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#gesuita james martin
anticattocomunismo · 2 years
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Un gesuita afferma che la dottrina del catechismo sull'omosessualità uccide
Un gesuita afferma che la dottrina del catechismo sull’omosessualità uccide
Secondo il gesuita americano James Martin, noto propagatore dell’omoeresia, il Catechismo della Chiesa Cattolica può indurre al suicidio gli omosessuali. (more…)
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bergoglionate · 5 years
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Bergoglio fa un mea culpa, ma son lacrime di coccodrillo!
Bergoglio fa un mea culpa, ma son lacrime di coccodrillo!
In questo sinodo che ad altri piace chiamare “summit”, e forse lo è…. c’è ancora MENZOGNA, MENTONO SAPENDO DI MENTIRE, ed hanno continuato a mentire, non hanno affrontato la vera piaga che sta dividendo e dilaniando la Gerarchia stessa con la lobby gay il cui promotore, dovreste ricordarlo, è anche il gesuita James Martin messo lì da Bergoglio, cliccate qui….tutti lo sanno, ma tutti continuano a…
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radiopuntog · 4 years
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Avete sentito la frase del papa sugli omosessuali e lesbiche? - leggete questo:
Il montaggio dietro alla discussa frase del papa sugli omosessuali [traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]
Capture YouTube / Noticieros Telvisa
L'intervista di papa Francesco con la giornalista messicana Valentina Alazraki, maggio 2019.
La frase polemica di papa Francesco a proposito degli omosessuali – «Quel che dobbiamo fare è una legge di coabitazione civile: hanno diritto di essere legalmente tutelati» –, che appare nel documentario Francesco di Evgeny Afineevsky pubblicato ieri, 21 ottobre 2020, si inserisce in un montaggio di piccoli frammenti di un’intervista del maggio 2019. Quattro estratti, uno dei quali era stato tagliato, sono stati assemblati insieme producendo una certa confusione nella comprensione esatta del pensiero di papa Francesco sull’argomento. Nel maggio 2019 compariva una lunga intervista del Santo Padre – quasi un’ora e venti – condotta dalla vaticanista messicana Valentina Alazraki, in cui vennero toccati numerosi temi sociali e di società, tra cui quello dell’omosessualità. Differenti estratti sono stati ripresi nel documentario Francesco e combinati insieme a formare questa dichiarazione:
Gli omosessuali hanno diritto a stare in famiglia, sono figli di Dio e hanno diritto a stare in famiglia. Non si può cacciare qualcuno dalla famiglia e rendergli la vita impossibile per questo. Quello che dobbiamo fare è una legge di coabitazione civile: hanno diritto di essere legalmente coperti. Io ho difeso questa cosa.
Nella versione originale, papa Francesco inizia dichiarando di essersi molto arrabbiato per come i giornalisti avevano recepito la sua famosa risposta “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicare?”, frase pronunciata sul volo di ritorno dalla GMG di Rio de Janeiro il 28 luglio 2013. Il pontefice affermava di esprimersi «sull’integrazione in famiglia delle persone con orientamento omosessuale». Egli afferma di aver inteso: «Le persone omosessuali hanno diritto a stare in famiglia, le persone con orientamento omosessuale hanno diritto a stare nella famiglia», primo estratto ripreso nel documentario Francesco.Un montaggio che occulta l’intenzione originale
Tuttavia, la frase completa è stata tagliata mentre questo è il suo contesto prossimo:
Le persone omosessuali hanno diritto a stare in famiglia, le persone con orientamento omosessuale hanno diritto a stare nella famiglia, e i genitori hanno dovere di riconoscere quel figlio omosessuale, quella figlia omosessuale. Non si può cacciare qualcuno dalla famiglia e rendergli la vita impossibile per questo.
Il tema della discussione, che verteva sul posto del figlio omosessuale in una famiglia eterosessuale, è in qualche modo occultato nel documentario Francesco.
Tra questi due primi spezzoni il montaggio ha inserito la frase “sono figli di Dio”. È stata sì pronunciata dal Primate d’Italia nella medesima intervista, ma più tardi, nel punto in cui si lamentava di un giornale che aveva titolato “Il papa manda gli omosessuali dallo psichiatra” dopo un’osservazione che riconosceva tuttavia non felicissima… ma negava comunque di aver detto quella cosa, ed affermava di aver risposto a chi gli aveva posto la domanda: «Sono figli di Dio, hanno diritto a una famiglia…» eccetera. Il montaggio e l’innesto della frase nel documentario è facilitato da un piano su preti che celebrano nella cappella di Santa Marta, la dimora di elezione di papa Francesco.
Non estrapolare parole dal contesto Fatto interessante, il Santo Padre stava proprio invitando i giornalisti – parlando con la professionista messicana – a «non estrapolare parole dal contesto». E sottolineava che il fatto che gli omosessuali abbiano diritto a una famiglia «non significa approvare gli atti omosessuali, nel modo più assoluto».
In più, la parte precedente questi tre estratti nel documentario lascia intendere che il papa parli delle c.d. “famiglie omoparentali”: vi si presenta infatti la tes
Un ultimo estratto tagliato in fase di montaggio Il quarto estratto, montato dietro ai tre precedenti, non appare nella versione originale, e sembra essere stato tagliato dalla giornalista messicana: non c’è neppure nella trascrizione ufficiale dell’intervista su Vatican News. S’individua però nel video il punto del taglio (molto ben fatto) e sembra che l’ultimo passaggio debba venire proprio da lì. Per ora nessuna informazione permette di sapere come il realizzatore russo-americano ne sia venuto in possesso.
Il contesto corrisponde: la giornalista messicana nota che papa Francesco si era opposto al “matrimonio” omosessuale quando era arcivescovo di Buenos Aires in Argentina, e che paradossalmente dal suo arrivo a Roma aveva affermato di sentirsi percepito come “molto più liberale” di quanto non fosse nel suo paese di origine.
La risposta del papa comincia così: «Ho sempre difeso la dottrina. È curioso, per quanto riguarda la legge sul “matrimonio omosessuale”… è incongruo parlare di “matrimonio” omosessuale». Nel video la giornalista gli pone allora una domanda, ma la fine della citazione troncata del documentario Francesco ha ottime probabilità di essere stata presa da lì, tanto il taglio è visibile e la concatenazione sembra coerente: «Quello che dobbiamo fare è una legge sulla convivenza civile: hanno diritto di essere legalmente tutelati. Io ho difeso questo». Da notare che l’espressione “convivenza civile” (“convivencia civil” in spagnolo) è tradotta nella sottotitolazione inglese del documentario con “civil union”.timonianza di un omosessuale venuto a chiedere al Romano Pontefice se i suoi figli (da lui spacciati per “adottati” mentre erano stati ottenuti da utero in affitto – cioè commissionati, prodotti e comprati, pagando la scomparsa della madre) potessero essere accolti in una parrocchia. Il papa, dice l’uomo, gli avrebbe raccomandato di presentare con trasparenza la loro situazione famigliare (cosa che non era stata fatta neanche con lui).
Il regista sorpreso dalla polemica Insomma un quadro molto meno inedito e deflagrante di quanto lasci intendere il montaggio di Francesco. Essa può del resto essere ricollegata a prese di posizione più datate di papa Bergoglio. Dichiarazioni quasi identiche erano già state rilasciate nel libro-intervista Politica e società (2017) con il sociologo Dominique Wolton, in cui il papa dichiarava:
Il “matrimonio” è un concetto storico. Da sempre, nell’umanità, e non soltanto nella Chiesa, si tratta di un uomo e una donna. Non si può cambiare questa cosa così, come se niente fosse […]. È la natura delle cose, è così. Chiamiamole allora “unioni civili”.
Il regista Evgeny Afineevsky, omosessuale ed omosessualista militante che già nel 2009 aveva prodotto un lungometraggio sulla questione dell’inclusione famigliare degli omosessuali in una famiglia giudaica, ha «espresso la propria sorpresa», dopo la première a Roma, stando a quanto riporta The Philadelphia Inquirer stamattina, 22 ottobre. Egli afferma di stupirsi che «le dichiarazioni del papa abbiano creato una tale tempesta». Secondo lui il papa
non cercava di cambiare la dottrina, ma esprimeva semplicemente la sua convinzione che gli omosessuali debbano godere dei medesimi diritti degli eterosessuali.
Si noti che il regista è stato ricevuto dal Santo Padre nella mattina precedente la proiezione. Sul suo account Instagram, Evgeny Afineevsky dichiara di essere stato accolto per quell’udienza con una «torta di compleanno». Un 30-30 minuti del film (cioè meno di un terzo dell’intero prodotto) sono stati proiettati in agosto in Vaticano alla presenza del papa, secondo quanto il regista avrebbe confidato alla vaticanista americana Cindy Wooden.
Polarizzazione delle reazioni nella Chiesa Per ora le reazioni sembrano ignorare la confusione che è stata prodotta dal montaggio di Evgeny Afineevsky: su Twitter padre James Martin, gesuita americano che auspica un’“apertura” agli omosessuali cattolici, ha salutato le dichiarazioni del papa come «un grande passo in avanti nel sostegno della chiesa alle persone LGBT».
Il fatto che il papa parli positivamente di unioni civili – ha aggiunto – manda pure un messaggio forte lì dove la Chiesa si è opposta a quelle leggi.
Dall’altra parte, mons. Thomas Tobin di Providence (USA) ha chiesto (in un comunicato) dei chiarimenti:
La dichiarazione del papa contraddice chiaramente l’atavico insegnamento della chiesa sulle unioni omosessuali. La Chiesa non può sostenere che si accettano relazioni oggettivamente immorali.
Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, che ha visto il documentario nella première a Roma, parla da parte sua di un film costruito con piccoli estratti di video. «Non c’è niente di nuovo: quel che mi colpisce è la capacità di ascolto di Francesco», ha affermato in un’intervista rilasciata a L’Avvenire.
Estratto dal film “Francesco” di Evgeny Afineevsky (e prodotto da lui insieme a Afineevsky Tolmor Production; Diamond Docs; PFX Postproduction & Visual Effects Studio; UCLA School of Theater, Film and Television;) e qui riprodotto per esigenze di cronaca.
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sonporo · 5 years
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Ancora una volta, scende in campo il cardinale Raymond Leo Burke, esponente di spicco del "fronte tradizionalista" che in Vaticano si oppone, di fatto, al pontificato di Papa Francesco. Burke e il fronte tradizionalista hanno infatti diffuso un testo che mira a correggere quelli che bollano come errori della Chiesa cattolica di oggi. L'impronta di Bergoglio non viene direttamente chiamata in causa, ma i riferimenti appaiono evidenti. L'impressione è che Burke e i suoi fedelissimi abbiano volto rimarcare, ancora una volta, la preoccupazione per la "confusione imperante" nel Vaticano di oggi.
Il documento, diffuso integralmente sul sito cdi Corrispondenza romana, mette al centro la visione che la dottrina cattolica dovrebbe avere sul tema delle "istanze Lgbt". Chi ha firmato la dichiarazione, in buona sostanza, richiama il Vaticano su più fronti citando il Catechismo. Burke e gli altri firmatari insistono sulla necessità di chiarezza che deriva dall'apertura della Chiesa al mese dell'orgoglio gay. Si pensi a quanto fatto da James Martin, gesuita e progressista, oltre che consultore del Vaticano, il quale su Twitter ha augurato "buon mese del Pride" alla comunità Lgbt.
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zooeuropa · 4 years
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ourvaticancity-blog · 6 years
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USA, i fedeli in rivolta stoppano l’omoeretico Martin
Negli Stati Uniti i cattolici “della strada” si sono fatti sentire e hanno impedito con le loro proteste che istituzioni di rilievo del mondo cattolico dessero spazio al gesuita James Martin, autore di un libro (Building a bridge) che viene visto dai suoi critici come una forma di appoggio al modo di vita LGBT. di Marco Tosatti (17-09-2017) Negli Stati Uniti i cattolici qualsiasi, i cattolici della strada, si sono fatti sentire e hanno impedito con le loro proteste che istituzioni di rilievo del mondo cattolico dessero spazio al gesuita James Martin, autore di un libro (Building a bridge) che viene visto dai suoi critici come una forma di appoggio al modo di vita LGBT. James Martin è stato nominato da mons. Dario Viganò, per ragioni che non ci è dato di conoscere, come consultore dell’istituzione che gestisce l’informazione della Santa Sede. James Martin è noto per le sue esternazioni filo LGBT. Il Theological College, il seminario all’Università Cattolica di America, situato a Washington, ha cancellato una conferenza che James Martin SJ avrebbe dovuto tenere il 4 ottobre prossimo durante l’ex-alumni day, il giorno in cui si celebravano i 100 anni di attività dell’istituto. Il gesuita stesso incolpa una campagna condotta da Church Militant, LifeSiteNews e un sacerdote molto presente sul web, chiamato “Father Z”. La notizia, che riprendiamo dal sito Vox Cantoris, viene commentata così: “Per quello che riguarda questo prete nell’errore, ha bisogno di ritirarsi in un monastero per una vita di pentimento e riparazione per le anime che ha aiutato nella loro discesa all’Inferno, e per la salvare la propria”. "Quando si è avuto notizia della conferenza che padre James Martn avrebbe dovuto tenere c’è stata una tempesta di telefonate e e-mail di protesta; e l’università ha dovuto tenere conto delle proteste, e ha preferito, per evitare che la giornata si focalizzasse su quell’evento, cancellare la conferenza. Lo stesso James Martin SJ ricorda che c’è stata un’altra cancellazione di conferenza. Questa volta era prevista per il 21 ottobre, a New York, e il padrone di casa era l’Ordine del Santo Sepolcro. “Gli organizzator mi hanno detto che hanno ricevuto e-mail irate e chiamate telefoniche da parte di parecchi membri dell’Ordine”. Anche qui padre James Martin ne dà la colpa Church Militant. E, infine, una terza cancellazione che riguarda, questa volta Londra, ed era ospitata dal Cafod (Catholic International Development Charity in England)." Il libro di James Martin, SJ, anche se elogiato da alcuni cardinali progressisti come Joseph Tobin e Kevin Farrell, e criticato da cardinali come Robert Sarah, e forse ancora di più la sua attività sul web di simpatizzante del mondo LGBT stanno certamente creando reazioni negative. "È probabile che molti cattolici vedano, sotto la sottile vernice dell’accoglienza e della non-discriminazione verso gli omosessuali (anche se parlare di questo problema nel mondo clericale, per chi lo conosce, non sembra realistico) il primo passo di un tentativo di rendere accettabili pratiche e comportamenti che da sempre la Chiesa rigetta. E, in ultima analisi, di costruire una specie di cavallo di troia attraverso cui può passare anche la teoria gender, verbalmente condannata dal Pontefice, con tutti i suoi corollari: adozione per le coppie omosessuali, benedizione di “tutte le famiglie” e così via. È una vernice sottile, quella dei cosiddetti diritti; ma anche fra i vescovi c’è chi resta abbagliato." "Come, forse, Vincent Long, ofm, vescovo di Parramatta, in Australia. Ha scritto una lettera pastorale relativa al sondaggio postale che si sta preparando nel Paese in tema di matrimonio fra persone dello stesso sesso. “Bisogna ricordare che il sondaggio è su questo: gli australiani vogliono o no cambiare la definizione legale di matrimonio civile, includendo coppie dello stesso sesso. Non è un referendum sul matrimonio sacramentale della Chiesa”. Che continuerà a considerarlo un istituto naturale stabilito da Dio per “l’unione permanente fra un uomo e una donna”. Il vescovo afferma che per molti cattolici il tema non è solo teoretico, ma profondamente personale: “possono essere persone attratte dallo stesso sesso essi stessi”, o avere parenti e amici. Il vescovo invita tutti i cattolici a esercitare la loro responsabilità “in questo discernimento comune. Non dovrebbe essere solo una risposta sì o no; dovrebbe essere un’opportunità di testimoniare il nostro profondo impegno all’ideale del matrimonio cristiano. Ma dovrebbe essere un’opportunità per ascoltare quello che lo Spirito sta dicendo attraverso i segni dei tempi. Nella storia i nostri fratelli e sorelle gay, lesbiche (o LGBT) non sono stati trattati con rispetto, sensibilità e compassione. Purtroppo la Chiesa non è sempre stata un posto in cui si sono sentiti benvenuti, accettati e amati…quindi dobbiamo impegnarci nel compito di raggiungere i nostri fratelli e sorelle LGBT, affermando la loro dignità e accompagnandoli nel nostro viaggio comune verso la pienezza della vita e dell’amore in Dio”." (fonte: lanuovabq.it)
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theadrianobusolin · 7 years
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James Martin, il caso del gesuita pro Lgbt James Martin continua a far parlare di sè. Il Padre è consulente della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede e le sue posizioni, genericamente definite come "pro Lgbt", fanno sì che in alcuni ambienti si inizi a parlare di "omoeresia" e di "gesuiti Usa allo sbando".La visione di James Martin sulla tematica è apertamente progressista, tanto che il maggio scorso si era spinto a dichiarare che: "Alcuni santi erano probabilmente gay.
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anticattocomunismo · 4 months
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Chiesa di Francesco, prossima fermata: il matrimonio gay
James Martin, confratello gesuita di Francesco, catechizza i vescovi irlandesi sulla Fiducia Supplicans e in un tweet “normalizza” i matrimoni gay. A cui la risposta del Papa agli ultimi dubia ha già aperto la strada. Continue reading Chiesa di Francesco, prossima fermata: il matrimonio gay
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anticattocomunismo · 10 months
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Si apre la Gmg tra affidamento a Maria e figure controverse
Oggi il Papa arriverà a Lisbona. Nel programma dei prossimi giorni spicca la tappa a Fatima ma anche la presenza del gesuita arcobaleno James Martin. E non si è spenta l’eco delle dichiarazioni del cardinale eletto Aguiar. Continue reading Untitled
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anticattocomunismo · 2 years
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Vescovi americani “freddi” per il cardinale lgbt-friendly
Vescovi americani “freddi” per il cardinale lgbt-friendly
La scelta di Papa Francesco di creare cardinale Robert McElroy continua a far discutere oltreoceano. La conferenza episcopale Usa liquida con freddezza la decisione di Francesco, che invece viene lodata dal gesuita James Martin, che definisce il neo cardinale un “amico della comunità LGBT”. (more…)
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bergoglionate · 5 years
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James Martin da dell'ignorante a Bergoglio, ma chi è causa del suo mal...
James Martin da dell’ignorante a Bergoglio, ma chi è causa del suo mal…
Si potrebbe pensare tranquillamente ad una guerra interna al campo dell’informazione, alla disinformazione… ad una sorta di gioco al ping-pong… ma non è così. Il gesuita padre James Martin, sdoganatore della lobby LGBT interna alla Chiesa, ce lo ha messo proprio lui, Bergoglio, alias in arte “Papa Francesco”, verrebbe perciò da pensare che chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Purtroppo però…
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anticattocomunismo · 6 years
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[ESCLUSIVA Radio Spada] Intervista a Marco Tosatti sul dossier Viganò.
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Con piacere intervistiamo Marco Tosatti, vaticanista bersagliato dai fedelissimi di Bergoglio in questi giorni in cui è esploso il “caso Viganò”. [RS]
RS: È giudicato tra gli artefici del “dossier Viganò”, in particolare da accesi sostenitori di Bergoglio, che spesso sostengono posizioni ultraprogressiste. Cos’ha da dire in merito? Davvero è lei il grande burattinaio?
MT: Nel momento in cui la testimonianza di mons. Viganò è apparsa, in italiano, spagnolo e inglese, i media vicini al Pontefice regnante e naturalmente ancora di più i giornalisti e propagandisti legati al Vaticano hanno cominciato a lavorare. Non per verificare se le affermazioni dell’ex nunzio fossero veritiere; ma per screditarlo su tutti i piani possibili. E hanno cercato di usare anche la mia povera persona, per il minimo contributo che ha dato a questa operazione. E allora, come ho già fatto in questi giorni diverse volte e in diverse lingue devo dire che:
Non ho convinto assolutamente nessuno a fare niente. Mons. Viganò ha preso contatto con me perché voleva far sapere delle cose pubblicamente, e voleva farlo – inizialmente – con un’intervista. Dopo il primo contatto, mi sono limitato a fargli notare che l’uscita del rapporto del Grand Jury di Pennsylvania andava a toccare i temi di cui voleva parlare, e che forse se voleva ancora fare l’intervista, era questo il momento opportuno per la sua iniziativa.
Tantomeno ho “persuaso” a rendere pubblico il documento. E il mio contributo è stato quello di un editing professionale; cioè abbiamo lavorato sulla bozza, il cui materiale era integralmente del Nunzio, per verificare che fosse scorrevole e giornalisticamente utilizzabile.
Temo di dover smentire che la mia partecipazione abbia qualche cosa di clamoroso. Probabilmente se si fosse deciso di fare un’intervista, il mio apporto sarebbe stato ancora maggiore, perché avrei posto delle domande; cosa che evidentemente non poteva avvenire in un documento-testimonianza.
La scelta del tempo di uscita è stata condizionata dal fatto che mons. Viganò desiderava che il documento fosse pubblicato, oltre che in italiano, in spagnolo e inglese. Questo ha comportato qualche giorno di attesa per le traduzioni; e da mercoledì – data in cui il testo base italiano è stato finito – a domenica mattina sono passati solo tre giorni.
È straordinario che anche questa circostanza – il fatto che la persona che doveva fare l’intervista abbia contribuito all’editing della testimonianza – sia stata utilizzata da qualcuno in maniera strumentale per cercare di gettare discredito su questa operazione di chiarezza e di coraggio compiuta da mons. Viganò. Direi che lo si può interpretate come un segno di disperazione di quanti cercano di distrarre da un silenzio e da un rifiuto di dare risposte che sta diventando pesante per molti cattolici.
RS: Ha già cercato di contattare alcuni dei prelati menzionati da mons. Viganò per riscontri?
MT: Sì, senza molta fortuna, e credo che altri colleghi – come Gerard O’Connell – abbiamo fatto la stessa cosa, senza molto successo. Ovviamente, nel clima di terrore che si respira in Vaticano, chi avrebbe il coraggio di dire: sì, quello che mons. Viganò denuncia è vero?
RS: In America diversi vescovi hanno già chiesto chiarezza, andando un po’ contro il “non dirò una parola” di Bergoglio. La questione abusi è più sentita lì oppure siamo di fronte a uno scontro tra fazioni?
MT: La questione delle “divisioni”, delle “fazioni”, dei “gruppi di potere” è un’altra delle deformazioni (al meglio) o menzogne (al peggio) inventate dalla cerchia di spin doctors che aiuta il Pontefice nella sua strategia. Che è la stessa seguita nel caso dei “Dubia”: non rispondere a domande legittime, e scatenare le sue mute di aiutanti ad attaccare chi pone le domande.
RS: Anni fa era rarissimo trovare un vaticanista che criticasse la linea del Vaticano, facendo richiami alla dottrina. Anche questo è uno dei frutti di Francesco? È un fatto contingente dovuto ad una più evidente necessità della difesa della Fede o lo ritiene un fatto figlio del “liberi tutti” maturato negli ultimi decenni?
MT: Anche adesso è difficile trovarlo. Anzi, direi che è esattamente il contrario. Pensate ai tempi di Giovanni Paolo II, e tutti gli attacchi che ha dovuto subire! Pensate a Benedetto XVI, e il suo calvario mediatico, certamente immeritato, e certamente voluto dai Signori del Mondo perché il suo messaggio, a differenza di quello di Francesco, andava contro la cultura imperante. Oggi chi avanza dubbi, perplessità, critiche siamo una manciata di persone, alcune delle quali, come Aldo Maria Valli, veramente molto coraggiose. Gli altri, o per convincimento, o per ragioni ideologiche (il Papa è “de sinistra”) o per ragioni economiche, di interesse o di paura sono proni alla narrazione vaticana. L’informazione sul Vaticano era molto più libera e indipendente nei decenni passati.
RS: È possibile che ci sia un problema dottrinale alla base degli abusi sessuali? Secondo alcuni studi (citati ad esempio qui) le due cose sarebbero correlate.
MT: La mancanza di fede è alla base di tutto, e su questo non credo che ci possa essere dubbio. Ma ora c’è di più: c’è il tentativo evidente di riabilitare anche all’interno della Chiesa, come già è accaduto fuori, nella società occidentale (ma solo lì…) i rapporti omosessuali, fregandosene altamente di quello che poteva dire San Paolo, Santa Caterina da Siena, e una buona squadra di altri santi e papi. Questo lo dobbiamo a una lobby non so se omosessuale (anche se può essere) quanto certamente omosessualista di cui persone come il gesuita James Martin, un altro gesuita qui in Italia e mons. Marcello Semeraro, che organizza un Forum da anni per le persone LGBT nella sua diocesi di Albano sono solo alcuni degli esponenti. Consiglio di leggere il lavoro del prof. Oko sull’omoeresia nella Chiesa. E quello a cui assistiamo, in Cile come negli Stati Uniti, in Honduras come a Roma sono gli effetti drammatici e disastrosi di una cultura pervasiva dell’omosessualità nel clero. Legata, ovviamente, alla mancanza di fede. Mentre leggevamo la sua testimonianza, a un certo punto mons. Viganò ha commentato: ma come facevano a dire messa?!
RS: Nell’ipotesi in cui Bergoglio dovesse fare un passo indietro, una Chiesa con due papi dimessi e un terzo in carica non manifesterebbe una debolezza profondissima?
MT: La vera debolezza la Chiesa la manifesta nel silenzio, nell’ambiguità, nella confusione. Un commentatore americano scriveva: forse due papi in pensione sono meglio di uno, con un terzo papa impegnato realmente a ripulire. Non credo che ci sia peggior clericalismo di quello di chi si nasconde dietro una talare – di qualunque colore essa sia – o usa brani della Scritture per giustificare il rifiuto a rispondere a legittime domande.
RS: Le voci sul fatto che dietro a tutto ci sia lei, però, rimangono. Può farci una previsione di come va a finire?
MT: Male. Ma forse è necessaria una purificazione dolorosa. Credo però che il “Cerchio magico” intorno al Pontefice e il Pontefice stesso non si rendano conto di quanto sia grande, e monti, la rabbia dei semplici fedeli laici, negli Stati Uniti, ma anche in Cile, e anche in Irlanda, e in Honduras, e persino da noi. Vedo sui social sempre più spesso, accanto ai commenti di chi scrive “Giusto o sbagliato, il mio Papa”, la voce di chi si chiede se non ci sia qualche cosa di sbagliato da qualche parte, e che cosa si potrebbe fare. L’ultimo, letto pochi minuti fa, era di una donna che proponeva di trovarsi la sera a piazza San Pietro per recitare un Rosario per la Chiesa. Senza proteste, senza niente: solo un Rosario. In quasi quarant’anni che mi occupo di Vaticano non avevo mai visto niente del genere. E allora è inutile che i propagandisti continuino a raccontarci che lo “scandalo” è colpa di un complotto, dei conservatori, di Tosatti, Valli e Viganò…
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anticattocomunismo · 6 years
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Il cardinale Tobin e la «subcultura gay» negata. Eppure lui la sostiene
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In risposta a un’inchiesta giornalistica pubblicata dopo gli ultimi scandali, l’arcivescovo di Newark afferma che nessuno gli ha mai parlato di una subcultura gay nella sua arcidiocesi. Sarà, ma si tratta di uno dei cardinali che ha elogiato apertamente il libro omoeretico di padre James Martin.
di Ermes Dovico (22-08-2018)
In seguito a un articolo pubblicato il 17 agosto dalla Catholic News Agency, il cardinale e arcivescovo di Newark, Joseph Tobin (da non confondere con Thomas Tobin, vescovo di Providence), ha scritto che nessuno gli ha mai riferito di una «subcultura gay» nella sua arcidiocesi. Le dichiarazioni del porporato arrivano dopo che sei sacerdoti della sua arcidiocesi si sono fatti intervistare dalla Cna, insieme a un altro prete appartenente a un ordine religioso che era seminarista a New York nei primi anni Settanta quando l’ormai ex cardinale Theodore McCarrick – al centro di uno scandalo riguardante abusi a sfondo omosessuale su minori, seminaristi e adulti – vi operava come sacerdote. I sette chierici hanno parlato al giornale cattolico dietro garanzia dell’anonimato.
Una delle accuse emerse dall’inchiesta della Cna riguarda padre Mark O’Malley, che nel 2014 venne rimosso dalla carica di rettore di un seminario diocesano e posto in congedo medico. Diverse fonti hanno riferito che la rimozione avvenne dopo la scoperta di una videocamera nella stanza di un giovane prete. Tobin ha commentato così la questione: «Nell’aprile 2014, padre Mark O’Malley, che serviva al Saint Andrew’s College, ha vissuto una grave crisi personale per la quale ha ricevuto una valutazione psicologica e una successiva terapia. Nell’aprile 2015, è stato ritenuto idoneo per il ministero sacerdotale. Spera di servire come cappellano ospedaliero».
Un altro caso è quello di padre James Weiner, che è stato identificato come l’uomo, precedentemente anonimo, accusato di violenza sessuale da parte di Desmond Rossi, oggi sacerdote nella diocesi di Albany. Quest’ultimo, che ha riferito di essere stato abusato da due diaconi transeunti nel 1988, ha ricevuto nel 2004 circa 35.000 dollari nell’ambito di un accordo extragiudiziale e ha detto che la sua accusa è stata a suo tempo ritenuta «credibile» dall’arcidiocesi ma senza che questa intraprendesse alcuna azione. Tobin ha detto di aver ordinato la riapertura dell’indagine all’inizio di questo mese. Lo scorso fine settimana, dunque a breve distanza temporale dalla pubblicazione dell’inchiesta giornalistica, il bollettino della parrocchia di padre Weiner ha riportato la notizia che l’ufficio del cardinale Tobin ha indefinitamente posticipato la cerimonia d’insediamento formale di Weiner come parroco a causa di una coincidenza di date: era in programma che l’arcivescovo di Newark procedesse all’insediamento del parroco il 15 settembre.
Per il resto il porporato ha sostenuto che «nessuno – incluse le ‘fonti’ anonime citate nell’articolo – mi ha mai parlato riguardo a una subcultura gay nell’arcidiocesi di Newark», esortando il clero a rivolgersi al suo direttore delle comunicazioni, anziché ai giornali. «Ripeto la mia volontà di incontrare qualsiasi fratello che desideri condividere le sue preoccupazioni riguardo alle accuse nella stampa o all’esperienza personale nella nostra Chiesa locale». Fin qui Tobin. L’articolo della Cna, oltre ai casi di O’Malley e Weiner, riferisce una molteplicità di situazioni aventi per protagonisti in negativo chierici gay nell’arcidiocesi di Newark, guidata prima dal già citato McCarrick (1986-2000) e poi da John Myers (2001-2016), i due immediati predecessori di Tobin. Uno dei sacerdoti ordinati nei primi anni di McCarrick ha detto che «molte persone perdevano la loro innocenza nel seminario», aggiungendo che c’erano due gruppi di allievi: «C’erano uomini che erano lì perché avevano un profondo amore per il Signore e una vocazione a servire la sua Chiesa», rappresentanti la maggioranza. «Ma c’era anche una subcultura, con il suo gruppo di uomini, che era apertamente omosessuale e meschino e vendicativo con tutti gli altri».
La stessa atmosfera si sarebbe respirata, pur nelle dovute differenze rispetto a McCarrick, negli anni di Myers (che da parte sua ha preso più posizioni pubbliche in difesa della dottrina cattolica). Un altro dei sacerdoti intervistati dal quotidiano cattolico ha detto che in quel periodo, da neo seminarista, gli venne consigliato di chiudere a chiave la sua stanza per evitare «visitatori» notturni. «Pensavo che stessero scherzando, e invece no». Qualche cambiamento in positivo nell’arcidiocesi di Newark è avvenuto durante il breve mandato, come arcivescovo coadiutore, di Bernard Hebda (2013-2016), che faceva spesso visite a sorpresa nelle parrocchie e «voleva sapere tutto», come ha riferito un parroco. Oggi gli stessi sacerdoti intervistati dalla Cna affermano che sono in attesa di vedere quali cambiamenti apporterà Tobin.
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Joseph Tobin (nella foto impegnato in allenamento) si è insediato a Newark il 6 gennaio 2017 e oggi dice appunto di non essere stato informato di una «subcultura gay» nella sua arcidiocesi. Eppure proprio Tobin, almeno fino a poco tempo prima che emergessero gli scandali riferiti nel rapporto del Gran giurì della Pennsylvania e la vicenda McCarrick, ha sostenuto apertamente la subcultura gay, come dimostra lo sperticato elogio fatto nel 2017 al libro omoeretico del gesuita James Martin, tra i più attivi fautori della normalizzazione dell’omosessualità e scelto (nonostante le comprensibili proteste di migliaia di fedeli) tra i relatori dell’Incontro mondiale delle famiglie in svolgimento in questi giorni a Dublino. Perciò il cardinale Tobin deve decidersi: vuole essere fedele a Cristo e all’insegnamento bimillenario della Chiesa oppure lo vuole combattere? Nel secondo caso non si comprende come possa continuare a fare il pastore di anime.
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anticattocomunismo · 6 years
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Gesuiti, quel "di più" sulla Dottrina che viene dal Maligno
Gesuiti, quel “di più” sulla Dottrina che viene dal Maligno
Se il gesuita omoretico James Martin parlerà di integrazione, di accoglienza, di accompagnamento e di discernimento la dottrina non verrà formalmente negata ma verrà messa da parte con un “sì, ma”. Ma mettere da parte la dottrina e fare come se essa non fosse vuol dire cambiarla (senza dirlo).
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anticattocomunismo · 6 years
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Nozze e preti gay: il catalogo omoeretico di James Martin SJ
Nozze e preti gay: il catalogo omoeretico di James Martin SJ
Agli omosessuali non serve la dottrina sulla castità; matrimonio gay come atto di amore; i cattolici che contestano l’omosessualità sono omofobi; necessario ordinare preti gay. Sono alcune delle “perle” omoeretiche del gesuita James Martin, invitato a parlare al Dublino al Meeting delle famiglie.
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ourvaticancity-blog · 6 years
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Omoeresia, il vescovo Chaput contro il gesuita James Martin
Il noto gesuita americano James Martin difende l’omosessualità. Gli replica magistralmente mons. Chaput, arcivescovo di Filadelfia. di Marco Tosatti (14-07-2017) È polemica crescente intorno al libro che James Martin, S.J. ha scritto – Building a bridge, Costruire un ponte – in tema di comunità LGBT. Il sacerdote gesuita, recentemente nominato consultore per le Comunicazioni Sociali della Santa Sede, sembra considerare le pratiche omosessuali non peccaminose, e senza tenere conto di quanto scrive al riguardo il Catechismo della Chiesa cattolica. Gli ha risposto l’arcivescovo di Filadelfia, Charles Chaput, che gli ha ricordato quello che scrive San Paolo nella lettera ai Romani, 1:21-27, in cui si condannano le pratiche omosessuali, ha ribadito che “Gesù non è venuto a confermarci nei nostri peccati e comportamenti distruttivi, qualunque essi siano, ma a redimerci. Se la Lettera ai Romani dice la verità – scrive ancora Chaput – le persona che mantengono relazioni impure (e siano omosessuali o eterosessuali) hanno bisogno di conversione, non semplicemente di un appoggio. Se la Lettera ai Romani è falsa, allora l’insegnamento cristiani non solo è sbagliato, ma è una menzogna malvagia. Affrontare questo con franchezza è l’unico modo di avere una discussione onesta”. In questo senso l’arcivescovo critica il libro del gesuita, perché manca di sottolineare l’essenza “di ciò che separa i fedeli cristiani da coloro che non vedono nessun peccato nelle relazioni sessuali con persone dello stesso sesso. La Chiesa non si limita all’unità per preziosa che sia, ma all’unità nell’amore di Dio radicato nella verità”. Mons. Chaput ha aggiunto che “ciò che facciamo con i nostri corpi è importante, perché è strettamente legato all’identità e al senso umano. Se la nostra vita non ha un senso più alto di quello che troviamo noi stessi, allora il sesso è semplicemente un altro tipo di argilla malleabile. Possiamo conformarlo nel modo che ci piace. Però se le nostre vite hanno uno scopo più elevato, e come cristiani troviamo questo senso nella parola di Dio, allora lo ha anche la nostra sessualità”. Perciò continua Chaput, “agire in un modo che viola questo scopo si converte in una forma di autoabuso”. Infine ha ammesso che “questo può essere un insegnamento difficile” e perciò “è facile vedere perché tante persone cercano di addolcire o ignorare le parole di San Paolo”. “In una cultura di conflitto adeguarsi è sempre il cammino meno doloroso. Però non porta da nessuna parte. Non ispira nulla. ‘Incastrarsi’ in una società dalla sessualità profondamente in disfunzione porta alla rovina che vediamo in tante altre comunità cristiane moribonde”. Padre Martin è noto per le sue posizioni filo LGBT. In un programma televisivo molto seguito ha detto che gli piace la canzone Born this way, di Lady Gaga, diventato l’inno annuale della comunità LGBT in cui la cantante finge di masturbarsi, e che gli sembra che il testo sia preso da un salmo. Il 25 giugno mandò i suoi saluti su Twitter “agli amici LGBT” augurando loro di divertirsi al Gay Pride in programma. E nei giorni scorsi ha esortato i preti omosessuali a fare coming out, non si capisce bene a quale scopo. James Martin esorta a non confondere omosessualità e pedofilia, e ha ragione. Ma dimentica che secondo il John Jay College l’81 per cento dei sacerdoti condannati negli Stati Uniti per abusi aveva tendenze omosessuali, come si evince da questo rapporto (clicca qui). Il che deve certamente essere materia di riflessione. La Chiesa ha sempre detto che il problema non sono le tendenze omosessuali, ma la pratica dell’omosessualità. Ed è quello che dicono i documenti e il catechismo. Ma ci sono quelli che sembrano ben desiderosi di varcare questa linea divisoria, dimenticando non solo l’insegnamento millenario, ma anche quanto affermato dai testi divinamente ispirati. Uno di questi è il vescovo di San Josè, Patrick McGrath. Di recente un altro vescovo, Paprocki, ha fatto sapere che gli omosessuali praticanti non avrebbero dovuto presentarsi a ricevere la comunione, né chiedere un rito funebre religioso, se non avessero mostrato segni di pentimento. McGrath, senza fare il nome di Paprocki, ha detto: “Recenti notizie sulla politica e la pratica in relazione a membri della comunità LGBT in altre diocesi possono causare confusione. Prendo quest’opportunità per assicurarvi che la risposta pastorale nella diocesi di San Josè rimane proprio questa: compassionevole e pastorale. Non rifiuteremo i sacramenti o la sepoltura cristiana chiunque li richieda in buona fede”. McGrath ha spiegato la sua decisione citando il Pontefice: “Infine, ricordiamo e lasciamoci guidare dalle parole di papa Francesco: ‘l’Eucarestia non è un premio per i perfetti ma una potente medicina e nutrimento per i deboli”. Il sito web della diocesi presenta un Ministero per i cattolici LGBT che una volta al mese offre una messa “Tutti sono benvenuti” per i “cattolici LGBT, le loro famiglie, amici e tutti i nostri fratelli e sorelle in Cristo”. In precedenza sul giornale diocesano è apparso un articolo in cui si diceva che Gesù avrebbe partecipato alla Marcia delle Donne pro aborto perché “i valori della Marcia era particolarmente in linea con l’insegnamento sociale cattolico”. Veramente la confusione sotto il cielo della Chiesa appare grande… (fonte: lanuovabq.it)
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