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#arco trionfale
marenostrum-ac-dc · 6 days
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Arco di Costantino, arco trionfale a tre fornici (con un passaggio centrale affiancato da due passaggi laterali più piccoli)
Fotografia mostrante la condizione dell'arco e della Meta Sudans nel 1850
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aki1975 · 3 months
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Napoli - Francesco Laurana - Maschio Angioino - Arco trionfale - 1479
Fondata dai Greci di Cuma, i sovrani che nei secoli si sono susseguiti sul trono di Napoli sono stati:
i Normanni:
- Ruggero I d’Altavilla conquistò la Sicilia nel 1091;
- Ruggero II (1130 - 1154): fu il primo re di una Sicilia multietnica e multireligiosa avendo accorpato in un unico regno tutti i possedimenti normanni nell’Italia Meridionale conquistando Napoli nel 1137;
- Guglielmo I (1154 - 1166)
- Guglielmo II (1166 - 1189): eresse il Duomo di Monreale;
- Tancredi (1189 - 1194)
- Guglielmo III (1194)
- Costanza d’Altavilla (1194 - 1197)
gli Svevi:
- Federico II (1198 - 1250) Stupor Mundi: a Napoli istituì l’università nel 1224;
- Corrado (1250 - 1254): dovette confrontarsi con il potere del fratellastro Manfredi;
- Corradino (1254 - 1258): fu sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo e fatto imprigionare a Castel dell’Ovo e decapitare da Carlo d’Angiò nella piazza del mercato a Napoli, poi sepolto nella vicina Chiesa del Carmine. La dinastia degli Svevi scomparve con la morte di Manfredi nel 1266.
gli Angioini:
- Carlo I (1266 - 1285): fratello di Luigi IX il Re Santo, Conte d’Anjou, ricevette in vassallaggio la Sicilia e Napoli dal Papa che difese dagli Hohenstaufen. Edificò il Maschio Angioino, con uno stile che richiama il castello di Avignone, nel 1282;
- Carlo II (1285 - 1309): dovette rinunciare al trono di Sicilia dopo la rivolta dei Vespri Siciliani nel 1302;
- Roberto I (1309 - 1343): figlio di Maria d’Ungheria sepolta nella Chiesa di Donnaregina, fu apprezzato da Petrarca e amante della cultura e delle lettere;
- Giovanna I (1343 - 1382): fu fatta assassinare dal ramo di Durazzo degli angioini e le succedette
- Carlo (1382 - 1386)
- Ladislao (1386 - 1414)
- Giovanna II (1414 - 1435)
- Renato I (1435 - 1442)
gli Aragonesi:
- Alfonso I d’Aragona (1442 - 1458): sconfisse Renato d’Angiò e unì il tono di Napoli a quello di Sicilia e ai possedimenti della Sardegna e della Spagna occidentale. Combattè contro Milano e Genova e dotò il Maschio Angioino dell’attuale arco di trionfo;
- Ferdinando I detto Ferrante (1458 - 1494): all’inizio del suo regno dovette fronteggiare la rivolta angioina e successivamente sedò la rivolta dei baroni e si alleò con gli Sforza contro il re di Francia Carlo VIII d’Angiò. Del suo tempo la Chiesa del Gesù Nuovo;
- Alfonso II: sposò Ippolita Maria Sforza, ma dovette abdicare a causa della calata di Carlo VIII;
- Ferrandino (1494 - 1496)
- Federico I (1496 - 1503) durante il cui regno vi fu la conquista e poi la cacciata di Luigi XII re di Francia;
- Ferdinando III (1504 - 1516) dopo il quale il Regno di Napoli fu incluso in quello di Spagna prima sotto la casata degli Asburgo (con la breve parentesi della Repubblica di Masaniello fra il 1647 e il 1648) poi sotto quella dei Borbone (1700 - 1713) ed ancora sotto quella degli Asburgo d’Austria (1713 - 1734).
i Borboni:
- Carlo I (1734 - 1759): già Duca di Parma, conquistò e riunificò il Regno delle Due Sicilie anche grazie alla madre Elisabetta Farnese, seconda moglie del re di Spagna, che da Madrid influenzò la prima parte del suo regno. Riformò con Bernardo Tanucci l’amministrazione, promosse la musica (fondò il Teatro di San Carlo nella patria di Paisiello e Pergolesi), l’arte (promosse la ceramica di Capodimonte, fece costruire al Vanvitelli la reggia di Caserta del 1751 e quella che oggi è Piazza Dante oltre alla Reggia di Capodimonte dove installò la collezione Farnese) e sostenne gli scavi a Pompei ed Ercolano che iniziarono nel 1738);
- Ferdinando (1759 - 1799 e 1816 - 1825): sposò una figlia di Maria Teresa d’Austria, Maria Carolina che lo allontanò dall’influenza spagnola di Bernardo Tanucci, promosse la Marina Militare (nel 1787 fu fondata la Nunziatella), ma dovette subire una rivoluzione filo-francese (Eleonora Fonseca Pimentel, Mario Pagano, …) nel 1799 contrastata dal Cardinale Ruffo e da Fra Diavolo e la conquista napoleonica che insediò Giuseppe Bonaparte dal 1806 al 1808 e Gioacchino Murat dal 1808 al 1815 prima di diventare, con il Congresso di Vienna, Re delle Due Sicilie ed essere sepolto al Monastero di Santa Chiara;
- Francesco (1825 - 1830)
- Ferdinando II (1830 - 1859): fondò la prima ferrovia d’Italia (1839), ma fu reazionario e soprannominato il Re Bomba per come represse i moti rivoluzionari del 1848 a Messina;
- Francesco II (1859 - 1861): era figlio di Ferdinando II e di Maria Cristina di Savoia e sposò la sorella di Sissi, Maria Sofia di Baviera.
Con l’Unità, Napoli confluì nel Regno d’Italia: ecco perché la statua di Vittorio Emanuele II è presente a Palazzo Reale.
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cleliaaconti · 6 days
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Arco di Costantino
Data di Costruzione: L'Arco di Costantino fu completato nel 315 d.C. per celebrare il decennale (10 anni) del regno di Costantino e la sua vittoria su Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio avvenuta nel 312 d.C.
Posizione: Si trova tra il Colosseo e il Palatino, in una posizione centrale e altamente visibile della città di Roma.
Materiale: L'arco è costruito principalmente in marmo e travertino.
Dimensioni:
Altezza: Circa 21 metri.
Larghezza: Circa 25,9 metri.
Profondità: Circa 7,4 metri.
Architettura:
L'arco ha tre fornici: un fornice centrale più grande e due laterali più piccoli.
La struttura è decorata con numerosi rilievi e sculture, molte delle quali sono state riutilizzate (spolia) da monumenti più antichi, appartenenti agli imperatori Traiano, Adriano e Marco Aurelio.
Decorazioni:
Pannelli Traianei: Otto pannelli originariamente parte di un monumento trionfale di Traiano.
Tondi Adrianei: Otto tondi circolari che raffigurano scene di caccia e sacrifici religiosi, risalenti al periodo di Adriano.
Rilievi Aureli: Sculture di prigionieri barbari e vittorie alate, derivanti da monumenti di Marco Aurelio.
Rilievi Costantiniani: Scene che rappresentano la campagna militare di Costantino, tra cui l'assedio di Verona e la battaglia di Ponte Milvio.
Iscrizione: Sull'attico dell'arco, c'è una lunga iscrizione in latino che attribuisce la vittoria e la costruzione dell'arco alla divina ispirazione di Costantino.
Significato Storico: L'Arco di Costantino celebra la vittoria di Costantino e il riconoscimento del cristianesimo. È un simbolo della transizione del potere imperiale e della legittimazione del cristianesimo nell'Impero Romano.
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lamilanomagazine · 3 months
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Catania. Pnrr, lavori di restauro e riqualificazione per l'ex Porta Ferdinandea
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Catania. Pnrr, lavori di restauro e riqualificazione per l'ex Porta Ferdinandea. Sono in corso i lavori per la riqualificazione e la messa in sicurezza dell'edificio monumentale Porta Ferdinandea, dopo l'Unità d'Italia denominata Porta Garibaldi, promossi dall'Amministrazione Comunale coma azione di restauro conservativo dell'opera disegnata da Stefano Ittar. L'intervento, inserito tra le piccole opere, finanziato per 400 mila euro con una misura del Pnrr, è finalizzato al consolidamento delle parti gravemente danneggiate, più in generale alla riqualificazione del monumento, secondo i principi del restauro conservativo, curando gli accorgimenti necessari alla conservazione nel tempo del manufatto settecentesco, un Arco Trionfale, da quasi tre secoli una delle cartoline simbolo di Catania. L'idea progettuale elaborata dall'assessorato comunale ai lavori pubblici (Responsabile del procedimento Salvatore Persano, progettista Giovanni Calvagno, direttore Fabio Finocchiaro) nasce dall'esigenza di far rivivere l'edificio al fine di renderlo accessibile a tutti. Il fine ultimo è quello di garantire una fruizione continua del monumento, rendendo utilizzabili le  piccole salette al suo interno e realizzando un percorso panoramico che prevede l'attraversamento delle terrazze esistenti a livello del vano orologio, mantenendo i riferimenti      di risparmio energetico che garantiranno un razionale contenimento dei costi di gestione del monumento, gravemente danneggiato in più punti. Nei giorni scorsi, il sindaco Enrico Trantino e l'assessore Sergio Parisi, per verificare lo stato di avanzamento dei lavori finanziati con fondi Ue per 400 mila euro si sono recati nella Porta Garibaldi o Ferdinandea come taluni ancora la chiamano: "Un lavoro certosino  di riqualificazione e restauro -hanno detto i due amministratori- che in pochi mesi ci consentirà di restituire ai cittadini di Catania e ai turisti uno dei luoghi identitari di maggior prestigio storico-monumentale. Dopo i lavori sulla fontana dell'elefante con la pavimentazione di piazza Duomo e il monumento a Vincenzo Bellini in piazza Stesicoro, un altro cantiere viene avviato per salvaguardare il nostro patrimonio di bellezza, una grande risorsa per tutta la comunità da offrire ai turisti che vengono a visitare Catania". Il sindaco Trantino e l'assessore Parisi hanno anche annunciato che con ulteriori fondi, si provvederà a interdire il parcheggio delle auto su piazza Crocifisso nella zona prospiciente la Porta verso via Garibaldi, in modo da segnare un'effettiva continuità pedonale con l'attigua piazza Palestro. In dettaglio, i principali interventi che la ditta appaltatrice eseguirà sullo storico Arco Trionfale  riguarderanno il rifacimento della copertura a volta del vano che contiene l'orologio con il consolidamento della struttura lignea e dell'impalcato; il ripristino della pavimentazione e della impermeabilizzazione dei terrazzi per evitare pericolose infiltrazioni di acqua piovana; il rifacimento dei solai intermedi, oggi in pessimo stato di conservazione e del servizio igienico esistente, oggi non fruibile; la realizzazione di nuovi impianti elettrici e di ricircolo dell'aria e del nuovo solaio del piano terra; la sostituzione di tutti gli infissi con altri sempre di legno e simili a quelli esistenti per tipologia e disegno; la ricostruzione della coperture dei due torrini scala utilizzando dei sistemi a vetro con pannelli trasparenti, tecnologia sicuramente poco impattante, che permettono l'ingresso della luce solare all'interno degli spazi del monumento; il restauro e consolidamento dell'apparato lapideo esterno ed interno. Tutti interventi che si stanno realizzando con manodopera di esperti restauratori. Il monumento è realizzato alternando pietra bianca di Siracusa e blocchi di lava scura locale. Al secondo livello si trovano due angeli con trombe, al terzo due Trofei d'armi. Sul lato Est lo scudo del timpano raffigura una Fenice che risorge dalle fiamme con un cartiglio che recita "Melior de cinere surgo (Risorgerò dalle mie ceneri ancor più bella). "Ritengo -ha aggiunto il sindaco Trantino, a margine del sopralluogo con Parisi- che questa citazione sia stata riprodotta per spiegare l'importanza di una grande opera,  realizzata per esaltare la resilienza della comunità catanese ai nefasti eventi calamitosi del 1669 e del 1693. Il primo e unico grande monumento al mondo, un Arco di Trionfo di pregevole fattura, che rappresenta il simbolo della vittoria dell'Uomo sulle avversità naturali e nel nostro caso con la rinascita della moderna Catania".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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personal-reporter · 11 months
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Custodi di arte e fede: Basilica del Cristo Re a Roma
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Una delle chiese meno note della Città Eterna… La Basilica del Sacro Cuore di Cristo Re, o Tempio della Pace, in ricordo dei caduti della prima guerra mondiale, fu uno dei primi esempi di razionalismo italiano legato agli edifici di culto, da un progetto di Marcello Piacentini, commissionata dal Padre Dehoniano Ottavio Gasparri,  si trova all’interno del quartiere delle Vittorie,  allora era in forte espansione. Della chiesa furono redatti due progetti,  il primo, iniziato nel maggio del 1920,  s’ interruppe bruscamente in seguito alla morte di Padre Gasparri nel 1929. Alla ripresa dei lavori nel 1931, il progetto subì una radicale trasformazione poiché Piacentini, durante gli anni di interruzione dei lavori, ragionò sulla planimetria della chiesa. Solitamente le chiese hanno due schemi planimetrici fondamentali, lo schema di pianta a croce latina e quello a croce greca e, secondo Piacentini il primo schema permette al visitatore di accorgersi della presenza della cupola soltanto dopo aver attraversato tutta la navata. Al contrario, nel secondo schema, la presenza della cupola si nota dall’ingresso e l’immaginazione di chi entra nella chiesa subisce un’impressione troppo improvvisa. Quindi alla ripresa, la pianta della chiesa si trasforma in un ibrido tra un impianto a croce greca e a croce latina con il transetto avanzato, permettendo alla cupola di dominare il transetto come nelle chiese a croce latina, ma senza una navata eccessivamente lunga. La Basilica è suddivisa in tre navate di cui quella centrale è lunga circa 70 metri, l’incrocio del transetto è sormontato da una cupola semisferica alta 36 metri e di 20 metri di diametro, anche l’abside è sormontato da una cupola di minori dimensioni mentre le cappelle laterali, di forma semicilindrica, sono caratterizzate da un basso zoccolo e una parete altissima. La facciata rettangolare della chiesa è solenne e proporzionata, con due campanili gemelli leggermente arretrati, ed è caratterizzata da tre portali, le cui proporzioni sono ricavate da un arco trionfale romano, oltre che da una cortina in mattoni, disposti in filari triplici e doppi alternati, con differente aggetto, secondo una studiata disposizione. Al di sopra del portone principale si nota un altorilievo raffigurante il Sacro Cuore di Cristo Re di Arturo Martini, mentre i portali laterali sono sormontati da simboli in ferro battuto di Isnaldo Petrassi. L’interno della chiesa è dominato dal tono rosso del pavimento porfirico, mentre le pareti,  che furono  affrescate da Achille Funi, presentano una Via Crucis di Alfredo Biagini, il gruppo del San Giovanni sul fonte battesimale, i bassorilievi dei Cibori e le figure sulle lampade laterali dell’altare maggiore di Corrado Vigni. Read the full article
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3naess · 1 year
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Arco trionfale, Napoli
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L’Arco di Tito
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È un arco trionfale che commemora la cattura di Gerusalemme da parte di tito nell’anno 70 d.C. L’arco è racchiuso in un’opera quadrata di marmo pentelico e la parte bassa in travertino. Sulle semicolonne laterali è poggiata una trabeazione in stile ionico che rappresenta un sacrificio in scena. Nella volta si ammira la bellissima decorazione a cassettoni che raffigura un’aquila che porta verso il cielo Tito divinizzato dopo la morte. I due rilievi delle pareti interne riportano i momenti di trionfo della vittoria sui giudei.
Nella parte in basso è raffigurato il rituale ebraico predati dal tempio di Gerusalemme.
Nella parte in alto è raffigurato Tito vittorioso, incoronato, con le ali e con accanto la dea Roma armata che lo accompagna al Campidoglio, e alla sua destra c’è un personaggio seminudo allegorico del genio del popolo romano.
L’arco di tito è talmente tenuto bene dopo anni e conosciuto che anche il Belli, in un sonetto, lo illustra magistralmente.
Per poter ritrovarsi sotto all’Arco di Tito, puoi venire a visitarlo soggiornando a Roma in uno dei nostri B&B Roma adatto a te! Ci trovi nel B&B Roma centro, a pochi passi dai principali monumenti (e anche da Trastevere!); potrai trovare B&B and breakfast Roma centro.
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daniela--anna · 2 years
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"ARCO DI TITO" A ROMA.
L'arco è stato eretto a memoria della guerra giudaica combattuta da Tito in Galilea. Nel 69, l'anno dei quattro imperatori, Vespasiano rientrò a Roma per reclamare il trono, lasciando Tito in Giudea a porre fine alla rivolta, cosa che Tito fece l'anno successivo: Gerusalemme fu saccheggiata, il Tempio fu distrutto. Nel ricco bottino era compreso il candelabro a sette braccia e le trombe d'argento. Gran parte della popolazione fu uccisa o costretta a fuggire dalla città. Al suo ritorno a Roma nel 71 fu accolto in trionfo.
L'arco di Tito è un arco trionfale fornice (ossia con una sola arcata), posto sulle pendici settentrionali del Palatino, nella parte orientale del Foro di Roma. Capolavoro dell'arte romana, si tratta del monumento-simbolo dell'epoca flavia, grazie alle sostanziali innovazioni sia in campo architettonico-strutturale, sia in campo artistico-scultoreo.
IMPORTANZA STORICA/CRONOLOGICA/BIBLICA
L'ARCO DI TITO è una delle numerose testimonianze dell'accuratezza BIBLICA in riferimento a luoghi, date e persone.
Soprattutto in relazione alle sue infallibili profezie.
Queste testimonianze da fonti secolari, avvalorano il racconto biblico e ci fanno capire quanto è saggio prestare ascolto agli avvertimenti che la Bibbia contiene riguardo ad avvenimenti che succederanno a breve, nel prossimo futuro.
FOTO:ARCO DI TITO
All’interno, al centro della volta a cassettoni, un rilievo mostra l’apoteosi di Tito.
Sulle pareti due grandi pannelli illustrano i momenti principali del trionfo. In uno avanza la quadriga imperiale, guidata dalla dea Roma, con Tito incoronato dalla Vittoria;
nell’altro i soldati romani traportano le opere trafugate dal Tempio di Gerusalemme: le trombe d’argento, dell’arca dell’alleanza e il candelabro a sette bracci.
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neapolis-neapolis · 5 years
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Francesco Laurana, Domenico Gagini, Pietro da Milano e altri, Arco trionfale di Alfonso d'Aragona (1452-71), Castel Nuovo, Napoli.
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Basilica di San Paolo fuori le Mura, Roma.
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italiasparita · 3 years
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William Henry Goodyear
Pompei. Arco trionfale e Foro
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crazy-so-na-sega · 3 years
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Arco di Costantino -Roma
Forse nessun'altra invenzione architettonica esercitò un'influenza più duratura dell'arco trionfale, che i romani eressero in tutto il loro impero: Italia, Francia, Africa settentrionale e Asia. L'architettura greca in generale era composta da elementi identici, e lo stesso si può dire anche del Colosseo: gli archi trionfali, invece, adoperano gli ordini per incorniciare e mettere in risalto il grande passaggio centrale affiancandogli aperture più strette. Era una disposizione atta a essere usata nella composizione architettonica quasi come si usa un accordo in musica Ernst Gombrich
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artcademy · 3 years
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Cappella degli Scrovegni - Giotto - 1300ca.
La capacità di concentrarsi nella caratterizzazione fisica e psicologica dei personaggi rappresenta una delle innovazioni più straordinarie della pittura di Giotto. Appare particolarmente evidente negli affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova, la cui complessa rappresentazione occuperà l’artista dal 1303 al 1305.
Il ciclo di affreschi viene commissionato da Enrico Scrovegni, la sua decisione di costruire una cappella di famiglia e di farla affrescare da uno degli artisti di maggior prestigio del momento è attribuita alla volontà di voler riparare ai peccati di usura commessi dal padre Reginaldo; studi approfonditi trovano motivazioni più complesse ed economiche. Grazie a questa cappella Enrico riesce a dare prova tangibile di potere e ricchezza a tutta la città. Questo gli permette di ampliare la sua rete di relazioni e prestigio personale.
La piccola costruzione era dedicata in origine a Santa Maria della Carità e a quel tempo si chiamava anche dell’Annunziata all’Arena.
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Gli affreschi
La cappella, forse progettata dallo stesso Giotto, ha una struttura molto semplice. Presenta un’unica navata coperta con volta a botte e illuminata da sei monofore, terminanti con archi a tutto sesto poste sul lato destro. Il modesto portale è sormontato da una trifora gotica di gusto toscano a sua volta inserita in un arco a tutto sesto.
L’artista affresca le due pareti laterali e l’arco trionfale della cappella con storie tratte dalle Vite di San Gioacchino e Sant’Anna della Vergine e di Cristo.
La volta è dipinta di azzurro a suggerire un cielo trapunto di stelle dorate, viene decorato con dieci medaglioni raffiguranti: Gesù, Maria e vari Profeti.
Sulla controfaccia d’ingresso realizza un grandioso Giudizio Universale.
Rispetto al ciclo di Assisi che si inseriva in un complesso preesistente, quello di Padova è concepito interamente da Giotto. Questo consente all’artista di studiare con attenzione la disposizione dei propri affreschi in modo da adattarli alla struttura muraria della cappella.
Pittura e architettura si fondono armonicamente tra loro senza che la prima debba necessariamente porsi come complemento alla seconda. La pittura, dà l’impressione di voler sfondare le pareti, mentre l’architettura volutamente sobria costituisce il contenitore ideale per mettere in risalto la narrazione pittorica giottesca.
Gli affreschi si svolgono da sinistra a destra e dall’alto in basso, sono suddivisi in tre ampi registri sovrapposti. Ogni scena è separata dalla successiva da una larga cornice dipinta a motivi geometrici e dopo l’ultima scena di ogni parete la cronologia riprende dalla parete di fronte, in una sorta di ininterrotto dialogo narrativo speculare.
Nella parete destra le cornici dipinte che dividono le varie scene fungono anche da realistica inquadratura per le sei monofore che insieme alla trifora della facciata sono le uniche fonti di illuminazione della cappella. Alla base del registro inferiore, lungo tutto il perimetro interno della costruzione, corre uno zoccolo dipinto ove le raffigurazioni allegoriche delle sette Virtù (a destra) e dei sette Vizi Capitali (a sinistra) realizzate in monocromia si alternano a zone affrescate in modo da imitare un rivestimento marmoreo secondo il gusto dell’antica pittura romana a incrostazione.
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Il giudizio universale
DATI: Affresco, 1000×840 cm
Questa grandiosa rappresentazione, attribuibile direttamente a Giotto, è estremamente indicativa della nuova concezione che il maestro ha dell’arte. Essa nonostante il soggetto sia di pura fantasia, non tende più a raffigurare qualcosa di estraneo alla realtà quotidiana ma, al contrario, ne utilizza molti elementi, con il risultato di accrescere il realismo complessivo della scena.
È interessante notare come il committente, inginocchiato in basso al centro, ai piedi della croce della Passione, venga di fatto rappresentato come facesse parte della narrazione stessa dell’affresco. Sopra di lui, in una mandorla con i colori dell’arcobaleno, circondata da dodici angeli, giganteggia la figura di Cristo giudice, seduto su un trono di nuvole fra le schiere celesti degli angeli, dei santi e dei beati.
Alla sua destra gli eletti iniziano la loro gioiosa ascesa verso il regno dei cieli, mentre alla sua sinistra i dannati vengono sprofondati negli orrori dell’inferno. In questo modo la presenza di un personaggio reale come lo Scrovegni e quella di invenzione del Giudizio Universale, finiscono per avere la stessa importanza agli occhi di chi osserva.
Il modello della cappella dà all’insieme un’ulteriore nota di concretezza e di quotidianità. L’edificio in muratura, infatti, è rappresentato prospetticamente in modo fedele.
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L’incontro a Porta Aurea
DATI: Affresco, 200×185 cm
In questo affresco, che pure è uno dei primi del ciclo, sono già presenti tutti gli elementi caratteristici della grande pittura giottesca. In esso vengono rappresentati Anna e Gioacchino, futuri genitori della Vergine Maria, che si sarebbero dovuti incontrare proprio sotto la Porta Aurea, uno dei luoghi-simbolo di Gerusalemme.
La narrazione si svolge da sinistra verso destra. Il giovane pastore che accompagna Gioacchino, all’estremo margine sinistro, è per metà fuori dal dipinto stesso, come se Giotto volesse farci capire che ciò che rappresenta non è che un piccolo frammento di una realtà sempre più vasta e complessa. Il senso di questa realtà, può essere colto sia nella serena tenerezza con la quale i due personaggi principali si abbracciano, baciandosi castamente sulla bocca, sia nell’emozione delle donne. I corpi di San Gioacchino e di Sant’Anna sono descritti con vigore e decisione. Anche le due aureole splendenti d’oro che si fondono in una sola contribuiscono a sottolineare il senso di indissolubilità del vincolo che lega i due personaggi.
Tra le donne in lontananza che avevano accompagnato Anna all’incontro notiamo in particolare quella avvolta nel mantello nero. È una figura densa di mistero, probabile personificazione della vedovanza, della quale Giotto ci mostra solo uno spicchio di volto e due dita di una mano. Nonostante ciò essa riempie di sé tutto il dipinto, ponendosi come ideale punto di stacco tra gli altri personaggi opposti.
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Annuncio a Sant’Anna
DATI: Affresco, 200×185 cm
La scena, straordinariamente innovativa, raffigura Sant’Anna, in ginocchio al centro della propria abitazione, nel momento in cui l’angelo di Dio le annuncia che diventerà madre di Maria.
L’invenzione giottesca sta soprattutto nel trattare l’architettura della casa di Anna come una meravigliosa scatola prospettica che ci consente di osservarne l’interno.
La profondità spaziale è suggerita dai mobili, disposti fra loro perpendicolarmente e dalla cassettonatura del soffitto.
A sinistra l’ancella è intenta al suo lavoro, serena e inconsapevole.
A destra, al contrario, l’angelo irrompe con impeto attraverso la piccola finestra, protendendo la mano destra a ribadire la solennità dell’annuncio. A fronte del concreto realismo degli oggetti, Giotto attribuisce all’angelo caratteristiche assolutamente soprannaturali. L’artista non rappresenta la parte del corpo rimasta all’esterno, che in base alla collocazione prospettica, avrebbe dovuto essere ben visibile.
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Il bacio di Giuda
DATI: Affresco, 200×185 cm
Realizzato nel terzo quadro del registro inferiore della parete di destra, mostra uno dei momenti di massima maturità espressiva dell’arte di Giotto.
Al centro del dipinto Giuda bacia Cristo, avvolgendolo in un abbraccio che fa delle due figure un unico solidissimo blocco, che l’ampio mantello giallo dell’Apostolo traditore panneggia con compostezza solenne. Attorno ai protagonisti, si agita la folla tumultuosa delle guardie (sulla destra) e quella degli Apostoli (sulla sinistra).
Anche in assenza di qualsiasi riferimento paesaggistico o architettonico il senso della profondità spaziale è suggerito in modo straordinariamente realistico dal convulso agitarsi di lance e alabarde che si stagliano nitidamente contro l’azzurro intenso di un cielo già notturno.
I corpi dei personaggi minori sono realizzati in modo massicciamente compatto e anche la scelta dei colori delle vesti, alternativamente caldi e freddi, contribuisce a evidenziare la maestosa solidità fisica delle figure.
La posizione frontale, tipica di tutti i dipinti di tradizione gotica e bizantina, presuppone che le scene siano composte appositamente per essere guardate, come su di un palcoscenico teatrale. In Giotto, al contrario, i personaggi appaiono sempre intenti all’azione e incuranti degli eventuali spettatori, tanto che possono tranquillamente permettersi non solo di non guardarli direttamente, ma anche di voltare le spalle. I personaggi visti da dietro sono un espediente per coinvolgere lo spettatore nell’azione.
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La Carità (Kàritas)
DATI: Affresco, 120×60 cm
Nello zoccolo monocromo con le allegorie delle sette Virtù e dei sette Vizi Capitali, il grande pittore fiorentino si cimenta nel simulare una ricca fascia decorativa in marmi policromi e di rendere, con il chiaroscuro, il senso del rilievo e del volume tipico di una scultura a tutto tondo.
Si tratta di una prova di abilità straordinaria, per realizzare la quale Giotto ha studiato i marmi antichi (a Roma) e quelli bizantini. Nella celebre allegoria della Carità (Karitas) l’artista rappresenta una statua in marmo bianco, riuscendo a dare l’illusione concreta della terza dimensione.
I modelli di riferimento sono probabilmente ripresi dalle sculture di Giovanni Pisano.
Il personaggio veste i panni di una fanciulla che regge con la mano destra un cestino, simbolo dei frutti che la terra dona in tutte le stagioni; con la sinistra, offre sorridente il proprio cuore a Gesù. La rappresentazione della statua è all’interno di una nicchia in prospettiva, anticipando il senso dello spazio rinascimentale.
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Coretti
DATI: Affresco
Dove il gioco prospettico si fa più raffinato e ardito è nei due cosiddetti coretti posti ai lati dell’arco trionfale subito sopra lo zoccolo perimetrale dipinto a finto marmo.
Essi sono inquadrati attraverso due archi a sesto acuto e simulano la presenza di due ulteriori locali retrostanti coperti con volte a crociera e illuminati grazie a esili bifore.
Dal centro delle crociere dei coretti, infine, pendono due lampadari cilindrici in ferro battuto, che aiutano ad accrescere l’illusione della profondità spaziale.
La prospettiva giottesca libera i personaggi, le architetture e gli oggetti dall’immobile astrattezza della tradizione pittorica gotico-bizantina, cercando di proiettarli in una dimensione più vicina alla realtà quotidiana.
È per questo motivo che le narrazioni bibliche della cappella sono così cariche di spontaneità ed efficacia, come se quegli antichissimi avvenimenti si stessero svolgendo sotto i nostri occhi.
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marenostrum-ac-dc · 3 years
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Arco di Giano presso San Giorgio al Velabro // Roma 27.08.20 // L'arco di Giano è un tetrapilo, un arco quadrifronte (ossia con quattro arcate) di Roma. Tuttora conservato, sorge presso la chiesa di San Giorgio in Velabro, poco distante dal Tempio di Ercole e dal Tempio di Portuno, ed era stato edificato, ai margini del Foro Boario probabilmente alla metà del IV secolo. Probabilmente deve essere identificato con l'Arcus Divi Constantini citato dai Cataloghi regionari presso il Velabro. Il nome moderno non si riferisce al dio bifronte Giano, ma piuttosto deriva dal termine latino ianus, che indica un passaggio coperto, o una porta. Come gli iani testimoniati dalle fonti nel Foro Romano, non si trattava di un arco trionfale, ma probabilmente di una struttura destinata ai banchieri che operavano nel Foro Boario. L'edificio, che ha pianta quadrata ed è alto 12 m con 16 m di lato e presenta quattro massicci pilastri che sostengono una volta a crociera. Essi sono costruiti in cementizio e rivestiti da blocchi di marmo di reimpiego. Al di sopra doveva presentare un piano attico ed un tetto forse di forma di piramidale, la cui struttura in opera laterizia, che in origine doveva ugualmente essere rivestita di marmo, fu demolita nel 1827 perché a torto ritenuta parte della fortificazione medioevale impiantata sopra l'edificio romano ad opera dei Frangipane (che ne avevano anche chiuso i fornici). Nei piloni vi sono molte nicchie che forse ospitavano statue in grandezza quasi naturale, esse sono 12 su ogni faccia Est ed Ovest e 2 su ogni faccia Nord e Sud e altre 10 sono finte. In totale quindi 28. Le nicchie in origine dovevano ospitare statue ed erano inquadrate da edicole con piccole colonne, oggi perdute, poggianti sui cornicioni, ed erano coperte da una semicupola a conchiglia scolpita nei blocchi di marmo del rivestimento.
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ilariapapillo · 4 years
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Tondi di Adriano: Caccia al cinghiale (sx), Sacrificio ad Apollo (dx). Arco di Costantino, IV sec. d.C., arco trionfale, h 21 m, Roma
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azzurracomeme · 4 years
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Lezione dell'11/01/2020
AUTORE: Sconosciuto
NOME: Basilica di Saint-Sermin
DATA: XI-XII secolo
LUOGO: Tolosa, Occitania (Francia)
CONTESTO ORIGINALE: la chiesa è costruita sulla tomba di San Saturnino martire e è ufficialmente tappa del cammino di Compostela, proprio per questo ha alcune caratteristiche tipiche delle chiese in cui sono frequenti i pellegrinaggi
SCELTE TECNICHE E STILISTICHE: la chiesa, con pianta a croce latina con deambulatorio e 3 navate, è coperta nelle navate laterali con volte a crociera mentre nella navata laterale da volte a botte. È preceduta da un nartece e intorno all'abside troviamo una serie di cappelle contenenti diverse reliquie. Per agevolare la circolazione dei fedeli che visitano la chiesa fu aperto un ampio accesso presso il lato meridionale della testata del transetto, La Porte des Comtes. Qesto portale strombato sembra riproporre i moduli di un arco trionfale romano. Sul fronte troviamo raffigurato San Saturnino, sui capitelli si sviluppa invece un articolato rappresentazione della salvezza e del peccato. Nella “porte des Comtes” le sculture sono ancora circoscritte a piccoli elementi, lasciando libero il timpano, magari destinato a immagini dipinte.
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