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#Emilio Gola
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Emilio Gola - In the Study (n.d.)
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toanunnery · 1 year
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Portrait of a Woman Emilio Gola, 1903
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campsis · 3 months
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Galleria Annarumma (@annarummagallery):
Emilio Gola, Blank Space 2. (2023)
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gogmstuff · 1 year
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1900s dresses -
Top left  ca. 1903 Front of evening dress by Henriette Favre (Metropolitan). From tumblr.com/fashionsfromthepast 1113X2048.
Top center  ca. 1903 Side of evening dress by Henriette Favre (Metropolitan). From tumblr.com/fashionsfromthepast 1513X2048.
Top right  ca. 1903 Back of evening dress by Henriette Favre (Metropolitan). From tumblr.com/fashionsfromthepast 1280X1904
Second row  1903 Woman by Emilio Gola (location ?). From tumblr.com/toanunnery 747X1280.
Third row  1900s Lady (photo by Helene  Mrozowsky. From tumblr.com/blog/view/fashionsfromthepast1008X1920.
Fourth row left  1908 Paquin walking dress and jacket front (auction by Tessier Sarou). From tumblr.com/fashion-inspiration-s 1280X1920.
Fourth row right  1908 Paquin walking dress and jacket back (auction by Tessier Sarou). From tumblr.com/fashion-inspiration-s 1280X1920.
Fifth ro.  1909 Mabel Love by Dover Street Studios. From tumblr.com/blog/view/fashionsfromthepast 2048X2807.
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Emilio Gola, Carosello, olio e gessetto su lino, 185 x 134.5 cm, 2022. Photo by Michela Pedranti
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froufrousp · 1 year
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Clutch Emilio Pucci+Brinco de pressão Dlane 🏷️ Gola Rufus acervo de locação Entrega rápida e 5x sem juros na nossa loja online. Toque na foto e acesse nosso site. Curtiu? Comenta, salva pra depois. 💫 Venha nos visitar! Rua Augusta, 725 loja 2. https://www.instagram.com/p/CpxPffzsfJp/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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jacopocioni · 1 year
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La Casa Artigiana dell'Orafo. ...la passione e l'amore per gli antichi mestieri fiorentini.
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Casa artigiana dell'orafo di Firenze (N.d.R) Oggi ricevo una mail, leggendola ho avuto un groppo in gola, ho visto lo spirito artigiano di Firenze nelle parole che leggevo, mi sono sentito rapito da chi ancora oggi combatte contro la standardizzazione della fabbrica a fronte della genialità artigianale. Firenze città artigiana e bottegaia è stata distrutta in questo aspetto, i pochi che sopravvivono lottano strenuamente per impedire che la nostra storia sparisca nello standard. Tempo fa riflettevo su come si uccide un popolo come l'italico, il fiorentino, coercizzare la nostra dote più grande, la fantasia, la capacità di sognare e tradurre in realtà il sogno. Come si distrugge la fantasia? Con le regolette, le leggine spacciate per protezione. Un tempo i padri pagavano gli artigiani perchè prendessero a bottega come garzoni i propri figli, nella speranza imparassero un lavoro, oggi lo stato (giustamente minuscolo) rende impossibile apprendere il lavoro artigiano, che infatti muore. Questa la lettera, leggetela e riflettete su cosa è l'amore per il proprio passato e il rispetto per il proprio lavoro. Ve la riporto esattamente come l'ho ricevuta perchè anche cambiarne una virgola mi sembrerebbe uno spregio intollerabile.
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Buongiorno Signor Cioni, nella speranza di conoscerla personalmente, Sono ad inviarle le notizie circa un possibile articolo che mi auguro vorrà prendere in considerazione per Florence City. Partiamo dal presupposto che, essendo nipote e figlia di artigiani, ho nel mio cuore la passione e l'amore per gli antichi mestieri fiorentini. Il lavoro mi ha spesso portata via da Firenze e dall'Italia e, viaggiando tutte le volte che tornavo la trovavo sempre più cambiata, sporca e globalizzata!! Firenze è una città che tutti si aspettano di trovare autentica, inimitabile, con i suoi palazzi e musei straordinari, il fiume "d'argento" ma anche con le sue botteghe e i suoi vicoli, i suoi artigiani dalle mani sapienti. Sarà capitato anche a lei, ne sono certa, quando le hanno chiesto "where are you from?" e lei ha risposto "Florence, Italy" di aver sempre visto dei grandi sorrisi, ovunque!! E questa è una cosa meravigliosa! (N.d.R) Si mi è capitato e mi sono sempre riempito di orgoglio!
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Silvia e Daniela Ecco perchè, collaborando da qualche anno con mia sorella Daniela, artigiana e maestra d'arte, proprietaria di un laboratorio autentico alla Casa dell'Orafo al Ponte Vecchio, tramandato da generazioni, ho deciso di fare di tutto affinchè i luoghi come questo avessero sempre più importanza. Ed è per questo motivo che sono a scriverle.. La Casa Artigiana dell'Orafo, al Ponte Vecchio è uno dei tanti edifici importanti di Firenze. Ricerche storiche di Riccardo Debole (I tesori delle "botteghe" fiorentine su Atmosphere) e di Emilio Casalini (La "casa dell'orafo" alla rubrica Costume di Gold) stabiliscono che questo palazzo ha origini medievali. Si tratta infatti di un ex convento, attiguo alla Chiesa di Santo Stefano al Ponte che ha anche una deliziosa cappella dell'orafo nel cortile. Si dice che già nel Rinascimento la famiglia Medici volle riunire in questo palazzo gli orafi fiorentini più bravi del tempo che lavoravano solo per loro.
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Anello in oro, lavorazione al banco. E' per questo motivo che molti dei gioielli di fattura fiorentina esposti nei vari musei del mondo si presume provengano da qui. Il fatto è che tanti fiorentini ancora non sanno che questo luogo è "unico al mondo". Nel 2007 una giornalista della Rai capitò per caso nel nostro laboratorio e, ammaliata da questo luogo, coinvolse il signor Osvaldo Bevilacqua che girò un'intera puntata di Sereno Variabile dedicata alla Casa dell'Orafo. Questo il link del servizio  https://www.youtube.com/watch?v=QaN2wONZfGo#t=26 In poche parole e facendo un "copia incolla" degli articoli sopracitati, la Casa dell'Orafo e un luogo che oggi conta circa 20 laboratori, in un ex convento attiguo alla chiesa di Santo Stefano al Ponte, messo a disposizione dalla Curia vescovile.  Un palazzo che raccoglie mille piccole storie. Vi si accede da vicolo Marzio, al numero 2. Nemmeno la polizia municipale sa indicarti dov'è ... L'entrata, con tre scalini in pietra serena, è sufficiente a raccontare tanto.
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Appeso sulla sinistra un confalone rosso, datato 1858, della società di mutuo soccorso degli orafi di Firenze e sulla destra un tempietto in pietra serena e una targa in marmo che elenca i nomi degli orafi fiorentini caduti durante la seconda guerra mondiale. Subito sulla sinistra il primo laboratorio, quello che nessuno voleva perchè troppo in basso e pericoloso per via delle alluvioni dell'Arno che nel 1966 mostrò tutto il suo impeto.. Poi, piccole scale che si inerpicano in un labirinto di stretti corridoi, i laboratori come le celle del convento, il forte odore del tempo che impregna volte annerite, le luci fioche e i volti chianti sui tavoli da lavoro, immagini che sembrano delle icone. Dove nel Medioevo si innalzavano cori e preghiere, gli artigiani disegnano gioielli, incidono metalli con stemmi e simboli nobiliari, fondono sagome in oro e in argento, incastonano pietre preziose. Gomito a gomito, la più alta concentrazione di maestranze orafe mai vista in un solo edificio. Qui, a due passi dal Ponte Vecchio, gli artigiani orafi di rara bravura, da sempre sfidano il tempo e la globalizzazione con le loro mani, la loro sapienza, la loro passione. Generazioni insieme, movimenti identici nei secoli, la stessa genialità dagli occhi consumati, testimoni sapienti di una maestria straordinaria. Molto è già andato perduto nel mondo dell'artigianato fiorentino. Oggi a Firenze la tradizione sopravvive grazie a uno sparuto gruppo di esperti maestri che continuano a lavorare come i nonni dei loro nonni, producendo oggetti unici e ricercati.
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Entrando nelle magiche botteghe di questi artigiani, il tempo sembra essersi fermato e si fanno sempre delle scoperte straordinarie. Qui alla Casa dell'Orafo ogni giorno si crea, si martella, si incide, si modificano e realizzano gioielli di rara bellezza e manifattura e occorre che luoghi come questo vengano preservati e tutelati nel rispetto del patrimonio storico e artistico di Firenze. Troppo spesso ci si dimentica che dalla corporazione degli artigiani-orafi provennero artisti del calibro di Brunelleschi, Donatello, Ghiberti e Paolo Uccello. Occorre far conoscere la nostra autenticità. Per Firenze. Se vorrà ho molte immagini da inviarle relative al palazzo. In laboratorio da mia sorella, all'entrata, ci sono anche delle foto interessanti del '45 e dell'alluvione del '66. Una linea nera posta in alto, molto in alto, delinea il livello dell'acqua proprio nel laboratorio che nessuno voleva per via della paura dell'alluvione.. Per il momento la ringrazio per il tempo che vorrà dedicare alla lettura di questa mail Cordialmente Silvia Messeri
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Silvia Messeri Read the full article
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pikasus-artenews · 1 year
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Francesco Hayez – Vincenzo Vela ed Emilio Gola Francesco Hayez, Vincenzo Vela, Emilio Gola. Tre artisti di successo nella Milano dell’Ottocento.
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tempi-dispari · 2 years
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La storia del blues al femminile al Nidaba Theatre
Dai Beatles in stile jazz al Soul Rock dei Saromud, questa settimana  tre concerti speciali, sempre di grande livello, sempre gratuiti e sempre da non perdere al Nidaba Theatre!  
– Giovedì: uno spettacolo speciale, una fantastica interpretazione dell’album di Sarah Vaughan dedicato ai Beatles – Venerdì La storia del Blues al femminile. Uno spettacolo trascinante, dalle origini del Blues e Gospel alle evoluzioni del Soul e del Funk. – Sabato Non vedevamo l’ora di riaverli sul palco: ritorna con un sound pazzesco e uno stile unico, l’incredibile combo Overground Blues dei Sacromud! Assolutamente da non perdere! 
Nidaba Theatre, Via Emilio Gola 12 – Milano
Puoi prenotare il tuo ingresso seguendo semplici regole: Scrivere un whatsapp al numero: +39 366 999 8490 indica: – giorno e a quale spettacolo vuoi partecipare: 1°(20.00) – 2°(22.00) – nome e cognome di ogni partecipante – il tuo indirizzo email
Per favore: se prenoti e poi non potete partecipare, avvisatemi subito! Diamo così la possibilità ad altre persone di godersi una serata al Nidaba.
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random-brushstrokes · 10 months
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Emilio Gola - Chilly Woman (ca. 1880)
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igormag · 7 years
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Emilio Gola (1851-1923), La passeggiata / The walk, n.d. oil on canvas, 35,5 x 50,5 cm
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Testa di signora , 1912
Emilio Gola (Italian, 1851–1923)
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corallorosso · 4 years
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(...) mentre governo, artisti, cantanti, invitano i cittadini a proteggere se stessi e gli altri da un virus, dall’isolamento, dai ricoveri, dai tubi in gola, dalla morte; collaborano insieme per evitare nuove sofferenze e drammatiche chiusure, dall’altra, chi ha questa responsabilità, se ne sbatte e anzi rema contro. Dovrebbe essere un dovere degli altri due che vedete in questa foto sostenere non il governo, ma lo Stato, il popolo in questa guerra contro un nemico comune. Dovrebbero essere loro a sensibilizzare i cittadini a difendersi gli uni con gli altri, a indossare le mascherine, a mantenere le distanze, a scaricare Immuni per aiutare il tracciamento e scovare i focolai prima che uccidano. E invece da mesi li senti dire: “Io la mascherina non la metto”. “Salutare col gomito? E’ la fine della civiltà. Io sono orgoglioso di stringere le mani”. “Io Immuni non lo scarico perché mia figlia mi incasina il telefono”. “Io Immuni non lo scarico perché ci sono di mezzo i cinesi”. “Io Immuni non lo scarico perché la privacy non è sicura”. Così il governo è costretto a chiedere aiuto ai cantanti, ai cantanti, e questi collaborano volentieri, perché chi lo dovrebbe fare, chi è pagato per questo e ogni sua parola ha una forte influenza su decine di milioni di cittadini, ritiene che sia meglio sfruttare questa situazione elettoralmente che proteggere il Paese. E purtroppo siamo davvero a questo. Emilio Mola
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simena · 4 years
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Gola Emilio
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poboh · 5 years
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Portrait of a woman, Emilio Gola. (1851 - 1923)
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womanlalaboy · 5 years
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Panhik #5: Dayo Sa Daguldol
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Call me petty and privileged but commuting is a dreadful activity for me. So if there’s a trip that would take me straight to where I want to go, I’d take that in a heartbeat. Since I’m not rich, I don’t have rich friends I can use, I don’t have friends who can be fooled, and since I still have to defend to my parents my reasons for going to places, I am left with no other choice but to commute to Daguldol. As expected, it was dreadful. But the hassle is always worth it.
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Commuting to San Juan, Batangas is no joke. If you think about it, Batangas should be easy to travel from where I live since geographically, it’s considered as Cavite’s sister. Someone like me wouldn’t think that it will have to take me 5 hours to get to San Juan. In that span of time, I would have gotten to La Union or Baler already. But since San Juan is at the tail of Batangas and it’s not easy going around the area, it’s reasonable to take you 5 hours from Cavite to get to Daguldol’s jump-off, but it will only take you 2-3 hours to get to San Juan from Buendia. And that sucks for me.
I have to admit, though: we’re at fault too. Most of us were late so we had to travel along with the other people going to and leaving Batangas for work. I guess we never learned from Emilio Aguinaldo Highway’s notorious traffic that is next to the chaos in EDSA.
We all met at Pala-pala. As usual, I was the first one to arrive. We waited for the others and had to wait in line for the vans going to Batangas. There were only a few trips going to San Juan so we had to wait for quite a while. From San Juan, we got to a jeepney to Brgy. Hugom where we registered. From there, we rode a tricycle to the trail head. 
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In general, it was an easy hike, but the weather at the time changes like my mood whenever I get my period. We arrived at Brgy. Hugom with a dark cloud following us, but once we got to our first steep climb, it got scorching hot. My friend who wasn’t able to get a decent sleep and breakfast had a hard time climbing. It didn’t help that her clothes were too warm on her skin. She had to change clothes when we got to the summit. 
I, on the other hand, had a good quality of sleep and a few days to condition my body. I always make sure that I at the least have an active week prior to my hikes. It helped that I’ve been practicing Muay Thai and riding a skate board. I also challenged myself with elevating my treadmill sessions 8-folds to prepare my knees and legs. Our travel back and forth was more exhausting than the actual hike, if I have to be honest. But like I always say, it was all worth it. 
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We went through light forests, woodlands, a small stream, a few boulders and of course the grasslands near the summit. We didn’t encounter much apart from a store where we ate a native tinola after reaching the summit, another store where we got to drink fresh buko juice, a dog called Rambo who followed us to the summit and until we have finally descended. Apart from those things, what fascinated us were the boulders that made us look like ants scavenging for food an the slopes near the summit where we released most of our energy taking pictures, running around and marveling at the beauty of the nearby mountains.
Prior to reaching Hugom, I remember talking to one of my friends, Coleen, about how we grow up as who we currently are. Who we are right now is formed by the patterns set by our parents and the environment where we grew up. It’s hard, she said, to re-wire yourself from that programming, but it’s possible. We both agreed that awareness and forming new habits are the beginning of this reprogramming. We were both going through mental and emotional changes and our travels so far really help us to get closer to our core and to get closer to where we come from- nature. 
It’s impossible not to get to that state where you recall all the bad stuff you’ve put yourself into when you’re in a serene place like Daguldol. At the time, there wasn’t really anything that’s making the hike exceptional compared to our previous ones, but there was something. I was at my happiest and most hopeful stage, I guess. I also had the chance to once again communicate with what’s around me- be mindful. For someone like me who’s always anxious, rare moments like that are important. 
We wanted to stay longer even when we’ve already stayed longer than necessary. It’s Daguldol’s trait that will make you want to stay - even Rambo wanted to stay longer.
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Before becoming a hiking enthusiast, I was just a couch potato. It was my habit to stay in bed, watch and eat stuff. If I want to see a positive change in me and reach that future I want for myself, I have to rewire my programming. i no longer need to stay in bed doing nothing productive and stuffing my body with bad food. If I want to rewire my programming, I have to make new habits- good habits. Climbing mountains, going to the beach, running, connecting to nature, to people, making something, writing something, eating healthy food, planting food, sharing food for the mind and soul, feeling kind and grateful- these are good habits. But for good habits to become habits, they have to be consistent. Consider this blog post my pledge to being consistent with my good habits. Maybe this will make you want to rewire your programming as well.
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Also see: Mt. Daguldol photo sets Also read: Womanlalaboy’s Travel Guide to Mt. Daguldol Also read: Womanlalaboy’s Travel Guide to Mt. Manalmon and Mt. Gola
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