Tumgik
#Becco rosso
cappottoestivo · 3 months
Text
La domenica è sempre un giorno riflessivo, se poi piove tutto si dilata, oggi c’è anche il vento; non so bene quanto possa incidere sulle riflessioni, ma so che mi piace. Piacciono anche a che a me le giornate di sole, ma la pioggia mi rinfranca sempre.
Ho preparato con cura il caffè, mi piace il profumo che riempie casa. Ho acceso la radio scegliendo con attenzione la colonna sonora sonora. Fa freddo, mi sono guardata i piedi nudi chiedendomi quando imparerò… Il mio vissuto mi dice che, se non l’ho fatto fin ora! tempi, luoghi e persone. Non ne becco uno, manco per sbaglio. E, si che di errori, cazzo se ne ho fatti! Pioggia e vento mi hanno bagnato i vetri, se fossi una brava casalinga mi preoccuperei dei vetri macchiati. Ma non lo sono, dunque almeno questo problema pare risolto. Sono settimane lunghe e faticose, mi rincorro. Non mi pare di far nulla di più, ma sento la stanchezza. Saranno gli anni. E probabilmente così è. Intanto la colazione è pronta, il profumo è quello giusto, il pesce rosso raggiunge il filo dell’acqua e pare felice, Vinicio Capossela mi culla con una ballata tutto pare perfetto. Tranne i miei piedi, nudi e freddi. Imparerò! Prima o poi.
43 notes · View notes
greenbor · 6 months
Text
"Benché non sia che piccolo e debole, pure debbo poter fare qualche cosa per questo povero martoriato» pensò l’uccello: e allargò le ali e volò via per l’aria, descrivendo larghi giri intorno al Crocifisso.
Gli volò intorno parecchie volte senza ardire d’avvicinarsi, perché era un uccellino timido, che non aveva mai osato avvicinarsi ad un uomo. Ma un po’ per volta si fece coraggio, volò molto vicino e col becco tolse una spina che si era piantata nella fronte del Crocifisso.
In quel momento una goccia di sangue del Crocifisso cadde sul petto dell’uccello. Si allargò rapidamente, colò giù e tinse tutte le pennine delicate del petto. Ma il Crocifisso aperse le labbra e sussurrò all’uccello: «Per la tua pietà ora avrai quello che la tua razza ha desiderato sempre da quando fu creato il mondo».
Poco dopo, quando l’uccello ritornò al suo nido, i piccini gridarono: «Il tuo petto è rosso, le penne del tuo petto sono più rosse delle rose!»
«Non è che una goccia di sangue della fronte di quel pover’uomo» disse l’uccello. «Scomparirà, appena farò il bagno in un ruscello o in una limpida sorgente».
Ma quando l’uccellino fece il bagno la macchia rossa non scomparve dal suo petto, e quando i suoi piccini divennero grandi, la tinta rossa splendeva anche sulle penne dei loro petti, come d’allora in poi splende sul petto e sulla gola di ogni pettirosso".
Selma Lagerlof, La leggenda del pettirosso
Tumblr media
Fonte Simona Pedriali
3 notes · View notes
durchquer22u23 · 10 months
Text
7.8. von Pontebernardo nach Rigfugio Prati del Vallone (Tag 44)
beyond, aber gerade noch mal ....
Nachdem der gestrige Tag sehr komfortabel war, will ich das heute nicht wiederholen und entscheide mich die weitere Strecke zu gehen und mich ein wenig zu fordern. Ich starte wegen spätem Frühstück und Telefonat erst um 9 Uhr.
Es geht am Anfang steil, später moderat bergan, an altem Schützenbunkern vorbei bis zum Becco Rosso, einem rötlichen Felsen, von dem man fast in alle Richtungen blicken kann.
Tumblr media Tumblr media
Auf schattigem Weg geht es steil ins tiefe Tal. Ein Mountainbiker kommt mir, sein Rad nach oben schiebend entgegen. Durch trockene, goldgelbe Wiesen geht es zum ersten Col hinauf, dann durch ebensolche hinab und wieder hinauf, diesmal aber grüner, zum nächsten Col.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Dort treffe ich um 18 Uhr einen Wanderer, der mir berichtet, dass die Selbstversorger-Hütte, in der ich heute übernachten will, vollständig verschlossen sei und an der Tür ein Zettel (ohne Datum) hängt, auf dem der Hüttenwirt mitteilt, er würde zum Essen ins Tal gehen und am nächsten Tag wieder in der Hütte sein.
Wir überlegen kurz gemeinsam, was zu tun ist. Telefonieren geht nicht, weil es kein Telefonnetz gibt. Weitergehen zur nächste Hütte (2-3 Std.) scheidet WG meiner Erschöpfung aus, notdürftig die Nacht in einem Verschlag zu verbringen habe ich keine Lust. Also geht es zurück ins Tal, wo 400m tiefer eine Hütte ist, in der ich hoffentlich übernachten kann.
Das klappt erstaunlich gut. Ich sitze leicht fröstelnd (wg Erschöpfung) beim Abendessen und werde durch wunderbare Antipasti, eine leckere Gurkensuppe und ein excellentes Panna Cotta fur die Mühsal des Tages entschädigt. danach gehe ich sofort ins Bett.
Tumblr media Tumblr media
Trail-Infos und weitere Fotos unter
0 notes
jacopocioni · 1 year
Text
Cibreo, se si trovano gli ingredienti!
Tumblr media Tumblr media
Cibreo Questo antico piatto della cucina fiorentina è praticamente impossibile da mangiarsi oggi. Come ho evidenziato in altri articoli sulla cucina spesso i piatti tradizionali di origine povera diventano oggetti di culto e da poveri si ritrovano protagonisti, spesso anche nei prezzi. Il cibreo non vanta questa incoronazione e il motivo risiede nel fatto che i suoi ingredienti sono difficili da trovare. No, non nel senso che sono preziosissimi tartufi, anzi, si tratta di semplici creste di gallo o i "fagiuoli" di pollo, i testicoli per capirsi, che nessuno vende più. Ormai viviamo in una società in cui i supermercati hanno messo in vendita anche le ossa, figuriamoci se staccano i colli ai galli, ci rimetterebbero sul peso no?! Come sempre la ricetta nasce dal recupero di frattaglie che comunemente venivano gettate quindi le creste di gallo e i bargigli (l'appendice sotto il becco), i "fagiuoli" di pollo e ancora i fegatini di pollo. L'antica ricetta è riportata dall'Artusi e qua ve la ripropongo, ma se volete provare a realizzarla dovrete trovare un'alternativa alle creste e ai fagiuoli o avere un pollaiolo di fiducia a cui rivolgersi. Personalmente ho sostituito le creste e i fagioli con i durelli, lo stomaco del pollo, dopo averli ben cotti (bolliti) per renderli morbidi, ma è un'alternativa non corretta ed altera molto il sapore originale. Una vera sciocchezza che non ripeterò.
Ingredienti
per 4 persone 8 creste di gallo e bargigli 10 fegatini di pollo 10 "fagiuoli" di pollo (testicoli) 3 rosso d'uovo 1 cucchiaio di farina 1 limone brodo di carne qb olio di oliva toscano
Procedimento
Prendere i fegatini di pollo, oggi sono venduti senza la vescichetta del fiele ed eliminate i filamenti bianchi tagliateli in due tre parti, poneteli per qualche minuto in acqua e aceto per eliminare le tracce di sangue. Le creste di gallo vanno sbollentate e spellate, un ottimo trucco è fiammeggiarle e poi tagliatele in tre parti ognuna. Ponete l'olio e un pezzettino di burro in un tegame e unite prima le creste, poi a distanza di qualche minuto i fegatini e per ultimi i "fagiuoli". Condire con sale e pepe e dopo qualche minuto di rosolatura aggiungete del brodo preparato in precedenza. In un pentolino versare i 3 tuorli d'uovo con 1 cucchiaio di farina, del succo di limone e del brodo bollente. Mescolare bene e unite la salsa ottenuta al tegame delle rigaglie a fine cottura. Fare bollire qualche minuto unendo del brodo solo se necessario. In ultimo il nome, non mi metto certo a disquisire che origine ha il nome cibreo, se dal francese civé o meno, certo è che l'erba cipollina nel cibreo non c'è e nemmeno la cipolla ne tanto meno viene cotto nel vino. Per me questo sarebbe già sufficiente a distinguere nettamente i due piatti. Il cibreo assomiglia di più ad una fricassea. Il gusto ricorda molto quello della fricassea, per la presenza del limone, anche se meno nobile e più ignorante come impatto, forse anche per questo sta scomparendo come piatto. Il termine che mi lascia più contento è quello latino di "gigeria" opportunamente storpiato e che indica le interiora dei volatili. Forse il mio è solo campanilismo, ma ricordo che fu Caterina de' Medici a portare idee in Francia e non il contrario. Vedi: Il gelato a Firenze o Papero al melarancio.
Tumblr media
Jacopo Cioni Read the full article
0 notes
newsnoshonline · 3 months
Text
Guarda il picchio sfrattare lo storno che gli ha rubato il nido strappandolo con il becco Il picchio rosso e lo sfratto dello storno Un incredibile video documenta l’azione di un picchio rosso che sfratta uno storno dal suo nido, in una scena avvincente catturata su un albero. La convivenza tra picchi e storni I picchi e gli storni nidificano in cavità, ma gli storni spesso invadono i nidi altrui, creando conflitti tra le specie. La sorprendente scoperta di Emily Tornga Emily Tornga ha assistito all’inizio di uno scontro tra picchio e storno, documentando un raro comportamento animale all’interno di una colonia di picchi rossi. Gli storni e l’ecosistema I storni comuni, considerati specie invasive in
0 notes
4sc · 4 years
Text
They call me Becco rosso.
Tumblr media
0 notes
vefa321 · 2 years
Text
✒️Il Senso compiuto
Tutti i colori del mondo negli occhi
❤️Rosso come il sole che corre ai ripari quando la sera tarda ad arrivare,
💙Blu come il cielo che scorre come il mare e si mischia come un velo, una vela amainata troppo presto.
💚Verde che brilla come un prato ubriaco di rugiada di primavera inoltrata.
💛Giallo come un fiore di campo scampato al becco di un uccellino distratto.
💗Rosa come le dita del bambino,
che sgrana la sabbia di un castello incantato.
Grigio come il fumo della legna che riscalda,
🤍Bianco come la neve che modella gli alberi di una veste nuova, come una luce che riflette senza pensare.
🖤Nero come l'inchiostro nato dal carbone che disegna vecchie storie su della carta sbiadita dalla troppa memoria.
🎨Colori che vestono le cose, che sono gli occhi dei ciechi, colori da toccare e sentire sotto le mani, per leggere leggeri i sensi ed i piaceri.
🎨Colori che danzano nella luce, alzando la polvere delle stelle.
🎨Colori che sono parole per chi non sa disegnare.
🎨Colori come i silenzi che parlano ai sensi, in un consenso muto che scandisce il rumore.
🌈Colori per coloro che non le possono vedere.
✒️Vivi di particolari, raccogli i dettagli
J.D
Tumblr media
22 notes · View notes
abr · 3 years
Quote
Davvero pensiamo che Cacciari, in quanto filosofo e non virologo, non abbia titolo per parlare di pandemia, di green pass e di obbligo vaccinale? Chi può parlare, allora: solo un pugno di scienziati? Davvero vogliamo tornare alla vecchia e fallimentare idea di mettere al Ministero della Salute un medico (con quale specializzazione? Lo decidiamo a seconda dell’emergenza?), alla Difesa un generale (va bene l’Esercito, o lo prendiamo dalla Marina? Le competenze, ahimè, sono diverse) e magari ai Trasporti un fiammante ingegnere della Ferrari (e però i treni? E le piste ciclabili: chi me le farà più?) Dopodiché a Palazzo Chigi chi mandiamo? Chi ha la competenza giusta per decidere in mezzo a cotali ministri? Ora, lungi da me fare l’elogio dell’incompetenza, (...) ma quelli che cionondimeno si scandalizzano se un filosofo mette il becco in fatto di vaccinazioni hanno, loro, la competenza necessaria per dire e spiegare com’è fatta l’opinione pubblica, cosa significa pluralismo, come si forma il consenso in democrazia? Sanno che cos’è una questione pubblica e chi è abilitato a trattarla? Non parlo del diritto di tutti i cittadini a pensare e dire il cavolo che gli passa per la testa: quello, per fortuna, non è ancora venuto in discussione. Parlo proprio del modo in cui i processi deliberativi, ivi compresi quelli che riguardano materie dall’alto contenuto specialistico, si alimentano grazie alla libera circolazione delle idee nello spazio pubblico. (...) Già: chi è competente, in fatto di umanità? O forse pensiamo che l’uomo è solo ciò che rimane da discutere a filosofi barbuti una volta sottratte loro tutte le questioni scientifiche (mediche, sanitarie, fisiologiche o psicologiche, o non so cos’altro)? No, non funziona così: né per l’uomo né per la comunità umana. Non, dunque, per i filosofi, o per i politici, e neppure per i giornalisti (a proposito: di cosa sono competenti i giornalisti? A giudicare da quel che scrivono, di tutto: dobbiamo avercene a male?). L’umanità non si ottiene per sottrazione, ma per intersezione e complicazione di tutte quelle questioni, in un miscuglio che non si lascia affatto risolvere e spartire per settori disciplinari. (...). Per questo, un mondo in cui di pandemia parlassero solo i “geometri” della materia non sarebbe affatto il paradiso della scienza, ma, forse, la fine dell’umanità. E, di sicuro, l’incubo della democrazia.  (...)
Massimo Adinolfi dice qualcosa di intelligente e soprattutto onesto in un mare di cazzate e distinguo (ovviamente: è sull’HuffPost, dove il dubbio come l’intelligenza va abolito, o perlomeno giocato con ipocrisia). Salvo solo la più grossa: il poveretto sostiene che esista ancora il “ diritto di tutti i cittadini a pensare e dire il cavolo che gli passa per la testa”. Esiste ancora, questo diritto, tanto che costui si sente di fornire il suo improbabile “soccorso rosso” a uno come Cacciari: pensa te. 
No, Cacciari non ha bisogno di scalzacani col ditino alzato, piuttosto trovo bello che anche gli Adinolfi riescano a capire l’ineluttabilità delle sue argomentazioni. 
3 notes · View notes
Text
«Benvenuto nelle cucine»
[Intorno alle 21 un gufo dovrebbe possarsi su uno dei davanzali della sala comune dei Grifondoro, una lettera nel becco per Hektor.] 𝐶𝑖 𝑣𝑒𝑑𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑔𝑖𝑜𝑣𝑒𝑑𝑖̀ 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝟷𝟻:𝟶𝟶, 𝑣𝑖𝑐𝑖𝑛𝑜 𝑎𝑙𝑙’𝑖𝑛𝑔𝑟𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑠𝑜𝑡𝑡𝑒𝑟𝑟𝑎𝑛𝑒𝑖. 𝑉𝑖𝑒𝑛𝑖 𝑑𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑜. 
Tumblr media
«Sì okay, e ora?» Non ha pazienza e lo ostenta senza vergogna o simili, solo per vedere i dubbi dissiparsi ancora una volta: la pera nel dipinto che si contorce, ridacchia, prendendo le sembianze di una maniglia e poi l`ingresso che si apre, consentendo l’accesso in un ambiente enorme ed accogliente. «Oh» senza che possa fare alcunché, le sopracciglia del dodicenne si sollevano, colte da un moto d`improvvisa sorpresa, e cercherebbe pure di sporgersi oltre il corpicino della compagna, accostandocisi con il petto, per studiare meglio il posto. «Questo sì che è grinzafichissimo, ma quanto è grande!?»
La vicinanza del giovane non la infastidisce, si limita solamente ad entrare e ad attendere che lui faccia lo stesso, prima di richiudersi la porta alle spalle e dirigersi verso i tavoli «Visto, Thor? Niente imboscate.» con un piccolo saltello, la ragazzina vi si siede, osservando il compagno guardarsi intorno. «Allora? Mi hai perdonata?»
Per entrare aspetta prima che l`altra avanzi, e quando può farlo il naso lentigginoso continua a saettare di qua e di là, in contemporanea con lo sguardo che osserva il tutto quasi famelico. Indugia lì dov`è per qualche istante prima di mettersi sui passi della Corvonero e avvicinarsi alla tavolata che si specchia con quella dei Rosso-oro situata sopra le loro teste, nella Sala Grande. Poggia un fianco al bordo ligneo, dopodiché lascia fluire le iridi dritte sul viso della bionda mentre un sorrisino gli sboccia sulle labbra. «Non so, ci devo pensare.» 
«Ci devi pensare?» Sbotta, stranita. «Certo che voi maschi siete strani…» 
«Pfft» la schernisce apertamente, ridacchiando pure «Non ho ancora deciso se mi stai proprio simpatica.» Sorride serafico e candido, in modo decisamente stonato rispetto gli angoli appuntiti dei lineamenti che ha ereditato. Non accenna a rimettersi ritto o composto, se ne sta lì, fermo e tutt`ora indirizzato verso il visino altrui «Boh, una cioccolata calda?» Propone, visto che effettivamente di appetito non ne ha. «Magari possiamo farla insieme?» Alza le sopracciglia, interrogandola con lo sguardo.
«Dovrei starti simpatica, guarda in che posto forte ti ho portato.» Gli punzecchierebbe gentilmente il braccio, sempre con fare amichevole. Alla proposta della cioccolata calda sembra rifletterci un po’, dubbiosa, prima di un «va bene» strappato quasi a fatica. Va bene prepararla insieme, la cioccolata.
Non reagisce, niente smorfie o simili, il Grifondoro accoglie lo srotolarsi dei secondi con tranquillità, continuando a mantenere i loro sguardi incatenati anche quando la secondina solleva il capo. «Io penso che sia l`esatto opposto, comunque» insomma, che interpretare i maschi sia una bolidata, le femmine d`altro canto... «Voi siete tutte precisine qui e là, vi fanno schifo un sacco di cose» e pur fermandosi lì, l`inflessione della voce lascia intendere che ci sarebbe davvero molto, molto altro «E tipo adesso, le nostre facce non sono neanche ad un metro e sei impassibile, una settimana fa mi sono appoggiato appena alle tue gambe e sei diventata più rossa della mia cravatta.» Torna a ghignare, pur facendolo con un sopracciglio inarcato a mo` di `chi è più strano?` Quando la Bronzo-blu lo punzecchia, questa si guadagna un`occhiatina divertita «Piantala, non è comprandomi che avrai la mia simpatia, va guadagnata.» Esprime un`ovvietà, recidendo per primo la vicinanza che lui stesso ha instaurato solo per raddrizzarsi e ripiegare le maniche della felpa, così da scoprire i polsi di un pallore decisamente british in un invito implicito, quello di mettersi al lavoro. «Dici che qui hanno i marshmallow?»
Tumblr media
[...]
«Non so come funzioni per voi» perché si è capito che per il Grifondoro il genere femminile ha le fattezze di una specie tutta a sé, con abitudini incomprensibili e un`altra buona dozzina di stranezze «Ma noi gli occhi li abbiamo, insomma» indugia un attimo di più in quel mutismo, ricercando lo sguardo altrui senza ombra d`imbarazzo o di vergogna «Per guardare» e non sa bene quanto di comprensibile ci sia in quell`accozzaglia illogica di parole «Diciamo che le ragazze le vedo, anche un po` più dell`anno scorso, che allora non ci badavo granché, e capisco quali mi sembrano più carine di altre» … «Sì, ecco» e arriccia le labbra, un po` pensieroso «Ci sono quelle che mi piacciono.» Lo confessa, sempre con la solita nonchalance, quasi fosse la cosa più naturale del mondo. «Voi mica ci guardate?» Gira la domanda ovviamente, ma non come metro di giudizio, quanto invece per sincera curiosità «Proprio niente? Zero?»
«Ah! Allora ti piace qualcuna!» Divertita, lascia che il giovane catturi il proprio sguardo; e lei lo sostiene, tranquilla, improvvisamente interessata da quel discorso. «Comunque che vuol dire, anche noi vi guardiamo.» Comincia lei. «Tutti abbiamo gli occhi.»
Ed eccolo, già pronto ad alzare teatralmente gli occhi al cielo perché «Sapevo che avresti frainteso, voi femmine fate sempre così» e stavolta sì che gliene fa una colpa, sbuffando pure «Non intendevo dire che mi piace una persona in particolare» specifica, scandendo con attenzione ogni sillaba «Però sì, ecco, qualcuna che trovo particolarmente carina c`è, ma solo questo.» Insomma, niente cotte irrimediabili, inciuci sentimentali strani, struggimenti amorosi e quant`altro, puro e semplice interesse per un bel faccino. 
16 notes · View notes
der-papero · 4 years
Text
Dai che stavolta si vince
In genere non ricordo i sogni, ma sara’ che ieri sera ho mangiato un salmone appartenente ad una partita di pescato che aveva ingurgitato un carico di oppiacei gettato dai narcos per non farsi beccare, beh, ho sognato delle robe allucinanti. E qui mi piacerebbe andare di smorfia e lucrarci un po’ su.
Primo sogno. Sono alla concessionaria per ritirare la mia nuova auto (che arriva tra meno di un mese). Salgo a bordo, fantastica, con quel colore arancio e le striature tamarre, tutta computerizzata, sembra una nave spaziale. Appena mi immetto sulla statale, cade una pioggia tipo proiettili, che trasforma il parabrezza in un colapasta. Torno dal concessionario, per cercare di far valere la garanzia.
Qui il terno dovrebbe essere fatto: auto nuova - cambiamenti climatici - mai una gioia.
Secondo sogno. Beh, qua sembrava una puntata di Twin Peaks, degna di David Lynch. Sono nella mia azienda, che stranamente e’ arredata come un vecchio albergo anni ‘80, tutto legno e radica, parati, moquette di color rosso scuro. Faccio per scendere giu’ al piano terra, e ci trovo un bar italiano, di quelli con il banco e i liquori alle spalle. E chi ti becco al banco? Mia cugina, una che non va a Roma, figurati in Germania. Le faccio: “Lia, ma che ci fai qua??” - “C’e’ la festa di laurea di Francesca, tutta la famiglia e’ qui”. Ora, ancora non capisco perche’ la mia prima reazione, anziche’ essere stata quella razionale del tipo “e da quando danno le sedute di laurea in azienda???”, e’ stata piuttosto quella terrona “oh, ma venite tutti qui in Germania, ma volete telefonarmi e dirmelo???”. Dopo aver sfanculato mia cugina (alla quale voglio un bene infinito), mi avvio verso gli ascensori. Faccio per passare attraverso le porte girevoli che si aprono col badge, quando uno gnomo mi scavalca. Passa il badge ma, essendo gnomo, il sensore non lo rileva e la porta non gira. Inizia a prendere a testate il vetro, io gli urlo “oh, ma che cazzo fai?”, lo prendo in braccio e faccio in modo che il sensore si attivi. Finalmente passiamo, mi dirigo verso gli ascensori. Gli ascensori di SAP sono di quelli fatti tutti di vetro, fighissimi. Una volta dentro, entrano due signore, le classiche anziane da Teatro San Babila, parruccatissime e pellicciatissime. Alla chiusura delle porte, appaiono tante altre porte di legno che si chiudono, una sopra l’altra, e riducono il volume dell’ascensore, costringendoci a stare strettissimi. Arrivato al piano, trovo il pavimento fatto di biglie, che si compongono a reticoli, lasciando dei vuoti dove posso poggiare i piedi. Le biglie si staccano e si riattaccano di continuo, ed e’ un casino trovare ogni volta lo spazio dove avanzare il passo. Finalmente arrivo in ufficio: ci sono diversi colleghi, tutti seduti senza un criterio. Uno mi fa: “ragazzi, sapete quale e’ il comando DOS per formattare un floppy?” (roba anni ‘90, ndr). Io faccio: “si’, te lo dico io!”. Apre un terminale come non ne avevo mai visti prima, con le lettere che appaiono e scompaiono. Gli dico: “digita format a:”. E lui scrive un’altra roba. “No, guarda, hai sbagliato, ho detto format a:” - “E’ quello che ho scritto” - “Ma che dici, hai scritto altro. Ridigita”, e lui continua a scrivere tutt’altro. Iniziamo a mandarci a cagare a vicenda, e poi mi sveglio.
Qui il terno e’ piu’ complicato, eh. Non ho idea di quale sia la tripla ideale. Me ne sono venute in mente alcune, ma ho bisogno della vostra esperienza. Quelle che ho pensato sono:
laurea - bar - famiglia stronza
architetto fumato - biglie - collega rincoglionito
anziana da teatro - gnomo - controlli di accesso pietosi
Sono nelle vostre mani capaci. Prometto che dividiamo.
31 notes · View notes
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
On air: "Se Cucini Tu" Gnut
Per cucinare ci vuole sentimento e anche un po' di coraggio. Spesso in cucina si ha paura di sbagliare, di fare errori che rovinino completamente i nostri piatti ma ogni tanto bisogna osare. Per fare grandi cose bisogna però provare ad andare oltre e a sfidare se stessi.
Io questa volta l'ho fatto con il polpo. Un ingrediente con cui non mi ero mai confrontato e di cui avevo avuto sempre un certo timore.
Poi però circa tre settimane fa sono andato al mercato e l'ho visto lì sul banco del pescivendolo adagiato sul ghiaccio con i suoi tentacoli sinuosi e non ho resistito.
Il polpo però si sa: è meglio congelarlo prima di cuocerlo. Così, una volta arrivato a casa, l'ho messo in freezer e lì l'ho dimenticato fino a domenica scorsa quando ho deciso che era arrivato il suo momento.
Ma come farlo? Lesso e poi con le patate in insalata oppure in umido e poi magari condirci la pasta? L'umido è stata la mia scelta, anche perché avevo appena comprato una nuova pentola in ghisa e volevo testarla per una bella cottura a fiamma lenta.
Ingredienti per 4 persone:
1 kg di polpo decongelato
300 g di pomodori pelati
1/2 bicchiere di vino rosso
1 cipolla
1 carota piccola
1 costa di sedano
2 spicchi d'aglio
rosmarino, salvia e una foglia di alloro
olio e.v.o.
sale e pepe
Lavate il polpo e toglietegli il becco e gli occhi se già non lo ha fatto il vostro pescivendolo e poi tagliatelo a pezzi. Tritate finemente cipolla, carota, sedano e aglio. In una pentola versate un fondo d'olio e fatelo riscaldare, quando sarà ben caldo unite i pezzi di polpo e fateli rosolare. Il polpo tirerà sicuramente fuori la sua acqua. Quando sarà quest'acqua sarà ritirata sfumate con il vino rosso. Evaporato l'alcool unite le verdure tritate e le erbe aromatiche. Lasciate insaporire a fiamma viva.
Unite dunque il pomodoro schiacciato a mano e non frullato, mezzo bicchiere d'acqua. Coprite, portate a bollore e abbassate la fiamma al minimo.
Fate cuocere per almeno un'ora. Quando il polpo sarà cotto, assaggiate e regolate di sale e pepe (io non ho aggiunto sale perché era saporito di suo).
Servite con qualche crostone di pane tostato e agliato.
216 notes · View notes
corallorosso · 5 years
Photo
Tumblr media
La destra non applaude una donna passata dai lager. Chiamatelo col suo nome: fascismo di Giulio Cavalli La vigliaccheria dell’anti-antifascismo (lo chiamano coì perché si vergognano anche loro di chiamarlo per nome, per il fascismo o il parafascismo che è) ieri nell’aula del Senato italiani ha indossato le vesti dell’inazione: 98 senatori che hanno coraggiosamente deciso di imboccare la strada codarda dell’astensione e che hanno deciso di farsi notare non applaudendo una bambina passata per il lager, dove ha perso quasi tutto, oggi diventata donna e senatrice, Liliana Segre. L’immagine di quei senatori seduti che non se la sono sentita di applaudire una commissione insediata per fare rispettare la Costituzione (quella Costituzione che i nostalgici sovranisti sventolano a spizzichi e bocconi solo nelle frasi che gli tornano utili come slogan) è la fotografia di un Paese che ancora insiste a scambiare per “dibattito politico” l’inedia costituzionale che sta attraversando il Paese, aprendo le porte al fascismo di ritorno e a tutte le schifezze annesse e connesse. Badate bene, non si tratta più delle normali differenze tra destra e sinistra nell’arco parlamentare, qui siamo di fronte allo sbriciolamento dei valori comuni che in Parlamento fino a qualche anno fa erano il “filo rosso” che attraversava tutti i partiti. Ora quel filo è nero ed è un cappio. Un cappio con cui continuano pericolosamente a giocare Salvini (e la Meloni in scia) senza rendersi conto che solleticare alcune frange di Paese in nome di qualche voto in più è qualcosa di molto più serio di una propaganda che si impegna ad arrivare a una fetta più ampia possibile di persone. Spira in Italia un anti-antifascismo che si ostina a non capire che il contrario del fascismo non è il “comunismo” (giochetto facile facile, insulso, idiota e che quindi funziona) ma l’architettura stessa della democrazia. Le parole di Salvini di ieri sera (“Commissione contro il razzismo? Voler controllare confini, voler assegnare case prima agli italiani, voler controllare le periferie è razzismo? Cosa è il razzismo? Io mi becco del razzista 20 volte al giorno da intellettuali di sinistra”) dimostrano una povertà etica e una visione ombelicale di un problema storico che, ahinoi, è molto più ampio e profondo del piccolo capetto di partito di turno sulla cresta dell’onda. Proiettare i propri interessi personali in una mozione contro l’odio significa avere la coda di paglia e i carboni bagnati. Significa essere sciacalli al quadrato, ignoranti per professione, irrimediabilmente colpevoli. Ci sono pagine della Storia che chiedono chiaramente di prendere posizione: restare seduti è solo da vigliacchi.
13 notes · View notes
travel-addicted · 4 years
Text
Una regione grande quanto la Lombardia e un’immensa pianura salina desertica, il Pan, che si trasforma in una gigantesca laguna dal fondale basso ogni anno, nel corso della stagione delle piogge. Una distesa d’acqua di quasi 5.000 kmq brulicante di fenicotteri e pellicani per alcuni giorni è, nel resto del tempo, una superficie chiara, grigio-verde quando l’abbiamo vista noi, spesso bianca perché ricoperta di polvere gessosa, che sembra non finisca mai. Un paesaggio surreale, ma decisamente affascinante.
Etosha Pan dall’Etosha Lookout
I primi europei a prendere nota dell’esistenza di questa immensa distesa disabitata furono Charles John Andersson e Francis Galton, il 29 maggio 1851. La chiamarono Etosha, un termine che nella lingua oshivambo, parlata nell’area, significa “grande luogo bianco”.  Tantissimi animali che vivevano nel nord della Namibia, a partire dal 1881, furono eliminati e ciò portò all’istituzione della riserva nel 1907, quando il governatore dell’Africa sudoccidentale tedesca, il dottor Von Lindequist, si rese conto di dover arginare il problema delle uccisioni. Oggi, il parco naturale è una delle destinazioni più visitate e apprezzate dai viaggiatori che visitano il paese africano.
Circa 6 ore di viaggio, senza soste, separano l’ingresso orientale dell’Etosha dalle Popa Falls. La strada passa per Grootfontein e Tsumeb, l’ultima città in cui si possono fare provviste e acquistare il necessario per il campeggio. A Grootfontein, una cittadina coloniale il cui nome significa “grande sorgente” in afrikaans, le truppe tedesche costruirono un forte nel 1896 e trasformarono la città in un presidio militare. Attualmente, l’edificio ospita un museo che ripercorre la storia dei coloni e raccoglie ampie collezioni di manufatti e fotografie dei popoli Himba, Kavango e Mbanderu. Gli orari di apertura, però, non vengono rispettati e spesso il forte è chiuso quando dovrebbe essere accessibile, per questo noi non siamo riusciti a visitarlo.
A pochi chilometri dalla città, in fondo ad una strada sterrata che sembra porti nel nulla, si trova il frammento di meteorite più grande del mondo: 54 tonnellate, risalente a circa 80.000 anni fa e costituito per l’82% da ferro, venne scoperto nel 1920 vicino alla Hoba Farm. Nel 1955 venne dichiarato monumento nazionale per fermare i cacciatori i souvenir che ne staccavano impunemente pezzi come ricordo.
Hoba Meteorite
Gli ingressi all’Etosha National Park sono dei veri e propri punti di frontiera: si viene registrati, si compilano documenti e si paga il costo dell’ingresso e della permanenza all’interno del parco. Dopo i controlli, ci si inoltra nella savana lungo una strada asfaltata che corre tra gli alberi secchi del bush e lo spettacolo comincia: giraffe, zebre, antilopi sembrano essere ovunque lungo la via, quasi aspettino il visitatore per dargli il benvenuto (o fargli capire che è entrato in casa loro e lo terranno d’occhio).
Nel corso della stagione secca, gli unici luoghi dove gli animali possono trovare acqua sono le pozze alimentate da sorgenti naturali o create artificialmente. Questa è la caratteristica peculiare dell’Etosha Park e consente a chiunque di vedere con una certezza praticamente matematica tutti i più famosi e grandi animali che vivono nella savana: non serve percorrere le piste alla spasmodica ricerca dei big five o conoscere i luoghi in cui sono soliti andare a riposarsi, è sufficiente prendere in mano la mappa del parco e appostarsi ad una delle numerose pozze ricche d’acqua.
Qui è dove si incontrano branchi di elefanti che si abbeverano al tramonto accanto a gruppi di giraffe e antilopi, kudu solitari, piccoli gruppi di facoceri, leoni e leonesse con i loro cuccioli che dormono vicino alla pozza mentre, dall’alto, centinaia di zebre attendono il loro turno per potersi avvicinare senza pericolo. Insieme a veicoli carichi di turisti, che si fermano ad osservare queste scene di vita quotidiana.
Le strade secondarie del parco, facilmente percorribili anche se non asfaltate, ci hanno condotti fino a branchi di orici, gnu e zebre, così numerosi da riempire le piane, a gruppi di elefanti che si grattavano contro i tronchi di palme solitarie, ai Damara dik-dik, agli struzzi e a una famiglia di rinoceronti mimetizzata tra le acacie. Una quantità di animali mozzafiato e, alla fine della stagione secca, tutti accompagnati dai loro cuccioli: abbiamo visto piccoli leoncini giocare tra di loro, dik-dik in miniatura fermi a lato della strada in attesa della mamma, elefantini che si nascondevano tra le gambe delle madri, un cucciolo di rinoceronte accompagnato dai genitori, piccole zebre e giraffe. Lo spettacolo più bello a cui abbia mai assistito.
Cuccioli di leone
Antilope
Bucero dal becco rosso
Damara dik-dik
Sono stati tre giorni dei più stancanti, pronti per uscire dal cancello del campeggio all’alba e con l’obbligo di tornare al tramonto, ore passate a strabuzzare gli occhi alla ricerca degli animali più strani e a tentare di non rimanere senza fiato troppo a lungo ogni volta che ne vedevamo uno nuovo. Un’esperienza preziosa e stupenda, che mi ha fatta sentire “in gabbia” perché non potevo scendere dall’automobile se non tra le mura del camping e allo stesso tempo libera, perché potevamo girare nella terra dei leoni senza alcun limite e senza alcuna connessione con il mondo non essendoci la linea telefonica, pur trovandoci nella più frequentata destinazione turistica namibiana.
Informazioni pratiche:
Non esistono mezzi pubblici per raggiungere il parco e per visitarlo si è obbligati a disporre di un’automobile a noleggio o a prendere parte ad un viaggio organizzato. Tutte le piste sono percorribili con veicoli a due ruote motrici, per lo meno durante la stagione secca. Il limite di velocità è ovunque di 60 km/h.
Gli ingressi al parco sono quattro:
King Nehale Iya Gate, a nord.
Von Lindquist Gate, a est, che si raggiunge in circa 1 ora di strada da Tsumeb.
Andersson’s Gate, a sud, ad 1 ora da Outjo.
Galton Gate, a ovest.
All’interno del parco, si può pernottare nei sei campeggi e resort recintati gestiti dalla NWR. Sarebbe bene prenotare pure nel caso in cui si disponga di una tenda, perché anche le aree destinate al campeggio tendono ad essere sempre piene. Il vantaggio di dormire all’interno del parco, nonostante i costi siano più elevati, è la possibilità di cominciare la visita all’alba, prima dell’apertura dei cancelli esterni, indugiare alle pozze nei pressi del resort fino al tramonto e osservare gli animali che durante la notte si abbeverano nelle pozze illuminate a giorno e visibili dall’interno dei campi. Energia elettrica, carburante e acqua corrente possono improvvisamente mancare, quindi è meglio fare rifornimento appena se ne ha la possibilità e tenere sempre una scorta di acqua e cibo con sé.
Namutoni Rest Camp – lodge e campeggio. Vicino all’ingresso orientale, è contraddistinto da un inconfondibile forte tedesco imbiancato. Ha una piscina, un ristorante dove abbiamo mangiato, per cena, un ottimo orice alla piastra e piazzole erbose per mettere la tenda.
Halali Rest Camp – lodge e campeggio. E’ il campo centrale del parco e sorge tra affioramenti dolomitici. La sua attrattiva principale è la pozza d’acqua raggiungibile a 10 minuti a piedi dal lodge, illuminata a giorno dopo il tramonto.
Okaukuejo Rest Camp – lodge e campeggio. Vicino all’ingresso sud, è sede dell’Etosha Research Station e del principale centro visitatori.
Olifantsrus Rest Camp – campeggio. Situato nell’area occidentale, si trova in una zona recintata che un tempo era un sito di abbattimento selettivo degli elefanti.
Dolomite Camp – lodge. Nell’area occidentale chiusa per lungo tempo ai visitatori, è immerso nel paesaggio roccioso ed è un lodge di super lusso, con chalet dal tetto di paglia, alcuni dei quali dispongono di una piscina privata.
Onkoshi Camp – lodge. In fondo ad una pista accessibile solo agli ospiti del resort, situato su una penisola che si insinua nel pan, è il più lussuoso dei lodge presenti all’interno dei confini del parco.
Per maggiori informazioni e per prenotare: http://www.etoshanationalpark.org e http://www.nwr.com.na.
Etosha National Park, il grande luogo bianco Una regione grande quanto la Lombardia e un'immensa pianura salina desertica, il Pan, che si trasforma in una gigantesca laguna dal fondale basso ogni anno, nel corso della stagione delle piogge.
5 notes · View notes
ilmondodigiovin · 5 years
Text
IL RE LEONE
Tumblr media
IL RE LEONE DISNEY
Trama Il Re Leone
Il cast di Il Re Leone
Panoramica su Il Re Leone
Critica di Il Re Leone
Frasi celebri Il Re Leone
Lascia un commento
TRAMA IL RE LEONE:
Il Re Leone, il nuovo film Disney in live action diretto da Jon Favreau, ci porta in un viaggio nella savana africana dove è nato un futuro re.
Simba (voce italiana di Marco Mengoni) prova una grande ammirazione per suo padre, Re Mufasa (voce italiana di Luca Ward), e prende sul serio il proprio destino reale.
Ma non tutti nel regno celebrano l'arrivo del nuovo cucciolo.
Scar (voce italiana di Massimo Popolizio), il fratello di Mufasa e precedente erede al trono, ha dei piani molto diversi e la drammatica battaglia per la Rupe dei Re, segnata dal tradimento e da tragiche conseguenze, si conclude con l'esilio di Simba. Con l'aiuto di una curiosa coppia di nuovi amici, Simba dovrà imparare a crescere e capire come riprendersi ciò che gli spetta di diritto.
Con questa nuova versione de Il Re Leone, i personaggi del classico d'animazione classici ritornano sul grande schermo come non li abbiamo mai visti. Tra loro ritroveremo:
Nala (voce italiana di Elisa) amica di Simba quando sono entrambi cuccioli, destinata a diventare una potente leonessa che si preoccupa del futuro delle Terre del Branco.
Timon (voce italiana di Edoardo Leo), uno spiritoso suricato che soccorre Simba dopo che quest'ultimo fugge dalla Rupe dei Re in cerca di una vita diversa.
Sarabi, la moglie forte e sofisticata di Mufasa, nonché affettuosa e severa madre di Simba e rispettata regina della Rupe dei Re. Zazu, bucero dal becco rosso, braccio, anzi ala destra di Re Mufasa. Rappresenta gli occhi e le orecchie del regno e si occupa di comunicare tutte le notizie della giornata, sia quelle buone sia quelle meno buone.
Rafiki, un saggio primate sciamano, consigliere reale di Mufasa. È presente alla nascita di Simba e anche nel momento in cui il futuro re si trova a un bivio.
Le Iene, del cui branco fanno parte Shenzi, Azizi e Kamari: alleati, soldati e malvagi scagnozzi di Scar.
3 notes · View notes
mariposasky · 5 years
Text
Duck twins III
Sommario: Scrooge McDuck, famoso stregone diplomato alla scuola di Hogwarts e gran affarista, si deve occupare dei suoi due nipoti lasciati dalla nonna. La convivenza non è delle migliori, fino al giorno che non arriva la famosa lettera da Hogwarts: i due nipoti sono stati accettati nella scuola. Per i due gemelli si prospetta un anno scolastico pieno di avventure.
Tumblr media
SCENA III
A Hogwarts avevano dei lunghi tavoli incantati dove il cibo appariva dal nulla. Era una pacchia perché il cibo sembrava quasi non finire mai ed era tutto squisito. I piatti preparati a casa dall'elfo dello zio invece erano a volte un po' troppo elaborati o insipidi.
Anche se, a essere onesti, preferiva il cibo preparato dalla nonna. Niente era meglio del sapore genuino di casa. E poi lei cercava di andare incontro ai gusti dei suoi nipoti, mentre allo zio non importava la loro opinione.
- Yuk, è tutto ottimo, ma niente è meglio del cibo di casa, vero?
Donald si girò di lato e vide Goofy che si era seduto affianco a lui per mangiare. Mickey era seduto di fronte e annuì alla frase dell'amico.
- Il mio bis bis nonno aveva tramandato delle ricette squisite che ancora oggi prepariamo in occasioni speciali. Come quando dobbiamo fare riunioni di famiglia con i parenti.
- Siete una famiglia molto numerosa?
- Sì, ma siamo sparsi in varie parti del mondo. Le occasioni speciali servono appunto a riunirci tutti. Ma siamo così tanti che a volte dobbiamo noleggiare dei campi enormi.
- Addirittura?- fece Mickey divertito.
- La tua famiglia invece?
- Io vivo con mia zia Topolinda. I miei genitori sono spesso via per... ehm, lavoro- si toccò la testa con disagio- Quindi li vedo poche volte.
Donald fece finta di niente mentre ascoltava in silenzio i loro discorsi. Non che gli interessasse, ma erano così vicini che era inevitabile ascoltare.
Si riempì il becco con un boccone di pasticcio di carne, mentre senza volerlo ricordava il giorno che lui e Della erano stati lasciati davanti alla villa dello zio. Quello zio che avevano incontrato solo una volta nella loro vita, ma che ne avevano sentito parlare un sacco dai parenti. Quello stesso zio che era diventato un discorso tabù con la loro madre.
Come dimenticarsi come Scrooge li accolse a casa sua? Limitandosi a squadrarli con fastidio e rifilandogli un sacchetto di Gobbiglie. Come se questo bastasse a tenerli impegnati mentre lui si occupava dei suoi affari. Troppo impegnato persino per scambiare qualche parola con loro o cenare insieme. Le festività neppure sapeva cosa fossero.
Cercò di mandare giù il boccone di cibo, mentre gli altri due studenti continuavano a chiacchierare. Provò a ignorarli e con lo sguardo cercò la sorella. La vide chiacchierare con un compagno Serpeverde. Era un'aquila bassa con dei contorni scuri intorno agli occhi. Della sembrava molto coinvolta nella discussione, ma lontano com'era non riusciva a sentire di cosa stavano parlando. Peccato non avere delle Orecchie Oblunghe a portata di mano.
- Scusa, posso?- fece Goffy distraendolo. Il cane indicò una brocca con una salsa dentro posizionata vicino al paperotto.
Donald cercò di fargli spazio senza perdere di vista la sorella, mentre l'altro allungava il braccio. Però d'improvviso del liquido si schizzò addosso a lui, la brocca era scivolata dalle dita di Goofy rovesciandosi davanti al paperotto.  
- Ups... scusami- si scusò imbarazzato- N-non l'ho fatto apposta.
Donald si guardò la divisa, era tutta appiccicosa. Diresse una smorfia arrabbiata al causante del danno.
- Aspetta, lascia che ti aiuto- tentò di rimediare Goofy prendendo un tovagliolo.
- Attento Goofy!- cercò di avvertirlo Mickey, ma Goofy non fece caso che al posto del tovagliolo aveva afferrato la tovaglia e nel tirarla stava letteralmente rovesciando tutti i piatti dal tavolo.
Le stoviglie cadendo fecero un gran fracasso attirando l'attenzione di tutti i commensali. Partì una risata generale quando notarono il paperotto sommerso dal cibo e stoviglie. Donald era certo di aver sentito la risata inconfondibile del cuginastro. Forse anche Della lo aveva visto.
- Err... scusa?- fece Goofy ancora più dispiaciuto e rosso dalla vergogna.
Donald si batté una mano sulla fronte per trattenersi dal scoppiare di rabbia. In altri casi avrebbe dato in escandescenza, ma si sforzò di rimanere calmo mordendosi il becco.
                             °^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°
- Dovresti dare qualche opportunità ai tuoi compagni di stanza. Sembrano simpatici- fece Della mentre si appoggiava alla parete di cemento.
- Dillo alla mia divisa e alle mie piume. Nonostante abbia fatto più bagni, mi sento tutto appiccicoso- brontolò Donald- E poi sono patetici, chi vorrebbe stare con loro?- disse scocciato lasciando la sua rana saltare qua e là nel corridoio. Erano solo loro due, in una zona del castello poco frequentata, dove avevano preso l'abitudine d'incontrarsi tra una lezione e l'altra.
- Donny, come pensi di fare amicizia, se neanche ci provi?
Donald fece una smorfia risentita. Il solo pensiero di parlare con altre persone, che altri sentissero la sua voce...
Della lo osservò mentre si toccava incoscientemente la gola.
- Non ne ho bisogno, ne ho fatto a meno per anni- fece lui deciso- Bastiamo noi due a farci compagnia, no?
- Lo sai che io ci sarò sempre per te, però... non posso seguirti nella Sala dei Grifondoro, ricordi? Come farai senza qualche amico?
Donald guardò altrove sempre mantenendo una smorfia. Il problema non sarebbe esistito se fosse stato scelto nel Serpeverde insieme a sua sorella. Ma invece la sua sfortuna aveva voluto inserirlo in Grifondoro, facendolo diventare automaticamente l'unica pecora nera nella famiglia.
- Non è un problema. Me la cavo sempre, lo sai- tornò a guardarla con un sorriso spavaldo.
- Sì, ma sai anche cacciarti nei guai- ridacchiò lei rasserenata- Ora vado, sta per iniziare la lezione d'Incantesimi e non voglio fare tardi. Muoviti anche tu.
Donald salutò la sorella e si avviò verso l'aula di Trasfigurazione. Della non aveva torto a preoccuparsi, nella sua classe lo ignoravano perché lo consideravano strano, un taciturno che non aveva interesse a fare amicizia.
Ma preferiva così anziché venire preso di mira dai bulli più grandi. Non che avesse paura, a modo suo sapeva difendersi, ma voleva evitare che si sapesse della sua voce.
Fece per girare l'angolo del corridoio, quando una voce lo fece sussultare.
- Levicorpus!
- Uack!- esclamò, prima di essere trascinato in aria, braccia e testa a penzoloni in giù come se trattenuto dal piede da un gancio invisibile.
- Ahr ahr ahr!- una risata forte proveniva da un grosso gatto, in compagnia di altri due: un altro gatto più robusto e alto, e un paperotto. Tutti e tre indossavano la divisa verde.
Donald riconobbe nel trio di ragazzi suo cugino con la bacchetta in mano, era stato lui a lanciare l'incantesimo. Socchiuse gli occhi con fastidio.
- Sei stato bravo. Ancora qualche altro lancio e l'avrai imparato- si complimentò il gatto pancione e diede una sonora pacca al papero biondino e questo sorrise fiero- Andiamo, ci sono altri babbei a cui fare qualche scherzo.
I due gatti si avviarono per primi, lasciando il biondino indietro.
- Scusa Donny- bisbigliò Gladstone al cugino appeso a testa in giù- Ma sai com'è, devo mantenermi allenato e tu eri il bersaglio perfetto- finse di pulirsi il mantello dalla polvere e con aria spavalda raggiunse i suoi compagni di classe.
- Te lo do io il...- mormorò arrabbiato a voce bassa e scalciando per liberarsi dall'appiglio invisibile, con l'intenzione di rincorrerlo per dargli il ben servito, ma poi si bloccò perché si rese conto di avere affianco qualcuno. Altri due ragazzini erano stati appesi con lo stesso incantesimo.
- Ehm... ciao- salutò Mickey con un sorrisino imbarazzato. Goofy ridacchiò.
Stupendo- pensò ironico Donald, dandosi una pacca sulla fronte. Ci mancava solo essere in compagnia con quei due imbranati, come se già non bastasse la presenza del cuginastro.
3 notes · View notes
Text
Cose che ho notato oggi e voglio ricordare#1
Un militare, con canotta grigia e cappellino rosso a visiera a proteggerlo dal sole, che scendeva dal suo Maggiolino bianco e pulito, issandosi sulla spalla destra lo zaino stracolmo e prendendo con l'altra mano un borsone straripante nero e aperto, da cui sbucava il sopra della camicia, guardandosi attorno spaesato, desolato.
Un ombrellone, aperto, coperto di mille colori: giallo, blu, rosa, viola, rosso, e ancora giallo, verde... Appoggiato ad un muro scostrato, su un terrazzo vuoto, su cui spiccava nel suo colore più vivace, un rosso che riprendeva il colore dell'ombrellone, il cartello "Vendesi".
Mio nonno, con la sua inseparabile sciarpa e gilet di lana, che si cala il suo berretto sulla fronte con le mani sporche di terra e mentre mio padre non lo guardo, troppo impegnato a seguire le sue direttive riguardo al taglio della siepe, sgraffigna di soppiatto una fragola dal vaso in cui le teniamo e la mangia con gusto.
Un pupazzo a forma di pinguino con un dolcissimo frac arancione come il becco al collo abbandonato, anche se con cura e attenzione, accanto al cassonetto della carta, appoggiato ad un televisore rotto e sopra una pila di cartoni della pizza, viene con foga e istinto afferrato da una bambina bionda, con due occhi color diamante, un vestito a fiori verdi e dei sandali più grandi di lei, che lo stringe subito al petto e lo ribattezza con entusiasmo urlandolo alla mamma un po' sconvolta un po' intenerita che le tiene la mano:"Nando!!".
2 notes · View notes