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#violenza di genere
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"Avevo cinque anni. L'insegnante ha scritto sulla lavagna: "Tutti gli uomini sono mortali". Ho provato un enorme sollievo, una grande gioia.
Quel pomeriggio, quando uscii da scuola, corsi a casa e abbracciai molto strettamente mia madre.
"Che fortuna mamma, tu non morirai mai! "Gli ho detto, rapito.
"Cosa? " chiese mia madre, sorpresa.
Mi sono separato appena da lei e le ho spiegato:
- La maestra ha scritto sulla lavagna che gli uomini sono mortali.
E tu sei una donna!. Per fortuna sei una donna, ho detto e l'ho riabbracciata.
Mia madre mi ha teneramente separato dalle sue braccia.
- Questa frase, mia cara, include uomini e donne. Tutti e tutte moriremo un giorno.
Mi sono sentita completamente sconvolta e delusa.
- Allora perché non l'ha scritto? : "Tutti gli uomini e le donne sono mortali"? Ho chiesto.
Beh- ha detto mia madre, in realtà, per semplificare, noi donne siamo rinchiuse nella parola "uomini".
- Chiuse? - Ho chiesto. Perché?
— Perché siamo donne - mi rispose mia madre.
La risposta mi ha sconcertato.
E perché ci rinchiudono? Gliel'ho chiesto.
È molto lungo da spiegare, rispose mia madre. Ma accettalo così. Ci sono cose che non sono facili da cambiare.
- Ma se dico "tutte le donne sono mortali"? Rinchiude anche gli uomini?
- No- rispose mia madre. Questa frase riguarda solo le donne.
Ho avuto una crisi di pianto.
Ho capito all'improvviso molte cose e alcune molto spiacevoli, come che il linguaggio non era la realtà, ma un modo per rinchiudere cose e persone, a seconda del loro genere, anche se sapevo a malapena cosa fosse il genere: oltre a servire a fare gonne, il genere era una forma di prigione. "
(Cristina Peri Rossi - Scrittrice uruguaiana vincitrice 2021 del Premio Cervantes)
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fioredialabastro · 5 months
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Una rabbia costruttiva
La vicenda di Giulia mi ha sconvolto più delle altre. Penso a quando mi sono laureata alla triennale quattro anni fa e il mio ragazzo di allora, malato di depressione, arrabbiato col mondo e per nulla intenzionato a farsi aiutare nonostante gli sforzi, era palesemente invidioso, al punto da sussurrarmi all'orecchio, un minuto prima di essere chiamata sul palco e proclamata dottoressa: "Certo che qua i 110 e lode li regalano, alla mia facoltà te li sogni". Quella frase, ovviamente, fondava le radici su parole e gesti ben più gravi, come quando prendevo bei voti agli esami e mi diceva che ero stata solo fortunata a ricevere le domande giuste, o quando mi costringeva a studiare con lui e mi lasciava rinchiusa nella stanza, impedendomi di tornare a casa o di andarsene dalla mia finché non aveva finito ciò che doveva. Allora penso all'invidia di Filippo per i successi professionali di Giulia, a come la sua rabbia si sia trasformata in un agghiacciante omicidio premeditato e realizzo quanto io sia stata fortunata del fatto che le violenze del mio ex si fossero fermate a qualche passo dall'inevitabile, anche dopo averlo lasciato.
È una sensazione terribile, perché solo adesso, a distanza di tutti questi anni, mi rendo conto profondamente della gravità della situazione che stavo vivendo. Tante volte, di fronte all'ennesima sopraffazione da parte sua, ho pensato: "Stiamo insieme da quattro anni, mi ama ma non riesce a dimostrarlo e poi non sono mai tornata a casa con un occhio nero, non può essere paragonabile a quelle storie che sento al telegiornale". Invece sì, lo è. Probabilmente, se non lo avessi lasciato facendogli credere che la scelta fosse sua, se mio papà non fosse intervenuto in maniera diplomatica dopo la rottura, a lungo andare avrei fatto la stessa fine di Giulia e di tutte le altre vittime. Perché quando vivi una relazione tossica, non sei consapevole di dove può arrivare la persona che dice di amarti e che credi di amare, anche se conosci bene i suoi problemi e ciò che un rapporto sano richiede. Si minimizza, si giustifica, si muore, lentamente.
Così, quando credo di aver superato il passato perché mi sento in pace per essere riuscita a perdonarlo e a non augurargli il peggio, ecco l'ennesima donna che muore per mano maschile, ricordandomi che il perdono ha senso solo se non si dimentica il male ricevuto. Perciò sì, sono stata fortunata, ma non per questo vado a ringraziare il mio ex per non avermi ammazzato. Piuttosto, voglio che questa rabbia rimanga, per continuare a lottare per una società più giusta, per non sentirmi più una sopravvissuta ogni volta che si parla di femminicidio.
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escapethewonderland · 5 months
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If tomorrow it's my turn, I wanna be the last one.
Tonight I sat down to journal but the rage I'm feeling doesn't allow me to leave those words on a piece of paper that I'll be the only one to read. I need to share this with you, in hopes of a better future.
This post is different from my usuals, it's nothing I've done before so I'm going to put trigger warnings before you continue reading.
TW: toxic relationship, d3ath, kidnapping, femicide
If you're uncomfortable reading about these topics, I kindly ask you to stop here.
It won't be coherent, it's been a hurtful week.
This isn't fiction. This is real life.
This is a story that has been all over medias in Italy for the last week.
The narrative that media (newspapers, tv news, social medias) is perpetrating is a pretty fabricated fantasy, a mirror of a patriarchal society that views women as objects, pretty, little things to be possessed, devalued of any quality or importance. We're dolls to be toyed with instead of human beings. It's a disgusting reality that we wake up everyday to and we're tired. We're fuming with a deep rooted rage that will shake this world to the ground.
Because this isn't a story of 2 young, ex lovers running away together like they want us to believe.
It's a story about Giulia, a 22 years old young woman with a brilliant future ahead waiting for her, that was brutally attacked by her ex boyfriend, kidnapped and killed.
"The good guy who would ever hurt a fly". Oh yes, he wouldn't a fly, but he did hurt a woman. A good guy doesn't profess her love for you then beat you to a pulp to drag you into his car when you try to escape. A good guy doesn't control you, a good guy isn't possessive of you to the point it becomes stalking.
None of it is love.
None of it is a good guy.
For a week we've been keeping that fickle of hope alive, that little flame resisting even after all the horrors we know women suffer at the ends of men believing they're entitled to them, like a property they paid for.
However, us women as a collective knew the truth in our hearts already, no matter how hard we tried to pray for a better outcome. She wasn't coming back. Because we've seen thousands of Giulias before her. She's the 105th victim of femicide in Italy from the beginning this year.
105.
Giulia was every single one of us girls and women. She was young, she was brilliant-she was supposed to graduate uni that same day she disappeared. She had a life ahead, full of dreams to be turned reality. She was loved deeply.
Using the past tense is a failure of our society because Giulia was supposed to be with us on this Earth to this day and many more going forward.
Her spirit will live on forever, never forgotten.
We'll burn everything for her, in her name and in the names of the other women whose lives were taken away too soon.
We'll burn everything until our world won't start to change.
I'll leave a poem down below from activist Cristina Torres Caceres that is being used a lot right now to remember Giulia and to light the fire in our raging, bleeding hearts.
Read about her, spread her name and keep her memory alive.
Giulia is us and we're Giulia.
Rest in power.
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If tomorrow it's my turn, mom, if tomorrow I don't come back, destroy everything. If tomorrow it's my turn, I want to be the last one.
english source italian source
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abbattoimuri · 8 months
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Sorella non sei sola: Non Una Di Meno in piazza a Palermo
Dopo la vicenda dello stupro di gruppo a Palermo, arriva la presa di parola del movimento femminista con una manifestazione per le strade del centro della città. Pubblico il comunicato di Non Una Di Meno Palermo Continue reading Untitled
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ilfascinodelvago · 5 months
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Metteranno pure l’obbligo per le scuole di esporre un cartello con la durata media delle pene per reati sessuali?
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saayawolf · 5 months
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❤️‍🩹
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fairyb0ii · 5 months
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klimt7 · 1 month
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16 anni di violenze fisiche e psicologiche dal marito.
UN LIBRO CHE RACCONTA UNA LIBERAZIONE DALLA SCHIAVITÙ DI UNA DONNA
"PENSIERI DI UNA DONNA SCALZA"
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b0ringasfuck · 8 months
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Schlein come Mentana: tra un po' la vedremo ai dibattiti di Casa Pound
Ma che cazzo vuol dire "sulla violenza di genere lavoriamo insieme"?
Non ditemi che non capite che così gli date rispettabilità e vi mettete allo stesso livello di dei buffoni fascisti?
Questi sono a favore della violenza di genere, della donna a casa che stira, del "portava la minigonna un po' se l'è cercata".
Con la scusa di essere pragmatici e senza pregiudizi li rendono interlocutori credibili.
Poi non ditemi che la storia dell'armocromista non era un'avvisaglia di quanto il PD sia rimasto nemmeno inutile, proprio dannoso.
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Arrestato Filippo Turetta in Germania eppure quanti sono ancora semplicemente dormienti e a piede libero. Servono misure di risoluzione immediate per quella che è ormai un’emergenza sociale. Non è inasprire le pene ma educare e fronteggiare un modus vivendi tanto arcaico quanto malato. Vi allego questo post scritto da un uomo, non so chi sia l’autore ma fa riflettere. Se trovate la fonte per favore informatemi che pubblico il suo nome. Grazie.
Un abbraccio a tutte le famiglie coinvolte.
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Mi fa spaccare questa cosa del “non è il patriarcato è che non sappiamo relazionarci con l’Altro, soprattutto donna”
Bimbi, l’Occidente maschile e bianco, aristocratico prima e borghese poi, non ha mai saputo relazionarsi con l’Altro da quando ne ha scoperto l’esistenza, se non attraverso violenza e oppressione sistemiche, a prescindere che l’Altro fosse donna, nero, ebreo o mussulmano
Senza dimenticare l’Altro che ognuno è a se stesso, con quello è sempre andato meno d’accordo che col resto probabilmente
Fate voi
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Il patriarcato non esiste mentre vorrebbero che stessi al tuo posto, dicessi quello che vogliono loro, reagissi come vogliono loro, ti vestissi e truccassi come vogliono loro. Il patriarcato non esiste per chi si crogiola nei suoi privilegi.
-laragazzadagliocchitristi
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abbattoimuri · 13 days
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Il Papa si appropria (malamente) del termine "femminicidio"
Si chiama Dignitas Infinita, dichiarazione curata da un prefetto e firmata dal Papa. il documento sarebbe stato frutto di un lungo parto del magistero papale che immagino si faccia i fatti delle persone che non vivono neppure in Vaticano. E indovinate un po’? Si concentra soprattutto, a ben vedere dai titoli delle news, su tutte le persone egualmente discriminate. Mentre le donne si trovano nel…
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yourtrashcollector · 1 year
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È facile, dall'esterno, illudersi che ci allontaneremmo senza esitazione se una persona ci maltrattasse.
È facile dire che non potremmo continuare ad amare qualcuno che ci maltratta quando non siamo noi a sentire l'amore di quella persona.
Quando lo provi sulla tua pelle, non è così facile odiare chi ti maltratta se, il più delle volte, questa persona è un dono del cielo.
Colleen Hoover, It ends with us (Siamo noi a dire basta)
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siriafede · 10 months
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Voleva cambiarmi, voleva che mi vestissi solo in un certo modo, che guardassi sempre a terra, che non parlassi con nessuno. 
Sotto la sua crescente pressione ho cancellato tutte le mie foto perché lui si incazzava, così pure i numeri di telefono degli amici maschi, i social, e ancora non bastava per lui. Non dovevo rispondere a nessuno, non dovevo parlare più di uomini e con gli uomini, anche se si trattava di parenti o colleghi. Non potevo guardare in faccia gli altri maschi, nonostante io fossi in sua compagnia: sarebbe stata come una provocazione, e dovevo essere sempre super coperta, nonostante io non indossassi niente di scollato o volgare, ma soprattutto.. non potevo esprimere la mia opinione.
 Tutto mi sembrava sopportabile pur di essere felici insieme e far andare bene la nostra relazione. E queste sono le prime piccolezze.. dopo si va avanti: nessun contatto con la famiglia, nessuna uscita né con parenti né con amiche, nessuna casa, dovevo stare sempre con lui, nessun lavoro, me li ha fatti perdere tutti, non potevo utilizzare il telefono in nessun modo e per nessun motivo.
Poi sono iniziate le botte. Potevano scattare per gelosia così come per paranoie che lui si ficcava in testa (come che lo tradissi, che parlassi male alle sue spalle, che gli nascondessi qualcosa).
Nell'intimità, non provavo quel coinvolgimento fisico e sentimentale che dovrebbe essere il segnale e la base di un amore, di una relazione sana e profonda.
 Nei mesi successivi iniziai a capire che la situazione che stavo vivendo non era normale, che non poteva continuare così, allora decisi di allontanarmi. Inutile dire che la situazione peggiorò, lui impazzì: non poteva più avere il controllo su di me, e di conseguenza, continuarono gli episodi di violenza fisica. Pensai che tornando con lui le cose si sarebbero sistemate, che magari l’avrei saputo gestire.. ma ogni giorno diventava sempre più pesante. Dopo le botte provava a farsi perdonare con vestiti, caramelle, attenzioni.. e si scusava pure! 
“Scusa per quello che ti ho fatto, ma tu mi porti a questo”
Un giorno poi mi picchiò ed era deciso a farmi morire, e io onestamente pensavo sarebbe andata proprio così, che sarei morta davvero e da quel giorno questa sensazione non mi ha più abbandonata. Non riuscirò mai a scordare quel suo sguardo impassibile mentre lo faceva.
Non sarò mai più in grado di credere veramente di essere al sicuro, ma continuerò sempre a lottare per ritrovare la fiducia nelle persone, nelle loro parole, nelle loro azioni..
La cosa più difficile di questa situazione è stata essere creduta. Ne parlavo con alcune persone, anche persone a me vicine.. volevo che capissero, ma lui era talmente bravo da far passare me per quella “pazza”, fino a quando non hanno visto e realizzato con i loro occhi quello che mi stava accadendo. Mi fa tanta rabbia non essere stata creduta, ciò mi ha portata a sentirmi sbagliata e ho avuto il pensiero che quello che mi stava capitando, in fondo, era solo per colpa mia.
Tante cose sono cambiate e solo adesso a distanza di tempo me ne rendo conto: per esempio salto come una molla, quando cercano di accarezzarmi o di abbracciarmi o sentendo una voce. Mi soffermo sempre a pensare che "una vita normale" io non sappia più manco cosa sia.
Sono anche arrivata a pensare che forse la soluzione migliore sia quella di porre fine alla mia vita, e ho vissuto più volte quel momento prima di addormentarmi la sera, pensando a quanto sarebbe stato bello non svegliarsi la mattina successiva.
Ho avuto il pensiero di scappare, di nascondermi ma, nello stesso tempo l'enorme paura di venire ritrovata e per questo punita ancora di più.
Ho sognato di avere un'altra vita, di avere abbracci protettivi che scaldano e non quelli possessivi che lasciano lividi sul corpo.
Mi è capitato di implorare con gli occhi, sperando che qualcuno li sapesse interpretare e comprendere.
Quante volte ho trattenuto le lacrime per la paura di ricevere un pugno, mentre subivo l'ira di chi avevo al mio fianco.
Ho provato quella sensazione di non sentire più il dolore fisico tanto ero abituata a sopportarlo, quasi come se fosse normale vivere nel dolore fisico e mentale.
Ho provato il non sapere più cosa vuol dire vivere tranquilla.
Arrivare a pensare fortemente a una parola "aiuto", ma di non poter mai dirla a qualcuno. Urlare con tutta la mia forza, per far capire di quanto sia in difficoltà, in pericolo, in estrema sofferenza.
Tutte queste cose non sono fatti eccezionali nella vita, che possono capitare in alcuni momenti della vita. Per alcune persone tutti questi stati d'animo e situazioni sono presenti nella vita di tutti i giorni.
La vita di una donna che subisce violenza non può essere considerata tale. 
Non è vita ma un cercare di rimanere viva, di salvarsi e cavarsela ogni giorno.
Nella violenza non si vive, nella violenza ci si spegne e si muore.
Un vero uomo le donne le rispetta, non usa la violenza.  
La violenza non è solo fisica, ma anche psicologica. Ci fate credere che siamo noi a meritarcelo. La violenza non sono solo botte e lividi sulla pelle, ma anche parole, possessività, il volerci tenere chiuse impedendoci di essere donne libere, la gelosia possessiva, il non accettare che "un no è un no!".
La violenza siete voi uomini che credete di essere i padroni delle donne, pensando di poter prendere decisioni che riguardano le donne ed i loro corpi.
La violenza non è solo fisica, ma si nasconde dietro mille sfumature.
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saporsalato · 11 months
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Giocavo ancora con le barbie quando lui mi urlava che ero scema, che ero una puttana, che ero una piagnucolona, che non capivo nulla.
Quando lui mi tirava uno schiaffo perché era tornato a casa dal lavoro ed era nervoso.
"tuo padre ti ama tanto", mi dicevano.
"devi portare pazienza, lui é fatto cosí, ma ci soffre", giustificavano.
"é colpa tua, lo sai che non devi rispondergli", e mi sentivo colpevole.
Le mie amiche mi dicevano che no, non era normale. Che la mia rabbia era giustificata. Che dovevo chiedere aiuto, che quella non era una famiglia.
E io pensavo che avevano ragione, ma dove mai potevo andare? E se lui si fosse arrabbiato ancora di piú? E se stessimo esagerando?
In fondo é un padre, non puó non amare la propria figlia. A volte mi dice che sono brava e intelligente. A volte ride e scherza con me.
A 23 anni la mia prima relazione. Mi sembrava un bravo ragazzo, non urlava mai e non si arrabbiava.
3 anni dopo ci fu la nostra prima grande litigata, lui alzó la mano come per picchiarmi e io me ne andai.
Mi sentivo ancora colpevole.
Dov'erano i segnali che non avevo visto?
Perché non lo avevo capito, sono davvero cosí stupida?
In fondo ha fatto solo il gesto, ma si é trattenuto, ho esagerato?
É colpa mia?
No, ho avuto paura. Avrei continuato ad averne ogni giorno, da quel momento, se non me ne fossi andata.
Non gli parlai piú. Non lo vidi mai piú.
Per un anno sua madre chiamó mio padre quasi ogni settimana. Passarono per casa mia a piangere e parlare male di me.
Mio padre era dispiaciuto per lui.
Le mie amiche mi erano ancora accanto, a difendermi, a parlarmi, a salvarmi.
Ci ho messo 27 anni a capirlo.
Ho cambiato paese, per prendere le distanze da casa mia, per vedere le cose da una prospettiva piú lontana.
Io lo sapevo che la violenza non é normale e non va giustificata, lo dicevo con gran vemenza.
Ma quella realtá era tutto ció che conoscevo. Volevo amore e uguaglianza, ma ero fatta di paura.
Paura di non meritare qualcosa che sembrava fuori dalla mia portata, qualcosa che per me era come un unicorno, perché tutti ne parlavano ma io non lo avevo mai vissuto.
Perché quando cresci in un ambiente cosí tu non ti senti meritevole di amore e cure. E te lo dici ogni sera che ti meriti di piú. Ma non ci credi veramente, e non lo sai di non crederci.
Perché dentro di te hai rabbia e parole denigranti e schiaffi ingiustificati e tante giustificazioni, te le hanno sempre ripetute, sono radicate in te.
É come una corda che ti tiene prigioniera e non sai sciogliere, e ogni giorno lotti per liberarti e poi ti arrendi.
Poi ho avuto bravi uomini. Ho avuto una brava psicologa. Ho ancora le mie amiche, che non mi hanno mai lasciato sola in questi 15 e passa anni.
Ho dovuto perdonare per salvarmi l'anima, ma non ho dimenticato.
E mi sento fortunata.
E penso a te, Giulia, perché io non ti conoscevo e ho saputo della tua esistenza nella maniera peggiore che esiste. Penso a tutte le vittime che non sono state fortunate. E penso che ognuna di noi poteva essere Giulia.
É facile parlare col senno del poi. É facile, per alcuni, dire che "ce l'andiamo a cercare/ se non sono stronzi non li vogliamo/ dobbiamo imparare a difenderci".
Piú difficile é guardare la vittima e sentirsi un po' responsabili.
É il nostro fallimento come esseri umani che non scendiamo forse abbastanza in piazza, che ci arrabbiamo contro le ingiustizie e il giorno dopo ce ne dimentichiamo, che quando qualcuno viene picchiato in mezzo alla strada ci allontaniamo e non aiutiamo.
É fallire ogni volta che co arrendiamo e diciamo "ma che vuoi mai, é cosí che va, che ci vuoi fare".
É il fallimento di una scuola che insegna le guerre ma non l'amore.
E forse é la mia ferita che parla, forse ancora mi sento una colpevole mai vittima.
Ma a volte mi chiedo se io stia facendo abbastanza. Se forse sono troppo abituata al fatto che il mondo sia cosí e non si possa cambiare.
Oggi Giulia non potrá rivedere le sue amiche, la sua famiglia, crescere la vita che portava in grembo.
E mi sento come se fosse anche un po' colpa mia.
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