Tumgik
#Linguaggio evocativo
divulgatoriseriali · 1 year
Text
La nostalgia dell'analogico: perché ci manca il linguaggio dei vecchi tempi? Perchè rivogliamo il tubo catodico e la pellicola?
Ricordi quando la TV era solo una scatola grande con un tubo catodico al suo interno e i colori erano nitidi e vivaci? O quando ascoltare una canzone significava mettere un disco in vinile su un giradischi? Quei vecchi tempi erano caratterizzati dal linguaggio analogico, un tipo di comunicazione che ora sta diventando sempre più raro. Continue reading Untitled
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
fiordilota · 2 years
Text
Le persone credono che io sia tipo omofoba, perché uso spesso ma davvero spesso la parola "ricchione".
Da sempre la parola "ricchione" viene utilizzata con scopo lesivo e offensivo. Ma sapete, il peso delle parole non dipende solo da chi le dice, ma anche da come vengono dette, con quale intenzionalità, con quale gerarchia di valore e significato. Pure la parola puttana è offensiva. Se a dirti puttana è il coglione a cui non hai dato precedenza all'incrocio allora sì, ti offendi. Ma se a dirtelo è il tuo uomo mentre ti scopa allora non è poi così offensivo. E così vale pure per la parola ricchione.
Tra l'altro l'evoluzione della società e della cultura avviene sempre attraverso la rottura di paradigmi linguistico culturali, rinegoziando i significati e i simboli di una società. Per cui, usare certe parole che nel nostro tradizionale linguaggio risultano scomode e offensive ci aiuta a capire una cosa: che la lingua è viva ed ha il potere evocativo che NOI le attribuiamo. Dunque, poiché ricchione viene usata come offesa allora è una parola offensiva. E cosa c'è di offensivo nell'essere ricchioni?
Il problema quindi è la parola ricchione (che può essere ri-semantizzata in modo positivo, scherzoso, ironico e provocatorio) o voi che parlate tanto di politically correct senza avere le basi del vivere inclusivo?
Mio fratello è ricchione e non si offende quando lo chiamo così. Si offende quando non è rappresentato politicamente, quando ai colloqui lo scartano perché è ricchione, quando dice di amare i bambini e voi gli rispondete che è ricchione e non potrebbe mai prendersene cura.
La verità è che essere ricchioni in Italia è un problema, che si tratti di lavorare di sposarsi di adottare o di vivere alla luce del sole.
Ma finché vi farà orrore la parola ricchione con tutti i suoi sinonimi, questo discorso non potete capirlo e non potete neppure iniziarlo.
6 notes · View notes
cinquecolonnemagazine · 2 months
Text
Roland Barthes: il saggista rivoluzionario simbolo del Novecento
Roland Barthes, celebre intellettuale francese del XX secolo, è stato un saggista tra i più influenti e innovativi del suo tempo. Nato a Cherbourg nel 1915, Barthes ha trascorso gran parte della sua vita a Parigi, dove ha sviluppato una straordinaria carriera accademica e letteraria che ha lasciato un'impronta indelebile nel panorama culturale mondiale. Le letture giovanili del saggista Barthes A 19 anni, un forte attacco di emottisi lo costringe a letto per lungo tempo durante il quale legge autori quali Balzac, Mauriac, Giraudoux e numerosi Arsène Lupin. Durante il liceo aveva già avuto modo di apprezzare Mallarmé, Valéry, Jaurès, e soprattutto Proust che diventerà il suo autore di riferimento. Le sue numerose permanenze nel sanatorio saranno sempre occasione di studio fondamentali per la sua carriera. Dopo aver conseguito una laurea in letteratura e filosofia all'Università di Parigi, Barthes ha intrapreso una carriera accademica che lo ha portato a insegnare in diverse istituzioni prestigiose, tra cui l'École des hautes études en sciences sociales e il Collège de France. Durante la sua vita, ha anche lavorato come critico letterario, saggista e semiologo, contribuendo in modo significativo alla teoria letteraria e alla critica culturale. Barthes saggista: il "grado zero" Barthes è stato autore di importanti saggi critici sulla narrativa contemporanea. Ha indagato il rapporto esistente tra la lingua nella sua doppia manifestazione: patrimonio collettivo e veicolo del linguaggio individuale. Ha sviluppato un'importante teoria semiologica che supera le tesi accademiche per interrogare i testi. Celebre la sua teoria del "grado zero": il mondo del parlato che è la più importante specificità della narrativa del suo tempo. La semiologia, o lo studio dei segni e dei simboli e del loro significato nella comunicazione umana, occupa un posto importante nella sua produzione saggistica. Attraverso la sua analisi dei testi letterari, dei media di massa e della cultura visiva, Barthes ha indagato sulle strutture di significato sottostanti che influenzano la nostra comprensione del mondo. I saggi più famosi di Roland Barthes Il saggio più famoso di Barthes è senza dubbio "Il grado zero della scrittura" nel quale distingue la lingua in quanto strumento neutro dell'espressione e per questo involontario e la lingua formale attraverso la quale l'uomo compie delle scelte etiche. Un altro saggio iconico di Barthes è "La camera chiara. Nota sulla fotografia", pubblicato nel 1980. In questo lavoro, che è una riflessione sulla fotografia, Barthes esplora il potere evocativo e simbolico delle immagini fotografiche, analizzando il modo in cui esse catturano e trasmettono il senso di realtà e memoria. Barthes distingue tre elementi nella fotografia: l'autore della fotografia, il fruitore e il soggetto immortalato. In questo schema, il fruitore ha due modi di recepire le fotografie: il primo è razionale e si fonda sulle informazioni che la foto stessa può fornire; il secondo è emotivo e scaturisce da un dettaglio della foto che colpisce lo spettatore. Eredità di Roland Barthes Anche dopo la sua morte nel 1980, l'influenza di Roland Barthes ha continuato a essere rilevante nel campo della teoria letteraria, della critica culturale e della filosofia. Le sue idee radicali e la sua scrittura brillante hanno ispirato generazioni di studiosi e intellettuali, contribuendo a ridefinire il modo in cui pensiamo alla cultura, alla comunicazione e alla creatività. Attraverso i suoi saggi rivoluzionari, Barthes ha dimostrato il potere della parola scritta nel provocare la riflessione, la discussione e la trasformazione sociale. In copertina foto di Michal Jarmoluk da Pixabay Read the full article
0 notes
lamilanomagazine · 7 months
Text
A Cagliari l'incontro con il fotografo Jérôme Sessini, in occasione della mostra dedicata a Inge Morath
Tumblr media
A Cagliari l'incontro con il fotografo Jérôme Sessini, in occasione della mostra dedicata a Inge Morath. Cagliari, Per la prima volta il membro dell'agenzia fotografica Magnum Photos verrà a Cagliari per parlare del suo lavoro e svelare il suo profondo rapporto famigliare con la Sardegna. Domenica 1 ottobre, alle ore 17 presso gli spazi espositivi di Palazzo di Città a Cagliari si terrà un incontro pubblico con il fotografo francese, ma di origini sarde, Jérôme Sessini membro della celebre agenzia fotografica Magnum Photos, nota in tutto il mondo. Uno straordinario evento che cade in occasione dell'ultimo giorno di apertura della mostra fotografica dedicata ad Inge Morath ospitata presso la sede espositiva comunale di Palazzo di Città. Mostra che nel corso dell'estate ha raccolto unanime riscontro positivo. L'incontro, promosso da Suazes in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e Spettacolo e Musei Civici del Comune di Cagliari, permetterà di conoscere personalmente il lavoro di uno dei più noti fotoreporter internazionali. Si potrà vedere il suo lavoro, proprio all'interno degli spazi che ospitano la mostra dedicata alla sua collega Magnum, discutere sul significato dell'esperienza di questa celebre agenzia fotografica fondata nel 1947 da Robert Capa e Henri Cartier Bresson, ma soprattutto conoscere il profondo legame di Jérôme Sessini con questa isola. Infatti il fotografo ha la doppia cittadinanza, francese ed italiana, perché suo padre è sardo e lo stesso Sessini ha studiato nell'isola e svolto anche il servizio militare. “Vivere in Sardegna da adolescente mi ha donato un rapporto personale e intimo con questa isola. Nella mia esperienza, i ricordi e i rapporti con la cultura locale, con le persone e con l'ambiente hanno plasmato una conoscenza e un rapporto di vicinanza molto stretto con la Sardegna. In aggiunta agli aspetti culturali e famigliari il mio personale rapporto con la Sardegna assume aspetti di senso di appartenenza verso i luoghi della mia formazione". Così l’assessora alla Cultura del Comune di Cagliari Maria Dolores Picciau: “Jérôme Sessini è uno dei più grandi fotografi contemporanei, che attraverso un linguaggio diretto ed evocativo delle immagini ha saputo portare all’attenzione mondiale i conflitti e i mutamenti sociali del nostro tempo. Sessini ha un rapporto speciale con la nostra isola e con questa iniziativa Cagliari vuole suggellare questo legame e rendere ancora più solida l’amicizia che lega la nostra comunità a questo interprete del nostro tempo”. L'incontro sarà aperto al pubblico all'interno del percorso espositivo dedicato a Inge Morath. Visto il numero limitato di posti sarà possibile prenotare il proprio posto attraverso il sistema prenotazioni del sito sistemamuseale.museicivicicagliari.it o chiedere informazioni al numero 0706776482. Nell'occasione di questo finissage la mostra dedicata alla fotografa Inge Morath rimarrà aperta fino alle 20. L'incontro sarà introdotto dall'assessora alla cultura Maria Dolores Picciau e Sessini sarà intervistato da Marco Minuz. Jérôme Sessini è uno dei nomi più prolifici e rispettati al mondo operando nel delicato campo delle zone di conflitto ed è stato inviato in paesi dilaniati dalla guerra come Palestina, Iraq, Libano, Siria e Libia per pubblicazioni internazionali. Si è occupato anche di questioni sociali come la violenza legata alla droga nelle strade del Messico, le proteste anti-governative in Ucraina e le minoranze indigene in Cambogia che devono affrontare lo sgombero forzato. Attraverso il suo lavoro, impara, si adatta e si evolve costantemente. Dal 2018 Sessini documenta la crisi degli oppioidi negli Stati Uniti, dove ha viaggiato in Ohio e Filadelfia per creare ritratti intimi di persone e luoghi devastati dall'abuso di droghe. Nel 2017 Sessini ha viaggiato in remoti villaggi della Cambogia con Samrith Vaing, documentando la vita delle minoranze indigene che affrontano lo sgombero forzato. Nel 2016 Sessini ha documentato l'offensiva dei Peshmerga curdi contro lo Stato Islamico (IS) nella città di Bashiq prima di attraversare la regione per coprire le forze irachene che spingevano verso Mosul. Il suo lavoro è stato pubblicato da prestigiosi giornali e riviste, tra cui Newsweek, Stern, Paris-Match, nonché Le Monde e il Wall Street Journal. È stato esposto in numerose mostre personali in tutto il mondo, tra cui il Visa Photo Festival di Perpignan, i Rencontres d'Arles, la Bibliothèque Nationale François-Mitterrand e con il Ministero della Cultura francese. Sessini diventa nominato Magnum Photos nel 2012 e membro a pieno titolo nel 2016.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
pikasus-artenews · 1 year
Photo
Tumblr media
STEFANO CAGOL Archeology of the Anthropocene Far before and after us Stefano Cagol è artista impegnato sviscerare e distillare attraverso un linguaggio evocativo complesse questioni dell’oggi e del nostro stare nel mondo, tra fenomeni naturali e impatto delle nostre scelte.
0 notes
shunkawakan-ita · 2 years
Text
MADRE TERRA
IL NUOVO SINGOLO ESTIVO DI
HOT ICE
È UN INNO ALLA MULTIETNICITÀ
(Zero Etichette)
  GUARDA IL VIDEO
https://youtu.be/2EQufUqG4To
    Si intitola “Madre Terra” il brano che va a completare il nuovo progetto di Hot  Ice, avviatosi con il singolo “Diamanti Grezzi” e proseguito con “Atto I” e “Atto II”.
La data di uscita su tutte le piattaforme digitali, con distribuzione a nome di Zero Etichette, è il 15/07/2022. Questa volta ad accompagnare la canzone c'è un videoclip, pubblicato l’11/07/2022.
La tematica affrontata è di grande attualità. Si parla infatti di uguaglianza,  multietnicità e multiculturalità, con un linguaggio semplice e leggero che nel contempo induce a riflettere. Ancora una volta, così come in “Diamanti Grezzi”, viene fatta leva su ciò che ci accomuna in quanto esseri umani, tutti “figli della  stessa Madre Terra”, con un riferimento anche alla tematica della guerra, scritto in tempi non sospetti.
Nel testo poi si fanno riferimenti a vari soggetti di origini etniche diverse,  all’interno di una sorta di storytelling inventato ma piuttosto verosimile nel  contesto della società odierna. In particolare, vengono citati “un amico di  colore” bravo a giocare a pallone, “un amico algerino” appassionato di rap,  “un’amica araba” vestita sempre di verde e un amico giapponese esperto di tartare.
 Questi stessi soggetti sono stati in qualche modo trasposti nel videoclip stesso, che mostra dunque un clima di festa e spensieratezza portata in scena da quella che rappresenta una compagnia di amici in una piacevole giornata al
lago. La stupenda location delle riprese è il Lago della Stua, nel bellunese, un posto  evocativo in linea con il brano. La regia è stata affidata ad Adriano Giotti, già regista per Sony e Garrincha.
Gli attori e le comparse, provenienti da diverse  parti d’Italia sono: Pierandrea Agnini, Lucia Artesi, Gloria Bertuzzo, Serin  Bouguerra, Fatima-Ezahra El Fanidi, Sofia Jemmah, Matteo Marchesin, Jessica  Minatel, Coulibaly Oumar, Ouattara Oumar, Luigi Simonato.
 Adriano Giotti dopo il Master in Scrittura & Storytelling alla Scuola Holden, ha  girato dei cortometraggi che hanno ricevuto diversi riconoscimenti in Italia e  all'Estero, in particolare "Mostri" è selezionato nella cinquina dei David di Donatello ed il suo ultimo cortometraggio "Esseri di Stelle" è stato prodotto da Rai Cinema. Il suo primo lungometraggio "Sex Cowboys" ha vinto Miglior Film Italiano al RIFF – Rome Independent Film Festival ed è stato distribuito prima
all'estero e poi in Italia
 BRANO E CREDITS SINGOLO
Dal punto di vista musicale, la canzone presenta un sound reggaeggiante, quasi  reggaeton, molto estivo e ballabile. Il testo e la composizione sono ad opera di Hot Ice e Michele Faggion, mentre l’arrangiamento finale è di Simone Vignola. Il tutto è stato registrato e mixato al Sound Design Studio di Marco Ruggiero  (tranne i cori di Sophia Pozzobon, incisi da Mikael Rose Studios / Starseed Voice). Basso e tastiere sono dello stesso Simone Vignola, le batterie di Pasquale Tomasetta e le chitarre di Marco Iantosca, il quale si è occupato anche della coordinazione dei lavori, dagli arrangiamenti alle registrazioni.
Il master è ad opera di Roberto Romano e la grafica di copertina di Davide Storielli.
  BRANO E CREDITS VIDEO
Riprese e montaggio: Adriano Giotti
Regia: Adriano Giotti
 Testo: Giacomo Visintin; Michele Faggion
Composizione: Giacomo Visintin; Michele Faggion
Voci: Giacomo Visintin; Sophia Pozzobon
Arrangiamento: Simone Vignola; Marco Iantosca
Basso e tastiere: Simone Vignola
Batteria: Pasquale Tomasetta
Chitarre: Marco Iantosca
Registrazioni: Marco Ruggiero @Sound Design Studio; Mikael Rose @Mikael Rose Studios/Starseed Voice
Mix: Marco Ruggiero @Sound Design Studio
Master: Roberto Romano
Grafica: Davide Storielli
 Attori e comparse:
Pierandrea Agnini
Lucia Artesi
Gloria Bertuzzo
Serin Bouguerra
Fatima-Ezahra El Fanidi
Sofia Jemmah
Matteo Marchesin
Jessica Minatel
Coulibaly Oumar
Ouattara Oumar
Luigi Simonato
 Location:
Lago della Stua (BL)
 Un ringraziamento particolare a:
Filippo Spanio e Zero Etichette
Elena Camporeale
Arianna Morosin
Raffaella Zorzetto
Natale Visintin
Sandra Nardean
  TESTO
 Ho un amico di colore che si chiama Mohammed,
gioca a pallone, assomiglia a Boateng,
sa il valore dell'onore, assomiglia proprio a te,
si veste come te, esattamente come te,
un altro amico è algerino, ascolta rap,
qua lo chiamano clandestino, ma ascolta me,
ha un accento divertente come Rami Malek
ma comunica come te, esattamente come te
 Siamo figli della stessa Madre Terra,
Madre Natura vuole pace e non guerra,
cresciamo insieme come fiori in una serra
e c'è chi ancora pensa che il sole non serva,
siamo figli della stessa Madre Terra,
Madre Natura invoca pace e non guerra,
la curiosità spinge alla scoperta,
siamo sulla stessa barca, se la avvisti grida: "Terra!"
siamo figli della stessa Madre Terra,
Madre Natura vuole pace e non guerra
 Ho un'amica araba, fa il Ramadan,
veste sempre verde, sembra Salazar,
per metà venezuelana, ama l'arte italiana,
è educata, sorridente e piena di onestà,
un altro amico giappa fa ottime Tartare,
qualsiasi cosa si faccia scatta la bagarre,
ama la competitività però sa
che meno ci sono rivalità meglio si sta
 Siamo figli della stessa Madre Terra,
Madre Natura vuole pace e non guerra,
cresciamo insieme come fiori in una serra
e c'è chi ancora pensa che il sole non serva,
siamo figli della stessa Madre Terra,
Madre Natura invoca pace e non guerra,
la curiosità spinge alla scoperta,
siamo sulla stessa barca, se la avvisti grida: "Terra!"
siamo figli della stessa Madre Terra,
Madre Natura vuole pace e non guerra
 Tasselli di un gran mosaico,
fotoricordo di una festa epica all'ultimo dell'anno,
ingranaggi in movimento
che scandiscono i secondi di un tempo che non ha tempo
 Siamo figli della stessa Madre Terra,
Madre Natura vuole pace e non guerra,
cresciamo insieme come fiori in una serra
e c'è chi ancora pensa che il sole non serva,
siamo figli della stessa Madre Terra,
Madre Natura invoca pace e non guerra,
la curiosità spinge alla scoperta,
siamo sulla stessa barca, se la avvisti grida: "Terra!"
siamo figli della stessa Madre Terra,
Madre Natura vuole pace e non guerra
   BIOGRAFIA
Hot Ice - Giacomo Visintin, è un cantante rap e autore, membro del collettivo hip hop “Brain Smokerz”. Si è esibito (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Milano, Lecco, Roma e Trapani) in apertura a diversi artisti (tra cui Achille Lauro, Murubutu, Ensi, Inoki, E-Green, Kiave, Rayden, Lord Madness). Vanta anche collaborazioni con Rayden, Raige, Mastafive in “Cuore Amore Determinazione” e con i Jalisse, vincitori del Festival di Sanremo 1997, nel brano “4 Marzo”. Ha  partecipato a vari rap contest e concorsi canori con ottimi risultati (tra cui"1MNext 2022", "Festival Pass 2022", “Words War 2016”, “Vota le Voci 2014”, “Veneto Music Contest 2014”, “Trapani Pop Festival 2017” e “Tour Music Fest 2017”). L'ultimo progetto pubblicato, tra aprile e maggio, è un disco diviso in due parti "Atto I" e "Atto II", distribuito da Zero  Etichette.
Precedentemente, Hot Ice ha pubblicato numerosi singoli, tra cui “Cool”, “Sopra al limite” e “Re nell’oblio”, e collaborazioni, come “La Compagnia  dell’indie” e “Un bacio dato al vento”. Ha realizzato il brano “Diversamente giovani”, presente all’interno della colonna sonora curata da Giovanni Errera per il film “Niente di serio” con Claudia Cardinale, Gianmarco Tognazzi, Nunzia Schiano, proiettato al Festival di Cannes 2018 fuori concorso per le distribuzioni europee.
 Nel 2019 ha intrapreso anche una collaborazione con la compagnia teatrale Streben Teatro per lo spettacolo teatral-musicale “La Rockstar”.
Attualmente sta lavorando a vari progetti musicali e teatral-musicali, da solista o con altri artisti.
 SOCIAL:
Instagram:
https://www.instagram.com/caldoghiaccio
Facebook:
https://www.facebook.com/Hot.Ice.Original
YouTube:
https://www.youtube.com/user/hoticeoriginal
0 notes
Tumblr media
...un libro in bianco e nero, come i film di una volta, un piccolo capolavoro, spesso sottovalutato...Siamo abituati ad un immagine della Sicilia fatta di sole e mare, invece qui c'è la neve e il vento, all'inizio è fuorviante e a tratti incomprensibile, bisogna fare il giro di quelle spelonche molte volte per capire che non si è davanti ad un libro, ma ad un film di Visconti...E' un viaggio nei fumi dell'ambiguità astrattista, un ritorno alle origini Pavesiano, un ritorno al nido, un ritorno in Sicilia, alla terra intesa come essenza materica ricca di significato evocativo. Un nido non certo naif e confortevole ma ricco di domande senza risposta, in un affresco dove i colori generano un vortice e tutto si mescola ad arte per rendere offuscato il vero fulcro del romanzo, ovvero una critica aperta al fascismo che ha brutalizzato e barbarizzato la coscienza umana violentandone le membra. Come affrancarsi da ciò? Conversando, conversando con la nostra umanità che è sprofondata in un baratro oscuro; la dittatura infatti si alimenta con la barbarizzazione del linguaggio annullando di fatto un contenuto logico, la cura per una rinascita civile è la conversazione con la propria coscienza una sorta di analisi collettiva atta ad analizzare la deriva in cui si è giunti...Conversazione in Sicilia...un abile e raffinato romanzo breve dunque...un libro per una lotta contro la brutalità dei fascismi...un pezzo importante della nostra letteratura...magico...#instabook #igersravenna #ig_books #libri #instaravenna #consiglidilettura #bookstagram #booklovers #domenicaaperto #narrativa #booktubers #eliovittorini #sicilia (presso Libreria ScattiSparsi Ravenna) https://www.instagram.com/p/Cf3AceUI7Gp/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
cartacei · 3 years
Text
Tumblr media
Al centro della Sicilia, un enorme labirinto di macerie e cemento ricopre una collina rasa al suolo da un terremoto: è il Cretto di Burri, la più celebre opera di land art italiana, nata dal genio dell'omonimo artista umbro.
Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 un violento terremoto colpì la Sicilia occidentale, radendo al suolo Gibellina, piccolo comune nella valle del Belice a poco più di 20 km da Calatafimi. La città nuova fu ricostruita poco distante, e l’allora sindaco del paese, chiamò a raccolta alcuni tra i più celebri architetti e artisti del tempo per contribuire con le proprie opere alla città d’arte che immaginava di edificare, nel tentativo di sublimare il dolore di una comunità traumatizzata e lacerata.
Tra questi c’era l’artista Alberto Burri, demiurgo della materia, che ideò una colossale opera di land art con la tecnica del cretto, ovvero, nel linguaggio botanico, la “fenditura in senso radiale che si riscontra nei tronchi di alberi piuttosto vecchi” (Treccani). Le macerie della vecchia città furono raccolte e, armate con il cemento, vennero trasformate in un’enorme e omogenea struttura labirintica, posta come un sudario sul lato della piccola collina, a perenne monumento evocativo di quella tragedia. Le faglie, che ricordano le vecchie strade del paese, si stagliano oggi con la loro neutralità ecrù sui colori accesi del cielo e della macchia siciliana circostante.
Un paesaggio evocativo che ogni anno, dalla sua ultimazione nel 2015, richiama turisti, curiosi e pazzi che ci vanno alle 12:00 di metà luglio.
6 notes · View notes
levysoft · 3 years
Link
Faremo questa volta conoscenza con un grande matematico che ha rivoluzionato la geometria e influenzato molti altri campi della conoscenza, ma è universalmente riconosciuto come il padre di quegli strambi oggetti geometrici chiamati frattali.
Sì, avete capito bene, stiamo parlando proprio di lui, Benoit Mandelbrot, scienziato franco-polacco che pur essendo un matematico di formazione, avrebbe meritato il Nobel per l’Economia alla stregua di John Nash, il protagonista del film “A Beautiful Mind”. Aspirò tutta la vita a ottenere un così importante e meritato il riconoscimento, purtroppo senza successo.
La biografia di Mandelbrot non è lineare: nacque a Varsavia nel 1924 da famiglia ebraica, madre medico, padre uomo d’affari. Uno dei suoi zii da parte paterna viveva in Francia ed era un matematico di vaglia. È proprio in Francia che la famiglia di Benoit si rifugiò nel 1936, quando la situazione degli ebrei in Polonia volse al peggio.
Alla fine della guerra il giovane si fece notare come uno dei migliori studenti di matematica dell’università di Parigi, dove si laureò nel 1947.
Da qui scelse di virare verso altri lidi spinto dalla grande aspirazione di potersi dedicare alla matematica applicata.
Approdò quindi al dipartimento di Ingegneria Aeronautica del prestigiosissimo CalTech.
Sotto il sole della California allargò, insaziabile com’era, i suoi campi di ricerca cominciando a interessarsi di teoria dell’informazione, di fisica, di statistica, di logica e struttura del linguaggio, e qui scrisse la sua tesi di dottorato.
Si spostò quindi a Princeton dove ebbe modo di lavorare con John Von Neumann, pioniere della computer Science nonché proprio della teoria dei giochi.
In seguito, una comprensibile nostalgia per l’Europa, unitamente al desiderio di esplorazione scientifica, lo indusse ad attraversare ancora una volta l’Atlantico e venne accolto a braccia aperte dallo psicologo Jean Piaget a Ginevra.                                                                                                             Ma ogni realtà era troppo piccola e inadeguata per lui: impossibile relegarlo dietro una cattedra universitaria seppur prestigiosa, o rinchiuderlo in un laboratorio di ricerca. Era troppo eclettico per lasciarsi inquadrare.                                                                                                                             Da esploratore indomito attraversò nuovamente l’oceano e il suo peregrinare si concluse per modo di dire al Thomas J. Watson Research Center della IBM nello stato di New York.
Gli piaceva autodefinirsi un aspirante Keplero della complessità, paragonandosi al famoso e rivoluzionario scienziato del ‘600. Poi la svolta definitiva.
All’inizio degli anni ’70 un amico matematico gli suggerì di smetterla di pubblicare saggi su argomenti tanto eterogenei e di provare a dirigerli in una direzione più precisa.
Il consiglio fu seguito e Benoit mise a fuoco la sua teoria unificatrice. Diede alla sua brillante idea un nome curioso ed evocativo allo stesso tempo: frattale.                                                                                                                    Ma cos’è un frattale? Beh, proviamo a spiegarlo nella maniera più semplice possibile. Prendiamo un broccolo romanesco. Non stiamo scherzando: il broccolo romanesco è forse il più semplice e miglior esempio di frattale a nostra disposizione. Questo semplice vegetale, a causa della sua forma stupefacente, alimenta da quasi un secolo a questa parte, profondi e complessi quesiti in biologia e matematica.
E’ infatti un oggetto abbastanza sofisticato che gode di una proprietà sorprendente: guardato a scale diverse sembra sempre la stessa cosa, la sua forma si ripete.
Se ad esempio lo guardiamo sui banchi di un supermercato a una distanza di dieci metri, i nostri occhi e la nostra mente tenderanno a identificarne la forma come una sorta di piramide. A questo punto decidiamo di acquistarlo e ci avviciniamo per vedere il prezzo. Lo prendiamo in mano soppesandolo ben bene. Noteremo per prima cosa che la sua superficie è costituita da rilievi geometrici e bitorzoluti che si ripetono e si intrecciano in una spirale.
Se poi si osserva ancora più da vicino un singolo bitorzolo, si scopre che anche questo è a sua volta fatto di bitorzoli più piccoli che sono disposti secondo lo stesso schema.
Fondamentalmente, quindi, il broccolo romano è “riempito” da una gran quantità di miniature di broccoli romani, ripete la sua struttura come se fosse una matrioska a infiniti pezzi. L’effetto è quasi ipnotico.
A prima vista, questo tipo di strutture sembrano inusuali o addirittura bizzarre, ma si applicano a ogni cosa, dai broccoli romani alla struttura dell’universo, rivelando il segreto della armonia interna della natura.
Se, ad esempio, passeggiando in un bosco ci mettiamo a osservare le cortecce degli alberi, vedremo che esse hanno una struttura simile, con alcune scanalature profonde e altre superficiali.
Se si spezza un ramo ci sembrerà di avere in mano un albero in miniatura. C’è lo stesso gioco di diramazioni che continua in sé stesso.                                    Ma perché la natura preferisce costruire oggetti così complessi?
Nel caso dell’albero la spiegazione è semplice: più è ramificato e più superficie è in grado di coprire, e più superficie copre più aumenta la sua capacità di assorbire anidride carbonica e quindi di produrre ossigeno.
Un esempio simile possiamo averlo guardando i nostri polmoni, che osservati al microscopio appaiono ricoperti da un complicatissimo intrico di vene.                                                                                                                                    La loro funzione è quella di incamerare l’ossigeno che deve essere trasmesso al sistema circolatorio. Capiamo bene che più sono fitte e numerose le vene sulla loro superficie esterna, più agevole ed efficiente sarà il processo di ossigenazione. La geometria frattale è ovunque intorno a noi: felci, cespugli, crateri della Luna, fluttuazioni del mercato azionario, l’incidenza di grandi e piccole alluvioni, i movimenti delle rocce nelle profondità della Terra che causano i terremoti.                                                                                                                           E’ un elenco sterminato, c’è chi ne fa opere d’arte astratta e addirittura chi pensa che in futuro potremo applicarlo anche alla psiche e ai sentimenti.                                                                                                                         Ma questa è un’altra storia naturalmente, ben più rischiosa dei mercati finanziari e quindi non ci addentriamo. Una precisazione è doverosa: storicamente i frattali non sono scaturiti all’improvviso dalla mente geniale di Mandelbrot, poiché già alla fine del IX secolo, gli analisti si divertivano a trovare esempi di “funzioni patologiche” che avevano un comportamento inaspettato.
Mandelbrot comunque è di fatto il padre della geometria frattale, ma la radice di questa geometria possiamo trovarla in matematici come Cantor o Peano, che ad esempio aveva definito la curva che porta il suo nome, una linea che riempiva un quadrato. Una evoluzione in questa direzione era stata apportata da Koch: la curva a fiocco di neve che aveva una lunghezza infinita pur contenendo un’area finita.                                                                                                                            Entrambi gli esempi hanno alcune proprietà in comune.
Innanzitutto sono ottenuti con un processo che si ripete all’infinito, e quindi non possiamo disegnarne che un’approssimazione; in secondo luogo questo processo da un punto di vista matematico viene definito autosimile, nel senso che a ogni passo la figura parziale che si ottiene è una complicazione della struttura creata al passo precedente formata unendo più copie rimpicciolite della struttura stessa.
Addentratosi in questi argomenti di matematica pura Mandelbrot portò avanti il suo percorso scientifico non convenzionale, e pur essendo caratterialmente portato a fare affidamento sull’intuizione, riuscì a dimostrare rigorosamente che si potevano capire questi tipi di strutture complesse applicando e reiterando regole semplici.
Fu quindi effettivamente un piccolo Keplero, ma armato di microscopio.
Con il suo approccio alla matematica quasi visionario, diede luogo a una rara, rivoluzione, cosa insolita in matematica, dove si procede apponendo tasselli di conoscenza gli uni sugli altri, gradualmente e senza i sovvertimenti tipici di altri rami del sapere scientifico. A metà anni ‘70 Mandelbrot era ormai famoso in tutto il mondo, come un marinaio che dalla cima di una nave, ha intravisto per primo una terra sconosciuta.                                                                                                                        Nella sua autobiografia scrisse che in realtà le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, le coste di un’isola non sono cerchi e le cortecce non sono lisce. Neppure i fulmini viaggiano secondo una linea dritta.
Naturalmente in fase iniziale, non tutta la comunità scientifica era unita nel riconoscere l’importanza e l’utilità dei frattali.                                                    Molti si chiedevano se fossero da accantonare o se si potesse davvero sviluppare una teoria matematica che approfondisse la struttura di un broccolo!                                                                                                                    L’incertezza spronò un’intera generazione di scienziati e matematici che cominciarono a studiare e ad approfondire non solo la forma dei frattali, ma anche i processi che li generavano.
Adesso i frattali hanno valicato i confini della matematica invadendo territori di competenza di molte scienze, fino a quelli dell’arte e della musica. Basta cliccare in rete per avere lo schermo invaso da spirali che si avvolgono su altri vortici, scacchiere che si ripetono, sottili ramificazioni che crescono all’infinito. Sono rappresentazioni grafiche di «frattali» tracciate da potenti programmi di grafica. Tutti siamo cresciuti alla scuola della geometria di Euclide abituandoci a pensare che la natura sia lineare e rigidamente consequenziale. Ma la realtà è molto più complessa, i fenomeni spesso non sono lineari, un insieme di fenomeni sfocia nel caos.                                                                                      Il mondo è dei frattali, dal latino “fractus”, spezzato.
Frattali sono le figure geometriche la cui dimensione non è intera ma frazionaria: il punto non ha dimensioni, la retta ne ha una, il quadrato due, il cubo tre.                                                                                                                   I frattali invece possono avere qualsiasi altro valore intermedio.
Questa dimensione frazionaria può affascinare sia gli esperti sia chi non ha dimestichezza con la matematica.                                                                           C’è infatti qualcosa di artistico negli insiemi frattali e non mancano gruppi New Age che adoperano rappresentazioni grafiche dei frattali come strumento per fare meditazione.
Noi ci incantiamo nell’osservarli, al pari del geniale romanziere di solidissima formazione fisico-matematica Arthur C. Clarke, famoso per il racconto che ha poi portato alla realizzazione del film “2001:Odissea nello spazio”.                                                                                                                            L’universo stesso può essere descritto come un unico gigantesco frattale di frattali.                                                                                                              Mandelbrot ha scoperto le leggi geometriche che si nascondono dietro i frattali, le ha tradotte in formule matematiche e poi in programmi per computer. A loro volta i computer hanno permesso di tradurre in immagini le conseguenze delle leggi intuite da matematici, fisici, biologi, dando vita a una geometria informatico sperimentale.
Il meteorologo Lorenz ad esempio, scopritore degli “attrattori strani” – tipico esempio di comportamento caotico – scrisse che “Un battito d’ali di una farfalla ai Tropici può scatenare un nubifragio su New York”.
I frattali di Mandelbrot sono la miglior descrizione del caos a nostra disposizione, che ci sono indispensabili per lo studio dei cosiddetti moti Browniani e dei modelli che cercano di interpretare i movimenti delle particelle che si urtano tra loro all’interno dei fluidi.
Veniamo adesso a un esempio più attuale e interessante di applicazione del concetto di frattale: le commodities. Ma che cosa sono le commodities?
Beh innanzi tutto diciamo che sono oggetti da cui gli investitori non professionisti dovrebbero tenersi alla larga.                                                                Per gli speculatori però sono il pane e burro quotidiano, perché chiunque sia un poco addentro all’altissima finanza sa bene che quanto avviene nei mercati è solo in apparenza casuale. Questo argomento circa la casualità o meno di quanto accade in borsa è un argomento ampiamente dibattuto nella comunità degli economisti.
Mandelbrot stesso spese gran parte degli ultimi dieci anni a trovare strutture frattali nei mercati monetari per capire le regole soggiacenti alle grandi fluttuazioni, spalancando la strada a nuovi paradigmi d’interpretazione dei fenomeni statistici.
Un insolito matematico sognatore che, come pochi prima di lui, ha fatto ordine nel caos.                                                                                                                Un consiglio per affrontare la malinconia che ci coglie tutti alla fine dell’estate. Possiamo divertirci disegnando un insieme di Mandelbrot.                                   Online si trovano le istruzioni, bastano un foglio e tre matite colorate per immergersi in una realtà fantasmagorica.                                                                        Se avrete un pochino di pazienza vedrete fiorire sotto le vostre mani un labirinto dalle geometrie esatte, magari non perfette come quelle che vengono disegnate dal computer attraverso costosi programmi di grafica, ma c’è da scommettere che resterete soddisfatti del risultato. Naturalmente potrete fermarvi quando volete, ma più andrete avanti più complesso e pittoresco sarà il risultato.
Alla fine vi sembrerà comunque di aver prodotto un’opera d’arte.
3 notes · View notes
susieporta · 3 years
Text
Tumblr media
Warsan Shire
è una poetessa e attivista somala. Nata in Kenya il 1 Agosto 1988, è cresciuta a Londra e ora vive a Los Angeles.
La sua poesia evoca il desiderio di casa, un luogo da chiamare casa, ed è spesso nostalgica di ricordi non suoi, ma dei suoi genitori, nonni, zii e zie, persone che hanno forgiato la sua idea di patria ancestrale attraverso le proprie storie.
Con cinquantamila follower su Twitter e un numero simile di lettori di Tumblr, Shire mostra la vita di giovane poeta prolifica le cui poesie e pensieri improvvisati appariranno su uno dei tuoi feed di social media e spesso saranno esattamente quello che avevi bisogno di leggere, o quello che non sapevi di dover leggere, in quel momento.
Tra i tanti temi, la sua poesia discute spesso degli sfollamenti, della migrazione e dell'esperienza dei rifugiati, in un linguaggio che ha descritto come evocativo del "surrealismo della vita quotidiana degli immigrati: un giorno sei nel tuo paese, ti diverti, bevi succo di mango e il giorno dopo sei nella metropolitana di Londra ed i tuoi figli ti parlano in una lingua che non capisci ". La sua poesia copre temi di femminismo, famiglia, casa (o la sua mancanza), sesso, razza e tutti i loro intricati incroci e deviazioni, ed è sempre viscerale, cruda e viva.
3 notes · View notes
divulgatoriseriali · 8 months
Text
L'insight in psicologia: dalla consapevolezza psicopatologica all’utilizzo nel linguaggio comune
Nel vasto paesaggio della psicologia, una parola risplende con particolare luminosità: insight. Questo termine evocativo eppure sfuggente, rappresenta un concetto centrale nell’esplorazione della mente umana. L’insight è più di una semplice parola; è una finestra aperta sulla comprensione di sé e sugli intricati meandri della mente umana. In questo articolo, ci addentreremo nell’essenza…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
gazemoil · 4 years
Photo
Tumblr media
RECENSIONE: Tha Supreme - 23 6451 (Epic Records / Sony Music Italy, 2019)
di Agnese Centineo
L’album d’esordio di tha Supreme si chiama 23 6451, titolo poco eloquente a differenza del suo contenuto esplicito. Prendendo come riferimenti i brani Sw1n6o, 5olo e Scuol4 ho decodificato il titolo traducendolo in “le basi”. Mi piace pensare che questo sia il viaggio fatto anche da tha Supreme con un blun7 a swishland, mentre era intento a scegliere il nome del suo primo lavoro. Già dal titolo, il disco non si rende leggibile a tutti. Il linguaggio utilizzato è indirizzato ai giovani, e sia nel vocabolario che nei contenuti parrebbe ammonirti a gran voce. (“Stai al passo o non ti diverti quanto tha Sup!”). Tuttavia, c’è chi lo trova credibile anche per un pubblico più adulto e meno calibrato sulla trap italiana alla Gallagher e Dref Gold, ed io non dissento. 
Giovanissimo, ma musicalmente sicuro, Davide Mattei, diciottenne di Fiumicino non accetta interviste e si palesa al mondo in beat e numeri, senza troppi fronzoli. Approda nelle nostre città con il suo avatar viola sfrontato e spiritoso, à la Gorillaz, ma in salsa generazione 2000. Se nelle settimane passate vi è capitato di spostarvi in treno passando da Roma e Milano avete rischiato di inciampare sulle sue statue che accoglievano i passanti in stazione. Senza troppa fatica mediatica, tha Sup è stato subito chiamato da Rockol l’enfant prodige del rap italiano. In effetti, che si meriti il titolo di prodigioso o meno, ci ha messi davanti ad un album dal carattere pieno, che lascia frastornati, ma curiosi.
23 6451 è ovunque. E chiunque si è accorto che è un disco blasonato di feat. potenti. Pubblicato da Epic/Sony Music Italy annovera le collaborazioni più interessanti del panorama hip hop/rap/trap italiano: figurano Lazza, Salmo, Fabri Fibra, Dani Fiv, Mahmood, Gemitaiz, MadMan e persino la sorella di tha Sup, Mara Sattei, con la quale canta M12ano, una delle tracce più naif dell’album. Senza farci abbagliare subito da tutti questi nomi, quello che ci sorprende veramente è un unico fatto: dal concept al mix il progetto è stato interamente orchestrato da tha Supreme. Nonostante sia innegabile che i featuring costituiscano un bel booster per un artista giovane ed emergente, non credo neppure costituiscano il cavallo di battaglia dell’album. Synth articolati, basi, rime non chiuse e interpretazione sono attraenti, a prescindere dalla presenza di Salmo, Mahmood e Lazza.
youtube
E c’è chi ha anche vedute più ampie sul giovane artista: qualche giorno fa, chiacchierando informalmente su tha Supreme con un importante personaggio dell’ufficio artistico di Sony Music, si è arrivati alla condivisa opinione che potrebbe essere tranquillamente esportato all’estero. In effetti, non ha assolutamente importanza comprendere i contenuti del disco: basta sapere che sono giovani, fighi e non scontati. Per il resto, ciò che convince e cattura sono le sonorità nuove, le accelerazioni sorprendenti, il flow e l’interpretazione che si adatta bene a quella dell’artista del feat., ma non rischia mai di appiattire. Nel panorama attuale, sembra una palla da basket esplosiva - stile Pearl Jam - che assorbe il meglio dei poteri esterni e fa vincere la squadra conquistando il pubblico.
Di tha Supreme nel frattempo abbiamo quasi zero interviste, poche storie Instagram autocelebrative e a dirla tutta non conosciamo ancora bene i lineamenti del volto e nemmeno la vera attitude. In poche parole, sarebbe bello vederlo presto in un live. Il rapper del momento ha in realtà fatto i primi passi nella scena musicale come produttore e beatmaker. Non a caso, ancora prima di riconoscere il suo avatar coloratissimo, si distingue per la produzione e il sound squillante.
Tra i detrattori dell’album c’è chi riscontra un’entropia caotica. Il risultato è un album disordinato, ma che funziona. Tutto sommato, la cosa fondamentale è che abbia creato dello sgomento: questo album scuote il mercato e sbalordisce. Apre a frontiere nuove. In inglese il termine giusto è disruptive, ovvero, come dice Filippo Motti per Esse Magazine: “sta cambiando la musica italiana”.
In fondo, nonostante l’impeccabile operazione di guerrilla marketing in perfetto stile Netflix, non c’era bisogno delle statue a Termini e in Centrale per dare l’idea del potenziale espressivo di questo album di debutto. L’hype su 23 6451 sarebbe comunque arrivato, veloce come un frecciarossa in stazione. Infatti, media se ne parlava anche prima che esistesse il suo avatar fumetto. Qualche mese fa dopo essersi reso riconoscibile con le collaborazioni più interessanti del rap italiano, tra Salmo e Machete, tha Supreme si era già guadagnato il titolo di innovoatore del beatmaking, proponendo produzioni ricercate e tecnicamente solide.
youtube
Eppure, quando qualche settimana fa è approdato imponente e rivoluzionario, ha avuto l’attenzione di tutti. Cosa cattura di 23 6451? E’ eloquente, è evocativo, suona quasi alieno. Ogni brano ha un suo carattere, diverso dall’altro e riconoscibile. Tha Supreme racconta e comunica immagini semplici e stati d’animo da ragazzino, con un’interpretazione solida.
Pur essendo stato fortemente pubblicizzato, non pone tutta l’attenzione sulla sua immagine. Il beat, i flow e la musica rimangono al centro della scena. Il contenuto visivo è correttamente subordinato a quello musicale e non distrae dal focus artistico. E i numeri, a differenza del titolo dell’album, sono eloquenti: “23 6451” è il secondo album più ascoltato in Italia su Spotify.  Tha Supreme ha fatto “bling blaow come i beatles” ma non vogliamo, che si riveli una cometa.
Su quali pianeti continuerà ad orbitare?
TRACCE MIGLIORI: Sw1n6o; no14; m8nstar; scuol4
TRACCE PEGGIORI: bubb1e; 9um; ch1 5ei te
VOTO: 85/100
1 note · View note
formarredodue · 2 years
Photo
Tumblr media
✨Armadio Pianca modello Verona ✨ 👉🏻 Le suggestioni degli armadi di una volta vengono rivestite di un nuovo senso, grazie a un linguaggio contemporaneo, ma ancora evocativo delle memorie domestiche. L’armadio Verona, carico del fascino di antichi ricordi, riscopre la scansione classica a cornice delle ante e gioca con quadri di dimensioni differenti che creano incontri di linee verticali e orizzontali, composizioni simmetriche e asimmetriche, lineari e alternate. Un incavo verticale nella cornice del telaio, ottenuto dalla lavorazione del montante, assicura un’apertura discreta ed elegante, senza maniglie a vista. È il senso di una eleganza discreta e misurata, del bel gesto che sa attendere il tempo giusto per manifestarsi. Il design mette al centro la qualità manifatturiera, la personalità del legno, il valore della solidità. 👉🏻 Prenotate un appuntamento e visitate il nostro showroom a Lissone (MB) #piancadesign #pianca #lissone #formarredodue #showroom #arredamento #arredamenti #casa (presso Milano) https://www.instagram.com/p/Ca2ZRLCtZph/?utm_medium=tumblr
0 notes
lamilanomagazine · 8 months
Text
Pesaro: "Curami l’anima", l’album di esordio di Elisa Ridolfi live a Urbania
Tumblr media
Pesaro: "Curami l’anima", l’album di esordio di Elisa Ridolfi live a Urbania. Martedì 22 agosto (ore 21.15) durante Festival propone il live che prende vita dall’omonimo disco Curami l’Anima. Sul palco del cortile del Palazzo Ducale di Urbania, la cantante sarà accompagnata da Martin Diaz alla chitarra classica, Andres Langer al pianoforte, Andrea Alessi al contrabbasso e Diego Sapignoli alla batteria e percussioni. Dopo un’intensa stagione d’impegno nella promozione del fado in Italia, Elisa Ridolfi è al suo esordio come cantautrice con un carico di vita e poesia che si scioglie magnificamente in una voce di grande fascino e personalità, giunta al culmine delle sue potenzialità come timbrica, estensione e varietà di modulazioni. Qualcosa di lieve e pesante allo stesso tempo, etereo e terrestre si leva dai brani presentati al pubblico del Durante Festival, in un flusso di coscienza che ininterrottamente muta tragitto per ritornare ogni volta su se stesso, senza mai assumere le cadenze tristi di un ripiegamento: qualcosa che si definisce soltanto nel linguaggio evocativo della musica ma che il duplice rimando a Virginia Woolf (Q e Il tempo passa) può aiutare a nominare. Curami l’anima, pertanto, non è un titolo a caso né, tanto meno, a sproposito: c’è davvero qualcosa che risuona come benefico, lenitivo di pene e tormenti, una sorta di unguento sonoro che la protagonista deve aver sperimentato su di sé prima di farne dono agli altri, provando sulla sua stessa pelle come la musica possa consolare l’animo degli uomini disperdendo il brusìo delle loro vane parole. L’album è un percorso che racconta attraverso melodie conosciute o misteriose il ruolo dell’arte nella vita delle persone, di quella produzione immateriale che appartiene alla ricchezza del vivere di cui si può essere autori e/o fruitori. Un lavoro inedito con scritti di Jorge Fernando, Domenico Ferraro e Ezio Nannipieri, accompagnato dalla esclusiva produzione artistica di Tony Canto (arrangiatore e co-autore con la Ridolfi) che permette anche nella versione live proposta a Urbania di vivere una esperienza di ricerca e autenticità dell’espressione artistica. Il disco e il successivo live sono un ulteriore tassello funambolico del mondo artistico della Ridolfi che da oltre 25 anni lavora su questi concetti, senza fretta ma senza riposo. Jorge Fernando, tra i musicisti più autorevoli del fado portoghese, scrive dell’album della Ridolfi: “La voce è come acqua che scorre e bagna i cuori, anche quelli di pietra. Osa l’anima, ora su un’isola, ora in un buio vicolo di Alfama o, ancora, nella fattoria Alemão a Rio de Janeiro. Tutto si ritrova e si intreccia nel suo canto e in questo disco che ci svela di cosa è capace Elisa, un messaggero dei flauti degli angeli”. Prenotazioni e biglietti: intero € 10, ridotto € 8 (under 25, over 65). Biglietto cortesia di 2 € da abbinare ad un family ticket. I biglietti sono disponibili sul portale liveticket.it. I biglietti rimasti disponibili saranno messi in vendita direttamente sul luogo dell’evento a partire da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo. Informazioni www.visiturbania.com oppure rivolgersi all'Ufficio Turismo di Urbania 0722313140 - [email protected]. In caso di maltempo i concerti si terranno nella Chiesa di San Francesco (via Ugolini, Urbania).... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
koufax73 · 2 years
Text
Satoyama: "Niue" è il nuovo video
"Niue" è il titolo del nuovo video dei Satoyama, che anticipa "Sinking Islands", il quarto album della band piemontese in uscita il primo di aprile per Auand Records
Niue è il titolo del nuovo video dei Satoyama, che anticipa Sinking Islands, il quarto album della band piemontese in uscita il primo di aprile per Auand Records. Ancora una volta i Satoyama raccontano le urgenze del nostro pianeta, da sempre al centro della loro musica e del loro impegno. Lo fanno attraverso il linguaggio dell’immaginazione, un wanderlust evocativo che narra di un ipnotico…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
amnesiacarts · 19 years
Text
HG/ Italia - Russia 6-6
A cura di Massimo Lovisco e Vito Pace
Amnesiac Arts Home Gallery - Potenza 1- 23 ottobre 2005
Artisti :
ITALIA: Michele Santarsiere, Mutaforma, Maurizio Salconi, Silvio Giordano, Elisa Laraia, Antonello Faretta;
RUSSIA: Sergey Krivechikov e Tania Kornilaeva, Vladimir Logutov, Andrei Siaylev, Oksana Stogova, Roman Korzhov, Sergey Balandin
Tumblr media
Amnesiac Arts apre la stagione con una rassegna video di respiro internazionale. Per l’occasione le due sale della Home Gallery si sono trasformate in ‘spogliatoi’ e, in ciascuna di esse, tra borsoni da palestra, scarpette e palloni da calcio, gli schermi proiettano i video di sei giovani artisti dell’underground post-sovietico e quelli di altrettanti giovani italiani, per lo più lucani.
I giovani russi, selezionati dal curatore Vito Pace in occasione della Biennale of contemporary art in Shiryaevo, nella provincia di Samara, dimostrano quella vivacità creativa che sta catalizzando l’interesse di critici e galleristi verso la Russia artistica odierna. Anche la selezione italiana, curata da Massimo Lovisco, mostra un altro trend dell’arte contemporanea: la vitalità della provincia nel fare e promuovere arte.
L’ironico stratagemma dello scontro sportivo mette efficacemente in evidenza le differenze in stile e contenuto delle due formazioni. L’arte russa attuale, come sostiene Victor Misiano, riflette continuità piuttosto che distacco con il suo passato: il forte ruolo sociale dell’arte che era delle avanguardie russe come del realismo socialista, la cultura intesa come un’alternativa all’ideologia imperante, che prima era l’ideologia politica e ora quella del mercato. Ciò che è diventato un dato dell’esperienza solo dagli anni ’90, il kitch mass-mediatico e il glamour pubblicitario, viene filtrato dallo spiccato senso critico dell’intellettuale russo. Il video di Vladimir Logutov The Open Workshop è strutturato come un reality show ambientato in un grande magazzino, tempio del consumismo, in cui l’artista mostra in tempo reale il processo creativo.
Vengono fuori provocatori banner pubblicitari con modelle in underwear trasformate in ragazze tumefatte, anoressiche o sanguinanti, in forte contrasto con le immagini glamour di partenza. Nel progetto Twilight Logutov invita lo spettatore ad una percezione visiva meno passiva, più attenta ad interpretare i tanti stimoli visivi del mondo contemporaneo: i tre video con monotone viste di città nascondono particolari incongrui e stranianti, metafore di un mondo solo apparentemente regolato razionalmente. Come non notare il contrasto con il video italiano Speed Mutation (dei Mutaforma) che, mutuando le forme e i tempi delle clip musicali o pubblicitarie, mima ed esalta la velocità di trasformazione del mondo contemporaneo? Significativo anche il confronto tra Samara Video Guide, in cui Andrey Siaylev, con una tecnica quasi documentaristica, ci guida nei quartieri più desolati e malfamati della città, e Fragile di Silvio Giordano in cui l’autore, abbinando disegno e tecniche digitali, crea mondi incantati e fiabeschi in cui potersi rifugiare, pago della sua onirica immaginazione. Ad una videoarte russa, impegnata socialmente, corale (Tanja Kornilaeva e Sergey Krivechikov, Coming back), che non si avvale volutamente di tecniche elaborate (vedi le scene di vita quotidiana in un anonimo appartamento dell’era Khrušcëv di Oksana Stogova), che a volte indaga il rapporto con il corpo come identità in cui sdoppiarsi in un gioco erotico-ironico (Sergey Balandin, Oh Mother, Son) o come autorappresentazione dell’artista (Roman Korzhov) si contrappone, da parte italiana, un’arte più concentrata sulla ricerca interiore (il continuo riaffiorare del ricordo nel Film immaginario di Maurizio Salconi) e sulla ricerca della propria identità. Elisa Laraia ad esempio nel video Private Conversation, che associa alle immagini un linguaggio evocativo, esplora il mondo dei suoi affetti più intimi, il rapporto di fusione/identificazione con la madre e il distacco da lei.
Il talento visionario di Michele Santarsiere(Dull Clouds’ Revolt) parte da dettagli per creare un microcosmo formale autonomo, bizzarro ed enigmatico, tra espressionismo e surrealismo con graffiate umoristico-grottesche. La poesia visuale del giovane cineasta Antonello Faretta illumina per intuizioni, immagini (i paesaggi Giorno rivive il momento della morte del poeta come un’eccezionale esperienza ascetica sullo sfondo di un paese fantasma dell’entroterra lucano.interiori di Venti), per volti e parole: in The Death of William Burroughs uno straordinario John Giornorivive il momento della morte del poeta come un’eccezionale esperienza ascetica sullo sfondo di un paese fantasma dell’entroterra lucano. Barbara Improta
0 notes