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#accettarla
kseenefrega · 4 months
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luluemarlene · 2 months
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Mi piace pensare che smetterò di cercare di dimenticare ed inizierò ad accettarla, questa mancanza
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abatelunare · 5 months
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Tutta l'arte dell'analisi consiste nel dire una verità soltanto quando l'altro è pronto ad accettarla, vi è stato preparato da un processo organico di evoluzione graduale (Anais Nin, Diario I 1931-1934).
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1vidapoeticando · 27 days
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Ser livre é algo que não tem preço...Sentimos em nossa alma a doçura e a delicadeza da sensação de paz de alegria, e a felicidade completa...Sem medo de críticas ou questionamentos...Somos donos de nós mesmos...E A felicidade voa para as palmas das mãos, quando estamos prontos para aceitá-la...
Ser libre no tiene precio... Sentimos en nuestra alma la dulzura y la delicadeza del sentimiento de paz, de alegría y felicidad completa... Sin miedo a la crítica ni al cuestionamiento... Somos dueños de nosotros mismos... Y la felicidad vuela a las palmas de nuestras manos, cuando estamos listos para aceptarla...
Essere liberi non ha prezzo... Sentiamo nella nostra anima la dolcezza e la delicatezza del sentimento di pace, di gioia e di felicità completa... Senza timore di critiche o domande... Siamo padroni di noi stessi... E la felicità vola nei palmi delle nostre mani, quando siamo pronti ad accettarla...
Être libre, ça n’a pas de prix... Nous ressentons dans notre âme la douceur et la délicatesse du sentiment de paix, de joie et de bonheur complet... Sans crainte de la critique ou de la remise en question... Nous sommes maîtres de nous-mêmes... Et le bonheur s’envole dans la paume de nos mains, quand nous sommes prêts à l’accepter...
Being free is priceless... We feel in our soul the sweetness and delicacy of the feeling of peace, of joy, and complete happiness... Without fear of criticism or questioning... We are masters of ourselves... And happiness flies into the palms of our hands, when we are ready to accept it...
Frei zu sein ist unbezahlbar... Wir spüren in unserer Seele die Süße und Zartheit des Gefühls des Friedens, der Freude und des vollkommenen Glücks... Ohne Angst vor Kritik oder Infragestellung... Wir sind Meister unserer selbst... Und das Glück fliegt uns in die Hände, wenn wir bereit sind, es anzunehmen...
Özgür olmak paha biçilemez... Ruhumuzda huzur, neşe ve tam mutluluk duygusunun tatlılığını ve inceliğini hissediyoruz... Eleştirilmekten ve sorgulanmaktan korkmadan... Biz kendimizin efendisiyiz... Ve mutluluk, kabul etmeye hazır olduğumuzda avuçlarımızın içine uçar ...
Fonte: 1Vidapoeticando 🌺🍃 🦋
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susieporta · 3 months
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MANIPOLATORI E MANIPOLATI
Le persone che manipolano provano un profondo stato di insicurezza personale.
Queste persone infatti non sono abituate ad esprimere apertamente i loro bisogni.
Probabilmente perché non sono mai stati accolti quando hanno tentato di farlo.
Non riescono spesso nemmeno a contattare ciò che provano in profondità, sono disconnessi da se stessi e spostano sull’altro il focus, sperando che sia quest’ ultimo a fare ciò che loro non riescono a fare.
Infatti la manipolazione consiste proprio nel far fare o dire all’ altro ciò che non si riesce a dire o fare.
Qualcuno ‘ raccoglie’ questa proiezione e agisce di conseguenza, qualcuno non ci sta.
Qui viene fuori la rabbia e la frustrazione del manipolatore ( o manipolatrice).
Perché questa rabbia?
Perché egli NON sa come soddisfare se stesso, non si percepisce, e se lo fa teme di chiedere perché teme di essere rifiutato o abbandonato.
Questo lo ha appreso nei suoi primi anni di vita.
Quando vi sentite manipolati, sentite che siete costretti in ruoli che non vi appartengono e provate anche emozioni a voi estranee. E cosi i pensieri o le parole, nemmeno quelle sentite come vostre ma in un certo senso vi sentite ‘ costretti’ a dire o fare quelle cose.
La cosa migliore e’ invitare la persona ad esprimere chiaramente i suoi bisogni.
Nel frattempo non fate nulla rimanete in silenzio e lasciate che la persona che manipola resti a contatto con se stessa.
Questo vale per le relazioni significative.
Imparate in generale a creare confini sani, perché chi cade nella manipolazione probabilmente a sua volta, ha avuto genitori manipolativi, i cosiddetti adulti-bambini.
Un adulto si esprime
Parla chiaramente di ciò che lo disturba
Di ciò che gli necessita
Di ciò che lo preoccupa.
Il manipolatore ha sempre paura della reazione dell’altro e vuole costantemente tenerla sotto controllo.
Questo aspetto va totalmente lasciato andare:
Ciò che io dico ed esprimo è MIA responsabilità
La tua reazione a ciò che dico NOn posso controllarla e posso solo accettarla.
Questo significa talvolta sostare in uno stato di frustrazione che la persona narcisista NON riesce a tollerare.
In generale chi manipola ci prosciuga tante energie perché attiva meccanismi di richiesta continui ed invisibili, passando poi anche da vittima se noi non li soddisfiamo.
Il manipolato anche egli deve accettare la frustrazione di sentire l’ altro arrabbiato o insoddisfatto.
Essere adulti significa soprattutto saper tollerare un certo grado di frustrazione, cosa che i bambini NON sono in grado di fare.
_ClaudiaCrispolti_
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Piccolo (forse) sfogo che leggeranno in pochi ma va bene così perché ho bisogno di scrivere in questo posto che sento come casa, come un diario personale. Non ne posso più di convivere con l’ansia e l’ipocondria. Avere una paura costante, tremori, tachicardia, sentire un nodo alla gola e un peso sul petto… Dover rinunciare alle cose, a uscire, a vedere amiche per l’ansia. Mi sembra di impazzire, non so come uscirne .. dicono che l’ansia non bisogna combatterla e scacciarla ma piuttosto accettarla.. ma come si fa ad accettarla? Come si può accettare qualcosa che ti rovina le giornate, ti fa svegliare di soprassalto, non ti fa vivere.
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lara11 · 12 days
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L'infanzia, la giovinezza, la vecchiaia.
Gli anni che passano e noi che cambiamo.
Sembrano dirci che tutto ciò che lasciamo incompiuto è perso, che non avremo un'altra possibilità.
Abbiamo poco tempo, poco tempo per trasformare la nostra vita in un capolavoro, per essere felici e per non avere mai rimpianti.
Dobbiamo vivere, vivere per davvero e più forte che possiamo, vivere per bene e non rimandare mai una telefonata, un bacio, un amore, perché gli anni passano e potremmo non avere un'altra occasione. Potremmo un giorno guardarci allo specchio e vederci cambiati, non riconoscerci.
Sono questi gli scherzi crudeli della vita. Il tempo non è mai abbastanza, la giovinezza è evanescente, e tutto sembra andare per il verso sbagliato.
E proprio quando, da vecchi, impareremo ad amare la nostra vita, impareremo ad accettarla e ad amarla per ciò che è, proprio in quel momento lei se ne andrà via, e non potremo più viverla.
Perciò viviamo adesso, ora che siamo vivi e amiamo, amiamo forte, amiamo come se dovessimo morire domani. Amiamo come se fosse l'unica cosa che sappiamo fare, come se non potessimo mai essere feriti, amiamo nonostante le delusioni, nonostante le lacrime, nonostante tutto il dolore che l'amore comporta. Meglio il dolore che l'assenza di emozioni.
La vita, l'amore.
Possiamo essere i più belli, i più intelligenti, i più ricchi... Ma se non amiamo, non siamo niente.
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l-incantatrice · 1 year
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Ti ricordi quella mia proposta indecente?
Quella che ti aveva turbata subito,
che ti aveva sorpresa ed eccitata,
quella a cui la voce tremante
aveva risposto scandalizzata
mentre la pelle si scioglieva....
Te la ricordi, lo so....
e so pure che non sarai mai
abbastanza lontana
per non sentire la tentazione
di accettarla...
Riccardo Tango Alfieri
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focacciato · 9 months
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L'irresponsabilità posso accettarla solo da chi con le proprie azioni non lede la sicurezza e il futuro di nessuno. Quando decidi di avere un legame affettivo le tue cazzate non dovrebbero mai pesare sull'altra persona, non dovresti mai essere un parassita e rendere un inferno la vita di chi hai accanto. Che sia un padre, un figlio, un fratello, un amico. Non importa. Se vuoi fare coscientemente delle minchiate senza preoccuparti delle conseguenze, se vuoi farti del male, non puoi e non devi portare tutti al fondo con te.
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canesenzafissadimora · 4 months
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Amare una persona è
averla senza possederla.
Dare il meglio di sé
senza pensare di ricevere.
Voler stare spesso con lei,
ma senza essere mossi dal bisogno
di alleviare la propria solitudine.
Temere di perderla,ed
essere gelosi senza eccedere.
Aver bisogno di lei,
ma senza dipendere.
Aiutarla, ma senza aspettarsi gratitudine.
Essere legati a lei,
pur essendo liberi.
Essere un tutt’uno con lei,
pur essendo se stessi.
Ma per riuscire in tutto ciò,
la cosa più importante da fare è
accettarla così com’è,
senza pretendere che sia come si vorrebbe.
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Omar Falworth
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pollicinor · 8 months
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Il ruolo che la ‘nduja ha avuto negli ultimi anni nell’immagine della Calabria fa impressione. Mai c’è stato un testimonial così potente e persuasivo. Ha surclassato il grande Rino Gattuso, ha surclassato pure Rino Gaetano. «Sì, ma a noi di Cosenza la ‘nduja ci mette in estrema difficoltà». Già. Siamo sempre stati per la suprissata, il salume che, quando è veramente buono, lacrima (un segno di autentica calabresità: nelle cose belle c’è sempre un filo di pianto). La ‘nduja, diciamola tutta, è made in Spilinga. Il maggior successo di marketing calabrese è storicamente catanzarese. «Confessiamolo: della ‘nduja noi cosentini non sapevamo manco l’esistenza, però dobbiamo accettarla, anche se è catanzarese, perché siamo persone che accettano i trionfi come le sconfitte con dignità e classe. E quindi accettiamo la sconfitta del nostro territorio e la vittoria dell’altro territorio. Hanno trovato il packaging giusto per questa terra difficile. Una vittoria per tutta la Calabria».
Dall'intervista "Brunori Sas: «I primi tempi alla radio mi chiedevano di parlare di ‘nduja e non di musica»" di Antonio D’Orrico
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principessa-6 · 2 years
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Amare qualcuno significa sforzarsi di accettarla esattamente così com'è, proprio qui e ora... 🤍 💜 🤍
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schizografia · 7 months
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Sui vantaggi di non essere ascoltati
Inattuale è innanzitutto quella parola che si rivolge a un pubblico che in nessun caso potrà riceverla. Ma proprio questo definisce il suo rango. Se un libro che si rivolge solo ai suoi lettori deputati è poco interessante e non sopravvive al pubblico cui era diretto, il prezzo di un’opera si misura invece proprio dalla temerarietà con cui interpella coloro che non potranno accettarla. Profezia è il nome di questa speciale temerarietà, destinata a restare inaudita e illeggibile. Ciò non significa che essa conti di essere un giorno – per ora lontano – riconosciuta: un’opera resta viva solo finché vi sono lettori che non possono accettarla. La canonizzazione, che rende obbligatoria la sua accettazione, è infatti la forma per eccellenza del suo deperimento. Solo in quanto mantiene nel tempo una parte di inattualità l’opera può trovare i suoi autentici lettori, cioè quelli che dovranno scontare l’indifferenza o l’avversione degli altri.
L’arte della scrittura non consiste perciò soltanto, com’è stato suggerito, nel dissimulare o lasciare non dette le verità a cui si tiene maggiormente, quanto innanzitutto nella capacità di selezionare il pubblico che non vorrà riceverle. Va da sé che questa selezione non è il frutto di un calcolo o di un progetto, ma solo di una lingua che non concede nulla all’attualità – cioè alle regole che definiscono ciò che si può dire e il modo in cui dirlo. Che sia limpida e ferma – o, come spesso avviene, oscura e balbettante – profetica è in ogni caso quella parola, la cui efficacia è precisamente funzione del suo restare inascoltata.
Giorgio Agamben
13 ottobre 2023
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140eoltre · 9 months
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"− Dal punto di vista della vita privata? Io ho deciso di vivere come figlia, non ho mai pensato di avere un'altra famiglia. Questo come donna mi ha reso più libera di impiegare tempo e tenacia per ciò che volevo fare. Mi stava a cuore l'amore inteso come conquista, il piacere di piacere. Come con il pubblico: piacevo agli spettatori, conquistavo gli uomini. − Una volta conquistati non le interessavano più? Purtroppo questo era un mio difetto. È una cosa che oggi non farei, mettere via tutti quegli uomini che ho messo via. Probabilmente anche il marito serve, col tempo diventa un compagno, un complice, una persona di fiducia. Questo io non ce l'ho perché non ho mai voluto sposarmi. Ho una struttura da dongiovanna. E me ne sono pentita, di mariti se ne sono proposti diversi e io ero fuggitiva, ma è stato sbagliato perché adesso mi farebbe piacere. − Ha tanti amici? Sì, ma non è proprio lo stesso. Da piccola volevo scrivere i nomi di tutti quelli che avevo conquistato, era una lunga fila. E si è allungata per tanti anni. Finché il mio ultimo compagno, molto più giovane di me, è morto in un incidente d'auto. Da allora penso: potrei fare un elenco di tutti gli amici e le amiche che ho. Sono elenchi allegri. Io sono innamorata dell'amore. − Non rimpiange la mancanza di figli? No, non avevo nessun interesse per i figli. Pensavo solo al mio nome e all'amore, che è un grande antidoto contro la morte. E anche se adesso non ho un innamorato, penso che potrei averlo benissimo nonostante io sia grande. Mi servirebbe, contro la malattia, la morte. − La morte le fa paura? Non riesco ad accettarla, perché amo molto la vita. Prima di andare via, spero di trovare un modo per godermi tutto il tempo che sto qua, in maniera piena. − Diceva che si è sempre sentita «diversa»: fin da bambina? Abbastanza. Credo di essere una persona un po' originale, ho dentro una forza canterina. Questo, unito a una visione tragica, fa di me una persona singolare. Poi, siccome non sono andata a scuola e ho sempre vissuto di fantasia, è facile che nel bisogno io chieda aiuto a me stess a anziché ai libri. − Se non andava a scuola, non aveva compagni. Si sentiva sola? Sì. Da una parte vedevo i ragazzi che andavano a scuola e pensavo: poveretti devo alzarsi, prendere paura del maestro... sa, io temevo molto i rimproveri. Dall'altra avevo molto tempo a disposizione, le ore diventavano lunghe, anche quando stavo a lavorare in sartoria. Questo procedeva di pari passo con i traumi: portare la mamma (che era bipolare, ndr) al manicomio, vedere mio padre criticato. Ma io li ho affrontati anche con aria canterina, e non ho mai voluto abbandonare i miei genitori.
PIERA DEGLI ESPOSTI intervistata da Marina Cappa per Vanity Fair n. 48 del 4 dicembre 2019
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susieporta · 4 days
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Quando proviamo un'emozione siamo spesso convinti del fatto che basta averne la sensazione interna per "provare" quell'emozione.
In realtà l'emozione è data dal sentimento interiore, e dall'espressione emotiva di tale sentimento all'esterno.
È ciò che sento e ciò che esprimo ad essere "emozione".
Se non riesco ad esprimere fisicamente in modo congruo a ciò che sento un'emozione, significa che sto inibendo quello che provo, insieme al bisogno sottostante.
Infatti, ogni emozione implica un bisogno sottostante il quale si dirige, se vogliamo soddisfarlo, verso l'esterno, attraverso l'espressione di quella emozione che lo riveste.
Se ad esempio io provo rabbia, il bisogno sottostante è quello di cambiare una situazione che non mi sta bene e che provoca in me un senso di ingiustizia, cui reagisco provando rabbia, appunto.
L'espressione fisica della rabbia può prendere la forma dell'aggressività.
Quindi la rabbia è quello che provo.
Ma è anche, come si dice in Gestalt, una funzione di contatto.
Cioè mi serve per manipolare l'ambiente in funzione di ciò di cui ho bisogno.
Se l'ambiente viene percepito come pericoloso rispetto alla espressione della mia rabbia, oppure non adeguato a contenerla o ad accettarla come un elemento naturale del mio sentire, oppure io ho incamerato in me la convinzione di non poter esprimere la rabbia, io inibirò tale sentimento attraverso una tensione muscolare o respiratoria di qualche tipo.
Tale tensione si rivelerà mediante una contrazione corporea di qualche genere, la quale mi impedirà di esprimere ciò che sento in modo congruo.
Questa incongruità tra sentire ed espressione del sentire, genera a sua volta una reazione inadeguata da parte dell'altro.
Ad esempio, se io inibisco l'espressione della rabbia all'esterno essa verrà percepita come semplice frustrazione, oppure addirittura paura, vulnerabilità, sottomissione o remissione.
Ci sono persone che esprimono la rabbia ridendo, cioè mediante una espressione frustrata della rabbia la quale diventa nella sua espressione fisica sarcasmo, ironia o autoironia.
Pur di non ferire l'altro inibiscono ciò che provano, veicolando a questo punto un'altra informazione.
L'altro non potrà che reagire a sua volta in modo blando, o diverso da come ci aspettavamo.
Nel caso della tristezza, ad esempio, per qualcosa che ci ha ferito, se non riusciamo a esprimere pienamente tale emozione a qualcuno da cui vogliamo essere ascoltati, probabilmente egli reagirà con uno scarso sostegno, empatia, calore umano.
Questo perché la nostra espressione della tristezza non comunica pienamente quanto era importante per noi quel fatto che ci ha ferito al punto tale da voler condividere il nostro dolore con qualcuno.
Ma l'azione coerente con il sentire ci connette anche con noi stessi.
Non posso sentirmi debole se agisco nel mondo con forza.
Così come se esprimo debolmente la rabbia, viceversa, mi sentirò debole.
Se esprimo la tristezza inibendola, contraendo il diagramma e la faccia per non piangere, non posso sperimentare realmente le profondità del mio dolore.
E quindi paradossalmente non posso liberarmene.
Conosco persone che non riescono a piangere veramente o esprimere in modo totalmente pieno la rabbia, e quindi sono intrappolati in questi sentimenti frustrati da anni.
Sto parlando di comportamento motorio puro e semplice: di muscoli, nervi e ossa.
Questa inibizione può essere funzionale all'autoregolazione.
Ma se diventa cronica, cioè inconscia, reattiva e difensiva, rappresenta un problema.
L'inibizione delle emozioni spinge tali elementi a circolare in modo tossico nel nostro corpo, sottopelle.
L'espressione piena, totale, di un'emozione, viceversa, implica una scarica altrettanto piena e quindi uno svuotamento di quell'emozione dal nostro corpo.
È così per tutti, perché il sistema nervoso è uguale per tutti nei suoi aspetti funzionali.
È difficile che ci siano eccezioni in quanto si tratta di canali energetici, e di dinamiche di carica e scarica.
Prima cominciate a esprimere realmente e pienamente ciò che provate, prima vi ricontatterete, prima vi libererete delle vostre scorie tossiche.
Conosco persone che prima di esprimere la rabbia erano paradossalmente scariche, e si sentivano svuotate.
Questo perché inibivano la rabbia dentro di sé.
Una volta espressa pienamente la rabbia si sono sentite piene di energia, vitali, forti.
Il problema, come sempre, non sono le emozioni in sé, ma come le gestiamo.
Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale
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