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#roma di federico fellini
lascitasdelashoras · 3 months
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Federico Fellini - La Dolce Vita, Fontana di Trevi
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angelap3 · 28 days
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“A Roma, dopo la guerra, facevo il contabile in una casa cinematografica: la Rank Film. Non ero riuscito a inserirmi nell’industria edilizia e una cugina m’aveva trovato quel posto alla Rank. Qui lavoravo, o fingevo di lavorare, con cinque donne: in una stanza tappezzata con i ritratti di attori come James Mason, Patricia Neal, Margaret Lockwood, Phyllis Calvert. Forse influenzato da ciò, lasciavo che le cinque donne sgobbassero per me e passavo le giornate leggendo ad alta voce libri di poesie. Leggevo bene. Un giorno, la signora della stanza accanto mi disse:
«Ho un cognato che recita all’università, vuole che gli parli di lei?». «Magari, risposi». Guadagnavo 28mila lire al mese che se ne andavano in medicine per mio padre ammalato. Mai un cinematografo, mai uno svago, tutt’al più un po’ di biliardo. Mi iscrissi all’università, facoltà di Economia e commercio, per frequentare l’Accademia d’arte drammatica. Mi piacque. Recitai due anni mentre gli amici del quartiere mi prendevano in giro: «Ecché, se’ diventato frocio?».
Poi Luchino Visconti mi vide, per caso, e mi mandò a chiamare: gli serviva un giovane e pensava di scritturarmi. Dissi: «Quanto?». Rispose: «2.500 al giorno». «75mila al mese, Gesù!». Lasciai subito la Rank e per mesi non confessai nulla a mia madre: ogni mattina continuavo a uscire alle otto e a dire che andavo in ufficio. Mi ci volle coraggio per confessare la verità. Lei la prese bene ma sussurrò: «Figlio mio, durerà?». Lo ripete ancora: «Figlio mio, stacci attento. Con tutti i camerieri che hai, con quel che costa la vita. Un buon impiego sarebbe stato meglio». È convinta che, se fossi entrato alle Ferrovie dello Stato, ora sarei capostazione e avrei i biglietti gratis per la famiglia.
Io ho avuto tanta fortuna, solo fortuna. La fortuna che a Visconti servisse un giovanotto rozzo come me. La fortuna che la sua compagnia fosse la più importante e allineasse attori come Ruggero Ruggeri, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Vittorio Gassman. La fortuna che Gassman se ne andasse e io prendessi il suo posto. La fortuna che mi offrissero il cinema, infine, grazie a questo nasino che detesto. Ma il successo di un attore non è quasi mai legato a ragioni nobili e serie. A me si addice la battuta che c’è in un film di Federico Fellini: «Ho troppe qualità per essere un dilettante e non ne ho abbastanza per essere un professionista»."
Marcello Mastroianni
Marcello in 8½ di Fellini
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Sul set di Il Casanova Il film più funereo e immaginifico di Federico Fellini.
"Mi sembra che il volto di Donaldino [Donald Sutherland] fosse perfettamente adatto all'immagine di un italiano immaturo, infantile, una specie di Pinocchio nell'utero, che era l'immagine che avevo del vero Casanova, che consideravo essere uno stronzo, uno stupido, un idiota. Solo un grande attore professionista come Sutherland poteva effettivamente incarnare queste qualità negative. [...] Il Casanova fu il prodotto della disarmante intenzione di un regista di prendere delle parti della sua vita e gridare le sue scoperte dai tetti di Roma. Il film m'insegnò che l'assenza dell'amore è la peggiore sofferenza che si possa sopportare"
Federico Fellini
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dinonfissatoaffetto · 27 days
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"A Roma, dopo la guerra, facevo il contabile in una casa cinematografica: la Rank Film. Non ero riuscito a inserirmi nell’industria edilizia e una cugina m’aveva trovato quel posto alla Rank. Qui lavoravo, o fingevo di lavorare, con cinque donne: in una stanza tappezzata con i ritratti di attori come James Mason, Patricia Neal, Margaret Lockwood, Phyllis Calvert. Forse influenzato da ciò, lasciavo che le cinque donne sgobbassero per me e passavo le giornate leggendo ad alta voce libri di poesie. Leggevo bene. Un giorno, la signora della stanza accanto mi disse:
«Ho un cognato che recita all’università, vuole che gli parli di lei?». «Magari, risposi». Guadagnavo 28mila lire al mese che se ne andavano in medicine per mio padre ammalato. Mai un cinematografo, mai uno svago, tutt’al più un po’ di biliardo. Mi iscrissi all’università, facoltà di Economia e commercio, per frequentare l’Accademia d’arte drammatica. Mi piacque. Recitai due anni mentre gli amici del quartiere mi prendevano in giro: «Ecché, se’ diventato frocio?».
Poi Luchino Visconti mi vide, per caso, e mi mandò a chiamare: gli serviva un giovane e pensava di scritturarmi. Dissi: «Quanto?». Rispose: «2.500 al giorno». «75mila al mese, Gesù!». Lasciai subito la Rank e per mesi non confessai nulla a mia madre: ogni mattina continuavo a uscire alle otto e a dire che andavo in ufficio. Mi ci volle coraggio per confessare la verità. Lei la prese bene ma sussurrò: «Figlio mio, durerà?». Lo ripete ancora: «Figlio mio, stacci attento. Con tutti i camerieri che hai, con quel che costa la vita. Un buon impiego sarebbe stato meglio». È convinta che, se fossi entrato alle Ferrovie dello Stato, ora sarei capostazione e avrei i biglietti gratis per la famiglia.
Io ho avuto tanta fortuna, solo fortuna. La fortuna che a Visconti servisse un giovanotto rozzo come me. La fortuna che la sua compagnia fosse la più importante e allineasse attori come Ruggero Ruggeri, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Vittorio Gassman. La fortuna che Gassman se ne andasse e io prendessi il suo posto. La fortuna che mi offrissero il cinema, infine, grazie a questo nasino che detesto. Ma il successo di un attore non è quasi mai legato a ragioni nobili e serie. A me si addice la battuta che c’è in un film di Federico Fellini: «Ho troppe qualità per essere un dilettante e non ne ho abbastanza per essere un professionista»."
- Marcello Mastroianni
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fashionbooksmilano · 1 year
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Bellissime
modi di essere della bellezza femminile a Roma nella fotografia del’900
da un’idea di Vittoria Carli e Natalia Paganelli
Testi di Federico Fellini, Massimo Di Forti, Antonio Mancinelli, Natalia Paganelli
Idea Books, Milano 1989, 40 pagine, 20 foto b/n, brossura, in 8°, ISBN 978-8870170696
euro 15,00
email if you want to buy :[email protected]
Mostra promossa dal Consorzio Moda Roma - Fiera di Roma Dal 4 al 23 aprile 1989
Questo libro presenta dei ritratti in bianco e nero di figure femminili che sono passate da Roma nel grande periodo degli studi di Cinecittà : da Lina Cavalieri a Ornella Muti, passando da Gina Lollobrigida, Ava Gardner, Anita Ekberg, Silvana Pampanini, o anche Anna Magnani, Isabella Rossellini, Allegra Caracciolo, Domitilla Ruspoli , tra le altre.
20/01/23
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telefonamitra20anni · 2 months
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Te lo racconto (al telefono) io.
A Roma, dopo la guerra, facevo il contabile in una casa cinematografica: la Rank Film. Non ero riuscito a inserirmi nell’industria edilizia e una cugina m’aveva trovato quel posto alla Rank. Qui lavoravo, o fingevo di lavorare, con cinque donne: in una stanza tappezzata con i ritratti di attori come James Mason, Patricia Neal, Margaret Lockwood, Phyllis Calvert. Forse influenzato da ciò, lasciavo che le cinque donne sgobbassero per me e passavo le giornate leggendo ad alta voce libri di poesie. Leggevo bene. Un giorno, la signora della stanza accanto mi disse:
«Ho un cognato che recita all’università, vuole che gli parli di lei?». «Magari, risposi». Guadagnavo 28mila lire al mese che se ne andavano in medicine per mio padre ammalato. Mai un cinematografo, mai uno svago, tutt’al più un po’ di biliardo. Mi iscrissi all’università, facoltà di Economia e commercio, per frequentare l’Accademia d’arte drammatica. Mi piacque. Recitai due anni mentre gli amici del quartiere mi prendevano in giro: «Ecché, se’ diventato frocio?». Poi Luchino Visconti mi vide, per caso, e mi mandò a chiamare: gli serviva un giovane e pensava di scritturarmi. Dissi: «Quanto?». Rispose: «2.500 al giorno». «75mila al mese, Gesù!». Lasciai subito la Rank e per mesi non confessai nulla a mia madre: ogni mattina continuavo a uscire alle otto e a dire che andavo in ufficio. Mi ci volle coraggio per confessare la verità. Lei la prese bene ma sussurrò: «Figlio mio, durerà?». Lo ripete ancora: «Figlio mio, stacci attento. Con tutti i camerieri che hai, con quel che costa la vita. Un buon impiego sarebbe stato meglio». È convinta che, se fossi entrato alle Ferrovie dello Stato, ora sarei capostazione e avrei i biglietti gratis per la famiglia.
Io ho avuto tanta fortuna, solo fortuna. La fortuna che a Visconti servisse un giovanotto rozzo come me. La fortuna che la sua compagnia fosse la più importante e allineasse attori come Ruggero Ruggeri, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Vittorio Gassman. La fortuna che Gassman se ne andasse e io prendessi il suo posto. La fortuna che mi offrissero il cinema, infine, grazie a questo nasino che detesto. Ma il successo di un attore non è quasi mai legato a ragioni nobili e serie. A me si addice la battuta che c’è in un film di Federico Fellini: «Ho troppe qualità per essere un dilettante e non ne ho abbastanza per essere un professionista».
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giallofever2 · 4 months
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Oggi ci lascia una delle più Grandi Attrici, Icona Mondiale del Cinema Italiano nel Mondo… R.I.P. SANDRA MILO, pseudonimo di Salvatrice Elena Greco (Tunisi, 11 marzo 1933 – Roma, 29 gennaio 2024) è stata un’attrice e conduttrice televisiva italiana.
Con la partecipazione a film come Il generale Della Rovere, Adua e le compagne, Fantasmi a Roma, Giulietta degli spiriti e, soprattutto, 8½, premiato con l’Oscar, è stata tra le protagoniste del cinema italiano degli anni sessanta e fu, insieme ad altre attrici come Claudia Cardinale e Giulietta Masina, musa del regista Federico Fellini. #sandramilo #italiancultcomedy #italiancultcomedymovie #italiancultcomedymovies #commediaallitaliana #cinemaitaliano #commediaitaliana #italiancomedy #comedymovie #italianactor #commediaitalia #attoreitaliano #attriciitaliane #italianactress #giallocomedy #italiancinema #italianactors #spaghetticomedy #attoriitaliani #cinema #film #movie #giuliettadeglispiriti #ilgeneraledellarovere #lavisita
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metaphore--s · 7 months
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Anna Magnani nel film "Roma" di Federico Fellini
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In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti".
Oggi l'opera prescelta è "Autobiografia del Blu di Prussia" di Ennio Flaiano.
«Se in un quadro i cattivi umori del pittore, le sue torbide malinconie, i suoi errori, le sue sfrenate ambizioni condensano e s’esprimono, state certi che là, in quel punto, troverete la mia ombra, l’ombra del Blu». Flaiano scrive i testi – racconti, apologhi, stralci di cronaca, epigrammi – che formano questa composita raccolta con la stessa livida cromia, e li tramuta in autobiografia indiretta. Descrive luoghi dell’Abruzzo natio in cui la desolazione è profondamente radicata e figure che, su quei fondali, paiono inesorabilmente votate all’autodistruzione: come l’intellettuale romantico e decadente che sospende un’assunzione fatale di veronal solo per la momentanea fioritura di una rosa, o il giovane, ultimo di sei fratelli, cui la famiglia non perde occasione di rinfacciare il suo status di indesiderato, di nato «a tavola sparecchiata». E quando, nel più lungo di questi racconti, Flaiano rievoca la vicenda di uno zio prete, don Oreste, la narrazione affonda ancor più tra quelle rocce scarne, dove «i cattivi umori della terra cristallizzano» e generano quel blu di Prussia «velenoso, sordido, intelligente e pieno di rancori sociali». Ma sarebbe strano se questo brulichio di volti ignoti e misconosciuti non celasse fisionomie storiche: le troviamo nella luce autunnale di una Roma così toccata dalla grazia da far dire a Vincenzo Cardarelli, appena uscito dal cinema, che «con un cielo simile si può rinviare un suicidio».
Si tratta di una raccolta di racconti, apologhi, stralci di cronaca, epigrammi, divisa in tre parti (la prima è quella che conferisce il titolo al libro). In appendice al testo vengono anche riprodotti in facsimile alcuni “schizzi” dello stesso Flaiano di opere da fare.
Dopo la morte di Flaiano i suoi libri postumi si sono succeduti con frequenza: scrisse tantissimo, ma di romanzi ne diede alle stampe soltanto uno, perciò tutto il resto è composto da racconti, aforismi, articoli etc. "Autobiografia del Blu di Prussia" fu il primo libro pubblicato postumo, in prima edizione da Rizzoli nel 1974 e come ci racconta Cesare Garboli che l’ha redatto (o meglio dire composto), buona parte del materiale era stato scelto dall'autore. In pratica alla sua morte, la vedova ha aperto le porte dello studio e lì, ben disposti in diversi raccoglitori, Flaiano aveva lasciato una sorta di resoconto del proprio lavoro, catalogando quanto pubblicato mentre il resto era stato ordinato. Ennio Flaiano (1910 – 1972) è stato uno sceneggiatore, scrittore, giornalista, umorista, critico teatrale e cinematografico e drammaturgo italiano. Specializzato in elzeviri, Flaiano scrisse per “Oggi”, “Il Mondo”, il “Corriere della Sera” e altre testate. Lavorò a lungo con Federico Fellini, con cui collaborò ampiamente ai soggetti e alle sceneggiature dei suoi più celebri film, tra i quali “La strada”, “La dolce vita”e ”8½”. Fine e ironico moralista, ma anche acre e tragico al tempo stesso, produsse opere narrative e varie prose tutte percorse da un'originale vena satirica e un vivo senso del grottesco, attraverso cui vengono stigmatizzati gli aspetti paradossali della realtà contemporanea. Creava continuamente mottetti e aforismi, molti dei quali ancora di uso comune. Fu il primo vincitore del premio Strega, nel 1947, con il suo più famoso romanzo, “Tempo di uccidere”. Alla sua memoria, nel 1974, gli è stato dedicato il Premio Flaiano, il concorso più importante per soggettisti e sceneggiatori del cinema. La manifestazione si svolge ogni anno nella sua città natale, Pescara, che, dopo la sua morte, gli ha intitolato una strada nel centro storico e l'omonimo ponte sul fiume Pescara.
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carmenvicinanza · 20 days
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Laura Betti
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«Sono comunque un’attrice ed ho una necessità fisica di perdermi nel profondo degli intricati corridoi dove si inciampa tra le bave depositate da alieni, tele di ragno luminose e mani, mani che ti spingono verso i buchi neri screziati da lampi di colore, infiniti, dove sbattono qua e là le mie pulsioni forse dimenticate da sempre oppure taciute… per poi ritrovare l’odore della superficie e rituffarmi nel sole dei proiettori, nuova, altra».
Laura Betti è stata un’attrice talentuosa, vivace e intensa. La cattiva per antonomasia delle grandi dive del cinema italiano.
Ha recitato in circa settanta film, diretta dai più grandi registi e registe del Novecento come Federico Fellini, Roberto Rossellini, Mario Monicelli, Bernardo Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, Gianni Amelio, Francesca Archibugi, i fratelli Taviani, in capolavori come La dolce vita, Teorema, Sbatti il mostro in prima pagina, Nel nome del padre, Il grande cocomero e molti altri ancora.
Tra le interpretazioni più memorabili c’è sicuramente quella in Novecento di Bertolucci (1976) in cui ha interpretato Regina, personaggio dall’aria sinistra, quasi stregonesca, amante del fascista Attila, interpretato da Donald Sutherland.
Sul suo modo di esprimersi con le parole, il linguaggio, la voce roca e impastata, la fisicità, ci sono stati anche diversi studi accademici.
Artista a tutto tondo, ha recitato a teatro, cinema, televisione e lavorato a lungo come doppiatrice.
Soprannominata giaguara per la sua vitalità aggressiva e incontenibile associata a un passo felpato, quello con cui entrava in un film con un ruolo non da protagonista, per poi rubare la scena a tutti gli altri.
Nata col nome di Laura Trombetti a Casalecchio di Reno, Bologna, il 1º maggio 1927, ha esordito come cantante jazz, per poi passare al cabaret con Walter Chiari ne I saltimbachi. 
Nel 1955 ha debuttato in teatro ne Il crogiuolo di Arthur Miller, con la regia di Luchino Visconti, seguito poi da spettacoli storici come il Cid di Corneille, in coppia con Enrico Maria Salerno e I sette peccati capitali di Brecht e Weill.
Il recital Giro a vuoto, del 1960, realizzato in collaborazione dei più grandi talenti letterari dell’epoca che amavano riunirsi nella sua casa romana, a Parigi venne recensito positivamente dal fondatore del movimento del surrealismo, André Breton.
Al cinema ha esordito nel 1956, in Noi siamo le colonne di Luigi Filippo D’Amico. Le prime parti importanti sono state in Labbra rosse di Giuseppe Bennati, Era notte a Roma di Roberto Rossellini, e soprattutto ne La dolce vita di Federico Fellini, dove interpretava una giovane saccente che nella scena finale della festa si vede rovesciare un bicchiere d’acqua in faccia da Marcello Mastroianni.
Fondamentale è stato il sodalizio con Pier Paolo Pasolini, che l’ha diretta in diverse opere teatrali e cinematografiche, tra cui svetta Teorema, che le è valso la Coppa Volpi come miglior attrice al Festival del Cinema di Venezia. 
È stata la sua musa, definita da lui “una tragica Marlene Dietrich, una vera Greta Garbo che si è messa sul volto una maschera inalterabile di pupattola bionda”. Meglio di chiunque, è riuscito a sfruttare la sua capacità di caratterizzare i personaggi con la sua fisicità intensa, il forte segno caratteriale, spesso aspro, e la sua voce dal timbro pastoso.
A partire dagli anni ’70 ha cominciato a interpretare soprattutto ruoli da cattiva, scomodi e sgradevoli che, seppur secondari, restavano impressi nella memoria del pubblico.
Dopo la morte di Pasolini, nel 1975, ha tentato in tutti i modi di fare giustizia all’amico, sporse anche denuncia contro la magistratura per come erano state svolte le indagini sull’omicidio, le cui cause ancora oggi, restano oscure.
Ha continuato a farlo vivere, ricordandolo, scrivendone, dirigendo documentari su di lui.
Con Giovanni Raboni, ha pubblicato, nel 1977 Pasolini cronaca giudiziaria, persecuzione, morte seguito, due anni dopo, dal romanzo Teta Veleta il cui titolo è un riferimento a uno scritto giovanile del grande intellettuale.
Nel 1983 ha ideato e diretto il Fondo Pier Paolo Pasolini che per oltre vent’anni ha avuto la sede a Roma, poi spostato a Bologna, quando, nel 2003, ha creato il Centro Studi Archivio Pier Paolo Pasolini, con oltre mille volumi e altro materiale relativo alle opere dello scrittore e regista.
Nel 2001, con Paolo Costella, ha diretto il documentario Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno.
È stata anche la protagonista del libro di Emanuele Trevi Qualcosa di scritto, che evidenzia come lei sia stata la vera erede spirituale di Pasolini e incontrarla è come incontrare lo scrittore, perché rimasta plasmata e posseduta dalla sua vivida presenza.
In Francia, paese che l’ha adorata e riverita molto più dell’Italia, nel 1984 è stata nominata Commandeur des Arts et Lettres.
Laura Betti si è spenta a Roma il 31 luglio 2004.
Dopo la sua morte, il fratello, ha donato al Centro Studi Archivio Pier Paolo Pasolini anche tutti i documenti personali della carriera della sorella, raccolti sotto il nome Fondo Laura Betti, inoltre la sua città di origine, Casalecchio di Reno, nel 2015, le ha intitolato il Teatro Comunale.
Del 2011 è il documentario La passione di Laura, diretto da Paolo Petrucci, in cui viene ripercorsa la carriera dell’attrice raccogliendo anche le testimonianze di registi e intellettuali come Bernardo Bertolucci, Francesca Archibugi, Giacomo Marramao e Jack Lang. Il film è stato candidato ai Nastri d’Argento del 2012 tra i migliori documentari.
Laura Betti ha concentrato la sua esistenza nella ricerca della verità. Nell’arte, nella vita, tra la poesia che ha frequentato, nella sua recitazione.
Aveva carisma e fascino, sapeva sperimentare e aveva uno straordinario dinamismo dell’intelletto. 
Ha avuto ruoli fuori dai canoni e per questo è stata difficilmente inquadrabile.
Ha saputo intrecciare linguaggi differenti come il cabaret, la canzone, il teatro, il cinema, la rivista.
Dipinta con tratti alterni, di sicuro ha saputo lasciare la sua impronta decisa e precisa nella storia della cultura italiana.
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lascitasdelashoras · 15 days
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Paolo Di Paolo
Simone Signoret and Yves Montand, Aventino, Rome, 1956
Federico Fellini y Giulietta Masina, Venecia
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lamilanomagazine · 1 month
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Cultura, consegnati a Roma i “Premi Nazionali per la Traduzione” 2023
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Cultura, consegnati a Roma i “Premi Nazionali per la Traduzione” 2023 Sono stati consegnati il 16 aprile, a Roma, al Ministero della Cultura, i “Premi Nazionali per la Traduzione”, edizione 2023. I riconoscimenti, istituiti nel 1988, sono destinati a traduttori ed editori italiani e stranieri che abbiano contribuito, con le loro opere, ad elevare la quantità e la qualità degli scambi reciproci fra la cultura italiana e le altre culture. La commissione, presieduta dalla professoressa Tiziana Lippiello e composta da Maria Cristina Assumma, Michele Bernardini, Daria Galateria, Emma Giammattei, Camilla Miglio, Franca Poppi e Barbara Ronchetti, con il supporto della Direttrice generale Biblioteche e diritto d’autore del MiC, Paola Passarelli, ha conferito 8 premi, 4 maggiori e 4 speciali. Alla premiazione era presente il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “Il lavoro del traduttore è un vero e proprio impegno creativo, una maestria artigiana che supera per sublimarlo il mero esercizio linguistico. Si tratta di alte professionalità artistiche, letterati capaci di trasmettere non solo i pensieri ma anche le emozioni degli autori tradotti. Per citare Josè Saramago: mentre lo scrittore rende la letteratura nazionale, il traduttore la rende universale”, ha detto la Direttrice Passarelli. I premi maggiori sono andati a: Francesco Zambon (Italia): vanta un altissimo profilo di filologo romanzo e di traduttore letterario. Sue le traduzioni di alcuni tra i più importanti trattati cristiani del XII secolo tra cui il “De Contemplando Deo”, il “De natura et dignitate amoris” di Guglielmo di Saint Thierry e il “De diligendo Deo” di Bernardo di Clairvaux. Le tre opere presentate sono collegate dalla straordinaria perizia del traduttore, un filologo che tiene a restituire al lettore “il sapore massimo di ogni parola”; Carlos Ortega Mayor (Spagna): ha presentato tre proposte di altissimo interesse per l’originalità dei testi e per la qualità della traduzione, traducendo in spagnolo “La Bella Estate” di Cesare Pavese, “Riccardino” di Andrea Camilleri, pubblicato postumo, “Dopo il Divorzio” di Grazia Deledda; Casa Editrice Edicola (Italia): casa editrice indipendente, specializzata nella pubblicazione di opere di autori cileni contemporanei tra i più apprezzati e premiati, quali Andrés Montero, Maria José Ferrada e Nona Fernández. Pregevole la collana “Al tiro”, che raccoglie racconti e romanzi brevi degli autori cileni di maggior talento; Casa Editrice Colibrì (Bulgaria): casa editrice fondata nel 1990, con sede a Sofia, offre variegate proposte letterarie, dai classici moderni italiani quali Italo Calvino, Elena Ferrante, Dino Buzzati e Umberto Eco tradotti in bulgaro, a traduzioni di classici senza tempo, grazie alla collana che raccoglie i “Classici del mondo” come Dante Alighieri. Degna di essere ricordata infine, la collana “Amarcord”, che ospita le memorie di illustri protagonisti del cinema, tra i quali, Marcello Mastroianni, Franco Zeffirelli, Claudia Cardinale, Federico Fellini; I premi speciali sono andati a: Anna Isabella Squarzina: professore associato di lingua e traduzione francese è dotata di una sensibilità non comune. Traduttrice di un testo raro di Jean Starobinski, intitolato “Poetiche della nostalgia”, riproduce, al di là delle fedeltà ermeneutica, il ritmo “malinconico” della scrittura del grande critico. Di massimo rilievo inoltre, è la sua prima traduzione mondiale dei “Settantacinque Fogli” di Marcel Proust, curatissima in ogni dettaglio e caratterizzata da una eccezionale eleganza stilistica; Annelisa Alleva: da anni apprezzata nel panorama italiano e internazionale come poeta, saggista e traduttrice, ha tradotto con grande abilità autori di spicco della tradizione russa come Lev N. Tolstoj ed Aleksandr Puškin. Le sue traduzioni puškiniane costituiscono l’approdo di un importante lavoro durato decenni. “Scrittrice che traduce”, come lei stessa preferisce definirsi, Alleva intreccia competenze diverse. Ha pubblicato varie raccolte di versi, tra cui “La casa rotta”, insignita del premio “Sandro Penna” nel 2010. Fulvio Bertuccelli: studioso caratterizzato da un’intensa attività come traduttore, soprattutto rivolta alla letteratura turca contemporanea. Si segnala la capacità di resa in italiano di opere turche abbastanza rare, mai tradotte in lingue europee con un valore aggiunto importante: l’attenzione per i problemi sociali della Turchia odierna. Tra le opere da lui tradotte in italiano, “Yusuf di Kuyucak” di Sabahattin Ali e “Zamir” di Hakan Gűnday, autori molto apprezzati dal pubblico turco, tradotti in italiano con una resa estremamente convincente. Guia Minerva Boni: traduttrice con un ricco curriculum di traduzioni e di interventi sulla traduttologia, traduce dal portoghese, dal francese e dall’inglese. Ha tradotto “La divina irrealtà delle cose. Aforismi e dintorni” di Fernando Pessoa, “La donna che scrisse la Bibbia” del brasiliano Moacyr Scliar, “Peregrinazione” del portoghese Fernão Mendes Pinto. Particolarmente lodevole quanto presentato sia per la complessità del testo tradotto che per il suo valore storico-culturale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Il Cinema Anni '60: Un Decennio di Rivoluzione e Sogni
Il decennio degli anni '60 rappresenta un periodo di grande fermento e innovazione per il cinema, sia in Italia che nel resto del mondo. È un'epoca di rottura con le convenzioni del passato, di sperimentazione e di nuovi linguaggi, che riflettono i cambiamenti sociali e culturali in atto. In Italia: - Il decennio si apre con la "commedia all'italiana", genere satirico e grottesco che denuncia i vizi e le contraddizioni della società italiana del boom economico. Film come "La dolce vita" di Federico Fellini (1960), "Divorzio all'italiana" di Pietro Germi (1961) e "Il sorpasso" di Dino Risi (1962) diventano icone di un'epoca. - Michelangelo Antonioni emerge come uno dei maestri del cinema d'autore con la sua "trilogia dell'incomunicabilità": "L'avventura" (1960), "La notte" (1961) e "L'eclisse" (1962). - Sergio Leone rivoluziona il genere western con la sua "Trilogia del dollaro": "Per un pugno di dollari" (1964), "Per qualche dollaro in più" (1965) e "Il buono, il brutto, il cattivo" (1966). - Pier Paolo Pasolini porta sullo schermo la sua poetica visionaria e politica con film come "Accattone" (1961), "Mamma Roma" (1962) e "Il Vangelo secondo Matteo" (1964). Nel resto del mondo: - La Nouvelle Vague francese, nata alla fine degli anni '50, continua a influenzare il cinema con il suo stile anticonformista e la sua attenzione alla soggettività. Film come "Fino all'ultimo respiro" di Jean-Luc Godard (1960) e "Jules e Jim" di François Truffaut (1962) sono esempi emblematici. - Il cinema americano vive una fase di rinnovamento con la nascita del New Hollywood, che si contrappone al classicismo hollywoodiano. Registi come Stanley Kubrick ("2001: Odissea nello spazio", 1968), Arthur Penn ("Bonnie and Clyde", 1967) e Mike Nichols ("Il laureato", 1967) realizzano film che affrontano temi controversi e sperimentano nuove tecniche narrative. - Il cinema sovietico vive un periodo di rinascita con registi come Andrej Tarkovskij ("L'infanzia di Ivan", 1962) e Aleksandr Sokurov ("La madre e il figlio", 1966). Nuove tecnologie e generi: - L'introduzione di nuove tecnologie, come il dolly e la steadicam, permette una maggiore libertà di movimento e fluidità nelle riprese. - Nascono nuovi generi cinematografici, come il film di fantascienza ("2001: Odissea nello spazio", "Il pianeta delle scimmie" (1968)), il thriller psicologico ("Psyco" (1960), "Rosemary's Baby" (1968)) e il film horror ("La notte dei morti viventi" (1968)). Un'epoca di grandi film e grandi registi: Il cinema degli anni '60 è un'epoca di grande creatività e innovazione, che ha dato vita a film che sono rimasti nella storia del cinema. È un decennio che ha visto la nascita di alcuni dei più grandi registi di tutti i tempi, come Fellini, Antonioni, Leone, Pasolini, Godard, Truffaut, Kubrick, Penn e Tarkovskij. L'eredita del cinema degli anni '60 Il cinema degli anni '60 ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema. È un decennio di rottura con le convenzioni del passato, di sperimentazione e di nuovi linguaggi, che ha dato vita a film che continuano ad essere ammirati e studiati ancora oggi. Foto di Mohamed Hassan da Pixabay Read the full article
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È morta Sandra Milo
lunedì 29 gennaio 2024 Sandra Milo nel film Adua e le compagne Sandra Milo è deceduta all’età di 90 anni nella sua casa, a Roma, circondata dall’affetto dei famigliari. Musa di Federico Fellini, è stata una delle più celebri attrici del cinema italiano. Nata a Tunisi l’11 marzo 1933, esordì al cinema nel 1955 accanto ad Alberto Sordi; nel 1959 ebbe il primo ruolo importante nel film Il generale…
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fashionbooksmilano · 1 year
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Pino Settanni  La memoria  le immagini
Testi di Giampiero Mughini, Simona Argentieri
Pieraldo Editore, Roma 1998, 156 pagine, 30 x 30 cm, Brossura editoriale con sovraccoperta figurata,  ISBN  9788885386419
euro 50,00
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Pino Settanni  La scoperta della fotografia, da adolescente, e subito l’imprinting delle foto del suo Sud, un realismo visionario, carico di umori e poesia. L’abbandono del lavoro e della sua terra, con l’arrivo a Roma. È il 1973, e la capitale è ancora il centro di un’esplosione creativa irripetibile: la ‘scuola romana’ di piazza del Popolo, via del Babuino, le gallerie, Schifano, Mambor, Festa, Angeli, gli incontri con Moravia, Parise, Federico Fellini. E Renato Guttuso, per Settanni un maestro, un amico, il viatico di accesso al centro di una scena e una festa della creatività assoluta. E l’incontro con Monique Gregory, gallerista di successo, compagna di vita e lavoro da lì in avanti insostituibile. Ci sono i viaggi a New York, a Parigi,e dentro il nuovo piccoloe mitico studio di via Ripetta, dove passerà tanta parte della migliore scena artistica, cinematografica, culturale d’Italia.E c’è l’incontro con il Cinema con la galleria di personaggi immortalati da Settanni: Federico Fellini, Sergio Leone, Marcello Mastroianni, Lina Wertmüller, Mario Monicelli, Ennio Morricone, Monica Vitti, Carlo Verdone, Pupi Avati, Giuliana De Sio, Robert Mitchum, Milla Jovovi che tanti altri. Sono decine i protagonisti cui Settanni, complice la sciarpa rossa su fondo nero, una firma di tanti scatti, ruba l’anima per restituirla ai lettori di tutto il mondo.
26/04/23
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agrpress-blog · 4 months
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La notizia della scomparsa di Sandra Milo, celebre attrice italiana e musa ispiratrice di Federico Fellini, ha colpito il mondo del cinema. L'artista è deceduta nella sua casa romana all'età di 90 anni, come comunicato dalla sua famiglia. Le cause esatte del decesso non sono ancora note, ma si presume che siano legate all'età avanzata dell'attrice. Sandra Milo, all'anagrafe Salvatrice Elena Greco, ha lasciato un'impronta indelebile nel panorama cinematografico italiano. Nata a Tunisi nel 1933, ha iniziato la sua carriera negli anni '50 e ha rapidamente conquistato la scena cinematografica con ruoli accanto a grandi nomi come Eduardo De Filippo, Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni. La sua notorietà è cresciuta ulteriormente negli anni '60, quando divenne una delle muse di Federico Fellini, affiancata da Claudia Cardinale. La filmografia di Sandra Milo è ricca di capolavori, tra cui "Fantasmi a Roma", "Il giorno più corto", "8 e mezzo" (premiato con l'Oscar) e "Il generale della rovere". Oltre al cinema, la sua versatilità artistica si è manifestata anche in esperienze televisive sia sulla Rai che su Mediaset. Tra gli impegni televisivi, si ricordano le partecipazioni a "Studio Uno" nel 1966 e la conduzione di programmi come "Mixer", "Piccoli Fans" e "Buongiorno Domenica". Nella stagione 1991-1992, Milo è approdata su Mediaset conducendo il quiz "Cari genitori" su Rete 4. Nel corso degli anni, ha continuato a intrattenere il pubblico attraverso partecipazioni a programmi come "L'Isola dei Famosi" nel 2010 e "Quelle Brave Ragazze" su SkyUno. La sua carriera, segnata da successi e riconoscimenti, ha contribuito a definire il volto del cinema italiano, facendo di Sandra Milo un'icona indimenticabile nell'immaginario collettivo. La sua eredità artistica continuerà a vivere attraverso le opere che ha lasciato e il ricordo indelebile che ha lasciato nel cuore degli amanti del cinema.
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