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#Violazioni e abusi
archivio-disattivato · 7 months
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https://www.meltingpot.org/2023/09/trattenere-e-umiliare-procedure-hotspot-a-porto-empedocle/
Trattenere e umiliare: procedure hotspot a Porto Empedocle
Il rapporto sul monitoraggio del progetto Mem.Med (Memoria Mediterranea)
22 Settembre 2023, di Silvia Di Meo e Yasmine Accardo, Mem.Med (Memoria Mediterranea)
Con i numerosi arrivi di persone via mare sull’isola di Lampedusa, è stata istituita una tensostruttura sulle coste siciliane di Porto Empedocle dove le persone vengono trattenute in condizioni critiche per espletare le procedure di identificazione e foto segnalamento. Davanti alle carenze strutturali, al sovraffollamento e alle violazioni di diritti, le persone migranti protestano.
La tensostruttura di Porto Empedocle
“No care, no help, no travel, no food”. Sono queste le parole scritte su un foglio di carta che Khaled sventola in mezzo alla strada principale di Porto Empedocle. Lui e Mohamed sono due minori somali approdati sull’isola di Lampedusa e poi trasferiti nella tensostruttura di Porto Empedocle dove stazionano ormai da 5 giorni. La situazione che sperimentano è chiara: “No freeedom” sintetizza Mohamed. 
Li incontriamo insieme a centinaia di persone MSNA senza tutori e richiedenti asilo di diversa nazionalità, età e genere che nel corso di quest’ultima settimana sono state trasferite all’interno del campo empedoclino in attesa di essere ricollocate in centri di accoglienza in Sicilia e in altri luoghi della penisola. 
Infatti, la tensostruttura collocata nel porto della cittadina agrigentina è da diversi mesi il secondo approdo delle persone migranti che giungono via mare a Lampedusa e che, a fronte dei numeri esponenziali di arrivi sull’isola delle Pelagie, sono stati spostati rapidamente sul territorio siciliano per alleggerire l’hotspot di Lampedusa. 
La tensostruttura – che consiste in un piazzale di cemento dove sono collocati due tendoni, 18 bagni chimici e poche docce esterne – è un’area di sbarco temporanea che la Prefettura di Agrigento sembra utilizzare per identificare e smistare le persone migranti, coadiuvando di fatto le attività di pre-identificazione implementate dalle autorità nell’hotspot di Lampedusa. La tensostruttura è quindi un secondo punto di approdo in cui le persone – trasferite qui anche poche ore dopo lo sbarco lampedusano attraverso le navi traghetto Galaxy – vengono foto segnalate e viene rilasciato loro un numero identificativo. Si tratta di un numero stampato su un quadratino di carta senza cedolino e senza foto. 
Qui le persone – donne, uomini, minori e famiglie originarie della Guinea Conakry, Costa D’Avorio, Senegal, Gambia, Burkina faso, Camerun, Sierra Leone, Giordania, Egitto, Tunisia, Siria, Mali, Sudan, Somalia, Etiopia, Liberia  – stazionano per giorni e giorni, trattenute in maniera prolungata all’interno di un campo di cemento, presidiato dalle forze dell’ordine e gestito dal personale della Croce Rossa, dove sono praticamente assenti rappresentanti delle organizzazioni umanitarie, grandi e piccole.
Nonostante il trattenimento dovrebbe durare solo il tempo necessario all’identificazione e alla disposizione del trasferimento, il transito non è breve e sembra durare una media di almeno 5 giorni. In questo tempo, alle persone è impedito di uscire dal cancello principale pertanto queste sono costrette, a causa della totale invivibilità del luogo, a saltare dalle recinzioni laterali e posteriori per cercare all’esterno aiuto, cibo, contatti, informazioni, libertà. 
Le persone trattenute in questo luogo raccontano di non aver ricevuto alcuna informativa relativa all’accesso ai loro diritti, alla protezione internazionale o altre forme di tutele. Inoltre riferiscono di essere trattate come animali in gabbia: il campo infatti è senza letti, sedie, tavoli e le persone stazionano stese a terra – i più fortunati su cartonati di non precisata origine – sotto il sole cocente, in uno spiazzale ricoperto di spazzatura, cassonetti e avvolto dall’odore pungente dell’urina. Le persone riferiscono di vivere in stato di continua incertezza e forte stress dipendente non solo dalle condizioni strutturali di invivibilità del campo ma anche a causa dell’attesa prolungata di un trasferimento in accoglienza che sembra non arrivare mai.
E mentre si passa la giornata nell’afa di settembre – tra un cambio turno delle forze dell’ordine e un’intervista ufficiale rilasciata dalle autorità ai giornalisti – arrivano da Lampedusa traghetti carichi di almeno altre 400 o 500 persone migranti che vengono scortate fino all’ingresso del centro e fatte entrare nei piccoli vuoti di spazio rimasti nel piazzale. Qui le persone vengono sottoposte ad un appello pubblico, senza alcun rispetto della privacy e attraverso l’uso esclusivo delle lingue veicolari principali: francese, inglese, arabo.
In queste giornate di permanenza, qualche turista passava per il porto e fotografava le persone dietro le sbarre, qualche locale si lamentava del “disagio”, qualche giornalista riprendeva quelle persone trattenute che si infuriano dopo l’ennesima giornata di prigionia. 
In questo circo periferico, la tensostruttura di Porto Empedocle risulta una zona d’ombra rispetto alle luci dello “spettacolo Lampedusa” che continua ad avere i riflettori puntati sulle proprie coste. Eppure nel corso della settimane le persone trattenute in questo piccolo piazzale – senza assistenza legale, sanitaria e libertà personale; senza letti, senza sufficienti professionisti medici e sociali, con carenze alimentari e patologie mediche – sono  state più di 1.000, di cui l’80 per cento costituito da MSNA e altre figure cosiddette vulnerabili.
Le proteste delle donne
Il malessere è progressivamente cresciuto e così le manifestazioni di scontento delle persone trattenute. Diversi gruppi di persone hanno iniziato delle proteste per la condizione di trattamento disumano a cui sono costrette a Porto Empedocle: l’inadeguatezza alimentare – pane con formaggio e pomodoro a tutti i pasti, cibo in quantità e in qualità insufficiente – l’assoluta promiscuità senza separazioni spaziali tra uomini e donne, l’esposizione ad ulteriori condizioni di violenza e soprattutto la condizione di privazione della libertà. 
Nella giornata del 19 settembre, un gruppo di donne minori guineane ha dato avvio ad una protesta femminile davanti al cancello principale della struttura, al grido di: “Liberateci! Liberateci! non siamo prigioniere, lasciateci andare!” Le ragazze sono dunque salite sul muro che delimita la struttura e hanno cominciato a gridare e ad arrampicarsi, tentando di scavalcare le inferriate. 
Le donne hanno poi occupato l’ingresso della tensostruttura sedendosi a terra in segno di protesta. Questa condizione di esposizione alla violenza, a cui specifiche categorie di persone vulnerabilizzate – quali le donne e i MSNA, sono sottoposte – connota la gestione disciplinante di una struttura ideata e pensata come “deposito” di persone. 
Persone che, giunte dalla violenta Sfax in Tunisia o dalla Libia, vivono un processo costante di sopraffazione, sottoposte a gravi violazioni di diritti e a continue forme di abuso, coercizione e limitazione della libertà che continuano ad essere raccontate, gestite e strumentalizzate a livello pubblico – tanto da politici che da giornalisti – come normali conseguenze di una condizione emergenziale. Un’emergenza che giustifica e normalizza il trattamento riservato ai neo sbarcati sulle coste nord del Mediterraneo, destinati ad essere “ritirati” e “riconsegnati” dai vari porto mediterranei, come abbiamo sentito dire in queste ore da chi gestisce la tensostruttura.
Tuttavia le persone migranti non sono inermi e continuano ad opporsi a questo controllo violento. Le diciassettenni guineane hanno preteso di avere nel piazzale un’area femminile di loro uso esclusivo, poiché ormai da più di 7 giorni erano completamente esposte senza alcuna tutela, preoccupate delle possibili violenze nel centro. Nei giorni successivi, esasperate, hanno scavalcato il muro del centro per cercare all’esterno un minimo di libertà e benessere. Due di loro erano fortemente indebolite da patologie pregresse che non erano state adeguatamente attenzionate e, per le strade del centro empedoclino, cercavano cibo e acqua.
Tra le numerose donne qui detenute, ce n’erano varie in stato di gravidanza. Alcune di loro sono state trasferite in ospedale per partorire e subito dopo ricollocate nella tensostruttura, senza i loro figli neonati.
Molte delle persone incontrate si trovavano in evidente stato di disidratazione e deprivazione fisica, nonché di forte sofferenza psicologica dipendente dal trattenimento prolungato e dalla mancanza di contatti con il mondo esterno. Tutti i trattenuti cercavano la possibilità di comunicare con le famiglie di origine o con conoscenti, desiderosi di avvisare i propri familiari del loro arrivo, non avendo potuto farlo nonostante l’approdo fosse avvenuto ormai da quasi una settimana.
Stazione di transito, trattenimento e deportazione
Questa stazione di transito e identificazione successiva a Lampedusa, sarà nelle prossime settimane potenziata e al posto della tensostruttura verrà adibito una struttura facente ufficialmente funzione hotspot, che sta nascendo dai lavori in corso in queste ore. Il Prefetto di Agrigento, Filippo Romano ha dichiarato che: “l’hotspot di Porto Empedocle sarà collegato a quello di Lampedusa dalla stessa gestione, la Croce Rossa (…) I due hotspot devono essere visti come una sorta di ponte: quello di Lampedusa accoglie in prima battuta e quello di Porto Empedocle instrada, il più velocemente possibile, verso i pullman“.
In continuità con la gestione migratoria che ha caratterizzato le politiche europee negli anni passati, l’unico “ponte” finanziato e promosso è quello che conduce alla sorveglianza, all’umiliazione, allo smistamento e incanalamento giuridico di persone che vengono irregolarizzate, dove il dispositivo della detenzione continua ad essere principale strumento di controllo degli spostamenti umani.
Questa modalità di controllo della mobilità delle persone in arrivo alla frontiera siciliana è da inquadrare nelle nuove riforme promesse dal governo: il rafforzamento a livello nazionale del sistema detentivo del CPR, con nuove strutture e un periodo di trattenimento esteso a 18 mesi; l’introduzione di nuovi centri identificativi e di rimpatrio come CPRI a Modica, nella Sicilia orientale costituiscono la risposta europea e nazionale all’aumento degli arrivi dalla Tunisia e dalla Libia, due luoghi da cui le persone continuano a fuggire forzatamente, sopravvissute ai regimi che i governi europei continuano a finanziare.
In tal senso, i discorsi di Meloni e Von Der Leyen che – durante la passerella a Lampedusa nei giorni del sovraffollamento – hanno inneggiato all’arresto dei trafficanti e alla sorveglianza militare, sono in continuità con un sistema che pone come soluzione la detenzione al posto di una vera accoglienza, la violenza al posto dei diritti e che – con l’ausilio delle nuove strutture – affinerà la macchina criminalizzante della deportazione. 
Intanto, mentre nei diversi angoli della Sicilia occidentale e orientale proliferano hotspot e ghetti istituzionali, mentre le politiche promettono blocchi nel Mediterraneo e pseudo accoglienza a terra, le persone migranti continueranno a protestare per la libertà di movimento ed ad arrampicarsi sui muri della detenzione per pretendere rispetto dei diritti e reclamare la loro libertà.
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sauolasa · 2 years
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Ucraina, per l'Onu ci sono stati gravi violazioni e abusi
Inchiesta dell’Onu sull’Ucraina. Per il Presidente della Commissione ci sono gravi indizi di colpevolezza. Abusi e violazioni di diritti umani. Un lungo lavoro per gli ispettori
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gregor-samsung · 4 months
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" Il colonialismo può essere descritto come il movimento attraverso cui gli europei hanno creato nuove nazioni «bianche» in diversi luoghi del mondo dove popolazioni indigene avevano le loro forme organizzative. Queste nazioni potevano essere create solo con l’applicazione di due logiche legate alla conquista: la logica dell’eliminazione – sbarazzarsi con tutti i mezzi possibili delle popolazioni indigene, incluso il genocidio – e la logica della disumanizzazione – considerare i non europei come inferiori e quindi non meritevoli degli stessi diritti dei coloni. In Sudafrica queste logiche gemelle portarono alla creazione del sistema dell’apartheid, fondato ufficialmente nel 1948, lo stesso anno in cui il movimento sionista tradusse le stesse logiche in un’operazione di pulizia etnica in Palestina. Come questo libro tenta di dimostrare assumendo la prospettiva del colonialismo di insediamento, eventi quali l’occupazione della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, il processo di Oslo e il disimpegno da Gaza nel 2005 rientrano tutti nella stessa strategia israeliana che mira a occupare la maggior parte di terra palestinese con il minor numero di palestinesi possibile. I mezzi per raggiungere questo obiettivo sono cambiati nel tempo e il progetto rimane incompiuto. Tuttavia, tale aspirazione è il principale carburante che alimenta il fuoco del conflitto.
In questo modo l’orribile connessione tra le logiche della disumanizzazione e dell’eliminazione, così evidente nella storia del colonialismo europeo, si è fatta strada per la prima volta negli stati autoritari del Medio Oriente. Si è manifestata spietatamente, tra una moltitudine di altri casi, nell’annientamento dei curdi da parte di Saddam Hussein, così come nelle azioni punitive compiute dal regime di Assad nel 2012. È stata poi impiegata anche da gruppi che si oppongono a quel regime: i peggiori esempi sono le politiche genocide dello Stato Islamico. Solo le popolazioni di questa regione possono mettere un freno all’imbarbarimento delle relazioni umane in Medio Oriente. Tuttavia, devono essere aiutate dal mondo esterno. Insieme, la regione dovrebbe tornare al suo passato, non così lontano, quando il principio fondamentale era «vivi e lascia vivere». Nessuna seria discussione sulla fine delle violazioni dei diritti umani in Medio Oriente può ignorare i cento anni di abusi in Palestina. Le due cose sono intrinsecamente connesse. "
Ilan Pappé, Dieci miti su Israele, traduzione di Federica Stagni, postfazione di Chiara Cruciati, Tamu editore, 2022. [Libro elettronico]
[Edizione originale: Ten Myths About Israel, New York: Verso, 2017]
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superfuji · 1 year
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Il rapporto spiega che la tratta, la riduzione in schiavitù, il lavoro forzato, la detenzione, l’estorsione e il traffico di migranti vulnerabili hanno generato entrate significative per individui, gruppi e istituzioni statali e hanno incentivato la continuazione delle violazioni. Ci sono ragionevoli motivi per ritenere che i migranti siano stati ridotti in schiavitù in centri di detenzione ufficiali così come in “prigioni segrete” e che lo stupro sia stato commesso come crimine contro l’umanità. Nel contesto della detenzione, le autorità statali e le entità affiliate – tra cui l’Apparato di deterrenza della Libia per la lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo (Dacot), le Forze armate arabe libiche (Laaf), l’Agenzia per la sicurezza interna (Isa) e l’Apparato di supporto alla stabilità (Ssa) e la loro leadership – sono stati ripetutamente trovati coinvolti in violazioni e abusi. I detenuti sono stati regolarmente sottoposti a tortura, isolamento, detenzione in isolamento e negato un adeguato accesso ad acqua, cibo, servizi igienici, luce, esercizio fisico, cure mediche, consulenza legale e comunicazione con i familiari. La missione ha invitato il Consiglio per i diritti umani a istituire un meccanismo di indagine internazionale indipendente dotato di risorse sufficienti e ha esortato l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) a istituire un meccanismo distinto e autonomo con un mandato permanente per monitorare e riferire in merito gravi violazioni dei diritti umani «al fine di sostenere gli sforzi di riconciliazione libici e assistere le autorità libiche nel raggiungimento della giustizia e della responsabilità di transizione». E la cosiddetta Guardia costiera libica? «Il sostegno fornito dall’Ue alla Guardia costiera libica in termini di allontanamenti, respingimenti e intercettazioni ha portato a violazioni di alcuni diritti umani», ha dichiarato uno degli investigatori incaricati dal Consiglio per i diritti umani sotto l’egida dell’Onu, Chaloka Beyani. «Non si possono respingere le persone in aree non sicure, e le acque libiche non sono sicure per l’imbarco dei migranti», ha proseguito, precisando che l’Ue e i suoi Stati membri non sono stati ritenuti responsabili di crimini, ma «il sostegno fornito ha aiutato e favorito la commissione dei crimini» stessi.
Signori, ecco cos’è “a casa loro”. Lo scrive l’Onu
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charlievigorous · 2 years
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Psicologia (studio dell’anima) e psichiatria (medicina dell’anima) si occupano di una cosa che, per definizione, non può essere misurata né divenire oggetto di osservazione scientifica secondo lo standard galileiano. Queste discipline, dunque, dovrebbero afferire al settore della conoscenza umanistica, non scientifica: l’infondata pretesa di scientificità è spesso causa di abusi e violazioni dei diritti umani.
Il potere psichiatrico nelle aule di tribunale, il potere di decidere sulla capacità d’intendere o volere, o stabilire quale genitore debba avere la custodia dei figli in un caso di divorzio, si basa sul presupposto che la psichiatria sia una scienza, in grado di produrre perizie oggettive quanto quelle ingegneristiche o mediche.
Queste perizie, invece, sono completamente arbitrarie e soggettive.
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Accortami poco fa' della chiusura di Altervista ( il mio sito intendo ) rimetto "in moto" il Pinterest dell'Associazione, che è in aggiornamento: è stato messo il link anche nelle storie in evidenza, qualcuno ha archiviato il sito di Altervista ma non è stato chi lo ha creato. In questi anni degli esseri abominevoli e perversi hanno commesso ripetute e svariate violazioni, qualcuno ha ripetutamente negli (almeno) ultimi 10 anni, perseguitato me e ha violato la legge più e più volte, costringendomi a difendermi e a fare in certi casi lo stesso.
Se riuscirò il sito di Altervista riaprirà, altrimenti mi affiderò ad altri. NON INTENDO SOPRASSEDERE AI RIPETUTI ABUSI DEI QUALI SONO STATA VITTIMA, ANCHE LE CATTIVERIE E LE CRUDELTÀ DI PARENTI SCHIFOSI E FALSI CONTINUERÒ A DENUNCIARLE.
COME BEN SA CHI MI SEGUE NON HO PAURA DELLE MINACCE DI QUERELE PERCHÉ SO DI ESSERE DALLA PARTE DELLA RAGIONE ALTRIMENTI LA FECCIA DI FALSONI NON AVREBBE CERCATO DI FAR SPARIRE LE PROVE DI QUELLO CHE HO APPUNTO DENUNCIATO PUBBLICAMENTE.
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#associazionelavestenera #stopabuse #gangstalking #targetedindividuals #archons #aliens #corruzione #corrotti #carabiniericorrotti
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realnews20 · 7 days
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Secondo un’inchiesta condotta dal collettivo di giornalisti Lighthouse Reports, i finanziamenti dell’Unione Europea vengono utilizzati in alcuni dei Paesi africani beneficiari per operazioni sistematiche di espulsione di rifugiati e migranti nei deserti e nelle aree remote del Marocco, della Mauritania e della Tunisia. Queste pratiche costituiscono gravi violazioni dei diritti umani. L’inchiesta di Lighthouse Reports in Tunisia, Marocco e Mauritania: i fondi Ue per ridurre le partenze usati anche per operazioni illegali L’indagine rivela che l’Ue ha inviato centinaia di milioni di euro a questi paesi nordafricani ogni anno per la “gestione della migrazione”, con l’obiettivo di ridurre il numero di persone che cercano di raggiungere l’Europa. Tuttavia, i fondi europei stanno contribuendo a operazioni illegali in cui rifugiati e migranti, molti dei quali diretti verso l’Ue, vengono arrestati in base al colore della loro pelle, caricati su autobus e abbandonati in aree desertiche senza acqua, cibo o assistenza. Attraverso testimonianze di oltre 50 sopravvissuti, prove video e indagini sul campo, i giornalisti hanno documentato casi di persone lasciate in zone remote, esposte a rischi di rapimento, estorsione, tortura, violenza sessuale e potenzialmente morte. Alcuni vengono addirittura consegnati ai trafficanti di esseri umani e alle bande criminali al confine. L’inchiesta ha geolocalizzato e verificato 13 incidenti in Tunisia tra luglio 2023 e maggio 2024, in cui gruppi di neri sono stati arrestati nelle città o nei porti e trasportati vicino ai confini libici o algerini, abbandonati o consegnati alle forze di sicurezza libiche. In Marocco, i giornalisti hanno filmato le Forze Ausiliarie paramilitari mentre raccoglievano persone di colore dalle strade di Rabat e le detenevano prima di caricarle su autobus non contrassegnati diretti in aree remote. In Mauritania, è stato osservato un centro di detenzione nella capitale Nouakchott, dove rifugiati e migranti venivano portati da agenti di polizia spagnoli prima di essere trasferiti con autobus bianchi verso il confine con il Mali, una zona di guerra attiva. Migranti abbandonati nel deserto Sebbene i funzionari europei abbiano negato che i fondi vengano utilizzati per violare i diritti umani, l’inchiesta ha ottenuto documenti interni che dimostrano che l’UE era a conoscenza di queste pratiche almeno dal 2019. Un consulente che ha lavorato a progetti finanziati dall’UE ha affermato che l’obiettivo era “rendere difficile la vita dei migranti”. L’indagine ha anche rivelato che l’UE sta finanziando direttamente le forze ausiliarie paramilitari marocchine coinvolte negli arresti razziali. Analisti e accademici affermano che i legami di finanziamento europei rendono l’UE responsabile di questi abusi secondo il diritto internazionale. [ad_2] Source link
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dionysman · 24 days
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IN FRIULI-VENEZIA GIULIA NON CAMBIA ASSOLUTAMENTE NULLA!
LE VIOLAZIONI DI VERI E PROPRI DIRITTI, DI LEGGI, FATTE IN MANIERA TOTALMENTE DELIBERATA E SISTEMATICA, SVOLTA DA DUE PSICHIATRICHE, CRIMINALI, CHE NEL SETTORE SOCIALE SIEDONO CON I PIÙ GRAVI DEI DISTURBI MENTALI EVIDENTI, MA VIGE LA RACCOMANDAZIONE E LA CORRUZIONE TRIESTINA E ITALIANA, IN POLTRONA SENZA MUTANDE PROSTITUZIONE ALLO STATO PURO, MA CON DEI DISTURBI MENTALI COSÌ GRAVI E COSÌ EVIDENTI, EPPURE RESTANO INTOCCABILI E INTATTE, COSÌ COME L'INTERO CONSORZIO FHOCUS CON UN DIRETTIVO ALTRETTANTO MALATO.
GABRIELLA BON, FRANCESCA ANGELUCCI, PEZZI DEL PEGGIOR MANICOMIO E DA GALERA. NON ALTRO CHE DISTURBI PSICHIATRICI CONTENUTI IN CORPI VAGAMENTE UMANI, MA CHE DI CARATTERISTICHE UMANE NON HANNO NIENTE E SI DIVERTONO A GIOCARE CON LA VITA DEGLI ALTRI.
UNA DISTURBATA MENTALE GRAVE NEL SERVIZIO SOCIALE CHE VIOLA LE LIBERTÀ E LA CAPACITÀ DI INTENDERE E VOLERE DELLA PERSONA, SENZA ALCUNA PRESA IN CARICO, MA MALATA, OSSESSIONATA, PSICHIATRICA, DEPRAVATA CON LA SMANIA DI VOLER CONTROLLARE LA VITA DELLE VITTIME DI VIOLENZA E AIUTARE IN MANIERA ATTIVA I CARNEFICI.
ALESSANDRA GAVA, EVIDENTE COME È L'ERA DEL MANICOMIO IN POLTRONA.
UN PERSONALE DEL CENTRO DI SALUTE MENTALE DI #GORIZIA TALMENTE DISTURBATO E TALMENTE DANNOSO, BELLA MENZOGNA, NELLA MANIPOLAZIONE E NELLA PREVARICAZIONE ATTIVA DI SVILIMENTO E DI ANNULLAMENTO DELLA VITTIMA DI VIOLENZA.
SIMONA AGOSTINIS, MARCO VISINTIN.
IL PERSONALE INTERNO #OSS DELL'OSPEDALE CATTINARA DETIENE UNA PSICHIATRICA DELIRANTE NON IN CURA, STALKER, BUGIARDA PATOLOGICA, MANIPOLATRICE, LADRA, VIOLENTA, ANCHE SU MINORI E NESSUNO LA MANDA VIA.
SCOVINO LIVIA, COPIONI DEGNI DEL TEATRINO DELLE MARIONETTE.
UNA FAMIGLIA DI PSICHIATRICI, BUGIARDI PATOLOGICI, MANIPOLATORI, DEPRAVATI, VIOLENTI, ESIBIZIONISTI SESSUALI COMPROVATI CHE PERÒ CONTINUANO A TENERE LA MINORE IN AFFIDO.
ABUSI E VIOLAZIONI EVIDENTI, INCONFUTABILI, SEGNALATI, DENUNCIATI, MA È SOLO SPRECO D'OSSIGENO.
MA SIETE PROPRIO LA TERRA DELLA SPUDORATA MALATTIA MENTALE QUANTO DELL'ABUSO.
UN MONDO PARALLELO DOVE UN'AMPIA COLLETTIVITÀ SEMBRA ABBIA IN SÉ PATOLOGIE MENTALI BEN RADICATE E NESSUNO FA NIENTE PER LA SANITÀ MENTALE E L'ONESTÀ.
IL REGNO DEI DISTURBATI MENTALI PIÙ SPUDORATI, DELLA RACCOMANDAZIONE E DELLA CORRUZIONE.
DIRITTI ALTRUI E LEGGI CHE NON ESISTONO MINIMAMENTE, SOPRATUTTO NÉ SANITÀ MENTALE NEL SETTORE SOCIALE E SANITARIO NÉ ASSOLUTAMENTE ALCUN RISPETTO PER LA VITA DEGLI ALTRI.
VEDERVI MORIRE SARÀ UN'ASSOLUTA LIBERAZIONE, SOLLIEVO E GIUSTIZIA. NON SIETE UMANI, SIETE CORPI FATTI DI ASSOLUTA MALATTIA E CRIMINALITÀ CHE FA MARCIRE LA SOCIETÀ.
SMONTATE QUESTO ENORME TENDONE DA CIRCO CON DENTRO I PIÙ GRAVI PSICHATRICI DA GALERA.
E CHE TORNI LA SANITÀ MENTALE DOVUTA IN TUTTI I SETTORI, SPECIALMENTE NEL SOCIALE E NEL SANITARIO.
SI DANNO CONTRIBUTI E MAN FORTE AI MALATI MENTALI, ALLA CRIMINALITÀ E AGLI ABUSI VARI PERPETRATI DAI DISTURBATI PEGGIORI COMPROVATI.
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carmenvicinanza · 5 months
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Saydia Gulrukh
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Non scrivo per rendere felici le persone. Se lo fai per questo motivo non stai scrivendo la cosa giusta.
Saydia Gulrukh, giornalista, ricercatrice e blogger femminista bengalese, nota per il coraggio con cui si occupa di diritti negati, sfidando il potere e continuando a denunciare e chiedere un giusto salario e maggiore sicurezza sul lavoro.
Il suo attivismo è iniziato mentre studiava all’Università Jahangirnagar, quando le sue compagne le hanno confidato storie di stupri e abusi. Con 37 giorni di sciopero, ha contribuito a far espellere uno studente che aveva stuprato cento ragazze e aveva addirittura celebrato questo orrendo primato coi suoi amici. 
Dopo la laurea in antropologia ha proseguito i suoi studi alla Simon Frasier University in Canada e conseguito un dottorato di ricerca all’Università di Chapel Hill.
Tornata in Bangladesh, ha iniziato a lavorare per il giornale in lingua inglese NewAge, la sua prima inchiesta è stata la scomparsa di Kalpana Chakma, attivista femminista che ha ricoperto la carica di segretaria organizzativa della Hill Women’s Federation nel 2008. 
Seguendo un progetto fotografico su bambini e bambine operaie, ha iniziato a occuparsi della condizione delle persone che lavorano nell’industria tessile, uno dei pilastri principali dell’economia con l’82% di tutte le esportazioni che vanno a rifornire i principali rivenditori di abbigliamento occidentali. 
Nei suoi reportage ha coperto la morte e gli infortuni sul posto di lavoro e i conseguenti casi giudiziari. È stata minacciata, molestata e aggredita fisicamente durante le proteste che chiedevano giustizia per le vittime di incidenti come l’incendio della fabbrica Tazreen del 2012 che ha ucciso 112 persone e il crollo dell’edificio Savar del 2013, dove ne sono state uccise 1.129. È scesa in piazza e svolto indagini per diversi anni provando a fare chiarezza sulle violazioni dei diritti di operai e operaie, spesso minori sottopagati. Scrive della condizione in cui versano le donne in un blog femminista collettivo.  
Saydia Gulrukh non ha paura delle conseguenze del suo attivismo, convinta che per realizzare un mondo migliore ci sia bisogno del contributo di ogni persona e lei continua, tenace e coraggiosa, a fare la sua parte.
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agrpress-blog · 6 months
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Con il titolo “La Rosa e il Rasoio: NO MGF”, mercoledì 6 dicembre, dalle 18.00 alle 20.00, sarà inaugurata a Roma, nella Casa del Municipio Roma I Centro, in Via G. Galilei 53, a cura di Antonio E.M. Giordano, una esposizione di opere realizzate da 17 artiste, di cultura, formazione e nazionalità diverse (Lorenzo Attolini Tomaso Binga Floriana Celani Lea Contestabile Sandra Di Coste Suida Dushi Yvonne Ekman Stefania Fabrizi Katherine Krizek Patrizia Molinari Annalisa Pitrelli Giulia Ripandelli Suzanne Santoro Barbara Schaefer Silvia Stucky Marilena Sutera Patrizia Trevisi) per sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale contro il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili (MGF) e sollecitare la lotta contro questa pratica disumana e la promozione delle iniziative volte all’abbandono di queste violazioni dei diritti della donna e delle bambine. L’UNICEF già nel 2009, sulla base del diritto internazionale, condannò la pratica delle mutilazioni genitali femminili come fenomeno diffuso in 29 nazioni dell’Africa, in paesi islamici d’Asia e tra immigrati in Europa, America e Australia - in quanto violazione dei diritti della donna e delle bambine alla salute fisica e psicologica, alle pari opportunità, alla tutela da violenze, abusi, torture o trattamenti inumani. Nel mondo milioni di donne convivono con una mutilazione genitale, praticata per lo più su bambine tra i 4 e i 14 anni ma anche con meno di un anno, come in Eritrea e nel Mali, o su neonate di pochi giorni (Yemen). Le pratiche dell’incisione o dell’asportazione, parziale o totale, dei genitali femminili esterni provocano alle bambine, poi ragazze, gravi rischi per la salute e conseguenze fisiche e psicologiche irreversibili. In alcuni Stati del Corno d’Africa ma anche in Egitto e Guinea l’incidenza del fenomeno arriva al 90% della popolazione femminile. In Europa, America e Australia, fra gli immigrati africani e asiatici sono praticate nell’illegalità e sono difficili da censire. Alla base delle MGF esistono pregiudizi di natura sessuale, sociologica, igienica, estetica, sanitaria, religiosa: “Soggiogare o ridurre la sessualità femminile”, “Iniziazione delle adolescenti all’età adulta, integrazione sociale delle giovani, mantenimento della coesione nella comunità”, “In alcune culture, i genitali femminili sono considerati portatori di infezioni e osceni”, “Si pensa a volte che la mutilazione favorisca la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino”, “Molti credono che questa pratica sia prevista da testi religiosi (Corano)”. Ad eseguire le mutilazioni sono essenzialmente “donne o levatrici e ostetriche ben pagate. Le ragazze che le subiscono sono private della capacità di decidere sulla propria salute riproduttiva. Le mutilazioni genitali sono umilianti e dolorose. Le bambine possono morire per shock emorragico o neurogenico (dolore e trauma) e per l’infezione (sepsi). L’evento è un trauma: molte bambine cadono in uno stato di shock per il dolore e il pianto è irrefrenabile. Conseguenze di lungo periodo sono: ascessi, calcoli e cisti, la crescita abnorme del tessuto cicatriziale, infezioni e ostruzioni croniche del tratto urinario e della pelvi, dolori nelle mestruazioni e nei rapporti sessuali, vulnerabilità all’infezione da HIV/AIDS, epatite e malattie veicolate dal sangue, infertilità, incontinenza, rischio di mortalità materna per travaglio chiuso o emorragia nel parto. Secondo l’OMS 130 milioni di donne nel mondo avrebbero subito MGF e ogni anno 3 milioni di bambine sono a rischio di subirne. Nel 2023 4,3 milioni di ragazze sono a rischio di MGF”. Gli artisti e artiste italiane e internazionali invitati dal curatore Antonio Giordano - dalle decane femministe Tomaso Binga (pseudonimo di Bianca Pucciarelli Menna) e Suzanne Santoro alle docenti di Accademie di Belle Arti (Floriana Celani, Lea Contestabile, Sandra Di Coste, Patrizia Molinari, Marilena Sutera), alla scultrice e musicista Yvonne Ekman alle Fiber artist Giulia Ripandelli
e Patrizia Trevisi alle statunitensi Barbara Schaefer, Katherine Krizek e Suzanne Santoro, alle romane ma con esperienze espositive internazionali Stefania Fabrizi e Silvia Stucky ai giovani emergenti (Lorenzo Attolini, Suida Dushi, Annalisa Pitrelli) - esprimono, con stili e tecniche eterogenee e miste (pittura tradizionale e digitale, grafica, scultura e fotografia), con allusioni, simbolismi e metafore, la solidarietà a questa condanna. stimolando la riflessione sul dolore e sulla necessità di proteggere i diritti delle bambine. Per Marie-Eve Gardère “Il pensiero è un mezzo di lotta sociale. Non che gli artisti presenti in questa mostra nelle loro opere facciano politica, sarebbe come dice Stendhal ‘volgare come un colpo di pistola durante un concerto’. La loro opera è invece tutta tesa verso questo resistere sempre, di cui parla Albert Camus. ‘Una tela può urlare’ (Picasso)”. Per Nicoletta Romanelli “La modestia e la virtù, la maternità e la verginità si sagomano sul corpo delle donne come gabbia che costringe e che annichilisce l’essenza pura, passionale e selvaggia del Femminino, per citare Jung. Le mutilazioni genitali femminili rappresentano una gravissima forma di violenza di genere, che necessita di essere conosciuta e riconosciuta in quanto portatrice di urla silenziose di donne sofferenti, la cui identità di donna è soffocata e repressa da mani femminili che armeggiano su di loro con strumenti rudimentali (frammenti di vetro, forbici, lamette…) in nome di una presunta sorellanza. Il rasoio recide la rosa nel suo fulgore perché si strappa alla bambina, che diventa donna attraverso lo stupro dell’anima, la sua essenza più intima e piena”. La mostra, allestita dall’Associazione Spartacus gruppo CentroInverso – Presidente Sandra Di Coste con il patrocinio del Municipio Roma I Centro - Roma Capitale e con il patrocinio dell’AEREC – Missione Futuro, resta aperta, con ingresso libero, fino al 19 dicembre dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 (chiuso mercoledì mattina). Testi in catalogo di Marie-Eve Gardère psicoterapeuta e Nicoletta Romanelli psicologa e criminologa.
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crossroad1960 · 8 months
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Proviamo a fare sintesi: da una parte abbiamo l’unica democrazia e stato di diritto del medio oriente, un paese in cui le donne studiano e possono accedere liberamente allo studio e al lavoro, e che già 60 anni fa aveva una donna primo ministro. Dall’altra, delle dittature islamiche che predicano lo sterminio mediante atti di terrorismo e che non rispettano alcun diritto fondamentale delle persone, che usano donne e bambini come scudi umani. Ora, Israele ha commesso sicuramente abusi e gravi violazioni contro i palestinesi, ma non si può comunque giustificare il terrorismo dei fanatici nazislamici con lo scopo dichiarato di cancellare lo stato ebraico dalla faccia della terra.
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Consiglio d'Europa, abusi sessuali russi su minori ucraini
Il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa denuncia le gravi violazioni commesse dai russi nei territori ucraini temporaneamente controllati o occupati, tra cui la Repubblica autonoma di Crimea e la città di Sebastopoli, evidenziando anche di essere preoccupato per “le prove di uccisioni, ferimenti e abusi sessuali sui bambini e per la loro deportazione in Russia”.     Riproduzione riservata…
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kritere · 11 months
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La villa extra lusso di Neymar sembra un luna park: ha perfino un’ampia pista per i kart
DIRETTA TV 29 Giugno 2023 Le violazioni contestate per reati ambientali hanno riportato sotto i riflettori il campione brasiliano. All’interno della sua residenza ha tutti i comfort che può desiderare, alcuni di questi lo hanno messo nei guai. 11 CONDIVISIONI Neymar sotto i riflettori per gli abusi all’interno della sua villa di lusso a Mangaritiba. Piscine. Campi di calcio e di tennis. Una…
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scienza-magia · 1 year
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Attività estrattive Cinesi ad alto impatto ambientale e sociale
Tutti i disastri che la Cina sta facendo in America latina. Undici organizzazioni latinoamericane denunciano all'Onu i "gravi abusi" dei diritti umani e l'impatto ambientale di quattordici progetti cinesi. Ma nessuno si preoccupa. Nel silenzio generalizzato dei grandi media, lo scorso febbraio una delegazione di undici organizzazioni della società civile latinoamericana del Collettivo per la finanza e gli investimenti cinesi, i diritti umani e l’ambiente, CICDHA la sigla, ha presentato a Ginevra al Comitato delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali, un rapporto per denunciare i “gravi abusi” dei diritti umani e l’impatto ambientale di 14 progetti cinesi in Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Messico, Perù e Venezuela. La richiesta a Pechino di adempiere agli obblighi In collaborazione con l’International Service for Human Rights, ong con sedi a Ginevra e New York, e il Food First Information and Action Network (FIAN), le 11 organizzazioni del CICDHA hanno chiesto al Comitato dell’ONU di sollecitare Pechino ad adempiere ai propri obblighi sui diritti economici, sociali, culturali e ambientali che la Cina ha ratificato nel 2001 e che sono rimasti sinora lettera morta. La presentazione del rapporto rientra nel processo di valutazione che, sulla Cina, viene svolto in questi giorni dal Comitato delle Nazioni Unite incaricato di vigilare sul rispetto del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.
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Il president dell’Ecuador Guillermo Lasso durante l’inaugurazione del summit tra Cina e paesi latinoamericani nel 2022 (foto Ansa) Il testo elaborato da CICDHA è molto chiaro nell’evidenziare i termini di non conformità della Cina e avverte che i casi analizzati «indicano una serie paradigmatica di violazioni dei diritti umani» da parte di società ed entità finanziarie cinesi che operano tra il Rio Grande, al confine tra Messico e Stati Uniti, e la Patagonia. La violazione dei diritti delle popolazioni indigene, gli abusi in materia di lavoro, gli sgomberi forzati e la distruzione dell’ambiente sono all’ordine del giorno, mentre gli effetti per le popolazioni locali sono catastrofici, il che spiega perché spesso portano a conflitti e violenze. Dato che si verificano in aree remote e per la collusione e/o il disinteresse dei governi locali, spesso il tutto si riduce però a un fenomeno silenzioso. Il problema della presenza cinese in America latina «Il problema della presenza cinese in America latina invita a una riflessione più ampia. È evidente, dopo più di due decenni dall’inizio della sua internazionalizzazione, che le cattive pratiche e gli standard bassi delle aziende statali cinesi non sono eccezionali, ma ripetute e trasversali in tutto il continente», spiega Gabriel Salvia, direttore del Cadal, il Centro per l’Apertura e lo Sviluppo dell’America Latina. Con investimenti cinesi per un totale di quasi 200 miliardi di euro nella regione, in gran parte nelle industrie estrattive, e la costruzione di oltre 200 infrastrutture, l’impatto socio-ambientale della Cina è enorme e dannoso per l’ambiente. «La grave situazione denunciata dal rapporto non cambierà nel breve periodo. Innanzitutto perché, nell’imminente lotta tra le potenze mondiali per le risorse naturali, la Cina aumenterà i suoi investimenti estrattivi e i suoi megaprogetti infrastrutturali in America Latina nei prossimi anni. E, in secondo luogo, perché non vi è alcun accenno di ravvedimento da parte dello Stato cinese, le cui autorità impediscono ogni dialogo con le organizzazioni civili latinoamericane», denuncia Salvia. La comunità internazionale sta cercando di usare i meccanismi e le procedure delle Nazioni Unite per fare pressione su Pechino, ma non serve per far fare marcia indietro alla Cina e cambiare il suo modus operandi. In teoria che la Cina investa in modo massiccio in America Latina è positivo ma non dovrebbe essere Pechino a fissare le condizioni e gli standard della sua presenza, perché è proprio l’assenza di contrappesi nel suo modello di sviluppo ad alimentare gli abusi. Chi controlla le manovre cinesi in America latina? Anche le aziende occidentali hanno una storia di eccessi in questa parte di mondo, ma sono osservate molto più da vicino e, quindi, le conseguenze dei loro comportamenti scorretti funzionano come un incentivo sufficiente per alzare il livello dei loro standard sociali e ambientali. Con le multinazionali e i megaprogetti cinesi in America Latina, invece, questo controllo, soprattutto da parte dei media occidentali (i cinesi non fanno testo), è del tutto assente. «Le società e le banche di Pechino in America latina non sono soggette a nessun tipo di supervisione, controllo né responsabilità e, rebus sic stantibus, è improbabile per non dire impossibile che gli investitori cinesi scelgano di introdurre linee guida di comportamento responsabile che riducano al minimo l’impatto socio-ambientale dei loro progetti», conclude Salvia. Un continente che dipende dalla Cina Preoccupa anche la sempre maggiore dipendenza finanziaria dell’America latina dai prestiti cinesi, come ha scritto nei giorni scorsi Bloomberg, così come l’intenzione del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva e del suo ministro della Scienza e della Tecnologia di negoziare la costruzione di un nuovo satellite made in China per l’osservazione del clima e per monitorare la deforestazione in Amazzonia. «Uno dei motivi per cui alcuni paesi dell’America Latina e dei Caraibi trovano così attraente fare affari con la Cina è la velocità con cui le imprese statali cinesi e le società private fanno affari, più o meno legalmente», spiega Ryan Berg, direttore del Programma Americas del Center for Strategic & International Studies. Dal canto suo, invece, il regime di Pechino, attraverso i suoi media ampiamente diffusi in America Latina grazie anche a partnership con giornali locali, si vende come «la soluzione per aiutare l’America Latina e i Caraibi a sradicare la povertà, migliorare la qualità della vita». Read the full article
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peppecasa · 1 year
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❗️Vi aspettiamo domani alle 10:30 in via Ugento 30 nel quartiere Quarticciolo per l’inaugurazione dell’opera di @jorit . ➡️Jorit e il progetto “L’arte non ha sbarre” hanno deciso di dedicare l’opera a Marielle Franco, sociologa e attivista brasiliana che ha perso la sua vita proprio per combattere per i diritti dei più deboli. Marielle ha presieduto la Commissione per la difesa delle donne ed è stata membro di una Commissione incaricata di monitorare l'azione della polizia federale a Rio de Janeiro denunciando abusi e violazioni di diritti umani. E proprio per questo motivo fu uccisa il 14 marzo 2018, vittima di un vero e proprio agguato. Domani saranno presenti lo stesso artista, il presidente dell'ass. @liberamente.ag @leonardo_ruggeri_masini , i partner di progetto @martelive__ , con Oriana Rizzuto me medesimo @peppecasa oltre che il Comitato del Quarticciolo e la Palestra Popolare del Quarticciolo.  📸 di @elenoire.v Potete trovare tutte le info a questi link https://lartenonhasbarre.it/ https://martelive.it/2023/01/inaugurazione-del-murales-su-marielle-franco-con-jorit/ Il progetto, vincitore del bando Vitamina G della @regionelazio.official , è realizzato dall’Associazione LiberaMente, coordinato da Street Art for Rights in collaborazione con @martesocial . L’arte non ha sbarre fa parte dei progetti speciali all’interno del più ampio contesto artistico quale è la #BiennaleMArteLive, appuntamento biennale multiartistico e a carattere internazionale. MArteSocial è un incubatore incentrato sulla risoluzione di problematiche sociali attraverso progetti artistico-culturali che possano generare un impatto positivo sugli abitanti dei quartieri meno sviluppati che vertono in condizioni di disagio ed emarginazione.  https://martesocial.org/ #lartenonhasbarre #streetartroma #jorit #vernissage #streetart #streetartitalia #arteurbana #romaperiferica #artesociale #roma #quarticciolo https://www.instagram.com/p/CnXFGWwNy-n/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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marwensthings · 1 year
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La violenza contro le donne e le ragazze è una delle violazioni dei diritti umani più diffuse, persistenti e devastanti nel nostro mondo di oggi, e rimane in gran parte sconosciuta a causa dell'impunità, del silenzio e dello stigma che la circonda.
In generale, la violenza si manifesta in forme fisiche, sessuali e psicologiche e comprende:
violenza del partner intimo (percosse, abusi psicologici, stupro coniugale, femminicidio);
Violenza e molestie sessuali (stupro, atti sessuali forzati, molestie sessuali indesiderate, abusi sessuali su minori, matrimonio forzato, molestie in strada, stalking, cyberbullismo)
tratta di esseri umani (schiavitù e sfruttamento sessuale);
mutilazione genitale femminile;
Matrimonio infantile
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