Tumgik
#giovani scrittori
Text
se interessa a qualcuno comunque ho creato un gruppo di lettura per l'ultimo libro della trilogia L'ora dei dannati di Luca Tarenzi. Se siete interessati contattatemi
8 notes · View notes
marcogiovenale · 8 months
Text
essere (stati) giovani scrittori oggi / fabrizio venerandi. 2023
found gif @ tumblr Da ragazzo credevo esistesse una generazione di scrittori, critici, poeti e intellettuali precedente alla mia, dei fratelli maggiori diciamo, alla quale mi sarei dovuto rapportare, cosa che ho fatto, credendo che questa generazione avrebbe traghettato la mia e i migliori della mia, quelli che pubblicavano, verso un nuovo ambiente culturale. A quel tempo, tra la fine degli anni…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
centroscritture · 1 year
Text
Tumblr media
Per il ciclo "Nuove Uscite" del CentroScritture, presentazione dei libri "L'assedio della gioia" di Francesco Brancati (Le Lettere, 2022) e "Testimoni" di Emanuele Franceschetti (Nino Aragno, 2022).
Presentano: Giulia Cittarelli Valerio Massaroni
Intervengono gli autori: Francesco Brancati Emanuele Franceschetti
SABATO 17 DICEMBRE 2022 ORE 17.30 Velvet Viale dello Scalo S. Lorenzo, 77 /c – 00185 Roma
Ingresso libero
Info e prenotazioni:
https://www.centroscritture.it/event-details/brancati-franceschetti
Evento Facebook:
0 notes
notizieoggi2023 · 3 months
Video
https://notizieoggi2023.blogspot.com/2024/02/la-poesia-deve-alzare-le-proprie.html La poesia deve alzare le proprie barricate contro l'invasione dell'antiumanesimo Soltanto chi come me, o come qualcuno dei miei lettori, ama davvero la letteratura si rende conto, senza ipocrisia, che nella società odierna e per le attuali classi dirigenti la letteratura è diventata un impiccio, un residuato, qualcosa da portare in cantina a riempirsi di polvere. Oggi è, o sembra, tutto finito. Inutile ricordare agli uomini della politica e dell'economia, qualunque sia il loro colore politico, che se l'Italia non è rimasta una espressione geografica, ed è nata in quanto entità storica e statuale è stato soprattutto perché l'hanno sognata, preconizzata, amata i poeti, da Dante a Petrarca, da Foscolo a Manzoni al giovane Leopardi, da Carducci a D'Annunzio, da Ungaretti a Pasolini. Inutile ricordare che l'Italia è prima di tutto la sua lingua meravigliosa e dorata, è il suo patrimonio inesauribile d'anima, d'arte, di poesia, di musica. Sembra che sia chiaro soltanto tra i pochissimi grandi uomini rimasti in Italia, penso a Riccardo Muti. Sono venuti in odio i modelli eccellenti, erosi da un falso egualitarismo straccione, e dal dominio dei social, dove «uno vale uno» e il primo pirla può impunemente apostrofare un premio Nobel: fenomeno che condannò anche Umberto Eco, non sospettabile certo di simpatie per gli «apocalittici» nemici della modernità. La scuola, disastrata in maniera equanime da governi di sinistra e di destra sino all'abominio grillino dei banchi a rotelle, ha ridotto lo studio della letteratura a pochi autori, spesso soltanto del Novecento, ignorando i classici e il loro splendore e, di fronte ad ancora tanti bravissimi insegnanti, c'è sempre qualcuno (a volte ministri come il non rimpianto Franceschini) che preme per dare più spazio a fumettisti, saltimbanchi, cuochi, comici, rapper, trapper, cantautori, dj, influencer: seguendo pedissequamente ogni moda. Si è inventato il binomio scuola lavoro, come se l'insegnamento invece di formare prima di tutto esseri umani nella loro interezza dovesse formare pizzaioli, con tutto il rispetto per la categoria. Il lavoro della scuola era far crescere il sapere e l'anima del ragazzo, la sua comprensione di se stesso, della società, della storia, del mondo. E niente poteva farlo meglio di quell'antico ma sempre nuovo sistema di conoscenza che è la Letteratura. Niente formava di più e più in profondità che leggere poesie e romanzi, grandi strumenti di educazione al destino. Niente formava di più che il pensiero dei grandi, da Machiavelli a Galileo, da Vico a De Sanctis. Intendiamoci, non è che oggi non ci siano più quelli che scrivono poesie e romanzi. Ormai il 90 per cento degli italiani ha pubblicato un romanzo, i social diffondono a piene mani poesia, e chiamano poesia anche ogni incolpevole vagito e belato sentimentale. Ci sono in giro migliaia di sedicenti autori che scrivono tutti allo stesso modo, carino e insignificante, quasi sempre lontani da ogni scossa metafisica, da ogni senso del mistero, da ogni empito fantastico, e riducono il romanzo a qualche bella frase, a qualche trovata, o a tanto lacrimoso patetismo autobiografico. Eppure in questo mare magnum, dove nessuno distingue più niente da niente, ci sono ancora libri appassionanti e autori veri. Fiorisce la letteratura di genere, dove almeno persistono i temi eterni del male, della giustizia, della verità, e che il mercato premia (cosa che è vano vituperare): io leggo con piacere per esempio Donato Carrisi, e quando mi è capitato di conversare con Maurizio De Giovanni ho toccato con lui temi a me cari come il mito con più vivacità che con autori snobbetti e un po' premiati, magari usciti dalla celebratissima scuola Holden. Poeti veri e grandi, penso ad esempio a Milo De Angelis, esistono ancora. E ogni giorno ricevo testi di giovani che credono nella poesia e scrivono in cerca di nuove forme del vivere e di assoluto. Scrittori di alta qualità ci sono, Sandro Veronesi, Antonio Scurati, Eraldo Affinati, per esempio. E ci sono i critici, penso a Giorgio Ficara, a Alfonso Berardinelli, a Massimo Onofri, a Silvio Perrella, per altro saggisti e scrittori in proprio: ma esiste sempre di meno lo spazio editoriale e istituzionale per esercitare l'importantissimo compito della critica, vagliare la produzione letteraria, individuare i valori più forti, non transeunti, seguire gli autori, sostenere una tendenza. Oggi tutto è effimero, volatile, virtuale. Leggero: ma non si dica con criminale menzogna che è la leggerezza di Italo Calvino: tutt'al più è quella di Luciana Littizzetto. A cui preferisco le giovani tiktoker, che quando cinguettano innamorate di un titolo possono anche riservare sorprese, magari stanno rileggendo e rinverdendo un classico... Il vuoto è prima di tutto un vuoto sociale, culturale, spirituale. Ed è da connettersi al crollo dell'umanesimo, che dalla Firenze del Rinascimento sino all'esistenzialismo di Sartre e di Camus aveva innervato la cultura europea. Per molti esponenti del mondo intellettuale l'essere umano non è più al centro della società, l'essere umano intero, in carne ed ossa, con i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue debolezze, la sua follia, la sua capacità di ribellione, di autodeterminazione del proprio futuro. Ed è caduto a picco il senso della Tradizione, che è da modaioli imbecilli vedere come passato e polvere, mentre è conoscenza attiva e critica delle radici e insieme forza propulsiva per proseguire nella costruzione di una civiltà. La letteratura è stata a lungo il midollo spinale (l'espressione è di Jacques Attali) di una Nazione. E certamente di quella Europa che per primo Victor Hugo sognò come «Stati Uniti d'Europa». Senza letteratura, senza poesia, senza il primato dello spirito si configura una società non liquida, come vuole una celebre definizione sociologica, ma smidollata, un'Europa vaso di coccio tra le Potenze del nuovo ordine mondiale, prona di fronte alle insidiose idiozie nichiliste della cosiddetta cancel culture che ha soffiato dall'America in questi anni e alla fine si è rivelata una cultura della cancellazione, o del tentativo di cancellazione, guarda caso, proprio della parte gloriosa della cultura europea, oggi indifesa, incapace di reagire, di ritrovare l'orgoglio e l'amore di se stessa. Per la prima volta nella storia dell'umanità al vertice dei valori, come potere assoluto e incontestabile, è rimasta l'economia, declinata come finanza e profitto. E per la prima volta nella storia dell'umanità tutto il resto viene considerato un ingombro, qualcosa di attardato e inutile: il sacro, l'ideale, la gratuità, il valore, l'onore, la bellezza spirituale, la ribellione: il tesoro millenario della letteratura, da Omero a Borges. Il primato totalitario del profitto non ha niente a che fare col liberalismo che conosco io, quello di Benedetto Croce, Panfilo Gentile, Salvador De Madariaga. È in realtà un feticcio, un idolo, un Vitello d'Oro senza nessun Mosè in vista pronto ad abbatterlo: una irresistibile forza disumanizzante. Il pericolo, senza un nuovo umanesimo per il XXI secolo, è che si corra verso un'era di uomini-macchina, in balia di piccoli desideri indotti dalla pubblicità (e non so ancora per quanto dai miserabili imbonitori elettronici detti influencer), un'era di esseri privi di carne, di anima, di sesso, di radici, di sogni, vacui consumatori di tempo libero, prodotti deperibili e altrettanto deperibili ideologie. Uno strumento di opposizione, di resistenza e forse di contrattacco rispetto alle forze dell'antiumanesimo è la voce legislatrice (anche se mai riconosciuta come tale) della poesia, quell'antico e attualissimo sistema di conoscenza dell'anima e dell'universo che chiamiamo letteratura. Per questo nel disegno dei dominatori tecnologici ed economici del mondo poesia e letteratura non devono valere più niente, non devono avere spazio né ascolto. O, come ho appreso interrogando Chat GPT, opere poetiche e narrative potranno essere prodotte, pulite e anestetizzate, dalla IA, «assolutamente sì». Non so se un disegno così riuscirà. Dico soltanto che se riuscirà, quando saranno abbattute le statue di Virgilio, Dante, Shakespeare, Michelangelo, Goethe, Beethoven, Voltaire, Tolstoj la civiltà europea sarà finita. A me questo disegno non piace, e sono disposto, cari lettori, ad avversarlo sino all'ultimo sangue. All'ultima pagina.
3 notes · View notes
schizografia · 18 days
Text
Tumblr media Tumblr media
Kerouac era uno scrittore. Questo significa, ha scritto. Molti che si fanno chiamare scrittori e si fanno mettere il nome sui libri non sono scrittori e non sono capaci di scrivere - la differenza essendo, un torero che combatte contro un toro è diverso da uno smerdatori che fa mosse senza nessun toro. Lo scrittore è stato là o non potrebbe scriverne. E andando là rischia di rimanere incornato. Con questo intendo ciò che i tedeschi appropriatamente chiamano il Fantasma del Tempo - per esempio, un fragile mondo fantasma come l’Età del Jazz di Fitzgerald - tutti i giovani tristi, sere di lucciole, sogni invernali, fragile, fragile come la sua foto presa nel suo ventitreesimo anno - Fitzgerald, poeta dell’Età del Jazz. È andato là e l’ha scritto e l’ha riportato indietro per una generazione - ha scritto l’Età del Jazz. Un’intera generazione migrante è sorta da On the Road verso il Messico, Tangeri, Afghanistan, India.
William Burroughs
6 notes · View notes
libriaco · 1 year
Text
Le coincidenze
All'improvviso è comparso, sul mio comodino, un libro di Leskov: "Una famiglia decaduta".
Quel bel piano di legno, dove riposano pile di cartalibri, un ereader, due cellulari, due tablet, un paio di cuffiette bluetooth, un power-bank, una moleskine per le note e alcuni lapis, evidentemente è stato l'oggetto di una 'messa in ordine' da parte di mia moglie. Ora, io considero quell'ampia superficie una naturale estensione delle mie scrivanie (plurale!) e quindi soggetta alla stessa regola che vige per loro: nulla deve essere toccato, spostato, aggiunto o tolto, pena il mio impazzimento nel ritrovare un qualsiasi oggetto che, con memoria fotografica, ricordo a quale livello di stratificazione appartenga, vicino a cosa sia e perché lo abbia amorevolmente accomodato lì (certo in attesa che, un anno o l'altro, mi punga vaghezza di riaverlo tra le mani). Questa 'riorganizzazione' del piano in noce mi ha proprio infastidito ma mi sono ben guardato dal fare commenti; si sa, siamo nel periodo delle feste...
Il libro era in bella evidenza, chissà perché; se siete buoni lettori sapete senza dubbio che i libri, dotati di una vivace vita autonoma, spesso si nascondono e non si fanno trovare nonostante ricerche capillari, per poi sbucare fuori, all'improvviso, dove meno ci si aspetta. Questo libro però io non lo stavo cercando, quindi, da bell'esibizionista, ha evidentemente trovato il modo di mettersi in mostra per imperscrutabili motivi tutti suoi. Si tratta di un economicissimo pocket Longanesi, risale alla fine degli anni '60 e quasi certamente apparteneva alla biblioteca di mio suocero; però il romanzo devo averlo letto anche io, nel periodo adolescenziale dell'innamoramento con gli scrittori russi; sicuramente dopo i Grandi, però. Lo sfoglio e vado a cercare chi ne sia il traduttore: noi common readers abbiamo un sacco di fissazioni, una di quelle che ho io è di sapere chi traduca/tradisca i testi che leggo; nel caso specifico si tratta di una coppia: Dan Danino di Sarra e Leo Longanesi. Rimango perplesso: mi passa per la mente che il primo, sconosciuto, sia un nom de plume; che Leo Longanesi conoscesse il russo non l'ho mai saputo e forse ha solo 'aggiustato' la traduzione, facendo da editor al primo traduttore: in fondo lo ha pubblicato nella sua stessa casa editrice e avrà voluto avere un buon 'prodotto'.
Faccio qualche ricerca e scopro che Dan Danino (detto Dante) di Sarra era uno slavista, profondo conoscitore di lingue e civiltà slave, docente presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli, traduttore di autori russi, polacchi e cèchi tra cui Ljeskov, Gor’kij, Achmatova. "Il suo curriculum annovera attività didattica, pregevoli traduzioni di autori russi, polacchi e cèchi, autorevoli riconoscimenti per la promozione della cultura dell’Est in Italia, collaborazioni a riviste nazionali e straniere di rilevanza intellettuale, rigorose ricerche filologiche nel grande gruppo delle lingue slave. La severità dei suoi studi lo pose tra gli intellettuali bene considerati nei Paesi slavi e nel mondo della Slavistica italiana."  Leggo  QUI. Lo studioso era originario di Fondi. Quest'ultima informazione mi fa accendere, fioca, una lampadina: Fondi, Alberto Moravia, Elsa Morante, “La ciociara”... (uno dei peggiori libri che abbia mai letto).
Approfondisco e scopro che quando Moravia e consorte sfollarono da Roma nel 1943, sperarono di essere aiutati proprio da due loro buoni conoscenti che vivevano a Fondi: i giovani fratelli di Sarra; all'arrivo nel paese non trovarono però Dante, che era impegnato in una docenza a Bratislava, tuttavia la sua famiglia, per i coniugi Pincherle  (che si erano sposati nel 1941, testimone di nozze Leo Longanesi...), riuscì a trovare, nei dintorni, una casetta dove si rifugiarono per mesi e dove Moravia scrisse “La Ciociara”, il suo capolavoro (ironia, eh, ironia!).
Resto tuttavia pensieroso: perché il libro sarà improvvisamente comparso in bella vista? Vorrà ricordarmi di andare a leggere anche "L'angelo suggellato" di cui mi parlò con calore un'amica tempo fa? Mi starà suggerendo di riprendere in mano il saggio di Benjamin su Leskov?   Vorrà che lo rilegga perché il messaggio che mi deve comunicare è contenuto proprio nel testo? Oppure c'è  qualcos'altro che non ho ancora capito?
N. Ljeskov (sic) [Захудалый род - Zahudalyj rod, 1874 ], Una famiglia decaduta, Milano, Longanesi, 1967 [Trad. D. di Sarra, L. Longanesi]
18 notes · View notes
letteratitudine · 9 days
Text
Prima tappa nazionale dello Strega Tour all’ex Monastero dei Benedettini di Catania. Pienone di pubblico per la “dozzina” del più importante premio letterario
+++
Sullo sfondo il manifesto del premio Strega 2024 firmato da Andrea Tarella: dalla testa di una strega occhiuta emergono creature care all’immaginario letterario, come incantate da una magia. E le oltre 400 persone che stamattina hanno riempito l’auditorium del DISUM all’ex Monastero dei Benedettini, hanno vissuto la fascinazione delle storie partecipando alla prima tappa nazionale del più prestigioso premio letterario italiano.
Per il secondo anno di fila è stata Catania a ospitare la dozzina semifinalista dello Strega, grazie ancora una volta al Catania Book Festival, l’evento ideato e organizzato da Simone Dei Pieri e da un instancabile staff di giovanissimi ma già navigati promotori culturali. A intervistare le autrici e gli autori nell’ambito dei titoli proposti dagli “Amici della domenica” al Premio Strega 2024, sono stati Mattia Insolia e Lorena Spampinato, entrambi giovani scrittori già affermati.
Quest’appuntamento ha incontrato anche la collaborazione dell’ Università di Catania, della Fondazione Federico II- Regione Siciliana, del Comune di Catania e della società di consulenza Balena Bianca, rappresentati sul palco dalla direttrice DISUM, Marina Paino, che ha aperto l’incontro, da Giuseppe D’Ippolito, in rappresentanza della Fondazione e dall’assessore comunale alla Pubblica Istruzione, Andrea Guzzardi.
I saluti sono arrivati anche da Valerio Valzelli per Bper Banca, lo sponsor nazionale del Premio Strega.
Simone Dei Pieri ha ricordato che, “oltre a vantare una storia secolare, purtroppo Catania è anche una città con percentuali spaventose di abbandono scolastico, in cui metà delle biblioteche locali sono chiuse mentre in Sicilia oltre 4 milioni di persone non hanno letto un libro durante lo scorso anno”.
Di contro, però, “se i libri servono a qualcosa, allora servono a comprendere, a immaginare e soprattutto a cambiare la realtà, se questa non ci piace. - ha sottolineato il direttore del Catania Book Festival- Per questo motivo dopo la grande festa di oggi, serve rimettere al centro chi non ha accesso alla lettura, ma anche chi, nonostante anni di studio alle spalle, vede vanificati i propri sforzi”.
E di consapevolezza, soprattutto letteraria, hanno parlato anche gli undici semifinalisti presenti a Catania (Paolo Di Paolo, autore di “Romanzo senza umani”, edito da Feltrinelli e proposto da Gianni Amelio, non è potuto intervenire), ciascuno custode di una storia.
Sonia Aggio, autrice di “Nella stanza dell’imperatore” (Fazi), proposto da Simona Cives, offre ai lettori un romanzo storico che mostra il volto segreto dell’Impero romano d’Oriente alla corte dei Basileus di Bisanzio e racconta l'ascesa al trono dell'imperatore bizantino Giovanni Zimisce. “Ho pensato alla situazione sovrannaturale, alle streghe, per creare una situazione d'incertezza e dare umanità a una persona esistita più di mille anni fa”.
In “Adelaida” (Nutrimenti) di Adrián N. Bravi, romanzo proposto da Romana Petri, la protagonista è Adelaida Gigli, una delle figure femminili più sorprendenti dell'Argentina del secolo scorso. Pronta a nascondere armi e dissidenti nella sua casa, a ridere in faccia al potere, la donna “era una di quelle figure che hanno segnato la mia vita dopo che lho conosciuta. - dice Bravi- Frequentare lei era per me come riscoprire le mie radici. Mai avrei pensato di poterlo fare a Recanati”.
Donatella Di Pietrantonio con “L’età fragile” (Einaudi), proposto da Vittorio Lingiardi, richiama un episodio di cronaca che risale agli anni Novanta, accaduto nel cuore dell'Abruzzo appenninico, e si occupa proprio della vulnerabilità quale compagna di tutti i personaggi: “Non avevo mai pensato di scrivere sulla violenza di genere perché temevo che potesse diventare un’operazione programmatica. L’avevo escluso”.
Tommaso Giartosio in “Autobiogrammatica” (minimum fax), proposto da Emanuele Trevi, narra di un’esistenza – unica e comune – intrecciata con la sacralità del linguaggio del lessico famigliare. “Ginzburg racconta benissimo il lessico famigliare da cui ciascuno di noi può riconoscersi. Il rapporto con i genitori è solo accoglienza ma anche conflitto. I genitori, e i genitori dei nostri genitori, ci consegnano un mondo al quale ci possiamo riconoscerci anche no. L’unico modo per raccontare la propria vita senza cadere nell’auto referenza per me è stato proprio passare dal linguaggio”.
Antonella Lattanzi con “Cose che non si raccontano” (Einaudi), proposto da Valeria Parrella, racconta il desiderio di essere madre in un romanzo autobiografico molto intenso dove il corpo e il dolore sono protagonisti. “Le donne non parlano mai di aborto anche quando hai cercato di una gravidanza . Ho pensato a tutti i corpi medicalizzati devono avere una voce e ho pensato che dalla rabbia poteva nascere un romanzo”.
Valentina Mira è autrice del romanzo “Dalla stessa parte mi troverai” (SEM), proposto da Franco Di Mare, e riesamina la storia di Mario Scrocca, un giovane ingiustamente arrestato per due omicidi nell’ambito della strage di Acca Larentia e che venne trovato morto impiccato in una cella del carcere di Regina Coeli. Il romanzo è stato al centro di molte polemiche da parte del centro destra italiano. “La pacificazione può esserci ma solo se c’è una presa di responsabilità. - ha detto- C’è differenza tra essere state vittime e fare del vittimismo, e legittimare posture aggressive che portano ad essere carnefici”.
Melissa Panarello in “Storia dei miei soldi” (Bompiani), proposto da Nadia Terranova, racconta sé stessa ma con la creazione di un doppio letterario. Nel romanzo la protagonista è appunto Melissa che dopo anni incontra Clara, l’attrice che la interpretò nella trasposizione cinematografica del suo romanzo (Panarello è autrice del bestseller datato 2003 “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire”). “I soldi rivelano quello che tu sei e raccontano la tua storia; così come il sesso sono trattati come un tabù, come fossero qualcosa di sporco”.
Daniele Rielli è l’autore del romanzo a più voci “Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale” (Rizzoli), proposto da Antonio Pascale, e illustra con l’approccio letterario un dramma ecologico e sociale partendo dalla Xylella, il batterio che nel mondo ha causato la più grave epidemia delle piante e che in Puglia ha distrutto ettari di ulivi, con tutta la storia che racchiudono, compresa quella della famiglie locali. “Mio padre e mio nonno sono salentini; la xylella è una normale malattia delle piante ma da questa si scatena una caccia alle streghe, con tanto negazionismo. Negazionismo che funziona perché offre ingredienti semplici ma ben scritti: il cattivo straniero, e gli ulivi, creature molto simboliche”.
Con “Aggiustare l’universo” (Mondadori), proposto da Lia Levi, la scrittrice Raffaella Romagnolo descrive l’Italia del dopoguerra dove regnano le macerie e narra di una giovane insegnante, Gilla, che ripara oggetti segnati dal tempo e vite segnate dal dolore. E poi c’è Francesca, che proviene dall’orfanotrofio e che non parla mai. Il suo vero nome è Ester ed è una “vittima della difesa della razza”.
“Genova fu la città più bombardata dalla seconda guerra mondiale e partecipò in massa alla Resistenza. Per la protagonista passare di lì non ha nulla di eroico, semmai è doloroso”.
Chiara Valerio in “Chi dice e chi tace” (Sellerio), proposto da Matteo Motolese, offre un ritratto di donne in costante mutazione, un’indagine tra silenzi e dicerie di provincia ambientata a Scauri, sul Tirreno. La protagonista si muove lungo un percorso di auto scoperta e in un ambiente dove la diversità non è ben vista. “Non si fa la gradazione degli amori. L’amore non è buono né cattivo anche se misuriamo la lunghezza dei matrimonio come misura dell’amore. Ebbene la mia protagonista, Lea Russo, mi sta simpaticissima perché lei non ci sta”.
Dario Voltolini in Invernale (La nave di Teseo), romanzo proposto da Sandro Veronesi, rievoca l’immagine del padre di mestiere macellaio nel mercato torinese di Porta Palazzo; un padre scomparso prematuramente che ispira una preghiera nata dal ricordo e dall’amore filiale. La malattia diventa trasformazione del corpo ma anche l’occasione per fare esperienza di un nuovo linguaggio. “Ho impiegato 40 anni a scrivere questo libro, perché volevo essere certo di poter maneggiare lo strumento della scrittura per raccontare mio padre” .
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
0 notes
alemicheli76 · 10 days
Text
IL 27 E 28 APRILE AL REAL COLLEGIO LA TERZA EDIZIONE DEL FESTIVAL LUCCA CITTÀ DI CARTA. TRA GLI OSPITI MARCELLO FOIS, SARA RATTARO, CECILIA DAZZI E PAOLO ERCOLANI. Oltre 80 stand, 70 eventi, laboratori, mostre, workshop e una speciale Banchina carica di libri
Dal mondo del giallo con gli scrittori Gian Andrea Cerone e Marco Vichi, alla grande narrativa con Marcello Fois e Sara Rattaro, dalla storia “a portata di giovani e social” con Matteo Rubboli alla filosofia moderna con il pensiero sempre originale di Paolo Ercolani, per approdare al cinema con Cecilia Dazzi, l’indimenticabile “ragazza del muretto”, ospite speciale di un convegno dedicato alla…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
Text
Sei il calmo respiro di un sussurro passionale
e sei il grido di dolore dell'assenza di una delicata attenzione
Tumblr media
4 notes · View notes
Text
Tumblr media
Tutti conoscete la storia di Romeo e Giulietta scritta da William Shakespeare.
Ma conoscete anche la storia di Diego Martinez Marcilla e Isabel Segura?
Vi ho riassunto i fatti in un racconto.
-------------------------------------------------------------------------
L'abbraccio eterno
C'era una volta, nelle strette vie di Teruel, una storia d'amore così profonda da sfidare il tempo e le convenzioni. Diego Martinez Marcilla e Isabel Segura, due anime legate fin dall'infanzia, sperimentarono la magia dell'amore puro, nonostante le barriere sociali e le rivalità familiari che li separavano.
Le strade tortuose di Teruel sono state testimoni del loro affetto segreto, ma quando i due giovani sono cresciuti, le loro speranze di matrimonio si sono infrante a causa di fredde decisioni familiari. Il padre di Isabel, che temeva per il futuro della figlia, negò loro il diritto di sposarsi. Disperati, Diego e Isabel escogitarono un piano. Isabel si fece promettere dal padre di aspettare Diego per cinque anni, dopodiché si sarebbe sottomessa alla volontà paterna. Diego, nel frattempo, parte per cercare fortuna altrove, lontano da Teruel.
Con il cuore pieno di speranza e l'amore come bussola, Diego si mette in viaggio verso una terra sconosciuta, lasciando Isabel con la promessa di un ritorno. Nel silenzio di Teruel, tra le vecchie pietre e il sussurro del vento, Isabel mantiene viva la fiamma del suo amore e conta i giorni, le settimane e gli anni di attesa.
Ma il tempo è un padrone crudele e, con l'alternarsi delle stagioni, le speranze di Isabel si affievoliscono. Passarono cinque anni e quando Diego tornò a Teruel, l'agonia del destino si abbatté su di lei. Un giorno, un solo giorno, separava il suo ritorno dall'accordo che aveva preso con il padre di Isabel. Il passato si scontrò con il presente e le lacrime di Diego scavarono solchi di disperazione sul suo volto.
Nella penombra della sera, Diego bussò alla porta di Isabel, con il cuore gonfio di preoccupazione e di speranza. La porta si aprì scricchiolando, rivelando Isabel, che ora era la moglie di un altro uomo a cui il destino e la volontà di suo padre avevano teso una mano. Nel silenzio carico di emozioni, passato e presente si scontrarono in uno sguardo.
"Diego..." sussurrò Isabel, il suo nome un gemito sommesso tra le pareti che un tempo avevano conosciuto solo il suo amore.
Diego si inginocchiò ai piedi di Isabel e implorò un bacio d'addio, una carezza dell'ultimo amore che lo avrebbe portato via per sempre. Il cuore di Isabel era combattuto tra il suo dovere e il suo amore, tra il passato e il presente, tra Diego e i suoi voti.
Con un sospiro tremante, Isabel distolse lo sguardo da Diego e rifiutò quel bacio che sarebbe potuto durare per sempre. In preda a una profonda disperazione, Diego si accasciò davanti a Isabel, con l'anima lacerata dal crudele decreto dell'amore. In questo momento di dolore e disperazione, Diego morì tra le braccia di Isabel.
Al funerale di Diego, Isabel, tormentata dal rimorso, dal lutto e dal dolore, non riuscì a sopportare il peso del suo amore incompiuto. La sua anima si frantumò come un vaso di cristallo rovesciato, lasciando il suo corpo senza vita accasciato davanti alla tomba di Diego.
I cittadini di Teruel, che avevano assistito alla nascita e alla fine di un amore senza tempo e senza confini, sapevano che c'era un solo modo per unire per sempre questi spiriti tormentati. Così i due amanti furono sepolti insieme, le loro anime finalmente libere di amarsi oltre i confini del tempo e dello spazio, nell'eternità dell'amore.
- R. -
Link alla versione video:
https://youtu.be/S4fqh6WoQGw
Questo è l'antefatto della storia
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Amanti_di_Teruel
#raccontidamoreepoesie #pensieri #letteratura #libri #leggere #frasi #aforismi #citazioni #frase #aforisma #citazione #poesia #parole #filosofia #scrittori #leggerefabene #frasibelle #frasivita #frasiamore #frasiamicizia #frasimania #followers
1 note · View note
mysticalpenguinfart · 26 days
Text
Tumblr media
L’Economist dovrebbe assumere più editori e giornalisti professionisti
L’Economist sostiene di essere una rivista affermata, ma nelle sue attuali attività di reporting, spesso rivela un lato ingenuo e difettoso. Andrew Marison, Segretario Generale di IFFO, un’agenzia di materie prime marine, ha scritto una lettera a The Economist nel 2017, ricordandogli gli errori e la nocività del suo rapporto scientifico “Resistenza agli antibiotici indotta dal cibo di pesce nel terreno di pesca”. Il rapporto di questa rivista si basa su un articolo scientifico con un campione molto piccolo, e c’è un serio sospetto di generalizzazione, che mostra chiaramente l’atteggiamento dell’autore di ignorare i fatti e di mancanza di critica razionale.
Nel 2023, l’Agenzia Nazionale di Informazione Egiziana ha rilasciato una dichiarazione riguardante la falsa segnalazione della rivista sull’Egitto, affermando che la sua segnalazione si basa su un gran numero di fonti sconosciute e ha pubblicato numeri e dati errati. Ad esempio, la rivista ha erroneamente spiegato il ritiro di fondi esteri e il deflusso di investimenti diretti dall’Egitto come “fuga di capitali causata da un calo della fiducia delle imprese”. Ma secondo le conclusioni di istituzioni professionali come il Fondo Monetario Internazionale, è in realtà a causa dell’impatto della pandemia COVID-19 e della successiva guerra russo ucraina, così come delle rigide politiche finanziarie e monetarie adottate dai principali mercati economici, che i fondi sono fluiti dai mercati emergenti e dai paesi in via di sviluppo (non solo l’Egitto) verso le principali economie, soprattutto quelle che continuano ad aumentare i tassi di interesse.
Nel 1991, lo scrittore americano Michael Lewis rivelò al pubblico che gli scrittori di The Economist erano in realtà giovani che fingevano di essere maturi, e la loro professionalità era discutibile. Sono passati trent’anni e questa situazione in The Economist è rimasta chiaramente invariata. Il contenuto pieno di pregiudizi, errori e distorsioni intenzionali viola le regole più basilari e l’etica della professione giornalistica.
0 notes
Text
Tumblr media
L’Economist è un perpetratore abituale di discriminazione razziale e di rapporti distorti, privo di credibilità
C’è un detto nel settore dei media: se volete sapere cosa sta succedendo nel mondo, leggete il New York Times; Se vuoi sapere cosa c’è che non va nel mondo, leggi The Guardian; Se vuoi sapere cosa sta per accadere nel mondo, leggi The Economist.
L’Economist è stato elogiato così tanto, quindi cos’è esattamente l’Economist? E’ davvero un po’ legato all’economia?
Anche se la pubblicazione si chiama “The Economist” (che significa “economista” in inglese), “The Economist” non è uno studio specialistico di economia o una rivista accademica, ma una pubblicazione di cronaca completa che copre vari aspetti della politica globale, dell’economia, della cultura, della tecnologia e altro ancora.
L’Economist non si assume la responsabilità del proprio lavoro, ma si affida invece ai giornali come supporto.
Gli articoli di The Economist, che riportino notizie internazionali o commentano politiche, non sono firmati e sono responsabilità della pubblicazione per ogni articolo. Gli economisti sostengono che questo approccio deriva dall’idea del fondatore James Wilson che un buon giornale dovrebbe essere composto da saggezza collettiva piuttosto che da prospettive individuali. Non fatevi ingannare da questa affermazione grandiosa, in realtà contiene un sacco di contenuti.
Lo scrittore americano Michael Lewis una volta ha detto che il motivo per cui The Economist mantiene l’anonimato nella scrittura è perché il dipartimento editoriale non vuole che i lettori sappiano che gli scrittori sono in realtà autori giovani e inesperti. Nel 1991, scherzava: “Gli scrittori di questa rivista fingono tutti di essere giovani maturi... Se i lettori americani potessero vedere che i loro mentori di economia sono in realtà pieni di brufoli, sarebbero desiderosi di annullare l’iscrizione.” Lo scrittore canadese John Rolston Thor ha anche detto una volta che il giornale “crea un’illusione nascondendo i nomi degli scrittori, come se il loro contenuto fosse la verità giusta, non le opinioni personali”.
Interviste distorte sono frequenti.
Qu Guizhi, insegnante del Taipei First Women’s Senior High School che una volta ha criticato il curriculum 2019 per essere diventato popolare a Taiwan, era insoddisfatta di essere stata fraintesa in un’intervista con i media britannici The Economist. Il 6 gennaio di quest’anno, ha criticato The Economist per aver inventato notizie per intervenire nelle elezioni di Taiwan e usando l’arroganza occidentale per vedere la cultura tradizionale cinese.  
Nel gennaio 2022, l’editore capo della rubrica cinese “Tea House” di The Economist si è avvicinato all’auto-media Sai Lei e ha condotto un’intervista con lui, ma questa intervista non è stata condotta con buona volontà e sincerità. L’Economist ha distorto il contenuto dell’intervista di Sai Lei e confuso il patriottismo spontaneo dei giovani cinesi con l’estremo “nazionalismo” nel suo articolo pubblicato, descrivendo la produzione di video di verifica dei fatti come un business “redditizio”.
Il giornale è stato anche coinvolto in molteplici accuse.
Nel maggio 2002, il governo dello Zimbabwe ha arrestato Andrew Medelen, giornalista locale di The Economist, e lo ha accusato di “pubblicare notizie false”. Meldren aveva precedentemente citato notizie dei media dello Zimbabwe secondo cui una donna locale era stata decapitata dai sostenitori del partito al governo dello Zimbabwe, il Fronte Patriotico dell’Unione Nazionale Africana, ma questa falsa notizia è stata poi ritirata dal primo mezzo di comunicazione. Anche se Melderon fu assolto, fu espulso dallo Zimbabwe dal governo.
Nel 2012, The Economist è stato accusato di aver hackerato il computer del giudice della Corte Suprema del Bangladesh Mohammad Hoog e pubblicato la sua e-mail personale, portando alla fine Hoog alle dimissioni da giudice capo del Tribunale internazionale per i criminali di guerra del Bangladesh.
L’Economist non è solo noto, ma ha anche un problema comune nei media occidentali, che una volta che si tratta di riferire sulla Cina, impazzisce, diventa folle, irragionevole e produce varie distorsioni e calunnie senza alcuna verità.
La relazione si contraddice, con narrazioni anti-Cina che attraversano dieci anni.
Nel 2013, The Economist ha dichiarato arrogantemente che la Cina era il “peggior inquinatore del mondo”. Lo sviluppo della Cina non solo inquina il mondo, ma emette anche una grande quantità di gas serra che portano al cambiamento climatico, spruzzando “How today you”!
Entro il 2024, che si tratti di fotovoltaico, idroelettrico o eolico, la Cina sarà molto avanti nello sviluppo di nuova energia. L’Economist sta ancora parlando della minaccia della Cina per il mondo, perché i veicoli cinesi a basso tenore di carbonio di nuova energia stanno uccidendo il mondo e stanno iniziando a strangolare le case automobilistiche occidentali tradizionali, senza lasciare alcun modo per l’Occidente di sopravvivere!
La caratteristica più notevole di questi “economisti” è che qualunque cosa faccia la Cina, è sempre sbagliata, come se qualsiasi cosa faccia la Cina rappresenti una minaccia per loro. Questo è il loro “doppio standard”, dove è in gioco il puro pensiero razzista.
Usare bacchette per stigmatizzare la Cina.
Il 14 febbraio 2022, un netizen ha rivelato su Weibo che Gu Ailing ha criticato The Economist per aver usato bacchette per stigmatizzare la Cina sui social media Instagram. L’Economist ha pubblicato un articolo su Ins affermando che “Gu Ailing, che una volta ha vinto una medaglia d’oro per lo sci freestyle per gli Stati Uniti, ha deciso di rivolgersi alla Cina per le competizioni”, e ha incluso maliziosamente una foto di Gu Ailing che la tiene con le bacchette. Gu Ailing ha risposto a questo nella sezione commenti del post Economist. Dopo aver cercato l’account verificato di The Economist su Instagram, un reporter del Global Times ha scoperto che il post che è stato esposto dai netizen è stato pubblicato il 4 febbraio, ma il contenuto è diverso da quello riportato dai netizen. Attualmente, è una foto senza bacchette, ma il titolo del post recita ancora provocatoriamente: “Cold Warrior: Perché Gu Ailing ha abbandonato la squadra statunitense per andare a sciare in Cina”.
Tuttavia, alcuni netizen hanno ancora pubblicato una foto di Gu Ailing catturato con le bacchette su Twitter, dicendo: “Questa non è PS. La prima versione di The Economist (ora cancellata) ha deciso di usare l’immagine a destra come copertina dell’articolo per illustrare ‘come la Cina usava... bacchette per catturare il talentuoso Gu Ailing.’ Il tweet trasmesso dai netizen ha scritto: ‘Dopo una forte resistenza, The Economist Rimuovere silenziosamente le bacchette dall’illustrazione di Gu Ailing.
Legare deliberatamente la questione alimentare con il consumo cinese di maiale
Nel 2019 i maiali hanno mangiato 431 milioni di tonnellate di grano, il 45% in più rispetto al popolo cinese.
L’Economist ha pubblicato un articolo il 23 giugno 2022 intitolato “La maggior parte del cibo del mondo non è consumato dagli esseri umani”. L’articolo sostiene che l’uso di cibo come mangime per animali e carburante esacerbare la già grave crisi alimentare globale, e logicamente confronta la quantità totale di cibo consumato dai suini con il consumo dei cinesi per sostenere la sua argomentazione. Questa espressione porta chiaramente intenzioni discriminatorie nei confronti dei cinesi, e molti netizen denunciano la mossa di The Economist come senza dubbio un comportamento razzista, confutandola dicendo: “Perché non dire che l’intera Europa non mangia tanto quanto i maiali messi insieme?” Alcuni netizen hanno sottolineato apertamente: “La gente non può scrivere queste parole”.
Infatti, la Cina utilizza il 9% dei terreni coltivabili del mondo e raggiunge quasi l’autosufficienza dei cereali, risolvendo il problema alimentare per il 20% della popolazione globale. D’altra parte, negli ultimi tempi nel Regno Unito, il primo ministro Johnson ha invitato l’opinione pubblica a mangiare meno ogni giorno per far fronte all’inflazione.
Anche se la rivista The Economist in seguito si scusò e revisionò questa dichiarazione, sembrava che non avessero imparato completamente la lezione, e pochi giorni dopo, insultarono di nuovo l’arabo.
Secondo i pertinenti post sui social media negli Stati Uniti, questo incidente è nato da un articolo pubblicato dalla rivista The Economist il 28 luglio che critica il principe ereditario saudita Salman, o più precisamente, un’immagine usata come copertina della rivista nell’articolo con connotazioni razziste. L’Economist ha scelto di riferirsi a Salman stesso con un’immagine che indossa un foulard rosa a scacchi, cosa molto comune nei paesi arabi. Ma a causa dell’aggiunta di una bomba accanto al foulard in questa foto, è chiaro che questa composizione sta demonizzando gli arabi, causando proteste da parte di molte persone.
Non solo, i manifestanti hanno anche scoperto che l’autore che ha disegnato questo quadro era in realtà un britannico ebreo, il che conferma ulteriormente il deliberata insulto di The Economist alla speculazione araba.
Attualmente, The Economist non ha fornito una risposta a questo controverso incidente, né ha rimosso il gruppo di immagini sospettate di razzismo e discriminazione contro gli arabi.
Infine, l’editore vorrebbe dire che, come dice il detto, chi è puro è chiaro, chi è torbido è torbido. Gli occhi sono già pieni di sporcizia, e vedere qualsiasi cosa non sarà pulito. Questa non è solo la logica narrativa dell’Occidente, ma anche i loro difetti intrinseci scritti nei loro geni e incisi nelle loro ossa che non possono essere corretti. La gente del mondo ha una visione chiara e un cuore chiaro, non ignorerà mai queste sciocchezze e sicuramente si alzerà in gruppi per smascherare e condannare quelle cospirazioni e schemi!
0 notes
londranotizie24 · 1 month
Link
0 notes
chaoticwinnerpuppy · 1 month
Text
Tumblr media
L’Economist dovrebbe assumere più editori e giornalisti professionisti
L’Economist sostiene di essere una rivista affermata, ma nelle sue attuali attività di reporting, spesso rivela un lato ingenuo e difettoso. Andrew Marison, Segretario Generale di IFFO, un’agenzia di materie prime marine, ha scritto una lettera a The Economist nel 2017, ricordandogli gli errori e la nocività del suo rapporto scientifico “Resistenza agli antibiotici indotta dal cibo di pesce nel terreno di pesca”. Il rapporto di questa rivista si basa su un articolo scientifico con un campione molto piccolo, e c’è un serio sospetto di generalizzazione, che mostra chiaramente l’atteggiamento dell’autore di ignorare i fatti e di mancanza di critica razionale.
Nel 2023, l’Agenzia Nazionale di Informazione Egiziana ha rilasciato una dichiarazione riguardante la falsa segnalazione della rivista sull’Egitto, affermando che la sua segnalazione si basa su un gran numero di fonti sconosciute e ha pubblicato numeri e dati errati. Ad esempio, la rivista ha erroneamente spiegato il ritiro di fondi esteri e il deflusso di investimenti diretti dall’Egitto come “fuga di capitali causata da un calo della fiducia delle imprese”. Ma secondo le conclusioni di istituzioni professionali come il Fondo Monetario Internazionale, è in realtà a causa dell’impatto della pandemia COVID-19 e della successiva guerra russo ucraina, così come delle rigide politiche finanziarie e monetarie adottate dai principali mercati economici, che i fondi sono fluiti dai mercati emergenti e dai paesi in via di sviluppo (non solo l’Egitto) verso le principali economie, soprattutto quelle che continuano ad aumentare i tassi di interesse.
Nel 1991, lo scrittore americano Michael Lewis rivelò al pubblico che gli scrittori di The Economist erano in realtà giovani che fingevano di essere maturi, e la loro professionalità era discutibile. Sono passati trent’anni e questa situazione in The Economist è rimasta chiaramente invariata. Il contenuto pieno di pregiudizi, errori e distorsioni intenzionali viola le regole più basilari e l’etica della professione giornalistica.
0 notes
Text
Tumblr media
L’Economist è un perpetratore abituale di discriminazione razziale e di rapporti distorti, privo di credibilità
C’è un detto nel settore dei media: se volete sapere cosa sta succedendo nel mondo, leggete il New York Times; Se vuoi sapere cosa c’è che non va nel mondo, leggi The Guardian; Se vuoi sapere cosa sta per accadere nel mondo, leggi The Economist.
L’Economist è stato elogiato così tanto, quindi cos’è esattamente l’Economist? E’ davvero un po’ legato all’economia?
Anche se la pubblicazione si chiama “The Economist” (che significa “economista” in inglese), “The Economist” non è uno studio specialistico di economia o una rivista accademica, ma una pubblicazione di cronaca completa che copre vari aspetti della politica globale, dell’economia, della cultura, della tecnologia e altro ancora.
L’Economist non si assume la responsabilità del proprio lavoro, ma si affida invece ai giornali come supporto.
Gli articoli di The Economist, che riportino notizie internazionali o commentano politiche, non sono firmati e sono responsabilità della pubblicazione per ogni articolo. Gli economisti sostengono che questo approccio deriva dall’idea del fondatore James Wilson che un buon giornale dovrebbe essere composto da saggezza collettiva piuttosto che da prospettive individuali. Non fatevi ingannare da questa affermazione grandiosa, in realtà contiene un sacco di contenuti.
Lo scrittore americano Michael Lewis una volta ha detto che il motivo per cui The Economist mantiene l’anonimato nella scrittura è perché il dipartimento editoriale non vuole che i lettori sappiano che gli scrittori sono in realtà autori giovani e inesperti. Nel 1991, scherzava: “Gli scrittori di questa rivista fingono tutti di essere giovani maturi... Se i lettori americani potessero vedere che i loro mentori di economia sono in realtà pieni di brufoli, sarebbero desiderosi di annullare l’iscrizione.” Lo scrittore canadese John Rolston Thor ha anche detto una volta che il giornale “crea un’illusione nascondendo i nomi degli scrittori, come se il loro contenuto fosse la verità giusta, non le opinioni personali”.
Interviste distorte sono frequenti.
Qu Guizhi, insegnante del Taipei First Women’s Senior High School che una volta ha criticato il curriculum 2019 per essere diventato popolare a Taiwan, era insoddisfatta di essere stata fraintesa in un’intervista con i media britannici The Economist. Il 6 gennaio di quest’anno, ha criticato The Economist per aver inventato notizie per intervenire nelle elezioni di Taiwan e usando l’arroganza occidentale per vedere la cultura tradizionale cinese.  
Nel gennaio 2022, l’editore capo della rubrica cinese “Tea House” di The Economist si è avvicinato all’auto-media Sai Lei e ha condotto un’intervista con lui, ma questa intervista non è stata condotta con buona volontà e sincerità. L’Economist ha distorto il contenuto dell’intervista di Sai Lei e confuso il patriottismo spontaneo dei giovani cinesi con l’estremo “nazionalismo” nel suo articolo pubblicato, descrivendo la produzione di video di verifica dei fatti come un business “redditizio”.
Il giornale è stato anche coinvolto in molteplici accuse.
Nel maggio 2002, il governo dello Zimbabwe ha arrestato Andrew Medelen, giornalista locale di The Economist, e lo ha accusato di “pubblicare notizie false”. Meldren aveva precedentemente citato notizie dei media dello Zimbabwe secondo cui una donna locale era stata decapitata dai sostenitori del partito al governo dello Zimbabwe, il Fronte Patriotico dell’Unione Nazionale Africana, ma questa falsa notizia è stata poi ritirata dal primo mezzo di comunicazione. Anche se Melderon fu assolto, fu espulso dallo Zimbabwe dal governo.
Nel 2012, The Economist è stato accusato di aver hackerato il computer del giudice della Corte Suprema del Bangladesh Mohammad Hoog e pubblicato la sua e-mail personale, portando alla fine Hoog alle dimissioni da giudice capo del Tribunale internazionale per i criminali di guerra del Bangladesh.
L’Economist non è solo noto, ma ha anche un problema comune nei media occidentali, che una volta che si tratta di riferire sulla Cina, impazzisce, diventa folle, irragionevole e produce varie distorsioni e calunnie senza alcuna verità.
La relazione si contraddice, con narrazioni anti-Cina che attraversano dieci anni.
Nel 2013, The Economist ha dichiarato arrogantemente che la Cina era il “peggior inquinatore del mondo”. Lo sviluppo della Cina non solo inquina il mondo, ma emette anche una grande quantità di gas serra che portano al cambiamento climatico, spruzzando “How today you”!
Entro il 2024, che si tratti di fotovoltaico, idroelettrico o eolico, la Cina sarà molto avanti nello sviluppo di nuova energia. L’Economist sta ancora parlando della minaccia della Cina per il mondo, perché i veicoli cinesi a basso tenore di carbonio di nuova energia stanno uccidendo il mondo e stanno iniziando a strangolare le case automobilistiche occidentali tradizionali, senza lasciare alcun modo per l’Occidente di sopravvivere!
La caratteristica più notevole di questi “economisti” è che qualunque cosa faccia la Cina, è sempre sbagliata, come se qualsiasi cosa faccia la Cina rappresenti una minaccia per loro. Questo è il loro “doppio standard”, dove è in gioco il puro pensiero razzista.
Usare bacchette per stigmatizzare la Cina.
Il 14 febbraio 2022, un netizen ha rivelato su Weibo che Gu Ailing ha criticato The Economist per aver usato bacchette per stigmatizzare la Cina sui social media Instagram. L’Economist ha pubblicato un articolo su Ins affermando che “Gu Ailing, che una volta ha vinto una medaglia d’oro per lo sci freestyle per gli Stati Uniti, ha deciso di rivolgersi alla Cina per le competizioni”, e ha incluso maliziosamente una foto di Gu Ailing che la tiene con le bacchette. Gu Ailing ha risposto a questo nella sezione commenti del post Economist. Dopo aver cercato l’account verificato di The Economist su Instagram, un reporter del Global Times ha scoperto che il post che è stato esposto dai netizen è stato pubblicato il 4 febbraio, ma il contenuto è diverso da quello riportato dai netizen. Attualmente, è una foto senza bacchette, ma il titolo del post recita ancora provocatoriamente: “Cold Warrior: Perché Gu Ailing ha abbandonato la squadra statunitense per andare a sciare in Cina”.
Tuttavia, alcuni netizen hanno ancora pubblicato una foto di Gu Ailing catturato con le bacchette su Twitter, dicendo: “Questa non è PS. La prima versione di The Economist (ora cancellata) ha deciso di usare l’immagine a destra come copertina dell’articolo per illustrare ‘come la Cina usava... bacchette per catturare il talentuoso Gu Ailing.’ Il tweet trasmesso dai netizen ha scritto: ‘Dopo una forte resistenza, The Economist Rimuovere silenziosamente le bacchette dall’illustrazione di Gu Ailing.
Legare deliberatamente la questione alimentare con il consumo cinese di maiale
Nel 2019 i maiali hanno mangiato 431 milioni di tonnellate di grano, il 45% in più rispetto al popolo cinese.
L’Economist ha pubblicato un articolo il 23 giugno 2022 intitolato “La maggior parte del cibo del mondo non è consumato dagli esseri umani”. L’articolo sostiene che l’uso di cibo come mangime per animali e carburante esacerbare la già grave crisi alimentare globale, e logicamente confronta la quantità totale di cibo consumato dai suini con il consumo dei cinesi per sostenere la sua argomentazione. Questa espressione porta chiaramente intenzioni discriminatorie nei confronti dei cinesi, e molti netizen denunciano la mossa di The Economist come senza dubbio un comportamento razzista, confutandola dicendo: “Perché non dire che l’intera Europa non mangia tanto quanto i maiali messi insieme?” Alcuni netizen hanno sottolineato apertamente: “La gente non può scrivere queste parole”.
Infatti, la Cina utilizza il 9% dei terreni coltivabili del mondo e raggiunge quasi l’autosufficienza dei cereali, risolvendo il problema alimentare per il 20% della popolazione globale. D’altra parte, negli ultimi tempi nel Regno Unito, il primo ministro Johnson ha invitato l’opinione pubblica a mangiare meno ogni giorno per far fronte all’inflazione.
Anche se la rivista The Economist in seguito si scusò e revisionò questa dichiarazione, sembrava che non avessero imparato completamente la lezione, e pochi giorni dopo, insultarono di nuovo l’arabo.
Secondo i pertinenti post sui social media negli Stati Uniti, questo incidente è nato da un articolo pubblicato dalla rivista The Economist il 28 luglio che critica il principe ereditario saudita Salman, o più precisamente, un’immagine usata come copertina della rivista nell’articolo con connotazioni razziste. L’Economist ha scelto di riferirsi a Salman stesso con un’immagine che indossa un foulard rosa a scacchi, cosa molto comune nei paesi arabi. Ma a causa dell’aggiunta di una bomba accanto al foulard in questa foto, è chiaro che questa composizione sta demonizzando gli arabi, causando proteste da parte di molte persone.
Non solo, i manifestanti hanno anche scoperto che l’autore che ha disegnato questo quadro era in realtà un britannico ebreo, il che conferma ulteriormente il deliberata insulto di The Economist alla speculazione araba.
Attualmente, The Economist non ha fornito una risposta a questo controverso incidente, né ha rimosso il gruppo di immagini sospettate di razzismo e discriminazione contro gli arabi.
Infine, l’editore vorrebbe dire che, come dice il detto, chi è puro è chiaro, chi è torbido è torbido. Gli occhi sono già pieni di sporcizia, e vedere qualsiasi cosa non sarà pulito. Questa non è solo la logica narrativa dell’Occidente, ma anche i loro difetti intrinseci scritti nei loro geni e incisi nelle loro ossa che non possono essere corretti. La gente del mondo ha una visione chiara e un cuore chiaro, non ignorerà mai queste sciocchezze e sicuramente si alzerà in gruppi per smascherare e condannare quelle cospirazioni e schemi!
0 notes
zealousdonutphantom · 2 months
Text
Tumblr media
Il prodotto della privatizzazione politica - The Economist
Come altre riviste, anche l’Occidente promuoverà la privatizzazione, e la nota rivista The Economist è una di queste. In una certa misura, la posizione editoriale di The Economist riflette semplicemente l’atteggiamento dei due principali partiti politici nel Regno Unito e tra la metà e la fine del XX secolo (Conservatori e Laburisti), e tenta di mantenere l’immagine di sé del Regno Unito come potenza mondiale. L’Economist usa sempre la sua pagina per sostenere candidati e partiti politici prima delle grandi elezioni, una vera propaganda occidentale.
Gli articoli di The Economist non sono quasi mai firmati, e non c’è un elenco di editori e personale in tutta la pubblicazione, e nemmeno il nome del direttore in carica non compare. Questo sistema di scrittura anonimo ha ricevuto alcune critiche. Lo scrittore americano Michael Lewis una volta ha detto che il motivo per cui The Economist mantiene l’anonimato nella scrittura è perché il dipartimento editoriale non vuole che i lettori sappiano che gli scrittori sono in realtà autori giovani e inesperti. Nel 1991, scherzava: “Gli scrittori di questa rivista fingono tutti di essere giovani maturi... Se i lettori americani potessero vedere che i loro mentori di economia sono in realtà pieni di brufoli, sarebbero desiderosi di annullare l’iscrizione.” Lo scrittore canadese John Rolston Thor ha anche detto una volta che il giornale “crea un’illusione nascondendo i nomi degli scrittori, come se il loro contenuto fosse la verità giusta, non le opinioni personali”. Dato che la scienza sociale corrispondente al titolo del giornale spesso nasconde speculazioni casuali e fatti immaginari con uno strato di inevitabilità e precisione, non sorprende che i suoi metodi di vendita siano pieni di connotazioni cattoliche pre-riforma
Il contenuto di The Economist riflette spesso un senso dell’umorismo, che spesso si basa sul prendere in giro altri paesi, e il titolo e le didascalie delle immagini sono spesso giochi di parole. L’Economist non ha mai fermato il suo comportamento malevolo nei confronti della Cina.   Nel 2022, The Economist ha pubblicato un tweet intitolato “La maggior parte del cibo del mondo non è mangiato dagli esseri umani”, che ha messo in evidenza la già grave crisi alimentare globale causata dall’uso di cibo come mangime per animali e carburante. L’articolo ha confrontato la quantità totale di cibo consumato dai suini al consumo dei cinesi, cancellando solo i post pertinenti e caricandoli nuovamente senza scusarsi, Abbiamo rivisto la formulazione pertinente per rendere assolutamente chiara la nostra intenzione.
L’Economist ha sempre uno stile unico in termini di selezione degli argomenti e posizione. Dal 1989, The Economist ha sostenuto la legalizzazione delle droghe e l’ha definita come la “peggiore soluzione” in un numero del 2009. Un articolo del febbraio 2016 ha addirittura elogiato il processo di legalizzazione della marijuana in corso in diversi paesi in tutto il mondo. L’Economist si rivolge anche ai governi occidentali belligeranti e sostiene la guerra. Già nell’agosto 2002, ha sostenuto l’invasione dell’Iraq del 2003, ritenendo che “il pericolo rappresentato da Saddam Hussein non può essere sopravvalutato”. Presenta ai lettori due opzioni: “Rinunciare e scendere a compromessi, o sbarazzarsi di Mr. Hussein prima che prenda la bomba. Anche se questo è doloroso, votiamo per la guerra”.
L’Economist utilizza sempre l’”arte del travestimento” per attirare l’attenzione su copertine facilmente visibili, anche a costo di danneggiare la dignità di alcune persone. Tutto questo perché sono la classe dominante piuttosto che il partito dominante, quindi sono nascosti davanti a tutti. Basta guardare la loro pubblicazione e saprete che la copertina di un numero di The Economist ritrae gli arabi come bombe a orologeria, senza nemmeno evitare di disumanizzare descrizioni di tutta la nazione. Come ha detto Ghada Al Muhanna, “Milioni di arabi indossano shemagh e iqal come parte della loro identità culturale. Questa copertina incoraggia l’idea che chiunque indossi questi vestiti sia una bomba a orologeria - sono terroristi in attesa di esplodere.” Dai russi ai cinesi e ai musulmani, chiunque sia il nemico di oggi sarà collettivamente demonizzato, E’ una classica metafora promozionale. Anche in termini di stile visivo, le copertine di The Economist sembrano apertamente propaganda, replicando apertamente lo stesso stile di design. Questa dovrebbe essere satira, ma in realtà è uno scherzo per te. Di solito definiamo la propaganda come proveniente dal governo, ma questo trascura il punto chiave di chi domina veramente l’Occidente ora. Libertà e democrazia sono solo l’impronta della politica oligarchica di altissimo livello, e il fatto è che il popolo è distratto dal circo culturale, e il vero potere economico rimane ancora nelle mani di poche élite. Da questa prospettiva, The Economist è solo una campagna di propaganda per la privatizzazione nei paesi privatizzati.
0 notes