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musicmaniacposts · 6 years
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Bon dia, maco!
Ti scrivo qui, tanto non mi leggi comunque, ma magari questo post ti arriva nel feed, vai a sapere. Volevo dirti che oggi, lavorando al parco a Parma prima di un appuntamento di lavoro, ho visto una coppia con una chitarra e un bimbo che potremmo essere benissimo io e te tra qualche anno, se non fosse che prima mi dimentico di te, meglio è.
Mi sono trasferita a Bologna; me lo avevi ripetuto un paio di volte che sono più nomade di te e mi veniva da ridere pensando che avremmo potuto trovare un posto dove fermarci insieme, magari tra qualche anno, sempre per il discorso del possibile bambino, bambina, chitarra, cani e gatti di cui sopra. Mi veniva da ridere per un sacco di altre cose che sparavi, ma tutto quel ridere si è trasformato in un silenzio incazzato che forse era meglio ridere di meno e parlare di più, forse, eh.
Mi sono trasferita spesso in giro per l’Italia e l’Europa, ma mai d’estate, me ne sono resa conto l’altro giorno. Mi spostavo sempre con maniche lunghe e scarponi, adesso è la prima volta che trasloco in infradito e canottiera e non è stato spiacevole per nulla, sudore a parte; ma amo l’estate, ci sono abituata a sudare come un maialotto. I momenti di cambiamento come questo mi elettrizzano e mi terrorizzano allo stesso momento e mi fanno pensare un po’ troppo spesso a chi vorrei avere accanto per ricevere un po’ di sostegno o che vorrei semplicemente poter invitare a venirmi a trovare per fare un po’ i guiri e un po’ i local insieme, fingendo che sia la normalità e non una parentesi di un fine settimana.
Non sono giornate facilissime, ma a parte essere tornata a sentire Tiziano Ferro a ripetizione in modalità salvagente, sono riuscita anche a cantare di nuovo le canzoni che canti tu senza rivoltarti contro i tuoi avi, il che è comunque un passo avanti, nonostante tutto. Ogni trasferimento è un ritorno all’indipendenza con i suoi pro e contro: dopo mesi in cui sono tornata a dormire nella stanza di quando avevo 14 anni adesso torno a essere responsabile dei miei spazi e degli spazi in comune, insieme a un pezzo di cuore che dai tempi dell’università si sorbisce anche tutte le tue canzoni e ancora non mi ha presa a sberle.
Insomma, lo ammetto, ho sfiorato un paio di volte il tuo profilo su Whatsapp, con la tentazione di invitarti a Bologna, come se nulla fosse, come se non fossi sparito nel nulla da cinque mesi, come se ci stessimo ancora sentendo e come se non avessi capito che non te n’è mai fregato un cazzo.La vera domanda è “ma per quale motivo stai scrivendo sto papiello per qualcuno che non lo leggerà, che se lo leggerà non ci capirà una mazza, per qualcuno che dovresti semplicemente archiviare tra gli esperimenti andati male?”. La risposta è che lo sto scrivendo per me, l’ho sempre fatto e sempre lo farò: quando si dice che scrivere è catartico non è una sciocchezza new age, anzi. È una delle verità più profonde e utili dell’evoluzione dell’essere umano in tutte le sue sfaccettature, perlomeno per quel che mi riguarda. Ho sempre scritto lettere che non sono state (quasi) mai lette dai destinatari perché il vero interlocutore sono io, chi deve cambiare idea sono io e forse, a furia di scriverlo, riesco a convincermi. In passato mi è servito, in questo momento sento che mi servirebbe tantissimo una seduta dal mio Dottore per la mia Signorina, ma quello è un capitolo chiuso e quindi eccomi a scriverti in maniera quasi epistolare, con il coraggio di parlarti che non ho mai avuto al 100%, ma che avrò eccome quando capiterà che ci rivedremo.
Perché ci rivedremo, figurati se te la faccio passare liscia. Mi spiace davvero perché pensavo fossi diverso, ma la cosa positiva è che ho avuto l’ennesima conferma che nessuno è mai davvero all’altezza delle aspettative che ci facciamo. In queste giornate in cui mi sento più fragile faccio finta di essere più forte che mai; mi ammazzo di cose da fare per crollare sul letto appena poggio la testa sul cuscino e cercare di non pensarti, ma è inutile visto che poi la maggior parte di quello che mi circonda mi rimanda con la mente a te. Potevi non scatenare tutta l’ira repressa che mi ritrovo adesso in corpo, e invece no... così come anche io potevo farmi gli affari miei, ma stupidamente pensavo di essermeli fatti.Insomma, niente invito a Bologna, ma pensa che ti sogno ancora e in ogni benedetto sogno trovi il modo di farti perdonare.Pensa che stupida.
Bologna, mi affido a te. 
Aiutami tu. 
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musicmaniacposts · 6 years
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«E tu? Per cosa verrai ricordato?»
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La visione di «Fabrizio De André. Principe Libero» non è stata facile, ma è stata una vera e propria esperienza, quasi mistica, per chi Faber lo ha ricevuto come un’eredità amorosa familiare “casuale”, ma non a caso. 
La durata del biopic non è breve, ma la storia scivola via con una naturalezza tale per cui non si fa pesante, anzi, a tratti vorresti si soffermassero di più su alcuni passaggi, per entrare ancora maggiormente in sintonia con l’uomo ritratto sullo schermo, più che con il personaggio pubblico, accantonato da una parte e recuperato solo per le scene sul palco o davanti ai riflettori mediatici. 
Accanto a me un ragazzino sui 18 anni (evidentemente costretto ad andare al cinema dalla madre, rumorosa anch’essa) stava per ricevere una sberla all’ennesimo rumore fatto tra Oreo sgranocchiati a volume 27 e il cellulare sempre in mano, ma mi sono trattenuta concentrandomi sulle mani dei due signori un po’ più giovani dei miei che avevamo davanti. Si sono tenuti per mano per tutto il film, stringendo di più la presa negli snodi cruciali del film, mentre io già piangevo per quello che veniva proiettato sullo schermo e mi facevo partire un singhiozzo in più per quel gesto così semplice e così devastante e intimo insieme.
Ero un po’ scettica prima di entrare in sala; ne sono uscita con gli occhi gonfi e cantando “Bocca di Rosa”, con quegli occhi negli occhi e il magone nel cuore di chi sa di essersi perso un pezzo di storia, consapevole del potere della musica e delle parole, che portano avanti rivoluzioni (pubbliche e private) anche anni dopo che sono state scritte e suonate per la prima volta e per le quali si verrà ricordati per sempre.
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musicmaniacposts · 6 years
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Ho finito anche la terza stagione di Lovesick, una di quelle serie tv iniziate “tanto per”, che invece poi si sono rivelate essere una di quelle serie tv terminate con tanto di lucciconi e soddisfazione per l’evoluzione dei personaggi.
Ovviamente mi sono innamorata del moro, di quello più latin lover che mai, terrorizzato dai suoi sentimenti e insicuro su cosa fare in generale della propria vita. Non avevo dubbi a riguardo. 
Consigliata? Consigliatissima.
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musicmaniacposts · 6 years
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Mr Wonderful ha lanciato la collezione per San Valentino. Ora è ufficiale: fidanzato cercasi
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Chi mi conosce lo sa: San Valentino per me è un trauma da una lunga serie di anni. Non mi accontento facilmente e sono una persona estremamente complessa, quindi non ho mai avuto un fidanzato con cui festeggiare Natale e Capodanno, figuriamoci San Valentino.
Sono cresciuta in una città il cui Santo patrono è proprio San Valentino e quel benedetto 14 febbraio per me è sempre stata una giornata come le altre, un po’ un trauma, ma comunque niente di particolare.
Ora, però, quest’anno Mr Wonderful ha lanciato la collezione per San Valentino e potrei pensare di ammorbidire le mie posizioni in previsione dell’avvicinarsi di questo benedetto 14/02/2018.
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Il prodotto che mi ha maggiormente incuriosito è questo “Wonder Love”: 50 sfide per movimentare pomeriggi e serate che mi divertirebbe tantissimo fare per mettere in difficoltà “l’altro” che come minimo non si ricorderebbe una mazza di quello che dovrebbe, ma che comunque amerei tantissimo (sia perché mi ha regalato il gioco, sia perché comunque “mi innamoro” sempre di grandissimi casi umani).
Un altro prodotto che mi ha letteralmente fatta innamorare (peccato non ci sia “qualcuno” da abbinarci... lo so, questo periodo sono l’ultima persona autorizzata a parlare di amore e innamoramenti, vorrei solo picchiare una persona nello specifico, per poi curarla perché non sono normale, ma è un problema mio, lo so) è questo braccialetto che mi fa venire gli occhi a cuore: 
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Non è del tutto scontato che comprerò questo braccialetto per regalarlo a qualcuna delle mie amiche, che San Valentino l’ho sempre detto che non deve essere per forza la festa degli innamorati nel senso più classico del termine: ho sempre fatto auguri e regali alle mie amiche perché in fondo l’amicizia, quella vera, è la forma più pura di amore che si possa avere la fortuna di sperimentare nella vita. E quelle sante donne (e santi uomini, dai, voglio rovinarmi) delle mie amiche lo sanno bene, dovendomi sopportare 7/7, 12 mesi su 12, quasi 24/24, grazie alla tecnologia e in barba alla distanza.
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Ragazzi alla lettura, io ve lo dico, con questa spilletta potreste far sciogliere anche il mio cinico cuore ormai spinato... e vi sto dando queste dritte perché molte delle mie amiche (vostre ufficiali fidanzate o “ragazze con cui vi state vedendo/frequentando” o come preferite definire) morirebbero per una qualsiasi di queste cose regalate proprio da voi, per una lunga serie di motivi che saranno loro a dirvi, ma che vi sarà facile immaginare.
Insomma, il mio sporco lavoro da consulente sentimentale e matchmaker in pensione l’ho fatto... sul sito di Mr Wonderful, direttamente qui, trovate tutti i prodotti della collezione di San Valentino... non dite che non avete idee quest’anno, che i ragazzi in Mr Wonderful si stanno facendo in dodici per rendervi facile il lavoro e non farvi sgridare, almeno quest’anno! 
E visto che senza musica non ci so stare... anche un consiglio musicale, che non si sa mai doveste rimanere a corto di ispirazione per i bigliettini da accompagnare al regalo! 
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musicmaniacposts · 6 years
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“La Mala Dona” aka “La Vampira di Barcellona”
Questa settimana che ho passato a Barcellona per inaugurare ad hoc il 2018 è stata all’insegna della scoperta e del fascino che la storia della “vampira di Barcellona” ha esercitato su di me.
Daniele mi aveva parlato di questa “vampira del Raval” e, durante una cena, abbiamo fatto una full immersion nella sua incredibile e agghiacciante storia.
In attesa di guardare “El ministerio del tiempo” dove c’è una puntata dedicata alla serial killer più sanguinosa di tutta la storia di Spagna (tutto ebbe inizio proprio grazie a Daniele che mi ha parlato di questa puntata nello specifico) ho iniziato a guardarmi attorno e sono stata letteralmente “chiamata” da questo fumetto apparso nella vetrina del bookshop del museo di storia di Catalunya.
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Sono entrata, ho chiesto informazioni a proposito del fumetto (che era in castigliano) e, mentre studiavo il libro in questione, il ragazzo della libreria mi chiede “Conosci il personaggio?”. Iniziamo a parlare della vampira di Barcellona e mi consiglia una serie infinita di saggi, articoli e libri a riguardo, porgendomi un romanzo in catalano che nei giorni a seguire mi sarei letteralmente divorata (visto che siamo in tema!).
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La narrazione è spettacolare, alcune parole le ho dovute cercare chiaramente sul dizionario, ma è il primo libro in catalano che finisco in due giorni nemmeno e mi ha letteralmente rapita. La scelta di far narrare un personaggio esterno, ma incredibilmente coinvolto nella vicenda potrà non essere originalissima (spoiler alert: è “il/la” morte, intesa come entità mutaforma e onnisciente) ma è immensamente funzionale e coinvolgente.
Insomma... si è notato che mi è piaciuto assai?  Adesso leggerò gli altri libri di Marc Pastor e soprattutto continuerò ad approfondire l’argomento “vampira di Barcellona”, perché è una di quelle storie appartenenti al secolo passato, ma tremendamente attuale e contemporanea.
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musicmaniacposts · 6 years
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It’s much easier to think someone’s the answer if you haven’t seen them for years. Because they’re not really real. People can’t be answers. They’re just more questions.
Boom.
The End of the F**king World.
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musicmaniacposts · 6 years
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Ma io non capisco niente: sono sempre una bambina, con la testa piena; i miei occhi li ha prestati mio fratello dalla Cina 10 anni prima e dieci anni fa era tutto qua, era tutto qua. Ho una zia nata in Angola, conosciuta in treno; mi ha detto lavati le mani per salvare il mondo intero, riordina la stanza se vuoi far rivoluzione; se hai il cuore che ti esplode allora mettilo in azione, ma voglio andare via di qua; ovunque ma ancora dove non si sa... e sto gridando aiuto e sorrido un po’ per niente. Una voce dice ‘aiutati tu’ che il resto non si sente; mia cugina ha la pelle scura: è così bella che a guardarla fa quasi paura, so dovrei farmi una cura... i miei amici lo sanno: l’autostima proprio non mi dura. Voglio prendere un triciclo ed andare su a Milano, sfrecciare in bici come se fosse un aeroplano, velocità. Ci si schianta per forza o per volontà e ogni volta si perde un po’ di dignità; t’ho incontrato mentre mangiavi la pizza di mattina, mi hai chiesto di sposarti, sapevi un po’ di nicotina. Avessi avuto una figlia sarebbe stata carina; hai detto che tu l’avresti chiamata Argentina, ma ogni storia d’amore è stata un fallimento... ho appeso mappe dell’America in appartamento, ma finisco sempre a terra o sul pavimento. Se non sto volando allora cosa cazzo sto facendo? Sento nove lingue da quando sono nata, eppure ancora io non l’ho capita... comunicare, la la la la bla bla bla... Non riuscire mai a farsi capire sopra la musica a palla; quant’è bello respirare, comunicare, la la la la bla bla bla! Stare in silenzio ad ascoltare tutto quello che mi vorresti dire, sì, comunicare... altro che viaggiare! Madre c’è casino anche di sabato sulla strada statale; in discoteca non sono mai andata a ballare perché non si riesce a fare altro che limonare oppure serve per piangere un sacco e non farsi vedere. Le lacrime sembrano belle, sembrano glitter, sembrano stelle!  Chiediti in che lingua vuoi sognare; ti direi quella in cui non serve più parlare. Quando ci siamo lasciati sono andata a registrare un pezzo d’amore, ma a me veniva da vomitare, vomitare tutto il mare, tutto il mare. Ad Ibiza io non ci voglio andare più! Comunicare... la la la la bla bla bla.  Non riuscire mai a farsi capire sopra la musica a palla; quant’è bello respirare, comunicare... la la la la bla bla bla.  Stare in silenzio ad ascoltare tutto quello che mi vorresti dire; che tutto si può aggiustare, solo questo io vorrei sentire.
Un testo, millesima tessera di un mosaico che ancora non riesco a vedere per intero, ma che inizia ad avere il senso che speravo da anni.
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musicmaniacposts · 6 years
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Ebbene sì; sono tornata su Tumblr. Non pubblico da mesi, ma sono stati mesi parecchio intensi, densi, concentrati... forse anche troppo, forse no, lo saprò dire solo tra qualche tempo. 
Resta il fatto che non ho avuto più tempo di aggiornare questo piccolo spazio online perché la vita si è fatta frenetica, tra il lavoro, il trasloco, il rientro, stranamente anche la vita sociale/sentimentale che si è fatta improvvisamente molto più intensa... mi sono dilungata un po’ di più su Facebook/Instagram/Twitter, ma qui ho decisamente arrestato le attività.
Ma siccome è l’ultimo giorno dell’anno e tirare le somme (oltre che fare liste di cose da fare e di pro e contro) è una delle mie specialità, specie perché sennò poi tra qualche anno mi sono già dimenticata tutto il bello (che il brutto ce lo si ricorda sempre più facilmente!) che c’è stato in questo 2017 e non mi va. 
Ho scelto così 24 foto per 12 mesi, 24 foto per 365 giorni unici e speciali ognuno a modo loro, di cui ricorderò ben poco tra qualche tempo, ma che vorrei poter non dimenticare per ricordarmi come sarò arrivata fin dove arriverò.
Gennaio: il primo mese dell’anno è stato strano; sarà stato il non essere tornata a casa, sarà stato che ho cominciato a sentirmi “scomoda” e non soddisfatta da quello che stavo facendo, sarà stata la mancanza di Barcellona... è stato un mese ricco di cose bellissime, tra cui la visita al cimitero Monumentale, l’invio del progetto di rivalutazione del catalano attraverso la musica al Comune di Alghero, il concerto dei Green Day e l’inizio di quella che si evolverà nella situazione di sblocco parziale di una delle mie sfere più “dormienti”.
Febbraio: la mia soul sister che sale a Milano, il lavoro che continua comunque a darmi soddisfazioni, ma il fischio nel cuore che aumenta ogni volta che parlo di Barcellona aumenta fortissimo e inizia a delinearsi all’orizzonte un malessere sempre più forte, che rende anche giornate bellissime (e piene di lavoro: non ho mai lavorato così tanto, entrando a contatto con casi umani che nemmeno nei miei più neri incubi!) comunque “umide” per colpa di lacrime che non si fermano. 
Marzo: Venezia, dove tornare a casa almeno per un weekend, dove i miei mi abbracciano ben oltre che fisicamente, dove riprendere fiato e buttarsi a pesce in quella che sarà un’avventura incredibile. Il concerto di Ed Sheeran a Torino, i saluti e gli abbracci sinceri, l’inizio del nuovo lavoro dopo giornate di malattia assurda, in cui ho apprezzato la presenza di chi non si è mai fatto pregare, anzi. Un mese strano, intenso, denso e... l’inizio di un meraviglioso nuovo inizio.
Aprile: non era la prima volta che andavo a Napoli, ma è stata un po’ la prima volta per la quantità di giorni che ci ho passato e per le nuove conoscenze fatte. Pasqua, le telefonate con le chiacchierate a distanza, i pensieri che si accavallano sempre su uno stesso volto e i dubbi che continuano a farmi arrovellare sulla scelta che mi sarei trovata a fare di lì a poco. Le litigate, uh, le litigate. Anche per colpa “sua”, ma soprattutto per colpa mia, per il terrore di non riuscire a tornare nella città del mio cuore, nel mio angolo di mondo. Per il terrore di non essere all’altezza e il brivido del futuro ignoto dietro l’angolo.
Maggio: il Primo Maggio a Roma, il mio primo contratto a tempo indeterminato a tempo pieno, le giornate a Barcellona che mi hanno fatto riprendere la giusta vicinanza (oltre che distanza) con la realtà dei miei sogni, un mese bello, ricco di brividi nuovi, di altri tipi di litigate, di pianti al telefono per via di uno degli attentati che mi hanno maggiormente spaventata (non l’ultimo del 2017, purtroppo) e di rappacificazioni a distanza, dopo aver trovato in brandelli non solo biglietti di auguri per la festa della mamma, ma anche un po’ del mio cuore.
Giugno: Brussels, dove riunirmi con il mio pezzo di cuore preferito, dove tornare a perdermi in una città che è stata anche mia e che mi ha resa quella che sono a distanza di sei anni. Il concerto di Tiziano a San Siro, dove ho urlato tutto quello che mi vergognavo a piangere per un tentativo di storia andato a carte quarantotto per un errore di progettazione alla base di tutto. Giornate in cui mi sentivo da buttare via e altre in cui non vedevo che il sole splendere, in un’altalena di emozioni che non riuscivo a tenere a bada come avrei voluto ma che mi hanno portata a capire cosa non vorrò più e da cosa dovrò scappare a gambe levate. Ricominciare a correre e poi smettere a fine mese perché il troppo caldo non lo permetteva ma anche perché ho smesso di litigare con me stessa... rimarrò grassa, ma almeno sono tornata comunque in pace.
Luglio: il concerto di Passenger, l’intervista ad Alvaro Soler, le passeggiate per Milano con il caldo che ti incolla le suole all’asfalto, l’inizio dei festeggiamenti dei compleanni del nostro quintetto storico, i cinema con Walter e le foto per Violeta, i weekend in giro per andare a trovare pezzi di cuore, i concerti uno in fila all’altro, gli accrediti che si accumulano e il sonno che inizia un po’ a mancare. Tinder utilizzato un po’ per gioco, un po’ sul serio e ancora non ci credevo di aver capitolato per davvero. L’avvicinamento con Milena, Giulia e Beppe, proprio quando si delineava ancor più definito all’orizzonte il momento dell’addio alla casa, Alghero, i giri per la Sardegna, Irvine Welsh e John Niven, gli incontri per portare a casa il risultato per il progetto di rivalutazione del catalano che mi sta tanto a cuore, le candeline soffiate, le foto con la GoPro sott’acqua e la ciambella gonfiabile...  
Agosto: ...al mare ci sono stata poco tra lavoro e weekend contrassegnati dalla presenza o attesa del ciclo, ma un agosto così movimentato non lo avevo vissuto mai. Ho iniziato i miei 27 anni con un grandissimo “botto”, se mi passate il termine: musica in ogni dove, in quel dello Sziget Festival, dove devo ancora capire cosa (non) abbiamo visto. Budapest è una città strana, specie se vissuta in un contesto come quello dello Sziget: la mattina turiste, dal primo pomeriggio professioniste in vacanza, alle prese con lo studio di tutte quelle meravigliose realtà riunite in un unico luogo, cercando di capire i segreti di una produzione di quel livello, incontrando persone da tutto il mondo. Tra gli spagnoli che cantavano “A controcorriente” mentre, finito il concerto di Macklemore, loro andavano verso il festival e noi andavamo verso la metro e il belga che mi ha abbracciata ricordandomi di sorridere, devo dire che non c’è da lamentarsi. Specie se ripenso a quello che mi ha atteso dopo il day off alle terme: rientro tra notizie tremende da Barcellona e gli antidolorifici che la Santa Pì mi ha dato per farmi affrontare, dopo due giorni di riposo e coccole tra sorelle/cugine, dei giorni splendidi in quel di Avellino, Napoli e... Ariano Irpino, dove a fine agosto faceva un freddo che se non fosse stato per i La Pegatina sarei stata ibernata fino a metà novembre. Rosa e Roberta, Sante donne, mi hanno salvato la vita durante il concerto in più di un’occasione e mi hanno anche salvata dalla presa a male del rientro a Milano dopo quasi tre settimane in giro per l’Europa e con un’ansia da prestazione professionale addosso che metà sarebbe bastata. Intanto a fine agosto Tinder si fa decisamente più interessante e proprio quello che pensavo non avrei incontrato mai sarebbe diventato la ragione del mio batticuore fino a metà ottobre. Mai dire mai, proprio vero.
Settembre: il mese si apre con il weekend che attendevo da quando erano stati annunciati i Txarango all’Home Festival. Sarei potuta mancare? Certo che no. Riuscire a intervistarli per Rolling Stone, poi. Parliamone, per favore, che devo ancora realizzare. Un mese strano, fatto di tanto lavoro, incontri e appuntamenti in giro per l’Italia, il Tutto Molto Bello, i messaggi da rileggere ridendo da sola in mezzo alla gente, gli appuntamenti che non ti fanno capire se ci sta provando oppure no... poi il momento in cui ci prova davvero e tutto sembra più chiaro, più bello, più adolescente che mai. Un mese in cui ho lavorato tre weekend su cinque, ma che rivivrei ancora tre, quattro, cinque volte, senza troppi sforzi.
Ottobre: che mese strano, questo ottobre. Il trasloco che si avvicina, le incertezze che crescono, quella parentesi di idillio romantico che è già svanita e si è trasformata in ore passate a ripensare alle cose dette, a quelle non dette e a quello che potrebbe nascondersi dietro l’ennesima risposta strana. Il mio primo MEI a Faenza, la prima volta al Backdoor 43 sui Navigli, la prima volta all’Hangar Bicocca, il mese delle prime volte in generale... i regali di Luchino da Barcellona e la casa che inizio a svuotare giorno dopo giorno, spersonalizzandola e sentendomi sempre più svanire anch’io con lei. La Polonia, il WOMEX, tutta la girandola di sorrisi, incontri, appuntamenti e concerti di quella settimana non penso riuscirò mai a farla stare in una manciata di parole e, sinceramente, per quanto ci abbia provato, non credo di volerci riuscire. Perché è arrivato un uragano, uno di quelli talmente inattesi che mi ha rivoluzionato tutto l’approccio personale alla sfera emotiva in generale e sto ancora cercando di raccapezzarmici.
Novembre: il mese che ho iniziato con l’ennesimo trasloco, con una passeggiata notturna per Milano con i miei che mi aspettavano a casa vedendo Coliandro e che non mi hanno permesso di piangere come avrei voluto, dopo una chiacchierata che mi ha resa più forte, ma mi ha anche fatto tanto male, anche se forse meno del previsto. Londra per il concerto dei Boyce Avenue, il rientro per pochi giorni a Terni, la ripartenza verso Milano e la Milano Music Week con i suoi 20.000 e passa passi di media al giorno, eventi ovunque e una serie di conversazioni su Whatsapp da ridere dal piangere o da piangere dal ridere, a seconda dei punti di vista. Un mese che è volato, tra raffreddori pesanti, influenze e pensieri svolazzanti ovunque, con un senso di mancanza che si faceva sempre più pesante per via della lontananza. Il concerto degli Hurts, l’ospitalità di Walter e le chiacchierate con Chiara. Milano non mi è mai sembrata così bella, anche se ormai così lontana.
Dicembre: non è iniziato proprio nel migliore dei modi, anche se il concerto di Coez e la mostra alla Fabbrica del Vapore hanno aiutato. Le foto del Che ovunque un po’ meno, ma quello è un altro discorso. Il ritorno a casa più definitivo, andare ogni giorno “in ufficio” approfittando dell’ospitalità di Arianna e della sua pazienza, avendo una spalla su cui fare affidamento per non impazzire quando Terni, per quanto di sfondo alle mie giornate, si faceva più ingestibile che mai. Gli abbracci e i sorrisi di chi mi ha sempre voluto bene, che mi chiedeva quando sarei ripartita perché sanno che il mio percorso mi porta sempre lontano da casa, ma non sapevano che ogni volta era una pugnalata in petto. Non sapere bene cosa sarebbe stato di me, non avere idea di quello che sarà nel futuro a breve termine non è facile per nessuno, per chi programma ogni minimo particolare come me, men che meno. Eppure siamo qui. Oggi è l’ultimo giorno di dicembre e anche se non ho delle date certe ho pur sempre un orizzonte più definito. Ancora un po’ confuso e dai tratti incerti, ma dall’innegabile scarica adrenalinica del sogno che, dopo tanta fatica e tanti pugni stretti e fegato gonfio, sta quasi per diventare realtà, almeno in parte. Lo so. Ho messo una foto due volte, ma è perché sono legata al 23, perché un po’ non è stato voluto, ma un po’ forse sì e lo voglio vedere come un segno. Perché questi 27 anni mi accompagneranno anche per più della metà del 2018 e li ho iniziati proprio con quel sorriso strano sulle labbra e i capelli mossi dal vento, dal mare e dalle trecce tenute per giorni. Arriva sempre il momento di sciogliere i capelli e cercare di lasciarsi andare: è proprio questa la lezione più importante di questo 2017, che non voglio sottovalutare più. Mai più.
Ho iniziato la wishlist per la mia settimana a Barcellona e ho disinstallato Tinder, 2018... a noi, con l’augurio, come dicono i Blaumut, di vedere l’equilibrio come una parte del movimento, quindi di non smettere di muoverci, mai! 
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musicmaniacposts · 7 years
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Hai presente quando dici “Non ho tempo”?
Ecco. 
Io lo sto ripetendo da un mese circa.
Non ho tempo al punto tale che non ho nemmeno il tempo di inserire i post sul blog a posteriori. Un delirio, insomma. 
Tra alti e bassi però devo dire che è un delirio formativo, molto stancante e a tratti snervante, ma tutte queste esperienze, tutti questi rompicapi e tutte queste difficoltà che supereremo so che mi torneranno utili, se non un giorno di questi, almeno in futuro.
Non so quando riuscirò ad avere di nuovo il tempo di scrivere un po’ sul blog, ma so che sto scrivendo tanto con uno stile e un’impostazione che non avrei mai pensato di avere.
Continuo a non sapere bene cosa riserverà il futuro sia sul piano professionale che sul piano personale, ma devo ricordarmi più spesso quanto io sia già immensamente fortunata di partenza per evitare di perdere la pazienza o trovarmi comunque sia sfiduciata, che non rientra nei miei piani e nemmeno nelle mie corde.
“Nobody said it was easy...” ma è così bello che se fosse facile non potrebbe essere vero.
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musicmaniacposts · 7 years
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Idealista ed un po’ sognatore... non le dosi le dannate parole, come me.
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Non ci ripensavo affatto, ma L’Aura è la cantante che ha segnato gli anni in cui ero innamorata cotta di lui.
Talmente innamorata cotta che non riuscivo a vedere nessun altro, che non riuscivo a uscire dal tunnel di autolesionismo sentimentale in cui mi ero infilata, che non riuscivo a vedere quanto quella situazione fosse dannosa, sotto ogni punto di vista possibile e immaginabile.
Quando, durante lo showcase, L’Aura ha detto che la persona che ha ispirato molte delle nuove canzoni era presente al precedente showcase ma non a questo perché non era stato invitato ho sentito come un ruggito di soddisfazione interiore che mi ha trasportata cinque/sei metri sopra il suolo, con una soddisfazione selvaggia che non comprendevo.
Poi ho capito.
Quel “lui” non è più invitato nemmeno nella mia vita, anche se chiaramente è un diverso “lui” e c’è una storia totalmente differente.
Il mio “lui” non è più lontanamente invitato nella mia vita, anche se ogni tanto fa capolino nella mia testa, quando per un motivo, quando per un altro… adesso ho la sua età quando mi sono innamorata di lui a poco più di 20 anni e solo a quell’età mi sarei potuta innamorare di lui così. 
Ne sono sicura. Quasi al 100%.
Insomma, questo nuovo disco di L’Aura, “Il Contrario dell’Amore”, già lo adoro per una lunga serie di motivi, tra cui il fatto che quell’introduzione a quella canzone, così carica di grinta e di soddisfazione per l’assenza di quella persona specifica, mi ha fatto decisamente bene.
Grazie, L’Aura.
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musicmaniacposts · 7 years
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Mamma mia.
Mamma mia.
MAM.MA. MIA.
Eccome se ha senso, figliolo.
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musicmaniacposts · 7 years
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Non ce la posso fare.
Non voglio farcela.
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musicmaniacposts · 7 years
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“'sto sbagliando e so’ cuntento: nun me 'mporta a chi appartieni!”
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musicmaniacposts · 7 years
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“Cosa potete dirci a proposito del referendum? Abbiamo visto che avete pubblicato poco fa una canzone a sostegno del Sì...”
“Sì, proprio un’ora fa! Sei particolarmente sul pezzo, eh?” Con chi credete di avere a che fare, scusate?
Per riprendersi dall’Home Festival ci vorrà un po’... ho capito.
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musicmaniacposts · 7 years
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Home Festival. Day 2: il ritorno a casa è ultimato ed è stato elevato a potenza. Ancora non riesco a realizzare al 100% tutto quello che è successo, ma so che occhi così brillanti potrebbero farmi cambiare idea su un'infinità di cose.
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musicmaniacposts · 7 years
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Home Festival. Day 1: il ritorno dei Dr. Martens e del dolore atroce dopo più o meno venti ore con i piedi là dentro. È bello tornare a casa. Incredibilmente bello, specie quando le navette funzionano davvero.
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musicmaniacposts · 7 years
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Posso dire che ho pianto dopo i primi venti secondi di canzone, così, sulla fiducia? 
“Manifesto Tropicale” è davvero da ascoltare a ripetizione: sono solo al secondo ascolto, ma so che mi accompagnerà per molto tempo a venire.
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