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#editori italiani
elelandia · 28 days
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Editori della domenica: Abeditore.
Tappa fissa al Salone del Libro, quest’anno possibilmente al primo giorno perché il loro stand viene giustamente preso d’assalto e al lunedì rischiate di trovarlo vuoto, Abeditore ha da sempre un catalogo interessante e di tutto rispetto legato al fantastico, al horror con spruzzi di gotico e di weird. L’anno scorso ho acquistato da loro quattro titoli: due potete trovarli qui, mentre i restanti…
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traduttrice-errante · 2 years
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La casa di Dio, di Luca Elli
Mi ha tenuta incollata alle pagine dall’inizio alla fine… e non è un fantasy gente🤣 La casa di Dio è una raccolta di 3 racconti brevi e il romanzo d’esordio di Luca Elli, edito da Ensemble Edizioni per un prezzo di copertina di 15€, edizione tascabile. Qui il link ad Amazon per l’acquisto. Luca Elli – La casa di Dio Come descrivere quello che ho appena letto? Senza dubbio il mistero è parte…
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scogito · 4 months
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"Da un’idea mia, Maurizio Sbordoni, scrittore che si è fatto editore dopo anni di vessazioni e angherie subite (ma mai accettate passivamente) dalla maggior parte degli editori italiani.
Diritti editoriali non pagati, editor isterici con reazioni simili a star holloywoodiane dopo il settimo Martini a stomaco vuoto, manoscritti dati in lettura mai sfogliati nonostante l’autore non sia uno “scrittore della domenica” ma avesse precedenti degni di nota insieme a decine di altre scorrettezze, furberie, meschinità, mi hanno convinto a intraprendere un’attività imprenditoriale imperniata sull’esatto opposto di quanto ho visto e dovuto tollerare per un decennio.
Ho speso tempo, attenzione, gentilezza e soldi (con l’equivalente avrei potuto acquistare un elicottero e lanciare decine di migliaia di copie dei miei romanzi sorvolando la Penisola) verso individui e strutture che, quando è andata bene, mi hanno trattato a pesci in faccia."
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Condivido per chi non conosce questa casa editrice. Mentre per tutto il resto, sono sicura che chiunque di giusto sulla faccia di questo pianeta ha già conosciuto dinamiche simili, cercando di creare dai suoi meriti il proprio futuro.
Non mollare. E se ti viene da piangere combatti piangendo.
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bicheco · 9 months
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Gli ambidestri
Peggio del governo Meloni che fa cassa sui poveri ci sono solo il Pd e le sue proiezioni editorial-giornalistiche, che difendono il Reddito di cittadinanza e il salario minimo solo perché il governo Meloni non li vuole. Ma fino all’altroieri li attaccavano solo perché erano bandiere “grilline”. Nel 2018-’19 il Conte-1 varò il Rdc coi voti favorevoli di M5S e Lega e quelli contrari di FI, di FdI e pure del Pd, che lo osteggiava con gli stessi argomenti oggi usati da Meloni&C. senza neppure pagare i diritti Siae. Zingaretti tuonava contro “la pagliacciata del Reddito di cittadinanza che nessuno sa cos’è”. Boccia lo definiva “una grande sciocchezza che aumenterà solo il lavoro nero. Il tema vero è come creare lavoro”. E la Camusso: “No al Reddito di cittadinanza! Quelle risorse vengano usate per trovare lavoro”. Oggi i destronzi hanno buon gioco a rinfacciare al Pd di aver detto prima di loro le stesse cose. E la risposta non può essere che allora comandava Renzi e ora c’è la Schlein: perché Renzi la guerra ai poveri la faceva allora come oggi; e soprattutto perché Zinga, Boccia e Camusso ora stanno con la Schlein. Basterebbero tre paroline: “Ci siamo sbagliati”. Che andrebbero stampate a caratteri di scatola su Repubblica, che all’epoca dipingeva il Conte-1 – il governo che più ha dato ai bisognosi in trent’anni – come una robaccia di estrema destra. Rep titolava: “Un terzo degli italiani guadagna quanto il Rdc”, che dunque andava abbassato per non far concorrenza reale ai salari da fame. E l’Espresso di Damilano: “Per gli elettori del Pd il Rdc è peggio del condono fiscale”. Ancora il 20 luglio 2022, quando Draghi attaccò i 5Stelle sul Rdc in Senato, il Pd gli votò la fiducia da solo e Rep lo santificò. Facevano così su tutto. La blocca-prescrizione Rep la chiedeva da un quarto di secolo, ma siccome la fece Bonafede diventò un obbrobrio che “calpesta i fondamenti di uno Stato di diritto”, “giustizialismo”, “barbarie”, “Inquisizione” (Cappellini, noto giureconsulto). Il Recovery quando lo lanciò Conte era una ciofeca: “È isolato in Europa”, “Non lo otterrà mai”, “Meglio i 36 miliardi del Mes”. Poi ne arrivarono 209 e tutti fischiettavano. Ora accusano Conte di non aver battuto i pugni sul tavolo per ottenere meno soldi. Il salario minimo, siccome lo proponeva il M5S e non piaceva ai sindacati, era odiato dal Pd e da Rep: grandi peana al Pnrr di Draghi che l’aveva levato dal Pnrr di Conte. Ora tifano salario minimo e rintuzzano ogni giorno gli argomenti contrari del governo, che però sono gli stessi che usavano loro. La Meloni non deve inventarsi nulla: le basta copiare gli avversari. Che, come diceva Lenin dei capitalisti, le hanno venduto la corda a cui impiccarli. Anzi, gliel’hanno regalata.
Marco Travaglio
Travaglio è implacabile perché conserva gli articoli degli altri giornali. Lui è la memoria giornalistico/politica del nostro paese, e la memoria è sempre pericolosa.
Rimarco la definizione "destronzi": 👏.
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fashionbooksmilano · 2 months
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Arte jeans
Il filo blu dell'arte contemporanea
a cura di Ursula Casamonti, Francesca Centurione-Scotto Boschieri
testi critici di Ilaria Bignotti
SAGEP Editori, Genova 2023, 88 pag., 23X28cm, ISBN 97912555900177
euro 22,00
email if you want to buy [email protected]
In occasione di GenovaJeans 2023, con la mostra “ArteJeans 2023. Il filo blu dell’arte contemporanea”, giunge alla terza edizione, il progetto unico e innovativo di ArteJeans volto a presentare al pubblico le opere donate alla città di Genova da artisti italiani e internazionali, eseguite con l’utilizzo di tessuto jeans.
L’iniziativa è promossa dall’Associazione ArteJeans e seguita da un comitato critico composto da Ilaria Bignotti e Luciano Caprile, ed è stata fortemente voluta e facilitata da Ursula Casamonti e Francesca Centurione Scotto-Boschieri.
Sono 14 le nuove opere, donate da altrettanti artisti selezionati dal comitato scientifico: Akelo (Andrea Cagnetti), Marco Casentini, Sonia Costantini, Marcello De Angelis, Luca Giacobbe, Paolo Iacchetti, Franco Ionda, Rae Martini, Albano Morandi, Paolo Radi, Alfredo Rapetti Mogol, Carlo Rea, Gioacchino Pontrelli, Helidon Xhixha. Esse saranno al centro della nuova esposizione, con un allestimento curato da Ursula Casamonti con Ilaria Bignotto, dove le new entries saranno affiancate alle altre opere già presentate nelle due edizioni precedenti, per un totale di 49 lavori oggi parte delle Collezioni Civiche.
02/03/24
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fotopadova · 2 months
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Fotografia italiana di 5 decenni fa, élite negletta: Geri Della Rocca de Candal
di Carlo Maccà
Dedico l’articolo a Gustavo Millozzi, grande amico e maestro da più di mezzo secolo. Lasciandomi come sempre piena libertà, ne ha seguito tutta la gestazione ed è scomparso proprio al momento della conclusione.
Ai tempi antichi, nel millennio passato, la fotografia era analogica. Ogni immagine fotografica era il risultato di un processo che oggi apparirebbe lentissimo. Il sensore era costituito da uno strato di gelatina contenente sali d’argento depositato su una pellicola. La luce liberata dallo scatto dell’otturatore produceva all’interno del materiale sensibile un embrione, che attraverso fasi fisico-chimiche successive (sviluppo e stampa) si concretizzava materialmente in una immagine partorita sulla superficie di un supporto solido, generalmente cartaceo. Solamente allora l’immagine entrava effettivamente nella vita reale, poteva ricevere un nome, vivere in una cornice appesa a una parete o dormire all’interno di un album, essere mostrata a parenti e amici, alla comunità fotografica, e, attraverso i media, alla società e al mondo intero. La speranza di vita dell’oggetto poteva facilmente superare quella dei suoi contemporanei umani, compreso il presente autore. [1]
Alla selezione della immagini che meritavano di essere conosciute e divulgate nell’internazionale fotografica provvedevano soprattutto alcuni Annuari di editori specializzati, per lo più Americani o Britannici. Anno per anno, professionisti e amatori evoluti, giovani o maturi, nuovi o affermati, inviavano agli editori stampe, sciolte o in portfolio, sperando che almeno una di queste selezionata e il proprio nome comparisse nell’indice degli autori accettati seguito dal numero della pagina in cui avrebbero ritrovato l’immagine o dal numero d’ordine di questa. Se di quei numeri ne compariva più di uno, l’autore poteva considerarsi - o vedersi confermato – “Autore” coll’A maiuscola.
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Figura 1. Geri Della Rocca deCandal -Sulla spiaggia. Ferrania XXI/7, luglio 1967, p.3.
Per Fotopadova immagini relative all'articolo
Per questa via, dalla metà degli anni ’60 cominciarono a farsi conoscere e apprezzare nel mondo fotografico internazionale alcuni dei nostri futuri Maestri, che già contribuivano ad animare e a svecchiare la fotografia italiana. Conservo con devozione alcuni di quegli annuari e ogni tanto li ripercorro con piacere (e qualche nostalgis). Per esempio, nel britannico Photography Year Book [2] del 1967 si rivedono Gianni Berengo Gardin con 4 fotografie (2 in doppia pagina), e Mario Giacomelli con 2 (fra cui l’iconico ritratto della madre colla vanga); con 2 immagini anche Cesco Ciapanna (futuro fondatore del mensile Fotografare, innovativo per l’ambiente fotografico italiano), e con una ciascuno Cesare Colombo e Michelangelo Giuliani. Via via negli anni si ritrovano anche altri autori italiani tuttora amati e apprezzati, assieme ad altri che hanno lasciato qualche memoria alla fotografia italiana. 
Fra fotografi italiani che nei pochi Photograpy Year Book dei primi anni ’70 a disposizione già a quel tempo avevano destato la mia attenzione per la qualità delle immagini e per i commenti che le presentano, soltanto uno, che portava un nome facilmente ricordabile : Geri Della Rocca deCandal, non sembra aver trovato ricordi permanenti nella nostra comunità fotografica. Nella pubblicista fotografica italiana di quegli anni parsimoniosamente tramandata fino ai nostri giorni sembra essersene occupata soltanto la rivista Ferrania [3], che nel numero di luglio 1967 presenta un ispirato articolo di Giuseppe Turroni [4] dal titolo La consolazione dell’occhio. L’autore, autorevole critico cinematografico e fotografico, scrittore e pubblicista notissimo in quegli anni, promuove alcuni giovani autori part-time che nella loro opera si distinguano per "chiarezza, onestà, purezza, spontaneità, e/o linearità di espressione". Doti che in uno di loro riconosce accompagnate da una spiccata sensibilità formale, che diremmo “classica”. Ecco come lo introduce.
 “Un giovane di Milano, studente in Fisica, Geri Della Rocca deCandal, ricerca un dilettantismo quasi prezioso, che può sembrare fuori moda e che anche per la scelta del soggetto non indulge alle convenzioni dei tempi. Ma in quanti siamo a stabilire l’esatta portata di un lavoro al di là degli aspetti formali o linguistici che ci suggestionano? Anche Geri Della Rocca de Candal ha spirito libero e introspettivo. Le sue foto ”artistiche” hanno un’impronta ovviamente diversa da quella che distingueva la produzione amatoriale italiana di lontana memoria. Sono centrate nel gusto formale del momento e nello stesso tempo riescono a tradurre un simbolo di realtà, per i nostri occhi abbacinati da tanta, da troppa cronaca che finisce per non dirci più niente, anzi per guastarci il sapore della realtà.” [4] Turroni accompagna questo testo con ben 5 immagini, certificando che il giovane, in Fisica ancora studente, in Fotografia ha già raggiunto un livello magistrale. 
Da qualche anno la Fondazione 3M offre, oltre alla collezione completa digitalizzata della rivista sopra citata, anche i files delle fotografie originali depositate presso il ricco Archivio Ferrania. Due immagini, una presumibilmente degli anni ’60, l’altra del 1974, presenti nel fondo Lanfranco Colombo sono evidenti tracce di una mostra del giovane Geri a Il Diaframma, la prima galleria in Europa dedicata esclusivamente all’arte fotografica [5], e fanno pensare a una attività espositiva importante. Soltanto le fonti finora  citate  possono suggerire all'ambiente italiano l’esistenza di un Autore da non trascurare.
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Figura 2. Lower Manhattan Skyline - New York City, 1968. APERTURE, SPRING 1972.
Infatti rimane insoddisfatto chi, come noi, cerca di approfondire quelle notizie per la via più agevole, la Rete, che al giorno d’oggi segnala qualsiasi evento grande o piccolo e ne preserva la memoria, e perciò è indotto a supporre che l’attività fotografica del Nostro si sia conclusa in patria prima dell’avvento di Internet. Che però non si trattasse di cosa trascurabile, e che si espandesse anche all’estero, lo si può dedurre da altre tracce che attraverso Internet si reperiscono in archivi digitali della stampa specializzata straniera: per esempio, negli elenchi nominativi dei fotografi con opere presenti in raccolte fotografiche museali, in mostre antologiche dedicate all’eccellenza dell’arte fotografica mondiale o, infine, negli archivi di riviste fotografiche straniere fra le più autorevoli. Tracce lasciate in tutto il mondo, dalla Norvegia all’Australia e dagli anni ’70 fino a tempi recenti. In qualche caso contengono anche riproduzioni di opere. La figura 2, per esempio, è tratta da un articolo dedicato al nostro Autore dalla rivista Aperture [6] nel 1972.
Dalle opere così identificate si poteva già dedurre che Della Rocca de Candal conducesse nel bianco e nero ricerche sulle forme nello spazio parallele a quelle che Franco Fontana e Luigi Ghirri portavano avanti nel colore. Ma nell’accostarsi ai due coloristi a lui contemporanei, Geri manifestvaa ancor più evidente l’eredità dall’arte italiana dei periodi più classici: dalle scansioni spaziali dei pittori del 400 come Piero Della Francesca e Paolo Uccello, alla profondità della prospettiva aerea di Leonardo, ed infine al perfetto equilibrio in cui sono quasi sospese le architetture più compiute di Andrea Palladio. Spazialità tutta di tradizione italiana, da secoli ammirata (e superficialmente imitata) nei paesi anglosassoni.
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Figura 3. The Brooklin Bridge, NYC. 1968. Amon Carter Museum, Fort Worth, Texas.
Il nostro interesse per Geri Della Rocca de Candal si è meglio focalizzato quando, reperito qualche altro numero di quegli anni del Photography Year Book sopra citato, abbiamo trovato ripetutamente il suo nome, a conferma d’una produzione significativa, che si è imposta all’estero più durevolmente che da noi, e che ci è apparsa meritevole di meglio rivisitata.
 
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Figura 4. Fellers, Swiss Alps. Photography Year Book 1972, Fig. 141.
Nello Year Book del 1972, nel quale si affermano ancora Berengo Gardin con due immagini da un servizio sulle celebrazioni della Pasqua a Siviglia, e Giorgio Lotti con quattro storiche fotografie per la rivista EPOCA [7] sugli effetti dell’inquinamento delle acque e dell’aria in alta Italia, Geri figura autorevolmente in doppia pagina coll’immagine di un villaggio delle Alpi Svizzere (Figura 4). Nel 1974, 3 pagine del Photography Year Book presentano un saggio d’un suo progetto pluriennale (BN e colore) dedicato alla tradizionale sfilata delle signore newyorkesi, con vistosi copricapi e accompagnate dai loro pets, nel giorno di Pasquetta lungo la 5th Avenue appositamente chiusa al traffico (Easter Parade, gia all’attenzione con diverso approccio del franco-ungherese Brassaï nel 1957 [8]).
Tuttavia mancava ancora la possibilità di inquadrare compiutamente la figura di Geri Della Rocca de Candal e la sua attività fotografica. Questa opportunità si è avverata soltanto molto recentemente per una fortunosa coincidenza. Compare inaspettatamente in rete un omonimo, fresco di dottorato in discipline umanistiche presso l’Università di Oxford e collaboratore di un gruppo oxoniano di ricerca sul primo secolo di storia del libro a stampa. Il giovane studioso si rivela essere il figlio del nostro obiettivo, e ci dà la possibilità di contattare il padre. Questi accetta di metter mano per noi al proprio archivio fotografico, da decenni lasciato a dormire, e di rivisitarlo con affettuoso distacco.
L’autore stesso ci fornisce un buon numero di files ottenuti da stampe analogiche eseguite personalmente per mostre e pubblicazioni. Molti sono di immagini per noi nuove, altri sostituiscono vantaggiosamente parte di quelli ricavati dalle fonti a noi già note. Tutti insieme saranno di valido aiuto ad interpretare correttamente secondo la dell’Autore pe le immagini ricavate da atre fonti. 
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Figura 5. Easter Sunday Fashion Parade, NY. Photography Year Book 1974 fig.133 . 
Infine i suoi cenni autobiografici, seppure scarni, ci salveranno da induzioni ed esercizi di fantasia di precedenti commentatori [9] e ... nostri. E così possiamo raccontare che il giovane amatore (n. 1944), dopo un primo periodo di partecipazioni e successi in concorsi e mostre collettive, del quale rimase rara testimonianza l’articolo di Turroni sopra riportato, venne effettivamente "scoperto" da Lanfranco Colombo, che nel 1970 gli consentì la sua prima mostra personale presso la Galleria Il Diaframma [5]. Ben presto Geri interruppe gli studi universitari di Fisica per dedicarsi completamente alla professione di fotografo free-lance per la stampa internazionale. Fotografie realizzate nel corso dei suoi viaggi venivano pubblicate su quotidiani, settimanali riviste e libri negli Stati Uniti e in molti paesi europei (in Italia, per esempio, su Il Mondo). Contemporaneamente condusse un’intensa attività espositiva quasi esclusivamente all’estero, con mostre personali e partecipazioni a collettive in Europa e fino ai quattro angoli del mondo, dagli U.S.A. all’Australia e dal Brasile alla Cina. Considerato uno dei più rappresentativi fra i giovani fotografi Italiani del momento, sue opere vennero acquistate da musei stranieri. Ma all'inizio degli anni '80 Geri dovette occuparsi personalmente delle attività legate agli interessi di famiglia, tanto da abbandonare, prima gradualmente e poi del tutto, la fotografia. Le sue ultime apparizioni dirette non vanno oltre il 1984, ma sue opere continuano a comparire in ulteriori mostre dedicate alla più rappresentativa fotografia Italiana dei decenni in cui egli ha operato.
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Figura 6. Venezia, 1977 (bacino di S. Marco visto da S. Giorgio Maggiore)
Una fotografia dello scaffale in cui sono allineati gli annuari, i cataloghi e altri fascicoli occasionali in cui sono riprodotte le sue opere ci ha permesso di arricchire la documentazione figurativa, completando la serie di Photography Year Book degli anni fra il 1972 e il 1980, in ognuno dei quali compare almeno una sua opera. La loro successione ci ha aiutato a formulare una traccia sulla quale restituire l’evoluzione dell’Autore.
Sua caratteristica costante è la sapienza della composizione, distribuita nello spazio con equilibrio di stampo classico, anche quando la prospettiva geometrica è forzata coll’impiego di un grandangolo spinto (fino al 20 mm), e quando si combina con quella forma particolare di prospettiva aerea ottenuta coll’aiuto di foschie e nebbie (figura 6), che già si notava nelle foto dei primi anni (figure 1 e 2). A mano a mano si accentua la ricerca d’una geometria severa, rafforzata da forti contrasti con bianchi puri e neri intensi o addirittura chiusi. Tuttavia il facile rischio dell’aridità viene evitato dalla presenza della persona umana o da dettagli che la richiamano, spesso con una ironia garbata e benevola (figure 7 e 8).
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Figura 8. His, Hers (per Lui, per Lei). Photography Year Book 1980 fig.58.
Il bordino nero con cui l’autore costantemente racchiude l’immagine stampata (e nelle stampe da esposizione isola l’immagine entro un largo campo bianco) appare dettato, piuttosto che da una pretesa di eleganza, dall’intenzionale affermazione della compiutezza della composizione.
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Figura 8. Silhouettes. PHOTOGRAPHIE (Winthertur, CH) Juli 1977.
Nelle diapositive a colori l’impatto grafico è mediato da una forte saturazione del colore (Figura 9), che possiamo ritenere frutto d’una leggera sottoesposizione del Kodachrome in fase di ripresa.
 
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Figura 9. Storage closets. PHOTOGRAPHIE (CH) Juli 1978.
Varie mostre di successo e i frequenti portfolio ospitati da riviste fotografiche a grande diffusione portano la prova della sua popolarità. “Le sue frequenti permanenze negli Stati Uniti hanno dato alle immagini un’impronta, che per la fotografia europea risulta innovativa” (PHOTOGRAPHIE, Winthertur, Svizzera. Luglio 1978, editoriale). Reciprocamente, per i Nord-americani l’occhio con cui il loro paese è stato fotografato dall'ospite italiano era uno specchio insolito, rivelatore di aspetti da loro mai notati (o mai voluti prendere in considerazione, sebbene meno imbarazzanti di quelli bruscamente esibiti da altri stranieri come Robert Frank, Svizzero, o William Klein, Newyorkese ma culturalmente parigino e autodefinitosi straniero in patria).
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Figure 10 e 11. Dalla serie Bars (Sbarre) PHOTOGRAPHIE (Winthertur, CH) Juli 1978.
NOTE
 [1] Superfluo il confronto colla invadente, fugace, evanescente fotografia della nostra epoca digitale; ovvio e banale ogni commento. Sì, anche cumuli ben distribuiti di elettroni possono essere finalizzati a partorire immagini analogiche; ma ciò nella realtà avviene solo per frazioni fantastilionesimali di quelli partoriti dalle apposite strutture tecniologiche. Nonostante tutte le riviste di moda o di viaggi e gli album di matrimonio.
[2] In Italia fino agli anni ’60 quel poco che esisteva di editoria e pubblicistica fotografica  era orientato quasi esclusivamente alla divulgazione e all’aggiornamento in materie tecniche, e gli orizzonti artistici erano assolutamente provinciali. Chi voleva rimanere informato sulla fotografia nel resto del mondo poteva reperire soltanto in rare librerie più accorte (a Padova, la Libreria Internazionale Draghi) qualche periodico internazionale, come il mensile statunitense Popular Photography e il suo Annuario, o il britannico Photography Year Book. Coll’arrivo di Gustavo Millozzi, qui immigrato da Venezia e La Gondola, i frequentatori del Fotoclub Padova potevano prenotare il mensile svizzero Camera, principale punto di riferimento internazionale per la fotografia.
[3] La rivista Ferrania [ https://it.wikipedia.org/wiki/Ferrania_(periodico) ], fondata nel 1947 e cessata nel 1967, era sponsorizzata dalla storica industria italiana omonima, che fu per vari decenni la produttrice di apparecchiature e materiali fotografici e cinematografici dominante sul nostro mercato. Memorabile la sua pellicola P30, matrice del bianco e nero del Neorealismo cinematografico italiano. La storia dell’azienda, conclusa definitivamente e infelicemente in questo millennio, si può trovare riassunta in https://it.wikipedia.org/wiki/Ferrania_Technologies . I PDF di tutti i numeri della rivista sono liberamente consultabili in Rete sul sito https://www.fondazione3m.it/page_rivistaferrania.php . 
[4] Giuseppe Turroni, La consolazione dell’occhio,Ferrania XXI/7, luglio 1967 pagina 2.
[5] La Galleria Il Diaframma di Milano, fondata e diretta da Lanfranco Colombo, la prima in Europa dedicata esclusivamente all’arte fotografica, presentava molti maestri stranieri e giovani innovatori nostrani, esercitando così un’azione fondamentale per lo svecchiamento della fotografia italiana.
[6] APERTURE magazine è un periodico con cadenza trimestrale nato a New York nel 1952 per opera d’un gruppo di fotografi (Ansel Adams, Minor White, Dorothea Lange e altri) al fine di promuovere la fotografia d’arte. Si è presto affermato come il più importante interprete della cultura fotografica mondiale assieme al più antico Camera. Nelle sue pagine hanno trovato slancio o conferma molti dei più apprezzati fotografi delle successive generazioni, come Diane Arbus, Robert Frank e tanti altri. La rivista è ancora attiva, disponibile anche in formato digitale assieme all’archivio di tutti i numeri dalla nascita; soluzione particolarmente conveniente in Italia dove recentemente sono state “perdute” per le strade postali la metà delle copie cartacee d’un costoso abbonamento biennale.
[7] Il settimanale Epoca della Arnoldo Mondadori Editore, nato nel 1950 sul modello dell’americano LIFE, faceva ampio uso di servizi fotografici, molti dei quali sono rimasti nella storia.
[8] Brassaï, 100 photos pour la liberté de presse. Reporters Sans Frontieres, 2022.
[9] Vatti a fidare delle informazioni reperibili in rete. Esempio:Amazon presenta così Incontri con fotografi illustri, Ferdinando Scianna, 2023: “Scianna ha realizzato migliaia di ritratti: i contadini duri e dignitosi di Bagheria, le donne estasiate durante le processioni siciliane, l’amico e coinquilino (sic) Leonardo Sciascia”. In evidenza la massima, ma non unica, baggianata contenuta in quella frase, nel suo insieme atta a disorientare l’ignaro compratore sul reale contenuto del libro.
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ilpianistasultetto · 1 year
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Giornali, tv, media vari, potrebbero mettere un bell’occhiello sulle loro testate o un bel cartello negli studi da dove trasmettono:
 NOI NON DISTURBIAMO I MANOVRATORI SIMPATICI AI NOSTRI EDITORI.
Un immenso chiacchiericcio per  indottrinare gli italiani che viviamo in un Paese con due sole opzioni politiche: Meloni o Schlein. Non si parla nemmeno più di bipolarismo ma di bi-partitismo. Fratelli d’Italia o PD.  Il motivo? Berlusconi ormai è un vecchio angosciato solo dalle sue sopracciglia, Salvini è la favola della merda e la scarpa, una volta pista e una volta viene pistato e Conte è uno visto dai potenti come la peste, come uno non di loro. Per non parlare dei gruppuscoli alla sx del PD. Spariti dai giornali, spariti dalle tv, spariti da ogni organo d’informazione. Questo è il momento di pompare due sole rane, Meloni e Schlien, Schlien o Meloni. Entrambe le donne garantiscono i potentati italiani ed europei. Due donne che fanno chiacchiericcio, appunto, ma sempre pronte a scattare sull’attenti quando arrivano i comandi che contano. Al potere che perpetua il potere interessa che tutto rimanga congelato e nulla cambi. Gli industriali, le categorie economiche e sindacali, i notai, gli editori, i giornalisti, i baroni della sanita' e dall'universita', i professionisti vari e tutti quelli che in 50anni hanno preso posti di rendita e di potere. Nessuno di questi e' pronto a rinunciare a qualcosa o a farsi scavalcare da qualcuno piu'bravo e meritevole di loro. Tizio, Caio o Sempronio, tutti vanno bene, l'importante sia gente che non deve cambiare niente.
@ilpianistasultetto  
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libriaco · 2 years
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🤬Governo🤬
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Post-it su copertina di: A. Gramsci, Piove, governo ladro! : satire e polemiche sul costume degli italiani a cura di Antonio A. Santucci, Roma, Editori Riuniti, 1996
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mimosaosa-blog · 2 years
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La Storia ci cancella
#Storia #Donne #femminismo #filosofia #maschilismo #misoginia #traduzione #editoria
Da qualche tempo mi sto interessando alla storia dimenticata delle donne, di quelle donne che la Storia l’hanno fatta sul serio, da protagoniste, da figure attive nella costruzione della società e del pensiero quanto gli uomini, ma di cui nessuno ha mai parlato. E di cui non c’è traccia nei libri di scuola benché abbiano perfino regnato per decenni con polso di ferro guidando dinastie importanti nel cuore dell’Europa.
Lo sto facendo grazie a un libro agile e spigliato ma solidamente documentato, la cui traduzione tento da mesi, invano, di proporre agli editori italiani. Si tratta di «Les grandes oubliées. Pourquoi l’Histoire a effacé les femmes» di Titiou Lecoq, giornalista, romanziera, saggista francese che usa la sua penna femminista per divulgare, incuriosire, informare. 
Di lei avevo letto un divertente saggio su Balzac in cui ribaltava celebri e celebrate biografie, che pur avevo divorato ma che presentavano i personaggi femminili cruciali nella vita dello scrittore francese solo secondo uno sguardo maschile: quello bugiardo e manipolatore del protagonista e degli uomini dell’epoca. In italiano il titolo potrebbe diventare: «Balzac uno di noi» (no, in Italia non è stato tradotto) perché lei confessa di adorarlo per aver avuto notoriamente le mani bucate, soprattutto per vestiti chiassosi e inutili accessori, per l’inseguimento folle dei suoi sogni di gloria, per i sotterfugi che inventava per sfuggire ai creditori, per il suo amore per le donne più anziane, ricche, ma anche perché faceva sempre finta di essere vittima di sua  madre fin da piccolissimo, madre che invece, poveretta, non solo lo aveva sempre accudito, ma finito per vivere in miseria estrema perché lui era riuscito a sperperare pure i suoi risparmi.
Tornando alle Donne dimenticate, il saggio di Lecoq è pieno di informazioni documentate, è ironico, di lettura scorrevole, piacevole e in Francia è stato un best seller. In Italia però non lo ha preso in considerazione nessuno. Ne ho fatto una traduzione, dicevo, che tento da mesi di proporre. Invano perché non ottengo risposta, neppure un diniego, niente. E pensare che invece quando scrivo una mail agli editori o editor francesi - di cui si trovano nomi e contatti diretti sui siti delle case editrici – tempo ventiquattrore e arriva una garbata risposta. 
L’editoria italiana è un caso a parte in Europa, direi nel mondo cosiddetto sviluppato, lo dicono tutti gli addetti ai lavori e non è questo l’argomento in cui mi voglio immergere, le ragioni per frustrarsi in Italia abbondano, meglio metterle di lato.
Voglio parlare qui di questo libro e del tema che affronta così bene con una carrellata che parte dalla Preistoria -con gli ultimi studi e scoperte- e arriva fino ai nostri giorni, perché ho appena letto un articolo sullo stesso tema, tratto da un altro libro che sembra interessantissimo e che leggerò tutto quanto prima. 
Si tratta di un  saggio, scritto in questo caso da due accademiche, che come altri libri sulla filosofia se lo sono editato, Dalia Nassar e Kristin Gjesdal e si intitola «Women Philosophers in the Long Nineteenth Century», sottotitolo : The German Tradition visto che parla di filosofia e parte proprio dalla considerazione che nel XIX secolo in Germania, al pari di filosofi come Hegel, Marx, Kierkegaard e Nietzsche, c’erano filosofe di grandissima importanza di cui si parla per la loro vita, spesso per la loro morte come nel caso di Rosa Luxemburg, ma mai per il loro pensiero filosofico che era solido, ricco, innovativo e si trova in opere edite che non escono però dai ristretti circoli accademici tedeschi.
L’articolo, pubblicato dal magazine online Aeon, si può leggere qui:
https://aeon.co/essays/a-rescue-mission-on-behalf-of-women-philosophers
 
Il XIX secolo, ci racconta Lecoq, ha segnato l’ennesimo balzo all’indietro nelle conquiste in termini di diritti, di riconoscimento come persone, di protagoniste attive della società, che le donne sono state costrette a subire. Dopo la Rivoluzione francese, che le ha viste in testa ai cortei per reclamare pane e giustizia, che le ha viste sulle barricate, poi combattere al fronte da soldatesse e anche da comandanti di battaglioni, sono state ricacciate in casa. Al massimo gli è stato ridisegnato il ruolo cinico di tricoteuses, sedute in prima fila per lo spettacolo offerto in piazza dalla ghigliottina, sempre marginali e a fare la calzetta. Per non parlare dell’avvento di Napoleone che con il suo Codice Civile le ha di nuovo spogliate di tutti i loro averi: dote, eredità, patrimoni personali venivano assegnati esclusivamente al marito e le donne erano classificate beni di proprietà esattamente come il mobilio di casa. Per far capire la portata del Codice napoleonico Titiou Lecoq racconta un dettaglio famigliare: quando sua madre si sposò in prime nozze nel 1964, la legislazione in tema di Diritto di famiglia in Francia era ancora quella cosa lì, quella scritta da Napoleone Bonaparte nel suo celebre Codice.
In quel XIX secolo perfino la moda era disegnata per impedire alle donne di muoversi agevolmente, tra crinoline e gonne strette e lunghe.
Le due accademiche dell’università di Philadelphia e di Sidney si concentrano sullo stesso secolo che ha visto esplodere il pensiero di uomini che tuttora si studiano in dai banchi di scuola, filosofi che sono riferimento della filosofia politica occidentale, campioni dell’uso della mente e campioni di misoginia e maschilismo come Freud che perde la testa, al pari di Rilke e Nietzsche, per Lou Andreas Salomé ma non prende minimamente in considerazione i suoi scritti che rimangono invece un pilastro del pensiero filosofico e psicoanalitico sulle donne, dai suoi studi sulle eroine di Ibsen a «La materia erotica» del 1892.
Lou Salomé e Rosa Luxembourg sono le più note, la punta dell’iceberg di un continente di filosofe e studiose che arricchivano la scena intellettuale e che ragionavano sulle donne, ponendo le basi del femminismo moderno. Eppure giudicate incapaci da quegli stessi uomini che le desideravano, che frequentavano, che condividevano quella stessa scena. 
Quegli uomini, affermano le autrici del saggio, conoscevano il pensiero, il lavoro e le opere di queste donne, non erano affatto, come troppo spesso si sostiene benevolmente giustificandoli, figli dei loro tempi, quindi resi ciechi dagli usi e costumi dell’epoca: «Non furono la misoginia né l’esclusione a rendere filosofi e storici accecati dai tempi».
Ci vedevano benissimo insomma, ma scelsero consapevolmente di emarginarle e di giudicarle inadatte, incapaci di usare l’intelletto. Per Kant le donne erano più interessate a mostrare i loro gioielli agli uomini che a studiare; Fichte negava che le donne potessero dedicarsi a temi universali come scienza o filosofia sostenendo che i loro scritti dovessero limitarsi ad argomenti prettamente femminili, la solita letteratura rosa insomma. Hegel? Diceva che le donne sono placide come piante. Secondo Schopenhauer bastava dare un’occhiata a una donna per capire che non era certo fatta per sforzare il cervello.
Di queste donne, in Germania, c'è stata una lunga lista che qui accenno solo: Germaine de Staël (che Napoleone-sempre lui- esiliò da Parigi prima dalla Francia poi, dicendo che le donne erano adatte solo a fare la calza), Bettina Brentano von Arnim, Rahel Levin Varnhagen, Henriette Herz, Anna Tumarkin, Liselotte Richter, Katharina Kanthack.
«Le donne che riuscirono a essere filosofe erano come quei fiori che crescono nelle crepe della pavimentazione stradale: emersero soprattutto a dispetto di, non certo grazie alle condizioni in cui erano state educate».
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lamilanomagazine · 6 days
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Stop Rai al monologo sul 25 aprile, Scurati: «Ho provato dolore»
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Stop Rai al monologo sul 25 aprile, Scurati: «Ho provato dolore». «È duro, faticoso, doloroso, sono un privato cittadino che legge e scrive libri e all'improvviso per aver fatto lo scrittore mi ritrovo al centro di una polemica politico-ideologica accanita, spietata e fatta di attacchi personali denigratori che mi dipingono come un profittatore, quasi come un estorsore». Queste le parole di Antonio Scurati, intervenuto alla "Repubblica delle Idee", commentando quanto accaduto dopo lo stop della sua partecipazione al programma “CheSarà” su Rai3, dove avrebbe dovuto leggere un monologo sul 25 aprile. Il testo è stato letto oggi a Napoli dallo scrittore, fra applausi e standing ovation. Ieri, dopo la notizia dello stop al monologo, è scoppiata la polemica politica, con le opposizioni che hanno parlato di censura e che hanno chiesto un chiarimento in Commissione di Vigilanza Rai. Nel dibattito è intervenuta anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha pubblicato su Facebook il testo e ha attaccato le opposizioni: “Caso montato. La Rai dice di non voler pagare 1.800 euro per un minuto. Non so la verità. Ma chi è sempre stato ostracizzato non censura. Giudichino gli italiani”. Scurati, ieri sera, aveva replicato alla premier: «Dice il falso, subisco una violenza per aver espresso il mio pensiero». Sul caso è intervenuta anche l'Associazione Italiana Editori: «Un Paese forte della sua democrazia non dovrebbe mai temere le opinioni degli scrittori, qualunque esse siano», ha ricordato il presidente, Innocenzo Cipolletta.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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elelandia · 6 days
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Editori della domenica: Lettere Elettriche.
Ho scoperto Lettere Elettriche grazie a Instagram, e qui vale assolutamente il discorso “i social ha fatto anche cose buone”. Nel mio caso le ha fatte ottime, perché mi ha permesso di scoprire un genere, il grimdark, di cui ero praticamente digiuna, e un editore, piccolo ma con una sua identità precisa e che non ha nulla da invidiare ai più grandi. Per chi non lo sapesse, il Grimdark è un…
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cloudwine9 · 17 days
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VINO, VINITALY: CON IMT 79 AZIENDE MARCHIGIANE IN VETRINA A VERONA
(Jesi – AN, 10 aprile 2024). Con tre Verdicchio nei primi 10 posti della superclassifica “Top 50” dei bianchi italiani del periodico Gentleman di Class Editori – ottenuta dall’incrocio delle 5 più autorevoli guide enologiche 2024 del Belpaese (Bibenda, Cernilli, Gambero Rosso, Veronelli, Vitae) – l’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) fa rotta su Vinitaly per il 56° Salone internazionale dei…
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marikabi · 18 days
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Scrittore per caso
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Perché si diventa scrittori? Perché si anela a pubblicare? 
In un'Italia - in cui diffusa è l’iperbole secondo la quale ci siano più scrittori che lettori - si registra una smania grafomane, rectius: tastieromane. 
C'è più gente che vuole dire qualcosa di quanta ce ne sia che abbia genuinamente qualcosa da dire. Ci s'inventa scrittori, quando non si ha la possibilità di sfoggiare la propria vanità in un talk show, oppure quando non si è influencer? Ci si sogna scrittori perché abbiamo tutti qualche velleità e questa è a buon mercato? 
Tralascio tutta la nota questione sull'Editoria che pubblica la qualunque e a qualunque titolo, mentre alcuni intellettuali s'interrogano, per quanto timidamente, sullo scadimento qualitativo delle proposte editoriali. Qualcun altro svela che le vendite medie dei libri sono ridicole e che addirittura con meno di 1500 copie vendute si entra pure in Top 10 di categoria. 
In generale, le grandi case editrici pubblicano nomi già forti, soprattutto per notorietà mass mediale (TV, YouTube, star system, showbiz). Le piccole pubblicano ad occhi chiusi per puntellare i bilanci annuali. 
Se un islandese mediamente legge dieci libri all'anno, più del 60% degli Italiani non ha letto neanche un libro a stampa nel 2022 (fonte: ISTAT). Sic stantibus data, perché si scrive e si pubblica così tanto? 
Ma vi è di più. Fioriscono a decine i corsi per aspiranti scrittori. Si aprono laboratori di scrittura creativa. Si tengono seminari per futuri romanzieri anelanti un ISBN, tipo "Come pubblicare un romanzo (e vivere felici lo stesso)" pubblicizzato sui social. Suppongo che il relatore come pure gli eventuali partecipanti siano già ben consapevoli che 'essere pubblicati' non è sinonimo di 'avere successo' e/o di ‘scrivere bene’, ed è per questo che il titolo chiosa sul vivere felici lo stesso. 
Corollario a tali seminari, sono blog, podcast nonché altri seminari ed altri libri sui metodi per ignorare la frustrazione da insuccesso editoriale, spronando ad insistere, insistere, insistere nello scrivere e nel cercare editori. Si alimenta così la fola per la quale saremmo tutti degli sfortunati Hemingway non riconosciuti - umanità, quell’ingrata! - e si moltiplica l’editoria minuscola e a pagamento, oltre a consolidarsi la schiera delle attività inutili: trainer e motivatori di scrittori.  
Non nego, tuttavia, che esistano davvero perle nascoste nella piccola e media editoria, che mai conosceranno vasti pubblici, vuoi per carenza di risorse nel marketing, vuoi perché l'autore è territoriale, vuoi perché le grandi case editrici non perdono tempo a fare scouting, vuoi perché - è spesso così, credetemi – mancano al pur bravo autore gli agganci giusti. 
Nonostante l'insuccesso, l'invenduto e tutto il tempo sprecato a fare presentazioni (ci ritorno fra qualche rigo), la gente scrive, scrive più di quanto essa stessa legga. 
Personalmente, sono convinta che se si leggesse di più, avremmo meno scrittori, o quanto meno più qualità dei testi, dalla sintassi all'accuratezza di fonti e riferimenti, in narrativa e in saggistica. Se si leggesse di più, gli aspiranti scrittori capirebbero pure - nel confronto - che non sono poi quei novelli Manzoni, o nascosti Baricco che in pectore s’immaginano, e magari potrebbero pure desistere dall'inutile intento. 
Se si leggesse di più, voglio aggiungere, avremmo anche giornalisti migliori, meno sgrammaticati e più attendibili. Tuttavia, spesso ci s'improvvisa giornalisti come ci s'improvvisa scrittori: voler a tutti i costi dire qualcosa, talvolta pure sfidando il ridicolo. 
(Diciamocela fino in fondo: di giornalisti che raccolgono vere notizie e fanno inchiesta ce ne sono sempre meno, laddove il giornalismo dovrebbe essere solo inchiesta e ricerca. Una crescente parte di noi iscritti all’Ordine, ed io sono in prima fila, rimesta notizie già date agghindandole con sofismi ed opinioni personali - un esempio da manuale sono le Inchieste da fermo di un sopravvalutato Federico Rampini - spesso chiamando altri giornalisti a raccolta per rimestare meglio, quando non butta lì vere e proprie fesserie. Ho raccolto una delle tante sboronate – riportata dall’effervescente youtuber Gio’ Pizzi – raccontate durante i giorni delle colonne dei trattori agricoli in protesta. Trattasi di un episodio che sembrerebbe un peccatuccio veniale se non mascherasse invece perniciosa propaganda. Mario Sechi – direttore di una testata, manco un quidem de populo – ha proclamato [nella trasmissione Otto e mezzo, tra i più patinati consessi di giornalisti che rimestano solo opinioni, null’altro che opinioni] che l’agroalimentare in Italia vale 500 miliardi di euro, pari al 16% dell’intero PIL nazionale, mentre in realtà il valore reale del settore è di 74 miliardi pari al 3,5%. Se i dati sparati da Sechi fossero veri, il PIL italiano sarebbe di 3100 miliardi - e non di 2100 miliardi, com’è realmente - e l’Italia sarebbe un Paese agricolo fondato sui caciocavalli ed il lievito madre, laddove invece siamo molto più bravi, noti e richiesti per la raffinatezza e l’ingegno delle nostre tecnologie e non per il pistacchio di Bronte. Il teatrino di Sechi era strumentale a fomentare politicamente lo sdegno contro l’Unione europea che vessa gli eroici e sottovalutati agricoltori elettori e bla bla bla. Il mio rispetto agli agricoltori, il mio disprezzo agli imbonitori. E vogliamo sottacere il caso in cui il direttore di RAINews – Petrecca – ha oscurato le dichiarazioni del Procuratore di Napoli – Gratteri – sui politici che sniffano strisce di ‘bianca’?) 
Torniamo alle smanie letterarie. Chi pubblica un libro vuole anche presentarlo, o forse vuole soprattutto presentarlo, e ciò è ancor più valido in proporzione inversa alla notorietà. Diventa più appagante per la vanità personale avere una platea - ancorché minima – che sta lì a vederti ed ascoltarti, che non le cifre delle vendite dei volumi. Presentare libri non incide sulle vendite, ma coccola e nutre l’orgoglio personale. 
State leggendo un libello di una giornalista-scrittrice (eh già, sono a pieno titolo nel vituperato novero dello stesso oggetto dei miei strali) che presenta per hobby molti libri altrui. Mi piace presentare solo libri altrui, non i miei, avendo compreso appieno le ragioni di Groucho Marx quando affermò di non voler mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come sé stesso. D’altronde, cantava Vecchioni, o uno vive per le cose che dice o non vive più, ed è per questo che non presento più i miei libri, per coerenza. 
Tuttavia, mi piace presentare quelli degli altri, in quanto tale attività mi offre uno spaccato psico-antropologico, nel combinato disposto ‘autore-contenuti-platea'. L'unico sopravvissuto insuperabile merito della psicanalisi è di essere il miglior strumento per valutare i libri (ed i film), sia nello stile, che nei contenuti (mi riferisco alla narrativa – con netta esclusione di quella per bambini e ragazzi, davvero di ottimo livello in Italia - e alla saggistica da diporto, non a quella accademica e scientifica). 
Mi piace presentare libri altrui perché posso spaziare con gli argomenti, attingendo a tutto ciò che ho letto nella mia vita per fare collegamenti, operare agganci, suscitare evocazioni, rimproverare errori. Mi piace anche leggere ed analizzare per benino i libri che presento, perché imparo a scrivere meglio, a fare debunking, nonché a ridimensionare eventuali borie dell’autore, oltre a cercare di fare le domande giuste. 
Mi piace pure scoprire i motivi per cui si diventa scrittori. 
Così, durante questa mia attività collaterale (nonché assolutamente gratuita) ho scoperto un motivo in più, la spinta per la quale l’Autore che sto per introdurre è diventato scrittore: parlare ai propri figli. 
Mauro Del Mauro - di professione informatico (di alto livello), irpino (della notoria enclave autonoma di San Barbato) trapiantato in provincia di Milano, padre di due post-adolescenti - ha scritto numerosi testi per raccontare ai suoi figli il suo pensiero e la sua storia, razionalizzando la sua rabbia politica e i suoi rancori, ricordando le sue origini e la sua gioventù, acquietando i suoi tormenti ed i suoi dolori famigliari. 
Non ha mai pensato di scrivere per un pubblico diverso da sua figlia e suo figlio; non gli è mai importato avere una platea più vasta. Ha scritto a loro e per loro, invece che annoiarli con les neiges d’antan, affinché potessero scegliere di conoscere e non subire la conoscenza delle sue storie di vita. 
Così, rimanendo un po’ spiazzato quando – per caso – qualcuno gli ha chiesto per la prima volta in assoluto di presentare i suoi testi, Mauro mi ha chiamato a correità per un’inaspettata scorribanda nei cunicoli della sua robusta anarchia di pensiero, attraverso alcuni libri che più di altri (tra i suoi molteplici scritti) si collegano tra loro per sviluppo socio-storico-politico. Il Nostro, da intransigente e veemente kantiano per etica e morale, col tempo, diviene osservatore disincantato, più preso dai colori della campagna irpina (è originario di San Barbato, non dimentichiamolo mai) che dall’insistenza delle giovanili smanie di cambiare il mondo, denunciandone alcune aberranti storture, attraverso la satira, l’irriverenza o la semplice cronaca. 
Mauro – per inciso, mio compagno di liceo - è diventato Scrittore per caso (ma anche un po’ per necessità) ed è questo il titolo dell’incontro di domenica 7 aprile, dalle 17, organizzato dalla Pro Loco Mons Militum presso la biblioteca “Franco Basile”, in Piazza Umberto I a Montemiletto, un’occasione per riconsiderare storia, cronaca, politica e Irpinia da una prospettiva sui generis. 
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crossroad1960 · 2 months
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Qualche giorno fa, Elisa Giomi, nostra autorevole e apprezzata collaboratrice, docente di Roma 3, titolare di un curriculum ammirevole e soprattutto componente di Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), ha scritto per Huffpost un contributo in cui si rallegra della sentenza con cui il Tar del Lazio ha riposto alla Corte di giustizia europea il regolamento per un equo compenso dei contenuti diffusi nel web.
Cercherò di spiegare ai lettori di che si sta parlando senza sprofondare nel burocratese. I ciclopi della rete - Facebook, OpenAI, X eccetera - da decenni fondano il loro strapotere anche - in parte né predominante né trascurabile - sulla riproduzione dei nostri articoli. Di Huffpost, di Repubblica, del Corriere, della Stampa, ma anche di giornali locali, di piccole e combattive start-up digitali: alimentano il traffico e raccolgono pubblicità senza che agli editori e ai giornalisti ne derivi un proporzionale introito. Zero euro.
Il digitale ha provocato guasti enormi al giornalismo ma nessuna lagna: è così, la tecnologia ci ha migliorato la vita e posto di fronte a competizioni nuove che vanno affrontate e non rifuggite. La rivoluzione digitale ha stravolto il commercio, e ogni industria, quella dei libri, del vino, quella discografica, dei negozi al dettaglio, ha le sue grane e ognuno si ingegna per adattarsi e sopravvivere e poi rilanciarsi. Ecco, nessuna lagna. E però nessuna ambizione suicida: se OpenAI comprende i nostri articoli nello sterminato archivio su cui fonda lo sterminato (e ancora un po’ stolto) sapere dell’intelligenza artificiale, è sacrosanto riconoscere una percentuale a chi gli articoli li ha scritti e pubblicati.
Elisa Giomi, per tornare a noi, nel suo corsivo propone soluzioni alternative a quelle stabilite dall’Agcom, e sulle quali fu l’unica a votare in dissenso. Comprensibile, da parte sua, un poco di soddisfazione per la scelta del Tar di sottoporre il regolamento alla Corte di giustizia. E fin qui niente di discutibile. Il regolamento tracciava un recinto dentro cui piattaforme ed editori avrebbero poi raggiunto un accordo. A ricorrere è stata la Meta-Facebook di Mark Zuckerberg, e l’incomprensibile è che la decisione del Tar abbia introdotto una sospensiva. Mi spiego: finché la Corte europea non si sarà pronunciata, resterà tutto congelato. Un anno e mezzo? Due anni? Chissà. Ma noi sappiamo che i tempi della giustizia ancora non conoscono gli effetti devastanti di evoluzioni frenetiche.
Si ricorre alla sospensiva, soluzione drastica, quando una deliberazione può provocare danni irreversibili alle aziende, e qui siamo davvero al paradosso. Meta-Facebook nel 2021 (ultimi dati da Wikipedia) aveva un fatturato di 117.9 miliardi di dollari e un utile netto di 39.3 miliardi. Quale danno ricaverebbe dall’applicazione del regolamento in favore degli editori italiani, sulle cui cifre non mi pronuncio, ma starebbero dentro una percentuale dello zero virgola zero zero del fatturato di Meta? Al contrario a subire un danno, magari non irreversibile ma serio, sono gli editori e i giornalisti, che da anni lavorano gratis per imprenditori del web dotati di patrimoni pari al Pil dell’Ungheria, e sono davanti alla prospettiva di farlo per un paio d’anni ancora.
In attesa della Corte europea, sarà il Consiglio di Stato a pronunciarsi sulla decisione del Tar. Ma vorrei fosse chiaro a chi ci legge che non stiamo chiedendo sovvenzioni, bensì il riconoscimento di una quota legittima, indispensabile a migliorare i nostri bilanci e i nostri prodotti. Fare la beneficenza a Zuckerberg, capirete, non accende il mio entusiasmo. (Mattia Feltri)
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siciliatv · 3 months
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Le Saline di Trapani protagoniste nel manifesto del "Trapani Comix & Games"
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Il prossimo "Trapani Comix & Games", in programma dal 24 al 26 maggio alla villa comunale Margherita di Trapani, avrà come elemento distintivo nel suo manifesto le suggestive saline del luogo. L'autore del manifesto è Giuseppe Camuncoli, noto disegnatore di Batman per la "DC Comics". Camuncoli, originario di Reggio Emilia, ha scelto di rappresentare le saline con i loro caratteristici mulini a vento, catturando l'essenza visiva della provincia trapanese. L'artista, con una carriera dedicata ai fumetti, ha lavorato su titoli di grande rilievo come "The Amazing Spider-Man" e "The Superior Spider-Man" per la Marvel, oltre a contribuire a classici italiani come Diabolik e Dylan Dog. La scelta delle saline come sfondo per l'illustrazione del "Trapani Comix & Games" è stata accolta con entusiasmo dagli organizzatori, i Nerd Attack, che ogni anno promuovono un messaggio positivo attraverso l'arte e i supereroi. I Nerd Attack sottolineano l'attualità del tema, poiché il territorio delle saline potrebbe diventare un sito UNESCO, candidandosi per l'inclusione nell'elenco dei patrimoni mondiali dell'umanità. La quinta edizione di "Trapani Comix" promette di trasformare villa Margherita in un villaggio magico, con la partecipazione di cosplayers, fumettisti, creator, autori e ospiti musicali. Gli editori di fumetti e libri di narrativa avranno la loro area espositiva nell'evento organizzato in collaborazione con il Luglio musicale trapanese e il comune di Trapani. Read the full article
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agrpress-blog · 3 months
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Martedì 13 febbraio 2024 tornerà il World Radio Day, la Giornata Mondiale della Radio istituita dall’UNESCO.  L’evento, organizzato da Radio Speaker, ha l’obiettivo di celebrare il mezzo Radio in tutte le sue espressioni dando spazio alle Radio Nazionali, Areali, Web, DAB, Universitarie, In-Store e Corporate. Le più grandi star delle radio italiane e i protagonisti del settore si avvicenderanno in due sale contemporanee in una serie di interviste, incontri di edutainment, musica, workshop e spettacolo per festeggiare i cento anni della Radio e condividere con il pubblico la passione per uno fra i mezzi di comunicazione più amati e che ancora oggi viene scelto da milioni di ascoltatori/ascoltatrici ogni giorno. Giunto alla sua quarta edizione, il World Radio Day si svolgerà nella suggestiva location del Talent Garden Calabiana a Milano - via Arcivescovo Calabiana, 6 - e verrà trasmesso in diretta streaming sul sito ufficiale worldradioday.it.  L’ingresso è gratuito per tutti e aperto al pubblico. «Dopo il successo della scorsa edizione, quest’anno replichiamo l’evento in presenza a Milano per celebrare la radio come fonte di informazione, intrattenimento e ispirazione. Nel 2024 la Radio festeggia il suo centenario, occasione in più per onorare il suo fascino straordinario mettendo insieme i protagonisti che ogni giorno intrattengono milioni di italiani, gli editori e tutti gli ascoltatori che vorranno partecipare», commenta Giorgio d’Ecclesia, Ceo & Founder di Radio Speaker, organizzatore dell’evento. Dopo due edizioni online (2021 e 2022), il World Radio Day del 2023 è stato il più grande evento radiofonico in Italia degli ultimi anni: quaranta Star Radiofoniche, cinquantacinque Main Partner, centottantaquattro Media Partner e oltre diecimila persone raggiunte tramite la diretta streaming. Fra i primi nomi confermati di questa edizione Claudio Cecchetto, Giuseppe Cruciani di Radio24, Marco Mazzoli diRadio105, Linus, Gianluca Gazzoli,Wad di Radio Deejay, Albertino di M2o, DJ Ringo di Virgin Radio, Federica Gentile di RTL 102.5 e Radio Zeta e Lucilla Agosti di R101 e moltissimi altri conduttori e speakers. Il tema scelto dall’UNESCO per il World Radio Day 2024 punta i riflettori sullo straordinario passato, sul presente rilevante e sulla promessa di un futuro dinamico della radio.  «L’occasione offerta dal traguardo dei cento anni e più della Radio», si legge sul sito dell’UNESCO, «merita di essere strombazzata a tutto volume. L’UNESCO invita l’industria radiofonica mondiale nelle sue molteplici forme - commerciale, pubblica, no-profit - a unirsi a questa celebrazione globale del mezzo in questo momento speciale e cruciale nel suo viaggio lungo un secolo».
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