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#educazione relazionale
unparadisoblu-22 · 7 months
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A proposito del post precedente dico che serve un'educazione a tutti, maschi e femmine, su come ci si relaziona. Non ha senso fare educazione sessuale se non si insegna come ci si relaziona, è come insegnare a correre senza spiegare come si cammina.
Se mai si farà, per favore, non dite che come prima cosa si deve dire 'ciao'...
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francescosatanassi · 5 months
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IL MINUTO DI SILENZIO
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Proverò a dire una cosa: è vero che non tutti gli uomini sono colpevoli di femminicidio, ma è altrettanto vero che tutti gli uomini potrebbero. Non per un impulso innato o per questioni di forza fisica, ma per una gestione del potere relazionale sbilanciata a nostro favore. È questo il patriarcato. Un privilegio sociale che le donne non sono più disposte a tollerare. Siamo accusati e colpevoli di non partecipare a un cambiamento che migliorerebbe tutte e tutti. Dal cat calling alla battuta sessista, facciamo parte di un sistema che porta le donne a controllarsi e censurarsi per evitare di essere fraintese (“non è violenza, lei era consenziente!”). Una donna può dire una cosa intelligente ed essere presa meno in considerazione di un uomo che dice una cosa stupida. Il contrario è molto più raro. Perciò ci viene chiesto di intervenire davanti a una battuta sessista, ma non succede quasi mai, tra noi non parliamo veramente, a livello conscio o inconscio siamo tutti competitivi, orgogliosi, dimostrativi; preferiamo mostrarci uomini invece che umani. Non tutti gli uomini sono violenti e difendono il loro privilegio, ma tutte le donne hanno subíto una violenza verbale, fisica o psicologica da parte di un uomo. Tutte. Ciò che fatichiamo a capire è che abbattere il patriarcato aiuterebbe anche noi, e invece siamo ancora al pazzo in preda a un raptus o al “bravo ragazzo che l’amava troppo." In fondo, nel momento in cui bisognerebbe confrontarsi e costruire assieme una nuova educazione, risolviamo tutto con un minuto di silenzio.
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melanchonica · 9 months
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Tieni gli occhi aperti anche mentre spompini. L’eye contact è fondamentale
nel caso clinico di oggi, possiamo porre l’attenzione su due aspetti, entrambi di notevole importanza:
1) il soggetto scrive in anonimo. ciò è riconducibile al fatto che non ha il coraggio di scrivere o dire determinate cose alla luce del sole, perché nel suo profondo è a conoscenza di quanto siano fuori luogo, imbarazzanti e grottesche. tuttavia non è in grado di contenere i propri impulsi, probabilmente per una ridotta funzionalità della sua sottosviluppata corteccia cerebrale o una inadeguata educazione familiare, dunque si riduce ad utilizzare come escamotage l’anonimo per nascondersi dagli altri e da se stesso.
2) scrive determinate cose, in se per se. ciò può essere dovuto a una molteplicità di fattori che agiscono contemporaneamente. le conclusioni più immediate, che una prima analisi può suggerirci, sono che:
a - probabilmente ha una ridottissima capacità relazionale, che non gli permette di riuscire ad avere un vero contatto con una donna, ahimè, generando in lui una repressione che lo porta a considerare la donna stessa un mero oggetto sessuale, in ogni contesto e anche in assenza di reali stimoli sessuali (nota bene: il caso presente ne è un perfetto esempio).
b - potrebbe aver sviluppato tardi rispetto alla media e, dopo aver subito le classiche imbarazzanti prese in giro in cui i compagni di classe gli strappavano i quattro peli che aveva sul cazzo con lo scotch da pacchi, possedere ora come pensiero unico e costante il “pompino” quale massima realizzazione della propria esistenza maschile.
c - come discusso nel punto a, non è in grado di avere rapporti sessuali reali con una donna, compensando con una metodica e frequentissima masturbazione, la quale può facilmente portarci alla dolce e felice conclusione che gli cascherà il cazzo a breve.
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lamilanomagazine · 4 months
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Padova, giornata nazionale contro il bullismo. Colonnello, "città educante" per prevenire il disagio giovanile
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Padova, giornata nazionale contro il bullismo. Colonnello, "città educante" per prevenire il disagio giovanile "Per fare un passo in avanti, concreto, contro il bullismo – commenta l'assessora al Sociale, Margherita Colonnello - è necessario comprendere lo stato emotivo dei giovani e saper intervenire puntualmente quando si presenta una situazione di disagio, evitando generalizzazioni fuorvianti che rischiano di adombrare la vitalità e le speranze delle nuove generazioni. Diventa pertanto importante coinvolgere non solo i minori, ma anche le loro famiglie e in generale tutta la comunità, con proposte educative per fornire consapevolezza, cercare di prevenire e contenere, quanto più possibile, situazioni di disagio interpersonali. E' anche importante dare alle giovani e ai giovani sempre più opportunità educative per crescere in un contesto di valorizzazione. E' questa la direzione che stiamo seguendo per giungere ad una "città educante", operando in un'ottica di prevenzione e promozione a sostegno del benessere dei minori e familiare. Questa giornata – prosegue Colonnello - è l'occasione per fare il punto sui vari progetti attivi in collaborazione e sinergia con famiglie, scuola e servizi di comunità. Ricordo che i Servizi sociali gestiscono sette centri di animazione territoriale gratuiti, di cui uno aperto l'anno scorso, oltre al servizio attivo di animazione di strada. Ringrazio poi tutte le famiglie che aderiscono al Centro per l'Affido e la Solidarietà Famigliare e invito la cittadinanza a incuriosirsi di questo bellissimo progetto per prendervi parte. Infine, sono orgogliosa dei progetti di rete con le scuole, come il Tavolo Arcella e Ricomincio da 3. Si tratta di progetti in cui le varie istituzioni intrecciano competenze e saperi per sostenere al meglio non solo singole ragazze e ragazzi in difficoltà ma anche tutto il contesto classe che sta attorno". Da un report del settore Servizi sociali del Comune relativo all'ultimo triennio emergono i progetti attivi dedicati ai minori. L'obiettivo, quello di operare in un'ottica preventivo-promozionale a sostegno del benessere familiare con servizi di sostegno educativo a domicilio, gruppi per genitori e figli, progetti di affido e di solidarietà familiare, coinvolti anche nei servizi di animazione territoriale. Ecco i progetti nel dettaglio: Servizio di Sostegno Educativo: è rivolto a nuclei familiari con minori, in particolare ai genitori che presentano difficoltà di tipo relazionale o nella gestione ed educazione della prole e che sono disponibili a collaborare con il servizio. L'intervento consiste nel fornire un supporto e una consulenza educativa ai genitori nello svolgimento della loro funzione, nel prevedere momenti di confronto e condivisione sugli stili educativi e nel potenziare la partecipazione attiva delle persone coinvolte. Viene attivato anche a favore di preadolescenti e adolescenti, che, anche in ragione di una persistente fragilità familiare, presentano specifiche problematiche evolutive e personali per le quali si reputa di maggior efficacia l'offerta di un intervento educativo personalizzato con il minore. E' un servizio indirizzato prevalentemente a supportare il processo di crescita del minore, il quale, attraverso una relazione "esclusiva" con l'educatore di riferimento, sarà supportato nelle dinamiche relazionali con i pari e gli adulti e orientato all'assunzione d responsabilità. In particolare, nell'anno 2023, il Comune di Padova, in qualità di Comune capofila dell'Ambito Territoriale di Padova VEN-16, ha aderito al Programma di Intervento e Prevenzione dell'Istituzionalizzazione (P.I.P.P.I.) attivando a favore delle famiglie con minori afferenti all'ambito territoriale diversi dispositivi, quali servizi educativi territoriali potenziati, reti solidali e di affido educativo tra famiglie, gruppi per genitori e bambini/ragazzi e collaborazioni e sinergie famiglia-scuola-servizi-comunità locale, per ridurre o evitare il rischio di allontanamento dei bambini e adolescenti dal proprio nucleo familiare. Il servizio nel 2023 ha coinvolto 138 minori, in aumento rispetto agli anni precedenti: 132 minori nel 2022, 117 nel 2021. Centro per l'Affido e la Solidarietà Familiare, CASF: il centro opera per la promozione dell'affido, il reperimento e la valutazione di risorse affidatarie e solidali, per dare continuità nel tempo ai progetti di affido in corso e avviare nuove accoglienze temporanee, con modalità diversificate in relazione ai bisogni del bambino e della sua famiglia. Garantisce inoltre il sostegno alle famiglie tramite colloqui in presenza per sostegni socio–psico– educativi, accessi educativi a domicilio da parte dell'educatore, conduzione del gruppo di parola per i ragazzi in affido e gruppi di sostegno per le famiglie affidatarie. I minori accolti in progetti di affido familiare nel 2023 e nel 2022 sono stati 110, in crescita rispetto ai 103 del 2021. Progetto "Vivovicino" : riguarda, nello specifico, il tema della Solidarietà Famigliare. Vengono svolte dai Servizi sociali attività di mappatura, sensibilizzazione e promozione della tematica della solidarietà familiare, organizzazione e gestione di eventi di sensibilizzazione e partecipazione ad eventi aggregativi e gestione dei gruppi mensili con i volontari. I minori accolti in progetti di solidarietà familiare nel 2023 sono stati 23 a fronte dei 17 del 2022 e ai 10 del 2021. Gestione dei CAT, centri di animazione territoriale: in collaborazione con le cooperative sociali La Bottega dei ragazzi, Progetto Now e Centro Train de Vie, il settore Servizi sociali del Comune gestisce sette centri di animazione territoriale gratuiti - CAT -, spazi aggregativi di quartiere per bambini e ragazzi. Attraverso proposte educative, a carattere ludico e ricreativo, educatori esperti promuovono il benessere dei minori favorendone la formazione personale e il processo di crescita. Le attività, progettate e realizzate in funzione dell'età e dei bisogni di ciascuna fascia d'età, comprendono iniziative di tipo ricreativo e di socializzazione - laboratori, giochi, attività sportive, tornei, visite ed altro ancora -, e proposte tematiche per affrontare contenuti di particolare interesse per la fascia d'età. "Animazione di strada": in continuità con i Centri di animazione territoriale, mira a sostenere i giovani nella realizzazione delle loro idee e progetti, promuovendo dal basso una partecipazione attiva nelle scelte che li riguardano. Gli educatori dell'equipe di Animazione di strada, spaziando su tutto il territorio comunale all'interno del tessuto aggregativo giovanile, promuovono opportunità ricreative e ingaggiano i giovani nella co-costruzione di progettualità specifiche volte alla valorizzazione delle risorse personali e territoriali. I giovani diventano così soggetti di un nuovo protagonismo all'interno della propria comunità nella quale si riconoscono e vengono riconosciuti come cittadini attivi e responsabili. Il servizio si rivolge a ragazze e ragazzi tra gli 11 e i 21 anni. "Tutto questo – chiude Colonnello - non vuole essere solo un elenco di attività svolte con grande impegno e professionalità, ma vuole esprimere la nostra progettualità dedicata alle nuove generazioni, alle famiglie, dove consapevolezza, pari opportunità educative per la crescita personale, sociale e civile sono declinate in un'ottica inclusiva, di sostegno e di partecipazione attiva".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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klimt7 · 7 months
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Educazione sentimentale, l’Italia si sveglia solo ora. Dalla Svezia (dove è obbligatoria dal 1955) alla Germania, come funziona nei paesi Ue
di Virginia Della Sala 
Annunciato in estate, rimandato da settembre a inizio novembre. Infine sovrastato dalle polemiche: il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, vuole portare un piano di educazione sentimentale nelle scuole. Secondo quanto emerso finora, riguarderà le scuole superiori e si concentrerà per un’ora a settimana extra curricolare “sull’Educazione alle relazioni”. Volontaria, circa tre mesi all’anno, per un totale di dodici incontri con docenti, esperti e pure influencer e cantanti. Immediate le critiche dell’opposizione: “Non basta” ha commentato il M5s, che ha depositato una proposta di legge sull’introduzione dell’educazione affettiva e sessuale a scuola. “Serve una legge organica”.
A fine ottobre il deputato leghista Rossano Sasso aveva però definito una “nefandezza” la mozione del M5s per inserire l’insegnamento alle elementari ed alle medie.
“Finché ci sarà la Lega al Governo la propaganda di gender se la scordano” aveva detto (confondendo l'Educazione Relazionale, con l'Educazione Sessuale).
In ritardo. Di annuncio in annuncio, di anticipazione in anticipazione, si arriva ad oggi. La struttura della proposta – la cui presentazione è attesa per mercoledì mattina – è affidata ad Alessandro Amadori, lo spin doctor e consulente del ministro che in un suo libro parla di guerra dei sessi, predominanza della donna sull’uomo e futura “ginarchia” al posto del patriarcato. Ma su Amadori sono piovute le polemiche di opposizioni e centri antiviolenza che lo accusano di diffondere contenuti misogini e sessisti.
La Buona Scuola. 
A ottobre, Sasso aveva tra le altre cose ricordato l’esistenza di una circolare del governo Renzi, la n. 1972 del 2015, che, fornendo chiarimenti contro l’allarme sull’insegnamento dell’”ideologia gender”, faceva pure riferimento a un comma della riforma della Buona scuola in cui si raccomandava di “promuovere l’educazione alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere nell’ambito dei programmi scolastici di ogni ordine e grado”. Problema: tempi, modalità e iniziative sono demandate alle singole scuole e quindi molto spesso trascurate. Proprio per ovviare a questo “inconvenente”, molti Paesi hanno stabilito per legge o comunque reso vincolante quella che l’Unesco definisce “Educazione sessuale ‘comprensiva’”. Come funziona? Uno dei report più completi per capirlo è quello realizzato dal Centro federale per l’educazione sanitaria (BZgA) con la la rete europea della International Planned Parenthood Federation (IPPF EN).
La Svezia è uno degli esempi più virtuosi. Qui la “Sexuality and Relationship education” è obbligatoria dal 1955. Viene insegnata sin dal primo grado di educazione e oltre ad affrontare i temi legati alla sessualità e alla declinazione “biologica” del rapporto, si concentra su tematiche come “amore”, “relazioni”, “relazioni a lungo termine”, “reciproco consenso e diritti umani”. Per i gradi superiori di insegnamento, i docenti sono obbligati ad avere una formazione sul tema. Vengono messi a disposizione linee guida e corsi di aggiornamento, nonché servizi di assistenza sanitaria collegati. La partecipazione delle associazioni e delle non profit è solo salutaria: la formazione èaffidata quasi totalmente al sistema scolastico. E infatti, secondo il report, il 50 per cento delle informazioni sulla sessualità e le relazioni ai giovani tra i 15 e i 24 anni arriva dalla scuola così come da internet.
In Austria, spiega il rapporto, l’educazione sessuale è integrata in diverse materie scolastiche ma soprattutto è obbligatoria per tutti gli studenti ed è diffusa in tutta la scuola primaria e secondaria, a partire dai 10 anni e fino alla fine della scuola secondaria. “Il programma di educazione sessuale è completo e utilizza un approccio didattico partecipativo. Temi come gli aspetti biologici, la gravidanza, la contraccezione, l’amore, il matrimonio, i ruoli di genere, l’HIV, la violenza sessuale e domestica sono trattati ampiamente nel curriculum degli studenti, la cui ideazione e stesura è responsabilità del Ministero dell’Istruzione. A Salisburgo è previsto un Centro federale per l’educazione sessuale di Salisburgo che lavora allo sviluppo dei materiali didattici.
Anche in Germania l’educazione sessuale è obbligatoria sin dalla scuola primaria, integrata in altre materie o in alcune zone trattata come materia a sé. Anche in questo caso i programmi non si limitano alla sola sfera biologica ma affrontano questioni relazionali, i ruoli di genere, il matrimonio e così via. I genitori sono informati sulla materia ma non possono esonerare i figli dalle lezioni. Più carente la formazione specifica dei docenti: il materiale formativo obbligatorio è fornito dal ministero, ma i docenti possono procurarsi integrazioni da un apposito sito web.
Ha invece approvato un “Positioning Paper” l’Albania, in cui si riconosce che l’educazione sessuale si basa sui diritti umani. Il programma di educazione sessuale intitolato “Competenze per la vita ed educazione sessuale” è composto da una serie di moduli inclusi nel contenuto di tre materie: biologia, educazione sanitaria ed educazione fisica. I programmi successivi, che coprono rispettivamente le fasce di età 10 – 12, 12 – 16 e 16 – 18 anni, sono obbligatori. Il numero totale di ore di insegnamento per tutti i gruppi è 140. Dal 2011 c’è poi un programma di training specifico per gli insegnanti che dura 110 ore. Ad oggi, quelli formati raggiungono circa il 20 per cento delle scuole. Esiste poi un gruppo di docenti esperti a livello centrale che elabora e diffonde le linee guida sul tema.
In Gran Bretagna, la legge sull’istruzione del 1996 stabilisce che l’educazione relazionale sia obbligatoria nelle scuole pubbliche dall’età di 11 anni in poi. Dal 2019 è previsto sia obbligatoria anche nelle scuole private. Sono le scuole stesse ad assumersi la responsabilità di garantire che gli insegnanti siano adeguatamente preparati a impartire educazione sessuale e relazionale, così come hanno libertà di decidere programmi e contenuti mentre i materiali didattici sono spesso sviluppati da ONG ma anche da “organizzazioni religiose” spiega il rapporto. L’attenzione, però, pare si concentri prevalentemente sugli aspetti “fisici”.
In Estonia nel 1996, l’educazione sessuale è stata inclusa, per legge, come materia nel nuovo curricolo delle scuole primarie. Da allora il curricolo è stato adattato due volte, nel 2002 e nel 2011. Il Ministero dell’Istruzione e della Ricerca ne è ufficialmente responsabile, ma le autorità locali sono responsabili dell’erogazione dell’istruzione.
Nella scuola primaria ( età 7 – 16) è una parte della materia dell’educazione personale, sociale e sanitaria. Durante l’intero programma, quasi tutte le questioni rilevanti riguardanti la sessualità e la salute vengono trattate in dettaglio ma c’è anche una forte enfasi sugli atteggiamenti e sullo sviluppo delle capacità comportamentali.
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bergamorisvegliata · 1 year
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L'ANGOLO DI RITA
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Vi condivido in breve i contenuti della Formazione per Genitori che ho tenuto la scorsa settimana.
Avere buone relazioni sociali NON significa andare d'accordo con tutti.
Ciascuno di noi, nella relazione con gli altri mette in campo le proprie intelligenze (che sono multiple, come ci insegna Gardner) e GRAZIE all'incontro con l'Altro, mettendosi in gioco, scopre le proprie COMPETENZE SOCIALI e costruisce le INTELLIGENZE SOCIALI (come ci ricorda Goleman).
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Costruire e strutturare entrambe SIGNIFICA: SCEGLIERSI.
Non possiamo piacere a tutti.
E non ci possono piacere tutti.
Conoscere a fondo noi stessi ci permette di scegliere l'altro seguendo le affinità, le sin-tonie (armonie dei toni) nel RISPETTO delle differenze proprie e altrui.
È questo che dobbiamo SOSTENERE nel lavoro educativo: supportare bambini e ragazzi a MANTENERE il contatto con i propri sensi, compreso il fiuto, che permette loro di guidarli nella SCELTA RELAZIONALE.
Siamo come STRUMENTI MUSICALI e come tali possiamo supportare le relazioni quando siamo ACCORDATI.
E dovremmo annusarci di più. Proprio come fanno i cani. Che si scelgono in base all'odore.
Così facendo ci lasceremmo guidare sapendo chi va bene per me e chi no, in un RISPETTO reciproco, SENZA FORZATURE.
La frase: "Deve imparare ad andare d'accordo con tutti" è impropria. E questo crea maggiori conflitti di relazione. Perché l'obbligo della convivenza forzata porta tensioni.
Mentre la possibilità di SCELTA permette di costituire gruppi uniti, rispettando gli altri.
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In questo modo è possibile co-esistere seguendo un'Armonia Sociale.
Buona Riflessione!
E Buona scelta!
Pedagogista Rita Scognamiglio
#pedagogia
#educazione
#relazionisocial
i#relazionitrapari
#consapevolezza
#coesistenza
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khrenek · 3 years
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Dalla pagina facebook di AGEDO NAZIONALE
https://www.agedonazionale.org/
"L'ideologia del gender non esiste davvero. È una trovata propagandistica dei cattolici conservatori e della destra reazionaria che distorce gli studi di genere per creare consenso su posizioni sessiste e omofobe."
Si salvi chi può da coloro che, per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, vogliono colonizzare le menti di bambini e bambine con una visione antropologica distorta, con un’azione di indottrinamento gender. Il monito l’ha lanciato, a più riprese, il mondo cattolico.
Lo ha fatto, per esempio, il cardinale Angelo Bagnasco in apertura del Consiglio della Conferenza episcopale italiana. Il Forum delle associazioni familiari dell’Umbria ha stilato addirittura un vademecum per difendersi dalla pericolosa introduzione nelle scuole italiane di percorsi formativi e di sensibilizzazione sul gender. Che si parli di educazione all’effettività, educazione sessuale, omofobia, superamento degli stereotipi, relazione tra i generi o cose simili, tutto secondo loro concorre a un unico scopo: l’indottrinamento. E anche l’estrema destra a Milano (ma non solo) ha lanciato la sua campagna “contro l’aggressione omosessualista nelle scuole milanesi” per frenare eventuali seminari “diseducativi”.
La diffusione dell’ideologia gender nelle scuole, secondo ProVita onlus, l’Associazione italiana genitori, l’Associazione genitori delle scuole cattoliche, Giuristi per la vita e Movimento per la Vita, è una vera emergenza educativa. Perché in sostanza, dietro al mito della lotta alla discriminazione, in realtà spesso si nasconde “l’equiparazione di ogni forma di unione e di famiglia e la normalizzazione di quasi ogni comportamento sessuale”. Tanto che, nello spot che ProVita ha realizzato per promuovere la petizione contro l’educazione al genere, una voce fuori campo chiede “Vuoi questo per i tuoi figli?”. Ma cos’è la teoria/ideologia gender?
La teoria del gender
Non esiste. Nessuno, in ambito accademico, parla di teoria del gender. È infatti un’espressione usata dai cattolici (più conservatori) e dalla destra più reazionaria per gridare “a lupo a lupo” e creare consenso intorno a posizioni sessiste e omofobe.
Significativa, per esempio, la posizione di monsignor Tony Anatrella che, nel libro La teoria del gender e l’origine dell’omosessualità, ci mette in guarda da questa fantomatica teoria, tanto pericolosa quanto oppressiva (più del marxismo), che si presenta sotto le mentite spoglie di un discorso di liberazione e di uguaglianza e vuole inculcarci l’idea che, prima d’essere uomini o donne, siamo tutti esseri umani e che la mascolinità e la femminilità non sono che costruzioni sociali, dipendenti dal contesto storico e culturale. Un’ideologia (udite, udite) che pretende che i mestieri non abbiano sesso e che l’amore non dipenda dall’attrazione tra uomini e donne. Talmente perniciosa, da essersi ormai insediata all’Onu, all’Unesco, all’Oms, in Parlamento europeo.
“Ma non ha alcun senso parlare di teoria del gender e men che mendo di ideologia del gender”, sostiene Laura Scarmoncin, che studia Storia delle donne e di genere alla South Florida University. “È un’arma retorica per strumentalizzare i gender studies che, nati a cavallo tra gli anni 70/80, affondano le loro radici nella cultura femminista che ha portato il sapere creato dai movimenti sociali all’interno dell’accademia. Così sono nati (nel mondo anglosassone) i dipartimenti dedicati agli studi di genere” e poi ai gay, lesbian e queer studies.
In sostanza, come spiega Sara Garbagnoli sulla rivista AG About Gender, la teoria del gender è un’invenzione polemica, un’espressione coniata sul finire degli anni ’90 e i primi 2000 in alcuni testi redatti sotto l’egida del Pontificio consiglio per la famiglia con l’intento di etichettare, deformare e delegittimare quanto prodotto in questo campo di studi. Poi ha avuto una diffusione virale quando, in particolare negli ultimi due-tre anni, è entrata negli slogan di migliaia di manifestanti, soprattutto in Francia e in Italia, contrari all’adozione di riforme auspicate per ridurre le discriminazioni subite dalle persone non eterosessuali.
“È un blob di slogan e di pregiudizi sessisti e omofobi”. Un’etichetta fabbricata per distorcere qualunque intervento, teorico, giuridico, politico o culturale, che voglia scardinare l’ordine sessuale fondato sul dualismo maschio/femmina (e tutto ciò che ne consegue, come subordinazione, discriminazione, disparità, ecc.) e sull’ineluttabile complementarietà tra i sessi.
Secondo gli ideatori dell’espressione teoria/ideologia del genere, nasciamo maschi o femmine. Punto. Il sesso biologico è l’unica cosa che conta. L’identità sessuale non si crea, ma si riceve. E il genere è una fumisteria accademica, come scrive Francesco Bilotta, tra i soci fondatori di Avvocatura per i diritti Lgbti – Rete Lenford.
In realtà gli studi di genere costituiscono un campo di indagine interdisciplinare che si interroga sul genere e sul modo in cui la società, nel tempo e a latitudini diverse, ha interpretato e alimentato le differenze tra il maschile e il femminile, legittimando non solo disparità tra uomini e donne, ma anche negando il diritto di cittadinanza ai non eterosessuali.
L’identità sessuale
Gli studi di genere non negano l’esistenza di un sesso biologico assegnato alla nascita, né che in quanto tale influenzi gran parte della nostra vita. Sottolineano però che il sesso da solo non basta a definire quello che siamo. La nostra identità, infatti, è una realtà complessa e dinamica, una sorta di mosaico composto dalle categorie di sesso, genere, orientamento sessuale e ruolo di genere.
Il sesso è determinato biologicamente: appena nati, cioè, siamo categorizzati in femmine o maschi in base ai genitali (a volte, però, genitali ambigui rendono difficile collocare il neonato o la neonata nella categoria maschio o femmina, si parla allora di intersessualità).
Il genere invece è un costrutto socioculturale: in altre parole sono fattori non biologici a modellare il nostro sviluppo come uomini e donne e a incasellarci in determinati ruoli (di genere) ritenuti consoni all’essere femminile e maschile. La categoria di genere ci impone, cioè, sulla base dell’anatomia macroscopica sessuale (pene/vagina) e a seconda dell’epoca e della cultura in cui viviamo, delle regole cui sottostare: atteggiamenti, comportamenti, ruoli sociali appropriati all’uno o all’altro sesso.
Il genere, in sostanza, si acquisisce, non è innato, ha a che fare con le differenze socialmente costruite fra i due sessi. Non a caso nel tempo variano i modelli socioculturali, e di conseguenza le cornici di riferimento entro cui incasellare la propria femminilità o mascolinità.
L’identità di genere riguarda il sentirsi uomo o donna. E non sempre coincide con quella biologica: ci si può, per esempio, sentire uomo in un corpo da donna, o viceversa (si parla in questo caso di disforia di genere).
Altra cosa ancora è l’orientamento sessuale: l’attrazione cioè, affettiva e sessuale, che possiamo provare verso gli altri (dell’altro sesso, del nostro stesso sesso o di entrambi).
Educare al genere
“Nelle nostre scuole – sottolinea Nicla Vassallo, ordinario di filosofia teoretica all’Università di Genova – a differenza di quanto si è fatto in altri Paesi, non c’è mai stata una vera e propria educazione sessuale e anche per questo l’Italia è arretrata rispetto alla considerazione delle categorie di sesso e genere. Eppure, educare i genitori e dare informazioni corrette agli insegnanti affinché parlino in modo ragionato, e non dogmatico, di sesso, orientamento sessuale, identità e ruoli di genere, a figli e scolari è molto importante perché sono concetti determinanti per comprendere meglio la nostra identità personale. E per essere cittadini occorre sapere chi si è”.
Educare al genere (come si legge nel bel saggio Educare al genere) significa, in fondo, sostenere la crescita psicologica, fisica, sessuale e relazionale, affinché i bambini e le bambine di oggi possano progettare il proprio futuro al di là delle aspettative sulla mascolinità e la femminilità.
Basti pensare, come scrivono le curatrici nell’introduzione, all’appellativo effeminato che viene usato per descrivere quegli uomini che non si comportano da “veri maschi” (coraggiosi, determinati , tutti di un pezzo, che non devono chiedere mai) e danno libero sfogo alle emozioni tradendo lo stereotipo dominante. E la scuola può (deve) avere un ruolo fondamentale per scalfire gli stereotipi di genere, ancora fin troppo radicati nella nostra società, offrendo a studenti e studentesse gli strumenti utili e necessari per diventare gli uomini e le donne che desiderano.
Educare al genere significa dunque interrogarsi sul modo in cui le varie culture hanno costruito il ruolo sociale della donna e dell’uomo a partire dalle caratteristiche biologiche (genitali). Contrastare quegli stereotipi e quei luoghi comuni, socialmente condivisi, che finiscono col determinare opportunità e destini diversi a seconda del colore del fiocco (rosa o azzurro) che annuncia al mondo la nostra nascita.
Concedere diritto di cittadinanza ai diversi modi di essere donna e uomini. E significa anche riflettere “sul fatto che le attuali dicotomie di sesso (maschio/femmina) e di genere (uomo/donna) non sono in grado, di fatto, di descrivere la complessità della realtà” sottolinea Vassallo. E dietro questa consapevolezza non ci sono le famigerate lobby Lgbt, ma decenni di studi interdisciplinari.
A scuola per scalfire stereotipi e pregiudizi
Trasmettere ai bambini e alle bambine, attraverso alcune attività ludico-didattiche, il valore delle pari opportunità e abbattere tutti quegli stereotipi che, fin dalla più tenera età, imprigionano maschi e femmine in ruoli predefiniti, granitici, e sono alla base di molte discriminazioni, è l’obiettivo del progetto Il gioco del rispetto.
Dopo la fase pilota dello scorso anno, sta per partire in alcune scuole dell’infanzia del Friuli Venezia Giulia. Accompagnato però da non poche polemiche alimentate, ancora una volta, da chi vuole tenere lontano dalle scuole l’educazione al genere. Come se possa esserci qualcosa di pericoloso nell’illustrare (lo fa uno dei giochi del kit didattico) un papà alle prese con il ferro da stiro e una mamma pilota d’aereo. Alcuni l’hanno definito “una pubblica vergogna”, un tentativo di “costruire un mondo al contrario“, l’ennesima propaganda gender, “lesivo della dignità dei bambini” e inopportuno, perché non avrebbe senso sensibilizzare i bambini contro la violenza sulle donne, “come se un bambino di 4 o 5 anni potesse essere un mostro, picchiatore o stupratore“.
Eppure, poter riflettere sugli stereotipi sessuali, combattere i pregiudizi, sviluppare consapevolezza dei condizionamenti storico-culturali che riceviamo, serve anche a prevenire comportamenti violenti e porre le basi per una società più civile.
Le esperienze italiane
Lungo lo Stivale sono diversi i progetti che si prefiggono di abbattere pregiudizi e stereotipi in classe. Per esempio, l’associazione Scosse ha promosso l’anno scorso a Roma La scuola fa differenza, per colmare, attraverso percorsi formativi rivolti a educatori e insegnanti dei nidi e delle scuole dell’infanzia, le carenze del nostro sistema scolastico in merito alla costruzione delle identità di genere, all’uso di un linguaggio non sessista e al contrasto alle discriminazioni. Da diversi anni lo fa anche la Provincia di Siena nelle scuole di ogni ordine e grado.
Così come “da un po’ di anni ”, spiega Davide Zotti, responsabile nazionale scuola Arcigay, “attività di prevenzione dell’omofobia e del bullismo omofobico sono organizzate nelle scuole italiane da Arcigay, Agedo e altre associazioni, attraverso percorsi di educazione al rispetto delle persone omosessuali”.
In Toscana, per esempio, la Rete Lenford ha coordinato una rete di associazioni impegnate in percorsi didattici contro le violenze di genere e il bullismo omotransfobico, per una scuola inclusiva. E a Roma l’Assessorato alla scuola, infanzia, giovani e pari opportunità ha promosso, in collaborazione con la Sapienza, il progetto lecosecambiano@roma, rivolto alle studentesse e agli studenti degli istituti superiori della Capitale. Apripista, però, è stato il Friuli Venezia Giulia, dove da cinque anni Arcigay e Arcilesbica portano avanti il progetto A scuola per conoscerci, che nel 2010 ha ricevuto l’apprezzamento da parte del Capo dello Stato, per il coinvolgimento degli studenti nella formazione civile contro ogni forma di intolleranza e di discriminazione.
Inoltre, il ministero per le Pari opportunità e l’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali a difesa delle differenze) hanno elaborato una strategia nazionale per la prevenzione, rispondendo a una raccomandazione del Consiglio d’Europa di porre rimedio alle diffuse discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere (nelle scuole, nel mondo del lavoro, nelle carceri e nei media). In quest’ambito, l’Istituto Beck ha realizzato degli opuscoli informativi per fornire ai docente strumenti utili per educare alla diversità, facendo riferimento alle posizioni della comunità scientifica nazionale e internazionale sui temi dell’orientamento sessuale e del bullismo omofobico. E sono stati organizzati dei corsi di formazione per tutte le figure apicali del mondo della scuola, al fine di contrastare e prevenire la violenza, l’esclusione sociale, il disagio e la dispersione scolastica legata alle discriminazioni subite per il proprio orientamento sessuale.
Da qui la levata di scudi contro l’ideologia gender che destabilizzerebbe le menti di bambini e adolescenti. Perché non solo tra moglie e marito, ma anche tra genitori e figli non si deve mettere il dito: guai a mettere in discussione la famiglia tradizionale e a istillare domande nella testa di bambini e adolescenti che abbiano a che fare con l’identità (sessuale), l’affettività o la sessualità.
Il genere come ideologia
“Se qualcuno del gender ha fatto un’ideologia è stata la Chiesa cattolica”. Non ha dubbi in proposito la Vassallo che, nel suo ultimo libro Il matrimonio omosessuale è contro natura (Falso!), ci mette in guardia dall’errore grossolano di far coincidere la femmina (quindi il sesso, categoria biologica) con la donna (il genere, categoria socioculturale), o il maschio con l’uomo: negando, in questo modo, identità e personalità a ogni donna e a ogni uomo.
“Nei secoli, infatti, la Chiesa cattolica ha costruito l’idea che uomo e donna siano complementari e si debbano accoppiare per riprodursi”. Questo, in pratica, sarebbe il solo ordine naturale possibile. “Invece, se oggi parliamo di decostruzione del genere, non lo facciamo per una presa di posizione ideologica, ma partendo dalla costatazione che, di fatto, non ci sono solo due sessi (ce lo dice la biologia, si pensi all’intersessualità), ci sono più generi e non c’è un unico orientamento sessuale: ovvero quello eterosessuale, che la Chiesa ha sempre promosso, etichettando come contro natura quello omosessuale”.
Ma la natura non è omofoba. Anzi. Nel libro In crisi d’identità, Gianvito Martino, direttore della divisione di Neuroscienze del San Raffaele di Milano, spiega (e documenta) che è un gran paradosso etichettare l’omosessualità, ma anche il sesso non finalizzato alla riproduzione, come contro natura. Ci sono infatti organismi bisessuali, multisessuali o transessuali, la cui dubbia identità di genere è essenziale per la loro sopravvivenza. Additare quindi come contro natura certi comportamenti significa ignorare la realtà delle cose, scegliendo deliberatamente di essere contro la natura.
“Inoltre, – aggiunge lo psichiatra e psicoanalista Vittorio Lingiardi, ordinario di psicologia dinamica alla Sapienza di Roma – non solo ciò che è considerato caratteristico della donna o dell’uomo cambia nel corso della storia e nei diversi contesti culturali, ma anche il concetto di famiglia ha conosciuto e sempre più spesso conosce configurazioni diverse: famiglie nucleari, adottive, monoparentali, ricombinate, omogenitoriali, allargate, ricomposte, ecc. Delegittimarle significa danneggiare le vite reali di molti genitori e dei loro figli. Ci sono molti modi, infatti, di essere genitori (e non tutti sono funzione del genere). Non lo affermo io, ma le più importanti associazioni scientifiche e professionali nel campo della salute mentale dopo più di quarant’anni di osservazioni cliniche e ricerche scientifiche, dall’American Academy of Pediatrics, alla British Psychological Society, all’Associazione Italiana di Psicologia”.
“In sostanza – conclude Lingiardi – adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, che siano uomini o donne, etero o omosessuali, possono essere ottimi genitori. Ciò di cui i bambini hanno bisogno è sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti, responsabili. Una famiglia, infatti, non è soltanto il risultato di un accoppiamento riproduttivo, ma è soprattutto il risultato di un desiderio, di un progetto e di un legame affettivo e sociale”.
Simona Regina
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livingdeeplifeblog · 3 years
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Effetti della musicoterapia
Gli effetti della musicoterapia sono ottimi risultati su individui di tutte le età. Regala sollievo a vari disturbi come comunicazione, tipo relazionale (autismo), disturbi dell’apprendimento, disturbi dell’umore, stress, traumi, handicap sensomotori, dipendenze. Ricerca, pratica, educazione e formazione clinica in musicoterapia sono basati su standard professionali in relazione ai contesti…
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Nascono le
⭐️STAY TUNED STORIES"⭐️
Diamo un volto alle voci dei nostri relatori in modo che potrai conoscerli più approfonditamente anche attraverso la loro biografia! 😎
A fine pagina troverai tutti i contatti per interagire con loro, non esitare a scrivere!
In più conoscerai le date in programmazione della loro rubrica...Ti ricordiamo che ogni relatore andrà in onda in diretta live 2 volte al mese...
⭐️STAY TUNED!🎧⭐️
https://www.spreaker.com/show/stay-1tuned-di-dharma-padme
Oggi vi presentiamo:
🍀 Grazia Lo Porto 🍀
che per la nostra web radio cura la rubrica
"ANIME ANIMALI"
Ciao a tutti sono Grazia,
Credo sia difficile raccontare una storia o una carriera..
la Vita è una serie di eventi che portano da una parte o dall’altra e si concatenano uni con gli altri..
così faccio fatica a dirvi dove inizia veramente la mia storia..
Ho sempre amato moltissimo gli Animali e ho avuto la fortuna di avere due genitori che condividevano questa passione.
All’età di 19 anni scelsi lo stile di vita Vegetariano (diventato nel tempo Vegan) e iniziai come attivista in un’ Associazione Animalista.
Contemporaneamente incontrai il Mio Maestro Spirituale e riuscii finalmente a trovare nella filosofia indiana qualcosa che si avvicinava di più alla mia filosofia di vita.
Negli anni poi intrapresi vari percorsi di crescita personale e spirituale e in parallelo di formazione nella Cinofilia.
Ci sono voluti quasi 20 anni affinché queste strade apparentemente così diverse si incontrassero.
In questo tempo sono diventata Educatore Cinofilo con metodo Cognitivo Relazionale.
Ho fatto esperienza in protezione civile come Unità Cinofila da Soccorso per la ricerca delle persone disperse. Ho approfondito gli studi sulla relazione nei percorsi di Dinamica Emozionale Uomo-Animale-Uomo proposti dal Dott. Stefano Cattinelli.
Ho fondato assieme a mio fratello Cristiano l'Associazione Cinofila Essere-Cani con sede a Venezia, dove coordino il gruppo di ricerca "Cani in Ricerca di Cani e altri Animali scomparsi".
Mi occupo di Educazione Cinofila e Counselor nella Relazione con gli Anima-li, per aiutare chiunque stia attraversando un momento di difficoltà, conflitto interiore o relazionale, accompagnandolo all’auto esplorazione e alla conoscenza di Sé, per trovare le proprie risposte e soluzioni.
Per qualsiasi informazione potete contattarmi scrivendo a:
“ANIME ANIMALI" di Grazia Lo porto è andata in onda nelle puntate di Stay Tuned che sono a vostra disposizione per l'ascolto nelle seguenti date:
- LUNEDI’ 30 MARZO
- LUNEDI' 13 APRILE
- LUNEDI' 27 APRILE
- LUNEDI’ 11 MAGGIO
- LUNEDI' 25 MAGGIO
- LUNEDI’ 8 GIUGNO
E andrà prossimamente in onda nelle puntate di Stay Tuned in diretta LIVE dalle ore 19.00 di:
- LUNEDI’ 22 GIUGNO
- LUNEDI’ 6 LUGLIO
- LUNEDI’ 20 LUGLIO
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salfadog · 5 years
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ciao! ho un labrador di sei mesi che ha il vizio di mangiare qualsiasi cosa gli capiti a tiro (commestibile e non) e questo ci ha portato ad andare dal veterinario minimo 2/3 volte al mese a causa del malessere che presentava il cucciolo. è possibile tramite l’educazione togliergli questo vizio? abbiamo fatto un percorso di educazione base ma questo aspetto non è stato per nulla trattato! in tanti mi dicono che è normale data la giovane età del cane ma vorrei che la situaz migliorasse
 Ciao Anon, la Pica -ingestione di oggetti edibili e non anche in modo compulsivo- è considerato un disturbo assai serio per via delle potenziali problematiche che voi avete già sperimentato più volte con aggravanti di razza, i labrador amano sempre mangiare tutto, ma solitamente imparano a controllarsi. 
 Più che educazione vi servirà un riabilitatore Cognitivo relazionale e se dovessi seguire io un cane del genere valuterei anche una visita da un veterinario comportamentalista: non perché il cane sia pazzo ma semplicemente per aiutarlo con l’ansia che è un fattore cruciale in questo tipo di disturbi e alcuni prodotti, anche naturali, come il vecchio DAP (ora Adaptil) possono avere un certo grado d’efficacia ma è sempre bene inserirli in una strategia pianificata con cura, per obiettivi plausibili. ve lo spiegheranno. In definitiva la Pica è spesso la manifestazione di altri disturbi o comunque dovuta a disregolazione quindi affrontarla sul singolo comportamento (Lascia! Non mangiarlo!) dà spesso risultati parziali e deludenti. Con il percorso educativo era migliorato? State appplicando quanto vi ha detto l’educatore? 
Vi serve una valutazione approfondita.e sicuramente dovrete affrontare un periodo di gestione attentissima (come se aveste un alcolizzato in casa) per poi reinserire gradualmente la routine normale. 
Le possibilità di recupero sono più che buone ma richiederanno comunque impegno, costanza e pazienza da parte di tutta la famiglia. Potrebbe benissimo anche essere una disregolazione dovuta all’età, dato sta per diventare un adolescente o cattive cure parentali che lo hanno portato a sentire il bisogno di essere sempre con la pancia piena, ad ogni costo, ma non cambia il fatto che probabilmente non sparirà da sola.  
Infine se lo sgridate, non è assolutamente detto che smetta, dato che risponde ad un bisogno ossessivo; mentre è probabile che inizi  a farlo di nascosto, come succede quando si cerca di reprimere una dipendenza in modo coercitivo. 
Questo non vuol dire che dobbiate dargli le scarpe da mangiare ma il primo passaggio è mettere tutta la casa in sicurezza per evitare lo stimolo al comportamento. Il secondo è fornirli oggetti adeguati da masticare in quantità abbondante-leggi cibo: orecchie di maiale, tendini di bufalo ecc. all’inizio potrebbero dargli un po’ noia ma fatevi consigliare- : la masticazione è un atto consolatorio, specie per i giovani (guardate i nostri adolescenti e le gomme da masticare) che genera endorfine e quindi ne ha bisogno a livello endocrino, senza considerare che per il canidi in natura è adeguato, etologico e rilassante masticare a lungo ossa e tendini. Provate anche un Kong Extreme (quello nero) e vedete se lo distrugge. L’unico cane che ho visto riuscire a romperlo era proprio un Labrador.
Quindi vi consiglio di avviare un percorso mirato, facendo estrema attenzione al professionista che andrete a scegliere perché se mal gestito questo problema potrebbe aggravarsi. Come dico sempre in riabilitazione:
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Quasi un annetto fa ho avuto una discussione con la “mia certa persona”, l’argomento era la mia ipotetica domanda erasmus e la mia ancor più ipotetica partenza. Ovviamente sono andata a parare sulla domanda più stupidina che potessi fare, cioè la classica “Se stessi via tutti quei mesi, mi aspetteresti?”. La cosa che mi ha lasciato un attimo sotto shock è stato il sentirmi arrivare un secco “No”. Ok, stavamo già insieme da un pezzo, quindi conoscevo il suo modo di rispondere, sia che si tratti di discorsi seri sia di banalità tipo “Vuoi l’insalata per cena?” “No”. Ecco, buttato giù il boccone amaro ho chiesto una spiegazione ed abbiamo parlato più a fondo.
Sapevo da sempre che aveva già avuto una relazione a distanza -seppur breve- finita malissimo, ma proprio perché eravamo già fidanzati da anni e non da pochi mesi, pensavo che si fosse fatto un’idea diversa su di me e soprattutto su di noi e su ciò che la nostra relazione può o non può sopportare, evitando paragoni con una relazioncina qualsiasi: in realtà mi ha spiegato di avere semplicemente paura, ma che in ogni caso avrei dovuto prendere al volo un’occasione simile; per noi ci sarebbe stato ancora tempo.
Mesi dopo, na lunga serie di sfortunati eventi mi ha impedito di anche solo provare a fare richiesta, perciò argomento archiviato.
Ironia della sorte, ad un anno di distanza le parti si sono invertite: con molta probabilità in autunno sarà lui a dover partire -anche se per un periodo molto più breve e in una città decisamente più vicina- e mi è venuto spontaneo rispolverare la nostra vecchia discussione. La sua risposta è stata completamente diversa.
“Sono molto più innamorato adesso, sono cambiate tante cose” mi ha detto. Ancora sto rimuginando su queste parole, ma mi ha fatto piacere constatare che abbia cambiato opinione, e non penso sia solo colpa del fatto che stavolta potrebbe essere lui quello che sarà lontano -anche se un “paraculo” scherzoso mi è scappato. E’ vero, nell’ultimo anno ha passato dei momentacci sotto diversi punti di vista e credo che tutte queste diverse situazioni messe insieme gli abbiano fatto aprire gli occhi. Non che prima non fosse preso dalla nostra relazione, anzi, tutt’altro, ma penso si sia reso conto che, ormai da quasi 3 anni, sono io la sua roccia, l’unica persona a cui rivolgersi nei momenti no, nei momenti di sconforto e persino in quelli di seria difficoltà. L’ho visto crollare e lasciarsi andare ripetute volte, ma la mia mano ed il mio amore non si sono mai mossi da lì.
Mi lusinga sapere di essere la colonna portante, il suo punto di riferimento nella vita, ed anche i suoi amici me lo hanno ripetuto spesso nel corso di questi anni, ma allo stesso tempo mi spaventa da morire, perché ho visto i suoi mostri -ci ho sguazzato dentro ben bene, soprattutto perché era l’unico modo per capirlo, visto che dei suoi problemi parla poco, come autodifesa- e sono arrivata alla conclusione che sono tutti molto più grandi di me. Da quando sono riuscita a strappargli un “vorrei provare ad andare da uno psicologo” ha preso più consapevolezza di sé stesso e di ciò che prova, ma ancora non siamo riusciti a trovare qualcuno che vada bene per le sue finanze ristrette. 
Per lui vorrei una marea di cose. Vorrei che avesse una vita più semplice, che non dovesse contare persino gli spicci per capire se riuscirà ad arrivare a fine mese, vorrei che si potesse concedere qualche sfizio, e vorrei che non si sentisse in colpa le volte in cui pago io qualcosa per lui; ancora gli riesce difficile capire che io sono felice se lui è felice accanto a me. Vorrei che non vivesse così male l’università e gli esami, vorrei che non si sentisse a disagio nelle situazioni più disparate, spesso addirittura in mezzo ai propri amici, vorrei che avesse il giusto supporto dalla sua famiglia, soprattutto dai suoi genitori. Vorrei che non gli avessero creato così tanti problemi a livello relazionale: dopo 3 anni ci sto ancora lavorando, è cresciuto e migliorato tanto, ma all’inizio -Dio!- quanto è stato difficile accettarlo per come era, quante lacrime ho versato all’inizio della nostra relazione perché pensavo fosse semplicemente una testa di cazzo.
Incasinati come eravamo, ho dovuto trovare un equilibrio per entrambi, ma ne è valsa la pena, perché a quanto pare la mia educazione sentimentale ha dato i suoi frutti.
Amore mio, arriveranno tempi migliori, io lo so. E ti prometto che quando arriveranno, ci fermeremo un attimo a brindare, alla tua ed alla nostra, per poi non fermarci più nemmeno per un secondo. 
- B. (Insonnia, vinili e polaroid)
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vanessa-love-fan · 4 years
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La pedagogia francescana possibile orizzonte educativo?
San Francesco, uno dei santi più venerati della chiesa cattolica ha vissuto una vita piena di eventi fissati e precisi, che lo definiscono un santo moderno dai tratti geniali. È il santo del perdono, della carità, dell’allegria e della natura. Un santo che si pone tra mito e realtà. Definito teologo e talvolta artista e filosofo. Un santo che fa parte del patrimonio culturale italiano e per tale motivo è sempre entrato tra i banchi di scuola per essere conosciuto come il santo degli animali. Forse questo amore che San Francesco nutriva per gli animali, come d’altronde i bambini, lo ha portato a rimanere conosciuto solo nelle scuole dei piccoli e dimenticato in quelle dei grandi; soprattutto  dalle scuole che si definiscono laiche e lontane da qualsiasi orientamento religioso. Ma San Francesco è solo questo? Può rimanere intrappolato tra i tralci di una obsoleta cultura? Può entrare nelle scuole solo per qualche fringuello o perché realizzò il più tradizionale modellismo della storia, il presepe? Se la figura di San Francesco debba essere ridotta ad una mera e antica concezione catechista, non dovrebbe varcare nessun cancello di qualsiasi scuola, se non per pura conoscenza culturale. Ma in realtà Francesco ha il diritto e il dovere di entrare, umilmente come egli era, in punta di piedi e sedere orgogliosamente tra i banchi dell’educazione.
La sua fede e il suo pensiero apre molti spunti riflessione su un nuovo modus pensandi et operandi del fare pedagogico. San Francesco nella sua semplicità essenziale riesce a buttare le basi di una nuova e autentica pedagogia dell’Essere. Egli crede nelle relazioni autentiche, nella forza simpatica della comunicazione e nella meraviglia dell’essere umano e dell’intero mondo circostante.
La persona fatta di corpo, mente e spirito vive tutta la sua esistenza, dal suo primo vagito sino all’ultimo sospiro, in relazione con sé, con gli altri e con l’ambiente circostante in un continuum temporale. Dove il “vivere” non si vuole intendere una missione egoistica di sopprimere i propri bisogni, ma un “vivere alto” il cui obiettivo è scoprire il suo Essere e migliorarlo, per sé e per tutti gli oggetti posti in relazione con sé.
Detto ciò, la dottrina, o meglio la vita di San Francesco ne diventa uno manifestazione sublime.
                       “La persona è fatta di corpo, mente e spirito”
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Per San Francesco il corpo umano è un corpo creato, perciò va lodato in quanto creato da Dio. Tutta la creazione di Dio è benefica, perciò la concezione che egli ha del corpo si contrappone a quella del suo tempo, assumendo una visione positiva. Emerge l’idea di un corpo da rispettare e da amare, non da venerare. San Francesco vive il corpo e non l’umilia. Una buona prassi educativa, deve partire da tale concezione corporale. Un corpo che deve essere vissuto, percepito e conosciuto. Un’azione che porta la Persona ad avere un’immagine positiva di sé, e di conseguenza come in una giostra, amare il suo corpo e la propria identità. Un amore, questo, che possa portare la Persona alla perfezione e all’amore vero, non narcisistico. Se per San Francesco la perfezione cade teologicamente in Dio, nel fare pedagogico cade nella perfezione umana.
San Francesco prende le distanze dalla scienza, non perché non accetti il progresso e le scoperte, ma perché vogliono soggiogare la mente umana. Crede che l’uomo debba vivere nella sua libertà umana e di conoscenza, che lo porti lontano da una scienza dell’indottrinamento. San Francesco crede in una scienza critica. Non è forse questo l’obiettivo principale di un fare didattico? La Persona deve riuscire a sviluppare la sua mente nella sua completa intelligenza, per potersi elevare all’idea della perfezione, e creare la sua visione critica della realtà. Allora un fare didattico non può semplicemente indottrinare, ma offrire tanti canali di sapere in modo tale che il soggetto possa liberamente scegliere la via giusta e creare la sua mente. Un sapere ricercato e accettato nell’individualità soggettiva della persona.
La persona infine non può annullare lo spirito e le emozioni che vive. Perciò ogni buona educazione deve educare non solo al corpo o alla mente, ma anche allo spirito, tutti e tre nello stesso tempo e interagendo tra di loro. San Francesco è il Santo, il teologo delle Emozioni. Vive le emozioni in tutte le sue forme, le comunica e le vive nella pienezza. La sofferenza è un ponte, una rampa di lancio per evolversi e fare un salto per migliorarsi e diventare se stessi. Accetta tutte le emozioni e riesce a superarle nella più grande delle emozioni: la Gioia. Non è forse proprio questa l’educazione emozionale? Non è aiutare la Persona  a conoscere le emozioni, a viverle, a raccontarle e superarle per sfociare nel benessere? Vivere l’emozione e i sentimenti significa anche darne voce, e così che il sentimento si trasforma in arte e poesia. San Francesco è un artista che comunica e condivide il suo essere, il suo pensiero e le sue emozioni.
                                                  “Le relazioni”
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San Francesco nella sua vita, non detesta le relazioni, le ama e le condivide. San Francesco è il santo del lebbroso, degli uccelli e del lupo. Cosa hanno in comune questi tre personaggi? La bellezza della relazione. San Francesco crede nelle autentiche relazioni con gli altri e con l’ambiente. Egli fa tanti incontri importanti che fanno da appendice al testamento pedagogico che ci ha tralasciato. La prima relazione che merita una riflessione pedagogica è l’incontro con il lebbroso. Inizialmente San Francesco, o meglio Giovanni da Bernardone, ripudiava i lebbrosi, li teneva al margine, forse gli incutevano paura per la verità. Ma un incontro ben preciso gli fa prendere una prospettiva diversa. San Francesco, da quello incontro ne esce cambiato, comprende chi è e cosa vuole essere. Incontrando l’altro Francesco si misura e scopre un sé più vero. Come ognuno di noi, solo entrando in relazione con gli altri che scopriamo il nostro essere; più l’altro è diverso da me, più io mi identifico in me. San Francesco allora premia la relazione, vuole che tutti vivono e convivo di relazioni. L’altra relazione significativa è l’incontro con il lupo, che in un’analisi approfondita è una relazione simpatica con la natura. San Francesco è capace di superare il pregiudizio, supera lo stereotipo del lupo malvagio. Riesce a fare ciò con la comunicazione empatica. Pone un esempio di un ponte relazionale e comunicativo.  L’incontro con il lupo non è solo un incontro fisico, ma anche vissuto. Francesco empatizza e simpatizza con e per il lupo. Questo incontro diventa un ponte di unione tra la società che ha tralasciato il valore dell’essere e l’essenza naturalistica di ogni cosa.
                                                     “La natura”
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L’uomo vive nella e con la natura, e tornare ad essa è fondamentale per potersi completare e non si può trascendere da essa. San Francesco la vede sorella, madre e benevola. Una natura da conoscere. Una conoscenza critica. Oggi come allora la società è travolta dallo tsunami del progresso, dimentichiamo l’appartenenza intrinseca alla natura. Allora forse lui è stato il prima pedagogista del verde? Un pedagogista dell’ecologia?  Francesco ha giocato un ruolo decisivo nello sviluppo della spiritualità, sviluppando una dimensione ecologica della cura dell'anima a partire dalla valorizzazione della natura in tutte le sue manifestazioni. Conoscere e amare la natura significa parlarne e creare. Cosi San Francesco ne diventa poeta. Tutto l’amore che prova lo scrive, ne diventa un artista del bello. La pittura, la scrittura e la musica sono arti per contemplare la bellezza del creato. Le arti diventano un mezzo di trasmissione e  di comunicazione della gioia emotiva. Educare all’arte e al bello non è forse proprio riuscire a trasmettere con i diversi canali la bellezza che vediamo ognuno con i proprio occhi?
                                            “Condivisone e talento”
…Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista…
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Nel rapporto continuo con la Natura e di Comunicazione si istaura un altro anello pedagogico: la Condivisone. La condivisione è la base di ogni relazione, e per San Francesco il primo elemento da condividere è il talento. Egli crede nei talenti, confida in esso che è in ogni persona, come dono di Dio, come tale va condiviso. Lui evangelizza la povertà, non solo materiale, ma anche dell’essere. Il talento, in qualità di dono è un bene da scoprire non per un fare egoistico, ma per restituirlo alla società. Ecco allora che San Francesco crede nelle relazione e nella condivisione, riuscendo ad entrare in relazione con tutto lo spazio. Oggi questa condivisione la potremmo definire senso civico, una qualità da perseguire nel valore della cittadinanza attiva. Una condivisione di libertà, una condivisione sociologica e sociale, una condivisione pauperistica dei talenti. Il talento intrinseco è unico di ogni essere umano, e non può essere usato solo per un fine egoistico, ma condiviso come bene civile e democratico.
Allora possiamo fare del mondus pensandi et operandi di San Francesco una nuova frontiera pedagogica, come ritorno alla pura e naturalistica visione ed evoluzione della Persona? Una nuova scuola? Una pedagogia che vede la persona nella sua completa evoluzione di perfezione, in una scuola dove regni l’allegria e la gioia dei cuori. Un fare scolastico che scavi nella scoperta dei talenti, una scoperta soggettiva per poi condividerla come tesoro di una nuova cittadinanza attiva. Una scuola basata sulla scoperta e il gusto del sapere, che porta alla bellezza delle arti. Una scuola che non dimentichi la natura, perché solo con la natura la Persona si completa e vive.  Una scuola senza differenze, dove il lebbroso, il sultano, la donna e gli animali si trovano sullo stesso piano e sono la base delle relazioni autentiche.
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lamilanomagazine · 1 year
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Genova: "Il Sale della Terra", il progetto per l'inclusione socio-lavorativa
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Genova: "Il Sale della Terra", il progetto per l'inclusione socio-lavorativa. Più di trenta mesi di lavoro, dall’agosto del 2020 al marzo del 2023, per lo svolgimento di trenta percorsi di inclusione socio-lavorativa e due ambiti di interventi continuativi: educazione e formazione, percorsi di inclusione sociale e d'accoglienza. Sono questi, in estrema sintesi, i punti fondamentali del progetto di agricoltura sociale "Il Sale della Terra", svoltosi in Valpolcevera e in Vallescrivia, coinvolgendo Regione Liguria e, in special modo, i Comuni di Busalla e Serra Ricco'. Oggi, presso la Sala della Trasparenza della Regione Liguria si rendono noti i risultati e le prospettive future di un settore che ha una valenza strategica per il possibile contributo allo sviluppo socio economico dei territori rurali e permette di creare nuove opportunità di occupazione e reddito per le imprese agricole, contribuendo all’inclusione sociali delle categorie fragili della popolazione. Il "Sale della Terra" è nato per avvicinare il mondo agricolo al sociale favorendo le attività di inclusione e riabilitazione sociale. È stato realizzato grazie al finanziamento della Regione Liguria tramite la misura 16.9 “Agricoltura sociale” del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2022 per oltre 198 mila euro. Vi hanno lavorato 19 enti 40 addetti e 10 volontari con la presa in carico di cinquanta persone segnalate dai servizi socio sanitari del territorio metropolitano genovese. “Il Sale della Terra” con capofila il CEIS Genova (Centro di Solidarietà di Genova), è stato infatti portato avanti in partnership con 11 imprese agricole e con una stretta Alleanza delle Cooperative (CEIS Genova, Coserco, CISEF, Isforcoop, Confcooperative, Futuro Anteriore) supportate dai Comuni di Serra Riccò e Busalla. Le aziende che hanno partecipato sono: il Boschetto di Campi, Ottonello Rita, Agriturismo Terra e Cielo, Azienda Agricola il Mezzano, Risso Riccardo, Azienda Agricola La Fattoria di Marta, Torre Luca, Azienda Agricola Cascina Castello, Scolaro Maria Giulia, Autra Soc Semplice Agricola, Jb Rosefarm. "L'aspetto più importante del progetto il 'Sale della Terra' è la replicabilità e la sostenibilità di questi percorsi di agricoltura sociale - spiega il vicepresidente della Regione Liguria con delega all'Agricoltura Alessandro Piana - capaci di promuovere un profondo cambiamento culturale e del mondo lavorativo, la multifunzionalità delle aziende agricole, la costituzione e il consolidamento nel tempo di relazioni positive. Nonostante le difficoltà determinate dalla pandemia, il progetto si è svolto secondo le attività previste, coinvolgendo attivamente le realtà agricole e i destinatari finali delle azioni, sino a inserire gli idonei in percorsi di inclusione socio-lavorativa. Ringrazio pertanto tutti gli enti, le associazioni, le aziende, i partecipanti e i volontari che hanno portato avanti il 'Sale della Terra', esperienza che mostra un effetto positivo sul mondo agricolo e decisivo sul fronte della sensibilizzazione e sulla creazione di reti tra enti e soggetti diversi al fine di offrire la possibilità di servizi alla popolazione e di sostenere la persistenza dell’agricoltura in territori ad alto rischio di abbandono". “La connessione tra il settore agricolo e quello sociale realizza una funzione secondaria, ma non scontata, che l’agricoltura aveva già nella società rurale: ovvero quella della solidarietà, dell’integrazione e della valorizzazione della dimensione relazionale – dichiara l’assessore Giacomo Giampedrone - Il lavoro diventa così, grazie a progetti come ‘Il Sale della Terra’, la dimensione attraverso la quale è possibile sperimentare sé stessi all’interno di un contesto protetto, in una società realmente inclusiva. Grazie a questo progetto ben 50 persone hanno avuto l’opportunità di attivarsi in percorsi di inclusione lavorativa e reinserimento. Un risultato importante per il quale desidero ringraziare tutti coloro che lo hanno reso possibile: Ceis come capofila e gli altri Enti del Terzo Settore partner di progetto, i volontari e non ultime le aziende agricole dei comuni di Busalla e Serra Riccò che hanno aderito all’iniziativa, in un’ottica di welfare di comunità”. “Il progetto il 'Sale della Terra' è stato l’occasione di sperimentare percorsi virtuosi tra il mondo agricolo e quello sociale – afferma Aldo Castello del CEIS Genova capofila degli enti per il progetto Il Sale della Terra -; la partnership ha lavorato unita e collaborativa e sta continuando a sviluppare nuove opportunità legate all’agricoltura sociale. Auspichiamo che la regione finanzi anche nella prossima edizione dei fondi destinati all’agricoltura questa misura, per arrivare a creare attività stabili che possano innescare una cultura di collaborazione e sviluppo, soprattutto nelle aree interne del nostro territorio. Ringraziamo il personale della Regione per averci supportato e aiutato a realizzare il nostro progetto”. https://www.youtube.com/watch?v=NnCpIbMdKOw... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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mezzopieno-news · 4 years
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GIULIANA CECCARELLI
Rete nazionale degli assessori alla gentilezza
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Assessore alla Gentilezza di Pesaro (PU)
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Secondo lei qual è il compito di un assessore con delega alla gentilezza?
Una sorta di rieducazione alla capacità di instaurare rapporti diretti con le persone con cui ci relazioniamo, sensibilizzando in particolare le giovani generazioni al recupero del rispetto reciproco.
La gentilezza cosa può contribuire a prevenire?
Innanzitutto la violenza e l'uso incontrollato delle parole d'odio. Per questo dobbiamo individuare e fornire gli strumenti per recuperare la capacità di instaurare rapporti sani ed equilibrati. Insegnare, in particolare, la conoscenza critica dei nuovi media: i ragazzi li usano tantissimo ma spesso sono inconsapevoli degli effetti che questi possono provocare a livello cognitivo, affettivo e di capacità relazionale.
In cosa può essere considerato innovativo l’assessorato alla gentilezza?
Nel rieducare al senso di umanità nei rapporti. Io ho da 6 anni la delega alla Crescita (= Educazione e Istruzione) e credo sia fondamentale, ai fini educativi, riappropriarci della voglia di esserci in un contesto di crescita (famiglia, scuola, centri di gioco e aggregazione, ecc.) per capire la bellezza della condivisione sia dei momenti felici che di quelli più difficili.
La prima reazione che ha avuto quando ha saputo di avere ricevuto la delega alla gentilezza?
Piacevole, perché per me ha significato la comprensione del mio sindaco per il lavoro che già sto portando avanti.
Come può la gentilezza contribuire al benessere di una Comunità locale?
Perché ci  permette di tornare a parlare di sentimenti, di valori, di emozioni e alla traduzione delle emozioni in Parola.
La parola gentile che pronuncia più spesso?
Grazie.. per favore... scusa...
In che modo la gentilezza può contribuire a crescere un bambino felice?
Un bambino è felice quando cresce attorniato da persone che si prendono cura di lui con indicazioni, suggerimenti, consigli coerenti (es. della coppia genitoriale), mostrando affetto, offrendogli un ambiente stabile e sicuro (v. nidi e scuole ben organizzate) e interessandosi alla sua vita.
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Leggi le altre testimonianze di Sindaci e Assessori che stanno lavorando per costruire comunità più umane e positive
Guarda il programma della Rete nazionale degli assessori alla gentilezza
Partecipa con il tuo Comune - coinvolgi la tua comunità nella gentilezza
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bergamorisvegliata · 1 year
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L'ANGOLO DI RITA
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Anche nel Nuovo Anno proseguono gli Spazi Individuali e di Gruppo.
Il Lavoro insieme alla Genitorialità ed alla Adultità è continuo e costante.
Siamo Persone e, in quanto tali, cambiamo costantemente.
Ho chiesto a mio figlio di 7 anni "Che cosa significa diventare un adulto" e, con mia grande sorpresa, mi ha risposto:
"Avere delle grandi responsabilità".
È questo che fa di una Persona un Adulto: Riconoscere il proprio ruolo e usarlo a beneficio di tutti.
Puoi vivere e lasciarti schiacciare dalle responsabilità come fossero un fardello pesante da evitare o scaricare
OPPURE
Puoi Scegliere di prenderle tra le mani, condividerle con altri come te, con l'accompagnamento di un Professionista e Rendere l'Esperienza della Vita più VINCENTE e più APPAGANTE.
Coloro che decidono di Salpare per migliorare la propria situazione relazionale e di vita SONO GIÀ IN VIAGGIO.
E TU?
Vuoi Salpare INSIEME a noi?
Pedagogista Rita Scognamiglio
#pedagogia
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#consapevolezza
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#essereinsieme
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#viaggionel2023
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fdmavie · 4 years
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14ª Riflessione Nelle Arti marziali sentire meglio se stessi permette di sentire meglio l’altro e viceversa. In buona sostanza, attraverso la pratica del Ju Jitsu l’evoluzione personale viene a coincidere con una contemporanea evoluzione delle relazioni interpersonali. Giancarlo Rossi espone un interessante parallelo fra Arti marziali e psicoterapia. Se tale “processo di educazione” in psicoterapia si attua attraverso il dialogo verbale tra paziente ed un esperto, nel Ju Jitsu ciò si verifica tramite una sorta di dialogo di movimenti corporei tra allievi e Maestro. Ad ogni modo, è proprio questo dialogo, fra quel che si è e ciò che l’altro propone, ad infondere nuove traiettorie all’esistenza di una persona. Le esperienze relazionali, tuttavia, si inseriscono sempre all’interno di un percorso che ha un “prima” e un “dopo”, perciò, pur apportando nuovi elementi, vanno sempre inquadrate all’interno di un’identità con una sua propria continuità nel tempo. Il “nuovo” rende possibili articolazioni diverse del “vecchio”, ma non completamente un cambiamento. Ciò perché è la struttura preesistente a riconoscere e introdurre i nuovi elementi insiti in un’esperienza rendendoli attivi. I nuovi aspetti introdotti permettono al “vecchio” di declinarsi in modi diversi dal passato e, quindi, di modificare il proprio repertorio comportamentale e relazionale. https://www.instagram.com/p/B768TgDCS9J/?igshid=14sa6om444xnm
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