mamma.
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inconsutile · 11 months
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Il poema di chi guarda la Terra desolata attorno a sé e dentro di sé ma non ha voluto accontentarsi della sazietà della sua polvere, sceglie la sete e da essa si fa guidare verso una morte da cui Dio non vuole salvarti. Il seme muore e il germoglio squarta la terra. Aprile è il mese più crudele.
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a--piedi--nudi · 5 months
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La casa desolata
Conosco la casa deserta, disertata dalla luce, nel folto degli alberi, così appare tra frantumi di memoria piatta come la scenografia primaverile su un palcoscenico, progredì il coraggio, tornai a casa; fu limpido il cammino, ne sapevo le intimità; ho sfidato le felci, sfondato il legno, fino alla torre con la banderuola: visitai il luogo che credevo di non vedere mai più.
Districando i sentieri remoti tra albero e albero subacqueo sottobosco fino a quella follia che crolla dove abbiamo giocato insieme, io e mio fratello, e l’altro che morì per sua stessa mano, un altro fratello per me. Ma la follia è sciamata; mi inchino per terra su ciò che resta: slabbrata lastra di pietra, una lapide.
E gli spettri si levano: bambini che trottano intorno a me, di nuovo bambina – la sola che non è morta.
Una volta mi impauriva la casa desolata, i ruderi, gli alberi e le radure nel bosco, timore del giardino abbandonato, perché nessuno era più vivo, e un altro fantasma, di chi mi ha dato la vita – spettro tra tutti il più temuto – vagabondava, silente, per sempre solo, lungo il lago, uomo che nessuna donna ha mai compreso.
Tornai un’altra volta nella casa, tra i pertugi del giardino, con colui che amo; dicevo: “Vieni, sfidiamo la casa di cui un tempo avevo così paura”. Siamo passati per una finestra, fermi sul vecchio pianerottolo vuoto, come lo ricordavo, che un bimbo varcava per andare a letto – mi sono incuneata in un angolo, sola, a fissare le stelle, che mi impaniavano di stupore, terrore d’infinito. Lungo le scale sfondate inseguimmo i morti. Nella stanza dei bambini, cupa, gridai: “Lì c’era il letto dove mi picchiava, mi legava quando piangevo, di notte, presa dall’orrore…”
…e mi abbracciò a lungo nel mio abisso, colui che amo, sussurrava: “Qui è la salvezza, la risposta, il perdono”. Da allora gioco con gli spettri della casa e in giardino, nei sogni, quando il sonno dilaga.
Dorothy Wellesley
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valentina-lauricella · 8 months
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Da Inno al Redentore
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Tutto chiaro ti fu sin dall'eterno quel che aveva da soffrire quest'infelice umanità, ma lascia ora ch'io t'abbia per testimone personale dei nostri immensi affanni.
O Uomo-Dio, pietà di questa misera vita che tu provasti.
Le antiche fole finsero che Giove, venendo al mondo, restasse irritatissimo dalle malvagità umane e mandasse il diluvio. Era allora la nostra gente assai meno afflitta, perché non conosceva per intero il proprio dolore e il proprio difficile cammino, e ai poeti parve che la vista del mondo dovesse muovere gli dèi più a ira che a pietà.
Ma noi, poi che fatti così dolenti, pensiamo che la tua visita ti debba aver mosso a compassione. E già fosti veduto piangere sopra Gerusalemme. Era in piedi questa tua patria (giacché tu pure volesti avere una patria sulla Terra) che sarebbe stata distrutta e fatta desolata. Così tutti siamo fatti per renderci infelici e distruggerci reciprocamente, e l'impero romano fu distrutto, e Roma saccheggiata, ed ora anche la nostra misera patria... (vedi Canzone All'Italia)
Tu sapevi già tutto ab eterno, ma permetti all'immaginazione umana che noi ti consideriamo come più intimo testimone delle nostre miserie. Tu hai provato questa vita nostra, tu ne hai assaporato il nulla, tu hai sentito il dolore e l’infelicità del nostro essere.
Pietà di tanti affanni, pietà di questa povera creatura tua, pietà dell'uomo infelicissimo, di quello che hai veduto, pietà del genere tuo, poiché hai voluto avere comune la stirpe con noi, esser uomo anche tu.
Ora vado tutto il giorno errando di speranza in speranza, e mi scordo di te, benché sempre deluso dal bene terreno che mi sfugge o, una volta che l'abbia conseguito con molte fatiche, non mi soddisfa.
Tempo verrà che io, vedendo che non mi resta altra luce di speranza, altro stato a cui ricorrere, porrò tutta la mia speranza nella morte, e allora ricorrerò a te.
Abbi, allora, misericordia.
(Libera rielaborazione da Abbozzo di Inno al Redentore, di G. Leopardi)
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blacklotus-bloog · 1 year
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Che conoscenza hai per parlare di casa mia! In casa mia è nato l'Ordine Teutonico e prima di lui il suo Fondatore, nella mia Terra sono passati i Borbone. La terra dove io cammino sarà pure desolata ma profuma di regalità. Dammi retta la cultura è un'altra cosa.
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GIUSEPPE TATARELLA
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gonagaiworld · 1 year
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Trigun Stampede presenta la 15ª concept art di Kouji Tajima L'immagine è così descritta: "Un uomo solitario che vaga per la terra desolata". Info:--> https://www.gonagaiworld.com/trigun-stampede-presenta-la-15a-concept-art-di-kouji-tajima/?feed_id=317548&_unique_id=6371ec446e4bd #KoujiTajima #StudioOrange #Trigun #TrigunStampede #YasuhiroNightow #トライガン
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marcogiovenale · 2 years
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waste land 1922: delle iniziative a roma
https://www.festaditeatroecologico.com/about-6
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Dicevo, il grosso problema è che manca un’età alla vita. Guarda tutta questa gente che trasmuta dalla condizione di odiosissimi bambini a quella degli adolescenti che scrivono le storie erotiche su Wattpad e poi diventano adulti noiosi e si occupano di famiglia lavoro e soldi... vedi, manca proprio qualcosa. Lo spirito infantile e l’intelletto perché diventi complesso e immenso, il tempo in cui leggere La Terra Desolata con un allegro pianto negli occhi, il sentimento d’irrilevanza degli immortali.
Dicevo: guarda, ci sono modi divertenti per essere infelici. L’importante è cogliere la contraddizione, le tenere imprecisioni. 
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princessofmistake · 4 days
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C’è una poesia di Jane Kenyon che amo. Sono tre strofe, dieci versi in tutto, piuttosto cupi. La poesia si intitola Nella casa di cura; nel testo paragona la vecchiaia a un cavallo selvaggio che corre tracciando cerchi sempre più piccoli, fino a quando i cerchi scompaiono. Da adolescente, avevo l’impressione che questa poesia rappresentasse in modo perfetto la sensazione di soffocamento della mia infanzia, la terra desolata e impervia di cerchi sempre più stretti in cui abitavo. A volte mi sentivo come se vivessi in un mondo mio, al di fuori del mondo esterno, senza una vera relazione con nessuno o con qualsiasi cosa, come se le imbracature invisibili che legavano gli esseri umani a ciò che li circondava si fossero, nel mio caso, disfatte. Ero abituato a vivere disancorato, a calarmi senza corda né ancora in una realtà che si restringeva. Tutto ciò che sapevo era che stavo guardando la notte in arrivo, da solo, aspettando diligentemente come il cavallo di Kenyon, di essere recuperato da qualche forza, qualsiasi forza, che potesse reinserirmi nella mia stessa vita.
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SENSI DELL’ARTE - di Gianpiero Menniti 
LA PRIMA SCIENZA
"Flatus vocis" perso in una terra desolata. Qual è dunque l'origine del mito? L'essere umano e le sue domande: la coscienza infelice evocata nelle pagine di Hegel. Ogni quesito, un abisso. Lascito per chi verrà: la catena delle generazioni che fonderà il pensiero scientifico. Ma l'uomo, in attesa, forma la traccia: l'istanza muta in racconto. Giace. Come soffio del tempo. Fu scienza, con i mezzi possibili. Oggi, noi che siamo chiamati testimoni, sorridiamo. Stolti. Inconsapevoli della profondità dell'atto narrativo: struggente consapevolezza di mondi silenziosi evocati in immagini destinate al futuro. Il senso di essere stati diventa dono: fissa il punto per custodire la domanda dell'inizio. La scienza nasce lì. "Scienza dell'esperienza della coscienza": questo il titolo originario della più conosciuta opera di Hegel, la "Fenomenologia dello spirito". Così, nella riflessione del filosofo di Stoccarda, tutto divenne chiaro. Ma il concetto si perde: la potenza della parola corre verso il buio. Al contrario, la figura, silenziosa quanto l'essenza del suo oggetto, illumina e riscopre. L'arte è carne viva sulla quale rimane impressa la ferita dell'origine.
Bernardo Strozzi (1581 - 1644): "Le tre parche", 1635 circa, collezione Bonomi, Milano
Angelo Morbelli (1853 - 1919): "Le parche", 1904, collezione privata
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levysoft · 2 months
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Dallol è il nome di una cittadina dell'Afar, ma anche di un cratere vulcanico dalle caratteristiche uniche.
Descrizione
Situato nel nord-est dell'Etiopia, nella depressione della Dancalia, il cratere è il risultato dell'esplosione di una camera magmatica della Valle del Rift, posta sotto un importante deposito di sale, lasciato dopo che il Mar Rosso si era ritirato da questa depressione. La regione, una vasta landa salina e desertica dove le temperature possono raggiungere i sessanta gradi, è considerato uno dei posti più inospitali della terra.
Questa vasta zona desolata è conosciuta per le sue curiose formazioni geologiche: sorgenti calde acide, montagne di zolfo, coni di sale, piccoli geyser gassosi, vasche di acidi isolate da cornici di cristalli di sale e concrezioni, di evaporiti, di zolfo, di cloruro di magnesio o di soda solidificati. Il tutto su un fondo bianco, giallo, verde o rosso ocra, colori dati dalla forte presenza di zolfo, ossido di ferro, e di vari altri minerali.
Il sito, come i numerosi altri vulcani della zona è il risultato dell'allontanamento della placca araba dalla placca africana con la creazione in prospettiva di un nuovo fondale marino in estensione dal Mar Rosso.
Nella lingua afar, "Dallol" significa "disciolto", in riferimento alle molte sorgenti acide che spesso diventano trappole mortali per animali e uomini.
Storia
L'ultima eruzione, di tipo freatico, del vulcano risale al 1925.
Il vulcano è stato per lungo tempo poco frequentato, al contrario dell'Erta Ale, solo pochi vulcanologi lo avevano esplorato. Solo nel 2001 la zona è stata resa oggetto di visite guidate. Una popolare trasmissione televisiva francese, Ushuaïa Nature, nel 2005 rese nota al grande pubblico questa regione.
Già i primi colonizzatori attraversarono la regione nel XVII e XVIII secolo. Ma l'inospitalità della depressione, il calore insopportabile che vi domina e i pericoli del territorio (vasche acide, emanazione di gas tossici....) non hanno di certo favorito le spedizioni nei dintorni del cratere. Al contrario del vicino vulcano Erta Ale, che era molto più accessibile, in particolare per la sua altitudine.
La regione non è ancora tutelata come parco nazionale, solo il suo isolamento lo protegge dai visitatori. Un progetto di parco è in studio. Oltre alle difficoltà insite nel territorio, la regione è stata poco visitata a causa della guerra tra Etiopia e Eritrea; ancora oggi scontri e incursioni sono frequenti e le eventuali visite turistiche sono fortemente sconsigliate.
Geologia
L'area del vulcano è una vasta landa salina ai cui bordi sorgono molti camini delle fate, occupata da innumerevoli sorgenti calde sulfuree, geysers, fumarole, depositi di sale e zolfo, concrezioni a forma di terrazza e di fontana. Il sale della depressione si mischia ai minerali vulcanici, come lo zolfo, per creare formazioni cristalline uniche al mondo.
In certe sorgenti calde si manifestano delle piccole colate di sale di bisolfiti e di zolfo. I minerali fluiscono da camini e geyser che abbondano nel sito.
Spesso le emissioni dei geyser e delle fumarole sono tossiche. Non di rado si trovano dei cadaveri di piccoli animali, nei piccoli crateri. Inoltre il suolo fragile cela vasche acide che diventano delle vere e proprie trappole per animali e uomini. Altra particolarità, i piccoli geyser, presenti solo in questo luogo. Vi si notano ingiallimenti permanenti di gas sulla superficie degli stagni acidi con concrezioni a forma di spugna formata da cristalli di sale o emissioni di goccioline di acqua calda con strani gorgoglii.
Le formazioni di camini delle fate composti di sale formano i rilievi del cratere, dando al vulcano un aspetto insolito. Queste formazioni geologiche sono state formata quando il Mar Rosso inondò a più riprese la depressione, molte migliaia di anni fa. Le evaporazioni successive dell'acqua marina, hanno formato dei depositi salini imponenti, in parte costituite da colonne di soda.
Il Dallol, a causa delle particolari condizioni del sito, è un vulcano unico nelle sue caratteristiche, anche se il vulcano dell'Erta Ale ha, in parte, forme di emissioni solforose e saline simili.
Attività umana
La regione è completamente disabitata. Solo la popolazione degli Afar vive nelle vicinanze, dedicandosi all'estrazione del sale, che viene poi trasportato a dorso di dromedario nei centri abitati lontani anche centinaia di chilometri dalla depressione. Il potenziale geotermico del sito non è, per il momento, sfruttato.
Nella zona del cratere esiste una città fantasma, sono i resti dell'impianto di estrazione del potassio costruito dall'Italia in epoca coloniale, abbandonato negli anni trenta. Venne riutilizzato dagli americani negli anni cinquanta, come base scientifica e militare. Nel 1928 la Società Mineraria Coloniale italiana installò una linea ferrata Decauville per il trasporto dei sali potassici dai giacimenti di Dallol a Marsa Fatima sul Mar Rosso (Nesbitt Ludovico. La Dancalia esplorata. Bemporad, Firenze 1930). Sulla linea operava anche un’automobile Ford opportunamente modificata.
Il tutto venne completamente abbandonato negli anni sessanta. Resti dell'insediamento sono ancora visibili con intelaiature di ferro corrose e arrugginite dall'umidità acida del vulcano e progressivamente ricoperte da concrezioni prodotte dalle sorgenti calde.
(via Dallol (vulcano) - Wikipedia)
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