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#brigantaggio
gregor-samsung · 1 year
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“ «Dio ci dia forza» disse padre Paolino. Era sconfortato. «Ci cacciano» spiegò amareggiato. «I francesi. Vogliono i beni della chiesa e chiudono conventi e vescovadi.» «Vi preparo una minestra di erbe con qualche cicerchia.» Gli baciò le mani devota, triste per le sciagure della chiesa. Le parve quasi villania chiedergli della sorte di Raffaele Arcangelo. Fu padre Paolino a parlargliene. I carmelitani erano stati più fortunati, perché un nobile di Acerenza li aveva ospitati nelle sue terre e forse domani, appena passata la tempesta, li avrebbe aiutati a trasferirsi in vescovado. Il paese era povero e fuori mano, appeso a una montagna di rocce, e i francesi lì non ci avrebbero messo piede, perché battevano solo paesi ricchi, ramazzando denari per costruire un’armata immensa. «Napoleone, grande imperatore, vuol dimostrare che Dio ha creato un mondo imperfetto e solo con la forza delle armi lo si perfeziona. Ma le reclute non ne vogliono sapere di combattere in Siberia e fuggono sui monti, come gli ebrei dinanzi al faraone.» Ecco dunque cos’erano i fuochi che brillavano di notte nella pianura e sul Vulture, fuochi di ribellione, segnali di disertori. «Don Paolino, volete dire che i briganti fanno la guerra contro il diavolo e in nome di Cristo?» «Io dico che il mondo s’è guastato, perché una volta contavano l’amicizia e il rispetto e oggi contano il denaro e la forza. E tutti vogliono tutto. Allora si genera la guerra, e il castigo che abbiamo è di due maniere, il flagello dei briganti e la sciagura degli invasori.» “
Raffaele Nigro, I fuochi del Basento, Camunia (collana Fantasia & Memoria), 1987¹; pp. 136-137.
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pietroalviti · 1 year
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A Frosinone oggi si discute di briganti
Eroi o carnefici, banditi o briganti sociali? Questa la domanda cui tenterà di rispondere Carmine Pinto, professore ordinario di storia contemporanea nell’Università degli studi di Salerno, scrittore ed appassionato divulgatore.  Occasione sarà la presentazione del suo ultimo libro “Il brigante ed il generale”. Editori Laterza 2022. Subito dopo l’Unità, scrive l’autore, l’Italia si trovò a…
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lospeakerscorner · 2 years
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La Storia dell’Italia Unita
La Storia dell’Italia Unita
Dalle rivolte al brigantaggio, dalle atrocità subite dal Sud al disastro economico: Enrico Fagnano narra l’Italia unita dopo il 1860 L’ultimo libro di Enrico Fagnano, La Storia dell’Italia Unita (pubblicato e distribuito da Amazon), racconta ciò che accadde nel Meridione dopo il 1860 con particolare riguardo alle conseguenze economiche della cosiddetta unità. Non tralascia altri aspetti, quelli…
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quotesfrommyreading · 2 years
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Maria was six when southern brigands rebelled against various municipalities and the national government that conspired to tax them into the ground. Perhaps Antonio and Lucia joined their ranks with homemade weapons. Almost certainly they prayed to God to get them through each day. Many contadini practiced a Catholic faith far removed from that of the gilded Vatican. For peasant women especially, spiritualism was an intimate source of agency, a venue for the quiet defiance of patriarchal institutions. Women built home altars that incorporated the Virgin Mary and the saints. Women laid their specific needs—bountiful harvests, rebel victories, healthy births, safe abortions—at the feet of the beatified, imitating their ancestors’ ritual offerings to pagan gods and goddesses. Many paintings and statues rendered the Virgin Mary with olive skin to match her supplicants’ hands. Some southern Italians worshipped La Madonna Nera (the Black Madonna).
  —  The Shadow and The Ghost
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klimt7 · 10 months
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Ninco Nanco
Eugenio Bennato Live in Kaulonia
Tarantella Festival
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Il fenomeno del Brigantaggio
nel Meridione italiano
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calabria-mediterranea · 3 months
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"WORTH ONE BRIGAND
The Sacchetiello gang, which operated in Calabria around 1870, is not among the most famous. It is made up of only three men, each with his woman, one of whom is Rosa Reginella (in the photo). Reginella, however, is worth as much as a man because she knows how to use weapons with great ease and participates in the attacks. Three months after her arrest she gave birth to a son in the prisons of Catanzaro."
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In Italian the term brigante referred not only to bandits in the pure sense of the word but also included those with social and political motivations.
Most notably, the word brigand has been employed to describe individuals and groups in Southern Italy, who combatted with troops of the new Kingdom of Italy during the Italian unification process, which was, in reality, an annexation by the House of Savoy. Not just isolated skirmishes, the revolt took on the form of a Southern Italian movement, particularly between 1861 and 1865, and is called the Grande Brigantaggio or the Great Brigandage.
History books, as we know, are written by the victors, so rest assured, most “evidence” of criminal activity in the archives will be detailed and well documented, at least from the official point of view. In Southern Italy, the vast majority of the accused never had an opportunity of defending themselves. This is not to say that every brigand was a saint; however, in the years following unification, there was a cause, and much of the activity could be characterized as falling somewhere between an uprising against an oppressive takeover and basic survival. Brigands included humble people and former soldiers. They were encouraged and aided by the Bourbons in exile as well as the Catholic Church.
The brigand business provided equal opportunity for women in a time when opportunities were non-existent. Female brigands, called brigantesse, were important figures who contributed substantially to the brigand story in Italy.
It's also important to to emphasize that the brigante and the mafioso are two different individuals entirely. Their association is a gross misconception. For southerners, the brigand is a folk hero, a Robin Hood figure in defense of his people. They were popular, locally and all the way up to an international level, with a distribution of their images on souvenir cards of photos taken at their capture, both dead and alive, as propaganda against them.
Follow us on Instagram, @calabria_mediterranea
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officialpenisenvy · 7 days
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il furto la ladreria la scorribanda la frode la sottrazione la predoneria il brigantaggio
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soldan56 · 2 years
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"Il fascismo non veniva considerato un partito politico, ma una forma di brigantaggio protetto dallo Stato.I grossi proprietari s'iscrivevano ai fasci, ma nel restante della popolazione aumentava ogni giorno il disprezzo. "
#EmilioLussu Marcia su #Roma e dintorni
#28ottobre 1922
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libriaco · 4 months
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🎄 Natale a Roma [1589]
Natale 1589. Trecento anni prima della Tour Eiffel, è posta l'ultima pietra della cupola di San Pietro. È il punto di colmo della febbre edilizia cinquecentesca romana, nell'ambito della quale grandi complessi edilizi a blocco — come la Casa madre dei Gesuiti, il Collegio Romano — vengono realizzati in posizioni strategicamente definite e previa demolizione di popolosi quartieri antichi. Gli anni operosi di Sisto V, che vedono i lineamenti di Roma moderna prendere corpo, corrispondono ad una altrettanto rapida degradazione del territorio, accompagnata dalla esplosione in forma inusitata del brigantaggio: un fenomeno sociale che alla morte di Sisto V è talmente preoccupante da richiedere un inasprimento della repressione, già sanguinosamente avviata dal Peretti. Tra il 1590 e il 1595, cinquemila pene capitali colpiscono questa azione «sovversiva».
M. Manieri Elìa, da Città e lavoro intellettuale dal IX al XVIII secolo in Giovanni Previtali (editor), Storia dell'arte italiana. Materiali e problemi. Questioni e metodi. Vol. 1.1, Torino, Einaudi, 1997. Le evidenziazioni sono mie.
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raffaeleitlodeo · 6 months
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Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo; ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell'immensità e impercettibili al resto dell'universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura. Fa' sì che questi errori non generino la nostra sventura. Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l'un l'altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda; fa' che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. Fa' sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati "uomini" non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione. Fa' in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo. Fa' che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una piccola parte di un piccolo mucchio di fango di questo mondo, e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza inorgoglirsi di ciò che essi chiamano "grandezza" e "ricchezza", e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane non c'è nulla da invidiare, niente di cui inorgoglirsi. Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli! Abbiano in orrore la tirannia esercitata sulle anime, come odiano il brigantaggio che strappa con la forza il frutto del lavoro e dell'attività pacifica! Se sono inevitabili i flagelli della guerra, non odiamoci, non laceriamoci gli uni con gli altri nei periodi di pace, ed impieghiamo il breve istante della nostra esistenza per benedire insieme in mille lingue diverse, dal Siam alla California, la tua bontà che ci ha donato questo istante. - Voltaire, Trattato sulla tolleranza
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milleniumbrigante · 9 months
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La Repubblica del Silenzio
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Ho conosciuto Asia (@ninivenemesis) online un po’ di tempo fa. Lei è lombarda, io pugliese, ma se potessimo figurarci la suddivisione animica dell’umanità in due placche di Terra spaccate, io e lei sappiamo che abiteremmo sulla stessa.
Mi ha detto che sarebbe scesa in Lucania insieme a Giacomo Castana (@prospettive.vegetali) per il Naturalmente Tecnologici festival, a Bosco Coste, Grottole. Non sono una frequentatrice di queste formalizzazioni di incontri, ma Giacomo avrebbe portato, assieme ai suoi racconti, i suoi strumenti per dar voce all’energia delle piante. Volevo fare qualcosa di bello insieme ai miei fratelli, uno studioso di scienze naturali, l’altra di musica e percussioni. Mi è sembrata un’ottima idea.
Il festival si è rivelato una sorpresa anche per l’incontro con Anna Albanese, che ha portato alla luce la storia di Michele Mulieri, già raccontato nelle pagine di Rocco Scotellaro, e della sua Repubblica dei Piani Sottani. Anna, in quanto lucana e laureata in Storia e Civiltà Europee, ha recuperato i testi andati perduti del Mulieri e della sua repubblica autonoma che non vedo l’ora di leggere nel dettaglio, perché il racconto della sua personalità, tra l’anarchico assoluto e il piùcchecittadino, ha subito risuonato con la mia attitudine e le mie domande/risposte su come vivere e far vivere questa terra che già dal 1950 - tra conseguenze della riforma agraria, asprezza del territorio, inadempienza delle amministrazioni - sembra tornare sempre più o meno sui soliti punti critici: difficoltà di impresa, polarizzazione sociale, sfruttamento del territorio, esportazione della forza lavoro, necessità di protezione, e quindi, di indipendenza.
Ne è conseguito un dibattito spontaneo con i partecipanti, tutti già sintonizzati sulle stesse frequenza, riguardo una serie di temi correlati alla storia di Mulieri che spaziano tra passato e presente, dal brigantaggio postuintario, all’illusione del mito borbonico, alla figura di Carmine Crocco, alla ricorrente domanda sul senso di attingere o meno ai fondi regionali, statali ed europei, che Mulieri ha affrontato prima di noi, e per noi deve essere un punto di partenza.
Ecco perché il Mulieri mi è già d’ispirazione, e spero di poter portare a frutto questa ricerca anche per voi che mi leggete, perché lo sia anche per voi. Non provo tensione per una risposta, perché il silenzio che ho vissuto nel resto del giorno mi ha ricordato che processo è sempre più rilevante del successo. Riconoscere che i propri obiettivi siano parte di un puzzle più grande della propria linea temporale assegnata, e che quindi la soddisfazione personale derivi dal riconoscere qual è, in questo puzzle, il proprio scopo, è una consapevolezza interreligiosa e che viene dalla Terra. Ed è qui che viene a galla il mio interesse per l’esperienza di Asia, ricercatrice spirituale, e Giacomo, che da tempo è in ascolto delle piante.
Nel resto del pomeriggio infatti, io, Asia, Giacomo e i miei fratelli ci siamo persi nel sentiero di Bosco Coste. Mentre meditavo sulla potenza della Repubblica dei Piani Sottani, nonché sul suo malinconico destino mitologico (ancora per adesso), Giacomo e Asia hanno fatto suonare delle piante per noi, accompagnandoci nella meditazione con passi e parole lenti, con la raccolta di ciò che la terra ci regala con l’intento di realizzare un mandala; mettendoci in attesa, e in silenzio, aiutandoci a prendere confidenza con esso.
Non sempre le piante a cui abbiamo dato voce hanno deciso di cantare per noi. Non abbiamo chiesto niente più di ciò che loro volevano darci. Forse, in questi silenzi, abbiamo sentito anche il peso di un certo sguardo di giudizio, che abbiamo letto come un invito a smettere di cercare qualcosa dall’esterno. Non è sempre necessario che la tecnologia ci aiuti a superare i nostri limiti umani per capire il nostro posto nel mondo. Una pianta ha in sé tutta la saggezza che possiamo già percepire con gli occhi e con le mani senza dover per forza trasformare, con dei sensori, gli impulsi elettrici in musica. E questo, al di là delle implicazioni strettamente personali ed emotive, credo che possa riassumere in poche parole quella che credo essere la mia posizione su progresso tecnologico, in uno scambio dicotomico costante con un'idea di progresso che abbraccia tutto, non solo la tecnologia. In mattinata, dopo aver seguito un workshop sul design sostenibile ho sentito la mancanza di un punto fondamentale nel pensare nuovi mondi e nuove tecnologie oggi: la decrescita. Che non è solo rallentare, non è solo conservare il conservabile. E’ un’idea che ho ritrovato solo in alcuni blog d’ispirazione kackzynskiana, ma con immaginario vagamente solarpunk, escludendo la violenza del manifesto contro la società industriale. In nessuna delle tavole rotonde a cui mi capita di presenziare (vuoi per curiosità, vuoi per speranza) che sono la base dell’economia verde di oggi, sento ricorrere questa idea. C’è la paura che la decrescita porti alla morte, alla perdita di possedimenti, materiali e spirituali, alla perdita di possibilità, alla solitudine. Non ho mai sperimentato niente di più falso da quando ho deciso di applicare questo concetto al mio percorso di vita.
Ora, non pretendo di divulgare queste idee con l’idea che tutti siano nelle condizioni di potersi permettere qui, e ora, l’inizio di una serie di rinunce (perché è di questo che si parla quando si parla di decrescita). Ma il Mulieri, che con la sua benzina venduta a mano stava a un bivio dove passavano tutti, e che mandava lettere di sfida ad Enrico Mattei, comunicava con le istituzioni, o andava a Roma incontrare un altro anarchico, non mai ha rinunciato alla rete per arrivare fino a noi oggi. Anche dove sembra che anche chi lotta sia in qualche modo vittima dello stesso sistema che combatte, diventando potenza reattiva, o generatore di disordine sociale, esiste in realtà una rete di persone che fa del silenzio il suo motivo di coesione. Chi lo tradisce è fuori.
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gregor-samsung · 11 months
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RESPONSABILITÀ E DOVERI
di Antonio Gramsci
“ La convinzione che il regime fascista sia pienamente responsabile dell'assassinio del deputato Giacomo Matteotti, così come è pienamente responsabile di innumerevoli altri delitti non meno atroci e nefandi, è ormai incrollabile in tutti. L'indignazione sollevata da un capo all'altro d'Italia dal nuovo misfatto è rivolta non soltanto contro i masnadieri che hanno rapito in pieno giorno, a Roma, l'on. Matteotti per assassinarlo, non soltanto contro i camorristi che, minacciati dalla parola accusatrice del deputato unitario, ne hanno voluto la soppressione, ma contro tutto un metodo di governo, contro tutto un regime che si regge e si difende con organizzazioni brigantesche, che contrappone alle critiche avversarie le sanguinose imprese della sua mano nera, che adopera sistematicamente il bastone o il pugnale o la benzina per far tacere le voci moleste. Il governo tenta disperatamente di respingere da sé ogni responsabilità ed ogni colpa, il fascismo tenta di provare la propria innocenza condannando gli esecutori materiali del delitto. Tentativi puerili. Bisognava non esaltare la balda Gioventú sportiva che organizzò freddamente e compi l'orrenda strage di Torino; bisognava non esaltare e non sottrarre ad ogni punizione i banditi che da due anni terrorizzano l'Italia; bisognava poter governare senza ricorrere ogni giorno al delitto. Ma nella confessione stessa del governo di non poter rinunciare alle proprie bande armate, di non poter restituire una legge al popolo italiano, di non poter vivere senza far pesare sul popolo la minaccia permanente della violenza e dell'arbitrio, di dover sempre esaltare la virtú del ferro e del piombo, è la prova definitiva della colpa del regime. E la coscienza del popolo è insorta contro tutti i colpevoli. Anche i filofascisti, difensori per professione e per definizione di tutta l'opera del governo, hanno dovuto per un certo tratto seguire la corrente; ma il loro scopo era evidente ed è ormai raggiunto: impedire che il regime fosse travolto dalla stessa ondata di indignazione che ha travolto gli assassini. Invece tutti i partiti d'opposizione si sono immediatamente schierati, alla testa delle loro forze, contro il governo, contro il fascismo. Essi hanno compreso, al pari della grande maggioranza degli italiani, che, per eliminare il delitto dalla scena politica, occorre eliminare le cause del delitto, occorre il disarmo delle guardie bianche, la dispersione delle centrali di brigantaggio: la distruzione, cioè, di tutte le forze che tengono in piedi il fascismo. Questa esatta valutazione della situazione e delle necessità dell'ora imponeva ai partiti d'opposizione dei doveri, dei sacri doveri che non sono stati compiuti. Il tragico episodio ha dimostrato che è necessario proteggere la vita e l'incolumità personale dei cittadini seriamente minacciate dal fascismo. Alla commozione di tutto il popolo non è estranea la sensazione precisa di questa minaccia particolarmente grave per gli operai ed i contadini, minaccia che non scomparirà fino a quando il fascismo non sarà eliminato dal governo. Ebbene, che cosa hanno fatto le Opposizioni per raggiungere qualche risultato concreto? Esse si sono irrigidite in una posizione di attesa, con la speranza forse che lo scandalo dilagante sarebbe bastato da solo a colpire a morte il governo fascista. È certo che questa è un'illusione. Il governo fascista è riuscito fino ad ora a rimanere in piedi soltanto per la forza delle sue squadre armate e saranno le squadre armate che lo difenderanno fino all'estremo. L'attesa passiva è dunque una colpa. Se le Opposizioni borghesi non hanno forze organizzate per scendere in lotta, le Opposizioni proletarie possono contare sull'esasperazione di tutta la classe lavoratrice non piú disposta a sopportare una tirannia feroce. Bisogna saper raggiungere, attraverso lo stato d'animo che s'è venuto in questi giorni formando, l'unità della classe lavoratrice, unità indispensabile al raggiungimento della vittoria. “
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Testo dell’articolo apparso senza firma su «Stato Operaio» del 19 giugno 1924.
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serica-e · 11 months
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Idk if this is controversial but we treat the brigantaggio as this taboo and horrible dark time (which yes it was violent, it wasn't good) .... But never give that same energy to the Italian government who neglected certain parts of the country and left poorer communities in inhumane situations.
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ikasdu64 · 1 year
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mishervellous · 2 years
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Are you into history? If so, do you have any specific field of interest?
yes i am!! amateur history buff reporting for duty! i’d say uuhh either WWII or southern italian history, brigantaggio, post-unification shenanigans and the likes but also the european 1600s/1700s!!
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carmenvicinanza · 2 months
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Maria Oliverio, la brigante Ciccilla
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Maria Oliverio è stata una donna dedita al brigantaggio in Calabria dopo la proclamazione del Regno d’Italia di Vittorio Emanuele II.
Il nome di battaglia, Ciccilla, era stato scelto in disprezzo di Francesco II delle Due Sicilie, chiamato dal popolo, Franceschiello.
Nacque il 30 agosto 1841 a Casole Bruzio, in provincia di Cosenza, e da giovanissima svolse l’attività di filatrice. Donna libera e ribelle, abituata a cavarsela da sola, ha sempre seguito il suo istinto e le sue ragioni.
Nel 1858, all’età di 17 anni, sposò Pietro Monaco, prima soldato dell’esercito meridionale, poi volontario garibaldino, deluso dalle mancate promesse divenne disertore e si trasformò in uno dei più abili e feroci briganti della storia.
Nel marzo 1862, per costringere il marito a costituirsi, venne arrestata da Pietro Fumel mandato in Calabria per reprimere il brigantaggio, famoso per le torture, le esecuzioni pubbliche, lo scempio dei cadaveri decapitati e impalati nelle pubbliche piazze.
Mentre era in carcere le era arrivata voce che sua sorella Teresa era l’amante di suo marito, appena uscita, andò da lei e la uccise nel sonno con numerosi colpi d’accetta, davanti ai nipoti.
Per sfuggire al corso della giustizia, si unì alla banda dei briganti del marito nella Sila e, abile nel tiro e audace nell’azione, scalò presto le gerarchie di comando.
Durante i pochi anni passati a combattere si è resa protagonista di due imprese clamorose: il sequestro di nove persone a Acri il 31 agosto 1863 e il rapimento di due cugini che fruttò alla banda la cifra record per i tempi di 20.000 ducati.
La banda di cui ha fatto parte, composta da una quarantina di elementi, compì furti, violenze, incendi e omicidi.
Il 24 dicembre 1863, suo marito venne ucciso a tradimento durante il sonno. Lei, rimasta ferita al polso durante la sparatoria, prese il comando della banda e tenne in scacco l’esercito del re per quasi due mesi. Rifugiata in una grotta nella Sila, aveva vissuto come una lupa, cacciando da sola gli animali da mangiare, scaldandosi con un piccolo fuoco, rintanata per non farsi scoprire. Venne catturata, perché tradita dai contadini del luogo. Dopo uno scontro a fuoco in cui rimase asserragliata per un giorno intero, dovette soccombere al nemico che all’inizio, l’aveva scambiata per un uomo.
Il processo, che la vide imputata per trentadue capi d’accusa, si tenne a Catanzaro davanti al Tribunale di Guerra il 16 febbraio 1864, aveva ventidue anni.
Scritture del tempo citano: “Si fa noto che si è qui presentata vestita da uomo indossando gilè di panno a colore, giacca e pantaloni di panno nero e il capo avvolto in un fazzoletto.”
Si era dichiarata illetterata mentre, in realtà, sapeva leggere e scrivere, aveva fatto le scuole elementari e rubato i libri al marito per indottrinarsi, ma aveva preferito farsi passare come una tessitrice ignorante davanti alla legge. Così come andava in giro vestita da uomo perché era l’unico modo per sentirsi libera e avere il comando di una pattuglia.
Dei vari reati di cui era accusata negò tutto tranne l’assassinio di sua sorella, sostenendo che agli altri omicidi ed atti delittuosi era stata costretta.
La condanna fu esemplare, è stata l’unica donna coinvolta nel brigantaggio condannata a morte, sentenza poi commutata in carcere a vita da Vittorio Emanuele II. Venne rinchiusa nella fortezza di Fenestrelle a Torino, tristemente famosa come luogo di pena di tanti combattenti ed ex soldati borbonici.
È morta, verosimilmente, dopo 15 anni, nel 1879, ma non esistono documentazioni certe che ci possano far risalire alla successiva storia della sua vita o ai dati relativi alla sua data di morte o luogo di sepoltura.
La figura di Ciccilla ha affascinato lo scrittore Alexandre Dumas che, sul suo giornale L’Indipendente, scrisse un racconto sulle sue gesta e quelle del marito dal titolo Pietro Monaco sua moglie Maria Oliverio e i loro complici.
La sua storia viene citata in diversi libri sul brigantaggio che la descrivono come abile stratega, avvezza a una vita di fatica, che sapeva usare bene le armi, terribile coi traditori, combattiva con i soldati piemontesi ma mite con gli ostaggi e le persone innocenti. Perfettamente integrata nella banda, godeva dell’assoluta fiducia del compagno e sovente ne faceva le veci.
La sua vita è stata recentemente raccontata nel romanzo Italiana di Giuseppe Catozzella del 2021 e ha ispirato il film Brutta Cera di Andrea Bonanno, del 2019.
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