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#generi letterari
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Books and tea lovers 📚☕
In collaborazione di idee con le mie super amiche:
@laragazza-dalcuore-infranto-blog
@wwweirdworld
Parte 1: LIBRERIA
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marcogiovenale · 9 months
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pod al popolo, #014_ essere giusti con carlo bordini (audionotilla su un video visto recentemente)
Il video (o meglio: una parte del video) dedicato l’8 giugno 2022 da Italian Poetry Today a Carlo Bordini e al suo libro postumo, Un vuoto d’aria, presenta alcuni dettagli – rinvenibili all’indirizzo https://youtu.be/C2TybfFzHMg?t=3241 – su cui ho voluto concentrare oggi un’attenzione in effetti non nuova, annotando in breve qualcosa sullo sgretolamento dei generi letterari e sulla natura (in…
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alberodelpensiero · 1 year
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Il fantasy: genere poco serio?
Ancora molti pregiudizi permangono nei confronti del genere fantasy in Italia (e non solo). Ecco una breve riflessione al riguardo. Ditemi che cosa ne pensate, lasciate commenti, partecipate e fate vedere che la community del fantasy italiano è viva.
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ma-pi-ma · 6 months
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La poesia non è più difficile di altri generi letterari. È diversa: è una lingua nella lingua.
Marie-Claire Bancquart, Poezibao, 25 gennaio 2006
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I libri della renna
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phttps://pixabay.com/photos/santa-claus-book-northern-lights-5758553/
Il regalo di Natale delle biblioteche di Milano consiste, naturalmente, nei nostri consigli di lettura, scelti per offrire al pubblico un’occasione per distrarsi in totale relax.
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È ambientata proprio in tempo di feste l’ultima fatica di Valerio Varesi, L’affittacamere, ma è un Natale un po’ cupo per il commissario Soneri, costretto a scavare anche nel proprio doloroso passato per venire a capo dell’omicidio di un’anziana affittacamere dalla vita piuttosto torbida: “La nostalgia è la sublimazione della paura che ci fa il tempo che passa”. Forse Varesi è riuscito a darci, una volta per tutte, la spiegazione della passione per i libri gialli: “La vita, dopotutto, non assomiglia tragicamente a un omicidio? Non si concludeva sempre con un morto? Non ci ammazzava il tempo logorandoci ogni giorno con un piccolo affronto fino al cedimento? E il tempo non ha bisogno di un alibi come non ce l’ha il boia: compie semplicemente il suo mestiere”. Scritto molto bene, sembra di passeggiare insieme al protagonista per le vie nebbiose di Parma, durante le festività natalizie.
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Antonio Manzini, nel titolo del suo ultimo libro della serie del vice questore Rocco Schiavone, Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Sud America?, fa il verso al noto film di Ettore Scola con Nino Manfredi e Alberto Sordi, ma l’amico, in questo caso, è misteriosamente scomparso in Sud America e non in Africa. Spassoso e divertente anche durante la trasferta, il coriaceo Rocco sembra ricordare la risposta che Aldo Fabrizi diede ai giornalisti che lo rimproveravano di parlare solo in romanesco: “Sono sicuro che se anche fossi nato altrove parlerei romanesco lo stesso”: è così anche per i nostri eroi, che si trovino a Roma, ad Aosta, a Buenos Aires o in Messico. Buon divertimento!
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Anche in La ricreazione è finita, recentissimo romanzo di Dario Ferrari, si respira aria di Natale, ma in questo caso il riferimento cinematografico non è a Scola bensì al Fellini dei Vitelloni, perché il protagonista gigioneggia in quel di Viareggio senza decidersi a dare una svolta, matrimoniale e professionale, alla sua tardo-fanciullesca esperienza personale. Egli riesce però, del tutto inaspettatamente, a vincere un dottorato di ricerca in università e viene incaricato di occuparsi degli scritti del compatriota Tito Sella, morto in carcere dove era stato rinchiuso per il reato di terrorismo. Diversi generi letterari e temi, il romanzo di formazione, il mondo accademico, le suggestioni cinematografiche, storiche e metaletterarie, si intrecciano in questo romanzo davvero accattivante.
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Feste decisamente spensierate per chi sceglierà Le imprudenze di Archie di Wodehouse, recentemente ripubblicato da Mursia. Inossidabile humour inglese di ottima lega, del suo stile l’autore diceva: “consiste nel costruire una specie di commedia musicale senza musica, ignorando del tutto la vita reale”. E proprio così, in assoluta leggerezza, vive Archie, il protagonista di questo romanzo che vi lascerà con il sorriso stampato durante tutta la lettura. “Mentre considerava la sua situazione alla fine del primo mese di vita matrimoniale, ad Archie pareva che andasse tutto per il meglio nel migliore di tutti i mondi possibili. … C’erano dei momenti in cui gli sembrava che New York fosse solo stata in attesa del suo arrivo prima di dare ufficialmente inizio ai bagordi”.
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Le festività natalizie sono l’occasione giusta anche per affrontare un bel romanzo storico, di quelli “cappa e spada”, soprattutto per chi ha amato I promessi sposi. Il conte Attilio di Claudio Paglieri è infatti il prequel del capolavoro manzoniano e ci offre un punto di vista diverso sulla personalità del famigerato cugino di Don Rodrigo, ma l’ambientazione è sempre la stessa: la nostra grande Milano e le meravigliose sponde del lago di Como.
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Ancora in tema con le feste vi proponiamo Un lungo capodanno in noir, in cui dieci autori contemporanei tra i più seguiti ci offrono la loro versione delle feste. Diversi sono anche gli scenari: Roma, Firenze e Milano “con i suoi quartieri e la sua gente; Milano che negli anni Venti ospitava Antonio Gramsci a San Vittore, uno che il Capodanno lo odiava proprio”. Poi un borgo del centro Italia, e infine Barcellona e la Svizzera: un ampio panorama per feste colorate di giallo!
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Chiudiamo questa breve rassegna con una garanzia assoluta, ovvero l’ultima raccolta di racconti gialli di Simenon pubblicata da Adelphi: I misteri del Grand-Saint-Georges, anch’essa, in qualche modo, in tema con il Natale perché ambientata nei paesaggi innevati della Lituania. Una tremenda vendetta è l'argomento della prima storia, un “racconto di Natale per grandi” è il sottotitolo della seconda, mentre l’ultima, Il piccolo sarto e il cappellaio, sarà poi sviluppata nel romanzo I fantasmi del cappellaio: basta un semplice pezzettino di carta per suscitare i più atroci sospetti e scatenare la tensione.
Di nuovo auguri di buone feste a tutti i nostri fedelissimi lettori!
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precisazioni · 6 months
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mi sento come se fossi venuto a conoscenza di più o meno tutti i generi musicali, cinematografici, letterari, tutte le estetiche, tutti i modi di interagire, i comportamenti, le attitudini, come se fosse tutto etichettabile, che poi non è sempre così, ma è un sentore generico di prevedibilità, di potenziale deduzione logica e soprattutto mancato entusiasmo, ripetitività delle giornate, che mi fanno sentire come se fossi arrivato, che le emozioni nella mia vita saranno più o meno queste, che non succederà mai nient'altro, che il mio aspetto fisico continuerà ad essere lo stesso che ho da anni, che dopotutto potremmo anche affermare che se la mia vita finisse qui e oggi o fra quarant'anni non cambierebbe poi così tanto. questa cosa, oltre a dare una doverosa mazzata alla mia creatività (nulla che faccio mi prende, sorprende o entusiasma, perché farlo?) è da ritenersi come una delle cause (ce ne sono altre: tra queste, l'idea che il mondo andrà sempre peggio) di una depressione latente e intermittente di cui parlo poco perché non potrei comunque permettermi uno psicologo senza dover rinunciare alle poche cose che mi permetto di fare (dischi, musica)
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abatelunare · 10 months
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Libri che vanno letti 45
Georges Simenon è un grande scrittore. A prescindere dai generi letterari con cui si è misurato. E debbo confessare una cosa. Preferisco le sue opere non gialle. Certo, i romanzi e i racconti aventi quale protagonista il commissario Maigret sono belli. Ma mi sono venuti a noia. Preferisco la sua scrittura mainstream (termine che ritengo osceno, ma l’ho sguainato perché non ne avevo pronti di migliori).
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L’età del romanzo ve lo caldeggio perché ho sempre trovato interessanti le idee degli scrittori sul proprio lavoro e su quello altrui. Il libro racchiude infatti una serie di scritti sul romanzo in generale e sui romanzi di Simenon in particolare. L’autore che apre le porte del proprio laboratorio, in sostanza. Non so se riuscirete a trovarlo. Perché l’editore Lucarini - che rendeva pubbliche autentiche prelibatezze - ha chiuso i battenti da tempo. (Fra l’altro, ho trovato il volume da ragazzo, in una libreria che anch’essa non esiste più, probabilmente per manifesto e palese disinteresse della persona che lo gestiva). Vi chiedo scusa. Ma non è colpa mia se quello che pubblicano adesso è molto meno interessante di quello che leggo di solito e mi sento di segnalarvi. È colpa degli editori.
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gregor-samsung · 2 years
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“ Il 28 ottobre 1922 era arrivato alla stazione di Firenze il celebre scrittore inglese Israel Zangwill, che, essendosi rifiutato di consegnare il passaporto alle camicie nere, che avevan occupato la stazione, veniva fermato ed accompagnato alla sede del Fascio. Ivi il console Tamburini, che non conosceva l'inglese, e, d'altronde, non era in grado di conversare con un grande scrittore, non trovò di meglio che consegnarlo a Curzio Suckert, il quale riferisce il colloquio nella penultima parte del suo libro Technique du coup d'Etat. La tesi di Zangwill era quella di tutti gli italiani non fascisti: la marcia su Roma era conseguenza di un compromesso tra il re e Mussolini; l'insurrezione non era che una messa in iscena per nascondere il gioco della monarchia. Naturalmente la tesi di Suckert era diametralmente opposta, poiché tutto il libro è diretto a teorizzare la nuova tecnica del colpo di Stato, di cui quello fascista sarebbe stato una delle piú brillanti applicazioni. Ora a distanza di tanto tempo e specialmente dopo il nuovo colpo di Stato del 25 Luglio 1943, appare chiaro quanto fondamento avesse l'opinione di Israel Zangwill, nella quale le dissertazioni letterarie di Suckert, invece di dissuaderlo, avranno finito per confermarlo. Una rivoluzione che non abbatte e non distrugge il vecchio regime e si limita soltanto alla violazione di « vieti formalismi », non è certamente una rivoluzione, anche se formalmente si mostra ossequiente ai canoni della nuova « tecnique du coup d'Etat ». Per lo meno è un avvenimento « sui generis » che la scienza politica non ha ancora classificato, e per il quale bisognerà certamente trovare una nuova definizione. Per lo meno è una rivoluzione mancata, poiché il compromesso, intervenuto tempestivamente, ha impedito ad una delle parti di prevalere e tutto si è limitato a minacce di adoperare la violenza da una parte e dall'altra, eliminate per effetto della reciproca vigliaccheria. Ora, tutto ciò è tipicamente italiano, e Mussolini, nell'inscenare l'avvenimento, ha certamente seguito il genio della stirpe. Tutto il suo battagliare e il suo manovrare non era diretto a schiantare e distruggere la vecchia classe dirigente, ad innovare il costume politico, a sostituire alle vecchie nuove idee, ma era diretto a farsi chiamare dal re per formare un ministero di coalizione. Egli, dunque, si offriva come domatore di bestie feroci, e, come tale fu assunto al potere, poiché si ritenne un poco da tutti che potesse essere — proprio lui — l'affossatore del fascismo, il castigatore degli istinti bestiali ed anarchici dei fascisti. Che poi il suo pessimo temperamento di uomo e le sue profonde tare politiche abbiano in seguito messo in luce l'illusorietà del calcolo, non modifica il fatto che coloro i quali favorirono la marcia su Roma, ed in seguito si offrirono di fiancheggiarla, andavano in cerca di un nuovo Giolitti, di un Giolitti piú moderno, cioè di un dittatore legale, che avesse conservato il regime, togliendo alle masse ogni velleità di innovazione. “
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Brano tratto dal libro di Guido Dorso Mussolini alla conquista del potere (Einaudi, 1949).
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crazy-so-na-sega · 1 year
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Chi non ha messo le mani (o gli occhi) su una bella distopia ultimamente? La distopia negli ultimi dieci-quindici anni è diventato un genere accettato dalla cultura mainstream, e l’uso dell’aggettivo “distopico” non spaventa più chi scrive le fascette dei libri o le descrizioni dei film in streaming. Eppure, proprio questa diffusione sembra aver snaturato da una parte il senso della stessa parola “distopia”, rendendolo più vago e sbiadito, un non-genere capace di contenere storie che a ben guardare di distopico hanno poco o nulla. Proviamo a fare mente locale e stabilire cosa si intende per distopia e perché questo termine viene sempre più spesso usato a sproposito.
“Non è solo distopia”
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Con l’evolversi della narrativa commerciale e la codifica di confini tra i diversi generi, la distopia è stata tradizionalmente posizionata all’interno della fantascienza: trattando infatti delle possibili evoluzioni della società, si colloca a buon diritto all’interno di quella narrativa speculativa che cerca di indagare le possibili conseguenze di sviluppi scientifici e sociali. Non sono rari infatti i casi di distopie basate sull’introduzione di particolari tecnologie o sulle conseguenze di innovazioni nei rapporti sociali.
È successo però che alcuni grandi classici della distopia (e la menzione scontata è per 1984, Il mondo nuovo, Fahrenheit 451) facessero presa su critica e cultura e finissero così per essere isolati dal più ampio contenitore della fantascienza a cui appartenevano. Per quello strano fenomeno per cui se un libro di fantascienza con qualità letterarie “non è solo fantascienza”, per molti la distopia vive come un genere a sé, forse per la sua più esplicita componente politica che la fa assimilare a letteratura più “impegnata”.
Il peggiore dei mondi possibili?
Ma indipendentemente dalla sua classificazione, quali sono i caratteri fondamentali della distopia? Per essere inquadrata come distopica, una storia deve essere ambientata in un qualche tipo di società distorta, in cui alcuni aspetti poco desiderabili che già si trovano nel mondo sono esasperati e costituiscono la base stessa del potere. Razzismo, sessismo, classismo, fondamentalismo religioso, consumismo, capitalismo, complottismo, scientismo: tutti questi -ismi sono materiale valido per l’impostazione di una società distopica, che di solito prevede l’imposizione di questi valori a tutta la popolazione e un severo controllo affinché nessuno si discosti dai precetti del regime.
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Un’altra caratteristica fondamentale ma spesso trascurata è riassunta dall’adagio “l’utopia di qualcuno è la distopia di qualcun altro”. Questo significa che la distopia deve essere in qualche modo seducente: perché un sistema politico si instauri c’è bisogno infatti che ottenga un certo grado di consenso, e quindi è naturale che una parte (maggioritaria) della popolazione creda nei valori del regime. Una storia in cui l’Impero Del Male, Inc. ha conquistato il potere con la repressione e la violenza e mette a morte chiunque sbadigli non può considerarsi una distopia, perché è evidente che un tale sistema non potrebbe mai avere nessuno dalla sua parte.
Si può obiettare che la storia ha dimostrato che regimi del genere sono stati davvero capaci di arrivare al potere e mantenerlo per anni, ma come sempre la realtà dei fatti è diversa dalla realtà narrativa. Lo scopo di una distopia non è lo stesso del giornalismo d’inchiesta che si occupa di indicare le malefatte dei potenti, ma piuttosto quello di suggerire in maniera più sottile come ciò che per certi versi ci può sembrare giusto e auspicabile potrebbe diventare il cardine di un regime capace di privarci della libertà, magari con il nostro pieno sostegno.
In questo senso, come l’utopia ci mostrava il migliore dei mondi per evidenziare le differenze con il nostro, la distopia ci mostra il peggiore dei mondi per mostrarci le affinità con il nostro.
La distopia è roba da ragazzi
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Le storie young adult sono in sostanza storie di formazione di adolescenti che prendono coscienza del loro ruolo nel mondo. E quindi quale migliore contesto per esplorare l’angst adolescenziale che quello di una società repressiva? La battaglia del giovane protagonista contro il potere costituito rappresenta quella più universale dell’individuo per affermare la propria individualità nei confronti della famiglia e delle pressioni sociali in generale. Non si può quindi condannare come inappropriato il collegamento tra questi due ambiti della narrativa.
Il problema semmai è stata proprio la massificazione di questo tipo di storie, che ha portato inevitabilmente a un ribasso costante nella qualità e nella densità delle opere. Se Hunger Games si può ancora considerare una buona storia distopica, molti dei suoi emuli si limitano a descrivere le avventure di un gruppo di protagonisti in lotta contro un Impero Del Male, Inc. che ha ben poco di accattivante e non si capisce come eserciti il suo potere visto che tiene in prigione metà della popolazione mondiale. In questo caso si assiste spesso a una reductio ad hitlerum, quel cliché narrativo per cui i cattivi sono cattivi sotto tutti i punti di vista, incarnano tutte le peggiori caratteristiche dell’umanità e si configurano come una rappresentazione nemmeno tanto velata del nazismo hollywoodiano. Gli eroi quindi non possono fare altro che combattere visto che è in gioco la loro stessa sopravvivenza, e di conseguenza manca quella componente di seduzione che la distopia dovrebbe esercitare sui suoi cittadini.
Un altro punto di confusione che si ritrova spesso nelle distopie young adult (ma che poi si è diffuso anche a quelle “per adulti”) è la sovrapposizione fra distopia e postapocalittico: se è vero che da una devastazione globale si può innescare un regime distopico, non basta parlare di un mondo in rovina per ottenere la qualifica di distopia. Infatti un asteroide o un’invasione aliena, un collasso climatico o un attacco zombie non si possono considerare come mezzi tradizionali di costruzione di un sistema politico. Possono esserne la causa scatenante, ma non rappresentano di per sé la condizione sufficiente per parlare di distopia, che invece deve essere una scelta cosciente operata da una parte della società.
Se tutto è distopia niente è distopia
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Il problema è che con questo criterio tutto diventa distopia. Poiché non esiste a memoria d’uomo una società perfettamente equilibrata, tant’è che per immaginarle ci siamo inventati appunto l’utopia, va a finire che una qualunque storia ambientata in un qualunque periodo storico o mondo immaginario diventa una distopia. E se tutto è distopia, niente è distopia. Con questa definizione, si potrebbe parlare di distopia anche per X-Files, in cui un governo corrotto nasconde le informazioni ai cittadini; potrebbe essere una distopia Star Wars, perché l’Imperatore ha conquistato il potere e usa la forza per mantenere il controllo; e che dire del Signore degli Anelli, in cui il Signore Oscuro controlla la Terra di Mezzo grazie al potere dell’Anello?
In tutte queste storie è chiaramente presente un livello di conflitto tra gli individui e il mondo di cui fanno parte, ma questo è un elemento di base di qualunque storia. Si potrebbe in alcuni casi dire che certe opere hanno elementi di distopia, così come si può dire che abbiano elementi del thriller o del romance, ma una distopia vera e propria è quella che costruisce la storia proprio intorno all’idea di società disequilibrata in cui il potere si basa su valori distorti.
La distopia del Covid
Negli ultimi mesi la distopia è diventata un trending topic per via delle misure previste per contenere l’epidemia di Covid19. La parola “distopia” così si è affacciata nei titoli dei giornali, nei talk show politici e nei tweet dei capipartito. L’associazione è diventata immediata nel momento in cui le esigenze sanitarie hanno reso necessaria una (discutibile quanto si vuole) limitazione delle libertà personali.
Questo ha portato la distopia nel dibattito pubblico e ne ha ulteriormente snaturato il senso, perché è diventato argomento di attualità e soprattutto di campagna elettorale.
La verità è che, quando mai ci troveremo a vivere all’interno di una distopia, non ce ne accorgeremmo nemmeno. Anzi, probabilmente saremmo i primi a sostenere l’affermazione di questo Mondo Nuovo che non potrà che portare pace e prosperità.
Di  Andrea Viscusi -6 Agosto 2020
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marcogiovenale · 9 months
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"essere giusti con carlo (bordini)" @ archive.org
  link: https://archive.org/details/su-carlo-bordini-i-generi-letterari-e-la-sperimentazione-risposta-a-un-video-31lug2023 su facebook: https://t.ly/-UDul per futuri aggiornamenti: https://t.me/slowforward Continue reading Untitled
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automatismascrive · 2 years
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Non si studia fuori catalogo: The Library at Mount Char
Chiariamo subito una cosa: evviva le etichette. Tutte le etichette in generale, sante patrone della reciproca comprensione e della categorizzazione ontologica, ma soprattutto quelle di genere letterario: la comodità di poter sfogliare comodi elenchi di libri già suddivisi in categorie assai specifiche non ha prezzo, nonché sapere dove andare a pescare il libro con la premessa ideale, la dinamica tra protagonisti più intrigante, l’ambientazione più in linea con i propri gusti… La categorizzazione capillare e l’efficienza dell’Internet sono uno degli strumenti per cui non posso che ringraziare la contemporaneità e che mi hanno permesso di frugare in ogni meandro della narrativa pubblicata (e non) e di riemergere trionfante con scatoloni virtuali di libri in mano pronti per essere divorati; murder mystery con ragazzine detective? Check. Science-fantasy sui vampiri? Check. Sex magic dai toni BDSM? Uh, check. Quante volte sono stata in grado di chiedere libri dai concept ultra-specifici e soprattutto di ricevere consigli in risposta, e quante volte sono riuscita ad esplorare nicchie del fantastico che senza questa attenta suddivisione sarebbero scivolate tra le maglie troppo larghe delle mie ricerche: i generi letterari sono una gran comodità.
Chiariamo subito un’altra cosa: che seccatura le etichette. I perversi meccanismi dell’editoria meriterebbero un articolo a parte scritto da gente più competente di me, ma mi sembra di parlare di ovvietà quando sottolineo il fatto che il marketing dietro le etichette, i generi e gli archetipi è tanto pervasivo quanto del tutto scollegato dalla qualità effettiva del prodotto; giusto per citare l’elefante nella stanza, il genere young adult è diventato immediatamente un calderone in cui buttare cretinate scritte dal “genio ventenne” di turno, retelling della mitologia (oggi va quella greca, domani chissà) o altra robaccia informe che cavalca i trend del momento – vi ricordate le distopie YA? Se siete su tumblr naturalmente sì, quindi direi che possiamo passare oltre senza indugio. Insomma, un certo tipo di etichetta di genere è becero marketing, senza contare il fatto che l’incasellamento costante in comodi scompartimenti favorisce un’omogeneizzazione del mercato attorno alla moda del momento che di sicuro non incontra né il mio favore né quello di altri fan del bizzarro, dello strano e di tutto ciò che nasce fuori dalle comode barriere precostituite dell’editoria. Quando dunque sono venuta a sapere dell’esistenza di The Library at Mount Char, inclassificabile in una branca del fantasy più specifica del vago contemporary, privo di ulteriori etichette o blurb accattivanti, e con una premessa indubbiamente più intrigante della media dei quarti di copertina, la spia del mio modesto ma ossessivo cervellino si è accesa di colpo.
Carolyn vive da molti anni con suo Padre in una grande biblioteca, assieme a tanti fratelli e sorelle adottivi. Nulla di troppo strano, maiuscole a parte, finché non si pensa al fatto che la biblioteca in questione contiene tutti i segreti dell’universo, faticosamente accumulati proprio dal loro Padre, un essere onnipotente e millenario che ha preso tutti loro sotto la sua tutela dopo un misterioso incidente per addestrarli alle arti della sapienza, della manipolazione e del combattimento; le lezioni sono brutali, i maestri inflessibili, il Padre sadico e crudele – l’unica regola è “non studiare fuori dal proprio catalogo”, pena un destino peggiore della morte. Tuttavia, proprio quando gli apprendisti sembrano dimostrare una padronanza assoluta dei loro cataloghi, il Padre scompare; il sollievo viene presto sostituito dal terrore quando anche la biblioteca diviene inaccessibile: come faranno Carolyn e i suoi fratelli a ritornare in possesso della conoscenza che potrebbe salvarli dai numerosi nemici del maestro scomparso? E come faranno a collaborare tra loro senza che qualcuno decida di tradire gli altri per diventare il vero successore del loro tirannico genitore? Carolyn ha un piano, ma quando questo si intreccia con vecchie conoscenze e nuovi problemi ecco che non tutto andrà come previsto…
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Questa segnalazione sarà accompagnata da immagini out of context di quello che succede nel libro. Partiamo abbastanza tranquilli con un pacioccoso leone.
Se il concept alla base della vicenda vi sembra curioso, aspettate di finire il resto del libro. Nelle trecento pagine circa che leggerete per arrivare alla conclusione verranno coinvolti il presidente degli Stati Uniti, un assassino perfetto in tutù da ballerina, almeno un paio di soli e un barbecue davvero speciale: la totale mancanza di freni nell’immaginare lo snodarsi delle vicende porta questo libro a prendere strade inaspettate e difficilmente classificabili in categorie di genere predefinite, nonostante si tratti per la maggior parte di sviluppi assolutamente coerenti con le scelte dei personaggi e gli eventi precedenti. Difficile se non impossibile capire dove andrà a parare il libro, ma quando tutti i pezzi si ricompongono è difficile notare sbavature o imperfezioni nel tessuto della trama: tutto accade per un motivo, anche gli sviluppi più bizzarri e la violenza più esagerata hanno un loro posto nel mosaico che il lettore è chiamato a ricomporre, seguendo (quasi sempre) tre punti di vista principali che si alternano nel narrare la storia raccontata. Tra di loro spicca senz’altro Carolyn, protagonista indiscussa del romanzo e l’apprendista a cui è stato assegnato lo studio delle lingue: è anche l’unica tra i fratelli che ha dovuto imparare qualcosa di più sul mondo umano al di là della biblioteca, ed è dunque un ottimo filtro tra l’infantile amoralità degli altri apprendisti, a tratti ridicola ma più spesso spaventosa, e la normalità delle interazioni umane a cui siamo abituati. È piuttosto semplice provare simpatia per questa giovane donna che si deve destreggiare tra un passato traumatico di abusi e violenze che le chiede insistentemente il conto e la precaria situazione in cui lei e la sua famiglia si trovano alla scomparsa del Padre: sono liberi, certo, ma quanto saranno in grado di sopravvivere senza le conoscenze della biblioteca, e soprattutto, senza doversi guardare continuamente le spalle per evitare di essere traditi dai loro stessi fratelli?
Purtroppo gli altri due punti di vista non sono all’altezza di quello di Carolyn. Seguiamo infatti anche le vicende di Steve,  ex ladruncolo in pensionamento anticipato che verrà reclutato proprio da Carolyn per un “ultimo lavoretto” che lo porterà ad immischiarsi con le lotte di potere degli esseri soprannaturali, e di Erwin, ex veterano che verrà suo malgrado coinvolto nel lavoretto di Steve e in qualcosa di molto più grande di lui, degli Stati Uniti ma anche del mondo intero. Steve è un personaggio simpatico, certo, ed è il tipo di persona per cui è facile fare il tifo, nonostante un passato da criminale incallito, ma manca di quello spessore che le pagine dedicate a Carolyn riescono ad infonderle, finendo per risultare il simpatico ragazzo della porta accanto o poco di più; Erwin è invece chiaramente un personaggio nato per mostrare allo spettatore certe scene che gli altri due punti di vista non possono narrare, e si sente molto: la sua personalità è riassumibile in “burbero ex veterano”, la sua evoluzione inesistente, il poco background che abbiamo su di lui ci viene infodumpato con rara malagrazia nel primo capitolo a lui dedicato. E qui mi tocca sottolineare un altro punto dolente del romanzo che non gli permette di far brillare la storia che vuole raccontare come dovrebbe: il ritmo della narrazione.
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Qualcosa contro gli scaldamuscoli? A parte essere uno dei tanti crimini perpetrati dagli anni ottanta, intendo.
The Library at Mount Char è l’opera prima di Hawkins, e mi dispiace dire che si vede. In diversi punti del romanzo l’azione si interrompe bruscamente per rigurgitare informazioni non richieste al lettore che vede svelato il passato di certi personaggi senza nessuna catarsi, ci sono scene intere che andrebbero elise e rimpiazzate con interazioni tra altri personaggi più rilevanti ai fini della storia che invece vengono liquidati con una rapidità disarmante, e in generale il romanzo avrebbe avuto bisogno di un editing più radicale che tenesse quello che davvero era importante per il cuore pulsante della vicenda (che è, sostanzialmente, una revenge story, anche se non vi dirò di più) e scartasse quelle parti che possono risultare più o meno godibili ma che di sicuro non sono pertinenti.
—————————————————— ANGOLO SPOILER ————————————————————–
La scena più ovvia di questo tipo è quella in cui vengono liberati i due leoni. Tutta percepita da due punti di vista usa-e-getta che non rivedremo mai più per mostrarci un evento del tutto secondario: che c’importa di come Michael riesce a reclutare i leoni? Non ci serve certo un intero capitolo dedicato a spiegarcelo! Sarebbe stato molto meglio avere più scene dedicate al rapporto tra Carolyn e i suoi fratelli, che sono per la maggior parte più piatti di quello che dovrebbero per suscitarci la giusta dose di empatia al momento del loro decesso.
—————————————————- FINE ANGOLO SPOILER ———————————————————–
Certo, quando Hawkins sceglie di mostrare, anziché di raccontarci una storiella, le scene sono ben mostrate, scritte in modo piano e proprio per questo accattivanti, perché riescono piuttosto bene nella loro impresa di narrare le cose più assurde – un attacco di piccolissimi cani inferociti, un rituale per tornare dal mondo dei morti, dei bambini-zombie-tuttofare – senza infiocchettarle di aggettivi altisonanti o di un’aura metaforica del tutto fuori luogo; va detto che l’autore ci riesce per la maggior parte delle pagine, e anche le scene più fuori luogo sono compensate da una prosa godibile che rimane abbastanza trasparente da non rallentare la lettura in alcun modo. Insomma, è un peccato che invece questo ritmo sincopato e confuso giochi a sfavore del pathos della storia, che risulta fin troppo spesso compromesso dalla scelta di mostrarci meno del dovuto certi rapporti tra personaggi che avrebbero meritato più spazio all’interno dell’economia della trama, perché è evidente che quando Hawkins mette le sue capacità al servizio di scene davvero meritevoli il risultato finale è buono.
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Alcune immagini potrebbero essere più disturbanti con il contesto. Chissà quali.
Credo però che quello che leggeremo compensi ampiamente le difficoltà di storytelling in cui si incappa nel corso della storia per i weird aficionados che leggeranno questo blog. Anche se le pagine dedicate alla vita dei fratelli prima della scomparsa del Padre non sono mai abbastanza, quello che viene raccontato è un mix di fantascienza, fantasy e horror grottesco davvero riuscito; ci sono scene piuttosto crude (sì, è un libro sconsigliato a chi non stomaca la tortura, lo stupro e in generale la violenza esplicita), altre tremendamente assurde e in generale un’atmosfera stramba che permea l’intero romanzo. Leggere delle straordinarie capacità che i fratelli hanno accumulato nel corso degli anni di apprendistato significa passare dallo studio delle lingue a quello del futuro, degli universi paralleli, e del regno dei morti; ancora, è un peccato che il numero di pagine più consistente sia dedicato a quelle aree di studio più convenzionali – come quella dell’omicidio, appannaggio dello psicopatico ma intrigante David – ma l’impressione generale è quella di assistere ad una fusione tra tecnologia avanzatissima e magia molto antica, in cui i confini tra l’una e l’altra sono collassati molto tempo fa. Nessuno dei fratelli è onnipotente, e non appena si muovono attirano l’attenzione di cose con cui potranno e dovranno lottare ad armi pari, ma ciascuno di loro possiede capacità straordinarie molto difficili da gestire nel mondo alieno degli “Americani” (cit.) in cui sono gettati dopo che la biblioteca diventa inaccessibile; e quando tutto attorno a loro collassa, Hawkins non ha difficoltà a far arrivare il romanzo alla sua naturale conclusione, per quanto disturbante e definitiva possa essere. Anche l’apprendistato, nei suoi momenti più crudeli, viene descritto come un susseguirsi di esperienze mistiche e terrificanti, e il modo in cui Hawkins descrive le reazioni dei fratelli ad esso è parecchio riuscito, pur nello spazio limitato che gli viene riservato.
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Finiamo col botto. Già citato nella recensione, ma se volete scoprire che succede non vi rimane che leggere il libro.
Nonostante dei punti vista dalla qualità altalenante e una struttura irregolare che spesso minaccia di crollare su sé stessa, le brillanti idee e l’intreccio alla base (nonché il finale col botto) di The Library at Mount Char ne fanno un consiglio perfetto per questo blogghino: una gemma un po’ difettosa che potrebbe diventare uno dei libri a cui penserete di più in questi mesi dopo la lettura a seconda di quanto vi garbano temi e concetti descritti finora. Da grande fan delle storie di apprendistato in salsa fantasy e di immortali superpotenti che non sanno trovarsi il culo con le mani, il mio consiglio spassionato è: buttatevi!
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angolodonne · 2 years
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Secondo recenti studi, le donne italiane leggerebbero mediamente più libri degli uomini. Questo dato emerge da una ricerca condotta dall’Istat, che ha coinvolto circa 2.000 intervistati di età compresa tra i 18 e i 74 anni. Nello specifico, le donne avrebbero letto sette libri nell’anno precedente l’indagine, contro i sei degli uomini. Tra i generi letterari preferiti dalle donne ci …
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carmelagabriele · 1 year
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NUOVO E BELLISSIMO PROGETTO EDITORIALE, LUCE DELL’ARTE EDIZIONI, RICCO DI COLLANE PER VARI GENERI LETTERARI DA PUBBLICARE! CURATRICE LA DOTT.SSA CARMELA GABRIELE, PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE E TEATRALE “LUCE DELL’ARTE” ETS.
Carissimi amici Artisti, 
siamo lieti di comunicarvi che da oggi c'è "Luce dell'Arte Edizioni", un progetto editoriale per autori associati emergenti o con esperienza letteraria selezionati dalla nostra Associazione per originalità e contenuti di spessore dei manoscritti!Presto avremo attiva la sezione dedicata a ciò con le sottosezioni relative ai generi letterari e alle collane che curerà la dott.ssa Carmela Gabriele per editing e prefazione, con il supporto prestigioso di altri collaboratori, tra cui la dr.ssa Emma Grillo per le illustrazioni di copertina o di interno opere, e la scrittrice Milena Ziletti e il membro di Associazione Leone Caterina per le recensioni. Questo verrà fatto per chi non ha opera fornita di altro, se non il testo grezzo, quindi per autori emergenti o giovanissimi di talento, altrimenti si valuterà la pubblicazione del manoscritto già in parte completo. Tutte le info sul sito www.lucedellarte.altervista.org al più presto disponibili. Intanto per inviare i vostri testi scrivere a: [email protected] inviando letterina di presentazione e testo in formato pdf, in seconda battuta se selezionati in word. Un cordiale saluto e in bocca al lupo, Segreteria Ass.
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carmy77 · 1 year
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INVIA ANCHE TU IL TUO MANOSCRITTO A LUCE DELL’ARTE EDIZIONI! ABBIAMO TANTISSIME COLLANE EDITORIALI, PERCIO’ SE HAI SCRITTO UN’OPERA APPARTENENTE AD UN GENERE LETTERARIO INSOLITO, CI SIAMO NOI A DARTI UNA MANO PER PUBBLICARLO!
- Carissimi amici Artisti, siamo lieti di comunicarvi che da oggi c'è "Luce dell'Arte Edizioni", un progetto editoriale per autori associati emergenti o con esperienza letteraria selezionati dalla nostra Associazione per originalità e contenuti di spessore dei manoscritti!Presto avremo attiva la sezione dedicata a ciò con le sottosezioni relative ai generi letterari e alle collane che curerà la dott.ssa Carmela Gabriele per editing e prefazione, con il supporto prestigioso di altri collaboratori, tra cui la dr.ssa Emma Grillo per le illustrazioni di copertina o di interno opere, e la scrittrice Milena Ziletti e il membro di Associazione Leone Caterina per le recensioni. Questo verrà fatto per chi non ha opera fornita di altro, se non il testo grezzo, quindi per autori emergenti o giovanissimi di talento, altrimenti si valuterà la pubblicazione del manoscritto già in parte completo. Tutte le info sul sito www.lucedellarte.altervista.org al più presto disponibili. Intanto per inviare i vostri testi scrivere a: [email protected] inviando letterina di presentazione e testo in formato pdf, in seconda battuta se selezionati in word. Un cordiale saluto e in bocca al lupo, Segreteria Ass.
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elmas-66 · 3 hours
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Dal Panorama Internazionale Letteratura uno dei premiati del Golden book Awards 2024 è Marco Carrer, pubblicazione di Elisa Mascia da San Giuliano di Puglia -Campobasso
Foto cortesia di Marco Carrer IL PANORAMA INTERNATIONAL LETTERATURA FESTIVAL PREMIA GLI AUTORI DISTINTI CON I GOLDEN BOOK AWARDS In una celebrazione dell’eccellenza letteraria, il Panorama International Literature Festival annuncia con orgoglio i destinatari del prestigioso Panorama Golden Book Awards.  Questi premi riconoscono opere letterarie eccezionali di vari generi e onorano il talento e…
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abatelunare · 5 months
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Quello che non leggo
Ci sono alcuni generi letterari ai quali - salvo rare eccezioni - mi accosto con grande fatica.
Il primo è il giallo. Ho sempre preferito guardare un giallo, piuttosto che leggerlo. Forse perché la vista mi permette di capire meglio. Ci sono sempre - a prescindere dal genere letterario - cose che la scrittura non è in grado di rendere.
Il secondo è il fantasy. Parlo delle narrazionni con ambientazione del tutto irreale. Ed è quello che non mi cattura. Infatti amo Neil Gaiman, che pratica un fantasy con forti agganci al cosiddetto mondo reale.
Il terzo ha a che fare con la guerra. Non ne faccio una questione di pacifismo o interventismo. Semplicemente non mi interessa. I film di tipo bellico li guardo, a dire il vero. Ma perché mi piace a loro spettacolarità.
Il quarto potrebbe essere il teatro. Ma è una cosa un po' strana, perché per esempio le opere teatrali di Pirandello e d'Annunzio le apprezzo e le leggo. Sono un lettore effettivamente lunatico.
Il quinto riguarda l'arte. Non mi piacciono i libri illustrati, che parlino di fotografia o pittura o roba affine, poco importa. Per me un libro non deve avere illustrazioni, ma soltanto parole.
So di essere un rompicoglioni. Come essere umano, ma soprattutto come lettore. E posso solo peggiorare. Questa è la cosa divertente.
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