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mooninflerovio · 10 months
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Paura e delirio a Las Vegas (1998) dir. Terry Gilliam
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giardinoweb · 1 month
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L'Orto Botanico di Amsterdam: Un viaggio tra la natura e la storia
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Ciao a tutti, da Andrea, oggi vi porterò con me attraverso l'incantevole Orto Botanico di Amsterdam, una vera e propria gemma verde nel cuore della città. Questo luogo è una vera delizia per noi amanti della natura e della bellezza botanica, e non vedo l'ora di condividere la mia esperienza. Storia e Fondazione Fondato nel lontano 1638 dall'Università di Amsterdam, l'Orto Botanico rappresenta una testimonianza vivente della lunga storia botanica della città. Da allora, ha continuato a crescere e a evolversi, diventando un punto di riferimento per la conservazione delle piante e la ricerca botanica. Appena varcato l'ingresso dell'Orto Botanico, ci si immerge in un mondo di colori e profumi che incantano i sensi. I sentieri ben curati ci guidano attraverso una varietà di ambienti, dalle serre esotiche ai giardini formali, offrendo una panoramica completa della ricca diversità botanica che questo luogo ha da offrire. Una delle cose più affascinanti dell'Orto Botanico sono le bellissime fioriture di inizio primavera. Lungo i sentieri, in questo periodo, si possono ammirare aiuole di vari tipi di narcisi, muscari e crochi, che colorano il paesaggio con la loro bellezza delicata. In un bellissimo angolo del giardino, si trovano anche piante acidofile come le camelie, le eriche e le azalee, che aggiungono un tocco di colore e fascino con i loro fiori vivaci. Non posso dimenticare di menzionare i meravigliosi Rododendri dal colore giallo che completano questa splendida scena primaverile. Punti Salienti da non Perdere Il Giardino delle Piante Medicinali: Un'opportunità unica per imparare sull'uso tradizionale delle piante nella medicina olandese e oltre. Il Giardino delle Erbe Aromatiche: Un viaggio olfattivo attraverso una varietà di erbe aromatiche, con l'opportunità di scoprire nuovi sapori e profumi. L'Orto Botanico di Amsterdam è un luogo che incanta e ispira, offrendo una finestra sulla bellezza e la diversità del regno vegetale. Con la sua combinazione unica di storia, cultura e natura, è un'esperienza da non perdere per chiunque si trovi ad Amsterdam. Quindi, se avete l'opportunità, fate un salto in questo meraviglioso giardino e lasciatevi sorprendere dalla sua bellezza senza tempo. P.S. Nonostante la chiusura temporanea della serra dei climi tropicali per manutenzione, l'Orto Botanico di Amsterdam offre ancora una miriade di meraviglie da esplorare. Read the full article
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manifestocarnivoro · 5 months
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PIG TABLE
Perfetto per l’ufficio o un angolo di casa, il Pig Table by Front è realizzato in poliestere e ABS, una termoplastica opaca con finitura nera. Si può comprare da Moooi, un’azienda di design fondata nel 2001 dai designer Marcel Wanders e Casper Vissers. Su Instagram è @moooi, dalla parola olandese mooi che significa “bello”, con l’aggiunta di una terza “o” a rappresentare l’originalità del marchio. Costa 2.935 euro su moooi.com
Fonte: “Carni&Co.”, Eurocarni 9/23
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ma-come-mai · 2 years
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Una volta ogni 6-9 mesi mi viene voglia di parlare su FB... Chi ha 6 minuti di tempo per ascoltare le mie parole riguardanti la gestione covid filogovernativa può ascoltare il mio video, non è mia intenzione offendere nessuno ma vorrei vedersi aprire un dialogo sereno in Valle d'Aosta per non ricadere in eventuali errori già commessi e soprattutto per non dividere a metà una comunità piccola come la nostra. Di seguito le parole che troverete nel video: A TUTT'OGGI CIRCA 40 MILA VALDOSTANI HANNO DECISO DI NON VACCINARSI OLTRE LA SECONDA DOSE E SOLO IN 9 MILA SI SONO SOTTOPOSTI ALLA QUARTA, SENZA CONSIDERARE COLORO CHE FIN DALL'INIZIO DELLA COSIDDETTA PANDEMIA HANNO SCELTO DI NON SOTTOPORSI ALL'OBBLIGO VACCINALE PAGANDO UN DURO PREZZO SULLA LORO PELLE.
Tutte queste persone, dunque, esprimono in merito al concetto di salute, un orientamento ben preciso che non può essere messo a tacere, soprattutto in una regione che storicamente vede nelle minoranze una ricchezza autentica.
Per questo è ancora estremamente importante il dibattito pubblico sui vaccini e la gestione covid.
Risale a pochi giorni fa la notizia che la signora Janine Small, presidente dei mercati internazionali di Pfizer, interrogata dall’eurodeputato olandese Rob Ross se la casa farmaceutica avesse testato la capacità del vaccino di bloccare il contagio, ha risposto con un secco no, ridendo e dicendo: “Dovevamo muoverci alla velocità della scienza per capire cosa succedeva”.
Oltre a questa grave affermazione della suddetta signora, altre testimonianze, indagini, studi e sentenze sottolineano la pericolosità ed inutilità dei cosiddetti vaccini anti-covid, accompagnate e sostenute dalle dichiarazioni di medici, giornalisti, politici che nei loro ambiti di competenza cercano di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica su questa realtà.
(Già nel 2020 fu redatta e firmata da quasi 70 mila medici e ricercatori ed un milione di persone, la dichiarazione di Great Barrington, negli Stati Uniti, dichiarazione che sosteneva essere dannose e controproducenti le forme utilizzate per combattere la malattia con il lockdown, la chiusura delle attività economiche, dei servizi e delle scuole, ma il main stream non se ne occupò - neanche il main stream “ de nos atre”- concentrato a dare spazio alle “virostar” che dettavano le regole e guidavano l’agenda politica).
Anche noi valdostani ci possiamo fregiare di annoverare tra le nostre menti illustri un valido ricercatore (anche se lavora a Parigi e a Genova) che ha fatto una ricerca a Cogne sul lockdown e ne ha pubblicato i risultati su importanti riviste scientifiche americane senza che nessun giornale o politico valdostano ne riprendesse le conclusioni e ne facesse oggetto di informazione o di dibattito politico.
Questo perchè? Forse perchè la sua ricerca non era gradita?
Mi pare inoltre che alcune antipatiche similitudini con i periodi più bui della nostra storia siano preoccupanti.
Come successe nei primi anni del periodo fascista, quando i ricercatori, medici e scienziati non allineati alle teorie governative venivano messi in un angolo, prima ignorati e denigrati, poi esclusi da posizioni autorevoli, anche oggi avviene che le voci dissenzienti dalle teorie governative vengano messe a tacere con censure deliberate dai social, youtube o vengano loro concessi solo ridotti e ridicoli spazi su giornali e televisioni del mainstream più per “salvare a forma” che per sostanza.
Ritengo che adesso, in nome del rispetto dela salute e della economia di tuttii valdostani, sia importantissimo dare spazio a tutte quelle voci che dall'inizio della pandemia con serietà e dedizione hanno provato a spiegare che c'erano troppi errori nella gestione ufficiale di questo virus.
Ritengo anche che ignorare il sentire di questi 40.000 valdostani che non si sono vaccinati o hanno scelto di interrompere il ciclo delle vaccinazioni, oppure denigrarli continuamente, sia un atto pericoloso per chi è responsabile e mi riferisco alle forze politiche e a quelle dell'informazione che avrebbero dovuto approfondire meglio gli aspetti scientifici, i primi, ed essere più indipendenti dal potere e meglio informati, i secondi.
Chiedo pertanto ai nostri politici ed ai nostri giornalisti, di provare ad ascoltare le voci di questa consistente percentuale di popolazione che, supportata da medici scrupolosi, politici informati e seri ricercatori tenta di avviare un serio dibattito sulla salute dei singoli e della comunità onde evitare che la vera libera informazione possa continuare a trasformarsi in propaganda.
Tanti di noi hanno ancora sangue montanaro che scorre nelle vene e nel cuore il ricordo di persone con carattere e valori forti, capaci di sostenere le loro verità e non sensibili alle lusinghe del potere e del denaro.
Per far cambiare loro idea bisognava ricorrere ad idee migliori!
Quindi, almeno nella nostra piccola “Patrie”, basta minacciare e censurare!
Apriamo un dialogo serio e rispettoso delle genti che abitano la nostra piccola terra, iniziando magari ad ascoltare le decine e decine di sanitari valdostani (tanti ormai in Svizzera) che non condividono alcune scelte governative.
Provo dunque ancora una volta ad esternare questo messaggio in pubblico nella speranza che la nostra piccola Valle d’Aosta possa distinguersi in questo momento storico affinché non sia ascoltata e amplificata solo la voce univoca di chi sostiene le scelte governative, ma sia dato spazio ad un ampio dibattito in nome di una verità scientifica e sanitaria ancora da indagare e magari da arrivare a condividere.
Daniele Pieiller
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d4nny4rt · 2 years
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Strade cubane
L'aeroporto internazionale Josè Marti de L'Avana, era affollato quel giorno di agosto del 2000. Al mio arrivo, recandomi nell'area ritiro bagagli, notai attraverso una vetrata, le altissime palme caraibiche agitate dal vento. Stava per scatenarsi la "lluvia", ovvero il classico acquazzone estivo, una violenta pioggia che sarebbe durata una decina di minuti, per poi lasciare il passo ad un sole bollente che avrebbe di nuovo asciugato la vegetazione e le strade del paese in men che non si dica. A proposito di bagaglio, il mio, non era arrivato. Non era la prima volta per carità, ma fino a quel giorno mi era successo sul territorio nazionale. Sì insomma, di ritorno a Milano, mi comunicarono che il mio bagaglio era rimasto a Catania, nulla di allarmante. Il giorno dopo mi avrebbero consegnato il bagaglio a casa. In questo caso invece, mi trovavo per la prima volta dall'altra parte del mondo ed il mio bagaglio non era sul mio stesso volo Amsterdam - L'Avana, ma non solo, era stato spedito in chissà quale maldestro modo, all'aeroporto di Madrid. In pratica sono partito da Milano Malpensa, sono atterrato ad Amsterdam, sono ripartito dalla capitale olandese e dopo dieci ore di volo, al mio arrivo a L'Avana, scopro che il mio bagaglio è finito a Madrid. La vacanza non sembrava iniziare nel migliore dei modi. Non solo, prima di recarmi all'ufficio reclami dell'aeroporto, in concomitanza con lo scatenarsi del temporale, la luce ci abbandonò. L'aeroporto rimase al buio. Buio pesto! Ci dissero che era normale durante la lluvia e che non avremmo dovuto preoccuparci, di lì a poco tutto sarebbe tornato alla normalità. Quando finalmente la luce tornò, mi confermarono che il bagaglio era finito accidentalmente in Spagna e che avrei potuto ritirarlo il giorno seguente.
Lasciatomi alle spalle gli inconvenienti, io e il mio amico lasciammo il Josè Marti per avventurarci finalmente nella città tornata a splendere sotto il sole cocente. Così chiamammo un taxi e ci recammo verso la prima destinazione, una "casa particulare" nel cuore della capitale cubana. Durante il tragitto, potemmo ammirare con stupore il traffico della città ancora allagata, dove i bambini scorrazzavano a piedi nudi nelle pozzanghere e le gigantesche auto americane degli anni 50 fumavano e ripartivano a singhiozzo al semaforo verde. Era un altro mondo, ma ora che lo avevo scoperto, volevo godermelo e scoprirne ogni dettaglio.
Fu l'inzio di una vacanza unica, irripetibile e che mi ha insegnato davvero un sacco di cose, una su tutte fu quella di apprezzare quello che la mia Italia in quegli anni mi garantiva: la possibilità di scegliere il mio futuro, di poter studiare o lavorare, di poter esprimere un'opinione, di poter circolare per le strade senza essere continuamente sorvegliato dalla polizia sempre presente ad ogni angolo della strada e infine la triste consapevolezza di sentirmi un viziato, un privilegiato senza nemmeno mai accorgermene fino ad allora. I cubani sono persone semplici, che sanno apprezzare ogni singolo momento di spensieratezza, sanno sorridere e sono uniti, patriottici ed ottimisti, sensibili e generosi e poi amano l'arte della musica e della danza. Possono avere occhi malinconici o tristi, ma quando parte la musica ritrovano energia ed ottimismo.
RIcordo una persona in particolare di quella vacanza. Un uomo sulla trentina di nome Cesar. Un ragazzo perbene che sogna l'Italia, ma ci spiegò che i cubani non possono lasciare il proprio paese. Viveva in una cittadina di nome Trinidad, quello era tutto il suo mondo. Un vecchio locale in legno sulla spiaggia, la calle principale, qualche abitazione, le solite facce e la casa della musica dove poteva comprare rum con i pochi spiccioli che i turisti gli offrivano. Ci disse: "se volete comprare il rum buono, datemi 2 dollari e ve lo compro io, ai turisti fanno pagare molto di più". Una sera Cesar ci apri le porte di casa sua. Fu divertente e allo stesso tempo molto singolare. Entrammo in questa pseudo casa, perchè in realtà sembrava un rifugio in legno, molto buia e tutto fuorchè una casa. Le pareti erano in legno, le porte interne sempre in legno e mezze distrutte. Non ricordo finestre. Un luogo macabro e senza dubbio inquietante, ma che d'un tratto si trasformò. Cesar ci condusse fino sul retro, dove c'era un grosso tavolo apparecchiato a cielo aperto e circoscritto da uno steccato in legno che delimitava il suo cortile da quello del vicino. Ci fece conoscere sua moglie e le sue figlie piccole, sua sorella e il compagno di sua sorella, un omone alto e grosso, di colore e con un'altra bimba in braccio. Ci fecero accomodare e loro rimasero in piedi attorno al tavolo invitandoci a consumare la cena. Del riso, dei fagioli neri e della carne che nemmeno assaggiai. Ci dissero che l'ospite è sacro e che loro non potevano, nonostante la nostra insistenza, sedere a tavola con noi e che avrebbero mangiato quello che io ed il mio amico avremmo avanzato. Sì, fu molto imbarazzante lo ammetto e quell'accoglienza calorosa ci trovò del tutto impreparati.
I cubani sono guide turistiche, sono meccanici improvvisati, sono intrattenitori, sono medici e puttane, i cubani sono la soluzione, sono la tenacia e l'astuzia, sono venditori ed affaristi, ma non sono liberi pensai.
Il popolo cubano non seguiva i telegionali, perchè la dittatura di quel tempo, diffondeva sempre e solo messaggi di Fidel Castro e notizie provenienti da popoli più poveri. La realtà non veniva mai mostrata come avrebbe dovuto essere mostrata, era sempre distorta e la verità tenuta nascosta. Le foto di Fidel erano affisse ad ogni angolo della città, nelle autopiste (autostrade) che collegavano la capitale ad altri paesi, così come gli slogan ed il suo pensiero. Al pueblo non restava che una manciata di riso e pochi dollari al mese. I medici a quell'epoca, guadagnavano trenta dollari al mese. La gente inoltre non poteva permettersi di manifestare il proprio disappunto, non poteva usare internet, non poteva circolare liberamente per la strada durante la notte senza mostrare un documento al poliziotto di turno, non poteva recarsi nei locali dove c'erano solo turisti, non poteva approcciare un turista se non facendolo di nascosto, non poteva manifestare il proprio malcontento e doveva apprezzare il poco che gli era concesso, l'aria e la musica appunto. Non avrei mai pensato, dopo aver visto con i miei occhi una realtà così tanto differente dalla mia, di dover ripensare tanto spesso, in questo periodo storico, alla mia amata Cuba e a quelle strade in cui la gente, quando provavi a chiederle perchè non si ribellasse, non faceva altro che risponderti: "questa è la normalità"!
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vlifestyle · 2 years
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Mauritius: esplorare l'isola in sella ad una bici
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Esplorare l’isola  in sella a una bici permette di godersi il sole e la brezza dell’Oceano, ammirando gli splendidi panorami da una prospettiva inconsueta. Ma andiamo per ordine da dove cominciare?  
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Arrivo sull'isola
Dopo l’atterraggio e il trasferimento verso la propria sistemazione, è d’obbligo un pomeriggio di relax in spiaggia per ambientarsi (senza troppe difficoltà) in questo angolo di Paradiso e sintonizzarsi con i ritmi tanto densi quanto distesi che solo una vacanza a Mauritius è in grado di offrire. Bastano poche ore per lasciarsi contagiare dall'energia positiva dell’isola, che aspetta solo di essere esplorata. Oltre alle escursioni in barca e al trekking in diversi punti dell’entroterra, c’è un altro modo per scoprire Mauritius: i rilievi verdeggianti e gli scorci sulle lagune blu scorrono alla velocità giusta a fianco di chi decide visitare l’isola in sella a una bici. Ognuno segue il proprio ritmo, lasciandosi incantare dai punti panoramici che maggiormente colpiscono ciascuno, individualmente. E dopo una pausa per pranzo, si riprende a pedalare per scoprire nuovi orizzonti.
Gli itinerari da seguire
Ci sono numerosi itinerari disseminati in tutta l’isola, con tappe sulle tracce del passato di Mauritius e in punti con viste particolarmente panoramiche, a prova di foto. Nella regione di Grand Port, a Sud Est, storia e paesaggio si intrecciano in questo avvincente percorso, che potrebbe partire da Jardin de Beau Vallon, una dimora coloniale: dopo un succo di frutta o un caffè al fresco della veranda, si comincia a pedalare alla volta di Bois des amourettes, che offre una bellissima vista sugli isolotti circostanti. Si prosegue verso i resti di Fort Fréderick Hendrick, testimonianza della prima costruzione in pietra dell’Oceano Indiano. Nelle vicinanze si trova un mercatino di artigianato locale, dove è possibile acquistare i tradizionali cestini in paglia. Il percorso prosegue verso il primo cimitero olandese, dove sorgono tombe risalenti al 1820. Chiunque si trovi di passaggio, non può rinunciare a una visita Vallée de Ferney, una splendida riserva naturale con paesaggi caratterizzati da dolci rilievi collinari. Si può inoltre raggiungere a breve distanza il villaggio di Mahébourg, dove sorge il Museo navale; attraversando il Cavendish Bridge, sul fiume "La Chaux", si arriva a Ville Noire, un sobborgo di Mahébourg che colpisce per il suo carattere autentico, brulicante di abitanti e piccoli negozietti. Da non perdere, un passaggio sul lungomare, per ammirare lo splendido panorama sulla baia di Vieux Grand Port. Numerosi operatori propongono escursioni guidate simili a questa, incluso il noleggio di bici elettrica o mountain bike. Basta avere con se voglia di avventura e lo sguardo pronto ad abbracciare nuovi panorami.
I colori dell'Oceano
Gli appassionati di immersioni sanno bene quanto i fondali tropicali possano essere ricchi di flora e fauna variopinta. Numerosi diving center disseminati lungo tutta la costa permettono a esperti e neofiti di esplorare "a fondo" i litorali di quest'isola vulcanica. Tra i punti da non perdere, nel parco marino protetto di Blue Bay (situato nella parte sudorientale dell'isola), a pochi metri dalla riva sono visibili coralli, pesci pappagallo, pesci trombetta e baby barracuda. Il parco è visitabile anche "in superficie", con la barca dal fondo di vetro. Un'escursione in catamarano o su qualsiasi altro tipo di imbarcazione verso uno degli isolotti minori è inoltre in grado di mostrare come lo stesso oceano possa assumere un numero infinito di sfumature cangianti. L'Entroterra verde e rigoglioso attorno a Chamarel Dal Giardino Botanico di Pamplemousses alla vegetazione tropicale delle antiche dimore coloniali, il verde e i fiori non mancano a Mauritius. Ma l'escursione colorata per eccellenza è quella alle Terre dei Sette Colori di Chamarel, un paesaggio davvero unico. Si tratta di un'affascinate formazione geologica di circa 7500 m2 circondata da vallate verdeggianti, in cui si sono raccolte sabbie di sette diverse tonalità. Una tappa irrinunciabile.
A proposito di Mauritius
Mauritius si trova nell’Oceano Indiano, a circa 800 km a est del Madagascar. Quest’isola vulcanica è nota per il calore umano della sua popolazione multiculturale, per le bianche spiagge e per gli hotel di lusso. Grazie al clima tropicale, lungo la costa persino durante le stagioni più fresche (in particolare da maggio a settembre) le temperature scendono raramente al di sotto dei 22°C; Mauritius è dunque la meta perfetta per un viaggio in qualunque periodo dell’anno. L’isola è inoltre la destinazione ideale per gli amanti degli sport acquatici, i golfisti, gli escursionisti, gli amanti della cultura, per chi è in cerca di relax nelle spa, per chi è in luna di miele e per le famiglie. Mauritius, con capitale Port Louis, conta 1.3 milioni di abitanti, compresi quelli dell’isola di Rodrigues. Tre religioni coesistono in armonia: l’induismo, l’islam e il cristianesimo. La lingua amministrativa è l’inglese, ma anche il francese e il creolo sono utilizzate quotidianamente. Fonte e Credit Immagini : www.tourism-mauritius.mu/it. - I contenuti di questo post non sono legati a nessun tipo di operazione commerciale. - Non si tratta di post sponsorizzato. Read the full article
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nunoxaviermoreira · 4 years
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8037 - Dutch angle by Diego Rosato https://flic.kr/p/2j7UQFW
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istanbulperitaliani · 4 years
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Pierre Loti
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Pierre Loti, pseudonimo di Louis Marie Julien Viaud, è uno scrittore francese nato a Rochefort nel 1850.
Avventuriero e membro dell’Académie française in occasione di un soggiorno a Istanbul, si innamorerà perdutamente della bella odalisca Aziyadè che vivrà con lo scrittore francese un’intensissima passione tanto che si lascerà morire di dolore in seguito alla sua partenza. (Una vicenda simile, avvenuta quasi un secolo prima ad Istanbul, ha come protagonisti l’ambasciatore olandese Cornelis Calkoen e la ex schiava Beyazgül).
Proprio a questa donna sono dedicate le migliori produzioni di Pierre Loti, come “Aziyadé” del 1879 e “Fantôme d’Orient” del 1892. Da segnalare anche “Costantinopoli nel 1890″ una dettagliata descrizione della capitale ottomana alla fine dell'ottocento.
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Tornato nuovamente a Istanbul nel 1880, non guarirà mai più da quello che definì la “dolce nostalgia del Bosforo” e vi soggiornerà a più riprese nel corso della sua vita. Quando era in Francia il suo modo di vestire e la sua casa avevano uno stile decisamente “orientaleggiante”. Lotterà anche contro lo smantellamento dell’impero ottomano, voluto dalle potenze occidentali, con l'opera “La Turquie agonisante”.
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La memoria dello scrittore francese resta viva nella città di Istanbul. Famosissimo é il Caffé Pierre Loti, situato nel quartiere di Eyüp. Un angolo dove dalla sua terrazza si riesce a contemplare l'incredibile scenario che offre il Corno d'Oro.
Un luogo che difficilmente si dimentica.
Vi consiglio di recarvi in questa zona utilizzando la teleferica per godere appieno tutto il panorama.
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Acquista su Amazon il libro: Costantinopoli nel 1890
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città. Scrivi una e-mail a: [email protected] Seguici anche su www.facebook.com/istanbulperitaliani
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Tornando a Sud: viaggi in un Salento che diventa casa, attraverso gli occhi degli altri (III)
di Cristina Manzo
  Nel Salento approdarono nel 1970 lo scultore olandese Norman Mommens con la compagna Patience Gray, scrittrice e giornalista inglese e ci rimasero per più di trent’anni, fino alla loro morte, vivendo un legame estremo con la terra di Spigolizzi. La loro masseria fu solo spartanamente restaurata e non vollero mai l’elettricità. Normann Mommens e Patience Gray, riconvertirono la campagna in un luogo di arte e conoscenza, e da essi viene la seconda testimonianza di un territorio scelto, come luogo di vita, da gente straniera. Patience, giornalista londinese, orafa, appassionata di botanica e studiosa di gastronomia si era lasciata catturare dal fascino della macchia mediterranea che, in cambio, aveva donato storie di cultura antica e misteri che lei e il compagno, seppero sapientemente tradurre in arte con la pittura, la scultura e la scrittura.
‘Il Pazzo’ o ‘Anatolì’, marmo bardiglio 320 cm, Carrara 1965 [1].
Di fronte alla masseria c’era un’aia circolare dove Normann, l’artista fiammingo, situò un’erma alta tre metri e venti, che chiamò Anatoli, dal greco, perché la statua è rivolta verso est.
I libri che Patience scrisse, vennero pubblicati in Inghilterra, e raccontano il Salento, interrogato nel profondo della sua anima storica e nelle sue tradizioni alimentari.
Esperta botanica, Patience raccoglieva anche funghi e verdure selvatiche nelle vicinanze della masseria, che preparava secondo le ricette della tradizione locale che, già in quegli anni, rischiavano di cadere in disuso perché associate a tempi di povertà e privazioni. Sotto questo punto di vista, il contributo della Gray alla preservazione dell’antica cultura culinaria del Salento, è stato straordinario. Nella loro nuova dimora salentina continuarono a coltivare ognuno la propria arte, ma si trasformarono ben presto in cultori e difensori della macchia mediterranea, delle vestigia archeologiche e dei paesaggi del Salento, che cominciavano ad essere stravolti dall’ondata di speculazione edilizia degli anni Settanta. Patience e Norman cominciarono da subito a coltivare la terra della masseria. Un contadino del posto, “dal nome appropriato di Salvatore”, insegnò loro i metodi ancestrali per la coltivazione di pomodori, piselli, ortaggi e verdure locali. Nel corso della lunga “odissea del marmo”, Patience aveva raccolto centinaia di ricette dalle massaie e dei cuochi delle trattorie. “Sono stati i contadini e i pescatori”, diceva, “a creare le ricette piuttosto che i cuochi degli alti prelati e dei principi. Questi ultimi si erano solo limitati a raffinarle”. Annotava non solo le ricette, ma anche il significato profondo che esse rivestivano nella vita quotidiana delle persone e il loro valore culturale per quella comunità. Così ha continuato a fare nel Salento. La masseria di Spigolizzi diventò, negli anni, meta di visitatori ed estimatori da ogni angolo del Salento e del mondo. Un folto gruppo di giovani del luogo fu da loro ispirato a impegnarsi in campagne per la protezione del patrimonio archeologico e ambientale del Salento. A questo gruppo di giovani volenterosi, il regista tedesco Klaus Voswinckel dedicò il film documentario “I Ragazzi nel 1989”. Troupe televisive e giornalisti inglesi e americani sono scesi nel Salento a intervistare Patience. Tra gli altri, Derek Cooper, conduttore per oltre un ventennio del Food Programme della Bbc, nel 1988 realizzò a Spigolizzi un’intervista alla scrittrice, trasmessa poi su Radio 4. Patience è stata l’antesignana dello slow food prima ancora che quest’espressione fosse coniata e diventasse moneta corrente sulle riviste patinate e nei talk-show. La sua idea di dieta mediterranea era, però, ben diversa da quella presentata in tanti programmi televisivi in Italia e, soprattutto in Europa e in America, spesso a base di leggeri piatti di pesce con un filo d’olio d’oliva. Per Patience, la dieta mediterranea era calorica, ricca di amidi e verdure, ma anche di proteine, destinata a soddisfare il sano appetito dei lavoratori della terra e del mare. Non condivideva le ossessioni salutiste e la paura del colesterolo che, secondo lei “aveva sostituito il concetto di peccato”[2].
Interni della masseria Spigolizzi, pittura e scultura di Normann Mommens[3]
Nel 1968 Normann, lavorando a Carrara, aveva capito di avere bisogno di più spazio per tutte le sculture che aveva realizzato, di un grande spazio in cui vivere e così lui e Patience fecero il primo viaggio in Salento, insieme ad amici: Helen Ashbee e Arno Mandello. Inizialmente l’idea era stata quella di acquistare una casa per viverci tutti insieme, poi però, i due amici avevano acquistato la Bufalaria verso la marina di Ugento e loro avevano acquistato Spigolizzi. A quei tempi non c’erano neanche le strade e i luoghi erano tutti molto isolati.
Interni di Masseria Spigolizzi, abitata da Mommens e Patience[4]
Ogni masseria era dotata di tutto l’indispensabile per poter vivere, come un forno di pietra e una cantina per le scorte, e avevano un orto e un giardino e distese di verde a perdita d’occhio e, anche se era tutto inselvatichito e le case sembravano ruderi, Patience e Normann erano felici.
Producevano l’olio e il vino, facevano il pane, le frise, i taralli e ogni incontro era una festa. Nel tempo la masseria Spigolizzi di Normann e Patience è divenuta insieme alla Bufalaria di Helen e Arno, crocevia di incontri e di esperienze con altri artisti, un punto d’incontro, di condivisione e di progettualità per moltissime persone[5].
Anche Normann si dedicò alla scrittura e pubblicò in particolare un libro, “Remembering Man”, scritto – disse – «nello stesso modo con il quale scolpisco la pietra», in cui diede forma al suo pensiero; apprese dalla natura e s’applicò alla geometria sacra; tentò di conciliare gli antichi miti con la moderna cosmologia; curò l’orto, lavorò la vigna; comprese la continua festa celebrata «da un capo all’altro del mondo» dalle correnti magnetiche che avvolgono il pianeta; s’impegnò attivamente per la tutela del territorio nel Basso Salento. In breve, ebbe modo di immergersi di volta in volta nell’«azione del momento». Per Norman Mommens l’arte e, in generale la cultura, avevano una «funzione-base umanizzante», e riguardavano l’essere umano nel suo complesso, e dunque la vita, l’abitare la terra, il rapportarsi con l’Altro. Di conseguenza non erano tanto le questioni prettamente estetiche a suscitare il suo interesse. La scultura era una modalità attraverso la quale si poteva percepire, con i sensi liberi dalla tirannia del fine, l’accadere del mondo. Per questo egli riteneva che la preoccupazione maggiore dell’artista fosse ��per la sua precipitazione immaginativa nello sconosciuto. Il valore del risultato può essere discutibile, ma l’atto stesso, segno del creatore, sarà sempre attinente alla nostra umanità». Così, le sculture possono anche essere sepolte, nascoste – il loro potere terapeutico, persino taumaturgico, non verrà meno. All’opera compiuta viene assegnata minor importanza rispetto all’atto creativo. E colpisce la forza e la perseveranza, accompagnata sempre da un atteggiamento positivo nei confronti della vita, con cui seguì la sua strada. Tipico è il suo metodo nel rappresentare il serafino: queste metamorfosi della figura dell’angelo diventano figure a piombo estremamente stilizzate con le braccia unite protese in alto, le gambe dritte in tensione che la forza di gravità tiene inchiodate al basso, le punte dei piedi ritte e fuse in una forma convessa, le mani che sorreggono modellando un tutt’uno concavo. A volte, non sempre, lievi segni di divaricazione accennano lo stacco tra le gambe e tra le braccia. Ma il blocco di pietra mantiene tutta la forza dei monoliti arcaici, alieni dalla dispersività dell’articolazione. – Come racconta Philip Trevelyan, i Serafini «presero origine da uno schizzo che Norman fece dopo la guerra, nel quale rievocava il salvataggio di poveri innocenti in fin di vita da un cinema colpito dalle bombe, al confine tra la Germania e l’Olanda. […] Per estrarre le vittime, era necessario sollevare sezioni del pavimento collassato e sostenerle in alto a braccia». – I Serafini, dunque, medicano il dolore e, nonostante tutto, annunciano la vita. Inoltre, le statue assumono immediatamente una rilevanza cosmica. Quei corpi stesi verticalmente, allungati, protratti, schiudono di fatto uno spazio-tempo vitale tra un sopra e un sotto. O meglio: aprono un vuoto – un intervallo – che rende possibile il trascorrere e l’abitare. Separano e, nel contempo, mettono in relazione un basso e un alto, impedendo il collassare dell’uno nell’altro in un’aderenza senza resto, mortifera.[6]
Normann e Patience a Spigolizzi[7]
Le rughe sul volto di Patience, segnate dal sole, assomigliavano ai solchi della campagna ma, “Questa linea dell’orizzonte, questa distesa di spazio, sempre vivo, sempre diverso, ormai mi accompagna dentro e quando mi allontano, quando a volte vado a Londra, comprendo la fortuna di vivere in questo posto. Io mi sento leale al silenzio della pianura”, diceva. Gli studi di Patience sui legami tra cibo, cultura e territorio vanno al di là delle semplici ricerche gastronomiche. Nei paesi anglosassoni e, in America, i suoi libri “Plats du jour”, (piatti del giorno) e “Honey from a weed” che significa pressappoco “Miele da un’erbaccia”, sono testi fondamentali per gli specialisti che così, si sono potuti avvicinare, lontani ospiti, alle nostre tavole. Da noi i suoi libri rimangono ancora non tradotti. La masseria d’arte è in continuo fermento. Sono tante le persone che vengono, parenti da molto lontano e poi amici, tanti: intellettuali e persone semplici.
Tre saggi a Spigolizzi: Norman, Patience and Bernard Hickey[8]
Fra essi ci sono Salvatore e sua moglie, contadini del posto che insegnarono a Normann e Patience a coltivare la loro terra. Sicché anche Normann e Patience divennero contadini del posto: – “ Salvatore a volte mi sgridava, poi insieme abbiamo coltivato le patate e i pomodori. La nostra è stata una grande amicizia” – [9].
Oggi questi luoghi sono custoditi con cura da Nicolas Gray, figlio di Patience, e dalla sua compagna. Edoardo Winspeare ha più volte dichiarato l’importanza estrema che ha avuto Mommens nella sua formazione e nell’ispirazione del suo lavoro. Qui si respira il ricordo tangibile di Norman e Patience, in particolar modo nelle grandi sculture primitiviste interrate nei terreni vicini alla casa-studio, nei piccoli scudi dipinti su carta e nelle fotografie che narrano di una vita sospesa tra i ritmi della campagna e le visioni dell’arte. D’altronde, come ricorda Nicolas, «Giunsero qui perché cercavano il sole. Ma arrivati a Salve si fermarono perché non c’erano più strade. Era la fine del mondo »[10]. E arriviamo così a una terza e bellissima testimonianza.
3) Gerhard Cerull era l’amico fidato di Normann e Patience, uniti dalla convinzione che le ragioni dell’arte coincidono con le ragioni della vita e con quelle della natura.
Per Gerhard Cerull le cose sono andate così: un mattino di circa trent’anni fa era a scuola, come ogni giorno, e d’improvviso un’illuminazione: perché fare l’insegnante? Torna a casa, raccoglie i pennelli, i suoi colori e si mette in viaggio con la sua vecchia mercedes rimessa a nuovo. Nessuna meta precisa: sicuramente verso sud. Prende per l’Italia che già conosceva e strada facendo pensa “troverò un posto dove fermarmi a dipingere”. Gli sarebbe piaciuto in Toscana ma era un marzo piovoso e proseguì oltre. Pioveva anche quando giunse a Napoli. Al bivio fra la Calabria e la Puglia, scelse la Puglia che non conosceva. Nell’attesa che smettesse di piovere la percorse tutta. Così giunse a Santa Maria di Leuca, ma pioveva anche lì. A quel punto fu costretto a fermarsi. Non poteva più andare oltre, non c’era più terra da percorrere! Gerhard non dice espressamente di essere stato catturato dal Salento, non glielo consente la sua naturale ritrosia ma, conclude il suo racconto esclamando che lui, tedesco del sud, sapeva che prima o poi, qui sarebbe uscito il sole. Il sole, nel bene e nel male, è uno dei protagonisti principali della storia di questa terra. Il Salento è senz’altro terra di transito. Non soffoca, non prende alla gola. Si lascia sfogliare come un libro antico, tanti sono i luoghi della memoria. Basta vederli per decidere di fermarsi. E Gerhard vide, in agro di Salve, in fondo ad un viale di pini, una bellissima masseria barocca, con una torre selvaggia e abbandonata, presa d’assalto dal convolo blu che la rivestiva romanticamente: il luogo ideale per dipingere[11]. Fu amore a prima vista.
Gerhard Cerull è arrivato nel Salento una sera primaverile del 1975, all’età di trentatré anni, alla ricerca di se stesso e di un luogo dove potersi dedicare completamente all’arte, a contatto con la natura. Lasciava un posto di insegnante (lingua tedesca, storia e geografia) in una scuola media statale, insieme a tutti quei condizionamenti che non gli consentivano di dedicarsi alla sua vera inclinazione: la pittura. Aveva compiuto studi di teologia, oltre a quelli di pedagogia, e da giovane aveva seguito la vocazione monacale, rimanendo per tre anni in un monastero. Ma si era ricreduto su entrambi i fronti, appena in tempo per non commettere errori, sia verso il giuramento monacale che verso quello statale. Finalmente lontano dalla società omologante e consumistica, può ora mettersi alla prova, davanti a un cavalletto, noncurante degli spifferi provenienti dalle finestre senza vetri, abituato, com’è, a una vita austera . Di lì a poco, grazie alla sua costanza e alla sua tenacia, dal suo primo rifugio (la masseria del Feudo) si trasferisce in una liama con attigua paiara-rudere, nei pressi della Masseria dei Fani (Salve), dove riesce a crearsi uno spazio più accogliente. Senza averlo mai immaginato, passano così i suoi primi dieci anni, vissuti da salentino “per caso”. Sono anni dedicati interamente alla pratica della pittura, durante i quali realizza finalmente un suo linguaggio espressivo, dapprima con disegni a china di ispirazione paesaggistica e surreale,          (ricostruisce atmosfere salentine fatte di ulivi e architetture barocche, ruderi campestri assediati da querceti, corbezzoli e severi carrubi; un brulicare di vegetazione selvatica che lui ama e conosce perfettamente), poi con forme astratte dalla geometria caleidoscopica, sempre più intensamente cromatica. Insieme ai suoi sogni prendono corpo i suoi quadri, a contatto con Norman Mommens e Patience Gray e Maria Vittoria Colonna, vicini di casa, ma anche con Arno Mandello ed Helene Ashbee che abitano la Masseria Bufalaria (Gemini). “Ciò che mi ha attratto, fin dal mio arrivo in questa terra, è stata la particolare ospitalità dei salentini”, ci dice. Proprio grazie a un amico che cede la sua casa nei pressi del faro di Leuca per una mostra collettiva, il pittore ex-insegnante espone per la prima volta alcuni suoi lavori. Incoraggiato a proseguire la sua ricerca artistica dallo scultore Norman Mommens, è spinto a continuare: seguono altri contatti ed esposizioni ad Alessano e Casarano etc. Col tempo, diventano sempre più frequenti non solo le visite di amici locali, ma anche di quelli d’Oltralpe, dalla Germania in particolare, interessati all’acquisto delle sue chine, lavori pazienti e meticolosi in bianco e nero, e dei suoi quadri dai colori più accentuati. I Fani diventano luogo di attrazione per tanti ospiti. E’ così che, la modesta abitazione rurale riadattata, con splendida vista panoramica sulla vegetazione del canale, dalla serra di Spigolizzi fino al mare, non è più sufficiente ad accogliere i gruppi di visitatori, sempre più numerosi. Occorre ampliare gli spazi per poter assicurare vitto e alloggio agli amici che ne fanno continua richiesta, coltivare un orto. Con travi di legno, canne ed embrici l’artista restaura di suo pugno tetti per altri vani, utili al soggiorno di gruppi di archeologi australiani, di musicisti americani e giovani artisti di varia provenienza. Capita perciò, di trovare da Gerhard un’intera equipe impegnata nel lavoro di scavo alla chiusa del canale o attiva nel laboratorio allestito per l’occasione, oppure un rabbino di Boston che, sorridendo, canta canzoni napoletane. In un habitat dalle lontane origini storiche, eppure abbandonato, si alternano stage di danza, di espressione corporea, di teatro, performances di musica rinascimentale, di cabaret o di pizzica, nella suggestiva cornice della macchia mediterranea, ancora meravigliosamente intatta.
Gerhard Cerull e Rita Ciullo nella loro masseria in agro di Salve[12]
– “Ricordo che uno dei primi anni, – racconta Rita Ciullo, insegnante di origine salvese e oggi moglie di Gerardo – il movimento e le performances vocali e canore di un gruppo di giovani ospiti, riecheggiando nel fondo del canale, hanno finito con l’ insospettire gli agricoltori dei campi vicini, i quali hanno segnalato le strane e inusuali urla alle forze dell’ordine. Si sono tranquillizzati, ovviamente, solo dopo il controllo effettuato.” – Sotto la luna dei Fani si susseguono, intanto, serate estive e feste musicali indimenticabili, per tutti i presenti. Anche le ricerche archeologiche, condotte in modo continuato nell’arco di nove anni, risultano tanto soddisfacenti da essere riconosciute come prestigiose ed importanti  (premio Rotary International “Colonie Magna Grecia” per i ricercatori dell’Università di Sidney). Con Rita, Andres e William, da un improvvisato ostello, occasionalmente allestito, si giunge alla promozione di stage di creatività e di musica, fino agli incontri di cultura internazionale. I legami di amicizia con gli abitanti del luogo portano  l’artista a radicarsi a tal punto nell’ambiente di finisterrae da condividere con Rita, appassionata- tra l’altro – di yoga e di erboristeria, gli ideali e lo stile di vita “francescana” e campestre, secondo i ritmi della natura. Una decisione a cui segue quella di creare una famiglia con Andres e William, undicenni colombiani provenienti da Bogotà. L’ultimo periodo, tutto caratterizzato dagli impegni nel seguire da vicino la loro crescita fino all’Università, non ha alterato l’armonia e l’autenticità del luogo, la disponibilità ed il carattere semplice e cordiale dei coniugi Cerull. Chiedo a Gerardo quali sono le ultime novità al canale dei Fani.“ La varietà di questi funghi che ho in mano, mai visti prima di qualche anno fa’. – “Sono cresciuti sotto gli alberi di pino piantati quando sono arrivato qui”- mi risponde. Anche la processionaria, la malattia che infesta la pineta, è un cambiamento ultimo, sto facendo di tutto per contrastarla”. Guardo il boschetto di pini, a ridosso della sua casa e mi sembrano incredibilmente cresciuti. Con la loro chioma alta sembrano segnare gli anni trascorsi. Ora sono lontani i primi tempi, l’incredulità di chi lo osservava incuriosito nella vecchia masseria disabitata e di chi veniva a visitarlo poi nella liama, sul cui camino era appesa una lunga muta di serpente (la sacara), per sentirlo parlare del suo lungo viaggio da Regensburg, alla ricerca di una diversa dimensione esistenziale.” Il mio è un racconto da scrivere a puntate”, mi dice, con un bicchiere di vino della vendemmia locale in mano. Lo stesso sorriso di quando ha messo piede nel Basso Salento, una terra che fin dall’inizio lo ha affascinato per le sue contraddizioni, per le sue sorprese e per le sue bellezze nascoste da scoprire col tempo. Risorse di cui Gerardo ha giurato di rimanere custode. Un giuramento finalmente a lui congeniale![13] Così, Gerhard pittore, artista ma anche cuoco e contadino insieme alla mogie Rita, salentina, fanno come Patience e Normann, un punto di ritrovo culturale e ospitale della loro casa.
(3 – continua)
Note
[1] Scultura sulle orme di Mommens, dall’Olanda venne a cercare il sole. https://bari.repubblica.it/cronaca/2013/10/19/foto/leuca-68928554/1/#1, visitato il 14/05/20, ore 23,08.
[2] Patience, la visionaria che amò il Salento rurale, di Aldo Magagnino https://www.quotidianodipuglia.it/cultura/patience_la_visionaria_che_amo_il_salento_rurale-2555928.html
[3] Idem
[4] Verso Sud, 2008
[5] Cfr. M. Cataldini, M. Pizzarelli, C. Gerardi, Verso Sud, Salento d’acqua e di Terra rossa, Anima mundi edizioni, Otranto, 2008.
[6] https://ilmanifesto.it/norman-mommens-lintervallo-vuoto/ visitato il 15/05/20, ore 00,12.
[7] https://www.independent.co.uk/life-style/food-and-drink/honey-from-a-weed-by-patience-gray-a7911806.html visitato il 14/05/20, ore 19,00.
[8] https://theitaliantranslator.wordpress.com/2017/04/08/remembering-norman-and-patience_english/, visitato il 14/05/20, ore 23,30.
[9] M. Cataldini, M. Pizzarelli, C. Gerardi, Verso sud, Salento d’acqua e di Terra rossa, Anima mundi edizioni, Otranto, 2008.
[10] Patience, la visionaria che amò il Salento rurale, di Aldo Magagnino https://www.quotidianodipuglia.it/cultura/patience_la_visionaria_che_amo_il_salento_rurale-2555928.html
[11] M. Cataldini, M. Pizzarelli, C. Gerardi, Verso sud, Salento d’acqua e di Terra rossa, Anima mundi edizioni, Otranto, 2008.
[12] M. Cataldini, M. Pizzarelli, C. Gerardi, Verso sud, Salento d’acqua e di Terra rossa, Anima mundi edizioni, Otranto, 2008.
[13] Gerhard Cerull, salentino per caso, https://www.iltaccoditalia.info/2007/10/10/gerhard-cerull-salentino-per-caso/
  Per la prima parte:
Tornando a Sud: viaggi in un Salento che diventa casa, attraverso gli occhi degli altri
Per la seconda parte:
Tornando a Sud: viaggi in un Salento che diventa casa, attraverso gli occhi degli altri (II)
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Arachide marocchina - Zuppa di pomodoro (Vegan, GF)
Mentre continuiamo ad esplorare i cibi che evocano le molteplici sfaccettature dell'amore, oggi alziamo il tiro con la piccante zuppa di pomodori e arachidi marocchini. Con un sapore audace e una consistenza setosa e appagante, la zuppa di pomodori e arachidi del Marocco è il primo piatto perfetto per una serata internazionale o un delizioso piatto principale invernale al vostro raduno di San Valentino. L'ingrediente segreto? Il burro di arachidi.
La zuppa di pomodori e arachidi del Marocco si ispira a uno dei miei ristoranti preferiti di Lincoln, il Freakbeat Vegetariano Elettrico. Situato a pochi isolati da Abelhaus, le pareti del Freakbeat sono rivestite di foto e dipinti irriverenti. Le cianfrusaglie, come un pollo di gomma, sono infilate in ogni angolo. Il piccolo ristorante può avere orari strani, ma quando è aperto, la fila finisce sempre fuori dalla porta. Tutte le zuppe di Freakbeat, le ciotole di maccheroni al formaggio e i piatti principali sono pieni di sapori internazionali. Di recente ho visitato il Freakbeat ogni fine settimana per una ciotola della sua fumante zuppa di pomodori e arachidi marocchini. Oggi, sto condividendo la mia opinione sulla loro ricetta, con il burro di arachidi Mighty Nut Powered Peanut Butter & Co.
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Sono stato introdotto per la prima volta ai prodotti di Peanut Butter & Co. al BlogHer Food '15. Mi ha incuriosito la gamma di prodotti dall'aroma esotico dell'azienda, come Dark Chocolate Dreams, Cinnamon Raisin Swirl e The Heat is On. I burri di arachidi di Peanut Butter & Co. sono tutti naturali e non contengono oli idrogenati, colesterolo, grassi trans o sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio. Tutti i loro sapori sono creati con arachidi coltivate negli USA e sono senza glutine e vegani (a parte The Bee's Knees, che è fatto con il miele).
Il burro di arachidi Powered Peanut Butter & Co.'s Peanut Butter è ottenuto dalla tostatura e dalla spremitura di arachidi intere per eliminare il grasso. Ciò che rimane è il sapore di noccioline, fibre e 6 g di proteine per porzione. L'azienda mi ha gentilmente inviato un campione del loro Mighty Nut Powered Peanut Butter and Dark Chocolate Dreams da assaggiare e rivedere. Ho assaggiato i prodotti direttamente dal barattolo, ma volevo anche testarli in alcune ricette di ispirazione internazionale. La zuppa di pomodori e arachidi marocchini è stata la prima cosa che mi è venuta in mente.
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Non ho idea se questa ricetta sia autentica, ma è piena dei classici sapori marocchini: cumino affumicato, coriandolo brillante e ricca cannella, insieme a pomodori, aglio e cipolle. Il burro di arachidi aggiunge profondità e complessità, ammorbidendo l'acidità dei pomodori per una zuppa ricca e soddisfacente. La zuppa marocchina di arachidi e pomodori è naturalmente vegana, ma non ha il suo sapore. Il burro di arachidi aggiunge una consistenza cremosa e soddisfacente con una forte dose di proteine.
I peperoncini piccanti sono un ottimo modo per dare slancio alla vostra vita amorosa. La caienna e il peperoncino di questa ricetta stimolano il flusso sanguigno e la circolazione, causando un aumento della frequenza cardiaca, formicolio e sudorazione - gli stessi effetti che potreste sperimentare con un po' di tempo da soli - con il vostro altro significativo. E la capsaicina dei peperoni rilascia anche endorfine che danno una sensazione di benessere.
La zuppa di pomodori e arachidi marocchini è facile da preparare, con ingredienti che probabilmente avete già nella vostra dispensa. Il burro di arachidi in polvere Mighty Nut Butter & Co.'s Mighty Nut Powdered Peanut Butter aggiunge tonnellate di proteine e fibre, riducendo al contempo le calorie e i grassi nel piatto finito. Potete anche usare il vostro burro di arachidi preferito, cremoso o con pezzetti di burro di arachidi. Oltre alla zuppa, provate il burro di arachidi in polvere Powered Peanut Butter in frullati, prodotti da forno, farina d'avena o la vostra ricetta salata preferita.
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Se siete amanti delle spezie, la zuppa di pomodori e arachidi marocchina ha un sapore delizioso con un po' di Sriracha o di cayenna extra mescolata. Mi piace servirla con arachidi tritate, coriandolo e una spolverata extra di burro di arachidi alimentato.
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Arachide marocchina - Zuppa di pomodoro (Vegan, GF)
TEMPO PREP: 10 minuti TEMPO DI COTTURA :25 minuti TEMPO TOTALE: 35 minuti
INGREDIENTI
1 cipolla, tritata
2 spicchi d'aglio, tritati
2 cucchiaini di peperoncino in polvere
½ cucchiaino di coriandolo
1 cucchiaino di cumino
Un pizzico di cannella
Pizzico di cayenna
2 tazze di brodo vegetale
1 (28 once) può schiacciare i pomodori
2 cucchiai di zucchero di canna
1 cucchiaio di aceto di vino rosso
12 cucchiai di burro d'arachidi & Co. Mighty Nut Powered Peanut Butter + 6 cucchiai di acqua (o 1 tazza di burro di arachidi)
Cilantro, tritato (opzionale)
Arachidi, tritate (facoltativo)
ISTRUZIONI
In un forno olandese o in una pentola per minestre, scaldare l'olio d'oliva a fuoco medio. Cuocere la cipolla per 2-3 minuti, fino a quando non si ammorbidisce. Aggiungere l'aglio e cuocere altri 1-2 minuti.
Aggiungere il peperoncino in polvere, il coriandolo, il cumino e la cannella. Cuocere per 1 minuto per "far sbocciare le spezie".
Aggiungere il brodo vegetale, i pomodori schiacciati, lo zucchero di canna e l'aceto. Portare ad ebollizione, poi ridurre a fuoco lento e cuocere per 15 minuti.
Mescolare in una piccola ciotola il burro d'arachidi e l'acqua. Mettere da parte.
Aggiungere il burro di arachidi reidratato alla zuppa e mescolare delicatamente per amalgamare. Far bollire a fuoco lento per altri 5 minuti.
Regolare i condimenti, aggiungendo altro sale, zucchero, burro di arachidi o di cayenna fino a raggiungere l'equilibrio desiderato.
Servire con coriandolo tritato, arachidi e una spolverata di burro di arachidi potenziato.
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Sono nato leader sono sempre stato un leader mio malgrado fin da bambino ero il più forte sapevo tutto dovevo per forza essere il leader io prendevo le decisioni io guidavo la banda, ero il più intelligente ero bello come una bambina nelle recite a scuola il protagonista non potevo non essere io, io telefonavo a gesù bambino io ne annunciavo la venuta, io, all’epoca, mi facevo chiamare Massimo. 
Quando a dodici anni cambiai quartiere e dal centro finii nella periferia più squallida e disperata ero troppo bravo col pallone per non diventare il leader del vicinato, tutte le bambine amavano me e quando arrivò il cugino olandese di qualcuno dovette vedersela con me e all’epoca gli olandesi offrivano solo Wim Kieft o Ruud Krol io invece ero Bruno Conti, la leggendaria funambolica ala destra già campione indimenticabile del mondo, non ci fu storia, e poi c’era Tilde bellissima e selvaggia irraggiungibile, quante seghe Tilde non fui mai tuo leader ebbi la possibilità di toccarti e non lo feci tu lo volevi mi portasti nella pineta ma ero un leader stupido come altri leader che vennero dopo, come altri fra quelli di prima, mi mancò il coraggio, una storia vecchia come il mondo è tutto già successo molte volte e continuerà a succedere ancora e sempre. 
Da lì in avanti non fui più leader, mi dimisi, presi un’altra strada ritornai in centro, il mondiale andò malissimo venni bocciato mi finsi infermo emotivamente poi lo diventai davvero, Daniela si mise con Efisio sull’autobus a Rimini, per baciare, e lo lasciò a San Marino per darmi una possibilità che io non colsi, come i fiori che non amo. Così si chiuse un cerchio svoltai un angolo varcai un portone un cancello attraversai i campi e mi scoprii sfigato, pacifico, e fu come risvegliarsi dopo un lungo sonno e scoprire che i panni che indossi ti calzano a pennello, la vera vocazione invocata a lungo invano infine manifesta, essere uno sfigato, una missione finalmente uno scopo nella vita, qualcosa da non doversi guadagnare ogni minuto qualcosa che ci giustifichi nei nostri fallimenti qualcosa che ci consenta ci obblighi a non abdicare più e a rinunciare, prima ancora di aver tentato.
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giardinoweb · 1 month
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mademoisellesabi · 5 years
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Quando penso al Belgio, penso a Bruges, sì perché per me Bruges è l’emblema del Belgio il luogo che mi è piaciuto di più di quelli visitati nelle Fiandre, il luogo che è valso da solo il viaggio, il luogo che vorrei rivedere, magari in un’altra stagione. L’ho visitata a Gennaio, era freddissimo! Mi ha colpita, per il suo animo romantico, perché è Medievale, perché è magica. Cittadina fiamminga ricca di fascino, dove si respirano atmosfere da fiaba, che sembra essere uscita da un dipinto per mano di un grande pittore, la sua allure è quella di altri tempi e passeggiando tra le stradine appare subito chiaro.
Scorci di Bruges
Non si resta indifferenti al fascino di Bruges. Il suo centro storico, che ha saputo conservare l’aspetto medioevale con i suoi palazzetti in mattoni, i campanili, i vecchi ponti, è patrimonio dell’Unesco; si sviluppa attorno ai due nuclei medioevali: Burg e Markt, dove si trovano i luoghi di maggior interesse.Bruges è definita la Venezia del nord per la presenza di corsi d’acqua, da Veneta, per me è molto diversa da Venezia ma ugualmente bella e va vista almeno una volta nella vita.
Bruges al tramonto
Attraversata da un dedalo di canali navigabili che si snodano tra le affascinanti architetture gotiche in un turbinio di pittoresche viuzze che collegano piazze incantevoli in cui si affacciano chiese in pietra e antichi palazzi. Quei corsi d’acqua tanto caratteristici a Bruges, che si attraversano grazie ai caratteristici ponti e agli archi in mattoni, dove non è raro vedere i cigni danzare.
Colori di Bruges
Bruges è una piccola cittadina che si visita tranquillamente in un week end e quindi vediamo cosa fare e vedere durante la vostra visita a Bruges.
Il cuore pulsante della città
Il giro a piedi non può non portavi in Grote Markt, la Piazza del Mercato, cuore pulsante della città, già commercio in epoca medioevale, indubbiamente oggi una delle prime tappe dei turisti. La piazza è circondata dalle caratteristiche case dalle guglie appuntite alcune colorate altre di mattoni, oggi sono occupate da ristoranti e locali, un tempo sono state sedi delle corporazioni e dai mercati generali, sin dal 1200; il mercoledì mattina è il giorno del mercato settimanale dove è possibile acquistare molti prodotti locali. Dalla seconda metà di novembre, il mercato si sposta in piazza Burg per lasciare spazio ai mercatini natalizi e alle piste di pattinaggio su ghiaccio. Bevete una birra belga per farvi coraggio e affrontate i 366 scalini della ripida scala che vi porta in cima all’imponente torre Belfort, ne vale la pena, godrete di un’incredibile vista della città e sui suoi dintorni.
Markt
Imboccate le viuzze laterali e fate un salto alla vicina piazza Burg altro luogo importante della città. Un tempo vi sorgeva il castello fortificato (burg) costruito per proteggere il centro abitato dagli attacchi dei Vichinghi. La piazza era il cuore amministrativo e religioso di Bruges e i prestigiosi edifici storici che la circondano ne sono la testimonianza. Noterete senza dubbio il municipio (Stadhuis), costruito tra il 1376 e il 1420, straordinario esempio di architettura gotica, con torrette e guglie, la facciata costellata di finestre meravigliosamente decorate, è il più antico palazzo dei Paesi Bassi. Capolavoro assoluto è la Sala Gotica con i suoi dipinti murali del tardo XIX secolo che illustrano gli eventi più importanti della storia di Bruges. Di fianco al Municipio troviamo Brugse Vrijv, dal 1795 al 1984 è stato il Tribunale della città, oggi Museo Storico e infatti ospita gli archivi di Bruges. Nella piazza anche la Cappella del Sacro Sangue. Dalla piazza potete partire per un giro turistico di Brugge in carrozza trainata da cavalli.
Burg
A spasso per Bruges
Perdetevi tra i vicoletti della città, luogo romantico per eccellenza, è piena zeppa di negozietti trendy, di botteghe enogastronomiche e di tantissimi negozi di artigianato, sono infatti un richiamo per il turista i maestri dell’artigianato locale, veri e propri artisti che nei loro negozi di design propongono pezzi unici dal design ultra moderno. Se non siete in vena di shopping, sarà già un divertimento ammirare e fotografare le bellissime vetrine. Scivolate su e giù per i ponti, in un fantastico sali scendi che offre prospettive interessanti e visuali magiche. Entrate nei tanti locali che propongono specialità locali dove non dovete mancare di assaggiare le buonissime birre belghe, magari una Trappista o una Lambic. Imperdibile una tappa golosa presso l’eccellente birrificio artigianale Brewery Bourgogne des Flandres, collocato in un palazzo d’epoca dal cui tetto si gode di uno dei panorami più suggestivi di tutta la città. Qui la birra potete accompagnarla da un’abbondante porzione di patatine fritte, altra specialità locale (esiste anche un museo dedicato alla patatina fritta, io non ci sono stata ma sembra essere davvero divertente).
La città vista dall’acqua
Non potrete dire di aver visto Bruges se non l’avete fatto dall’acqua, attraverso i suoi canali, solo così avrete un vista privilegiata di Bruges, da questa prospettiva è possibile scorgere le abitazioni più antiche della città, risalenti al XV secolo, ancora intatte, infatti la storia è stata particolarmente benevola con Bruges che non è stata minimamente toccata da guerre o altri disastri che hanno colpito ogni angolo di Europa. Dai canali, popolati da colonie di cigni, potrete scorgere giardini nascosti che spuntano tra dimore incantevoli, passare sotto ponticelli romantici e incrociare isolotti incantati. Il giro dura un’oretta e non è molto costoso.
Scorci di Bruges
Altri luoghi imperdibili a Bruges:
Beghinaggio
Una delle zone più celebri di Bruges è senza dubbio Beghinaggio, si tratta di un complesso di pittoreschi edifici, fondato da Margherita di Costantinopoli nel 1245. Un tempo ci vivevano le Beghine, donne che, rimaste vedove in conseguenza delle Crociate, temendo per la propria incolumità, erano solite riunirsi nei beghinaggi; le beghine non ci sono più dal 1928, ora ci abitano le suore benedettine. Il Beghinaggio di Bruges è costituito da trenta casette bianche, una chiesa e parco.
Beghinaggio
Minnewater
È un suggestivo lago canalizzato, per alcuni semplicemente l’ingresso alla città di Bruges, per gli altri, quelli dall’animo romantico, è l’angolo degli innamorati. Minne in olandese significa appunto amore. Si trova nei pressi del Begijnhof, è circondato da un bellissimo parco e attraversato da un suggestivo ponte risalente al 1720 che regala una vista spettacolare sui tetti di Bruges. È un luogo bucolico e rilassante, le sue splendide sponde sono gremite delle tipiche dimore fiamminghe. In tempi remoti, questo corso d’acqua aveva ben poco di poetico e infatti era il bacino dove navi provenienti da tutto il mondo noto anche dalla Russia, arrivavano con carichi di vino, spezie, lana e seta, per poi ripartire con il carico pieno di pregiato panno fiammingo. Il lago ospita una folta colonia di cigni, la cui presenza sulle rive del lago è legata a un’antica leggenda. Si narra, infatti, che nel 1488 fu giustiziato, per mano della la popolazione di Bruges, uno degli amministratori della città appartenenti alla Corte di Massimiliano d’Austria, l’imperatore punì i cittadini obbligandoli a popolare di cigni i laghi e i canali della città, per l’eternità, il cigno bianco era raffigurato nello stemma di famiglia dello sventurato.
Minnewater
Se amate i Musei
Il Museo di Groening, conosciuto anche come Museo Comunale delle Belle Arti, ospita una ricca collezione di opere d’arte dal XV al XX secolo, principalmente di artisti che hanno vissuto e lavorato a Bruges, è, infatti, scopo dell’esposizione: offrire un’interessante panoramica di sei secoli d’arte del Sud dei Paesi Bassi. Una ricca collezione di dipinti dei cosiddetti Primitivi Fiamminghi come Jan Van Eyck, Hans Memling, Gerard David e Hugo Van Der Goes, costituisce il nucleo principale della mostra permanente e, in particolar modo, una delle migliori collezioni di arte medioevale in Europa. Il museo ospita anche un’interessante sezione dedicata ai dipinti dei maestri del Rinascimento e del Barocco e i capolavori neoclassici del XVIII e XIX secolo. Per quanto riguarda i tempi moderni c’è a disposizione una raccolta di dipinti dell’espressionismo fiammingo e qualche opera di arte del dopoguerra. Il Museo Memling, si trova nel vecchio complesso ospedaliero di San Giovanni, quello che un tempo era il ricovero per malati, poveri e pellegrini di Bruges, oggi ospita un Museo Memling, il museo dell’ospedale e l’antica farmacia. Mobili, oggetti, archivi e strumenti medici, raccontano la secolare storia dell’ospedale e l’opera caritatevole delle sorelle e dei fratelli della congregazione del Sint-Janshospitaal che qui curavano i corpi e le anime. La cappella dell’Ospedale ospita sei dipinti di uno dei più noti maestri della pittura fiamminga, appunto Hans Memling che nel XV secolo ha vissuto e lavorato a Bruges.
Dove dormire a Bruges:
Vi consiglio Hotel Acacia, Korte Zilverstraat 5, nel centro storico di Bruges, molto carino, bellissime le aree comuni dal design moderno, offre una colazione ricca con prodotti di ottima qualità, inoltre è comodissimo a tutta la zona centrale, con un ottimo rapporto qualità prezzo. Non dispone di parcheggio ma si trova facilmente in zona. Io ho prenotato attraverso Booking.com
Dove mangiare a Bruges:
Ovviamente un spuntino potete farlo nei tanti localini sparsi per la città, fatevi guidare dal vostro intuito, dal vostri “fiuto”, ma per un pasto più sostanzioso e raffinato che potete concedervi la sera vi consiglio i due ristoranti nei quali sono stata, due ottime scelte:
DE BOTTELLIER, Jakobstraat, 63, Abbiamo trovato questo bistro quasi per caso mentre giravamo per Bruges, uno dei ristoranti più originali che abbia visto, molto particolare e, qui dentro, il tempo è praticamente un’ossessione, in senso positivo ad ogni angolo un’infinità di orologi e sveglie disposte ovunque con estrema originalità e gusto. L’atmosfera è intima, l’ambiente silenzioso, il cibo sublime con un’ottima carta vini. Volevamo tornarci anche la sera seguente, tanto eravamo rimasti contenti, ma era chiuso per turno. Gran cortesia e professionalità del titolare e, il che non guasta, ottimo rapporto qualità/prezzo per quanto mi riguarda.
LE CHEF ET MOI, Dijver 13 Altro ristorante di livello, per palati esigenti, ambiente elegante e raffinato e un’eccellente padrona di casa. Si trova lungo in canale, anche qui atmosfera silenziosa e pacata, il ristorante propone un menu di tre portate oppure un menu à la carte, la scelta del vino non manca.
Non vi resta che programmare un week end romantico, ma anche con qualche amica o amico. Buon viaggio!
Un week end a Bruges: magnifica e sorprendente Quando penso al Belgio, penso a Bruges, sì perché per me Bruges è l’emblema del Belgio il luogo che mi è piaciuto di più di quelli visitati nelle Fiandre, il luogo che è valso da solo il viaggio, il luogo che vorrei rivedere, magari in un’altra stagione.
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lectio-divina · 4 years
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Ciclo - Ristampa delle Storie Brevi
N.48 (Deferenza)
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(immagine via Tumblr/barecreativestudio)
La Pretoria negli anni novanta era un luogo semplice dove vivere, non serviva essere istruiti, bastava avere la pelle bianca, in caso contrario potevi disporre delle potenzialità per essere un bravo avvocato o un grande chirurgo e non ti saresti scostato di molto dal servire ai tavoli di un ristorante. E così anche Sawooka, fermo in piedi in un angolo ombroso della sala ristorante di un albergo di lusso, viene innescato dalle cucine e approccia un italiano seduto ai tavoli centrali. -Mister,- Dice Sawooka, e deferente gli serve sul tavolo un astice alla catalana: -Thank you!- Gongola l'italiano, Sawooka gli sorride empatico. Nei pressi siede un afrikaan di sangue olandese, ha osservato la scena e la censura tossicchiando stizzito. L'espressione di Sawooka vira immediatamente in qualcosa di formale, l'italiano ha registrato sia il colpo di tosse che il suo effetto, e non gli è piaciuto. Squadra l'afrikaan, che lo ricambia supponente, quindi butta il tovagliolo sul tavolo e lo approccia corrucciato, asserendo in inglese fluente che il colore della pelle è una questione di fortuna, non di merito.
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Et voilà, l'arcano, il rovesciamento dell'orizzonte, il passaggio attraverso lo specchio:
Piaciuta la storia?
Compra il libro.
Cane Bianco, di Fester Abrams, un giallo, lo trovi su Amazon, gratis con Kindle Unlimited, da Giunti e da Feltrinelli.
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Sinossi:
Manhattan, Battery Park, pomeriggio, una giovane donna porta il cane a passeggio, un incontro fortuito, un attimo di leggerezza e il cane scompare. Sera, lobby del Sagram Building, Upper East Side, “Il quartiere delle calze di seta”, il padre della giovane, persona avanti negli anni, ma determinato al limite del coriaceo, esce di casa deciso a ritrovare il cane. Farà l'alba sui marciapiedi, fra personaggi grotteschi e onirici, baristi dei bassifondi e derelitti da strada, ciascuno avrà in mano una traccia, una moneta da scambiare col ricco signore, chi per gioco o empatia, chi per invidia o disprezzo. Sono ore di febbrile ricerca, che condurranno il protagonista del libro verso un finale a sorpresa. Che ne è stato del cane bianco?
Un giallo imprevedibile, su cui abbiamo lavorato a lungo, tutti insieme, riversandoci le nostre cure, attente e appassionate, sia per la sostanza che per la forma. Il risultato è una gioia, per gli occhi e per la mente, un piacere che soltanto una piccola casa editrice è in grado di offrire.
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Edito da: Lectio Divina edizioni -- LOVE AND READ BOOKS .-- lectio-divina.tumblr.com ©Tutti i diritti riservati
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vlifestyle · 4 years
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Mauritius: esplorare l'isola in sella ad una bici
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Esplorare l’isola  in sella a una bici permette di godersi il sole e la brezza dell’Oceano, ammirando gli splendidi panorami da una prospettiva inconsueta. Ma andiamo per ordine da dove cominciare?
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Arrivo sull'isola
Dopo l’atterraggio e il trasferimento verso la propria sistemazione, è d’obbligo un pomeriggio di relax in spiaggia per ambientarsi (senza troppe difficoltà) in questo angolo di Paradiso e sintonizzarsi con i ritmi tanto densi quanto distesi che solo una vacanza a Mauritius è in grado di offrire. Bastano poche ore per lasciarsi contagiare dall'energia positiva dell’isola, che aspetta solo di essere esplorata. Oltre alle escursioni in barca e al trekking in diversi punti dell’entroterra, c’è un altro modo per scoprire Mauritius: i rilievi verdeggianti e gli scorci sulle lagune blu scorrono alla velocità giusta a fianco di chi decide visitare l’isola in sella a una bici. Ognuno segue il proprio ritmo, lasciandosi incantare dai punti panoramici che maggiormente colpiscono ciascuno, individualmente. E dopo una pausa per pranzo, si riprende a pedalare per scoprire nuovi orizzonti.
Gli itinerari da seguire
Ci sono numerosi itinerari disseminati in tutta l’isola, con tappe sulle tracce del passato di Mauritius e in punti con viste particolarmente panoramiche, a prova di foto. Nella regione di Grand Port, a Sud Est, storia e paesaggio si intrecciano in questo avvincente percorso, che potrebbe partire da Jardin de Beau Vallon, una dimora coloniale: dopo un succo di frutta o un caffè al fresco della veranda, si comincia a pedalare alla volta di Bois des amourettes, che offre una bellissima vista sugli isolotti circostanti. Si prosegue verso i resti di Fort Fréderick Hendrick, testimonianza della prima costruzione in pietra dell’Oceano Indiano. Nelle vicinanze si trova un mercatino di artigianato locale, dove è possibile acquistare i tradizionali cestini in paglia. Il percorso prosegue verso il primo cimitero olandese, dove sorgono tombe risalenti al 1820. Chiunque si trovi di passaggio, non può rinunciare a una visita Vallée de Ferney, una splendida riserva naturale con paesaggi caratterizzati da dolci rilievi collinari. Si può inoltre raggiungere a breve distanza il villaggio di Mahébourg, dove sorge il Museo navale; attraversando il Cavendish Bridge, sul fiume "La Chaux", si arriva a Ville Noire, un sobborgo di Mahébourg che colpisce per il suo carattere autentico, brulicante di abitanti e piccoli negozietti. Da non perdere, un passaggio sul lungomare, per ammirare lo splendido panorama sulla baia di Vieux Grand Port. Numerosi operatori propongono escursioni guidate simili a questa, incluso il noleggio di bici elettrica o mountain bike. Basta avere con se voglia di avventura e lo sguardo pronto ad abbracciare nuovi panorami.
I colori dell'Oceano
Gli appassionati di immersioni sanno bene quanto i fondali tropicali possano essere ricchi di flora e fauna variopinta. Numerosi diving center disseminati lungo tutta la costa permettono a esperti e neofiti di esplorare "a fondo" i litorali di quest'isola vulcanica. Tra i punti da non perdere, nel parco marino protetto di Blue Bay (situato nella parte sudorientale dell'isola), a pochi metri dalla riva sono visibili coralli, pesci pappagallo, pesci trombetta e baby barracuda. Il parco è visitabile anche "in superficie", con la barca dal fondo di vetro. Un'escursione in catamarano o su qualsiasi altro tipo di imbarcazione verso uno degli isolotti minori è inoltre in grado di mostrare come lo stesso oceano possa assumere un numero infinito di sfumature cangianti. L'Entroterra verde e rigoglioso attorno a Chamarel Dal Giardino Botanico di Pamplemousses alla vegetazione tropicale delle antiche dimore coloniali, il verde e i fiori non mancano a Mauritius. Ma l'escursione colorata per eccellenza è quella alle Terre dei Sette Colori di Chamarel, un paesaggio davvero unico. Si tratta di un'affascinate formazione geologica di circa 7500 m2 circondata da vallate verdeggianti, in cui si sono raccolte sabbie di sette diverse tonalità. Una tappa irrinunciabile.
A proposito di Mauritius
Mauritius si trova nell’Oceano Indiano, a circa 800 km a est del Madagascar. Quest’isola vulcanica è nota per il calore umano della sua popolazione multiculturale, per le bianche spiagge e per gli hotel di lusso. Grazie al clima tropicale, lungo la costa persino durante le stagioni più fresche (in particolare da maggio a settembre) le temperature scendono raramente al di sotto dei 22°C; Mauritius è dunque la meta perfetta per un viaggio in qualunque periodo dell’anno. L’isola è inoltre la destinazione ideale per gli amanti degli sport acquatici, i golfisti, gli escursionisti, gli amanti della cultura, per chi è in cerca di relax nelle spa, per chi è in luna di miele e per le famiglie. Mauritius, con capitale Port Louis, conta 1.3 milioni di abitanti, compresi quelli dell’isola di Rodrigues. Tre religioni coesistono in armonia: l’induismo, l’islam e il cristianesimo. La lingua amministrativa è l’inglese, ma anche il francese e il creolo sono utilizzate quotidianamente. Fonte e Credit Immagini : www.tourism-mauritius.mu/it.   Read the full article
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freedomtripitaly · 4 years
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A Sud di Manhattan, affacciato sull’East River, a due passi dal Financial District, c’è un quartiere che sta diventando la nuova meta turistica imperdibile di New York: South Street Seaport. Salvato dalla smania di costruire grattacieli, come in quasi tutta Lower Manhattan, è un angolo della metropoli dove sembra di tornare indietro di un paio di secoli. Non stupirà sapere che, la scena finale di “Gangs of New York”, il film del 2002 di Martin Sorsese che vede tra i protagonisti Leonardo DiCaprio, Daniel Day-Lewis e Cameron Diaz, sia stata ambientata qui. Che Will Smith vi abbia girato nel 2005 scene sia per il film “Hitch”, dove si vede Fulton Street, sia per “Io sono leggenda” nel 2007. Un angolo di città tra passato e futuro. Là dove un tempo c’era il mercato del pesce (il Fulton Fish Market, che agli inizi del 1800 era il mercato del pesce più importante degli Stati Uniti), fabbriche di biscotti e diversi altri magazzini oggi si sta sviluppando il nuovo South Street Seaport o semplicemente Seaport, un quartiere storico di Manhattan con edifici bassi di mattoni rossi, alcuni intonacati, altri grezzi, grandi finestre sulle facciate stile loft e scale di metallo come nelle vecchie fabbriche. Qui si trovano alcuni degli edifici industriali più antichi di New York City. @123rf Un angolo di ex fabbriche, ma con vie pedonali dove passeggiare, sulle quali s’affacciano locali vegani, negozi vintage, di designer locali e brand giovani. Tra questi, il negozio di scarpe – favolose – di Sarah Jessica Parker – SJP – , il 10 Corso Como, la replica del celebre negozio multibrand milanese, con bar e ristorante e sale per mostre ed eventi. La strada principale è Schermerhorn Row. In mezzo ci sono i dehor dei locali che vi si affacciano. Maxi schermi proiettano le partite di football la sera, attirando tantissimi newyorchesi e turisti, specie nella bella stagione. Il Paris Cafe pare sia uno dei bar più antichi della città. Tra la Fulton Street e Pearl Street si nota anche un faro: è il Titanic Memorial, un faro di 18 metri eretto in ricordo di tutti colo che sono periti sull’RMS Titanic quel 15 aprile del 1912. Di Seaport fa parte anche il rinnovato Pier 17, un gigantesco edificio affacciato sul molo dove sono stati ricavati locali e ristoranti, negozi e un enorme spazio sul tetto dove si tengono concerti, specie d’estate (controllate il calendario la prossima volta che ci andate, nel 2019 si sono esibiti anche Cheryl Crow, Ringo Starr e Avril Lavigne). D’inverno, il rooftop si trasforma in Winterland Rink, una gigantesca pista di pattinaggio sul ghiaccio. Se la celebre pista del Rockefeller Center è sovraffollata, provate questa: mentre pattinate, potrete godere anche di una vista mozzafiato sull’East River, sul Brooklyn Bridge e sullo skyline di Manhattan. Tutt’intorno c’è un bellissimo e grandissimo deck di legno con panchine e passeggiate da dove ammirare lo skyline di Brooklyn. @123rf Il primo molo, qui, risale al 1625 quando fu costruito dalla Compagnia olandese delle Indie orientali e la prima strada a svilupparsi fu Pearl Street, così chiamata per il commercio delle perle. Qui giungevano merci dall’Inghilterra e da tutta Europa. Ricordiamoci che fu proprio a Lower Manhattan che nacque quella che oggi è New York City. Seaport comprende anche uno spazio espositivo che fa parte dell’America’s National Maritime Museum. Si tratta di circa 3mila metri quadrati di gallerie, librerie, negozi ma soprattutto della più vasta flotta privata del Paese di navi storiche che sono attraccate alla banchina. E che si possono visitare. C’è per esempio la Wavertree, una nave del 1885 lunga 99 metri varata a Southampton, che oggi fa parte del museo. C’è il Pioneer, datato anch’esso 1885, un veliero di 31 metri usato un tempo per il trasporto di beni di ogni genere e che oggi viene impiegato per gite turistiche nella baia. E altre tre o quattro imbarcazioni storiche. @123rf Ma Seaport è soprattutto un bellissimo angolo di Manhattan, da dove osservare i grattacieli di Lower Manhattan da una parte e il Brooklyn Bridge dall’altra. Una vista mozzafiato a qualunque ora del giorno: con il sole, al tramonto quando si accendono le prime luci su New York e di sera, quando lo skyline diventa una vera e propria cartolina da cui non ci staccherebbe mai. Raggiungere Seaport è facile. Da Lower Mahattan, Ground Zero, il World Trade Center e da Wall Street sono dieci-quindici minuti a piedi. Altrimenti si può prendere una delle linee della metropolitana A, C, J, Z, 2, 3, 4, 5 e scendere alla fermata di Fulton Street. Quella di Lower Manhattan è una delle zone più comode anche dove alloggiare perché sono tante le attrazioni nei dintorni, raggiungibili a piedi. Tra i tanti indirizzi vi consigliamo il Four Points New York Downtown, un hotel perfetto per la posizione centrale e per l’ottimo rapporto prezzo qualità. @123rf https://ift.tt/2CZaSIs New York, alla scoperta del nuovo quartiere di Seaport A Sud di Manhattan, affacciato sull’East River, a due passi dal Financial District, c’è un quartiere che sta diventando la nuova meta turistica imperdibile di New York: South Street Seaport. Salvato dalla smania di costruire grattacieli, come in quasi tutta Lower Manhattan, è un angolo della metropoli dove sembra di tornare indietro di un paio di secoli. Non stupirà sapere che, la scena finale di “Gangs of New York”, il film del 2002 di Martin Sorsese che vede tra i protagonisti Leonardo DiCaprio, Daniel Day-Lewis e Cameron Diaz, sia stata ambientata qui. Che Will Smith vi abbia girato nel 2005 scene sia per il film “Hitch”, dove si vede Fulton Street, sia per “Io sono leggenda” nel 2007. Un angolo di città tra passato e futuro. Là dove un tempo c’era il mercato del pesce (il Fulton Fish Market, che agli inizi del 1800 era il mercato del pesce più importante degli Stati Uniti), fabbriche di biscotti e diversi altri magazzini oggi si sta sviluppando il nuovo South Street Seaport o semplicemente Seaport, un quartiere storico di Manhattan con edifici bassi di mattoni rossi, alcuni intonacati, altri grezzi, grandi finestre sulle facciate stile loft e scale di metallo come nelle vecchie fabbriche. Qui si trovano alcuni degli edifici industriali più antichi di New York City. @123rf Un angolo di ex fabbriche, ma con vie pedonali dove passeggiare, sulle quali s’affacciano locali vegani, negozi vintage, di designer locali e brand giovani. Tra questi, il negozio di scarpe – favolose – di Sarah Jessica Parker – SJP – , il 10 Corso Como, la replica del celebre negozio multibrand milanese, con bar e ristorante e sale per mostre ed eventi. La strada principale è Schermerhorn Row. In mezzo ci sono i dehor dei locali che vi si affacciano. Maxi schermi proiettano le partite di football la sera, attirando tantissimi newyorchesi e turisti, specie nella bella stagione. Il Paris Cafe pare sia uno dei bar più antichi della città. Tra la Fulton Street e Pearl Street si nota anche un faro: è il Titanic Memorial, un faro di 18 metri eretto in ricordo di tutti colo che sono periti sull’RMS Titanic quel 15 aprile del 1912. Di Seaport fa parte anche il rinnovato Pier 17, un gigantesco edificio affacciato sul molo dove sono stati ricavati locali e ristoranti, negozi e un enorme spazio sul tetto dove si tengono concerti, specie d’estate (controllate il calendario la prossima volta che ci andate, nel 2019 si sono esibiti anche Cheryl Crow, Ringo Starr e Avril Lavigne). D’inverno, il rooftop si trasforma in Winterland Rink, una gigantesca pista di pattinaggio sul ghiaccio. Se la celebre pista del Rockefeller Center è sovraffollata, provate questa: mentre pattinate, potrete godere anche di una vista mozzafiato sull’East River, sul Brooklyn Bridge e sullo skyline di Manhattan. Tutt’intorno c’è un bellissimo e grandissimo deck di legno con panchine e passeggiate da dove ammirare lo skyline di Brooklyn. @123rf Il primo molo, qui, risale al 1625 quando fu costruito dalla Compagnia olandese delle Indie orientali e la prima strada a svilupparsi fu Pearl Street, così chiamata per il commercio delle perle. Qui giungevano merci dall’Inghilterra e da tutta Europa. Ricordiamoci che fu proprio a Lower Manhattan che nacque quella che oggi è New York City. Seaport comprende anche uno spazio espositivo che fa parte dell’America’s National Maritime Museum. Si tratta di circa 3mila metri quadrati di gallerie, librerie, negozi ma soprattutto della più vasta flotta privata del Paese di navi storiche che sono attraccate alla banchina. E che si possono visitare. C’è per esempio la Wavertree, una nave del 1885 lunga 99 metri varata a Southampton, che oggi fa parte del museo. C’è il Pioneer, datato anch’esso 1885, un veliero di 31 metri usato un tempo per il trasporto di beni di ogni genere e che oggi viene impiegato per gite turistiche nella baia. E altre tre o quattro imbarcazioni storiche. @123rf Ma Seaport è soprattutto un bellissimo angolo di Manhattan, da dove osservare i grattacieli di Lower Manhattan da una parte e il Brooklyn Bridge dall’altra. Una vista mozzafiato a qualunque ora del giorno: con il sole, al tramonto quando si accendono le prime luci su New York e di sera, quando lo skyline diventa una vera e propria cartolina da cui non ci staccherebbe mai. Raggiungere Seaport è facile. Da Lower Mahattan, Ground Zero, il World Trade Center e da Wall Street sono dieci-quindici minuti a piedi. Altrimenti si può prendere una delle linee della metropolitana A, C, J, Z, 2, 3, 4, 5 e scendere alla fermata di Fulton Street. Quella di Lower Manhattan è una delle zone più comode anche dove alloggiare perché sono tante le attrazioni nei dintorni, raggiungibili a piedi. Tra i tanti indirizzi vi consigliamo il Four Points New York Downtown, un hotel perfetto per la posizione centrale e per l’ottimo rapporto prezzo qualità. @123rf A Sud di Manhattan, affacciato sull’East River, a due passi dal Financial District, c’è un quartiere che sta diventando la nuova meta turistica imperdibile di New York.
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