Tumgik
#robnemmon
agapaic · 5 years
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BETHAN I MISSED YOU SO MUCH BABY HOW ARE YOU?😭
Rob I’ve missed you so much too. I feel like I haven’t been here in FOREVER. I just peeked at your blog and I’m so happy to see you pursuing your art with so much dedication and passion (even if it falls away now and again). Always rooting for you and want to see you thrive; you better give me that URL when/if you get a new blog up and running. All okay on my end - lots of change happening. Zero confidence in writing anything anymore ha and feel like I need some serious study/practice! Lots of love. x
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dumbassh0e · 6 years
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teacher & student - an evening in
[commissioned by super awesome artist @robnemmon !♡]
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guanshanbabyfox · 4 years
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Commission by @robnemmon ♡
※ Don't repost
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neioo · 3 years
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one more post before i force myself to work but cover comparison ^u^
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original cover by robnemmon
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Photo
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Very cool He Tian art by the talented and original @robnemmon for my short fic about the He brothers At the Shore
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argendriel · 4 years
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6 facts tag game
knrules: share 6 random facts about yourself and tag 6 people. tagged by: @robnemmon  ♥ ♥ ♥
I casually collect Japanese tea cups.
It is my firm belief that crows are the best animals, no competition.
I love horror in all media but I’m very much not good at all with horror games (at least when I play them myself).
I prefer trees, ferns and grasses to flowers
I love lost places and would love to do urban exploration but I’m too paranoid about trespassing and the buildings collapsing on me.
I hate aniseed - the smell alone causes nausea for me.
I don’t think I can get 6 people to tag but this will have to do: @whiteowly , @knopfimperator , @koenigskupfer  aaand anyone who wants to, I guess?
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penseesduncookie · 6 years
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RULES - Bold statements are true & tag 15 people -Tagged by : @afanof19days​
APPEARANCE
I am over 164cm / I wear glasses / no contacts / I have brown hair / I wear sweaters a lot and blouses  / I prefer loose clothing to tight clothing / but i like to mix both / I have 4 earrings / no tattoo / I have brown eyes / no make up/ I am pleased with how I look / I have more body hairs than other girls/ olive skin (lol i didn’t knew this expression) / I have dead fish eyes/ I’m a skinny gorilla
HOBBIES AND TALENTS
I don’t play a sport or instrument / I am artistic / I love to draw / I know more than one language / I love latin / I love movies / I enjoy singing / I like to mangle kpop choregraphies / I like to play with my hair / I love fashion and photography/ i’m really interested in feminism, sexuality and appearence issues
EXPERIENCES
I don’t know if my first kiss was really a kiss haha / I have gotten drunk / I have traveled outside of the country/ never been in love/ never had a boyfriend / my first time was 2 month ago / 18 years of nothing/ i hab drive a tractor at 6 years old.
RELATIONSHIPS
Sexy free and single / I have been single for over a 19 years / I don’t have a crush / I have a best friend / I have a brother and two sisters/ I’m the single friend who give advice/ I’m shy
AESTHETICS
I often fall asleep in a moving vehicle / I sing and dance in the shower/ my energy tire my family/ i only read 19days fanfic before sleeping/ “ The metamorphoses” are patiently waiting to be read on my bedside table/ I listened to boys talking about their dick for hours (their masculinity i mean, really interesting)
MISCELLANEOUS
I have collect shellfishes for cactus/ I enjoy rainy days / I have slept under the stars / I listen to music to fall asleep sometimes / I enjoy thunderstorms / I like to look the sky when it’s snowing / i always observe peaople / i would like to go jogging
I tag : @call-me-ala @fuckyeahtianshan @barabounty @robnemmon  @funnysociety  @jowchi  @ma-lish  @whotwhatwhot 
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tianshan-ita · 6 years
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RISING UPSIDE DOWN 3/3
[FIC] RISING UPSIDE DOWN: fine [3/3] he tian x mo guan shan - autore: @agapaic tags/note: angst, linguaggio scurrile, allusioni sessuali, baci non consensuali; inspirato da “Rising Upside Down” dei SYML, da quest'opera d'arte commissionata a @robnemmon, e da una conversazione con @19daysruinedmylife. trama: Jian Yi scompare il secondo giorno di liceo. Come farà He Tian a dire a Guan Shan che sta partendo anche lui? links: parte uno | parte due | leggi su ao3 (in inglese)
Le impronte di Guan Shan bagnano le assi del pavimento mentre lui cammina nella sua stanza, l'asciugamano lento in vita, le spire di vapore che si diramano dietro di lui, e apre uno spiraglio di finestra. Le luci della città gli rispondono brillando, i motori e i clacson della auto risuonano stonati nella stanza. Ha la pelle calda per la doccia e leggermente umida al tatto, e l'umidità che c'è fuori gli preme addosso, calda e soffocante. Si strofina via le gocce d'acqua dalla pelle con l'asciugamano e si infila un paio di mutande pulite. Odora una maglia che era appallottolata sul pavimento, controlla se ci sono macchie, e si mette anche quella, la scollatura pesante per le gocce che si appendono ai capelli per poi scivolargli lungo il collo, l'aria talmente calda e umida che non si sente mai completamente asciutto. Sul letto, il cellulare è illuminato da una pioggia di notifiche, e lui lo raccoglie dalle lenzuola e scorre il dito sui messaggi recenti. Ho un biglietto gratis per la partita di stasera. Ci sei?
Lancia un'occhiata al nome della chat—un gruppo con un paio di ragazzi che conosce ma che non sono suoi amici; conoscenze di circostanza. Quanti sono quelli che conosce ma che non sono suoi amici? In quanti cerchi sociali nuota come un'ombra tremante, senza mai trovare il suo posto, per poi scomparire quando il sole tramonta, ingoiato tutto intero dalla notte?
Mentre ci pensa, analizza la stanza: il letto (troppo piccolo, disfatto), il comò di seconda mano (i vestiti che si riversano dai cassetti rotti e sul pavimento), una scrivania (consumata, graffiata dai tagli pigri di un temperino, e soffocata dal peso di riviste e cartacce e spiccioli). Una bottiglia di birra aperta da qualche giorno se ne sta mezza piena e stantia sul suo comodino, ambra che brilla sotto la luce della lampada. Lui sa che, sotto al materasso del letto, alle molle rotte, troverebbe un pacchetto di sigarette accartocciato e un accendino zippo senza liquido. La verità è allo scoperto nuda e cruda, un sapore amaro in bocca, stantio come la birra vecchia e le sigarette rotte: lì non c'è niente per lui. Non c'era niente quando si era trasferito lì a diciott'anni, nè quando ha comprato l'affitto della casa un paio di settimane fa, quando ne ha compiuti diciannove. Soldi sprecati che non potevano essere spesi in altro modo. Lì non c'era niente per lui prima, e non c'è niente per lui ora. Non stasera. E nemmeno mai. Ha smesso di cercare un posto in cui ci sia qualcosa. Sa dove quel qualcosa poteva essere. Forse. Probabilmente no. Ma i giorni e le settimane e i mesi sono passati, e lentamente tutti i qualcosa diventano niente. Le dita volano sulla tastiera. Non dovevano neanche chiederglielo. Non si sarebbe potuto permettere il biglietto comunque. Ma immagina come abbiano fatto loro ad ottenerlo. Quell'immoralità gli solletica l'interno del cranio, un tocco di piuma tra le intercapedini della sua spina dorsale, e poi basta. Certo, risponde. Ci si vede lì. _______________
Lo stadio è stracolmo e troppo caldo e gli fa ricordare che è di nuovo estate. Le scarpe da basket stridono sul pavimento, in campo i corpi sfrecciano veloci e zuppi di sudore. Guan Shan si tira il collo della canotta, la stoffa gli si appiccica alla schiena, il sudore s'imperla all'altezza della nuca tra le ciocche corte dei suoi capelli. La squadra locale sta vincendo, tra gli spalti  una sottile elettricità scorre con la scintilla della vittoria imminente. Guan Shan lascia che un sorriso gli tiri gli angoli della bocca mentre prende un sorso di birra, viene fatto un canestro da due punti. Manca ancora un quarto di gioco, e i ragazzi se ne sono già andati, polvere nelle loro tasche posteriori. Più tardi li troverà sballati in uno dei bar della città. Quando si sposta sul suo sedile è più conscio dei suoi movimenti, i sedili sono ormai vuoti intorno a lui e sente la pressione del coltellino a serramanico contro la cintura. "Furbo pezzo di merda," aveva gli aveva prima sussurrato all'orecchio Chueng Min. "Te lo porti per sicurezza?" "Stupido pezzo di merda," aveva detto Sung Tao, una spalla aveva urtato contro quella di Guan Shan mentre si allontanavano dagli agenti di polizia che gironzolavano intorno ai metal detector. Era stato troppo aggressivo per essere considerato amichevole; troppo agitato per essere scherzoso. Guan Shan se ne fregava. Sung Tao era così. "Folle pezzo di merda," aveva corretto Liu Bo. Il piercing al sopracciglio brillava sotto le luci dello stadio mentre si facevano largo tra gli spalti, e lo sguardo di Guan Shan era stato preso all'amo dal tatuaggio che Liu Bo aveva sulla schiena, l'inchiostro rosso fuoco delle scaglie di un dragone che sbucavano fuori dal collo della sua maglia. "Sei convinto che She Li verrà a salvarti se ti beccano?" Guan Shan gli aveva lanciato un'occhiata mentre si accomodavano nei loro sedili. "Sei convinto che non conoscano She Li?" gli aveva chiesto. "Sei convinto che non gli basti vedere il tuo tatuaggio di merda per capire subito chi siamo?" "Stai attento quando apri quella cazzo di bocca," aveva ringhiato Sung Tao. Guan Shan aveva risposto con un'alzata di spalle mentre si sedevano, stretto tra una donna alla sua sinistra, Liu Bo alla sua destra, abbastanza vicino da riuscire a sentire la puzza di fumo del suo alito, a vedere le sue pupille scure e dilatate. Gli aveva detto, piano, "La cosa dei poliziotti, Rosso, è che una volta che iniziano ad annusare i soldi, non sei più sicuro che saranno i tuoi cagnolini fedeli." "I poliziotti non ci ficcano un cazzo in tutto questo," aveva detto Chueng Min, stappandosi una birra. Tutta la schiuma era uscita fuori dalla lattina, e lui imprecava mentre si leccava la birra che gli scorreva sulla mano, poi aveva fatto spallucce. "Importa solo che lui lo succhi a She Li." Guan Shan aveva serrato la mascella. "Andate a farvi fottere tu e tua mamma." Chueng Min aveva sorriso con le nocche bagnate di saliva davanti alla bocca, feroce e lascivo. "Solo se tu porti la tua." "Vaffanculo." "Sei troppo suscettibile, amico," aveva fatto obiettivamente notare Liu Bo. Guan Shan aveva detto, "Sono esattamente come cazzo devo essere." "E cosa sei? Chi sei?" I suoi occhi, profondamente infossati nel cranio, scorrevano veloci sulla faccia di Guan Shan, come se riuscisse a vederci attraverso. Guan Shan si era convinto a stare seduto lì, e resistere, e ricambiare lo sguardo. Sapeva come tenere testa in queste situazioni; sapeva come ci si sente a essere scrutati e analizzati. In due modi. Innanzitutto era come se ci fosse un serpente, appostato nell'ombra e nelle crepe dei muri, qualcosa che aspettava solo il suo solito cazzo di passo falso—qualcosa di opportunista che era in grado di guadagnare sui suoi fallimenti fatti in casa. Ma c'era anche qualcosa di diverso, e Guan Shan non ricordava quando era stata l'ultima volta che lo avevano guardato così. Qualcosa come il desiderio, qualcosa come uno sguardo che si spinge a cercare il suo. Qualcosa che non era mai, davvero, riuscito a quantificare. Lo aveva odiato. Smettila di fissarmi, porca puttana. Si era chiesto come doveva apparire agli occhi di un osservatore. Ed era quella la domanda che ogni volta lo inchiodava: un osservatore qualsiasi, o lui? Voleva che He Tian lo amasse, o voleva soltanto essere amato? Quante trasgressioni Guan Shan aveva ignorato mentre crescevano—quando erano ancora degli stupidi ragazzini—perché non voleva l'affetto di He Tian, ma solo affetto e basta? Chi sei? Guan Shan era stato riportato alla domanda, alla faccia infossata di Liu Bo e ai bagliori metalici sulla sua pelle. Il dragone sbucava fuori dalla sua maglietta. Guan Shan aveva incrociato il suo sguardo. C'erano state cose che Guan Shan aveva potuto dire allora, e forse nessuna di esse sarebbe stata vera. Come poteva rispondere a una domanda della quale non aveva mai saputo la risposta? Aveva detto, "Non sono cazzi tuoi, stronzo." Liu Bo aveva sogghignato, riappoggiandosi al suo sedile, la plastica che scricchiolava. Aveva fatto un gesto col mento verso il campo. "Inizia la partita. Stronzo." _______________
Si dimentica quanto sia facile—dimenticare che potrebbe essere un semplice ragazzo di diciannove anni che il venerdì sera va a guardare la partita di basket con un gruppo di non-proprio-amici-ma-la-cosa-che-si-ci-avvicina-di-più. Questa realizzazione gli piomba addosso come la dolorosa pressione di un mal di testa dietro gli occhi. Ci mette un po'—tre canestri, un cartellino giallo—ad accorgersi che non è solo. Che la persona seduta due sedili più a destra, sul posto che Sung Tao ha lasciato, non sta guardando la partita. Sta guardando lui. Un lampo d'irritazione gli cresce subito dentro: Guan Shan non se n'era accorto prima; non può guardare una cazzo di partita senza che un qualche coglione gli pianti degli spilli sulla nuca fissandolo. Si sposta più sul bordo del sedile, la plastica dura che gli scava la base delle cosce, le dita che affondano nella parte sottostante della sedia. E' pronto. Ignora la voce nella sua testa che gli dice di non fare sempre scenate—tanto non può evitare la rabbia che gli scorre dentro come un uragano. Tanto non può proteggersi da quella rabbia, che distrugge e devasta tutti ma specilamente—sempre—lui. Ci mette un paio di secondi, respira fermamente mentre guarda la squadra avversaria che fa canestro con un tiro libero, e poi si gira. "Se sono così fottutamente interessante, allora perché non mi fai... una cazzo di—foto, tu..." E' un disastro di parole che incespicano e ricadono in modo imbarazzante sulla sua lingua, inciampando su cocci di vetro e su alberi pietrificati dai fulmini. E se He Tian è il fulmine, Guan Shan è l'albero, bruciato e carbonizzato con le radici scoperte e annerite. "E' da un po' che non mi si presenta l'occasione di guardarti," dice He Tian, osservandolo. Ha una gamba incrociata sul ginocchio, un braccio appoggiato allo schienale del sedile vuoto che c'è tra loro. Lo stadio è in silenzio. Interferenza e oscurità avvolgono le estremità della visuale di Guan Shan. Riesce a sentire il proprio respiro. Si sente incapace di muoversi. Sta per vomitare. Troppo veloce, troppo improvviso, il calore è nauseante, i riflettori sono accecanti e il sudore gli pizzica la pelle; i rumori della partita rimbombano come in un megafono piantato nel cranio, i suoni stridenti del campo sono come unghie che gli graffiano il midollo delle ossa. Non ha avuto il tempo di prepararsi a tutto questo. Non aveva alzato alcun muro. Ed He Tian era passato attraverso. Lui sa, cristallizzato e pallido sul sedile, che anche se avesse alzato qualche difesa, qualche saracinesca sul cuore, con del ferro tra le articolazioni delle ossa, tipo fuso, e dell'argento lasciato a solidificarsi sulle corde muscolari—He Tian l'avrebbe comunque oltrepassata. O abbattuta. E' quel pensiero che lo fa alzare dal sedile, lasciandolo incerto sulle gambe mentre attraversa gli spalti e si dirige verso l'uscita più vicina. Si fa strada a spallate tra i venditori e gli spettatori che girano tra le navate, si fa graffiare i polpastrelli dai mattoni duri e freddi del tunnel che porta all'atrio d'entrata, ormai vuoto. Si sente ubriaco, la testa pesante, gli arti delle entità a se stanti sulle quali non ha abbastanza controllo. Tutto ciò che gli serve è uscire di lì. Il gruppo di agenti lo vede raggiungere le porte, si danno delle gomitate a vicenda. Lui non si ferma quando il metal detector si accende al suo passaggio, o quando il tornello gli colpisce il bacino, tanto forte che domani mattina si sveglierà con un livido a forma di manico. Dietro, uno degli agenti gli grida contro. Forse in altre circostanze avrebbe anche smesso di correre, ma adesso non c'è niente che lo farebbe fermare per ricevere un rapporto. "Ho tutto sotto controllo," sente dire, e il suono di quella voce, per la seconda volta in dieci minuti, lo fa inciampare fra le porte automatiche. Realizza che fuori è buio, ma è un'osservazione assente la sua, i pensieri sono distaccati e dissociati, il petto gli si contrae, si sente il cuore stretto in un pugno chiuso, e quando quel tocco gli cade sulla spalla, è accovacciato contro il muro di qualche vicolo secondario con la testa fra le mani. "Non mi toccare, cazzo." Gli esce fuori in un ringhio, brusco e gutturale. Ma non ha intenzione di chiedere scusa. La mano di He Tian si ritira, lentamente. Non, pensa Guan Shan, come se fosse stata scottata da un ferro incandescente, ma come se He Tian non volesse che il contatto finisse. "Sei incazzato," dice He Tian. E suona— soddisfatto. Come se gli fosse mancato. Stronzo. "Tu che cazzo dici?" sputa Guan Shan. Si passa la lingua sui denti, stringe forte le dita intorno ai capelli. Sente il sapore del sangue dei morsi dentro la bocca; non si ricorda quando sia successo, esattamente come quando la mattina, fin troppo spesso, si sveglia con dei lividi di cui non ricorda l'origine. "E' noioso senza di te," gli fa notare He Tian. Poi, più piano, mormorando, dice parlando al pavimento: "Non hai idea di com'è senza di te." Guan Shan lo guarda di sbieco, la luce dei lampioni si abbatte accecante sulle sue retine. He Tian appoggia una spalla al muro di mattoni, sorridendogli. Sembra... scolpito. Com'era sempre stato. Come se i dintorni fossero stati progettati e costruiti intorno a lui—per lui. Non è come un pezzo di puzzle ingombrante che si incastra solo se lo spingi. "Non ho idea," gli fa eco Guan Shan. "Ma che cazzo vuoi da me? Mi vuoi triste per te? E' questo?" "Pensavo saresti stato felice di vedermi." "Felice," ripete piatto Guan Shan. Non riesce a capire il tono di He Tian. "Pensavi che sarei stato... Vaffanculo. Tu... tu non sei cambiato di una virgola, giusto?" "Nemmeno tu." Guan Shan si spinge in piedi. Ha finito di stare in ginocchio e di nascondersi e di farsi vedere così—così ferito, e vulnerabile. Come se tutto questo lo avesse colpito molto più di quanto ne avesse il diritto. He Tian è più alto—uno e novantadue? Uno e novantacinque?—ma anche Guan Shan. Tra di loro c'è la stessa differenza d'altezza di sempre—lo stesso stacco. Non significa che He Tian sia in vantaggio; non è così facile. Ma c'è questo squilibrio tra loro che sembra essere eterno. Come se passassero un incrocio mancandosi ogni volta per pochi centimetri—sfregandosi coi vestiti, sentendo solo l'aroma persistente del dopobarba o l'odore di fumo. Passare? pensa Guan Shan. Perché loro non sono passati—si sono afferrati l'un l'altro alla vita e al collo, aggrappandosi e mantenendo la presa, distruggendosi, finchè uno dei due non si arrendeva, sottomesso. Una lotta. Una battaglia. Chiamala come vuoi: un combattimento con due vincitori e due perdenti. "Ah sì?" dice Guan Shan. "E come lo sai? Parliamo da un minuto. Un minuto in tre anni e tu—tu pensi di conoscermi? Pensi di poter dire qualcosa su di me? Mi stai prendendo per il culo? Ma chi sei?" He Tian lo guarda con la stessa fottuta fermezza di sempre. Solo che è più pesante, più vissuta, un'ombra scura di cui Guan Shan non vuole sapere niente. Non vuole sapere cosa ha visto o fatto o imparato He Tian. Non vuole sapere come He Tian sia cambiato rispetto alla cosa che lui conosceva una volta. Non vuole imparare da capo a stare intorno e vicino a lui. Sente di essere pronto a tenersi forte. Crescendo, aveva colto dei barlumi della creatura che ogni tanto usciva fuori. Mostro o demone? si chiedeva. Si chiedeva quando sarebbe apparsa di nuovo. Si chiedeva se anche He Tian se lo domandasse. Perché magari quello era l'originale, e la persona che Guan Shan una volta conosceva aveva solo indossato quella pelle, era solo un qualche imitatore che non tirava i pugni tanto forte quanto poteva. Che non spaccava e devastava tutto come in realtà era in grado di fare. "Credevo di conoscerti," dice infine He Tian a Guan Shan, correggendolo. "E di poter dire che tipo di persona sei. E dieci minuti bastano per certe cose. Bastano a me." "Dieci?" dice Guan Shan. Non riesce a trattenersi: "Ma perfavore. Certe notti a malapena ne sei durato cinque." He Tian soffoca una risata, colma di scioccato piacere. E' strano sentirla. Guan Shan si chiedeva sempre cosa fosse a causarla, quella brillante scintilla di umorismo che He Tian teneva saldamente chiusa a chiave. Si chiedeva come facesse lui a tirargliela fuori. Sentiva una sensazione di profonda gioia che gli cresceva dentro quando riusciva a strappare una risata a He Tian. E, a quanto pare, ci riesce ancora. Si chiedeva, riusciva, sentiva. La sua testa sta ancora elaborando il fatto che He Tian è qui, ora, in piedi di fronte a te e ti guarda. Guan Shan ricambia lo sguardo. "Mi hai lasciato. Sei obbligato a darmi una spiegazione." "Non avevo scelta, e non posso darti niente, obbligato o meno." Guan Shan si pianta bene a terra. "Se non mi dici niente, ti giuro che non mi vedrai mai più, cazzo. Te lo prometto." He Tian lo gaurda fisso. Valuta la situazione. Freddo. Come se stesse misurando la distanza tra due palazzi per vedere se riesce a saltare. Guan Shan pensa che potrebbe farcela, e vuole che salti anche se crede di non riuscirci. Non vale forse tanto? Un paio di lividi, delle nocche scorticate. Un collo rotto. "Bene," dice He Tian. Gli tende una mano, palmo in alto. "Andiamo." _______________
Trovano un bar che sta aperto tutta la notte e si siedono. Ci arrivano dopo una silenziosa camminata di cinque minuti e, a parte una camierera dall'aria stanca che sfoglia un libro sulla legge di Hong Kong coi fianchi appoggiati a una macchinetta del caffè, sono gli unici lì dentro. La luce è pulita, quasi clinica, in contrasto con l'oscurità di quasi-mezzanotte. L'attenzione di Guan Shan oscilla tra il mescolare lento di He Tian—caffellatte, senza zucchero—e il livido che ha appena notato sulla sua mascella. Le linee bianche sbiadite che gli segnano le nocche. Gli manca un molare. "C'era qualcun altro?" chiede Guan Shan. He Tian posa il cucchiaino sul tavolo. Prende un sorso di caffè con una mano; l'altra è appoggiata al bordo del tavolo all'altezza del polso, e con l'indice fa girare l'anello che porta al pollice. "Qualcun altro di cui mi sono innamorato? No." "Ma ti sei scopato altra gente." He Tian gli lancia uno sguardo strano, mette giù il bicchiere di cartone. "Tu no?" Guan Shan serra i denti. "Tu sì? Perché io—" "Sì." "—no." Si fissano. Oh, pensa Guan Shan. Certo. Il silenzio scorre. "Sono passati tre anni," dice He Tian. E' incredulo. Allarmato. Nei suoi occhi c'è qualcosa che luccica che Guan Shan non riesce ad interpretare. "E' vero," conferma Guan Shan, tranquillo. He Tian si stende sulla sedia. Si passa le dita tra i capelli, mormora sottovoce qualcosa che Guan Shan non coglie perfettamente. La musica scorre nelle casse del bar, un mix di tracce indie-Western soft a cui Guan Shan non è abituato. Cerca di capire le parole mentre aspetta, le sopracciglia aggrottate. Ogni tanto, i suoi occhi, magneticamente attratti, si spostano su He Tian—su quei vestiti scuri che calzano un corpo ancora alto e sinuoso e forte come il ferro, senza più nessuna morbidezza che un tempo indugiava sul profilo della mascella o sulla guance, ora scolpite da dure linee di ossa e ombre. Non ci si può sbagliare, assolutamente, nel dire che ora è un uomo. He Tian alla fine raccoglie i suoi pensieri: "Non c'è stato—non hai trovato nessuno che—nemmeno una cosa da una notte e via? Una sveltina?" Guan Shan ricambia il suo sguardo e ignora il brivido che gli scorre giù per la schiena. "Mi stai chiedendo perché non mi sono fatto uno scopamico? Seriamente?" "Non ti ho tradito," dice He Tian. "Non è la stessa cosa." "Perché non mi avevi detto di aspettare, lo so. Ti sei tolto dai casini, no?" He Tian gli lancia un'occhiataccia. "Non essere ridicolo, cazzo. Non ti ho chiesto di aspettarmi perché non volevo metterti in testa cose strane. Perché non sarebbe stato giusto. Non perché volevo un biglietto gratis per andarmene a mettere il cazzo dove mi pareva." "Eppure è esattamente ciò che sembra—" "Avevo sedici cazzo di anni, Mo Guan Shan! Non sapevo cosa cazzo o dove cazzo o con chi cazzo stavo andando! Davvero credi che quando mi hanno detto di andare in un posto dove avrei trovato una casa con qualcuno dentro, io abbia subito pensato—così su due piedi, porca puttana— alle cazzo di tecniche per dirtelo in modo tale da essere libero di andarmi a scopare altra gente?" La barista li guarda, gli occhi che danzano muovendosi dall'uno all'altro ragazzo. Vede il pugno chiuso di He Tian sul tavolo e la sua attenzione torna subito al libro. Gira una pagina con un discreto fwick. Non stanno parlando a bassa voce e, se ne ha voglia, che ascolti pure. A Guan Shan non può proprio fregargliene un cazzo. Gli ci vuole un momento per capire cosa gli sta dicendo He Tian, la bocca leggermente aperta, un dosso persistente tra le sue sopracciglia. Scuote la testa. Non riesce comunque a svuotarla. Fa scorrere le dita sulla condensa del bicchiere d'acqua, i polpastrelli freddi e bagnati. Traccia dei caratteri sulla superficie di legno del tavolo, macchiata di cerchi di caffè e briciole di dolci, sillabe acquose che si asciugano troppo in fretta e che non lasceranno alcun segno. "Guan Shan, io—" He Tian ride di se stesso. Derisorio e cupo. "Ti ho pensato ogni giorno. Continuavo a dirmi che mi sarebbe passato. Continuavo a dirmi, un giorno mi sveglierò e non penserò a lui. Un giorno non mi sentirò così. Che un giorno io... avrei trascorso un giorno intero per poi accorgermi che non avevo pensato a te una singola volta." Guan Shan ignora la lancinante sensazione di familiarità che sente nello stomaco. Si asciuga la mano in un tovagliolo, dice, "Pensavi a me mentre ti scopavi un altro?" He Tian lo guarda fisso. "Vuoi saperlo veramente?" Guan Shan si prepara al colpo. Gli farà male comunque. La pelle è già scorticata—avrà le cicatrici. Sceglie di guarire con il lento e doloroso passare del tempo o con una bruciatura da cauterizzazione veloce e profonda-fino-alle-ossa? Appallottola il tovagliolo e lo tira sul tavolo. Fa un gesto col mento nella direzione di He Tian. Dimmelo. He Tian caccia fuori dalla bocca un respiro. "Lo sai," dice, piano, "quant'è difficile trovare un ragazzo coi capelli rossi in questa parte del mondo?" Guan Shan afferra il bordo del tavolo. "Sai quant'è difficile trovare qualcuno che—indossa la rabbia come fai tu? Qualcuno che ti insulti mentre te lo scopi, riuscendo comunque a farlo suonare come un ti amo?" "Ho capito." "Sono costosi, Guan Shan. Quel genere di persone. Sono rare, e difficili da avvicinare, e ti fanno sudare per—" "Cazzo, smettila." "—e ne esiste solo uno," finisce di dire. Guan Shan realizza di aver trattenuto il respiro. "Ho incontrato un solo ragazzo così, e so che non troverò mai e poi mai qualcun altro come lui. E trovare qualcuno che sia anche minimamente simile a lui—non sarebbe comunque abbastanza. Nessuno sarà mai abbastanza, e nessuno lo è stato." Si porta le dita alla catenella che ha al collo, un lampo d'argento. Guan Shan non sa cos'è che gli spezza di più il cuore: se il fatto che appeso alla collana c'è l'anello che Guan Shan diede a He Tian in cambio di un orecchino quando avevano quindici anni, o il gesto nervoso che He Tian non aveva mai abbandonato. Guan Shan si chiede disperatamente se lo sta facendo apposta. Dopotutto, lo conosce. He Tian dice, "Volevo che non ti somigliassero per niente. Volevo pensare solo a loro, a come mi sentivo con loro, e a come sarebbero state un paio d'ore con loro. Niente prima. Niente dopo. Perché—perché per tutto il resto del tempo non facevo altro che pensare sempre e solo a te." Guan Shan chiude brevemente gli occhi. "Potevi anche solo dire no." Quando li riapre, He Tian sta sorridendo, gli occhi scuri aperti e luccicanti. "E qual è il bello poi?" "Ti odio." "No, non mi odi." "Ma dovrei." He Tian apre la bocca. La chiude. Dice, dolcemente, "Forse dovresti. Forse dovrei essere io a odiare te." Guan Shan aggrotta la fronte. "E io che cazzo ho fatto?" He Tian scrolla le spalle. Muove il coperchio di cartone su è giù sul bicchiere. In circostanze diverse, con un tono diverso, quel movimento avrebbe potuto significare molte cose. Guan Shan avrebbe potuto seguirlo con gli occhi. Lasciar apparire un sorrisetto sulle sue labbra. Ma adesso è troppo stanco per quella roba. "Hai detto che non l'hai fatto," dice He Tian. "Con nessuno. E' la verità?" Gli occhi di Guan Shan sono due fessure. "Mi stai dando del bugiardo." He Tian prende un sorso di caffè. Si schiarisce la gola. Guan Shan non fuma, ma quasi vuole una sigaretta, mentre guarda He Tian che si agita. Se fosse stato chiunque altro, non si sarebbe notato. Ma He Tian stava sempre molto più fermo di così. Ogni suo movimento—ogni dispendio di energia—contava. Niente andava sprecato a meno che non fosse necessario. A meno che non voleva che qualcuno pensasse che lo fosse. He Tian chiede, "Cosa c'è tra te e She Li?" Guan Shan si strozza con l'acqua fino alle lacrime e finchè non gli brucia la gola. Sarebbe stato lo stesso con la sigaretta. Manda giù un altro sorso, questa volta più attentamente. "Di che cazzo stai parlando?" riesce a dire infine, strofinandosi la bocca col dorso della mano. He Tian si limita a guardare. "Parlo di voi due. Che vi baciate." "Di che. Cazzo. Stai parlando." "Vuoi dire che non è successo?" "Mi ha attaccato, cazzo," dice Guan Shan indignato. "Se c'è qualcosa che sai è quanto cazzo odio essere toccato in quel modo." He Tian distoglie lo sguardo. Sanno entrambi di cosa parla Guan Shan; è inciso nelle loro menti, un giorno caldo sul bordo di un campo da basket. Quant'erano giovani; quanto cazzo erano stupidi. Quanto crudelmente spietati. La mente di Guan Shan rielabora un attimo. "Come lo sai?" "Cosa?" "Come fai a sapere cosa ha fatto?" He Tian è lì seduto, e Guan Shan vuole che la musica si fermi. Vuole che la ragazza dietro il bancone se ne vada affanculo. Sincerità, l'aveva chiesta. Tre anni fa. Ne aveva avuto stasera? He Tian aveva mai smesso di essere così fottutamente sovversivo? Dove stanno davvero le differenze tra He Tian e She Li? La linea che li separa si sta sbiadendo, e Guan Shan non riconosce la persona che gli siede di fronte. "Eri tornato," dice Guan Shan. "Eri tu. Quello che parlava con She Li. Tu sei—sei semplicemente passato liscio, cazzo. Sei andato da lui prima di venire da me." "Guan Shan—" "Cazzo, non provare neanche a giustificarti sta volta. Dopo tutto quello che ha fatto a me—che a fatto a te—e—" Ha finito le cose da dire. Non c'è niente che esprima bene la nebbia che ha in testa. Si risiede, le braccia molli ai fianchi, e gli viene da ridere. Quanto di tutto questo, quando era più giovane e cieco, aveva perdonato per amore dell'affetto che gli recava? Da quanti litigi e da quanti lividi aveva distolto lo sguardo, solo per essere osservato e guardato? Per sapere che qualcuno voleva baciarlo e che lo avrebbe fatto, se lui acconsentiva? Gli veniva da ridere perché ora lo vedeva. Perché ora è più stanco e la sua rabbia è diventata più duratura e ora brucia a fuoco lento; non è più tanto accecato da quella sorta di irascibile rabbia giovanile. Gli viene da ridere perché non è obbligato a stare seduto qui e ascoltare ancora se non gli va. Ha delle cose da fare. Eppure, c'è una paura che gli striscia addosso: e se fosse solo convinto di poterlo fare? "Me ne vado a casa," dice. "Non voglio avere più niente a che fare con queste stronzate." Quando si alza, He Tian non si muove. Ha le braccia conserte e le sopracciglia aggrottate, la bocca chiusa, immobile. E' solo quando Guan Shan prende il proprio portafogli dal tavolo e manda giù il resto dell'acqua che He Tian sobbalza sulla sedia. A metà strada verso la porta, le dita di He Tian gli afferrano il gomito, la pressione del suo corpo sulla schiena di Guan Shan, e lo avvolgono. Questo gli fa chiudere gli occhi, lo fa fermare, e respirare piano. Non sei più lo stesso, si dice. Non hai più bisogno di lui come una volta. Sei molto meglio di quanto cazzo ti offriva. Con questo mantra, lui sa che cercare di convincersi di qualcosa non lo rende necessariamente una verità. E sa che ripeterlo come un metronomo non lo rende più facile da credere. "Levati di dosso." "Non hai neanche intenzione di ascoltarmi?" chiede lentamente He Tian. "Non mi merito almeno questo?" Guan Shan guarda dritto davanti a se. L'atmosfera è leggera nel bar, il modernismo soft è sistemato intorno a loro in modo da farlo sembrare quasi vuoto. Fuori, le luci dei palazzi brillano verso di loro; quelle delle auto scivolano sulle strade nel calore lento della notte. Lì fuori sembra tutto molto meno affilato di qui dentro. La città gli da l'aria di poterlo nascondere bene, di poterlo avvolgere delicatamente nell'oscurità, facendolo aggirare invisibile e indisturbato. Ma He Tian aveva sempre avuto una vista migliore al buio. Aveva qualcosa in più, e per Guan Shan era sempre tutto inutile. Era. E'? "Ero andato da lui per affari. Se avessi saputo che eri lì non ci sarei andato per niente. Volevo—Tu dovevi essere il primo che dovevo vedere." "Ma non avevi scelta," Guan Shan finisce la sua frase, monotono. Capisce quello che sta dicendo He Tian—che gli affari di She Li ora sono anche affari di He Tian. Che sono entrambi legati alla stessa merda. C'erano mai state delle differenze tra loro? Era rimasto in contatto con She Li per tutto questo tempo? pensa Guan Shan. Quanta soddisfazione aveva provato She Li quella notte: vedere Guan Shan a pezzi, consolarlo, mentre He Tian ascoltava tutto. Quel fottutissimo bacio doveva essere stato per lui così pieno di piacere malato. "Pensi davvero che qui ci sia qualcosa per me?" dice He Tian. Le sue dita affondano nella giuntura del gomito di Guan Shan. "Secondo te sono di nuovo qui perché volevo tornare in un appartamento vuoto e in una città senza famiglia in cui tutti gli amici che avevo sono andati avanti e si sono scordati di me?" "E allora perché sei tornato?" He Tian molla la presa come se si fosse bruciato. Assente, Guan Shan si strofina la pelle, e lo guarda. Gli occhi di He Tian sono scuri e c'è un'ombra sul suo viso, e le sue mani sono ricadute molli ai suoi fianchi, gli artigli tirati fuori dai polpastrelli insanguinati. Guan Shan non è abituato a vederlo così ferito. Non sarebbe dovuto tornare più forte? Che cazzo ti è successo? E poi: Forse dovrei chiedermi che cazzo è successo a me? Esce fuori, e He Tian lo sta già seguendo prima ancora che la porta si chiuda dietro di loro. I marciapiedi sono tranquilli, ma non abbastanza per evitare che ci sia un gruppo di persone a gaurdare il loro spettacolino di coppia—la loro unità di, che cos'era, precaria prevedibilità? Il loro duo imperfetto. Due pezzi rotti che non potevano e non possono ancora, quasi struggevolmente, incastrarsi. "Hai mai provato qualcosa per me?" chiede He Tian, spingendolo contro la finestra di un negozio di mobili ormai chiuso, col compensato al posto del vetro e pieno zeppo di mosche. "Prima che me ne andassi. Ero così insignificante che adesso non te ne frega più un cazzo di me? Che non riesci a guardarmi. Che non ti accorgi nemmeno del fatto che sono tornato solo per te." Guan Shan lo guarda in faccia prendendo posizione. Si infila le mani in tasca, accigliato. La faccia gli va a fuoco; le spalle gli fanno male per quanto sono tese. "Di cosa cazzo parli?" "Perché hai questa visione così bassa di me?" gli domanda He Tian. "Perché—Per tutto il tempo che siamo stati insieme. Secondo te cos'è stato? Almeno capisci quant'è stato difficile? Per me? Quanto tutto fosse nuovo per me?" La rabbia fuoriesce dalle interiora di Guan Shan, qualcosa di caldo e velenoso gli scorre nelle vene e gli scotta il sangue. E' sconvolto; è stato fin troppo facile per He Tian ripiombare nella sua vita come una tempesta che non se n'era mai andata: l'aria era sempre stata carica, i rami degli alberi avevano continuato a tremare nella brezza calda, le radici lacerate, il mare tormentato non aveva mai smesso di agitarsi. Dove sono le sue barriere? Dove sono le difese di questi tre anni? Ha mai almeno provato a difendersi? "Secondo te sarebbe stato così facile?" dice Guan Shan. "Credevi che ti sarebbe bastato farti strada a suon di pugni e che io avrei detto okay?" "Tu avevi detto tutto o niente, Mo Guan Shan. E io ti sto offrendo tutto, cazzo." Guan Shan ribolle. "Non mi stai offrendo proprio un cazzo, He Tian," sputa fuori, le unghie che affondano nei palmi. "E quello che mi avevi dato era un forse sì, forse no." "Volevi che ti mentissi e—" "Oh, ma vaffaculo," taglia corto Guan Shan. "Secondo te sapevo cosa cazzo stavo facendo? Credi che ne avessi avuto la più pallida idea? Sapevo solo come mi sentivo io. Chi cazzo potrebbe mai immaginare a cosa pensi davvero—" "Tu!" gli urla contro He Tian. "Tu avresti dovuto conoscermi, Guan Shan!" "Non so leggerti nel pensiero, He Tian! Mi hai baciato e mi hai detto buona fortuna e arrivederci e basta. Che altro dovevo pensare!" He Tian si pizzica un sopracciglio tra l'indice e il pollice. Con l'altra mano si scava un fianco. Indossa la frustrazione come una tempersta: una spirale di nuvole nere, aria ferma, carica elettrica che gli sussurra di aspettare. Come cazzo si permette, pensa Guan Shan. Come cazzo fa a credere che io lo conoscessi quando non si conosce nemmeno lui? Un attimo tremante, esitante, e He Tian ricomincia lentamente. "Credo di capire perché pensavi che non mi importasse. E non credo si tratti di me." "Stai per dire qualcosa che mi farà venire voglia di prenderti a pugni." He Tian lo ignora. "Sei tu," dice. "Sei tu che sei convinto di non poter mai importare a qualcuno. Che mai nessuno ti aspetterebbe." Guan Shan si morde l'interno della guancia. "Mi stai dicendo che... ho un'autostima di merda? Tutto qui? Cazzo, e secondo te non lo so già? Secondo te non sono già perfettamente consapevole di cosa cazzo sono e di chi cazzo sono e di come le altre persone dovrebbero guardarmi?" He Tian lo guarda, piatto. "Sapevi cosa provavo per te. Te lo avevo detto. Come mi rendevi le cose. Come mi hai rigirato la testa dentro e fuori." "Seh, quando eravamo praticamente dei ragazzini," lo sfida Guan Shan. "Mi stai dicendo che avrei dovuto pensare che sarebbe rimasto tutto uguale? Anche mentre gli anni passavano? Anche quando avresti avuto diciotto, diciannove anni?" "Pensavi che i sentimenti che provo io sarebbero cambiati perché i tuoi sono cambiati? O erano cambiati?" "Ti ho appena detto—" "Cosa?" dice He Tian. "Mi hai detto di andare affanculo. Che sei arrabbiato con me. Che non sei felice che io sia tornato. Che cos'è che hai detto? Non so leggerti nel pensiero. Beh, indovina un po', Guan Shan? Nemmeno io. E, francamente, tutto quello che hai detto porta a una sola conclusione." Scuote la testa, butta fuori un sospiro strozzato. "Non sto delirando. Sono solo pratico, e non spreco il mio tempo, e non ho intenzione di provare a combattere per qualcosa che è finita molto tempo fa." Guan Shan prova ad ascoltarlo. Prova a capire cosa He Tian stia dicendo—a spogliare quelle parole fino alle ossa. Si sta arrendendo? Sta dicendo che tre anni gli sono bastati? Che ha realizzato quanto invano abbia aspettato—di non aver mai voluto davvero Guan Shan—di esserselo immaginato diverso? Forse è passato troppo tempo. E Guan Shan sa quanto facilmente si distorce la memoria. Quello che gli esce è: "Ma sei tornato da me." He Tian si rialza fino a sbattere contro la finestra. "Che... cosa credi ti abbia detto fino a ora, Guan Shan?" "Mi stai facendo impazzire, cazzo. Tu hai lasciato me, e adesso all'improvviso la colpa è mia?" "Colpa? Ma che cazzo dici— colpa? Non è colpa di nessuno, Guan Shan. Nessuno ha ragione o torto qui. Solo che—voglio—cazzo." Si allontana, con le mani giunte, come se fosse sul punto di cadere in ginocchio e iniziare a pregare. "Dimmi solo questo: mi ami?" "Io—" "No, aspetta," dice He Tian, "Se la risposta è no, potresti amarmi di nuovo? Se mi hai—mai amato. Almeno." "Ma di che parli—" He Tian scatta. "Rispondi alla cazzo di domanda per una volta nella vita, senza provare a far partire l'ennesimo litigio, Guan Shan." Usa la stessa voce di quella volta, quando aveva spinto Guan Shan contro un muro e gli aveva messo un dito sulla bocca. Dicendogli di tenerla chiusa. Quella notte in cui Guan Shan aveva visto il fratello di He Tian e aveva scorto negli occhi di He Tian qualcosa che non aveva ben capito. Qualcosa di fin troppo oscuro, fin troppo pericoloso persino per He Tian. Gli aveva fatto venire la pelle d'oca, la lingua pesante e impacciata. Gli aveva fatto abbassare gli occhi fino a sentire soltanto lo sguardo di He Tian, senza provare a ricmbiarlo. Non gli fa più paura, ma lo fa fermare un attimo. Lo fa ripiombare nella realtà della situazione. Lo fa riassestare, ricentrare, come un secchio d'acqua fredda o uno schiaffo in faccia. Lo ama? Lo ha mai amato? Potrebbe amarlo ora? Lo analizza, nello stesso modo in cui aveva analizzato la città quella notte, cercando di impararlo a memoria: le mani giunte di He Tian, con le nocche bianche, come se aspettasse una penitenza. La notte calda, le insegne e le macchine che passano e una brezza leggera. Se chiude gli occhi sente quasi il suono dei commentatori dello stadio, e l'eco rauco degli applausi. Ma poi li apre per vedere la mascella affilata, la bocca sottile, lo sguardo cupo con cui lo inchioda, così severo da spezzare il cuore. Così pesante. Troppo solenne. Troppo onesto e per niente vicino alla sincerità. Guan Shan aveva visto He Tian sorridere, lo aveva visto ridere con tanta facilità, quando il contesto erano la scuola e i non-proprio-amici. Falso, lo aveva chiamato. Lo aveva pensato, e mai detto, Sei troppo triste per fingere di essere così felice. Sincero solo quando voleva qualcosa—o gli serviva qualcosa—o non poteva resistere. E non è di questo che si tratta ora? Che non può resistere con Guan Shan intorno. Che forse vorrebbe fingere di essere felice con lui. Non possono essere felici entrambi. Non ancora. Ed è questo pensiero che la fa tagliare corta a Guan Shan: Non ancora. Sta considerando un futuro in cui sono felici insieme. Dove non esistono finzioni. Sì, pensa, e sì, e ancora sì. Ma qualcosa di nuovo ha fatto il nido dentro di lui in questi tre anni. Una luce gialla d'avvertimento. Sa cosa significa il rosso. Avevano avuto tempo. Tempo che faceva sentire Guan Shan come se le sue ferite avessero dei cerotti sopra; come se fossero guarite. Non gli facevano più male. Avrebbe comunque avuto le cicatrici. Dice, "Credo ci serva del tempo." He Tian dice, "Ne abbiamo avuto per tre anni." "Allora possiamo aspettare ancora, entrambi." "Non capisco." "Nemmeno io," dice Guan Shan. He Tian si sposta. I suoi occhi si stringono ai lati. Guan Shan sente quella stretta nel suo petto, i polmoni chiusi in un pugno, qualcosa che gli strizza il cuore per rallentargli il battito. Non è insopportabile, ma non può ignorare la pressione. Non vuole. "Penso che... Quello che c'è stato. Quello che eravamo. Secondo te stavamo bene?" He Tian sorride con affetto, ricordando. Guan Shan si domanda, ma non glielo chiede, quale ricordo gli sia venuto in mente. "No. Per questo ci piaceva. Entrambi abbastanza scoglionati. Ci mantenevamo a galla a vicenda." "Perché avevamo bisogno di stare a galla?" gli chiede Guan Shan. "Ci spingevamo sott'acqua tra noi?" "No. Credo che a spingerci sott'acqua fosse tutto il resto." Dopo un attimo, He Tian tira fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca posteriore dei jeans, se ne accende una con un accendino zippo che è allo stesso tempo familiare e sconosciuto. Guan Shan pensa a quello che ha lui sotto il materasso mentre il fumo esce dalla bocca di He Tian. Sembra calmarlo, e si gratta una piccola cicatrice sul sopracciglio che Guan Shan aveva notato sotto la luce del bar. Scrolla le spalle, e continua. "Le nostre famiglie. Le persone che conoscevamo. Che conosciamo. Il modo—il modo in cui siamo stati cresciuti. Semplicemente chi eravamo." E' attento a non dire io. Come se non riuscisse a prendersi tutta la colpa. Guan Shan pensa sia valido: erano entrambi ugualmente messi male. Entrambi ugualmente incasinati. Era giusto. Era un eufemismo. "Non mi costringi a cambiare idea?" chiede acido Guan Shan. "Non mi dici che sto facendo uno sbaglio?" "Stai facendo uno sbaglio," dice He Tian. Sembra che si stia mordendo la lingua, come se si trattenesse dal dire qualcosa di molto più grande. Forse è come la rabbia che Guan Shan provava sempre e disperatamente a frenare, con un secchio bucato pieno d'acqua fredda da lanciare sul fuoco, col fumo che gli pungeva gli occhi, le braci che non si spegnevano mai del tutto. Ma He Tian era sempre stato più freddo di così; granito e carbone. Le carcasse fossilizzate degli alberi e della terra su cui Guan Shan riesce ancora ad appicare il fuoco. "Tutto qui?" dice Guan Shan. "Non sono She Li. Conosco i miei limiti." Guan Shan ha voglia di premere i lividi che ha sotto i vestiti per sentire qualcosa di reale, qualcosa che gli ricordi come sentiva il suo corpo al tatto dopo che He Tian lasciava i propri segni. Si accontenta di tirarsi una pellicina sul pollice, succhiandosi la pelle quando il sangue inizia a venire fuori. "E da quand'è che ne sai qualcosa di limiti? Capisci almeno che hai fatto?" "Tre anni sono tanto tempo." Le parole si mettono delicatamente in fila, e Guan Shan inclina la testa. Annuisce. "Dove sei stato?" Un sorriso abbattuto. "Non vuoi saperlo." "Che hai fatto?" "Non vuoi saperlo." Guan Shan si dondola sui talloni. "Ora non ti fidi?" "E' che—No," dice He Tian. Il suo sorriso è una cosa strana, riservata. C'è qualcosa di stranamente sospeso tra loro. Un'incertezza nuova, fresca. Un inizio che sta incominciando dopo anni. Guan Shan non saprebbe come chiamarlo. Le domande nuotano turbolente nella sua testa: è amicizia? Il passato sta per ripetersi? Potrebbero mai sopportare di stare insieme o le loro differenze erano un immenso oceano che non potevano attraversare a nuoto prima di affogarsi a vicenda? "Ci sto provando, no?" chiede He Tian. "Sto provando a fare una buona seconda impressione." "E poi ce ne sarà una terza?" "In che senso?" "Te ne andrai di nuovo. Come l'ultima volta. Nessuna scelta. E vuoi provare." He Tian calpesta con la scarpa la sigaretta finita. "Tu no?" chiede, senza guardare in alto. I capelli gli cadono sugli occhi, e Guan Shan non riesce a vedere la sua espressione. Vede solo la sua bocca, chiusa stretta, in ombra—la fissa come se potesse dirgli qualcosa. Guan Shan distoglie lo sguardo. "Come se sapessi cosa cazzo voglio. Come se tutto questo fosse normale." "Tutto questo?" insiste He Tian. "Tu. Che torni indietro e sei questo. Io, che mi sento... cazzo, che mi sento così." "Così?" Guan Shan si preme le dita sugli occhi. Sulle palpebre, vede costellazioni e i lampi sfocati dei fari che passano. "Tipo—tipo che vorrei che mi baciassi perché mi è mancato e so quanto cazzo farà male." He Tian dice, "Non ti farò più del male. Mai più." Forse c'è della verità in quelle parole, perché He Tian le dice senza muoversi, senza provare ad avvicinarsi. Mantiene la distanza tra loro. Ma questo adesso. Guan Shan sa—lo sa—non sarà così per sempre. Tre anni non sono poi tanti. Le persone non possono cambiare il loro dna. "Ci andremo piano," dice He Tian. "Te lo prometto." Volevi affetto, e amore, e sentirti al sicuro. Quanto di tutto questo potrà mai darti lui? Perché deve essere proprio lui? Sa già la risposta, e gli colpisce la pelle come una frusta di consapevolezza: Chi altri potrebbe sopportare la mia vista e provare ad amarmi? Guan Shan lascia cadere le mani. Vuole chiudere lo spazio tra di loro, e riempirsi i pugni della maglietta di He Tian, delle ciocche nere dei suoi capelli, della cintura dei suoi jeans. Vuole imparare da capo il suo corpo, che ora è più grande e più forte, quei fili di adolescente che ora sono qualcosa di più duro e avvolto come una corda. Vuole che quelle spalle si contraggano sotto le sue dita, che quegli occhi scuri seguano il modo in cui la tela del suo stesso corpo è stata costruita e ricostruita. Vuole staccare la superficie di He Tian per vedere se è più facile andare al di sotto di essa, se è ancora una barriera di mattoni e cemento, o se adesso c'è carne e sangue caldo e un cuore che batte. I suoi desideri sono paure intrecciate e arrotolate col passato e col presente incerto; He Tian non è lo sconosciuto alto e oscuro del quale era stato avvisato. Anzi, è familiare in un modo tagliente e doloroso. Guan Shan sa esattamente il danno che si può procurare. Sa perfettamente cosa diventa quando lo lascia fare. Vuole assaggiare il caffè amaro nella bocca di He Tian. Le persone non cambiano, le persone non cambiano. "Sono diverso," dice He Tian. La mano intorno al braccio di Guan Shan, e con il pollice, le unghie pulite, la pelle callosa, gli strofina l'interno del polso. E di nuovo, "Te lo prometto." Le macchine li superano, lente non perché lo sono ma perché la notte rende tutto più lento. Ma non rende, comunque, più lento il cuore di Guan Shan, nè rallenta lo scorrere furioso del sangue nelle sue vene, nè calma il mare in tempesta nel suo stomaco, che preannuncia l'inizio del rimorso. Si concede un attimo, lascia che la notte si srotoli intorno a sè. Da qualche parte nell'oscurità, una mano si allunga, sperando che un'altra si allunghi a sua volta per afferrarla. Quando Guan Shan guarda He Tian, il corpo tanto molle che sembra che qualcosa lo abbia abbandonato, sbatte gli occhi, e annuisce. Gli guizza un muscolo della mascella. Sente che le sue spalle si curvano verso l'interno. Il gesto caldo e uniforme del pollice di He Tian è un metronomo con cui fa fatica a tenere il ritmo. Dentro di lui, scoppia una guerra. E' diverso, pensa una parte di lui. E l'altra: E quante di quelle promesse riuscirà a mantenere? Sono due le cose che sa con sicurezza: possono combattere mille battaglie insieme, l'uno contro l'altro, fino a morire insanguinati e lividi l'uno sul coraggioso cuore dell'altro. Entrambi vincitori e sconfitti. Ma Guan Shan sa anche—mentre divora con gli occhi la curvatura delle spalle di He Tian, il riflesso della città negli occhi di He Tian, le mani che una volta lo toccavano così crudeli e dolci, le labbra che sapevano vendere l'eternità—di non poter mai vincere la guerra.
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callmemarceline · 7 years
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Princess Mononoke / 19 days crossover!
We recreated fanart by @robnemmon -- Link: Princess Mo 
He Tian - @reneenime (More)
Mo Guan Shan - @commander--kirschtein (More)
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scorpionkah · 4 years
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agapaic · 6 years
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So Sorry by Feist for tianshan and you gotta fucking kiss me for the perfect match with those lyrics
Is that an invitation? 
(Also ouch? This is perfect?!)
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i'm sorrytwo words i always thinkafter you've gonewhen i realize i was acting all wrong
so selfishtwo words that could describeoh actions of minewhen patience is in short supply
we don't need to say goodbyewe don't need to fight and cryoh we, we could hold each other tight tonight
we're so helplesswe're slaves to our impulseswe're afraid of our emotionsand no one knows where the shore iswe're divided by the oceanand the only thing i know isthat the answer isn't for usno the answer isn't for us
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teanshan · 7 years
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Do you know any good tianshan blogs we could follow?
well i don’t know of many that are just tianshan related blogs besides @guanshanbabyfox and @fuckyeahtianshan
but here’s some blogs that make some great tianshan content :)@barabounty @agapaic @rorozhu-blog @ringo-smile @robnemmon @umary-tashami
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guanshanbabyfox · 4 years
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welcome back! :) do you have a tumblr crush? I love your edits!
Thank you cutie~
I think I have more than one 🤔
Many are now inactive/not very active like @incorrect19days @midotakaism @heytian
There's @robnemmon that I just love sm for their content and the person they're, first person who made me love ocs
@call-me-ala for the same reasons and she's just too cute even if I know she'll deny it
@ringo-smile is the sweetest and kindest human alive and doesn't know how talented she's
@namenamejk what should I say, she's the queen
And more recently @i-got-these-words just bc
Well that definitely makes more than one 😂
There's also all the incredible artists that I'll never thank enough, you can find them on this list (that I have to update *sweats*)
Have a nice day anon ;)
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neioo · 6 years
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I had the chance to commission @robnemmon for this beautiful cover. (And I triple checked to make sure the title was right lol). I am so damn impressed and immensely pleased--thank you so much.
What do we want? is the prequel to Are we humans?, and the last book of the series. 
Nation Avatars. They are immortal beings representative of a country who have clear-cut roles in society. The turn of the century, however, brings an ever-evolving political landscape that they must learn to navigate. Just as they think they are mastering their new way of life, though, the Second World War begins, and everything crumbles. The Axis Powers want nothing more than to use them for experiments. The Allied Powers see their lives as expendable and meaningless. Some Nations are complacent. However, others aren't and will change the dynamic of everything by going against their country. Who are they? People? Nations? What do they want in life? Most can't fathom an answer to any of those questions.
Thank you to everyone who has stuck with this series. I plan to have a paper copy for this finished by September of next year at the lastest. 
Updates under the cut
I’m a 1/4th of the way through re-writing AWH, and I’m questioning my sanity. I’m very excited for the end result, though. I Want™ to have it finished before I go to South Korea in March, but that’s being optimistic. 
Mostly the edits are me adjusting my wording, but I am adding some plot points that I feel left vague things unanswered, or at least explain situations betters. I’m also gutting the spamano relationship when I get to it (I can’t wait) and adding better build up to the other four. Also, my characterizations of some OC characters are being adjusted slightly (robert, kazimir, and frank) because, after DFU, I know how to write them better
I haven’t started any edits yet for WDWW, but thankfully it’s so much shorter than the other two, so when I do get around to it, it shouldn’t take me more than 6 months.
After all of this is done, I’m going to start on my next OC novel, which I’m excited for :D
As of right now, this blog is still kicking, though I’m playing around with starting, like, a diary blog so I can shut up on the tags here. I might do that when I go to SK. Idk, one day this blog will die, but not quite yet-- I’m still having fun with it lol
Obligatory ‘blah blah why has hetalia influenced my life this much blah blah’
Again, thank you to anyone who’s read this stupid series of something that just started out as a daydream when I was 15
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We cosplayed the princess mononoke/19 days crossover for AWA inspired by @robnemmon 's fanart
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I was tagged by @alexc1ting to do the “homescreen, lockscreen and last song listened to” thingy 🙈🙈🙈
I wanna tag so many, so I usually end up tagging no one 😅 But I’ll try this time and see how it goes 😁 
I tag (and no obligation to do this of course!!!): @anabellabaggins , @baise-moiicietmaintenant , @bisho-s , @blububu , @cryingminotaur, @darklifexx , @dinothename , @jessynavy81 , @letspowerup101 , @maskyoursmile , @misupoteto , @missymysa , @onejs , @opintheot , @otpinmybrain , @ricagato , @robnemmon , @rose027 , @saramnamsegananeun , @snyzell , @theasia12 , @tnc-thenewcharacter , @undercovershipping , @yorozuya-yasaman-chan , @zeloismine69 and everyone else who wants to do this 🙈💕 
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