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#sessualità
scogito · 5 months
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Ho letto i numerosi commenti lasciati sotto questo pensiero.
Spiegano bene due dei motivi per cui gran parte della società è già estinta.
Superficialità e rassegnazione.
PS. Marquez ha ragione!
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gregor-samsung · 1 month
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" La donna non ha contrapposto alle costruzioni dell'uomo se non la sua dimensione esistenziale: non ha avuto condottieri, pensatori, scienziati, ma ha avuto energia, pensiero, coraggio, dedizione, attenzione, senso, follia. La traccia di tutto ciò è sparita perché non era destinata a restare, ma la nostra forza è nel non avere nessuna mitizzazione dei fatti: agire non è una specializzazione di casta, ma lo diventa mediante il potere a cui l’agire viene indirizzato. L’umanità maschile si è impadronita di questo meccanismo la cui giustificazione è stata la cultura. Smentire la cultura significa smentire la valutazione dei fatti in base al potere.
La maternità è il momento in cui, ripercorrendo le tappe iniziali della vita in simbiosi emotiva col figlio, la donna si disaccultura. Essa vede il mondo come un prodotto estraneo alle esigenze primarie dell'esistenza che lei rivive. La maternità è il suo “viaggio”. La coscienza della donna si volge spontaneamente all'indietro, alle origini della vita e si interroga. Il pensiero maschile ha ratificato il meccanismo che fa apparire necessari la guerra, il condottiero, l’eroismo, la sfida tra le generazioni. L’inconscio maschile è un ricettacolo di sangue e di paura. Poiché riconosciamo che il mondo è percorso da questi fantasmi di morte e vediamo nella pietà un ruolo imposto alla donna, abbandoniamo l’uomo perché tocchi il fondo della sua solitudine. "
Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel.
(Libro elettronico; 1ª edizione: casa editrice "Rivolta Femminile", 1970)
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Invidio quelle ragazze che hanno orgasmi durante i rapporti, quelle che hanno sempre voglia e riescono a toccarsi e godere senza problemi. Mi sento frigida, senza attrazione, mi manca quel lato di me più perverso che avevo da adolescente o poco più. Ho rari momenti di presa bene in cui lo sono, ma vorrei di più. E non c'entra il partner, per fortuna, è la mia testa che non collabora nemmeno per conto suo e le medicine vabbè.
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schizografia · 1 year
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La sessualità è precisamente il terreno, se posso esprimermi così, in cui uno non sa che pesci pigliare a proposito di ciò che è vero. E nel rapporto sessuale si pone sempre la questione di che cosa si faccia veramente - non quando diciamo a qualcuno ‘ti amo’, perché tutti sanno che è una frase da menefreghisti, ma quando si ha con questo qualcuno un legame sessuale, quando la cosa ha un seguito, quando prende la forma di quello che chiamiamo un atto.
Jacques Lacan, Il mio insegnamento - Io parlo ai muri
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princessofmistake · 1 month
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Inutile dire che m’incottai di Margot, contribuendo al mio perenne stato confusionale sui sentimenti. Da allora, quando qualcuno parla di “categorie sessuali” schiaffando etichette rassicuranti sulle persone, quasi fossimo bottigliette piene d’un solo liquido ben definito, da poterci attaccare sopra un nome, m’incazzo.
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flame-in-the-wind · 1 year
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Non sono più chi sono, forse non l'ho mai saputo davvero, e questo mi fa paura. Mi spaventa.
Sento mille tempeste dentro di me, che scalciano, pregano di uscire e travolgere tutto. Sento il caos, la confusione, i dubbi e le mille domande. Ma niente si palesa, niente esce fuori dallo scrigno che tengo custodito nell'anima.
Mi sento una e allo stesso tempo mille. Fuoco e ghiaccio, sole e luna, tutto e niente. Ho mille sfumature, tutte contorte e complicate, che mi fanno tremare ogni giorno, nel timore di non sapere chi sono, di non trovare mai il mio posto.
Spero di trovare delle risposte, un giorno.
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valhallarealm · 10 months
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Libri sotto l'Ombrellone: Fumettibrutti - Trilogia Esplicita
Seguo Fumettibrutti, pseudonimo d’arte di Josephine Yole Signorelli, su Instagram da prima del suo esordio editoriale e sono molto contenta che sia riuscita a sfondare in Italia, uno dei tanti Paesi al mondo veramente poco transgender friendly. Nonostante abbia letto le sue brevi strisce sui social, non avevo ancora comprato le sue opere. La sua Trilogia esplicita edita da Feltrinelli è stata la…
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" Ti voglio bene, zio Giacomi'"
Il periodo napoletano di Leopardi è forse quello più atipico ed inafferrabile dell’intera sua vita. Qui, amando passionalmente il Ranieri che, per quanto lo ricambi con affetto fraterno, non intende però concedergli alcune libertà, Leopardi si trova ancora una volta, forse l’ultima, ad operare una sostituzione del proprio oggetto d’amore. Così, forse memore del sollievo alla sua insoddifatta passione per la Targioni-Tozzetti ottenuta tramite il rapporto con il fratellino di lei, egli si rivolge agli scugnizzi napoletani. A questo punto, per godere di maggiore suggestione pittoresca, mi piace ricordare ed anche un po’ ricostruire, giacché non disponiamo di dati certi, ma di tracce, qual è l’aspetto esteriore del Leopardi a Napoli. Ed è quello, mi figuro, di una specie di nume tutelare, dalle sembianze tanto bizzarre e prive di qualunque comune attrattiva, da risultare un catalizzatore di attenzione e attese, da chi più e da chi meno rivestite di un misto di pietà e ammirazione. Incanutito e con la fronte amplissima, la testa grossa sopra un torace minuto e contorto, le gambe con la lunghezza di un uomo che avrebbe avuto una statura di 1, 70 metri, ma effettivamente alto 1 metro e 43, il ventre spesso gonfio per l’idropisia, zi’ Giacomino, come lo chiamavano i piccoli napoletani a cui s’accompagnava, doveva avere all’incirca la forma plastica di uno di quei gobbetti portafortuna, ibridati con un corno, che si vedono su talune bancarelle o in negozietti. Un aspetto fortemente iconico, insomma. Nella sua volontà di scendere a patti con sé stesso e adattarsi alla piccolezza della vita, credo guardasse alle persone del Sud, che con il loro vivere indolente, come in un continuo sogno, prolungavano lo stato psicologico dell’infanzia, unica età in cui ci si può dire felici e in cui la vita sia realizzabile. Si dice allora che in quel periodo frequentasse i bassifondi, luogo di prostituzione e di monelli che si vendevano per pochi soldi. Talvolta, si faceva seguire da loro fino a casa, con la promessa di altri soldi e confetti ed altre leccornie. Li portava nella sua camera, quando il Ranieri non era in casa, li prendeva sulle ginocchia e li interrogava, in attesa delle loro risposte genuine, sagaci, imprevedibili. Li osservava con invidia, come ignoranti a cui non era preclusa la felicità. E forse dava loro carezze che al Ranieri non avrebbe mai potuto dare. Carezzava in loro l’idea della sua propria infanzia, tornando ancora, in un ultimo stadio involutivo di un processo circolare, a quella forma di autosufficienza affettiva precedente il sentimento d’incompletezza e mancanza. Mi spingo a dire, senza voler offendere nessuno, che quest’ultimo stadio sarebbe stato evolutivo se si fosse naturalmente esplicato tramite la genitorialità. Io spero che almeno un “Ti voglio bene zio Giacomi’” un giorno gli abbia riscaldato il cuore e lo abbia in qualche modo accompagnato fino al momento della morte.
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