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#partigiana
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carmenvicinanza · 1 year
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Irma Bandiera
https://www.unadonnalgiorno.it/irma-bandiera/
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Passeranno i morti, ma resteranno i sogni.
Irma Bandiera, nome di battaglia Mimma, è stata una partigiana italiana seviziata, accecata e trucidata dai nazifascisti, una delle eroine simbolo della lotta di tante donne impegnate nella Resistenza.
Nacque l’8 aprile 1915 a Bologna, in una famiglia benestante, suo padre Angelo era capomastro edile  oppositore del regime durante la dittatura. Sua madre si chiamava Argentina Manferrati e aveva una sorella di nome Nastia.
Aveva anche un fidanzato, Federico, militare a Creta che venne fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943 e rimase disperso dopo che la nave su cui era imbarcato per il trasferimento in Germania venne bombardata e affondò al porto del Pireo. Vane furono le ricerche per ritrovarlo.
Iniziò ad aiutare i soldati sbandati dopo l’armistizio e a interessarsi di politica, aderendo al Partito Comunista.
A Funo, dove andava a trovare i parenti, conobbe uno studente di medicina, Dino Cipollani, il partigiano Marco che la spinse a entrare nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi di Bologna.
Il 5 agosto 1944 i partigiani uccisero un ufficiale tedesco e un comandante delle brigate nere. Cominciò una tremenda rappresaglia che vide coinvolta anche la partigiana Mimma, che aveva trasportato delle armi alla base della sua formazione a Castel Maggiore. Venne arrestata mentre si trovava a casa dello zio, la sera del 7 agosto e rinchiusa nelle scuole di San Giorgio,  isolata dal resto dei suoi compagni. Venne poi portata a Bologna dove, per sei giorni e sei notti venne ferocemente seviziata dai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, guidati dal Capitano Renato Tartarotti, che arrivarono ad accecarla con una baionetta, per farla parlare, ma lei non ha mai rivelato i nomi delle sue compagne e compagni di lotta.
I familiari la cercarono dappertutto sperando di trovarla in vita, la giovane resistette alle torture fino alla fine ma venne fucilata e poi finita con alcuni colpi di pistola al Meloncello di Bologna, nei pressi della casa dei suoi genitori, il 14 agosto 1944.
Il suo cadavere venne lasciato esposto per un giorno intero, come monito, fino a quando i parenti non riuscirono a riprenderselo.
Portata all’Istituto di Medicina Legale, un custode, amico della Resistenza, scattò le foto del suo viso devastato dalle torture.
In suo onore, una formazione di partigiani operanti a Bologna prese il nome Prima Brigata Garibaldi  Irma Bandiera. A lei venne intitolata una brigata SAP (Squadra di azione patriottica) che operava nella periferia nord di Bologna ed un GDD (Gruppo di Difesa della Donna).
La federazione bolognese del PCI il 4 settembre 1944 pubblicò un foglio volante, stampato in clandestinità, nel quale si ricordava il senso altamente patriottico del sacrificio di Irma incitando i bolognesi a intensificare la lotta contro i nazifascisti.
È sepolta nel Monumento Ossario ai Caduti Partigiani della Certosa di Bologna ed è ricordata nel Sacrario di Piazza Nettuno e nel Monumento alle Cadute Partigiane a Villa Spada.
A Bologna, nella via che porta il suo nome è deposta una lapide che reca scritto: “Il tuo ideale seppe vincere le torture e la morte. La libertà e la giovinezza offristi per la vita e il riscatto del popolo e dell’Italia. Solo l’immenso orgoglio attenua il fiero dolore dei compagni di lotta. Quanti ti conobbero e amarono nel luogo del tuo sacrificio a  perenne ricordo posero”.
Il suo assassinio, compiuto anche per scoraggiare pericolosi tentativi di emulazione, finì per produrre l’effetto contrario e tante donne seguirono il suo esempio e si unirono alla battaglia per la liberazione dell’Italia.
Ci sono strade che portano il suo nome in vari comuni italiani.
Riconosciuta partigiana alla fine della guerra venne decorata con la Medaglia d’Oro al Valor Militare, insieme ad altre 18 partigiane.
«Prima fra le donne bolognesi a impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà, si batté sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS. tedesche, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso di tutti i patrioti bolognesi nella guerra di liberazione.»
“È nella Resistenza – ha dichiarato Marisa Rodano alla Camera dei deputati in occasione del 70° anniversario della Liberazione – che le donne italiane, quelle di cui Mussolini aveva detto ‘nello stato fascista la donna non deve contare‘; alle quali tutti i governi avevano rifiutato il diritto di votare, la possibilità di partecipare alle decisioni da cui dipendeva il loro destino e quello dei loro cari, entrano impetuosamente nella storia e la prendono nelle loro mani. Nel momento in cui tutto è perduto e distrutto – indipendenza, libertà, pace – e la vita, la stessa sussistenza fisica sono in pericolo, ecco le donne uscire dalle loro case, spezzare vincoli secolari, e prendere il loro posto nella battaglia, perché combattere era necessario, era l’unica cosa giusta che si poteva fare”.
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gregor-samsung · 2 months
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“ Si volevano bene: adesso lei non aveva più nessuno, e parlavano della fine della guerra, di quando si sarebbero sposati. Poi una volta Tom disse che era meglio sposarsi subito, in brigata si poteva fare, il Comandante era come un ufficiale di stato civile. Si sposarono una sera che un aereo inondava la valle di bengala. Pareva che volesse illuminare la cerimonia. Ma tutti dovettero mettersi a terra e stare immobili in quella luce; era pericoloso farsi vedere in tanti, potevano prenderli per tedeschi. Poi l'aereo se ne andò, rimase il buio, più buio dopo tanto bianco. - Forza! - disse Clinto. - Sta' in gamba, Rina, che tu non sposi un altro. - Attenti! - comandò Gim. In mezzo al quadrato dei partigiani disarmati, sull'attenti, c'erano Tom e la Rina, muti e commossi come in chiesa. Ma era una notte scura, non si vedevano che macchie nere, e una macchia più chiara, il vestito di lei. Il Comandante disse, con la sua voce quieta: - Voi tutti siete testimoni che quest'uomo che noi chiamiamo Tom vuole sposare questa donna che noi chiamiamo Rina. Tom, la vuoi sposare? - Si, - rispose Tom. La voce riprese: - Voi tutti siete testimoni che la Rina vuole sposare Tom. Rina, lo vuoi sposare? - E anche lei rispose: - Si. - Allora, - disse il Comandante, - in nome del governo libero che qui io rappresento, vi dichiaro uniti in matrimonio. Buona fortuna, ragazzi. - Riposo, - comandò Gim. E si udì lo scalpiccio dei piedi che si muovevano. - Bello, - commentò il Cino. - Ma potevate sposarvi di giorno. Siamo testimoni, e non abbiamo visto niente. Versavano il vino levando in alto il bicchiere per distinguere quando era pieno. Ridevano e dicevano delle frasi, qualcuna un po' ardita. Clinto domandò: - E l'Agnese? Non c'è? Non si vede la vestaglia dell'Agnese! - Sono qui, rispose lei. Era una grossa cosa bruna, confusa coll'ombra. Per fare onore agli sposi, s'era tolta la vestaglia e aveva indossato il suo logoro vecchio vestito di casa. “
Renata Viganò, L'Agnese va a morire, Einaudi (collana Nuovi Coralli, n° 23), 1976⁴; pp. 88-89. [Prima edizione: Einaudi, 1949]
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italianiinguerra · 5 months
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2 dicembre 1941, vittoria per gli Alpini nella battaglia di Pljevlja
Il 25 marzo 1941, Il timore che, se Hitler avesse attaccato la Jugoslavia, la Gran Bretagna non sarebbe stata nelle condizioni di aiutare la nazione, spinse il Principe Paolo a far aderire il Regno di Jugoslavia al Patto Tripartito, patto firmato il 27 settembre 1940 fra i Governi di Germania, Italia e Giappone. Solo due giorni dopo, Pietro II, salito al trono nel 1934 dopo l’assassinio del padre…
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ROMA. FESTA DELLA LIBERAZIONE: CENSURATA"BELLA CIAO".
Nel giorno della festa della Liberazione dall’occupazione nazifascista tornano i fantasmi di un passato oscuro e violento, ritorna la censura nei confronti di intellettuali, artisti, scrittori e infine la scure del revisionismo storico cala su uno dei simboli della Liberazioe:”Bella Ciao”. BELLA CIAO DEI MODENA CITY RAMBLERS PER NON DIMENTICARE LA FESTA DELLA LIBERAZIONE DALLìOPPRESSIONE…
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bigarella · 14 days
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Verso le ore 10.30 transitava da Isola di Rovegno una colonna mista di partigiani
Isola, Frazione di Rovegno (GE). Fonte: Wikipedia Martedì 24 aprile 1945, gli abitanti della frazione Isola del comune di Rovegno si accingevano ad affrontare una nuova giornata lavorativa nei campi. Nella serata precedente, il Comitato di Liberazione Ligure aveva diramato a tutte le formazioni partigiane della montagna ed alle squadre d’azione patriottica di Genova, l’ordine di insurrezione…
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adrianomaini · 14 days
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Verso le ore 10.30 transitava da Isola di Rovegno una colonna mista di partigiani
Isola, Frazione di Rovegno (GE). Fonte: Wikipedia Martedì 24 aprile 1945, gli abitanti della frazione Isola del comune di Rovegno si accingevano ad affrontare una nuova giornata lavorativa nei campi. Nella serata precedente, il Comitato di Liberazione Ligure aveva diramato a tutte le formazioni partigiane della montagna ed alle squadre d’azione patriottica di Genova, l’ordine di insurrezione…
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bagnabraghe · 14 days
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Verso le ore 10.30 transitava da Isola di Rovegno una colonna mista di partigiani
Isola, Frazione di Rovegno (GE). Fonte: Wikipedia Martedì 24 aprile 1945, gli abitanti della frazione Isola del comune di Rovegno si accingevano ad affrontare una nuova giornata lavorativa nei campi. Nella serata precedente, il Comitato di Liberazione Ligure aveva diramato a tutte le formazioni partigiane della montagna ed alle squadre d’azione patriottica di Genova, l’ordine di insurrezione…
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collasgarba · 14 days
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Verso le ore 10.30 transitava da Isola di Rovegno una colonna mista di partigiani
Isola, Frazione di Rovegno (GE). Fonte: Wikipedia Martedì 24 aprile 1945, gli abitanti della frazione Isola del comune di Rovegno si accingevano ad affrontare una nuova giornata lavorativa nei campi. Nella serata precedente, il Comitato di Liberazione Ligure aveva diramato a tutte le formazioni partigiane della montagna ed alle squadre d’azione patriottica di Genova, l’ordine di insurrezione…
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fabriziosbardella · 5 months
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Sabato 25 novembre alle ore 21.00 presso la Sala Pertini di Cardano al Campo andrà in scena La Partigiana Fiamma  #lapartigianafiamma #cardanoalcampo #artandcharity #violenzasulledonne #musica #eventi #fabriziosbardella #primopiano #inevidenza
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marcoferrara1971 · 2 years
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Comune di Sulmona 6.  Sulmona è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione, insignita della medaglia d'argento al valor militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per l'attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale...
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anticbrvtalist · 5 months
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Carlo Scarpa + Augusto Murer Monumento alla partigiana veneta
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carmenvicinanza · 3 days
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Walkiria Terradura
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Facevamo le pattuglie e le staffette. Combattevamo. Andavamo a prendere le informazioni nei paesi vicini, ci vestivamo da contadine, ci mettevamo i fazzoletti e partivamo.  Abbiamo avuto un ruolo molto più complesso di quello degli uomini.
La Resistenza non è fatta solo dagli uomini, è stata paritaria.
Pensate alle donne contadine che non hanno avuto uno straccio di riconoscimento mai, e nessuno ne ha mai parlato per anni, ci hanno curato, ci hanno ospitato nelle loro case, hanno diviso quel poco che avevano con noialtri, sono state delle donne meravigliose.
Walkiria Terradura partigiana e medaglia d’argento al valore militare.
Nata a Gubbio il 9 gennaio 1924, suo padre, avvocato e fervente antifascista, più volte arrestato e definitivamente liberato solo dopo la caduta di Mussolini, le aveva trasmesso l’odio verso la dittatura. Già al liceo, per il suo atteggiamento sprezzante verso il regime, aveva suscitato l’attenzione del fascio locale e fu più volte interrogata in Questura e redarguita severamente. Frequentava la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Perugia quando, il 13 gennaio 1944, durante l’occupazione tedesca, i fascisti dell’OVRA fecero irruzione nel palazzo dei Duchi di Urbino in cui la famiglia risiedeva per catturare nuovamente il padre Gustavo ed è stata lei a trarlo in salvo in modo quasi rocambolesco.
Quando i nazifascisti se ne tornarono nelle loro caserme dopo otto ore di inutili ricerche, si è spostata tra i monti del Burano che separano l’Umbria dalle Marche, unendosi alla Quinta Brigata Garibaldi di Pesaro col nome di battaglia di Walkiria.
Da sottotenente aveva assunto il comando di una squadra di sei uomini, il Settebello, che era specializzata in sabotaggio: facevano saltare ponti, organizzavano agguati, rendevano impossibile la vita alle truppe nazifasciste impegnate nella zona.
Un giorno, dopo l’ennesima azione, accompagnata da un solo gregario, ha messo in fuga un intero reparto nemico a colpi di bombe a mano, consentendo tra l’altro ai partigiani di appropriarsi di armi e mezzi abbandonati.
Nonostante gli otto mandati di cattura spiccati nei suoi confronti dai nazifascisti che giravano con una sua foto per trovarla, non è mai stata catturata.
Sposata con il capitano dell’Oss Alfonso Thiele, dopo la guerra si era trasferita con lui negli Stati Uniti. Dopo essere stata posta sotto l’attenzione poliziesca del maccartismo, aveva deciso di tornare in Italia dove ha continuato il suo attivismo politico nel PCI e soprattutto dell’ANPI di cui ha fatto parte a lungo degli organismi di dirigenza nazionale.
Ha scritto numerosi articoli sull’esperienza partigiana, arricchendo le fonti storiografiche con lo straordinario punto di vista di donna combattente.
Alla fine della guerra è stata nominata sottotenente e, con decreto presidenziale del 26 giugno 1970 e ha ricevuto la medaglia d’argento al valor militare per attività partigiana con la seguente motivazione: «Donna dotata di forte e generoso animo, entrava, malgrado la giovane età nelle formazioni partigiane della sua zona portandovi entusiasmo e fede. In lunghi mesi di lotta partecipava a numerose azioni contro il dotato avversario, mettendo in luce non comuni doti di coraggio e di iniziativa. Dopo essere riuscita con la squadra da lei comandata a fare saltare un ponte stradale, accortasi del sopraggiungere di un reparto avversario, incurante della grande sproporzione delle forze, attaccava con bombe a mano, di sorpresa, con un solo gregario l’avversario, infliggendogli dure perdite, ponendolo in fuga, recuperando altresì gli automezzi e le armi abbandonate. Valido esempio di determinazione, coraggio e alto spirito patriottico. Marche, 4 ottobre 1943-27 agosto 1944».
Fino all’ultimo ha continuato a tenere viva la memoria dell’antifascismo e della lotta partigiana, tra incontri pubblici e racconti, molti dei quali sono stati pubblicati da Patria Indipendente.
Una volta, chiamata a fare da consulente per un film a tema militare, ha stupito l’intera troupe montando e smontando uno Sten in appena tre minuti.
La sua storia è presente in diversi libri ed è stata protagonista di Walkiria, una guerrigliera sull’Appennino, docufilm di Gianfranco Boiani e Giorgio Bianconi.
Ha lasciato la terra quasi centenaria. Si è spenta a Roma il 5 luglio 2023.
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gregor-samsung · 6 months
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“ Carismatico, coraggioso, indomito, Lussu è un figlio della Sardegna più profonda. Nato ad Armungia nel 1890, laureato in Giurisprudenza a Cagliari, amatissimo comandante della brigata Sassari (nella prima guerra mondiale ha ricevuto ben quattro medaglie dopo quattro anni di trincea per azioni sull’altipiano del Carso e della Bainsizza), ex deputato del Partito sardo d’azione, ha pagato cara, fin lì, la sua militanza, ma ha anche ottenuto una gran bella vittoria su un regime che sembra inattaccabile. Capelli e occhi neri, slanciato, elegante, occhiali dalla montatura di metallo, baffi e pizzetto, sguardo ironico e tagliente, in quel periodo si fa chiamare ‘Mister Mill’ e vive in clandestinità. Agli occhi dei giovani dell’epoca, lo dice Joyce stessa, è un personaggio leggendario, per le gesta in Sardegna e per la sua avventurosa fuga da Lipari. I fatti della Sardegna sono questi: la sera del primo novembre 1926, centinaia di fascisti hanno assediato la casa dell’avvocato Lussu. Non è un’azione isolata, è solo una delle rappresaglie che bande di fascisti organizzano in tutta Italia – devastando case, sedi di giornali, picchiando e assaltando – non appena si è diffusa la notizia dell’attentato fallito a Mussolini, avvenuto il giorno prima a Bologna per mano del sedicenne Anteo Zamboni. Lussu, che è un antifascista, ha partecipato alla secessione dell’Aventino dopo l’assassinio di Matteotti, è antimonarchico, ha lavorato a un progetto federalista-rivoluzionario per unire azionisti, repubblicani e socialisti, è nel mirino dei fascisti della sua città: l’ordine è di saccheggiarne la casa e linciarlo sul posto. L’organizzazione dell’assalto, nella sede del fascio, è durata tutta la giornata per cui c’è stato tempo e modo, per Lussu, di ricevere informazioni da voci amiche e preparare una reazione. Gli amici gli consigliano di scappare ma lui decide di restare in casa, situata nella piazza più centrale di Cagliari, lasciandola ben illuminata, «per dare un esempio di incitamento alla resistenza».
Scende in strada per vedere che succede, sente gli squilli di tromba che chiamano a raccolta i fascisti mentre la piazza si fa deserta. Risale, manda via la domestica. La città continua a serrarsi, i negozi abbassano le saracinesche, i cinema si svuotano. Al ristorante vicino casa dove va a pranzare, il cameriere – che è stato un suo soldato durante la guerra e ora è diventato fascista ma nutre ancora grande rispetto del capitano – lo scongiura di partire subito. La sentenza contro Lussu è stata emessa e lo sa tutta Cagliari. Persino gli inquilini del suo palazzo, tra cui un magistrato di Corte d’appello, si chiudono e tacciono terrorizzati. «Incominciai a preparare la difesa. Un fucile da caccia, due pistole da guerra, munizioni sufficienti. Due mazze ferrate dell’esercito austriaco, trofei di guerra, pendevano al muro». Due giovani amici e compagni si presentano per aiutarlo ma lui li congeda senza discutere. Spegne la luce e si avvicina alla finestra. Assiste alla devastazione della sede della tipografia del giornale «Il Corriere» all’angolo, poi a quella dello studio dell’avvocato Angius. Quindi risuona il grido «Abbasso Lussu! A morte!». È sorpreso di riconoscere tra gli assalitori persone che conosce bene, di cui è stato amico o compagno di scuola. La colonna si divide in tre parti e l’attacco arriva da tre punti: una squadra sfonda il portone e sale dalle scale, una cerca di entrare da un cortile sul retro, l’ultima si arrampica dai balconi. «Confesso che, nella mia vita, mi sono trovato in circostanze migliori. I clamori della piazza erano demoniaci. La massa incitava gli assalitori dalle finestre con tonalità di uragano». Lussu lancia un primo avviso, grida «Sono armato!» da dietro le persiane. Poi, mira e spara al primo che arriva sul balcone. Un giovane fascista, Battista Porrà, colpito a morte piomba giù, sul selciato della piazza. Gli altri scompaiono in un lampo. Nonostante lo svolgimento dei fatti dimostri la legittima difesa (e infatti verrà assolto) e nonostante l’immunità parlamentare, Lussu viene portato in carcere. Ci vorrà un anno prima di arrivare a sentenza ma l’ordine di scarcerazione immediata è seguito da un ordine di domicilio coatto. Lussu è condannato alla pena di cinque anni di confino per misure di ordine pubblico e definito «avversario incorreggibile del regime». “
Silvia Ballestra, La Sibilla. Vita di Joyce Lussu, Laterza (collana I Robinson / Letture), 2022¹; pp. 31-33.
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italianiinguerra · 1 year
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Medaglie d'Oro della 2ª Guerra Mondiale - Capitano PIETRO MARCHISIO - Bosnia (Jugoslavia), 25 aprile 1944
Nome e CognomePietro MarchisioLuogo e data di nascitaChiusa di Pesio (Cuneo), 1909 Forza ArmataRegio EsercitoArmaFanteriaCorpo o specialitàAlpiniRepartoUnitàGradoCapitano in SPE (Servizio Permanente Effettivo)Anni di servizio1940-45Guerre e campagneSeconda guerra mondiale (Occupaziuone della Jugoslavia)Unità PartigianaDivisione partigiana “Garibaldi”Causa della mortePrivazioni e malattiaLuogo e…
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fridagentileschi · 3 months
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LE FOIBE E PERTINI
Pertini e' ritenuto da molti, troppi, il miglior presidente d'Italia e sapete perche'? Perche' ai mondiali di calcio del 1982 alzo' la coppa vinta dall'Italia in quell'occasione!!!
Nella realta' questo essere non si e' mai ritenuto italiano e per l'Italia non fece mai nulla. Au contraire! Fece un discorso il 31 dicembre alla nazione con un bambino arabo di Gaza....tanto per abituarci alla futura invasione progettata dai comunisti come lui...
Ma raccontare gli orrori di Pertini -come raccomandare lo stupro delle italiane durante la seconda guerra mondiale e stupratore lui stesso...e' davvero lungo...qui ve lo voglio raccontare in relazione alla tragedia delle Foibe e di Porzûs che agli inizi degli anni '80 erano solo appena sussurrate negli ambienti della destra extraparlamentare e completamente ignorate dalla storiografia ufficiale, comunista-partigiana. Parlare di queste tragedie che imbrattavano l'ideologia della Resistenza si rischiava di essere bollati fascisti e revisionisti. Esattamente come oggi.
Ebbene, Tito, il dittatore jugoslavo comunista, morì nel 1980. L'allora presidente Sandro Pertini — il presidente più amato dagli italiani... e credo dagli ex jugoslavi — anziché restarsene al Quirinale, andò a rendergli omaggio, ignorando (si fa per dire) del tutto quel che accadde nell'Istria tra il '43 e il '45. Ignorando la tragedia delle Foibe e quanto i comunisti, sotto gli ordini diretti di Tito, combinarono a danno degli italiani, colpevoli solo di essere italiani. Nessun capo di Stato che avesse avuto un minimo di senso nazionale avrebbe mai reso omaggio al macellaio del suo popolo. Ma Sandro Pertini lo fece. E non si limitò a rendergli omaggio con la sua presenza, ma baciò persino il suo feretro e la bandiera nel quale era avvolto.
Questo fece Sandro Pertini, nonostante le urla di sangue e dolore degli infoibati e degli esuli che fuggirono dall'Istria e Dalmazia. E questo fu solo un episodio (forse il più eclatante). Da bravo socialista partigiano, appartenente alla vecchia scuola (quella di Nenni e Matteotti), Pertini concesse persino la Grazia a Mario Toffanin, altrimenti noto come il 'Giacca'. Un partigiano che durante la guerra aveva compiuto (con la complicità di altri partigiani comunisti) la strage di Porzûs per la quale, nel 1954, la Corte d'Assise di Lucca lo aveva condannato all'ergastolo. Pena a cui erano stati sommati altri trent'anni di reclusione per sequestro di persona, rapina aggravata, estorsione e concorso in omicidio aggravato e continuato. Mario Toffanin, tuttavia, non sconterà mai queste pene, perché riuscirà a riparare in Jugoslavia, godendo persino della pensione italiana che la Grazia di Pertini gli aveva permesso di percepire dall'estero (l'ex partigiano infatti non rientrerà mai più in Italia).
Che differenza c'e' tra lui e Napolitano? Tra lui e i nazisti?
Che vergogna la memoria corta degli italiani...
Che questa giornata della memoria possa re-insegnare la storia agli italiani, e mettere finalmente Pertini la' dove merita, nell'elenco dei criminali!
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