Capitolo 1
Era una fredda e nebbiosa giornata di metà Aprile, la meridiana del paese di Hartmann batteva mezzogiorno in punto. Hans Schmidt tentava di evitare le raffiche di vento col mento nascosto dentro la sciarpa grigia di cotone, varcò di fretta il gigantesco portone del castello: non così in fretta, tuttavia, da impedire che una folata di vento entrasse con lui.
Si tolse il cappotto lungo nero e lo appese, assieme alla sciarpa, all'attaccapanni vicino all'entrata. Sostituì poi il cappotto con un camice medico bianco, dalla cui tasca sinistra tirò fuori un piccolo panno beige per lucidare i suoi occhiali da vista. In quel momento, pensò che la sua giornata fosse già iniziata male.
Di primo mattino era uscito per sbrigare alcune “faccende importanti”, così il suo titolare chiamava la pratica che gli aveva commissionato la sera prima. Per questo, già alle cinque del mattino, quando ancora tutto il paese di Hartmann dormiva profondamente, egli era uscito.
Poco dopo era partito un leggero temporale, tipico di quel periodo dell'anno, tipico quanto gli automobilisti che sfrecciano di proposito a tutta velocità sulle pozzanghere, vicino ai poveri individui che viaggiano a piedi. Quella mattina Hans aveva fatto una doccia non richiesta.
Fortunatamente, l'ombrello era riuscito a ripararlo abbastanza e adesso si stava sistemando i capelli davanti allo specchio dell'ingresso principale.
Col suo pettine di legno spostò a sinistra della riga in parte i capelli biondissimi, caratteristici di ogni persona nordica.
Hans Schmidt era un uomo di quasi cinquantanove anni – li avrebbe compiuti fra un mese – e da ormai ventidue anni viveva e lavorava nel castello di Reichmerl.
Era un castello non lontano dalla città di Hartmann, sulle Alpi svizzere, ad una altitudine di 855 metri, al di sopra del centro abitato.
In passato era stato proprietà di una nobile famiglia prussiana, che visse lì dall'alto Medioevo fino alla prima guerra mondiale.
Alla fine del 1945 venne acquistato e rimesso a nuovo dalla casata dei Von Reichmerl, dopo che la guerra lo aveva in parte danneggiato.
Ad oggi, è tutt'ora proprietà della famiglia; e dal 1992 il castello, come i molti ricordi della casa Reale, vengono gestiti dal barone Heinreich Aloysius Volmer Von Reichmerl, il titolare di Hans.
Il signor Schmidt aveva conosciuto il barone alla fine degli anni Ottanta, quando dopo anni di onesto lavoro, presso una fabbrica orafa di Zurigo, era stato licenziato senza troppe spiegazioni.
Quello stesso giorno perse non soltanto il lavoro, ma anche l'amore della sua ormai ex fidanzata Agnes, la quale ritenendolo un inetto, non esitò tre secondi a piantarlo in asso. Abbandonato a sé stesso, Hans si ritrovò a vivere per strada da mendicante, aveva perso tutto, compresa la speranza che le cose si sarebbero mai potute sistemare.
Avvenne allora il provvidenziale incontro con Heinreich Volmer. Il barone non era molto amato dalla gente che viveva nel paese sotto al suo maniero. Il motivo all'epoca dei fatti era ignaro pure a lui stesso, tutto ciò che sapeva era che la gente del borgo lo faceva da sempre sentire come un reietto.
Quel giorno di oltre trent’anni prima, Heinreich era sceso in paese per alcuni acquisti, quando di colpo si trovò davanti una particolare scena. Un gruppo di persone che umiliava e pestava un povero uomo, la cui vita era già di suo abbastanza dura. Quel povero uomo era proprio Hans Schmidt.
Alla vista del barone, i tre delinquenti si diedero alla fuga.
Hans si era sentito immensamente riconoscente, ma il suo benefattore non aveva ancora finito di aiutarlo, poiché quando il barone venne a sapere tutto quello che gli era successo, gli fece una proposta impensabile.
Lavorare per lui in cambio di vitto e alloggio. Hans, in principio, rimase stranito dall'offerta, essendo anche lui a conoscenza di come Heinreich Volmer era descritto dal popolo.
Lo stesso popolo che però lo aveva umiliato per mesi. Quindi, alla fine chi era il vero mostro? Un popolo becero e ignorante, oppure un uomo che ti ha salvato la vita? Questo pensiero portò Hans Schmidt ad accettare l'offerta fatta.
Il suono del timer del forno fece riemergere l'uomo dai suoi pensieri. Si diresse verso l’enorme cucina, e attraversandola, osservava i cuochi alle prese con le varie preparazioni. Tutto filava liscio, così raggiunse il piano cottura dove stava bollendo un bricco in coccio contenente del latte.
Spense il fornello prima che il latte fuoriuscisse, prese un termometro e lo mise all'interno del bricco per verificare la temperatura.
Il latte era perfettamente tiepido, né troppo caldo da dover attendere a lungo per bere, né troppo freddo, per poter apprezzare la sensazione di tepore mentre stringi la tazza fra le mani.
Hans faceva questa verifica ogni mattina che veniva preparata la colazione per Heinreich, sapeva quanto fosse esigente sulla temperatura del suo latte macchiato.
Ricevuta l'approvazione di Schmidt, una degli aiuto cuochi iniziò a versare il latte in una tazza di ceramica bianca, aggiungendo successivamente una piccola quantità di caffè d'orzo.
Hans osservò la scena e un piccolo sorriso divertito comparve sul suo viso. Sapeva quanto il barone odiasse il suo continuo sostituire il caffè espresso con quello d'orzo, e sicuramente anche quella mattina ne sarebbe nata una divertente discussione.
Hans mise la tazza su un piattino e al fianco di essa un cucchiaio di acciaio, lasciando la cucina. Attraversò il lungo corridoio che lo avrebbe condotto alla camera da letto, preparandosi psicologicamente ad andare a svegliare Heinreich.
Teoricamente quel compito apparteneva alle cameriste, ma serviva molto coraggio ad entrare nella camera da letto del barone, specialmente se a tarda mattina non si era ancora svegliato.
Heinreich Volmer era un tipo mattiniero, ogni giorno alle sei in punto di mattina lasciava il castello per andare a correre e molti del suo personale invidiavano la sua volontà, perché per loro personalmente già fare avanti e indietro per l'ampia discesa che conduceva al cancello infondo alla strada, era da considerare sport olimpico.
L'uomo dai capelli biondi bussò sei colpì con le nocche sulla porta di legno, dalla parte opposta non giunse alcuna risposta. A quel punto, Hans sapeva che c'erano tre ipotetici scenari ad attenderlo.
Il primo: quello più banale, il barone stava ancora dormendo, ciò era possibile solo se aveva trascorso la notte in bianco.
Secondo: era alle prese con una sessione di sesso mattiniero; oppure terzo e peggiore dei casi: un esaurimento nervoso di quelli che perfino Heidi e suo nonno in cima alle Alpi svizzere avrebbero sentito.
Decise di fare un secondo tentativo, e nuovamente bussò alla porta della camera per sei volte, ancora una volta non arrivò alcun responso.
Hans prese un respiro e infilò la chiave del suo passepartout nella serratura, la fece girare e spinse lentamente la porta in avanti.
Al castello di Reichmerl solo quattro persone disponevano del passepartout per entrare ovunque nella dimora. La prima era senza dubbio Hanna, la figlia quasi ventiduenne del barone. C’era poi Olga Keller, la quale come Hans, viveva e lavorava lì da prima della nascita di Hanna. Infine Edith Berger, che insieme ad Hanna era il membro più giovane a vivere al castello.
Edith aveva ventitre anni e abitava lì da quando ne aveva sedici. I genitori della ragazza erano molto bigotti e conservatori, così quando lei aveva dichiarato al padre e alla madre madre di essere lesbica successe il peggio.
Non si era certo aspettata il massimo dell'incoraggiamento, ma non di certo di essere sbattuta fuori di casa. Aveva poi conosciuto per caso Hanna in un giorno qualunque di dicembre. Le due si erano trovate in una caffetteria a Zurigo, mentre Hanna aspettava che il padre facesse benzina alla pompa dall'altra parte della strada. Tra le ragazze nacque una conversazione, e quando l'uomo dai capelli neri fece ritorno nella caffetteria, la figlia gli raccontò quanto era capitato alla povera Edith.
Heinreich ne rimase profondamente disgustato. Come poteva un genitore macchiarsi di una colpa così grave? Edith Berger venne di seguito assunta come camerista, e col passare dei mesi il barone si era profondamente affezionato alla ragazza, ormai da considerala come una seconda figlia. Dal canto suo, Edith aveva finalmente trovato quel calore familiare e quel supporto paterno che le era sempre mancato. Col tempo iniziò a chiamare il barone affettuosamente “zio Heinz” o semplicemente “zio”.
Hans Schmidt spinse in avanti la porta di legno di fronte a sé, e lentamente entrò nella camera da letto, domandandosi quale dei tre scenari lo stava attendendo. Camminò gradualmente verso il letto a baldacchino e alzò lo sguardo sulla scena di fronte ai suoi occhi.
Heinreich Volmer dormiva in un stato di beatitudine col capo rivolto verso l'entrata e, a giudicare dal corpo lucido per il sudore, coperto solo leggermente dal lenzuolo azzurro chiaro di lino, l'uomo aveva da poco fatto “il suo dovere”. Se l’essere sudato e semi nudo non bastasse a rendere chiaro il contesto, la figura di Hanna coricata nuda sul petto di Heinreich, col viso nascosto sotto al mento dell'uomo, le loro mani intrecciate, lo rendevano sicuramente palese. Un altro essere umano sarebbe probabilmente rimasto turbato dalla visione, non tanto dovuta alla notevole differenza di età, essendo Heinreich ormai vicino ai sessanta anni.
La sensazione di disagio poteva nascere dalla consapevolezza che un padre avesse appena soddisfatto sessualmente la giovane figlia, e a giudicare dal sorriso della ragazza, ella era stata decisamente appagata dalla prestazione. Hans ci aveva fatto da tempo l'abitudine, in fondo era ormai dal diciottesimo anno della ragazza che i due avevano iniziato a intrattenere regolarmente rapporti sessuali, e a stimarsi come una qualunque coppia di comuni fidanzati.
Per i due era una situazione assolutamente normale, talmente normale che non si erano mai fatti problemi a dichiararlo pubblicamente in giro e nel mondo.
Heinreich Volmer era infatti un illustre dottore e considerato nel mondo un medico lungimirante, grazie alla sua cura rivoluzionaria.
Da quasi ventidue anni aveva infatti trasformato metà del castello di Reichmerl in un centro benessere con spa, e da ormai ventidue anni ricchi e facoltosi uomini venivano regolarmente lì per ricevere la sua cura.
Il centro benessere disponeva di ogni tipo di comfort: una sauna, una vasca con acqua termale, una piscina, ecc..
Per non parlare dei vari servizi dedicati alla cura della propria bellezza, come un salone parrucchiere, oppure il centro estetico per farsi fare la manicure e pedicure all'ultima moda del momento. Il dottor Volmer aveva però una specifica filosofia: diceva sempre ai suoi dipendenti e ai suoi pazienti “Mens sana in corpore sano”, tradotto dal latino “mente sana in un corpo sano”.
Per questa ragione, oltre a garantire il massimo dei servizi riguardo il benessere del corpo, ci teneva che i suoi pazienti potessero usufruire anche di un servizio di supporto psicologico. Heinreich Volmer era infatti un uomo molto empatico e sensibile ai problemi del prossimo, ciò lo portava a dedicare
gran parte della sua giornata a migliorare l'esistenza dei suoi ospiti. Inoltre, quando non era impegnato in qualche seduta in presenza, lo si poteva trovare di fronte al suo computer, con le sue cuffie, pronto ad ascoltare ogni richiesta di supporto emotivo su una piattaforma online chiamata Seven Cups.
Si trattava di un sito che permetteva la possibilità di cercare supporto emotivo e psicologico,
ma anche fornirlo. Heinreich era iscritto da diversi anni come ascoltatore, e ogni volta, le persone da lui aiutate esprimevano quanto fossero rimaste colpite dalla sua forte empatia e capacità di mettersi nei panni altrui.
Hanna era sempre stata fiera dell'uomo che era suo padre. Era molto stimato in Svizzera, come in altri paesi, e recentemente aveva persino tenuto un seminario sulla sua cura a Toronto.
Questo l'aveva portata costantemente a domandarsi, per quale motivo suo padre era stimato e rispettato ovunque tranne che ad Hartmann? Per quale motivo dovunque era visto quasi come un dio capace di curare e capire tutti, mentre nel borgo sotto al suo castello come un mostro da bandire?
Una minima spiegazione che si era data era sicuramente il fatto che la gente del paese non vedesse di buon occhio la loro relazione. Da sempre era vista infatti come una povera ragazza plagiata, manipolata dal perfido e perverso padre. Nessuno fuori da quelle mura credeva che lei volesse davvero vivere in quel modo, segregata dalla nascita in quell'enorme castello, per uscire solo ed esclusivamente per accompagnare il padre nelle sue uscite.
Hanna non ci aveva mai trovato nulla di strano. Suo padre l'aveva costantemente messa in guardia dal mondo esterno, in particolar modo dalla gente del paese. Semplicemente, pensava che stesse solo cercando di proteggerla.
Hans suonò leggermente un campanellino per richiamare l'attenzione del barone su di sé; e l'uomo aprì lentamente gli occhi azzurri, quasi di ghiaccio, osservando il suo uomo di fiducia e migliore amico in assoluto.
Hanna si alzò su col busto, imbarazzata, coprendosi d'istinto il seno e scappando poi a rivestirsi nella propria camera da letto. Heinreich osservò la figlia darsi alla fuga e sorrise divertito dalla scena, poi allungò la mano per afferrare la tazza bianca di ceramica.
Esaminò il latte macchiato al suo interno e lentamente portò il bordo della tazza verso le sue labbra. Di colpo tuttavia si fermò, e tornò con lo sguardo su Hans.
<< Mi auguro fortemente per te che questa volta tu non abbia fatto usare di nuovo il caffè d'orzo. >> disse Heinreich seriamente mentre socchiuse gli occhi, avvicinando nuovamente il bordo della tazza alle proprie labbra.
<< Sa perfettamente, signore, che il caffè espresso non è consigliato visto la notevole quantità di pillole che manda giù ogni giorno. >> rispose con un sospiro di amarezza Hans.
<< Beh, scusami tanto dottore se sono nato schizofrenico, pensi che l'abbia voluto io? >> ribatté subito il suo titolare, quasi infastidito dalle sue continue ramanzine. Hans Schmidt non si scompose, e come da copione iniziò anche quella mattina ad elencare i motivi per cui il suo datore di lavoro doveva pensare di più alla sua salute, e sopratutto abbandonare quelle cattive abitudini in suo possesso, come fumare un pacchetto di sigarette al giorno.
Come da sceneggiatura, la risposta alla predica non richiesta, era quella di buttare giù il suo latte macchiato, guardare Hans con evidente disgusto per la sua insoddisfazione causata dal caffè d'orzo, per poi abbandonare il letto a baldacchino per iniziare a vestirsi.
<< Quali sono i miei impegni giornalieri, Hans? >> domandò Heinreich mentre si abbottonava la camicia azzurrino chiaro che aveva addosso.
<< Dunque.. Secondo la sua agenda personale, oggi sarebbe dovuto andare a correre alle sei del mattino. >> Hans si fermò per alcuni secondi ad osservare il suo titolare. << Guardando però quanto le lenzuola siano bagnate e suoi capelli siano scompigliati , credo che abbia lo stesso fatto sufficiente attività fisica mattutina. >> Hans si trattenne a stento dal ridere della sua stessa battuta, mentre l'altro si trattenne probabilmente dallo strangolarlo.
<< Tornando seri.. ha una consulenza di supporto col signor Werner tra mezz'ora, a seguire la sua presenza è richiesta in sala per pranzare insieme ai suoi illustri pazienti oligarchi. Infine, alle ore 15:00 ha promesso alla signorina Olga di farle la tinta. >> Hans accennò un leggero sorriso. << Anche parrucchiere? C'è qualcosa che quest'uomo non sappia fare? >> domandò con reale curiosità il biondo.
<< Si. Perdonare, Hans. >> rispose quasi suonando come una minaccia Heinreich, per poi indossare il suo camice medico, prendere la cartella clinica e lasciare la propria stanza da letto.
Heinreich a volte aveva la sensazione che quel corridoio non terminasse mai. Sostò davanti all'ingresso del proprio studio, la porta semichiusa lasciava un leggero spazio, che permetteva al medico di vedere che il proprio paziente era già lì ad aspettarlo.
Heinreich oltrepassò la soglia della porta. Il signor Werner era un uomo di corporatura robusta, sui settanta anni. Alla vista del dottore, diventò di colpo quasi pallido.
Heinreich fece finta di non essersi accorto del cambio improvviso d'umore del suo ospite, e si mise immediatamente ad analizzare il quadro clinico del suo paziente. Il dottore indossò un paio di occhiali da vista e attentamente osservò ogni documento presente nella cartella clinica del signor Werner.
<< La situazione è più complicata di quanto pensassi, signor Werner. >> cominciò il discorso Heinreich, con la sua contraddistinta calma e pacatezza.
<< Cosa non va dottore?.. Mi dica. >> rispose l'uomo passandosi una mano fra i capelli bianchi non molto curati.
<< Vedo problemi alle articolazioni, alle spalle.. lei che lavoro ha svolto nella sua vita? Se posso chiedere. >>
Werner raccontò che fino a quando non era andato in pensione, aveva svolto la professione di commerciante in una piccola bottega del paese.
Il medico apparve quasi sorpreso: solitamente nessuno, o quasi nessuno, del borgo ricorreva alle sue cure.
<< Oh, certo. Credo di aver capito di quale bottega mi sta parlando, adesso è gestita da suo figlio, vero? Com'è che si chiama? Sa, sono un suo cliente abituale. >> aggiunse il medico senza scomporsi minimamente.
<< Arthur... Arthur Werner. >> rispose con un po' di esitazione l'uomo. << Davvero? Non lo sapevo, mi fa piacere sapere che è un cliente affezionato del mio caro ragazzo. >> aggiunse subito dopo il signor Werner.
<< Sì, in verità sono un cliente storico, la mia famiglia fa i suoi acquisti di carne e salumi da quando era ancora lei il proprietario. >> ribatté Heinreich, accennando un sorriso.
<< In ogni caso, mi permetta di consigliarle uno dei nostri trattamenti. Credo che dopo una sessione di fisioterapia si sentirà molto meglio. >> aggiunse mentre si alzò dalla sedia e accompagnò il signor Werner all'uscita.
Fuori dallo studio ad attendere c'era Hans, il quale fece sistemare l'uomo sul lettino e lo trasportò fino all'uscita d'emergenza del castello. Arrivati alla porta, Hans iniettò una dose di anestetico all'ospite, che poco dopo perse conoscenza.
Una volta risvegliato, il signor Werner, si guardò attorno, confuso, non riconoscendo il luogo in cui si trovava.
Al posto del soffitto pieno di affreschi di arte sacra e delle finestre decorate da mosaici, c'era soltanto un ambiente sinistro che sembrava abbandonato da tempo, e un soffitto che perdeva calcinacci.
Werner non poteva immaginare di trovarsi nei sotterranei del castello di Reichmerl, come non poteva ideare la causa che lo avesse portato lì.
Werner aprì lentamente gli occhi, la testa gli girava, e probabilmente l'aveva anche sbattuta. Di fronte a sé, vide l'immagine leggermente sfocata di un medico, e si sforzò per mettere a fuoco la figura. Riconobbe poco dopo che quella sagoma apparteneva al signor Schmidt. Il medico si mobilitò per immobilizzare il paziente, legandone braccia e gambe al lettino.
Il signor Werner era confuso, ma sopratutto terrorizzato, cercava di agitarsi mentre Hans gli tappò la bocca con un vecchio straccio. Successivamente, comparve anche Heinreich con uno strano e sinistro sorriso sul volto pallido.
<< Lo credo che è sbiancato al mio arrivo in studio, signor Werner, mi ha riconosciuto subito, non è vero? >> domandò Heinreich mentre indossava dei guanti bianchi di lattice.
<< Non pensava che avrei ricordato il suo volto a distanza di più di ventidue anni, non ho forse ragione signor Werner? >> dichiarò finendo di indossare i suoi guanti da chirurgo.
Il paziente farfugliò qualcosa, ma lo straccio in bocca non permetteva una chiara comunicazione fra lui e il medico.
<< Come? Mi sta forse dicendo che si era dimenticato di me? Beh, io no, non potrei mai. >> ribattette all'istante il dottore. << Così come non ho dimenticato quello che avete fatto alla mia adorata sorella. >> La mano di Heinreich accarezzava lentamente la guancia del suo degente, che cominciò a tremare
nell'immediato. Il medico dagli occhi di ghiaccio intanto osservava l'uomo immobilizzato, e nella sua mente riaffiorò il ricordo di quella notte maledetta.
Trent'anni prima la sorella di tre anni più piccola, Emma Ingrid, era solita prendersi cura di lui, amorevolmente; e lo era da sempre, come ogni sorella farebbe per il proprio fratello. Un giorno tuttavia Emma confessò all'uomo di non provare per lui un semplice affetto fraterno, ma di esserne profondamente innamorata, ormai da diverso tempo.
Inizialmente Heinreich gli aveva resistito, ripetendo a sé stesso che un fratello non dovrebbe provare assolutamente certe cose per la propria sorella.
Dopo essere stato tradito dalla sua fidanzata italiana Ambra, il barone andò in una profonda crisi di depressione, e la sorella gli restò accanto fino a quando non si riprese totalmente.
Il barone capì allora che l'unica donna degna di sposarlo e dargli un erede era proprio Emma. I due ben presto diventarono amanti, all'oscuro dei genitori e del fratello maggiore Frederik.
Questo fino al giorno in cui Heinreich, stanco di non poter vivere quel rapporto alla luce del sole, dichiarò ai genitori e al fratello la sua relazione con la sorella Emma. Alla notizia il fratello Frederik rinunciò al titolo, ai suoi privilegi e si trasferì negli Stati Uniti, non volendo più sapere nulla di Heinreich e di Emma. Determinati a sposarsi nonostante il disappunto genitoriale, Heinreich ordinò al prete del paese di celebrare le loro nozze, nella cappella presente all'interno del castello di Reichmerl. Il sacerdote condannò categoricamente quell'unione, così il barone lo impiccò nel giardino del maniero, per poi bandire il padre e la madre dalla loro stessa dimora. Per diversi anni tentarono di concepire “qualcosa di puro”, come lo definiva Heinreich, ma dopo sei aborti spontanei, il barone si rese conto che il corpo della sorella rifiutava il feto deforme.
Ma non si fermò lì. Attraverso i suoi studi, scoprì che l'acqua della falda acquifera sotto al castello, tossica per l'uomo, aveva delle proprietà uniche di rigenerazione della vita per le anguille che la abitavano. Essendo da sempre contrario alla sperimentazione sugli animali, fece rapire da Hans diversi contadini che lavoravano nella sua terra, ed iniziò ad eseguire su di loro esperimenti infernali distillando l'acqua e filtrandola attraverso i loro corpi.
Creò in questo modo un’acqua miracolosa in grado di curare l'infertilità della baronessa, che finalmente rimase incinta e riuscì a portare a termine la gravidanza.
Hans Schmidt all'epoca dei fatti viveva e lavorava al castello come giardiniere e uomo tutto fare. In quel periodo, poco prima che la baronessa restasse incinta, al castello di Reichmerl venne assunta anche la signorina Olga Keller. Olga aveva conosciuto il barone quando questo prestava servizio di supporto psicologico presso l'ospedale di Zurigo.
La donna si era rivolta allo sportello gratuito di ascolto, perchè vittima di un compagno violento. L'uomo da tempo abusava di lei fisicamente e psicologicamente, Olga era ormai allo stremo e non sapeva più come vivere con una tale croce.
Anche per lei, come per Hans, l'incontro con Heinreich si rivelò provvidenziale. Il terapista di Olga si era preso qualche giorno di malattia, così era stato sostituito proprio dal barone. Venuto a conoscenza dello stato in cui la donna viveva, le propose la possibilità di iniziare una nuova vita.
Lui le avrebbe dato una casa e un lavoro, dandole finalmente quella esistenza serena che tanto aveva cercato. Olga Keller, in cuor suo, avrebbe anche accettato ad occhi chiusi, ma temeva troppo per la sua vita. Sapeva di non potersi permettere un simile azzardo.
Heinreich Volmer immaginava perfettamente quali fossero le paure della donna. Il compagno avrebbe potuto farle pagare il torto subito, addirittura con la vita.
Il suo eccentrico terapista però la rassicurò che non aveva assolutamente nulla da temere, garantendole protezione. Heinreich non scherzava quando le diceva che l'avrebbe resa una donna libera. Il cadavere dell’ex compago della signorina Keller non venne mai ritrovato. Infatti, poco dopo l'omicidio, il barone aveva dato in pasto il corpo alle sue voraci anguille.
Olga da allora principiò a occuparsi delle pulizie del castello. Quando però la baronessa rimase incinta, si prese cura di lei giorno e notte, come anche del nascituro.
Olga ed Hans erano vicini alla coppia da otto mesi, circa un mese dopo Emma avrebbe finalmente dato alla luce il suo bambino. Paranoico per la salute della sorella e del figlio, il barone l'aveva segregata nella sua stanza per mesi. Gli unici contatti con l'esterno erano le visite di suo fratello e quelle di Hans e Olga.
Heinreich non poteva permettersi che potesse succedere qualcosa a Emma o al loro bambino, questo lei lo sapeva bene. Perciò non si era mai opposta alle cure o ai metodi usati dal fratello.
Ogni sera, nella camera da letto della baronessa, Hans suonava il suo ukulele mentre Olga intonava una ninna nanna tedesca. La soave e materna voce di Olga aveva la capacità di calmare Emma dalle sue crisi di panico. La donna infatti aveva fin dalla più tenera età un disturbo che la rendeva irrequieta, agitata e incapace di stare perfino seduta composta quando era strettamente necessario.
I suoi genitori non si erano mai preoccupati di trattare la sua situazione, secondo loro erano solo sciocchi capricci.
Olga era l'unica persona, oltre ovviamente ad Heinreich, che riusciva a tenere a freno quel suo disturbo.
Così, mentre Olga principiava un canto e Hans pizzicava le corde del suo ukulele, i due futuri genitori si coccolavano nel loro letto matrimoniale. Heinreich era sdraiato di fianco a Emma, la testa era leggermente posata sul grembo della sorella e ogni tanto smetteva di osservare Olga e Hans,
per baciare il ventre di Emma. La donna sorrideva dolcemente alla scena, accarezzando amorevolmente i capelli del fratello.
Heinreich era in un stato di beatitudine, al pensiero che a breve si sarebbe celebrato il matrimonio fra lui e la sua amata sorella.
Infatti, da giorni Hans e Olga, assieme al resto del personale che lavorava al castello di Reichmerl, si stavano occupando dell'organizzazione delle nozze dei due. Tutto scorreva bene, al castello c'era aria di festa e di impazienza per la nascita del futuro erede. Quella felicità però era destinata a durare poco. La notte in cui Hans stava celebrando l'unione fra il barone e la sorella, un gruppo di paesani fece irruzione al maniero, catturando i due novelli sposi, vano ogni tentativo di Hans di aiutare la coppia di amici.
La baronessa incinta di otto mesi venne data alle fiamme assieme al castello, mentre il fratello picchiato a sangue costretto a godersi il macabro spettacolo. Le fiamme misero in fuga anche i vigliacchi paesani, permettendo ad Hans e Olga di portare i due in ospedale, viste le gravi condizioni della donna.
Emma aveva riportato gravi ustioni, il suo corpo era terribilmente sfigurato; e i cuori di Hans e Olga erano colmi di dolore nel vedere la povera donna soffrire in quel modo, mentre si dannava per dare alla luce la sua creatura.
Quella maledetta notte di Aprile avvenne una disgrazia enorme, seguita dal più meraviglioso dei miracoli.
Olga Keller posò sul petto della donna morente quella piccola creatura, mentre lacrime amare scorrevano sul viso di Emma, lacrime di preoccupazioni per la sopravvivenza della sua bambina.
Poco dopo Olga fece entrare Heinreich nella stanza della clinica. Avvicinatosi alla sorella, l'uomo era colmo di rabbia, ma nonostante ciò sorrideva dolcemente alla sua sposa e alla loro creatura.
Emma sapeva che non si sarebbe salvata, che le restavano ormai pochi istanti di vita, per questo con le sue ultime forze strinse la mano del marito.
<< Promettimi che la terrai sempre al sicuro.. >> sospirò la donna chiudendo lentamente gli occhi, mentre una lacrime cadde sulla testolina della sua neonata, che cominciò a piangere.
Il barone sollevò delicatamente la piccola, stringendola al suo petto e baciandole la testa.
Udendo la voce del padre la bambina lentamente si calmò, addormentandosi. L'uomo osservò la neonata e i suoi di ghiaccio si abbandonarono ad un pianto liberatorio.
Quella maledetta notte in cui la baronessa perse la vita, nacque Hanna Chiara Volmer Von Reichmerl, la figlia di Heinreich.
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