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ragazza-whintigale · 2 days
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𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝒾 𝒾𝓃 𝑒𝓁𝒶𝒷𝑜𝓇𝒶𝓏𝒾𝑜𝓃𝑒...
Ecco a voi la lista di tutti i capitoli in elaborazione. Non so esattamente quando arriveranno o quando li pubblicherò ma in tanto saprete quello che ho in cantiere per voi
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙲𝚊𝚜𝚜𝚒𝚜 𝙿𝚎𝚍𝚊𝚕𝚒𝚊𝚗 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 𝚙𝚝.𝟸
ᴿᴵᶜᴴᴵᴱˁᵀᴬ
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𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Due anni dopo il ritorno Cassis Pedelian, stai organizzando le tue nozze con lui, con tuo grande dispiacere. Tuttavia la presenza a te familiare metterà i bastoni tra le ruote agli intenti di Cassis di legarti a se.
𝑸𝒖𝒊 𝒍𝒂 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝟏
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙰𝚛𝚝𝚑𝚞𝚛 𝙿𝚎𝚗𝚍𝚛𝚊𝚐𝚘𝚗 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛
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𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Dopo 16 anni di lontananza da Camelot vieni costretta a tornare, inconsapevole di quanto si cambiato il tuo piû caro amico.
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙰𝚚𝚞𝚊𝚖𝚊𝚛𝚒𝚗𝚎 𝙷𝚘𝚜𝚑𝚒𝚗𝚘 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Alla ricerca dell’assassino di sua madre, Aqua si ritrova davanti alla figlia di una cara amica di Ai. L’unica persona che potrebbe conoscere uno dei segreti di Ai è morta e rimani solo tu con un grande segreto per lui.
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙹𝚎𝚛𝚎𝚖𝚢 𝙰𝚐𝚛𝚒𝚌𝚑𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛
ᴿᴵᶜᴴᴵᴱˁᵀᴬ
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Sei una cameriera al servizio degli Agriche, con l’unico intento di sopravvivere a questo inferno. Il tuo piano di usare come scudo il tuo giovane maestro viene dato alle fiamme dallo stesso Jeremy,  infatuato  dell’unica persone che gli si stata accanto.
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙲𝚊𝚜𝚜𝚒𝚜 𝙿𝚎𝚍𝚎𝚕𝚒𝚊𝚗 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 - 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝚁𝚘𝚡𝚊𝚗𝚗𝚊 𝙰𝚐𝚛𝚒𝚌𝚑𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 - 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙹𝚎𝚛𝚎𝚖𝚢 𝙰𝚐𝚛𝚒𝚌𝚑𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 - 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙳𝚒𝚘𝚗 𝙰𝚐𝚛𝚒𝚌𝚑𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 -
ᴿᴵᶜᴴᴵᴱˁᵀᴬ
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Uno strano scherzo del fato. Un filo rosso collegato al tuo mignolo ti collega alla tua anima gemella. Sei cosi entusiasta di essere l’unica a poterlo vedere, tanto che perdi di vista il fatto che la persona  dall'altro parte del filo non sia molto innocua. 
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝚁𝚊𝚔𝚒𝚎𝚕 𝙴𝚍𝚎𝚛𝚟𝚎𝚗𝚗𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 ( 𝙼𝚒𝚗𝚘𝚛𝚎 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙿𝚕𝚊𝚝𝚘𝚗𝚒𝚌𝚘 𝙼𝚊𝚛𝚒𝚊𝚗𝚗𝚎 𝙴𝚍𝚎𝚛𝚟𝚎𝚗𝚗𝚎 )
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𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Tornata indietro nel tempo a prima che conoscessi Rakial, vuoi fare di tutto per evitare il vostro incontro. Inconsapevole dei Piani di Marianne e dell'infatuazione di Rakial per te. Non era così che era andata la prima volta.
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙼𝚘𝚛𝚝𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 𝚡 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝚃𝚘𝚍 𝚡 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙶𝚘𝚎𝚝𝚑𝚎
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𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Uno strano comportamento e senso di estraneità ti colpisce, insieme ai comportamenti insoliti dei tre mietitori. Tutto sembra avere qualcosa che non va. Ma che cosa?
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙷𝚊𝚍𝚎𝚜/𝙰𝚕𝚘𝚗𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛
ᴿᴵᶜᴴᴵᴱˁᵀᴬ
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 ???
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙰𝚗𝚊𝚜𝚝𝚊𝚜𝚒𝚞𝚜 𝙳𝚎 𝙰𝚕𝚐𝚎𝚛 𝙾𝚋𝚎𝚕𝚒𝚊 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 𝚙𝚝. 𝟸
ᴿᴵᶜᴴᴵᴱˁᵀᴬ
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 ???
𝑸𝒖𝒊 𝒍𝒂 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝟏
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙹𝚞𝚍𝚎 𝙳𝚞𝚊𝚛𝚝𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 𝚡 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙲𝚊𝚛𝚍𝚊𝚗 𝙶𝚛𝚎𝚎𝚗𝚋𝚛𝚒𝚊𝚛
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒: Gira voce, all’alta corte, che l’Alto Re e l’Alta Regina abbiano un amante condiviso. Il mistero sulla sua identità assilla il popolo nel mentre c’e chi cerca di mantenerlo ancora segreto.
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙿𝚊𝚞𝚕 𝙰𝚝𝚛𝚎𝚒𝚍𝚎𝚜 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛
Pubblicato
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒: In una notte come tanto Lady (nome), va a far visiti suo futuro marito nelle sue stanze, nella speranza che potesse risparmiare la vita del suo ex-amante.
𝙿𝚞𝚋𝚋𝚕𝚒𝚌𝚊𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎↬ 01/05/2023
𝚃𝚎𝚛𝚖𝚒𝚗𝚊𝚝𝚊↬ ???
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ragazza-whintigale · 2 days
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𝖄𝖆𝖓𝖉𝖊𝖗𝖊 𝕬𝖗𝖙𝖍𝖚𝖗 𝕻𝖊𝖓𝖉𝖗𝖆𝖌𝖔𝖓 𝖝 𝖗𝖊𝖆𝖉𝖊𝖗
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Four Knights of the Apocalypse
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento Yandere, sangue, rapimento, abuso di potere, ossessione, prigionia, giochi mentali 
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 3576
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Non credeva fosse possibile cambiare così tanto.
Questo era quello che pensava (nome), chiusa nella sua stanza con Arthur seduto davanti al camino aspettandosi forse una specie di spiegazione da parte sua. Ma ancora era scomparsa per 16 anni, chissà cosa sarà successo e cosa l’avrà cambiato, anche se in realtà non lo voleva davvero saperlo. Non quando ha ritenuto opportuno e di suo diritto, mandare diversi cavalieri a riprenderla con la forza e a portarla da lui.
Si sentiva alquanto inquietata e sospettosa sul modo rapido con cui l’hanno trovata. Solo 1 giorno di ricerche e Camelot era a 1 mese di distanza a piedi, contando che non avrebbero potuto sapere dove era, questo era decisamente sospettoso. Ma l’unica cosa che potevi distinguere oltre al terrore e al disgusto, era la delusione. Lui le aveva sempre detto che l’amore significava in qualche modo lasciare andare le persone affinché fossero felici, almeno prima di partire ti disse questo e forse eri diventata più romantica di quanto lo fossi a suo tempo.
Nessuno sguardo caldo e dolce che racchiude sempre un po’ della sua infantilità, nessuna considerazione allegra sulla crescita che la giovane di Camelot poteva aver dimostrato in 16 anni. Solo quello sguardo pieno di malvagia soddisfazione nel vederla difficoltà ed fuori luogo.
Questo non era decisamente amore.
❝ Dove sei stata in questi 16 anni? ❞La sua voce attraversò le silenziose mura della stanza, provocando un nodo di brividi lungo tutto il corpo di Lady (nome). Cosa poteva dire? Era attualmente imprevedibile. Mentire era rischioso, chissà cosa le avrebbe fatto se l’avesse scoperto e la verità era troppo complessa da spiegare, anche se avvolte (nome) si convinceva che non esisteva una spiegazione. ❝ In giro.❞ Forse lui avrebbe potuto anche rammentare come la sua amata non fosse mai stata una persona che amava le lunghe spiegazioni . Dalla sua espressione sembra ricordarlo ora.
Un sorriso più profondo unito al divertimento gli balló nelle iridi e sulle belle labbra. Distolse comodamente lo sguardo dalla figura tesa come corde di violino, per portarlo sulle fiamme del camino. Una volta , (Nome) avrebbe giurato che il riflesso del focolare nelle sue iridi, avrebbe in qualche modo dovuto portarle una sorta di calore e conforto, ma questo non avvenne. Forse era troppo cresciuta per definirsi ancora una immatura sognatrice, che non avrebbe mai capito la differenza tra affetto e ossessione, ma ora lo era. Lady (Nome) é abbastanza grande da capirlo, e semplicemente il nodo allo stomaco era l’ennesima tra le conferme. Doveva andarsene.
La ragazza si guardò attorno il più discretamente possibile, cercando di non far trapelare intenzioni che non avesse già esposto prima. Niente era davvero passato sotto i suoi occhi, che potesse esserle di aiuto. ❝ Sei molta carina così.❞ Si era distratta, o forse era meglio dormire che si era concentrata troppo; e non aveva notato che ora la stesse guardando. Lo sguardo era cambiato, come decine di volte in quell’ultima ora di imbarazzanti discorsi a senso unico.
In cui dalle labbra sottili di Lady (Nome) uscivano solo brevi frasi per accontentarlo. Era qualcosa di dolce e malinconico, come se si volesse scusare di cosa le aveva fatto, ma non si è lasciata ingannare. (Nome) abbassò lo sguardo verso la veste color cipria e non disse nulla. Prima che lui potesse venirla a vedere di persona, Alla giovane di Camelot era stato fatto un bagno, vestita, ed infine acconciata. Forse questa era una tradizione utilizzata a Camelot, tuttavia lei nata e cresciuta a Camelot e poteva vantarsi di conoscere abbastanza Arthur, almeno così aveva sempre creduto. Era tutto un trucco per metterla a disagio.
Un vestito rivelatore, che la metteva in mostra agli occhi del re, nessun segreto, segno o pensiero poteva essergli nascosto. I capelli acconciati abbastanza stretti da rendere difficile il corretto scorrere del sangue. Il forte profumo di incenso e fiori gelsomino era lo stesso che aveva odorato all’entrata di Arthur. Infine quei pesanti ornamenti legavano come un collare attorno al suo delicato collo, al pari di un animale al guinzaglio.
❝ Grazie… immagino sia opera tua.❞ Era stata scortese? Lo sperava sinceramente . Si è impegnata a mettere tutto il disdegno e il rancore possibile nella sua voce e sperava davvero che lo notasse. O prima o poi l’avrebbe fatto. Ma ancora sembrava velatamente farlo, dato che rise sommessamente alle sue parole. ❝ Perspicace come sempre, (nome). e questa situazione ti deve mettere così alle strette da renderti nervosa.❞ Non mosse un muscolo.
Non era come se lo stesse nascondendo in effetti, ma questo non voleva dire che lui potesse sottolinearlo. Era palese che quella situazione non le piacesse e il fatto che lui l’avesse detto non l’avrebbe dicerto cambiato, ovviamente. ❝ Non mi sembra di averlo mai nascosto.❞ Aveva risposto schietta e scortese, solo dopo un attimo di silenzio. Lui non parlò allora lo hai fatto tu, ma non sembrava turbato dalla tua impertinenza.
❝ Devo dire che sei cambiata molto in questi 16 anni.❞ Aveva premuto di nuovo il dito sulla ferita, forse il Re di Camelot voleva farla sentire in qualche modo in colpa. Non che ci fosse riuscito un granchè, e non avrebbe certo finto il contrario. Aveva continuato a divagare ancora in discorsi sul passato e sul tempo in cui era stata via. A volte erano domande retoriche che avrebbero dovuto farla sentire in colpa ma che non lo hanno fatto e altre volte invece erano innocenti ricordi che lei aveva deciso di dimenticare per tutto il tempo dell’incontro.
Anche se ad un certo punto aveva smesso ascoltarlo in verità, concentrandosi su una via di fuga. La sua presenza di Arthur era quello che più le rendeva difficile farlo, era ovvio non le avrebbe permesso di fuggire così tranquillamente, quindi doveva distrarlo.
Solo allora i suoi occhi caddero sul set da the in ceramica, che era posato su un tavolino in mezzo a loro. Strano, Lady (Nome) non ricordava che fossero mai stati là, e non deve essere da molto. La bevanda ambrata all’interno della tazzina fumava ancora intensamente, quindi era relativamente da poco tempo che è stata versa. Tuttavia non aveva visto nessuno entrare. Un’idea balenò nella sua confusa mente, forse non la migliore delle soluzioni che avrebbe potuto pensare per risolvere un problema, ma rimaneva l’unica idea che le era venuta in mente.
Con lenti movimenti si mossé lentamente e con eleganza, prendendo il manico sottile della tazzina e per poi lanciare il contenuto sul volto del Re. Grugnì piegandosi su se stesso cercando di alleviare almeno in parte il suo bruciore. La ragazza ne approfittó per correre verso la porta di uscita. Voleva andarsene il prima possibile.
(Nome) allungò la mano per afferrare la maniglia che però scomparve. Rimase pietrificata, come era possibile? Merlin non era presente e Arthur gli aveva chiesto di andarsene e di non intervenire in alcun modo. Quindi come era possibile? Cercò di spingere la porta nella vana speranza che si potesse aprire, ma non funziona. Lady (Nome) inizió a colpire ripetutamente il legno della porta con le mani strette in pugni. Era ovvio che non si sarebbe aperta, non aveva mai avuto un grande forza fisica, e solo ora poteva rammaricarsi con te stessa per non aver cambiato la cosa prima. I colpi, man mano che passa il tempo, si trasformarono in graffi. Neppure questo era di aiuto e osava dire fosse anche più doloroso per le sue mani. Le unghie raschiavano insistentemente il legno fino a consumarsi. Era doloroso ma non si é fermata nemmeno quando le sue ginocchia sono crollate a terra e il suo respiro divenne affannoso oscurando a poco a poco la sua vista. Per quanto (Nome) cercarse di tenere aperti gli occhi era tutto inutile. Si sentiva stanca e affannata, quando poi le mani di Arthur fermarono le sue era stato ancora più difficile, non caderci definitivamente. Alla fine lo hai fatto.
❝ Stai tranquilla (nome), passerà molto presto.❞ Non voleva sapere cosa intendesse, e scivolò nell’oscurità.
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Quando si svegliò, tutto era al suo posto tranne lei stessa. Il fuoco era ancora acceso e le poltrone erano rimaste lì, non erano state spostate. La porta era ancora chiusa e Arthur non era più lì. Un sospiro di sollievo lasció le labbra della giovane ricercatrice, era ovvio che non fosse un sogno. Tutto questo guardando le mani, prive di qualsiasi segno. Le sue unghie erano perfette, curate e dipinte di un tenue colore rosato. Identiche a come lo erano quando le domestiche le avevano curate per lei dopo il bagno. La porta non portava segni dei suoi graffi che era sicura di aver lasciato e la maniglia c’era. Era frustrante non sapere cosa stesse succedendo.
Questo posto avrebbe dovuto portare un calore famigliare e ricordi felici, ma non lo fece. Arthur avrebbe dovuto scherzarci sopra con dolci e innocenti battute. Questo posto non le ricorda niente di così piacevole come la sua infanzia e Arthur era visibilmente cambiato, in peggio ovviamente.
L’unica cosa positiva, che in questo momento poteva trovare era che Arthur non c’era. Sarebbe stato stupido da parte su non approfittarne per guardare meglio l'ambiente e cercare una via di fuga.
(Nome) ha spostato le coperte che avvolgevano il tuo corpo.
Nonostante il torpore dei sensi e la vestaglia leggera che indossava che non apportava molto calore. Il movimento alzò per l'ennesima volta un forte odore, però questa volta diverso. Sembrava un profumo che avrebbe usato un uomo e che sarebbe rimasto impresso sulla sua amata dopo aver passato del tempo con lui. Solo che in tutto questo, (Nome) non era la sua amata e non voleva passare del tempo con lui.
La giovane di Camelot raccolse velocemente una giacca trovata appoggiata sul bracciolo di una delle poltrone e la indossò. Era sua, lo sapeva eppure quella vestaglia era troppo rivelatrice e trasparente per non provare freddo nonostante il fuoco acceso. Raggiunse una delle grandi finestre coperte da pesanti tende per impedire alla luce di entrare, forse per lasciarla riposare. Guardando attraverso la superficie poteva dire con certezza che sarebbe stato impossibile fuggire da qualsiasi finestra di quella stanza.
Non era al pari di una di quelle principesse rinchiuse su una torre, ma comunque la torre é abbastanza in alto da assicurarti una morte rapida, non appena avrebbe toccato il suolo. Forse l’ennesima misura di sicurezza per impedirle di poter scappare, anche se pensavi fosse improbabile. Dalle fattezze e la grandiosità della stanza (Nome) poteva chiaramente dire che era quella dove Arthur dormiva, rendendo l’altezza casualmente strategica. Se davvero avessero temuto per questo, Merlin avrebbe avuto di sicuro qualche incantesimo per risolvere la cosa.
Scosse il capo, non era davvero tempo per pensieri tanto aggrovigliati. Presto sarebbe tornato alla riscossa con qualche altra conversazione, e lei avrebbe trovato un modo per tirarla a suo vantaggio.
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Era dura non trovare un qualsiasi motivo per scagliarsi contro di lui. Per questo aveva iniziato a evitarlo e la cosa era risultata più semplice da quando le era stato permesso di aggirarsi liberamente all’interno dei confini castello. Era quasi divertente, poteva quasi definirlo come un gioco se non fosse che perdere, non significa effettivamente perdere qualcosa, ma avere a che fare con colui che più temeva attualmente.
Questo però non lo ha fermato dal trovarla veramente quando voleva assolutamente vederla.
Quel castello non era normale. Non era un classico con torri e muri antiche. No.
O almeno, questi c’erano, ma non erano nel posto in cui dovrebbero essere. Torri e muro o semplici mattoni separati tra loro erano fermi nello spazio a mezz’aria. Senza fili o pilastri che potessero reggerli. Alberi e piante contorti o spezzati, si dividevano in forme mostruose, altri si alzavano in altezza con rami maestosi. No fiori, no frutti, no foglie. Niente di questi essere sembrava avere vita propria o ancora sembrano non avercela proprio una via.
Camelot era un'ombra assurda e oscura di quello che era stato una volta, e di quello che Lady (Nome) poteva ricordare così teneramente.
Ricorda ancora l’amaro stupore e il disgusto, quando l’ha portato fuori dal castello del re, sospeso su tutto quell’orribile spettacolo. La sua amata città natale sembrava un'accozzaglia di pattume ammassato dove lui governava con orgoglio.
(Nome) ricordò le lacrime che hanno minacciato di uscire e la disperazione mista a disgusto, ma non era arrivata ancora così in basso da concedergli le sue lacrime. Ma gli aveva gridato contro, nessuno ti avrebbe potuta trattenere dall’odiarlo apertamente. Era la cosa ti riusciva meglio in questo periodo è ne andavi fiere. Tutti i cavalieri presenti si erano fermati dalla propria marcia per guardare la favorita del Re di Camelot e temere pietosamente per la sua vita.
Lo aveva preso per il bavaglio e aveva continuato ad interrogarlo su questo.
Non ha detto niente.
Assolutamente niente riguardo a questo. Solo che lei avrebbe prima o poi capito che era anche per il suo bene.
Lady (Nome) decise segretamente a se stessa che lo avrebbe fermato. I loro occhi si scontrarono, mentre se lo sei promise e lui guardava solo con soddisfazione quello spettacolo straziante che ballava e vorticava mele iraconde iridi della sua amata. Conservava ancora quel fuoco che poteva ricordare e Arthur ne fu soddisfatto
(Nome) era sicura che il primo passo fosse capire quale assurda magia o maledizione lo affligge. Non ne sapeva molto di questo genere di cose, nessuno lì era disposto a darle più informazioni di quelle che aveva già. Ricordava amorevolmente che da qualche parte ci fosse una libreria. Almeno una volta c’era, ora non lo sapeva più. Annesso che potesse esserci dentro a quel chaos che era camelot e il suo castello.
Velocemente Lady (Nome) apprese che non sarebbe stato facile muoversi per quei luoghi. Le sale intricate e i corridoi infiniti portano a posti che non ricordava o che semplicemente non c’erano mai stati. Ogni ‘porta’ che attraversava portava a qualche punto diverso del castello e la maggior parte delle volte cambiava ogni giorno. La stessa porta non portava mai allo stesso luogo due volte consecutive.
Questo l’ha destabilizzato. Non sapere quale porta, con il quale una volta avrebbe familiarizzato, l’avrebbe portata nel posto che desiderava e sapeva ci fosse dietro, è in assoluto il modo più destabilizzante di torturarla. Annesso che Arthur la consideri una tortura. Anche gli alberi sono porte, o meglio dire portali, ognuno aveva il proprio incantesimo. Ma (Nome) non era una maga e di conseguenza non possedeva magia.
Solo qualche volta é riuscita a trovare la biblioteca, e il suo orgoglio si sarebbe comunque infranto l'istante successivo in cui Arthur ha sorpassato la stessa porta da cui era entrata ma che sospettava non fosse la stessa da cui era arrivata.
Non ha ricevuto nemmeno la possibilità di aprire un libro, nemmeno una di quelle due volte che era stata lì.
Astutamente, ha cercato un modo di dare un senso a questo posto, segnando su un taccuino quali porte portava in quali luoghi.
Ma era tutto inutile. Ogni giorno cambiava e non c’era un ciclo regolare con cui si sarebbe ripetuta quella sequenza di stanze.
Per questo era qui. Passando scale alla cieca e aprendo porte in vana speranza di un qualcosa. Forse lui poteva comandare anche questo susseguirsi di porte e stanze sempre diverse. Dargli un senso allora sarebbe inutile in ogni caso.
(Nome) incimpò sul tuo vestito ma non cade, è riuscita ad appoggiarsi al muro in tempo. Se si potesse chiamare ancora così ovviamente.
❝ TU non dovresti essere qua. ❞ Il suo viso si alzato alla frase sibilata con stupore. Un qualcuno che assomigliava ad una bambina decisamente graziosa e delicata per un posto come questo, era davanti a te. Voleva pensare che non fosse un posto per lei ma qui niente aveva davvero un senso.
Sembrava conoscerla visto la casualità con cui si è riferita a (Nome), tuttavia era sicura di non conoscerla.
Presupponendo fosse di Camelot era da sedici anni che non ci metteva piede, e lei non sembrava aver più di 10 anni ad occhi. Ma poteva sbagliarsi, é incredibilmente facile farlo in questo luogo. Invece se non fosse stata di Camelot non poteva dire con certezza dove si potessero essere incontrate prima.
❝ Ehm… Ciao piccola… ci conosciamo per caso? ❞ I suoi occhi sembravano stupiti di quanto le parole di (Nome) potessero essere delicate nei suoi confronti. La’ espressione della bambina le diceva questo ma ora come ora (Nome) non era sicura. Aveva un comportamento davvero strano.
❝No…❞ Prese una piccola pausa. Un piccolo respiro. Il tempo sembrava quasi scorrere più lentamente mentre la (colore) aspetta pazientemente che continuasse. ❝ Tu non mi conosci e non ci siamo mai incontrate prima. Ma io ti conosco. ❞ Ci capiva ancora meno ad essere sincera.
❝Non riesco a capire… ❞ Ha allungato una mano, piccola e minuta, adatta alla bambina che era. ❝ Non temere, avevo previsto un nostro incontro… ti spiegherò tutto.❞
Guinevere, questo è il nome della bambina, le ha spiegato tutto sul serio. Ogni cosa. Alcune cose erano vaghe altre decisamente dettagliate.
Da quello che (Nome) poteva supporre con il suo livello di compressione, la bambina poteva essere paragonata ad una qualche sorta veggente, anche se non era proprio così. Kaleidoscope. Si era riferita così in merito alla sua capacità.
Le ha spiegato che aveva previsto che loro si sarebbero incontrate. Non sapeva come, quando e dove ma lo aveva visto. Anche se non aveva mai pensato fosse in questo genere di situazione.
Poi le ha parlato di quello che è successo nei suoi più di 16 anni di lontananza da Camelot. Della guerra santa e del Chaos. Le ha rivelato i piani di Arthur, le ha rassicurato che tutto prima o poi sarebbe finito. Ma non aveva previsto il ritorno della stessa (Nome) - o rapimento -. Le ha spiegato in quale modo questi poteri funzionavano e come li controllava Arthur. Le ha rivelato il motivo per cui lei si trovata qua, e che Lady (Nome) non faceva parte del piano di Arthur. Era solo un capriccio che avrebbe tenuto per sé.
È stato straziante per molti versi ascoltarla e poteva quasi crollare su se stessa. Provò un minimo pietà per Arthur, ma non ha smesso comunque di odiarlo per quello che ha fatto.
❝ Cosa posso fare per fermarlo? ❞ Lady (Nome) giocó inconsciamente con le sue stesse dita, cercando di diminuire la tensione. I suoi occhi grandi la guardavano quasi sorpresa. (Nome) era palesemente impotente, lo sapeva già da sola ed era certa lo sapesse anche Guinevere. ❝ Niente... ❞ Stranamente non riuscì a sentire la delusione da questa affermazione pesare sullo stomaco. Si sentiva come una specie di principessa da salvare, anche se non era una principessa e non si vedeva nemmeno come tale.
❝ … dobbiamo aspettare. Ma ne usciremo di qui.❞ Ha giocato con le sue mani ancora, avvolte prendendo anche l’abito soffice insieme.
❝ E se le cose cambiassero…? ❞ Guinevere sbatté gli occhi con un'espressione accigliata. ❝ Hai detto che il fato non può essere modifica o ci saranno gravi conseguenze… ma se lui riuscisse ad evitare tutte le conseguenze…❞
(Nome) è una persona molto negativa e paranoica per natura, anche se la bambina non lo aveva visto questo, lo ha intuito. Ogni domanda che aveva posto durante la loro chiacchierata era qualcosa di assolutamente catastrofico.
❝ Delle conseguenza ci sono sempre… e lui le affronterà se decidesse di proseguire per questa stra-❞ ❝ Quali conseguenze? ❞
Una voce allegra, quasi al limite del fastidioso arrivó da dietro. Successivamente (Nome) venne avvolta da due braccia, rimase rigida anche quando appoggia il mento sulla spalle e le parlò. Un sussurro basso, ma non troppo, tanto che anche Guinevere lo aveva sentito. ❝La mia signora sta forse complottando contro di me? ❞
Il fianco le mancò o forse lo stava solo trattenendo, come se avesse qualcosa da nascondere. Ma ancora Lady (Nome) non aveva capacità, poteri o abilità straordinarie per poter essere utilizzata per i suoi scopi, era più un capriccio che si era concesso nei suoi piani.
Qualcosa dal passato che non era riuscito ancora ad abbandonare del tutto, nonostante fosse stato lui a permetterle di andarsene in primo luogo.
❝ Avrei qualche possibilità forse? ❞ Era retorica la domanda, con unica risposta. No. Ma lui sembrava quasi divertito. ❝No, mia cara… ❞ disse e poi si allontanò, andando a sedere in una poltrona che non ricordava fosse lì - o forse non c’era mai stata -. Congiunge le mani mentre i suoi gomiti sono appuntati sui bracciolo. ❝ Ma guarda qui… potremmo quasi sembrare una famiglia… ❞ Il primo sguardo fu rivolto a (Nome), con note amorevoli parlò ❝… la madre ❞ si voltò su Guinevere induro lo sguardo. ❝… e la figlia irrispettosa. ❞ Sapeva che le aveva raccontato tutto, non che avesse dubbi. Poi si voltò di nuovo verso la ragazza di cui era ancora innamorato, tornando calmo e rilassato. ❝ O ma giusto! Lei non è nostra figlia… Ma potrebbe essere un buon spunto.❞
Mai! Le guance della (colore) si tinsero e mentre le sue mani strinsero il tessuto già arricciato della gonna. ❝Toglitelo dalla testa, non accadrà mai!❞ Canticchia sommessamente. ❝ Non dare fretta al tempo (nome). C’è un tempo e un luogo per tutto. Quando saremo pronti accadrà senza che nemmeno te ne accorgerai…. ❞ Appoggia il viso al palmo della mano e avrebbe voluto spaccargli la faccia.
❝ …abbiamo tutto il tempo che vuoi. ❞
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ragazza-whintigale · 2 days
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mercy - m.s.
Mira Sorrengail x reader Back in your days at Basgiath, you and your friends made up Mercy, a game of spontaneous “assassination attempts”, to prove your strength and skill in single combat. Mira starts a new game, years after the last one ended, and it has unforeseen consequences. 🎧: “I will show no mercy for you, you have no mercy for me, the only thing that I ask: love me mercilessly” - Hatef—k, The Bravery words: 4.5k 🏷: Iron Flame spoilers. NSFW, afab reader but no pronouns used, violent homoeroticism, sparring and a teeny bit of blood, childhood friends to college rivals to lovers, mysterious unresolved tension between you, reader is coded as being on the curvy side bc I am, one very brief mention of past abuse from your father, you could be Dain’s sister but I didn’t say that part out loud for inclusivity’s sake, use of the nicknames bunny (derogatory, but also affectionate), sweetheart, and baby. softdom!Mira, mild predator/prey vibes, fingering, overstimulation, biting (once), aftercare, love confession, soft ending, I proofed this with a migraine so pls ignore any grammar/syntax errors lmao
A cold hand closes around your throat. You know it can only belong to one person.
“Hi, bunny,” Mira purrs, confirming your theory. “Did you miss me?”
Your pulse jumps under her fingers as she moves forward, pressing her body up against your back. You don’t know if you’re more relieved or scared -- she’s alive, but she hasn’t changed a bit, still hellbent on making you play her little game of cat and mouse. 
“When did you decide the game was back on?” you ask, finally able to form complete sentences.
“Just now,” she answers, tightening her grip on your neck ever so slightly. “Why? Have you lost your bite? Did those two years in the middle of nowhere make you even softer?”
You burn at the insinuation, bringing a hand up to dig your nails into her wrist -- she hisses in pain, releasing you, and you take the opportunity to slip out from her reach, unsheathing one of the two blades you have left after last night’s events.
You stalk in circles around each other, waiting for someone to strike first. 
“Try not to kill each other before I can say hello,” a familiar voice sighs, and your head snaps up. 
Brennan is standing twenty feet away from you, alive.
“Truce,” you and Mira declare in unison, suspending your fight. 
You rush forward to embrace her brother, hugging him tightly.
He smiles, resting a hand on your back. “It’s good to see you again, kid.”
“Someone knows how to greet people like a normal person,” you say with a glare over your shoulder at Mira, your voice wavering with emotion. You can’t believe Brennan is standing here in front of you, that he’s still alive.
“And someone didn’t punch me straight in the face when they saw me,” he adds dryly.
Your jaw drops. “What the hell, Mir?”
“I don’t regret it,” she says firmly, crossing her arms over her chest.
Brennan’s gaze lands on the reddened bandage around your arm. “Do you want me to…?”
“Oh, no,” you say, looking down at it fondly. “This was a parting gift from the Colonel. I’d like it to scar.”
Both siblings know who you’re referring to, know that the man who sired you and your brother isn’t Dad to you, just his title — he’s never acted like anything other than your commanding officer. 
Brennan doesn’t ask if you’re sure, doesn’t push the issue further. He knows your relationship with your father has always been strained, that the Colonel would’ve had more than just some choice words for you when he found out you were going to desert. 
He remembers the last time he saw you, a week before you and Mira were to enter the rider’s quadrant — he was in his third year at Basgiath, “home” for an evening. He’d been the one to answer the door when you’d shown up, not knowing where else to go.
You didn’t want to follow in your father’s footsteps, but you weren’t given a choice; your family are dragon riders, through and through, even if the line of work cost your mother her life. 
The mention of her earned you a bloody nose that Brennan had been able to fix near-instantly. You’d spent the night on the Sorrengails’ couch, the two of you silently agreeing to never speak of it again.
Mira burns with anger, but she stays quiet. “I’m so sorry, bunny.”
“It’s okay,” you say with a sad smile. “At least he’s finally out of my life for good. Are the kids here, too?”
Brennan nods. “Vi and Dain are around here somewhere. But things have gotten… weird between them.”
“That’s an understatement,” someone says quite coldly.
You turn, tensing when you see Xaden Riorson standing ten yards in front of you. 
“I didn’t expect any members of your family to be joining us, Captain,” he drawls, inspecting you. “Why the change of heart?”
Brennan is about to speak, to vouch for you, but Mira beats him to it. “You of all people should know that it isn’t fair to judge someone for the actions of their parents.”
You put up a hand to stop her, speaking for yourself. “I came here because it was the right thing to do. The name on my uniform means nothing to me, but if you cannot see past it, I will take my leave and fight on my own.”
He must realize that you’re serious. He softens ever so slightly, but does not apologize. “Very well. Welcome to the revolution.”
Mira leaves you alone — and therefore, on edge — for two days, a silent statement that it’s your turn to sneak up on her, that she’s waiting to see if you’ll bite.
Nothing has changed about her, including her workout routine — she’s holed up in the gym before breakfast, when half the fortress is still asleep.
She has her back to the door, settled into a high plank on one of the small stretching mats. A perfect opportunity; she’s already on the floor, unarmed. Easy.
You take a moment to admire the toned muscle of her back and the green rider’s relic spanning her shoulders before you press your boot into her spine.
She yelps, her concentration broken — her sweaty palms slip against the foam, sending her straight to the floor with a soft thud. You lean down to pin an arm behind her back. “Consider yourself dead, Sorrengail.”
Too perfect. Too easy. It’s your turn to squeak as she yanks you down to the floor with her, your back hitting the hard wood with a wet slap. It feels like your skin is on fire. You gasp for air, but you don’t have time to recover before she’s looming over you, that devilish grin on her face that you’ve missed so much.
Your friend rolls her eyes, stopping Garrick from leaping in to pry you and Mira apart. “It’s a game we made up as cadets. The two of them took it farther than anybody else, as you can imagine.”
You manage to gain your bearings, twisting a leg up and over her shoulder, behind her neck and using the other as leverage to squeeze tighter, locking her in place.
She digs into your hips, clawing at you with blunt nails, but you hardly feel it through the thick thermal fabric of your leggings.
“I should make you a little white flag to wave,” you say with a sweet smile, convinced you’ve won.
She hisses at you, some snide remark already prepared, but someone else speaks first.
“I don’t want to know,” Professor Devera says, looking down at the two of you still tangled up on the floor, “but we have work to do.”
You release Mira, letting her pull back and breathe. “Truce?”
“Truce,” she pants in agreement, and you seal the deal with a firm handshake, rising to your feet.
“Does it bother you at all that she could kill you in your sleep?” Garrick asks as you exit the gym and ascend the stairs.
“That’s against the rules,” you say matter-of-factly. 
“Since somebody can’t bear to admit defeat,” she adds, glaring at you.
The two Lieutenants can tell that there’s a story here, and there is. The rule was made during your second game of mercy. After a week of back and forth with no winner and no surrender, she’d taken desperate — or cunning, measures, however you view it — and befriended your bunkmate, Sascha, as a guise to get into your room, where she’d struck unexpectedly. 
You’d nearly had a heart attack when you’d woken up to see her looming over you. Needless to say, Sascha did not take Mira on another date, and at your insistence, the two of you added a new rule to the game.
“Your target has to be awake, and not doing anything directly related to base safety or following orders,” you explain. “The barracks are fair game, but not the flight field.”
“Truce can be called at any time, but it expires in an hour, or whenever you’re off duty for the day,” Mira adds, and you both make a mental note of the time. 
“Anyone can start a game by striking first. Surrenders can last from two days to two years, apparently,” you say dryly.
Mira finishes the set of rules with a narrow glance at you. “And you can’t seriously hurt them. You can act in self-defense, but try not to draw blood.” 
“That was one time,” you huff, crossing your arms over your chest. “And you shouldn’t have snuck up on me while I had a knife in my hand! It’s a miracle I didn’t kill you.” There’s a note of hurt in your voice as you remember how close of a call it had been.
As soon as you saw the blood dripping down the pale skin of her neck, you had dropped everything to take her to the healers, terrified that you’d hit a vein — you hadn’t, but you still didn’t resume the game for two weeks afterward, until the cut had fully healed. 
Mira smiles. “I’m touched, bun, but I don’t think you could kill me if you tried.”
You only bare your teeth at her in response.
Mira is waiting for you outside the bathroom door, leaning up against the wall looking bored — she must have been here for a while.
She pushes off the wall lazily, smirking at you. “So, bunny, do you want to give up yet? Call it all off?”
You suppress a shiver. “That wouldn’t be any fun,” you say calmly, hatching a plan; you can lose her easily enough, and get back to your room and be safe until breakfast, when you’ll be properly dressed and armed. 
You dry your hands on your towel, dropping it at your feet and putting one leg behind you, bent at the knee as if you’re going to have a proper fight -- then run like hell in the other direction.
You hear her chase after you, the pounding of her footsteps matching up with your racing heart as you make turn after turn.
There are two problems with your plan. 
The first; this place is a damn maze. All these doors look the same, and you’re moving too fast to look at the numbers posted on them. And like any good maze, there are plenty of dead ends. You skid to a stop as you realize there’s no way out of this hallway — or just one way; past Mira.
You quickly find the second problem; you’re running in wet sandals. You trip over an edge of the thick rug that lines the stone floor, headed straight for the ground, but Mira grabs you by the wrist, breaking your fall.
You steady yourself, yanking your arm away.
She lets you go easily, content to stand a few feet back and taunt you. “Just a defenseless little bunny, walking down the hallway in these cute little pajamas, all this skin exposed… I know you don’t have any daggers hidden under that excuse of a shirt,” she says, looking at you with the shine of something predatory in her eyes. “I can see everything.”
You move to cover yourself, crossing your arms — the fortress is cold, and you hadn’t bothered to wrap your chest just to walk back from the showers… you squirm under her gaze, embarrassed. “I am clearly at a disadvantage in these clothes,” you huff, “not fair.”
“That’s on you. You knew this could happen when you got dressed,” she dismisses. “But you’ve also been at a disadvantage this whole time playing against me. We both know I’m a better fighter than you. Maybe I’ve just been faking to let you believe that you’re all big and strong.”
That’s the last straw. You kick off your shoes and lunge at her, not caring that you’re still in your pajamas, cornered and unarmed — you’re going to end this round now, prove to Mira once and for all that you can go toe to toe with her and come out on top, disadvantaged or not.
She grins. “I was wondering when you’d start really trying.”
You knock her to the ground, though she lands more gracefully than you had the other day -- your back is still tender.
“You really need to switch it up, Bun. This whole wrestling-on-the-floor thing is getting old,” she taunts, grabbing your arm and twisting it behind your back.
“Shut - the fuck - up,” you pant. “You think this game isn’t getting old? You’re the one who’s stuck in the past.”
You struggle, and she loosens her grip enough for you to hook one arm over her head, squeezing your elbow around her neck in an attempt to get her to give up.
You hear her wheeze, running out of air, and you’re about to triumphantly proclaim your victory when you feel a sharp pinch in your bicep. 
She fucking bit you.
You gasp, releasing her and standing upright to cradle your elbow in one hand and inspect the damage. There’s a perfect imprint of her teeth in the muscle, two tiny punctures from her canines. “What the fuck, Mir? That really hurt.”
“Oops.” She rises to her knees and licks up the small beads of blood forming on your skin, making you squirm.
Gross. Well, actually… 
You don’t have much time to think about it before she’s pinning you to the wall. You struggle, but she has you trapped firmly against the cold stone.
“All you have to do is admit that I’m stronger than you. Say the word, and I’ll let you go.”
“No,” you spit, “you cheated and you fucking know it. You were the one who made the no-blood rule.”
“Poor baby. Want me to kiss it better?” she asks, looking down at you with that signature smug expression. You want to slap it right off her face, but she’s currently holding both of your wrists in one hand.
Your stomach flips at the realization of just how strong Mira is, how easily she can pin you down, how she could do anything to you right now if she wanted. 
Okay, now is not the time to be horny. You have a point to prove.
You start to struggle, but she only bears down harder, presses in closer.
“If you wanted this, you could have just asked,” she says quietly, her nose brushing against the side of your neck. 
Your resolve is crumbling. The way she’s talking down to you in that condescending tone and the way her muscles flex as she presses you into the wall have you more turned on than you should be.
You want only one thing more than for her to hold you down and fuck you absolutely stupid, and that one thing is to win, to have Mira Sorrengail beg you for mercy.
You only see one way to get out of this — to cheat, like she did.
You blink up at her, doe-eyed. “Mir, please,” you whimper, pretending to struggle, but all you’re really doing is grinding against the muscled thigh she has wedged between yours.
She takes the bait, loosening her grip and leaning down to nudge her nose against yours, connecting your lips, remarkably gentle.
It feels too good to carry out your plan. You melt right into her, your whole body relaxing, and she drops your wrists to rest her hands on your waist, dipping under the hem of your shirt as she steadies you.
She kisses soft and sweet — a stark contrast to the ache in your arm from where she’d sunk her teeth into your skin.
She pulls away after a moment, smiling at the dazed look on your face. “You wanna be a good little bunny and let me have my way with you? Let me play with that pretty body?”
“Yes, please,” you breathe. It’s not an act; you really do want her hands on you, you have for years. You’ve never felt this needy in your life, never craved anyone’s touch this badly.
You should be more careful what you wish for.
You gasp into her mouth as she tugs aside your pajama shorts and brushes her fingertips against the embarrassingly damp fabric of your underwear, right over your clit.
“Not here,” you manage, clinging to your one last shred of rationality — at any moment, someone could walk out of their room and see you here, in the middle of the hallway, half-dressed, with Mira’s hands all over you.
She appears to agree. She pulls you down the hall by your wrist, wasting no time unlocking her door and leading you through it, pushing you right onto her bed. 
Your back hits the mattress and she’s leaning over you in seconds, though the predatory look in her eyes is gone, replaced with something softer.
Your heart pounds. You have no idea what she’s going to do. 
“Such a cute little thing,” she coos, her hands moving to knead at the plush of your hips. “Spread your legs for me.”
You comply instantly, starting to take off your shorts, but she stops you.
“Nuh-uh, bun. Keep them on.”
You whine softly, but she doesn’t budge. Her hand slides over your thigh, settling over the soft fabric. “So warm and wet… did you like me on top of you? Like me holding you down?”
“Yes,” you answer readily, panting even though she’s hardly touched you. “N’ liked… liked kissing you.”
It’s a thinly-veiled plea for her to do it again, but it works.
You whine into her mouth as she starts to circle her fingers over your clit through the two layers of clothing, smearing your wetness into them. Her other hand slides up to your chest, squeezing gently through the thin cotton of your shirt. 
You should have known that this would be good -- it’s Mira. She knows exactly what she’s doing; she’s had plenty of bedmates over the years, and she isn’t shy about it at all.
You burn with jealousy at the thought of anyone else being in your position, laid underneath her, her hands all over them and her lips on their neck.
Well, that’s new, you think. And not at all concerning.
Your inner monologue is interrupted as she pulls back, guiding you to look at her with a gentle hand on your chin, assuaging your worries. “Relax, sweetheart. It’s just you and me here right now.”
You push away the thoughts, closing your eyes and focusing on the three soft sensations -- her lips on your neck, her hands on your chest and between your legs, teasing you… 
She hooks her fingers into the thin straps of your tank top, slipping them over your shoulders one at a time and tugging the neckline down until your breasts spill out over it. 
She swears softly. “You’ve always had such a pretty body, bun. Shame you keep it covered up all the time.”
You burn at the praise, feeling exposed, but the embarrassment quickly fades as she kisses her way down your neck and across your collarbones, down… 
You can’t hold back the gasp as she laves her tongue over your nipple, her free hand thumbing at the other.
“Oh, you liked that,” she muses, smug, but quickly returns her mouth to the other, sucking gently.
You did. You really liked that. No partner has ever paid this much attention to your chest before, only some casual groping before they moved things downstairs. Nobody’s paid this much attention to you, period, taken this much time preparing you for the main event. 
You can feel the pressure building between your hips, your muscles tightening. You might actually cum just from the way she’s still circling her fingers over your clit through your underwear, and her mouth…
“Want me to keep going?” She asks, and you can hear the grin in her voice as she continues. “You know what to say. Just one little word.”
You don’t care if this is all an elaborate scheme to get you to admit defeat -- you’d do anything if it meant she’d keep touching you. You’re already addicted to her after one dose; you need her like you need air.
“Mercy,” you beg, “I’ll admit it, you’re— you’re stronger, you’re the better fighter, just please don’t stop, need it so bad,”
“There we go. That wasn’t so hard, was it?” she coos, smoothing a hand over your hip. 
You let out a soft whimper as she sucks hard on the side of your throat, undoubtedly going to leave a mark.
There’s that rough edge you were expecting.
She pulls down your shorts and underwear in one quick movement, spreading your thighs apart easily. “Gods, bun, you’re soaked.”
Enough for her to slip two fingers right in. She finds that special spot near instantly, laughing when you squeak in shock. 
“Oh, right there? Does that feel good?” She asks, even though it’s clear as day that you fucking love it.
You give her a soft sound of affirmation, biting your cheek to hold back the slew of whimpers.
“You’re probably used to keeping quiet, hm? Laying in your bunk with a hand over your mouth, wishing someone was there to make you feel good? Do you think of me when you touch yourself, sweetheart?”
“Yes, ah, I do,” you admit, too far gone to care. It’s true; you’ve spent many a night pretending your hand belonged to her, imagining a moment just like this. 
She continues to batter her fingertips against that little soft spot, not letting up for a second. “And does it feel this good when it’s just you alone?”
“No,” you cry, “this is, ah, this is better, oh, fuck, Mira,”
Your fingers flex helplessly, reaching for something, anything to ground you, and she takes pity on you, giving you her hand to hold while you sob into her pillow.
“Shh, bun, it’s okay. Just let yourself feel good. Know you needed this so bad, needed someone to fuck all the thoughts out of that pretty head.”
She strokes her thumb over your clit in time with the movement of her fingers, and that’s all you need; that and her soft voice cooing all those condescending things to you.
You clear your head enough to speak properly, or try to. “Mira, please, gods, fuck, gonna, ah, gonna cum,” 
“Go ahead, bun. Cum for me.”
You’ve always been good at following orders.
On her command, every muscle in your body tightens then releases. You grip her hand for dear life as warmth flows through your body, eyes rolling back and cute little whimpers pouring from your lips.
“Fuck, bun, you get so tight when you cum,” she swears, but she doesn’t stop or slow down at all, continuing to press and rub and kiss, overwhelming your senses.
“Too much,” you whimper, squirming away from her touch, but she doesn’t stop. 
She shushes you softly. “Just relax for me, sweetheart. It’ll feel better in a minute.”
You sob, dropping your head back onto the pillow in defeat -- you aren’t in a headspace to fight it, and you aren’t sure if you even want to; it hurts, but it’s still so fucking good.
She slows for a moment. “You know what to say if it’s truly too much, don’t you?” 
“Yes,” you manage, “I know.”
“Good bunny.”
You whine softly at the praise, gasping as the sharp sensitivity turns back into pure pleasure. 
She knows those panicked little whimpers mean you’re close. “It’s okay, bun. Let go for me.”
You unclench your free hand from the sheets, yanking her down by the collar to kiss you as you fall apart beneath her, your soft cries muffled by her lips.
She slows to a stop, letting you ride it out, giving you a few more soft kisses. You whine softly as she withdraws her fingers, feeling empty without them. 
She rests her hand on your shaking thigh, petting the soft skin gently. “It’s okay, sweetheart, we’re done,” she soothes. “You did so, so good for me.”
She easily moves you to sit up in her lap, wrapping her arms around you and letting you rest your head on her shoulder.
She hasn't been this tender with you in years. You savor the moment, hiding your face in the curve of her neck as you try to catch your breath.
“Can you look at me?” She asks after a minute.
You lift your head up enough to see her beautiful brown eyes gazing at you with a softness you’ve never seen in them before.
“There’s my pretty baby. Was I too rough with you?” She asks, genuine concern in her voice.
You shake your head. “No,” you promise, nuzzling your face into her neck. “Felt really good.”
You feel great. Your whole body feels fuzzy, your muscles relaxed and your brain completely liquified, all thoughts of the week’s events wiped away save for this moment; Mira holding you so gently, stroking your back — a minute of soft quiet.
You take your chance.
“Do you remember the night we came back from Squad Battle, our second year?” You ask, closing your eyes.
“Of course I remember, bun, that was fucking terrifying. Why…” 
You continue. “I couldn’t even make it upstairs to my room, I was that exhausted. I was planning to sleep in the courtyard, until you found me.”
She looks confused. She knows this story; why are you telling it again? And why now?
“You didn’t leave my side for a full day. You helped me shower, found me clean clothes, let me sleep in your bed until you were convinced I wouldn’t die… You put aside the game, and the fact that we’d spent the last two days on opposite sides of a war, because you were that worried about me. I’ve been hopelessly in love with you since that night, and I have spent every waking moment since graduation regretting how we left things. I missed you so godsdamned much, Mir. I don’t want to be apart from you ever again.”
You can feel her sigh of relief, her whole body relaxing against yours.
“I love you too,” she says quietly, still stroking your back. “I was so relieved when I saw you again, bun. I wanted to tell you how much I missed you, how sorry I am for ending things that way, but I was too scared. It was easier to just go back to the way things were before,” she admits. “You know I’m no good at that stuff. You’ve always been the one who was good with words, not me.”
You smile, leaning forward to brush your nose against hers. “Then let me tell you every morning and night for the rest of our days how much I love you, Mira Sorrengail.”
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ragazza-whintigale · 5 days
Text
𝓨𝓪𝓷𝓭𝓮𝓻𝓮 𝓟𝓪𝓾𝓵 𝓐𝓽𝓻𝓮𝓲𝓭𝓮𝓼 𝔁 𝓻𝓮𝓪𝓭𝓮𝓻
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Dune
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento yandere, Fem reader, relazione tossica, matrimonio forzato (menzionato), tentato omicidio, avvelenamento, aborto, relazioni extra coniugarli, tradimento, utilizzo della voce, manipolazione psicologica, instabilità emotiva, ricatto, tocco non consensuale.
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 3170
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I corridoi a quest’ora della notte erano quasi del tutto vuoti, fatta eccezione per i soldati di guardia e della figura leggiadra della bella donna chiamata (nome) Alithea e in futuro Atreides -se mai il matrimonio fosse andato a buon fine naturalmente-. La bellezza della figura meritava per certo il soprannome che gli era stato affidato quando era ancora una bambina. La principessa degli Alithea. Come unica figlia femmina fino ai suoi 12 anni era stata amata e adorata quasi al pari della contessa che una volta era stata sua madre.
La sua bellezza e purezza non era ancora caduta in disgrazia secondo il pubblico.
La sua bellezza, la sua educazione e il suo carattere mansueto avevano permesso tale nomignolo. Poco si potrebbe immaginare che dietro quella bella facciata si potrebbe nascondere una donna non più diversa.
Una donna fredda e crudele, cresciuta fino a riconoscere la sua unica utilità come scambio tra famiglie. Il nome e l’importanza degli Atreides per una donna fertile ed educata che avrebbe mantenuto alta la discendenza.
Si era quasi stancata di sentire tali voci venire dall’esterno, oramai quasi tutti i servi al servizio del Duca e della sua famiglia avevano familiarità con il caratteraccio della donna.
❝ Mia signora cosa ci fate sveglia a quest’ora? ❞ La donna si fermò barcollante nei suoi passi. ❝ Dovreste essere nelle vostre stanze a riposare. ❞ (nome) ha un aspetto malaticcio nei suoi lineamenti morbidi. Il colore della pelle è sbiadito quel tanto che bastava per farla sembrare tra la vita e la morte. I capelli (colore) scompigliati, sono sciolti dal solito complicato intreccio, permettendo così delle morbide onde ad accompagnare il suo viso. Il piacevole movimento delle ciocche seguiva il suo viso una volta che decise di poter onorare questa persona con le sue attenzioni.
Duncan Idaho era in mezzo al corridoio con aria solenne. La postura eretta e impeccabile è proprio qualcosa che ci si poteva aspettare da casa Atreides e da uno dei suoi fidati.
Lo sguardo dell’uomo affronta con sospetto il corpo gracile ea mala pena sostenuto della sua signora. Non c’è traccia di ostilità verso qualcuno, solo il suo solito io viziato. O almeno è quello degli ultimi 7 anni. Quando d’improvviso la dolcezza della bambina venne sostituita con il gelo caratteristico di casa Alithea.
Duncan non ha mai diffidato di lei. Non che potesse in qualche modo, è una donna talmente fragile e minuta che si poteva dubitare potesse ferire qualsiasi componente della famiglia Atreides. Solo non poteva che notare il cambiamento di carattere durante la sua crescita al fianco all’erede Atreides. Davanti agli occhi ha visto come qualcuno potesse sprofondare nell’oscurità poco a poco.
Lo sguardo affilato della donna cadde sul soldato, fidato agli Atreides e vicino a quello che sarebbe diventato suo marito. ❝ Niente di importante Sir, cerco solo di raggiungere il mio futuro marito nelle sue stanze. Mi ha chiesto di parlare in privato. ❞
Duncan dubitava che Paul potesse essere così dannatamente maleducato da scomodare la sua fidanzata che fino a qualche giorno fa era in letto di morte. Poi nessun -nemmeno Paul- gli aveva parlato di questo incontro e per quanto potesse essere un incontro tra innamorati, di cui dubitava molto, il ragazzo avrebbe comunque avvertito qualcuno della cosa.
In genere lady (nome) non era nemmeno una persona da incontri romantici al chiaro di luna, ne di una avventura in camera da letto. Quindi era ben presumibile stesse architettando qualcosa che avesse a che fare con Paul. Duncan sperava vivamente che questo non li avrebbe messi nei guai.
❝ In tal caso lasciate che vi accompagni.❞ Il suo onore gli impediva di lasciare la sua signora andare in giro per le sale di Castel Caladan alla ricerca del futuro marito, quando nemmeno riusciva a camminare correttamente.
Stava anche tremando a tratti sotto la stola in lama.
Lo sguardo della donna si assottigliò lasciando brillare le pagliuzze argentate annegate nel (colore) delle sue iridi. (Nome) era abbastanza furba da non tentare una discussione per una tale sciocchezza. Per quanto irrispettosa potesse essere, il tutto sarebbe diventato solo più sospettoso. ❝ Se è ciò che desiderate.❞ Duncan camminò fino a sorpassare (nome) e guidarla verso la sua destinazione.
La stanza di Paul non era molto lontana, di conseguenza il viaggio fu breve. La principessa bussò con eleganza alla porta e Paul rispose aprendo la porta. La sorpresa era palese dai suoi occhi verdi, ma si riprese l’attimo dopo aver notato anche Duncan. Salutó l’uomo con un cenno e poi si rivolge alla donna di Alithea ❝ A cosa devo la visita della mia signora? ❞ (Nome) ridusse la sua espressione a puro disgusto e entrò nella stanza lasciandosi alle spalle Duncan e la sua espressione disperata dai capricci e dalle bugie della donna. Paul non fece altro che un’espressione di scuse al compagno fidato chiudendo la porta intimandolo di continuare con i suoi doveri.
❝ Spero ci sia un motivo valido per disturbare il tuo riposo e Duncan. ❞ ❝ Non gli ho chiesto io di disturbarsi. ❞ Lady (nome) ha tralasciato le sue condizioni precarie mentre si fermava nel mezzo della stanza incrociando le braccia al petto. La stola e la vestaglia morbida annientava ogni curva che la donna potesse possedere. Un sospirò lasció le labbra di Paul mentre si avvicinava a lei per avvolgere le braccia intorno alla figura della donna, ❝ La vostra crudeltà non appassisce mai mia signora, nemmeno quando siete malata. E dire che quando eravate piccola possedevate una tale gentilezza. ❞ Il calore della loro pelle che si tocca era qualcosa che (nome) ha detestato, e sapeva che in futuro non gli sarebbe bastato questo da lei.
Si crogiolò segretamente nel tepore del loro abbraccio, forse avrebbe dovuto prendere una stola più pesante ma non è riuscita a trovarla da sola. ❝ Io inizierei a ritermi il colpevole di tale comportamento se fossi in te, Paul.❞ Il suo nome aveva una cadenza sprezzante ma L’Atreides, in qualche modo contorto, sembrò apprezzare. Paul stampa un bacio sul suo collo, incurante dello strato di capelli che si sovrapponeva alla pelle di (nome). Rabbrividì disgustata.
❝ In ogni caso non hai risposto alla mia domanda.❞ Si staccò da lei andando a sedere dall’altra parte della stanza. Si versò qualcosa da bere e lo stesso fece per lei. (Nome) sapeva fare di meglio che cedere a tali galanterie. Era considerata una bellezza a tal punto che in molti hanno cercato le sue attenzioni con trucchi meschini.
In realtà Paul sapeva perché era lì e da cosa era dovuto il suo turbamento. C’era una incrinatura nella sua solita corazza, lasciando intravedere spiragli di rabbia e nervosismo. Aveva letto attentamento i suoi movimenti e le sue parole. Come si soffermava su qualcosa troppo allungo, come teneva coperto il ventre con la stola e come si graffiava i polsi.❝ Devi lasciarlo andare. Lui non ha colpa.❞ ❝ mmh? ❞ Prese un sorso di bevanda tenendo gli occhi su di lei. Sapeva di cosa stava parlando, non c’è stato bisogno di avere conferme, eppure lui ha continuato a fingere di non comprendere. Se lady (nome) non lo conoscesse, avrebbe potuto dire che si stava divertendo a vederla così.
Paul la conosceva a sua volta abbastanza da sapere che: niente avrebbe potuto agitare la donna se non la consapevolezza di aver condannato qualcuno per un suo errore. Non era così crudele come tutti l’avevano dipinta, e Paul lo sapeva meglio di chiunque altro. Sapeva che probabilmente le occhiaie nere sotto i suoi occhi erano solo la causa delle notte insonne per il senso di colpa.
Senso di colpa.
Forse nessuno a parte lui sapeva che Lady Alithea era capace di provare simili emozioni. Era davvero brava a mascherare le proprie intenzioni dietro la sua freddezza, non sempre ma quasi, questo Paul glielo avrebbe concesso. Forse se non fosse per le sue abilità di Bene Gesserit nemmeno lui l’avrebbe notato. ❝ Non vedo perché dovrei, (nome), dopo quello che ti ha fatto.❞ ❝ È TUTTA COLPA MIA! LUI NON C’ENTRA-❞ L’urlo lasciò trasparire tutto il risentimento che aveva nei suoi confronti. Era uscito così spontaneo dalle sue labbra che è riuscita a fermarlo solo dopo aver sfogato in parte. Certamente si era fermata ad un certo punto e una parte di colpa andava allo sguardo che l’erede degli Atreides le ha rivolto. La turbava ancora, anche a distanza di anni e nonostante la loro differenza di età. ❝ … e tu hai utilizzato l'occasione a tuo vantaggio.❞
-Nemmeno i rivelatori di veleno erano riusciti a rilevarlo. Era stata attenta. Talmente attenta che quando il sangue iniziò a colare giù dal naso e dalla bocca una confusione generale riempì la stanza. Alcuni soldati si sono precipitati lì, altri hanno chiamato il dottore Yueh e di seguito arrivò anche Hawat. Era una delle poche volte che anche il Duca era presente, forse tutta quella confusione era dovuto anche a questo.
Nessuno era riuscito a scoprire chi fosse stato e meglio come avesse fatto. Ma Paul aveva un idea. Un’idea che si era rivelata più che giusta. Lo aveva visto chiaramente. -
Le braccia della donna scivolarono dritte lungo il corpo mentre stringeva il tessuto della vestaglia tra i suoi pugni. Non era ben chiaro se si fosse pentita di averlo urlato o se avesse solo temuto per lo sguardo di Paul. Ma il resto della frase è comunque stato ridotto ad un sommesso sussurro.
Forse si sentiva colpevole. Lui non l’aveva mai toccata prima senza il suo permesso. Non le aveva mai fatto del male. Eppure lei aveva agito contro di lui. Prima ha cercato di uccidere Paul mentre dormiva con coltello di fortuna, ma fu troppo codarda per portare a termine l’impresa e crollò tra le braccia di Paul. Non aveva detto una parole ne aveva mostrato paura. Poi aveva cercato di avvelenarlo… ma cambiò obiettivo. Forse ha sperato qualcuno contestasse la sua unione con Paul, forse non ritenendola all’altezza di diventare Duchessa e un’Atreides. Ma non accade. A Paul bastó immagazzinare le informazioni , analizzarle e valutare come risolvere al meglio la situazione. Il suo attentato al giovane Duca non fu mai scoperto, e il suo auto avvelenato fu solo deviato alla soluzione più semplice. Il ragazzo così vicino a Lady (nome) da averla avvelenata per gelosia.
Questo le fece pentire in primo luogo di averlo scelto e portato con sé su Caladan, di essersi compromessa con lui e di essere stata costretta ad abortire per conservare l’onore di entrambi. ❝ Forse avresti dovuto pensarci prima a coinvolgere qualcuno di esterno.❞ È stato stupido ma lo sapeva già. Non lo amava nemmeno come meritava.
Ed è abbastanza palese che Paul stesse giocando con questi sensi di colpa.
Non le avrebbe offerto uno scambio, lui non ne aveva bisogno per farle fare tutto quello che voleva. Non c’era modo che avessero parlato di scambiare la vita del ragazzo con qualcosa che andasse a vantaggio di Paul e Lady (nome) lo sapeva abbastanza bene.
❝In ogni caso ora non dovrai più temere di coprire quella gravidanza indesiderata e io non dovrò tenere un bastardo.❞ Un erede bastardo. Era qualcosa di ironico adesso, agli occhi del giovane Paul. Non gli ricordo minimamente sua madre, che diede al Duca Leto l’erede che tanto desiderava.
La donna era colma di rancore, colpe e imbarazzo, per questo non proferì altra parola. Non cercó di salvarsi o giustificare i fatti evidenti, lui era l’unico oltre a lei a saperlo e poteva dedurre fosse solo grazie alle sue predizioni. Nemmeno il povero Elias era a conoscenza dell’avere messo incinta la futura sposa di Paul. Forse era meglio così.
❝ Dovresti essere grata. ❞ La voce di Paul perse l’affetto e il rimprovero. Divenne solo fredda come se avesse perso la possibilità di provare sentimenti. Si avvicinò alla forma della sua signora prendendo a coppa il suo viso dai tratti morbidi tra le mani. La principessa si sentiva disgustata. ❝ Per cosa? ❞ ❝ Per non averti condannata con lui. ❞
In un lampo di rabbia (nome) spinse le mani sul petto del ragazzo, allontanandosi quel che bastava.
In primo luogo pensava glielo avrebbe concesso, nel suo stato attuale, lui era più forte di lei. Perciò la distanza era quella che lui gli aveva concesso a prescindere. ❝ Avrei preferito morire a causa del mio stesso veleno che rimanere qui con te. ❞ La principessa strinse i denti ad ogni crudele dichiarazione mentre si dirige verso la porta con l’unico intento di andarsene.
❝ Non uscire dalla stanza. ❞ (nome) si fermò nei suoi passi, con la mano sulla maniglia e un piede pronto a dare il primo passo per uscire. Sapeva che Paul era in grado di usare la voce, aveva sentito parlare della cosa molte volte da sua madre mentre si esercitavano. A riguardo c’era un tacito accordo. Lui non avrebbe dovuto usarlo su di lei.
Per quanto non fossero mai stati messi termini e condizioni lui lo aveva fatto solo una volta, esclusa questa. Forse è stata quella volta a convincerlo ad non utilizzarlo. Lei aveva dato letteralmente di matto, urlando e cercando di attaccarlo direttamente.
Nessuno ha saputo dare una risposta a tale comportamento e la situazione tacque in pochi giorni, lasciando un’alone di mistero sulla vicenda.
Lo sguardo della donna era intriso di rabbia e sanguinaria voglia di fargli del male. Paul la guardava a sua volta con una sorta di sfida nei suoi occhi. Sarebbe stata sopraffatta dalla voce o sarebbe stata rinchiusa per aver attentato alla vita di Paul?
Era quasi sicura che nella seconda avrebbe sofferto più lui che lei, per questo quando mosse i suoi primi passi verso il fidanzato lui socchiuse le labbra. Pronto a richiamare qualsiasi ordine l’avrebbe riportata al suo posto. Ma lei si fermò ancora prima di poter fare unaltro passo.
Lo sguardo di Paul era ancora su di lei. I suoi capelli ondulati ricadenti sulle sue spalle cadenti. La sua vestaglia argentata e la stola che era caduta dalle spalle e ora si reggeva solo alle braccia della ragazza. Una visione dannata e patetica proprio come era la sua signora quando nessuno poteva vederla a parte lui. L’orgoglio e la vanità erano scomparsi a favore della dolce disperazione e dai sensi di colpa. Ma in fondo l’Atreides non avrebbe potuto desiderare altro che essere l’unico spettatore di tale vista.
Nessuno avrebbe potuto ammirare la luce fioca e semplice di una donna, che aveva imparato a mantenere le apparenze di freddezza e nobiltà, sfaldarsi davanti a qualcosa che la stava mandando in frantumi poco a poco.
Paul era quella cosa ed entrambi lo sapevano.
I primi passi di lui furono intercettati dalla donna che indietreggiò per mantenere la distanza iniziale. Un sospiro tra l'esasperato e il divertito ha lasciato Paul mentre parlava nuovamente. ❝ Devi smetterla con queste scenate. Non ti serviranno a molto soprattutto se sono l’unico ad assistere.❞ I loro occhi erano fissi l’uno sull’altro. Niente sarebbe cambiato nel comportamento della donna, lo sapeva. Eppure i suoi occhi erano ancora attenti a qualsiasi cosa lui volesse fare di lei. Avrebbe mantenuto le parole eppure lei non era ancora disposta ad avvicinarsi. ❝ Spiegami come posso farmi ascoltare, senza per forza darti un ordine. ❞ Quel potere non era un semplice ordine! Se fosse stato solo un ordine lei avrebbe ignorato il tutto e poi sarebbe andata avanti per quello che credeva meglio. Ma in quei momenti il suo corpo smetteva di essere una sua proprietà e faceva ciò che quel coro di voci le diceva di fare. Cacciata e privata della sua stessa volontà. È così che si poteva descrivere.
❝ Non puoi. semplice, no? Basta solo che mi lasci stare, e che lo scagioni da quelle accuse, e per un po’ continuerò questa recita, per un po’.❞ Per un po’… Non significava per sempre. Non si sarebbe calmata e questo sarebbe solo qualcosa di temporaneo. Era come una pietra che colpiva il vuoto. Non faceva alcun rumore. Nessuno dei due aveva un discorso collegato con quello dell’altro eppure continuavano a parlare sulla medesima linea. Lei era lì per un motivo e poi avrebbe voluto andarsene il più lontano possibile. Anche il fondo del mare di Caladan le sembrava più accogliente e invitante di quella stanza soffusa di luce. Mentre lui desiderava cercare di convincerla a rimanere, nella sua stanza e nella sua vita. Non che lei avesse quella gran scelta in questione ma lui desiderava ancora che lei lo volesse almeno un po’.
Fece un altro passo e poi un’altro e un'altro ancora, verso di lei, in silenzio. Ma lei si allontanava ancora, ancora e ancora. I passi erano traballanti e non si poteva escludere l’eventualità che potesse cadere. ❝ Sai davvero essere crudele mia signora… soprattutto con me. ❞ A Paul sembrava piacere evidenziare come le sue parole taglienti perdessero L’affilatezza in sua presenza, intrecciando le proprie parole con terribile sarcasmo. Lei inciampò su qualcosa e cadde seduta sul letto del ragazzo. Non poteva sapere cosa, ma ha immaginato fosse colpa di Paul. Era sempre colpa sua anche quando non lo era, ai suoi occhi.
Non sapeva esattamente come fosse finita lì, ad un'estremo della stanza, opposto a dove era. Quanti passi senza guardarsi attorno aveva fatto? Quando si era persa troppo in profondità negli occhi di Paul e dell'odio che provava per lui.
❝ Ti odio. ❞ Lui rise alla conferma delle sue parole. Questo era odio. Un odio patetico che gli si addice magnificamente. ❝ Lo so. ❞ Si avvicinò al suo volto, lasciando poco spazio tra loro, tanto che ogni respiro sfiorava le pelle del loro volto. Gli (colore) della donna erano spalancati in cerca di una soluzione, di un indizio o di qualche bagliore, negli occhi del futuro marito. Una qualsiasi scintilla ma niente. Lui era impassibile e illeggibile come lo era sempre stato, e questo l’ha terrorizzata. Come nei loro primi incontri, come nel loro primo incontro. ❝ Cosa vuoi in cambio? ❞ Dopo un lungo silenzio lady (nome) si decise a parlare. Di solito durante i loro scambi di parole non si parlava mai di scambi o mediazioni. Nessuno dei due avrebbe ceduto qualcosa per averne un altra. Specialmente (nome).
❝ Rimani. ❞ Era decisamente generica come risposta e la ragazza si trovava spazientita da tanta indulgenza. Se fosse stata solo una notte potrebbe anche essere un buon affare. Se fosse trasferire le sue stanze in quelle di Paul per il suo ultimo periodo qui a Caladan prima di tornare a casa per organizzare i preparativi per il matrimonio, era eccessivo ma ancora glielo poteva concedere. Aveva chiesto un prezzo molto alto in fondo, per quanto lei stessa non volesse ammetterlo. Ma se intende per tutta la sua vita era troppo. Lei per quando crudele e fredda potesse essere aveva sempre mantenuto la parola data e per questo raramente faceva promesse soprattutto quando non voleva o non poteva mantenerle.
❝ Tutto ma non questo. ❞
❝ Prendere o lasciare, (nome). ❞
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ragazza-whintigale · 7 days
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The curse is broken. The king is returned. He’s every bit as terrifying as any serpent. I don’t care. I run into his arms.
Cardan and Jude - The Cruel Prince
Artist: @itsartbybea
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ragazza-whintigale · 15 days
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Could you make a part 2 of the cassis pedelien fic pls
𝔜𝔞𝔫𝔡𝔢𝔯𝔢 ℭ𝔞𝔰𝔰𝔦𝔰 𝔓𝔢𝔡𝔢𝔩𝔦𝔞𝔫 𝔵 𝔯𝔢𝔞𝔡𝔢𝔯
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ The Way To Protect The Female Lead’s Older Brother
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento Yandere, relazione tossica, Abuso di Potere, Matrimonio Combinato, dinamiche di potere contorte, Sorella maggiore invadente, tocco non consensuale.
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 4021
⟢𝙿𝚛𝚎𝚌𝚎𝚍𝚎𝚗𝚝𝚎 / 𝚂𝚞𝚌𝚌𝚎𝚜𝚜𝚒𝚟𝚘 ⟣
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Erano quasi terminati i due maledetti anni promessi da Cassis, e (Nome) non ha semplicemente potuto ignorarlo come aveva pianificato. Lui te lo ha ricordato sempre, ogni giorno, affinché la sua fidanzata vivesse nella consapevolezza che non poteva scappare da lui in primo luogo.
La spiacevole sensazione di prurito in fondo all’anima era qualcosa che ancora non era riuscita a levare. Il non avere un vero controllo su se stessa la stava lentamente portando ad una specie di leggera e ironica pazzia. Ma questo non sembra infastidire Cassis o semplicemente lei non lo aveva mai notato. Gli occhi stanchi e quasi sempre socchiusi anche durante le conversazioni più interessanti. La bocca era asciutta per qualsiasi discorso e pregna di quell'espressione di disgusto per il mondo e per lui. Sentiva le mani fredde e ossute, ma non aveva freddo e soprattutto era difficile avere le sue stesse ossa esposte come pensava di sentirle al tatto. Forse è per questo che ha iniziato a strofinarle tra di loro in continuazione, quasi in uno scatto nervoso. Il rumore della porcellana pregiata risvegliò (Nome) improvvisamente e nuovamente si é ritrovata ad incontrare gli occhi soleggiati di Cassis. Era possibile stesse parlando, con lei e di qualcosa di importante - almeno a parer suo - e a cui Lady (Nome) aveva smesso di prestare attenzione nell’istante in cui aveva capito che non era qualcosa che meritava la sua reale attenzione. Non sapeva essere sintetico e sbrigativo. Ogni suo discorso conteneva ben poco di cose davvero importanti, la maggior parte era qualcosa relativo alla sua scarsa disattenzione. (Nome) lo riteneva marginale.
❝ Non pretendo realmente una risposta: Mi stavi ascoltando, (nome)? ❞ Se Cassis non pretendeva una risposta perché la domanda suona così autoritaria nell’istante in cui l’aveva pronunciata? Ma poi la nobile si é ricordata che in questi 2 anni l’aveva sempre illusa di avere una libertà effettiva o un vero potere decisionale in quello che lui aveva già deciso. Niente era qualcosa su cui sarebbe semplicemente passato sopra, soprattutto se lei avesse mai cercato di fare di testa sua. ❝ Mi stavo solo godendo questo thé. Non dovrei, Mio signore? ❞ Le due ultime parole le uscirono a fatica e ha quasi temuto di soffocare in esse, ma non lo ha fatto.
(Nome) nascose le mani sotto il tavolo di nuovo, con una certa discrezione. Ha fatto passare le punte dei polpastrelli di una mano sull’altra. Un movimento leggero e delicato, niente di doloroso o fastidioso.
Lei, in realtà, odiava quel thé e non era davvero qualcosa che meritasse le sue attenzioni, come volevi di certo illuderlo. Il bergamotto e la menta con il miele, erano solo le fragranze che più frequentemente indossava Cassis, e semplicemente le è sembrato che volevano farle il lavaggio del cervello. (Nome) aveva letto diverse storie di uomini che usavano certe fragranze ricorrenti per far invaghire una qualsiasi donna con il tempo. Questo doveva essere associato a sensazioni e gestiti piacevoli naturalmente.
Non era così diverso dagli Agriche che tanto disprezza.
E lei detesta il bergamotto.
Cassis non sembrava convinto della sua risposta. Lady (Nome) non sapeva se era collegato a quei micro segnali di repulsione o al fatto che ogni volta che accennava ad un argomento fastidioso lei nascondeva le mani come se fosse colpevole di qualche crimine.
In ogni caso non aveva nascosto il fastidio sotto una delle solite maschere, non c’era nessuno da cui doveva nascondersi. ❝ Sei costantemente distratta ultimamente, dovresti concentrarti sui preparativi. Manca solo un mese al matrimonio.❞ Non era del tutto colpa sua se era distratta. In primo luogo (Nome) non voleva nemmeno il matrimonio, non era pronta e tanto meno lo sarebbe mai stata con lui. Ma sapeva che non avrebbe avuto molto effetto se lo avesse puntualizzato ancora. Niente sarebbe cambiato e il matrimonio non sarebbe stato annullato. Era solo una grande perdita di voce e forze. ❝ Sono solo nervosa tutto qui. ❞ Certo non nel senso in cui voleva lui ma lo era. Avere una vita legata al proprio aguzzino non poteva non renderla nervosa e allo stesso tempo il mat rimonio era qualcosa che avrebbe dovuto emozionare… ma non lo ha fatto. Lei non provava niente.
Non stava più sfiorando le sue mani, percependo vene e capillari superficiali, ma stava sfregando intensamente la pelle creando un intenso rossore, niente di doloroso solo fastidioso.
Cassis si era alzato dalla sua sedia in metallo verniciato di bianco con cuscini di velluto azzurro soffici e lisci. La sedia aveva emesso un suono fastidioso mentre strisciava a terra, e semplicemente (Nome) si é costretta a stringere gli occhi per non soccombere al suono. Il Pedelian, da dove era seduto, di fronte a lei, si é spostato dietro di lei. Le sue mani troppo grandi e ruvide si posarono sulle sue spalle scoperte e vulnerabili. Ogni tocco e vibrazione sulla sua pelle le faceva tremare intensamente sul posto.
Ora ha iniziato a pizzicare e a creare calore, lo sfregare è diventato più insistente e (Nome) ha aumentato la forza.
❝ Nessuna bugia avrà più qualche effetto ora, mia signora. Dovresti iniziare a convivere con l’idea che tra poco saremo marito e moglie.❞ Si è morsa la guancia, e al ricordo di come che l’avrebbe messa sul suo stesso piano. Non lo voleva, voleva che la trattasse ingiustamente per avere qualcosa per cui incolparlo.
La pelle dei polpastrelli è stata sostituita dalle unghie. Graffi e sangue si mescolano e bruciano intensamente. Ha lasciato un bacio sulla tempia e ha fermato le mani. Non c’era tutto quel sangue che sentiva e nemmeno tutti quei graffi bruciare. ❝ Sarà meglio disinfettare queste ferite… chiamerò qualcuno che lo faccia.❞
Dopo di che se ne è andato attraverso la porta che collega il giardino alla tenuta Pedelian, ordinò ad una delle tante serve di tenerle compagnia, per tutto il tempo che sarebbe rimasta lì fuori e di prendersi cura della sua disattenzione.
Era sotto intenso che non poteva rimanere lì per sempre e nemmeno per troppo tempo. Avrebbe sicuramente pensato che stesse tramando qualcosa, anche se non poteva davvero farlo. Non ora, né dopo.
(Nome) si è chiesta come avrebbe potuto convivere con questo, con lui e con questo matrimonio. Lui glielo aveva ordinato quindi tecnicamente avrebbe dovuto farlo e basta. Arresa, Lady (Nome) si ritiró nelle tue stanze, tra qualche ora avrebbe dovuto incontrare il fioraio per scegliere le ultime composizioni e sarebbe stato seccante se fosse stata rimproverata per il ritardo da Cassis.
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Qualcuno ha bussato insistentemente alla sua porta e semplicemente chi era dall’altra parte non si era preoccupato di aspettare che (Nome) rispondesse. La figura appena entrata, si fermò sulla soglia guardando la scena che, per qualche motivo le era familiare.
La serva si fermò dall’intrecciare i capelli. Era mattina presto e certamente Lady (Nome) doveva essere presentabile come minimo prima di poter ricevere qualcuno. L’altra opzione era un aspetto impeccabile, come aveva preteso Cassis, ma a volte c’erano occasioni troppo importanti per poter aspettare che lei fosse perfetta.
Nell’istante in cui era stata fissata la data del suo matrimonio, è diventata di colpo una dame delle più importanti del continente eppure sua sorella, Reina, poteva molto spesso dimenticarlo. Non che (Nome) l’avesse vista molto durante questi 2 anni, quindi non ha avuto molte occasioni per usarlo contro di lei. Ma era sicura lo avrebbe odiato.
Reina non era cambiata molto e conservava ancora la sua autorità di sorella maggiore. La bella nobile si è domandata brevemente se anche Cassis lo faceva con Sylvia, e semplicemente ha provato pietà per la sua futura cognata.
❝ Sorella..? ❞ Il silenzio di quell’istante, per un attimo le ha parlato più di come avrebbe fatto normalmente. Con uno sguardo da parte di sua sorella e un gesto della futura Pedelian, la serva è stata congedata. Come minimo avrebbe riferito la cosa a Cassis, ma di colpo era passata in secondo piano, come se (Nome) fosse diventata di colpo intoccabile con la bionda presente. Reina si avvicinò alla sorella minore e sciolse semplicemente il lavoro della serva, per procedere a modo suo, come sempre.
Sembrava disgustata dall’operato della donna. ❝ Pensavo che la famiglia Pedelian non avrebbero badato a spese per la cameriera personale della loro futura signora. ❞ Non sembrava delusa, lo era e basta, come se la (colore) fosse davvero superiore a chiunque fosse presente in quella residenza. Come se non fosse una novella futura sposa, ma la diretta matriarca della famiglia. Per il momento non era niente di questo, anche se un giorno lo sarebbe stata, ma per ora valeva meno di zero.
❝ È solo provvisoria…❞ (Nome) ha sottinteso che avrebbe scelto qualcuno di molto più appagante e rispettoso di quella donna. ❝ Sarà…❞
Mentre parlavate non aveva mai smesso di acconciarle i capelli. Il ricordo della sua infanzia, invase la mente di Lady (Nome), mentre Reina faceva lo stesso quando erano più piccole. Quando Reina non era sposata e non aveva quelle pesti dei suoi 3 figli e la più giovane non stava ancora complottando per affondare il suo futuro marito.
L’intreccio era preciso e pulito, e decisamente più stretto di quello della serva. Poteva quasi fermare il flusso sanguigno se davvero fosse stato possibile. Questo era quello che si doveva pretendere da una cameriera che avrebbe preso questo ruolo. Ma (Nome) poteva immaginare che non potesse esistere una persona più affidabile di questa donna, per stare al suo fianco.
❝ Come procede la tua relazione con Cassis? ❞ L’affermazione era uscita dal nulla. Non aveva usato titoli o onorificenze vicino al nome dell’uomo che era a tutti gli effetti l’erede di casa Pedelian. Reina era sempre stata una donna irrispettosamente elegante.
Tutto quello che poteva dire era così semplice ed essenziale quando era con Reina. Ma lei era seria! o forse la stava prendendo in giro? Sperava la seconda ma era chiaro fosse la prima. ❝ Procede… almeno credo. ❞ Si sono fissate per minuti interminabili negli occhi e semplicemente aveva capito cosa intendeva con la sua vaga risposta. Aveva iniziato ad inserire nel raccolto un complesso di nastri dai colori azzurro e blu, dando un qualche tocco di colore, imprimendo saldamente la consapevolezza del suo ruolo e poi del proprio nei confronti di (Nome) .
❝ Invece tu che cosa ci fai qui? ❞ Non capitava molto spesso che le due sorelle avessero tempo di qualità da passare solo loro due. C’era sempre la presenza di Cassis o suo cognato o ancora i suoi nipoti. Nessuna chiacchierata tra sole donne adulte e anche allora vi erano orecchie indiscrete a cui non era saggio far ascoltare. Cameriere, lady Pedelian o ancora Sylvia.
❝ Ma come? non posso prendermi una pausa dai miei doveri di Moglie e Madre per aiutare la mia adorata sorella minore con il proprio matrimonio. ❞ Mancava un mese al matrimonio… ma era plausibile. Spesso Reina rammenta come (Nome) fosse la sua preferita.
Le due più grandi in casa e un'età molto più vicina rispetto alle due gemelle. Ma la (colore) sperava ci fosse di più per questo suo intervento.
❝ Avete già piani per il futuro? ❞ (Nome) capii all’istante e molto bene cosa intendeva con questo, era molto velato ma era il loro modo di parlare. Quel modo di parlare segreto per intendere cose che gli altri non avrebbero dovuto capire. Piccoli cenni del capo, guardare in un certo punto ad un certo punto, gesti con le mani del tutto nella norma ma che in un preciso ordine avevano tutt’altro significato.
Questo aveva fatto Reina - decisamente la più intelligente della famiglia- che aveva capito che qualcosa non era come dovrebbe essere.
Aveva ritenuto ad un certo punto necessario che lei è la sorella avessero un modo diverso per comunicare.
Ma questa volta non ha avuto bisogno di alcun segnale. Solo di una semplice frase.
Lo avete già fatto? O ancora meglio: Ha già fatto qualcosa?
Reina non aveva staccato il suo sguardo da (Nome) anche quando quest’ultima lo aveva rivolto altrove rispetto al riflesso glorioso della sorella. ❝ Non esattamente. ❞ La bionda odiava le risposte vaghe. Questa era una di quelle. ❝ Dovresti essere più specifica. ❞ Strinse un pó troppo il nastro e le due ciocche sigillando l’acconciatura appena completata. Reina la voltó di scatto. Ora erano una di fronte all’altra. ❝ (Nome), cara sorella, se fosse per me non saresti in questa situazione… ❞ La sua mano accarezzò affettuosamente il viso della sorella più piccola. ❝ … se ti ha fatto qualcosa, qualsiasi cosa, faró tutto per fargliela pagare. Q-U-A-L-S-I-A-S-I.❞
I suoi occhi castani erano fuoco ardente che divampava. Cosa poteva fare? ❝ So cosa pensi… lo ti si legge negli occhi… ❞ Se possibile il fuoco divenne ancora più divampante nei suoi occhi, (Nome) temeva sul serio l’avesse bruciata viva.
❝ Esistono molti modi per far soffrire una persona… ❞
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(Nome) si mosse tra le coperte risvegliandosi da uno di quei sonni profondi e intensi. Ne aveva sentito il bisogno in questi anni, era da tempo che non dormiva come si deve. In parte dovuto ai preparativi e in parte per l’insistenza di Cassis, i suoi pensieri erano diventati un peso che aveva colpito anche il suo sonno. Avere qui sua sorella è sicuramente la cosa migliore che le sarebbe potuta capitare- batte di poco la scenata di (Nome) e Cassis per la scelta del profumo che (Nome) avrebbe usato per il matrimonio-.
Ogni qual volta che lui avrebbe cercato di cambiare qualcosa che Lady (Nome) aveva scelto, Reina interveniva in una discussione diplomatica e insistente su chi poteva avere la meglio - ovviamente lei-. E’ rinfrescante e rassicurante, tanto quanto la sensazione della silenziosa rabbia di Cassis.
Ogni tradizione è stata rispettata e ogni obiezione e cambiamento richiesto da Cassis era stato eliminato. E’ sbalorditivo, voleva davvero imparare anche lei qualsiasi nome avesse questa arte nel discutere che Reina padroneggiare.
Un gemito di contentezza è uscito dalle labbra sottili senza pensarci e senza consapevolezza della sua presenza. ❝ Pensi che possa durare in eterno?❞ (Nome) ha aperto gli occhi in un sussulto e ha visto Cassis nel suo stato rilassato, se non fosse per l’irritazione che gli addobbava il viso.
Non ha dato segno di paura o sorpresa nel vederlo nella sua stanza. Ha già messo in chiaro dal primo momento che tutto ciò è suo è di Cassis e tutto quello che è di Cassis è anche suo. Oltre ad aver sottolineando più volte che avrebbero comunque finito per condividere un letto tra meno di 2 settimane - 1 anno e 10 mesi la prima volta -.
Questo gli è sembrata una scusa sufficiente per svegliarsi alle prime luci dell’alba, raggiungere la stanza della sua fidanzata e sedersi sul suo letto per osservarla e avvolte toccarla. (Nome) non credeva fosse una buona scusa e di conseguenza aveva cercato di allontanarlo… le prime volte. Presto ha capito l'inutilità del gesto e lo ha lasciato fare. Le sarebbe bastato urlare e qualcuno avrebbe rimproverato il comportamento del ragazzo nei confronti della sua novella sposa, se mai avesse osato andare oltre.
❝ Non riesco a capire cosa intendi con questo. ❞ Lei si è tirata a sedere e poi si è allontanata il più possibile mentre lui si metteva più comodo sopra le coperte. Un sospiro esasperato lascia Cassis e (Nome) poteva quasi sentirsi orgogliosa del turbamento che provava anche se non era niente in confronto a quello che aveva provato in quel periodo. ❝ Ti prego (nome), non fingere di non capire. Non ti si addice.❞ è vero. Ha finto di non capire, ma era sempre meglio fingere di non sapere. Lui sembrava non aver mai imparato questa lezione e sperava che prima poi la vedesse dalla sua prospettiva ma il suo sguardo sembrava dire il contrario.
In ogni caso finge di non sapere le riusciva meglio di qualsiasi altra cosa e di conseguenza lei stessa pensava le si addicesse come cosa.
❝ È solo colpa tua… non hai niente di cui incolparmi. ❞ (Nome) si accasciò in modo rilassato tra i cuscini. La sua facciata era caduta, e decise di non sostenere più quella bugia, per il momento. ❝ In quale modo sarebbe colpa mia?❞ Il suo viso era corrugato in una espressione mista tra l’irritazione e la sorpresa per il cambiato repentino di (Nome). La sua voce però era ancora dura e gelida come sempre. ❝ Io non ho mai voluto questo matrimonio, non lo voglio ora come allora.❞ Non poteva mentire su una cosa del genere. Lo dimostrava a quanto era arrivata. Cederlo ai loro nemici pur di fuggire da questo, e successivamente avrebbe sop portato qualsiasi punizione le avessero affidato dopo il suo ritorno. Solo non era disposta a continuare con questa punizione. Persino le celle fredde dei Pedelian potevano essere più invitanti di questo matrimonio.
❝ Avevi detto che avresti sopportato qualsiasi punizione, ora ti rimangi la parola. Eppure sposarmi non mi sembra una poi così grande punizione.❞ Era facile per lui parlare. Lui aveva deciso di portare avanti il buon nome della sua famiglia, (Nome) invece aveva optato per vivere con tranquillità senza grandi pretese. Lui l’aveva trascinato in questa cosa, in fondo tra tutti aveva scelto lei. Chissà così ci ha visto allora?
❝ Speravo sinceramente in una punizione più magnanima.❞ Lui rise sotto i baffi. ❝ La prigione ti sembra una punizione magnanima? ❞ In realtà no, ma era più allettante di stare con lui per tutta la vita.
❝ Il matrimonio è una prigione. Solo senza sbarre.❞ Parole di sua sorella. Le stesse che disse una settimana dopo il suo matrimonio, quando avevano litigato per qualcosa che (Nome) aveva classificato irrilevante, ma che nel loro contesto sembrava esagerato.
❝ Hai un modo contorto di vedere di vedere le relazione amorese. ❞ Non era di certo una relazione quella, tanto meno amorosa. Lo ha fulminato con lo sguardo mentre lui fissava le sue mani giocherellare con l’orlo della tua adorabile camicia da notte in seta. Era più a suo agio quando (Nome) non cercava di squarciarsi le mani e non gli gridava quanto fosse sbagliato. ❝ I discorsi servono a questo… rivelare quello che è stato nascosto.❞ Altra frase di sua sorella solo questa era dedicata a lei.
Quando Reina di notte entrava di colpo in camera dopo aver scoperto come (Nome) era fuggita sfacciatamente di nascosto senza dirglielo e la costringeva a raccontarle tutto. Terminava sempre in questo modo il discorso per poi complimentarsi per essere riuscita a ingannare tutti -tranne lei ovviamente-.
❝ Sai essere molto più loquace a quest’ora, mia signora. ❞ Cassis era ad un palmo dal suo naso quando ha parlato, e (Nome) -persa nei suoi pensieri- se ne era accorta troppo tardi. Le sue mani l’avevano avvicinata a lui con estrema facilità lasciandola quasi sorpresa di quanto potesse essere forte.
Se mai avesse pensato di fuggire, avrebbe dovuto giocare d'astuzia e non sulla mera forza fisica. Ad Cassis sarebbe bastato poco per alzarla di peso e riportarla indietro da lui e dalla sua famiglia.
In un gesto istintivo (Nome) ha inarcato la schiena, per evitare la sua mano. Solo non aveva calcolato abbastanza adeguatamente la distanza da prevedere l’incontrarsi dei loro petti.
I loro occhi non avevano molta distanza tra loro, tanto che avrebbe sentito anche il più leggero dei suoi respiri.
❝ Sarò anche loquace ma tu sei invadente. ❞ (Nome) ha puntualizzato stanca di qualsiasi cosa potesse fare Cassis. Non si era trattenuta più -non che avesse realmente intenzione di farlo in ogni caso - ma ora si sentiva solo maggiormente autorizzata. Le sue labbra erano sul suo collo lasciando baci a farfalla, mentre le sue mani viaggiavano leggere sui suoi fianchi e sulla sua schiena.
Si é sentita Delusa e in gabbia, nonostante parte di questa situazione fosse proprio sua.
Per quanto (Nome) potesse riconoscere che quello che aveva fatto e la presenza di Reina lo rendessero frustrato e allontanato, la sua ragazza non lo trovava comunque giustificabile.
Il mix di inadeguatezza a qualsiasi ruolo lui potrebbe ma volere per lei, il formicolare sotto la pelle e alla pelle d’oca; Formano sonata di disgusto che penetra la pelle bel curata e profumata. Lo spinse via, o almeno era quello che voleva fare. L’unico risultato ottenuto era una distanza di a malapena 20 cm dei loro volti, e fermando di conseguenza le mani di Cassis. Una al centro della schiena e l’altra sul suo fianco destro. ❝ C’è qualcosa che non va? ❞ Sussurrò a bassa voce, affinché solo lei potesse udirlo. Il tono era leggero e amorevole, quasi come non ci fosse stata una discussione poco prima. Come se entrambi lo voleste davvero. Come se lei volesse infrangere la tradizione della prima notte di nozze proprio con lui.
Ma non era così.
Il disgusto é ancora più accentuato. ❝ Tutto questo. È tutto questo che non va! ❞ Si sentiva annegare in se stessa mentre lui alza un sopracciglio. Non sembrava capire cosa ci fosse di male. Glielo leggeva negli occhi caldi e chiari. Lui voleva arrivare fino in fondo quella notte.
Cosi che nessuno potesse difenderla da lui. È questo che ha pensato lei, e per questo voleva impedirlo.
❝ Questo non è il momento… hai atteso due anni… perché adesso..❞ Ad (Nome) mancava il fiato per quello che poteva sembrare la millesima volta da quando l’evava toccato. Il petto, le braccia, il corpo e la coscienza sono pesanti, come se ad un certo punto qualcuno le avesse fatto franare una montagna addosso e l’avesse lasciata in balia di qualsiasi morte l’avrebbe attesa. É rimasta lì in un soffocante silenzio solo che solo lei stava soffocando.
Lady (Nome) non sapeva se fosse i suoi occhi ancora fissi su di lei, o la pesantezza delle sue disperate é sprezanti parole o il semplice peso delle aspettative. ❝ Avevi promesso che avresti aspettato-❞
Rise basso e amaro mentre la guarda - no, anzi stava guardando qualcos’altro -. ❝ Sappiamo che non si tratta di questo… smetti di fingere che te ne importi. ❞ Cassis si é permesso di trascinarla a se. La Distese sul letto con la schiena contro il materasso, le sue gambe avvolte intorno alla vita di Cassis, le sue mani erano al lato del suo volto ed convolto e spaventato… e lei semplicemente rimase immobile aspettando qualsiasi cosa, qualcuno che venga a fermarlo.
(Nome) era sempre pregna di quell’espressione sconvolta quando era sola con lui in quella camera. Ogni volta parlava di quella maledettissima prima volta come se davvero fosse il punto focale. Come se fosse il vero centro del discorso.
In realtà, agli occhi di Cassis lei avrebbe trovato una scusa anche quella notte pur di non essere tocca in qualsiasi modo. Non aveva semplicemente senso continuare a prolungare le loro torture. Lui avrebbe potuto solo soddisfare il suo bisogno di possederla e lei semplicemente avrebbe smesso di negare.
Pateticamente non lo ha respinto, non per la consapevolezza della loro differenza di forza, ma dalla pura e semplice paura.
Se avesse voluto andare avanti, (Nome) avrebbe semplice pianto e supplicato affinché -prima o poi- questo potesse finire. ❝ Non si è mai trattato solo aspettare e lo sai. ❞ Certo che (Nome) lo sapeva. Per quanto fosse consapevole di questo era inutile, provava ancora un immenso terrore.
Prima o poi sarebbe dovuto accadere, e rimandare era solo l’unica cosa su cui Cassis ti ha fornito una scelta.
Si abbassò e ora il suo volto era dannatamente vicino alla sua pelle. Bació a stampo ogni punto di pelle scoperta a sua disposizione in quella dannata posizione. Le spalle, il collo, il viso, la mandibola, le clavicole e la valle dei seni. Quest’ultimo gli impone di spostare il tessuto della delicata camicia da notte. Avrebbe potuto andare avanti così, togliere l’abbigliamento da notte della sua signora e continuare, non lo avrebbe fermato ed era sicura non lo avrebbe fermato neanche ora.
Tuttavia non è andato oltre si era fermato lì, dove l’ultimo bacio era stato posato e si alzò di colpo.
❝ Spero sia bastato come avvertimento… Il tempo è un lusso che ti ho concesso io e nessun altro. ❞
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ragazza-whintigale · 18 days
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another day without a morally grey fictional man who would commit arson for me
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ragazza-whintigale · 22 days
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“The disturbing thing about Cardan is how well he plays the fool to disguise his own cleverness.”
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ragazza-whintigale · 22 days
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“Kiss me until I am sick of it.”
Cardan and Jude - The Cruel Prince
Artist: @/pele.dixma
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ragazza-whintigale · 23 days
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𝓨𝓪𝓷𝓭𝓮𝓻𝓮 𝓟𝓪𝓾𝓵 𝓐𝓽𝓻𝓮𝓲𝓭𝓮𝓼 𝔁 𝓻𝓮𝓪𝓭𝓮𝓻
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Dune
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento yandere, Fem reader, relazione tossica, matrimonio forzato (menzionato), tentato omicidio, avvelenamento, aborto, relazioni extra coniugarli, tradimento, utilizzo della voce, manipolazione psicologica, instabilità emotiva, ricatto, tocco non consensuale.
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 3170
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I corridoi a quest’ora della notte erano quasi del tutto vuoti, fatta eccezione per i soldati di guardia e della figura leggiadra della bella donna chiamata (nome) Alithea e in futuro Atreides -se mai il matrimonio fosse andato a buon fine naturalmente-. La bellezza della figura meritava per certo il soprannome che gli era stato affidato quando era ancora una bambina. La principessa degli Alithea. Come unica figlia femmina fino ai suoi 12 anni era stata amata e adorata quasi al pari della contessa che una volta era stata sua madre.
La sua bellezza e purezza non era ancora caduta in disgrazia secondo il pubblico.
La sua bellezza, la sua educazione e il suo carattere mansueto avevano permesso tale nomignolo. Poco si potrebbe immaginare che dietro quella bella facciata si potrebbe nascondere una donna non più diversa.
Una donna fredda e crudele, cresciuta fino a riconoscere la sua unica utilità come scambio tra famiglie. Il nome e l’importanza degli Atreides per una donna fertile ed educata che avrebbe mantenuto alta la discendenza.
Si era quasi stancata di sentire tali voci venire dall’esterno, oramai quasi tutti i servi al servizio del Duca e della sua famiglia avevano familiarità con il caratteraccio della donna.
❝ Mia signora cosa ci fate sveglia a quest’ora? ❞ La donna si fermò barcollante nei suoi passi. ❝ Dovreste essere nelle vostre stanze a riposare. ❞ (nome) ha un aspetto malaticcio nei suoi lineamenti morbidi. Il colore della pelle è sbiadito quel tanto che bastava per farla sembrare tra la vita e la morte. I capelli (colore) scompigliati, sono sciolti dal solito complicato intreccio, permettendo così delle morbide onde ad accompagnare il suo viso. Il piacevole movimento delle ciocche seguiva il suo viso una volta che decise di poter onorare questa persona con le sue attenzioni.
Duncan Idaho era in mezzo al corridoio con aria solenne. La postura eretta e impeccabile è proprio qualcosa che ci si poteva aspettare da casa Atreides e da uno dei suoi fidati.
Lo sguardo dell’uomo affronta con sospetto il corpo gracile ea mala pena sostenuto della sua signora. Non c’è traccia di ostilità verso qualcuno, solo il suo solito io viziato. O almeno è quello degli ultimi 7 anni. Quando d’improvviso la dolcezza della bambina venne sostituita con il gelo caratteristico di casa Alithea.
Duncan non ha mai diffidato di lei. Non che potesse in qualche modo, è una donna talmente fragile e minuta che si poteva dubitare potesse ferire qualsiasi componente della famiglia Atreides. Solo non poteva che notare il cambiamento di carattere durante la sua crescita al fianco all’erede Atreides. Davanti agli occhi ha visto come qualcuno potesse sprofondare nell’oscurità poco a poco.
Lo sguardo affilato della donna cadde sul soldato, fidato agli Atreides e vicino a quello che sarebbe diventato suo marito. ❝ Niente di importante Sir, cerco solo di raggiungere il mio futuro marito nelle sue stanze. Mi ha chiesto di parlare in privato. ❞
Duncan dubitava che Paul potesse essere così dannatamente maleducato da scomodare la sua fidanzata che fino a qualche giorno fa era in letto di morte. Poi nessun -nemmeno Paul- gli aveva parlato di questo incontro e per quanto potesse essere un incontro tra innamorati, di cui dubitava molto, il ragazzo avrebbe comunque avvertito qualcuno della cosa.
In genere lady (nome) non era nemmeno una persona da incontri romantici al chiaro di luna, ne di una avventura in camera da letto. Quindi era ben presumibile stesse architettando qualcosa che avesse a che fare con Paul. Duncan sperava vivamente che questo non li avrebbe messi nei guai.
❝ In tal caso lasciate che vi accompagni.❞ Il suo onore gli impediva di lasciare la sua signora andare in giro per le sale di Castel Caladan alla ricerca del futuro marito, quando nemmeno riusciva a camminare correttamente.
Stava anche tremando a tratti sotto la stola in lama.
Lo sguardo della donna si assottigliò lasciando brillare le pagliuzze argentate annegate nel (colore) delle sue iridi. (Nome) era abbastanza furba da non tentare una discussione per una tale sciocchezza. Per quanto irrispettosa potesse essere, il tutto sarebbe diventato solo più sospettoso. ❝ Se è ciò che desiderate.❞ Duncan camminò fino a sorpassare (nome) e guidarla verso la sua destinazione.
La stanza di Paul non era molto lontana, di conseguenza il viaggio fu breve. La principessa bussò con eleganza alla porta e Paul rispose aprendo la porta. La sorpresa era palese dai suoi occhi verdi, ma si riprese l’attimo dopo aver notato anche Duncan. Salutó l’uomo con un cenno e poi si rivolge alla donna di Alithea ❝ A cosa devo la visita della mia signora? ❞ (Nome) ridusse la sua espressione a puro disgusto e entrò nella stanza lasciandosi alle spalle Duncan e la sua espressione disperata dai capricci e dalle bugie della donna. Paul non fece altro che un’espressione di scuse al compagno fidato chiudendo la porta intimandolo di continuare con i suoi doveri.
❝ Spero ci sia un motivo valido per disturbare il tuo riposo e Duncan. ❞ ❝ Non gli ho chiesto io di disturbarsi. ❞ Lady (nome) ha tralasciato le sue condizioni precarie mentre si fermava nel mezzo della stanza incrociando le braccia al petto. La stola e la vestaglia morbida annientava ogni curva che la donna potesse possedere. Un sospirò lasció le labbra di Paul mentre si avvicinava a lei per avvolgere le braccia intorno alla figura della donna, ❝ La vostra crudeltà non appassisce mai mia signora, nemmeno quando siete malata. E dire che quando eravate piccola possedevate una tale gentilezza. ❞ Il calore della loro pelle che si tocca era qualcosa che (nome) ha detestato, e sapeva che in futuro non gli sarebbe bastato questo da lei.
Si crogiolò segretamente nel tepore del loro abbraccio, forse avrebbe dovuto prendere una stola più pesante ma non è riuscita a trovarla da sola. ❝ Io inizierei a ritermi il colpevole di tale comportamento se fossi in te, Paul.❞ Il suo nome aveva una cadenza sprezzante ma L’Atreides, in qualche modo contorto, sembrò apprezzare. Paul stampa un bacio sul suo collo, incurante dello strato di capelli che si sovrapponeva alla pelle di (nome). Rabbrividì disgustata.
❝ In ogni caso non hai risposto alla mia domanda.❞ Si staccò da lei andando a sedere dall’altra parte della stanza. Si versò qualcosa da bere e lo stesso fece per lei. (Nome) sapeva fare di meglio che cedere a tali galanterie. Era considerata una bellezza a tal punto che in molti hanno cercato le sue attenzioni con trucchi meschini.
In realtà Paul sapeva perché era lì e da cosa era dovuto il suo turbamento. C’era una incrinatura nella sua solita corazza, lasciando intravedere spiragli di rabbia e nervosismo. Aveva letto attentamento i suoi movimenti e le sue parole. Come si soffermava su qualcosa troppo allungo, come teneva coperto il ventre con la stola e come si graffiava i polsi.❝ Devi lasciarlo andare. Lui non ha colpa.❞ ❝ mmh? ❞ Prese un sorso di bevanda tenendo gli occhi su di lei. Sapeva di cosa stava parlando, non c’è stato bisogno di avere conferme, eppure lui ha continuato a fingere di non comprendere. Se lady (nome) non lo conoscesse, avrebbe potuto dire che si stava divertendo a vederla così.
Paul la conosceva a sua volta abbastanza da sapere che: niente avrebbe potuto agitare la donna se non la consapevolezza di aver condannato qualcuno per un suo errore. Non era così crudele come tutti l’avevano dipinta, e Paul lo sapeva meglio di chiunque altro. Sapeva che probabilmente le occhiaie nere sotto i suoi occhi erano solo la causa delle notte insonne per il senso di colpa.
Senso di colpa.
Forse nessuno a parte lui sapeva che Lady Alithea era capace di provare simili emozioni. Era davvero brava a mascherare le proprie intenzioni dietro la sua freddezza, non sempre ma quasi, questo Paul glielo avrebbe concesso. Forse se non fosse per le sue abilità di Bene Gesserit nemmeno lui l’avrebbe notato. ❝ Non vedo perché dovrei, (nome), dopo quello che ti ha fatto.❞ ❝ È TUTTA COLPA MIA! LUI NON C’ENTRA-❞ L’urlo lasciò trasparire tutto il risentimento che aveva nei suoi confronti. Era uscito così spontaneo dalle sue labbra che è riuscita a fermarlo solo dopo aver sfogato in parte. Certamente si era fermata ad un certo punto e una parte di colpa andava allo sguardo che l’erede degli Atreides le ha rivolto. La turbava ancora, anche a distanza di anni e nonostante la loro differenza di età. ❝ … e tu hai utilizzato l'occasione a tuo vantaggio.❞
-Nemmeno i rivelatori di veleno erano riusciti a rilevarlo. Era stata attenta. Talmente attenta che quando il sangue iniziò a colare giù dal naso e dalla bocca una confusione generale riempì la stanza. Alcuni soldati si sono precipitati lì, altri hanno chiamato il dottore Yueh e di seguito arrivò anche Hawat. Era una delle poche volte che anche il Duca era presente, forse tutta quella confusione era dovuto anche a questo.
Nessuno era riuscito a scoprire chi fosse stato e meglio come avesse fatto. Ma Paul aveva un idea. Un’idea che si era rivelata più che giusta. Lo aveva visto chiaramente. -
Le braccia della donna scivolarono dritte lungo il corpo mentre stringeva il tessuto della vestaglia tra i suoi pugni. Non era ben chiaro se si fosse pentita di averlo urlato o se avesse solo temuto per lo sguardo di Paul. Ma il resto della frase è comunque stato ridotto ad un sommesso sussurro.
Forse si sentiva colpevole. Lui non l’aveva mai toccata prima senza il suo permesso. Non le aveva mai fatto del male. Eppure lei aveva agito contro di lui. Prima ha cercato di uccidere Paul mentre dormiva con coltello di fortuna, ma fu troppo codarda per portare a termine l’impresa e crollò tra le braccia di Paul. Non aveva detto una parole ne aveva mostrato paura. Poi aveva cercato di avvelenarlo… ma cambiò obiettivo. Forse ha sperato qualcuno contestasse la sua unione con Paul, forse non ritenendola all’altezza di diventare Duchessa e un’Atreides. Ma non accade. A Paul bastó immagazzinare le informazioni , analizzarle e valutare come risolvere al meglio la situazione. Il suo attentato al giovane Duca non fu mai scoperto, e il suo auto avvelenato fu solo deviato alla soluzione più semplice. Il ragazzo così vicino a Lady (nome) da averla avvelenata per gelosia.
Questo le fece pentire in primo luogo di averlo scelto e portato con sé su Caladan, di essersi compromessa con lui e di essere stata costretta ad abortire per conservare l’onore di entrambi. ❝ Forse avresti dovuto pensarci prima a coinvolgere qualcuno di esterno.❞ È stato stupido ma lo sapeva già. Non lo amava nemmeno come meritava.
Ed è abbastanza palese che Paul stesse giocando con questi sensi di colpa.
Non le avrebbe offerto uno scambio, lui non ne aveva bisogno per farle fare tutto quello che voleva. Non c’era modo che avessero parlato di scambiare la vita del ragazzo con qualcosa che andasse a vantaggio di Paul e Lady (nome) lo sapeva abbastanza bene.
❝In ogni caso ora non dovrai più temere di coprire quella gravidanza indesiderata e io non dovrò tenere un bastardo.❞ Un erede bastardo. Era qualcosa di ironico adesso, agli occhi del giovane Paul. Non gli ricordo minimamente sua madre, che diede al Duca Leto l’erede che tanto desiderava.
La donna era colma di rancore, colpe e imbarazzo, per questo non proferì altra parola. Non cercó di salvarsi o giustificare i fatti evidenti, lui era l’unico oltre a lei a saperlo e poteva dedurre fosse solo grazie alle sue predizioni. Nemmeno il povero Elias era a conoscenza dell’avere messo incinta la futura sposa di Paul. Forse era meglio così.
❝ Dovresti essere grata. ❞ La voce di Paul perse l’affetto e il rimprovero. Divenne solo fredda come se avesse perso la possibilità di provare sentimenti. Si avvicinò alla forma della sua signora prendendo a coppa il suo viso dai tratti morbidi tra le mani. La principessa si sentiva disgustata. ❝ Per cosa? ❞ ❝ Per non averti condannata con lui. ❞
In un lampo di rabbia (nome) spinse le mani sul petto del ragazzo, allontanandosi quel che bastava.
In primo luogo pensava glielo avrebbe concesso, nel suo stato attuale, lui era più forte di lei. Perciò la distanza era quella che lui gli aveva concesso a prescindere. ❝ Avrei preferito morire a causa del mio stesso veleno che rimanere qui con te. ❞ La principessa strinse i denti ad ogni crudele dichiarazione mentre si dirige verso la porta con l’unico intento di andarsene.
❝ Non uscire dalla stanza. ❞ (nome) si fermò nei suoi passi, con la mano sulla maniglia e un piede pronto a dare il primo passo per uscire. Sapeva che Paul era in grado di usare la voce, aveva sentito parlare della cosa molte volte da sua madre mentre si esercitavano. A riguardo c’era un tacito accordo. Lui non avrebbe dovuto usarlo su di lei.
Per quanto non fossero mai stati messi termini e condizioni lui lo aveva fatto solo una volta, esclusa questa. Forse è stata quella volta a convincerlo ad non utilizzarlo. Lei aveva dato letteralmente di matto, urlando e cercando di attaccarlo direttamente.
Nessuno ha saputo dare una risposta a tale comportamento e la situazione tacque in pochi giorni, lasciando un’alone di mistero sulla vicenda.
Lo sguardo della donna era intriso di rabbia e sanguinaria voglia di fargli del male. Paul la guardava a sua volta con una sorta di sfida nei suoi occhi. Sarebbe stata sopraffatta dalla voce o sarebbe stata rinchiusa per aver attentato alla vita di Paul?
Era quasi sicura che nella seconda avrebbe sofferto più lui che lei, per questo quando mosse i suoi primi passi verso il fidanzato lui socchiuse le labbra. Pronto a richiamare qualsiasi ordine l’avrebbe riportata al suo posto. Ma lei si fermò ancora prima di poter fare unaltro passo.
Lo sguardo di Paul era ancora su di lei. I suoi capelli ondulati ricadenti sulle sue spalle cadenti. La sua vestaglia argentata e la stola che era caduta dalle spalle e ora si reggeva solo alle braccia della ragazza. Una visione dannata e patetica proprio come era la sua signora quando nessuno poteva vederla a parte lui. L’orgoglio e la vanità erano scomparsi a favore della dolce disperazione e dai sensi di colpa. Ma in fondo l’Atreides non avrebbe potuto desiderare altro che essere l’unico spettatore di tale vista.
Nessuno avrebbe potuto ammirare la luce fioca e semplice di una donna, che aveva imparato a mantenere le apparenze di freddezza e nobiltà, sfaldarsi davanti a qualcosa che la stava mandando in frantumi poco a poco.
Paul era quella cosa ed entrambi lo sapevano.
I primi passi di lui furono intercettati dalla donna che indietreggiò per mantenere la distanza iniziale. Un sospiro tra l'esasperato e il divertito ha lasciato Paul mentre parlava nuovamente. ❝ Devi smetterla con queste scenate. Non ti serviranno a molto soprattutto se sono l’unico ad assistere.❞ I loro occhi erano fissi l’uno sull’altro. Niente sarebbe cambiato nel comportamento della donna, lo sapeva. Eppure i suoi occhi erano ancora attenti a qualsiasi cosa lui volesse fare di lei. Avrebbe mantenuto le parole eppure lei non era ancora disposta ad avvicinarsi. ❝ Spiegami come posso farmi ascoltare, senza per forza darti un ordine. ❞ Quel potere non era un semplice ordine! Se fosse stato solo un ordine lei avrebbe ignorato il tutto e poi sarebbe andata avanti per quello che credeva meglio. Ma in quei momenti il suo corpo smetteva di essere una sua proprietà e faceva ciò che quel coro di voci le diceva di fare. Cacciata e privata della sua stessa volontà. È così che si poteva descrivere.
❝ Non puoi. semplice, no? Basta solo che mi lasci stare, e che lo scagioni da quelle accuse, e per un po’ continuerò questa recita, per un po’.❞ Per un po’… Non significava per sempre. Non si sarebbe calmata e questo sarebbe solo qualcosa di temporaneo. Era come una pietra che colpiva il vuoto. Non faceva alcun rumore. Nessuno dei due aveva un discorso collegato con quello dell’altro eppure continuavano a parlare sulla medesima linea. Lei era lì per un motivo e poi avrebbe voluto andarsene il più lontano possibile. Anche il fondo del mare di Caladan le sembrava più accogliente e invitante di quella stanza soffusa di luce. Mentre lui desiderava cercare di convincerla a rimanere, nella sua stanza e nella sua vita. Non che lei avesse quella gran scelta in questione ma lui desiderava ancora che lei lo volesse almeno un po’.
Fece un altro passo e poi un’altro e un'altro ancora, verso di lei, in silenzio. Ma lei si allontanava ancora, ancora e ancora. I passi erano traballanti e non si poteva escludere l’eventualità che potesse cadere. ❝ Sai davvero essere crudele mia signora… soprattutto con me. ❞ A Paul sembrava piacere evidenziare come le sue parole taglienti perdessero L’affilatezza in sua presenza, intrecciando le proprie parole con terribile sarcasmo. Lei inciampò su qualcosa e cadde seduta sul letto del ragazzo. Non poteva sapere cosa, ma ha immaginato fosse colpa di Paul. Era sempre colpa sua anche quando non lo era, ai suoi occhi.
Non sapeva esattamente come fosse finita lì, ad un'estremo della stanza, opposto a dove era. Quanti passi senza guardarsi attorno aveva fatto? Quando si era persa troppo in profondità negli occhi di Paul e dell'odio che provava per lui.
❝ Ti odio. ❞ Lui rise alla conferma delle sue parole. Questo era odio. Un odio patetico che gli si addice magnificamente. ❝ Lo so. ❞ Si avvicinò al suo volto, lasciando poco spazio tra loro, tanto che ogni respiro sfiorava le pelle del loro volto. Gli (colore) della donna erano spalancati in cerca di una soluzione, di un indizio o di qualche bagliore, negli occhi del futuro marito. Una qualsiasi scintilla ma niente. Lui era impassibile e illeggibile come lo era sempre stato, e questo l’ha terrorizzata. Come nei loro primi incontri, come nel loro primo incontro. ❝ Cosa vuoi in cambio? ❞ Dopo un lungo silenzio lady (nome) si decise a parlare. Di solito durante i loro scambi di parole non si parlava mai di scambi o mediazioni. Nessuno dei due avrebbe ceduto qualcosa per averne un altra. Specialmente (nome).
❝ Rimani. ❞ Era decisamente generica come risposta e la ragazza si trovava spazientita da tanta indulgenza. Se fosse stata solo una notte potrebbe anche essere un buon affare. Se fosse trasferire le sue stanze in quelle di Paul per il suo ultimo periodo qui a Caladan prima di tornare a casa per organizzare i preparativi per il matrimonio, era eccessivo ma ancora glielo poteva concedere. Aveva chiesto un prezzo molto alto in fondo, per quanto lei stessa non volesse ammetterlo. Ma se intende per tutta la sua vita era troppo. Lei per quando crudele e fredda potesse essere aveva sempre mantenuto la parola data e per questo raramente faceva promesse soprattutto quando non voleva o non poteva mantenerle.
❝ Tutto ma non questo. ❞
❝ Prendere o lasciare, (nome). ❞
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ragazza-whintigale · 1 month
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❝ 𝑀𝐴𝑆𝑇𝐸𝑅𝐿𝐼𝑆𝑇 𝑂𝐶 ❞
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Personaggi originali!!!
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Ultimo aggiornamento: 26 / 03 / 2024
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ragazza-whintigale · 2 months
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| Contenuti oscuri | Multifandom + personaggi originali | Yandere Blog |
❝ 𝚂𝚎 𝚟𝚞𝚘𝚒 𝚍𝚊𝚟𝚟𝚎𝚛𝚘 𝚊𝚗𝚍𝚊𝚛𝚝𝚎𝚗𝚎, 𝚝𝚒 𝚖𝚘𝚜𝚝𝚛𝚎𝚛𝚘̀ 𝚕𝚊 𝚟𝚒𝚊. 𝙼𝚊 𝚜𝚎 𝚒𝚗 𝚚𝚞𝚊𝚕𝚜𝚒𝚊𝚜𝚒 𝚖𝚘𝚖𝚎𝚗𝚝𝚘 𝚑𝚊𝚒 𝚗𝚘𝚜𝚝𝚊𝚕𝚐𝚒𝚊 𝚍𝚎𝚕 𝚝𝚞𝚘 𝚝𝚎𝚖𝚙𝚘 𝚚𝚞𝚒, 𝚘 𝚍𝚎𝚜𝚒𝚍𝚎𝚛𝚒 𝚙𝚛𝚎𝚜𝚎𝚛𝚟𝚊𝚛𝚎 𝚞𝚗 𝚒𝚜𝚝𝚊𝚗𝚝𝚎 𝚙𝚎𝚛 𝚕’𝚎𝚝𝚎𝚛𝚗𝚒𝚝𝚊̀, 𝚛𝚒𝚖𝚊𝚛𝚛𝚊𝚒. ❞
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• Compleanno || 30 maggio (+18) • Gemelli •
• She \ Her • INFJ • Introvert • Italian •
Mi piace ;
L'inverno, Le storie, cioccolata, i significati poetici, le favole, la pioggia, sognare ad occhi aperti, Timothee Chalamet, libri fantasy, Manhua, manga,
Non mi piace;
Ragni, essere definita infantile per i miei hobby, documentari, i cibi troppo amari.
Hobby;
Scrivere, Leggere, Disegnare, Cura dei capelli, Ascoltare musica, Perdere ore su pinterest e Tumblr, Avere complessi.
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| Masterlist Oc | qui
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Ultimo aggiornamento: 25/02/2024
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ragazza-whintigale · 2 months
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𝕵𝖚𝖉𝖊 𝕯𝖚𝖆𝖗𝖙𝖊 𝕬𝖊𝖘𝖙𝖍𝖊𝖙𝖎𝖈
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don't know if I like this 🫠
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ragazza-whintigale · 7 months
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𝖄𝖆𝖓𝖉𝖊𝖗𝖊 𝕽𝖆𝖐𝖎𝖊𝖑 𝕰𝖉𝖊𝖓𝖛𝖊𝖓𝖓𝖊 𝖝 𝖗𝖊𝖆𝖉𝖊𝖗
( + ᴹᴵᴺᴼᴿᴱ ʸᴬᴺᴰᴱᴿᴱ ᴾᴸᴬᵀᴼᴺᴵᶜᴼ ᴹᴬᴿᴵᴬᴺᴺᴱ ᴱᴰᴱᴺᵛᴱᴿᴿᴱ)
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Into the light, once again
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento yandere, yandere platonico Marianne, viaggio nel tempo, morte, menzione di torture, manipolazione, Avvelenamento, Minacce di morte, tentato Suicidio, omicidio, veleno, Mc mentalmente instabile, Marianne bara costantemente, possibile parte 2.
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 8184
⟢𝙿𝚛𝚎𝚌𝚎𝚍𝚎𝚗𝚝𝚎 / 𝚂𝚞𝚌𝚌𝚎𝚜𝚜𝚒𝚟𝚘 ⟣
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C’è voluto del tempo, più di quanto pensavi in realtà, ma alla fine sei arrivata alla conclusione che: non è un sogno. Risvegliarti nella tua stanza di quando eri solo una giovane debuttante, con i chiari ricordi di qualcosa che era successo ma che nessuno ricordava, poteva essere un sogno…
…Ma non  lo era. 
Questo sotto certi versi era ironico. Avevi commesso qualcosa, che a occhi sconosciuti, ti avrebbero fatta diventare la cattiva della storia, se mai questa fosse stata una storia, eppure hai comunque una seconda possibilità. Quel genere di possibilità che poteva rivelarsi un bene e un male, un arma a doppio taglio. Una peccatrice a cui era stata data una possibilità di redenzione. O una possibilità di Vendetta, ma faceva davvero differenza tra le due cose? Non quando avevi avvelenato con successo il tuo fidanzato - non che futuro imperatore - e tra la lista dei possibili colpevoli tu non eri nemmeno compresa. Troppo innocua o troppo stupida? Non ne avevi idea, ma ridere alla frustrazione delle principesse e dei principi preoccupati per il fratello non deve avergli dato molti dubbi. Avevi tutto il diritto di fare quello che hai fatto! Non eri una pedina in mani crudeli, non eri un pezzo di argilla da modellare a loro piacimento e tanto meno una marionetta nelle mani di un giocattolaio. Eri tratta con sufficienza. Un ridicolo pezzetto di un piano molto più complesso.
Hai fatto diversi test per provare che tutto questo era reale, che sei tornata indietro e non era un sogno. Hai cercato vecchie cicatrici che ti eri procurata per alleviare lo stress della competizione al trono o che ti erano state fatte successivamente al tuo attentato. Hai Indagato su alcune situazioni che ricordavi fossero accadute, realizzando che altre che ricordavi lontanamente fossero appena accadute. Una certa contessa non era incinta di un figlio bastardo, anzi non era proprio sposata con il marito che avrebbe tradito. Nessun cavaliere era stato giustiziato ingiustamente e nessuna storia d’amore tra un qualche mago e una popolana che sarebbe diventato un romanzo apprezzato in tutto l’Impero. Ma soprattutto nessuna cicatrice di tutti gli abusi che avevi subito gli ultimi mesi prima di morire, e il principe Rakial era vivo. Maledettamente vivo e non in pericolo di vita, come lo avevi lasciato. Forse la prova più tangibile l’ultima.
Sei palesemente tornata indietro nel tempo, non sai come o perché. Ma hai deciso comunque crederci. Anche se sarebbe era stupido da parte tua non crederci a prescindere. Non quando maghi talentuosi abitavano tutto l’Impero, sotto la guida della famiglia Imperiale. Ti sei assicurata infine di capire in che anno eri… 5 anni e qualche mese prima della tua morte. Era già qualcosa immaginavi, contando che, per quello che potevi ricordare, Rakial ci aveva messo molto tempo a notarti. Non come se l'avesse fatto davvero a tuo parere. In realtà eri certa che fosse semplice evitare di avere a che fare con loro. Sarebbe bastato stargli lontano, e evitare sua sorella minore, forse il tuo vero ostacolo in realtà o così l’avevi sempre vista. Marianne era in qualche modo coinvolta in tutto quello che era successo, ma non sapevi fino a che punto lo fosse. Sia riguardo alla tua fine che agli strani eventi che hanno coinvolto Edervenne e Elmir. Non hai nemmeno dubbi sulla sua implicazione nella tua fine, e hai sospettato fino all’ultimo che lei avesse incastrato la principessa Alissa e in qualche modo il essere una specie di Santa ti ha solo aiutato a sospettare anche di più. Lo sapevi anche quando ti avevano assicurato che non era così e che era crudele da parte tua dare la colpa alla vittima. Ma nessuno sospetta mai della vittima, d'altronde. Sarebbe stata una mossa astuta da parte sua. Hai ignorato tutti e non avevi decisamente tutti i torti. Solo che nessuno ti avrebbe comunque riconosciuto per questo.
Il piano completo - non molto strutturato in realtà, niente di complicato - prevedeva che tu non avessi contato con nessuno dei due fino a che non avessi trovato un altro modo per fuggire. Il che avrebbe potuto significare un fidanzamento fuori Edenverre o avere un ruolo come ambasciatore per conto di Edenverre in un altro luogo. Elmir era conosciuto per essere un luogo molto pacifico, anche se dubitavi ci saresti mai andata, sapevi di un conflitto tra Elmir e Edervenne che sarebbe diventato intenso in futuro. 
Hai incrociato le braccia quasi senza pensarci, senza badare a qualsiasi etichetta potesse esserci.  Secondo quello che potevi ricordare il motivo del tuo fidanzamento con Rakial è una sorta di apparenza sociale. Dopo la morte di Alissa, Rakial ha perso influenza e di conseguenza, per rafforzare il potere, che ha preso la decisione di fidanzarsi con la figlia dell'ambasciatore di Vandrova. Tu.  Non potevi sapere se funzionava davvero così o avrebbe dovuto sposare una principessa da Vandrova. Anche se non ci eri mai stata si dice che le principesse hanno un aspetto magnifico e fuori dal comune. Parenti delle fate si chiacchiera a Edervenne, anche se ne dubitavi fortemente, ma li hai lasciati parlare. Non avevi un gran motivo per imbarcarti in un'impresa così inutile.
Hai sospirato di sollievo e  con ancora un filo di controllo in corpo, hai lasciato scendere le braccia in una posizione più comoda ed elegante. Nessuno sembra accorgersene. Per tua fortuna durante tutta la sera sei riuscita a non farti notare, o semplicemente incontrarli. E’ stato relativamente semplice. Marianne era circondata costantemente di troppe attenzioni preoccupate per la sua salute, per notarti tra la folla in cui ti sei mescolata. Invece Rakial era troppo indifferente e impegnato a parlare con qualcuno per accorgersi di una qualsiasi nobildonna, in mezzo ad altre qualsiasi nobildonne. 
Se Selene fosse stata anche solo un pò dalla tua parte ti avrebbe concesso di non essere notata. Speravi disperatamente lo fosse anche se non è la vendetta che stai cercando.
Hai rigirato il bicchiere tra le tue dita  annoiata dalla conversazione, non ricordavi nemmeno come e quando sei riuscita a mescolarti a questa manica di pettegole. Non potevi negarlo di esserlo anche tu, ma quello di cui parlavi tu era qualcosa di diverso; Niente coppie, niente matrimoni e niente adulazioni a giovani nobili. Sul serio non potevi parlare di Aconito come se fosse un qualsiasi vino costoso? Credi di no. Soprattutto ora. Da come hai registrato, Alissa è già stata giustiziata da quasi 3 mesi e parlare di qualcosa come veleno - anche se non era quello che era stato usato - non era un’idea molto saggia. Si stavano ancora cercando persone sospette e coinvolte nell'incidente. E poi questa festa era in onore di Marianne che si era rimessa, quindi avresti rovinato solo l’atmosfera, attirando le attenzioni che volevi evitare.
❝ E voi Lady (nome)? ❞ ❝ mmh? scusatemi ero distratta…❞ Ti sei destata dai tuoi pensieri con un'apparenza imbarazzata. I loro sguardi chiamavano una risposta. Non pensavi fossero interessate a te in quanto persona, ma solo come punto di un futuro pettegolezzo. ❝ Beh… avete un anno più di sua altezza il principe Rakial, eppure non avete nemmeno un interesse.❞ Da quando i principi venivano usati come metodi di misurazione dell’età? Comunque avevi quasi due anni di differenza da lui, solo 4 mesi Ti impedivano di completare l’anno. Scandisci la voce con una leggera tosse. ❝ Oh beh… penso di non aver trovato ancora qualcuno con cui condividere la vita… e poi da dove viene mia madre, è normale iniziare il corteggiamento in una così tarda età.❞ Hai ridacchiato in modo fin troppo finto per essere credibile, ma le altre dame ci sembrano essere cadute. Non ti sembravano molto sveglie in effetti.
❝ Giusto, vostra madre non è di Edenverre! ❞ Disse una ❝ Si dice che condividete molti tratti della sua città natale.❞ Un’altra non poco distante aveva continuato il discorso della precedente colpite dal stesso entusiasmo. Anche se era vero. Tu somigliavi più a qualcuno di Vandrova, che di Edenverre. E così ti stava bene. Il discorso era scivolato via con facilità mentre qualcuno citava di essere stata a Vandrova. Tu non ci sei mai stata e non avevi un spiccato interesse nel andarci nell’immediato futuro, se mai non fosse l’unica soluzione per sfuggire al tuo imminente declino.
Hai ripreso ad ignorare oziosamente la conversazione, spostandoti ogni tanto con il gruppo per prendere da bere, o semplicemente per appartarvi, parlando per qualche breve istante, solo per rispondere alle domande delle più curiose. Per il momento eri riuscito a manovrare i movimenti affinché non incontrassi nessuno dei due. In ogni caso non è così difficile evitarli, Rakial non lasciava mai i pressi del palco dedicato ai reali - ci sei stata seduta molte volte nelle tua vita precedente. - Mentre Marianne, sempre accompagnata da qualcuno, proclamava  dolci lodi a qualcosa che non ti eri curata di ascoltare. Non che in ogni caso fossi rimasta così vicina abbastanza allungo da sentirlo. A volte li perdevi di vista, persi  in mezzo alla folla danzante e alle grandi colonne decorate. Forse avresti dovuto fare più attenzione, ti ricordavi a mente, sarebbe stato spiacevole incontrarli.
Qualcuno strattona il tuo complesso di strati di tulle e seta color panna. Un colore anonimo, il più anonimo ed elegante che hai trovato. Abbassi lo sguardo, con l’intento di rimproverare il  bambino impertinente e fuori controllo che forse ti aveva notata. Ma che poi avresti cacciato con la scusa di essere impegnata. Solo che in quel momento il bambino fastidioso sarebbe stato davvero molto meglio del grazioso viso minuto di Marianne. Hai allargato gli occhi mentre ti afferra la mano che ti era caduta istintivamente al fianco. Una catena. Questo poteva sembrare in questo momento mentre non accenna a spostarla. Una sorta di promemoria del passato - o del futuro? - che ti era impresso addosso. Sentivi un mucchio di farfalle volare nelle tue orecchie e facevano un sacco di rumore, no aspetta, erano persone. Tante persone, una folla di persone. Tutte che guardavano dalla vostra parte, entrambe. Tu e Marianne. Parole soffocate su qualcosa come ‘essersi affezionata?'. No no no no. NO.
❝ Buona Serata Lady (nome), state bene? Perché siete qui tutta sola? ❞ ❝ Non sono-❞ Ti sei voltata ed effettivamente eri sola, chissà da quanto tempo. ❝ Sembrate pallida va tutto bene?❞ Hai posato di nuovo il tuo sguardo su Marianne che ora sorrideva ❝ Se volete posso tenervi io compagnia!❞ Non era una domanda, per quanto potesse suonare come tale. C’è voluto qualche minuto prima che tu potessi mettere insieme qualcosa di sensato e anche solo vagamente formale, distante ed educato.❝ Sarebbe per me un onore ricevere la compagnia di vostra altezza, ma non vorrei annoiarvi o ancora peggio sforzarvi. Ho sentito che vi siete appena rimessa.❞ Marianna teneva ancora stretta la tua mano - che non dava segni di voler lasciare - mentre pensava attentamente a quello che avevi detto. Non potevi scappare, non che lei volesse che tu scappassi era palese da come teneva la catena sua mano sulla tua. Ti sentivi come in quei giorni  in prigione, aspettando inesorabile il giudizio che precede una fine lugubre. Il fiato veniva a mancare quasi come se il tuo corpo avesse deciso che era meglio morire, che finire nelle loro mani. Se non fossi così intenzionata a sopravvivere gli avresti dato anche ragione.
La principessa pensò per un attimo a cosa dire, mentre giocava incurante con le dita della tua mano più grande, rispetto alla sua. Dava la strana impressione che volesse rivelare qualcosa che teneva segreto e che solo tu avessi dovuto sapere. Un piano forse. Ma dubitavi sarebbe successo in mezzo a tutta questa folla di gente. ❝  In realtà io stavo cercando proprio te…❞ Hai sentito il cuore affondare, la consapevolezza di non averlo predetto ti ha colpito in pieno.  ❝ma sembra quasi ti stessi nascondendo.❞ Un brillante sorriso sostituì l’espressione di dubbio. Ti sei d’attratto accorta che ti aveva chiamata per nome nome prima. Eppure non vi eravate incontrate prima. Anche se era stata lei a presentarti a Rakial nella tua vita precedente, sarebbe comunque dovuto accadere tra un anno e mezzo rispetto ad adesso. Ma hai liquidato tutto in un certo senso, attutendo la tua paranoia con l’intuizione che c’era sempre stato un piano più complesso dietro. Nella scorsa vita ti aveva fatta entrare in campo nel momento più opportuno per lei.
❝ Ma immagino sia solo perché eravate con quelle signorine.❞ Disse e si sporse per guardare le nobildonne con cui eri prima. Stanno ancora chiacchierando ancora animatamente dall’altra parte della sala. Non sembra si siano accorte della tua mancanza. Ti sei maledetta per non essere stata abbastanza attenta da stare al loro passo, di esserti distratta, e di aver sottovalutato questa bambina demoniaca. ❝ Marianne dove sei finita??? ❞ Riconosci la voce bassa e fredda, anche se non molto controllata. Hai cercato di allontanarti ma la mano di Marianne te lo ha impedito. Non capivi come questa bambina ancora parzialmente in convalescenza potesse essere così forte. O sei tu ad essere diventata più debole tutto in un momento. ❝ Sono qui fratello. ❞ Rakial appare con la sua espressione preoccupata. Se non fossi così contraria alla loro presenza o non li trovassi colpevoli della tua fine, come quella di Alissa, avresti potuto dire che erano carini. Ma tu eri ancora ovviamente contraria a loro. 
Rakial si fermò per vedere come Marianne stava sorridendo e un respiro lasciò le sue labbra. ❝ Sono spiacente lady…  ❞ ❝ (nome)! ❞ Non sei stata tu a completare la frase, e anche se avessi voluto non ne hai avuto il tempo, Marianne ti ha preceduto. ❝ Si certo. Sono spiacente Lady (nome), per aver attirato tanta attenzione così ingiustamente su di voi.❞ Non  era la prima volta che lo faceva, solo che nessuno lo poteva ricordare apparte te e tu non eri disposta realmente a perdonarlo. Soprattutto quando sembrava il vero intento Marianne metterti al centro di qualsiasi attenzione indesiderata, a maggior ragione quando quella sembrava un modo per affiliarti a loro. Tutti in quel momento avrebbero potuto fraintendere, e l’unica cosa che ti sarebbe rimasta da fare sarebbe continuare a fingere che ti stesse bene stare con loro. 
Dovevi evitarlo!
Attualmente il modo migliore era liquidare la conversazione nel modo più distaccato possibile, come se la loro presenza non fosse quella di due reali. ❝ Non c’è bisogno delle vostre scuse nei confronti di una umile ragazza. Sono io a dovermi scusare per aver rubato il tempo vostro, e della principessa.❞ Una punta di delusione si accese negli occhi di Marianne e forse non sembrava aspettarsi quel genere di risposta. Non avevi avuto incontri del genere con loro nelle tue vite passate, erano solo piombati all’improvviso nella tua tranquillità un giorno come tanti, senza che tu potessi prevederlo. Ma nemmeno visto sotto questo punto di vista e con le conoscenze che avevi adesso, avresti risposto come oggi a quel tempo, troppo ignara.
❝ Fratello penso che dovremmo invitare Lady (nome) a bere qualcosa con noi, infondo l’ho disturbata io. ❞ Non aveva lasciato la tua mano nemmeno quando aveva preso quella del fratello nella sua. Recitando un ultimo disperato tentativo di tenerti lì abbastanza tempo da far comprendere la tua importanza. Rakial ha guardato intensamente come la piccola mano di Marianne si aggrappava alla tua e come tu, in realtà, ti comportassi come se non lo stesse facendo. C’era qualcosa di famigliare, ma lo ha lasciato andare subito dopo, tanto che non sei riuscita a percepirlo nemmeno. ❝ Non ne vedo la necessità, vostre alte-❞ ❝ Sono io ad insistere questa volta. State molto a cuore a mia sorella quindi non vedo perché non concedere il beneficio del dubbio.❞ Ti sei sentita un giocattolo nelle mani di inquieti giocattolai… Ma forse se avessi resistito il tempo di un drink ora non avresti dovuto più rivederli in futuro. Ti sei annotata mentalmente di chiedere ad Uriel di darti qualcosa per simulare sintomi di un’influenza. Debole e malata non saresti stata più inclusa nel cerchie di quei due.❝ Anche se temo che una festa non sia il luogo ideale. Posso offrirle un the la settimana prossima. Marianne li adora.❞ Tu no invece, tu avevi iniziato ad odiarli proprio perché piacevano a quei due. Marianne annui fragorosamente, dimenticandosi per qualche istante che tu avevi cercato di allontanarti emotivamente da entrambi solo un attimo fa. ❝ Si si~ Mi piace molto come idea! ❞ ❝ Allora così sia.❞ Non hai avuto voce in capitolo per fermare tutto ciò. La tua mente si è maledetta per l'ennesima volta per la tua distrazione e semplicemente hai pensato a un altro piano. Dovevi solo far fallire il the party giusto?
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Il tuo piano era fallito ancora prima che potesse iniziare davvero. 
Non è passata neppure una festa a corte prima che tu fossi tirata nei piani di Marianne e nelle lotte di potere di Rakial. Eppure quello che avevi desiderato era semplice: fuggire. Ma forse non sarebbe stato possibile per te, in questa vita come in quella precedente. Non ti è stato possibile rinunciare ad incontrarli a quel thé che la principessa aveva organizzato. Marianne, Rakial e tu. Speravi che se ne sarebbero dimenticati, poteva capitare e tu di certo non ne avresti fatto una tragedia né ti saresti premurata di ricordarglielo. Ma l’invito ufficiale è infine arrivato e quindi non ti è stato possibile dimenticarlo o ignorarlo. Pensavi che il tuo tono scortese e irragionevole avrebbe fatto desistere la curiosità di Marianne nei tuoi confronti o semplicemente eliminare le tue possibilità come consorte o imperatrice a corte. Ma neppure quello era servito, le parole e spiegazioni di Marianne avevano dato un diverso significato alle tue azioni, comportamenti e parole. Niente è stato compreso come lo hai pensato e Rakial ha espresso solo il desiderio di avere un nuovo incontro, questa volta privato con te. Persone mature vi aveva definite. Se essere matura implica più incontri con lui avresti rinunciato ad esserlo. Ma poi  sono arrivati sempre più inviti e lo stupore degli abitanti del ducato svanì come era arrivato, lasciando solo spazio a Felicità. Eri riuscita ad attirare la benevolenza della famiglia Imperiale portando prestigio di conseguenza anche al Marchesato, e poi alla vicina Vandrova. La maggior parte erano eventi  a cui tu non eri invitata - o interessata -, incontri con altri membri della famiglia imperiale, dove questi ultimi sembravano apprezzare la tua presenza, una semplice giornata in privato con il principe o occasionalmente Marianne. 
Poi un giorno, non particolarmente grigio  e non particolarmente allegro, ti aveva chiesto di parlare. Solo tu, lui e L’imperatore. Un odore di delusione si era mescolato alla disperazione e alla rassegnazione che non avevi possibilità di fuggire da questo. ❝ Vieni cara, accomodati.  ❞ Il salotto era accomodante ma non accogliente come avresti pensato, e il tono di voce dell’imperatore aveva più o meno lo stesso effetto solo molto peggio. Non c’erano posti in cui tu potevi  sederti per stare lontana da Rakial e la disposizione accurata del servizio da the suggeriva che saresti stata vicino a lui. Ti sei seduta con un leggero malumore che nascondi per quello che riesci. Rakial prende un sorso di the con quell’espressione di chi finalmente riesce ad avere il controllo di qualcosa. Come se per la prima volta dopo una vita intera, qualcosa andasse per il verso giusto. Come era stato deciso e programmato.
❝ Non è molto tempo che frequenti il palazzo, vero? ❞ Hai spostato lo sguardo sull’uomo quando ha iniziato a parlare e ti sei trovata a concordare con la sua affermazione, anche se tu non l'avevi mai desiderato. E non sei stata neanche desiderosa di ampliare la cosa anche nella tua vita precedente ❝ Esatto vostra Maestà. ❞ Lui rise alla tue parole distanti e formali. ❝ Penso che dopo oggi tu possa far cadere le formalità, (nome) cara…❞  Lo avevi previsto arrivare, non eri una persona così ignara dopo tutto, ma ti ha spiazzata ugualmente. ❝… Vorrei un fidanzamento immediato da te e Rakial. ❞ Hai stretto i tessuti della gonna morbida che scivola ancora delicatamente lungo le tue gambe. Smetti solo quando la mano del principe si è posata sulla tua per frenare un qualsiasi attacco che avresti avuto successivamente. 
❝ Ma so anche delle tradizioni di Vandrova, quindi ho chiesto già in precedenza la vostra mano a vostro padre.❞ Non eri una che seguiva le tradizioni ma questo non ti ha impedito di farglielo credere, ovviamente. Il periodo di corteggiamento a Vandrova era qualcosa di serio e iniziava l’interesse dall’uomo fino alla richiesta della mano della futura sposa, questo processo durava circa qualche mese se non anni in molti casi e avvolte la sposa poteva esserne inconsapevole. Decisamente non lo hai visto arrivare, ma come potevi aspettarti che volessero procedere alla maniera di Vandrova.  Infondo calcolando il tempo che avevi passato dal tuo vero primo incontro in questa vita con Rakial non erano passati molti mesi. Quindi era qualcosa già programmato. Il vostro incontro a quel ballo era programmato, e avresti giurato che anche nel tua vita passata fosse programmato.❝ Non capisco, vostra Maestà. Cosa ci avete visto in me. Infondo avrebbe più vantaggi per il paese a sposare una principessa di Vandrova e non una comune nobildonna.  ❞ L’imperatore non si fermò e prese un sorso della bevanda ambrata che gli era stata servita. ❝ Non è qualcosa che ti deve preoccupare. Abbiamo già preso accordi con Vandrova.❞
Giusto. 
Il fatto che tu avessi cambiato vita non voleva per forza dire che loro sarebbero cambiati. Come allora, nemmeno adesso ti avrebbero detto quale era l’intento reale. ❝In ogni caso, sarà organizzata una cerimonia per annunciare ufficialmente il fidanzamento… ❞ Hai smesso di ascoltare persa nei tuoi pensieri. Hai annuito forse occasionalmente. Hai rimescolato i pensieri varie volte negli ultimi mesi. Niente che tu avevi progettato sembrava funzionare. Una sensazione di insensibilità ti percosse le braccia, e poi tutto il resto del corpo. Ogni speranza stava lentamente svanendo. Non eri riuscita a cambiare niente, eri esattamente allo stesso punto della prima volta, solo prima del previsto e con la consapevolezza di quello che sarebbe successo.Niente di quello che suggeriva Uriel, e niente di quello che proponevi ad Uriel sembrava funzionare. Tutto  questo sembrava solo sempre più prevedibile a Marianne e al resto della sua famiglia  che sventava tutto e ti gettava sempre più verso Rakial, che a sua volta sembra infatuato dalla tua sola presenza. Sarebbe stato troppo chiedere all’unica persona che era davvero tua amica di far qualcosa contro di Loro, in fondo era al loro servizio. Davvero non c ‘era nulla che tu potessi fare per fuggire…
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❝ Rimani qui vado a prenderne un altro. ❞ Rakial ti ha passato il suo  calice di vino chiaro, leggermente rosato, forse qualcosa di più tendente al lilla. Un misto di frizzante con profumo di fiori, che sapevi non essere  normale.  Non era di certo qualcosa che poteva piacere a qualcuno come Rakial. No. Eri certa che non gli piacesse, lo aveva fatto intuire chiaramente in passato e nella tua scorsa vita. Non era decisamente normale, questo era più simile all’odore di un veleno così familiare che potevi quasi esserne compiaciuta. Hai visto una certa ironia, il veleno che avevi usato anticamente per cercare di ucciderlo era dentro il suo bicchiere che ora era nelle tue mani.
Aconito.
Non ricordavi che avessero mai attentato alla sua vita in questo modo, o lo avevano nascosto bene o semplicemente non era mai accaduto in origine. Ma non fa alcuna differenza domandarselo, solo tu possedevi ricordi della vita passata quindi anche se lo avessi chiesto nessuno ti avrebbe dato credito al tuo farneticare. Forse saresti solo considerata pazza o delirante, o ancora avrebbe attribuito la colpa allo stress per l’organizzazione del fidanzamento. Hai fatto girare il liquido all’interno del bicchiere con mosse casuali pensando a cosa farne. Era fuori discussione che lo avvertissi, saresti stata classificata nel problema, e di certo non saresti riuscita a scambiarlo senza che sospettasse qualcosa o che sospettasse di te in generale . Potevi rovesciarlo, ma era pericoloso anche per contatto. Quindi la cosa meno naturale ma la più plausibile per te era ingerirlo, ed è quello che hai fatto. Tutt’uno fiato, prima dell’arrivo di Rakial e Marianne. 
Secondo quello che potevi ricordare da quello che ti aveva detto Uriel, aveva un’azione abbastanza veloce, circa 30 minuti. Il che dava tutto il tempo a Uriel, sempre al fianco di Marianne, di evitare di intervenire per salvarti se mai l'avesse scoperto. Era il vostro patto, non vi sareste  messo i bastoni tra le ruote e vi sareste aiutate fino in fondo. Avrebbe creato uno scandalo? Ovviamente. Ne saresti uscita viva? Speravi di no. Ti sei ricomposta quando sono arrivati, ed hai solo finto che stessi guardando l'esibizione della violinista sul piccolo palco a margine della sala da ballo. Offri un sorriso di cortesia mentre Rakial ti parla ❝ Se avevi cosi sete potevi dirmelo ti avrei portato un altro bicchiere.❞ Quale comune figlia di un Marchese chiederebbe mai ad un principe di portarle da bere. Ma lui forse ti aveva semplicemente messa sul suo stesso piano da quando si era iniziato a parlare di un certo fidanzamento. 
❝ Non ce ne è bisogno.❞ Hai risposto il più educatamente e distantemente possibile. Probabilmente se avessi ingerito altri liquidi avresti rallentato il processo del veleno. Il tuo sguardo si posa brevemente su quello di Uriel che ti stava guardando come chi stava cercando qualcosa e un’espressione di consapevolezza lo colpì. ❝ Lady (nome) siete sicura di stare bene?❞ Uriel aveva iniziato a chiamarti con una tale distanza da quando hai iniziato a far parte delle cerchie di Marianne. Raramente siete riuscita a rimanere da sole quindi la normalità è diventato questa. La domanda del mago era sospetta, e forse era un campanello di allarme per i due reali. Erano passati più o meno 25 minuti da quando avevi ingerito il veleno, e sentivi già una certa fatica e difficoltà nel respirare, ma ti sembra di starlo nascondendo discretamente. Forse anche il tuo incarnato non aveva un bell'aspetto, dato che Rakial è impallidito quando passò da guardare il mago a te con un sguardo di terrore. ❝ Tutto bene, devo essere solo stan-❞ ❝ (Nome) parla.❞ Hai guardato il principe, come a dargli la colpa. Il tuo sguardo gli stava dando la colpa e lui forse stava arrivando alla soluzione senza che tu parlassi per forza. Ti sei sentita in colpa di avergli dato la soluzione. Non la meritava. Doveva sprofondare nella disperazione come avevi fatto tu.
❝ Ce ne andiamo. Abbiamo bisogno di un medico. ❞ Forse era comune per la famiglia imperiale rischiare la vita in questo modo, e da quello che potevi ricordare potevi confermarlo. Ed ora che hanno sventato per miracolo ‘ l’attentato’ nei confronti di Marianne tutto il protocollo per questo genere di attentati era decisamente più tempestivo. Ti sei allontanata e sentivi le tue gambe tremare, come se non riuscissi più a reggere il tuo stesso peso. Metti le mani avanti per allontanarlo, tutto gli avresti concesso ma toccarti era fuori discussione. Il solo pensiero ti aveva causato del ribrezzo. ❝ Vostra altezza ve l’ho già detto, sto bene. E’ solo stanchezza.❞ Hai fatto un passo indietro quando Rakial ne ha fatti due in avanti, questo è quello che le tue gambe ti hanno concesso nonostante il peso che sembravano portare di colpo. Nessuno nella sala sembrava accorgersi di quell’avvenimento e ti stava bene così. ❝ Non stai bene, devo portarti via. ❞ Lui non doveva fare proprio niente, non aveva nessun obbligo verso di te. Tu eri solo una sorta di dovere politico e non volevi essere trattata come se fossi una fidanzata o un’amante. ❝ (nome) ti prego ascolta il fratello.❞ Questa volta è stata Marianne ad intervenire, con quell’aria preoccupata, o era finta? Ogni sua espressione ti sembra finta o calcolata, quindi immaginavi non facesse eccezione nemmeno questa volta. Nemmeno quando tu eri in difficoltà, e non volevi il loro aiuto. 
Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi Non lo volevi.
Ti senti delirante mentre la tua mente inizia a sfarfallare in mille tonalità diverse dalla realtà che sapevi di conoscere e ricordare, hai percepito  un brivido percorrere la tua spina dorsale. Tisei ripetuta che fosse normale, d’altronde avevi ingerito del veleno.❝ Vi ho già detto che sto bene! ❞ E’ arrivato il secondo principe che forse sembrava aver compreso che qualcosa non andava. Hai fatto un’altro passo indietro mentre Marianne spiega spaventata la situazione al secondo principe. Il passo successivo, più faticoso del precedente, è stato il tuo ultimo. Sei caduta a terra tremante, permettendo al principe di avvicinarsi senza difficoltà, o almeno quasi. ❝ FERMO DOVE SEI, NON TI AVVICINARE!!!❞Hai urlato disperata attirando inevitabilmente gli sguardi della sala, che piombò nel più gelido dei silenzi. Rakial si era avvicinato quasi del tutto, solo qualche metro lo teneva distante e incapace di aiutarti. Il suo sguardo mutò dalla preoccupazione alla fredda sorpresa. Hai tossito portando la mano alla bocca. Una sostanza viscosa ha bagnato la stessa mano e hai compreso il perché dello sguardo di Rakial. Hai sentito la tua mente scivolare e vibrare verso qualcosa di insensibile. Il bicchiere in vetro che tenevi in mano ti è scivolato dalla mano che ora era diventata altrettanto insensibile. Stavi lentamente cadendo nell’oscurità, riservi uno sguardo al principe che stava parlando. Non riuscivi a sentire quello che voleva dire, era tutto ovattato al punto che niente era udibile. Hai visto più persone intorno a te che volevano aiutarti. Non sei  riuscita a riconoscerli. 
Hai maledetto a bassa voce lo stordimento e il fischio in fondo alla tua testa man mano sempre più forte, fino a sparire nella tua mente. In realtà tutto è svanito in quella placida e confortevole oscurità oscurità.
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Hai canticchiato al mago che entra nella tua stanza, o maga, non ti era chiaro, ma non aveva ugualmente importanza. Il tuo aspetto non era uno  dei migliori e i tuoi vestiti non erano tirati a lucido come i capelli e il trucco. Eppure a nessuno dei due poteva davvero importare. Ti sei unicamente permessa di essere felice di un viso amico. ❝ Oi (nome), hai finito di saltare le lezioni?? ❞ Non era il modo di riferirsi alla figlia di un Marchese ma a te non fa molta differenza. Non eravate mai stati nobile e mago, solo semplici amici. Getti la testa all'indietro e posi il tuo indice lungo e fino sotto il labbro inferiore. ❝  Non ero semplicemente interessata a quello che aveva da dire quella vecchiaccia❞ Una risata esce soave dalle labbra del mago e semplicemente ti porge un libro. 
I caratteri del titolo sono illeggibili a causa dell’usura. Il cuoio era nero e complicati intrecci dorati percorrono il dorso usurato . Forse anche il titolo una volta aveva lo stesso colore scintillante. Le pagine ingiallite erano costellate di segnalibri. Alcuni con colori vibranti, altri più polverosi, altri ancora erano dipinti di fiori esotici altri invece di erbe che non potevi riconoscere.❝ Cosa dovrei farci? ❞ ❝ Apri dove c’è quello nero.❞ Tra i vari colori c’è un solo segnalibro nero, l’unico in realtà, ma risaltava poco con il cuoio scuro della copertina. Hai preso lo spunto per aprirlo e vedere un misto di parole stampate con inchiostro - per lo più date - scritte quasi del tutto illeggibili e sbavate, e infine diverse immagini della stessa pianta, in fasi diversi della sua crescita e in diversi utilizzi. ❝ Aconito?❞ ❝ Già❞ Hai riflettuto attentamente dopo aver letto il titolo. Ti sei soffermata su ogni lettera per essere certa di aver letto bene. Hai cercato attentamente a cosa volesse dirti mostrandoti quelle pagine ❝ E cosa dovrei farci?❞ Forse lo stava aspettando, infatti i suoi occhi brillarono alla domanda. Con quell’eleganza che tanto lo caratterizzava spostó il libro in mezzo, indicando un disegno. Era fatto con inchiostro e quello che sembrava gesso colorato. Il fiore raffigurato era al massimo della sua fioritura e bellezza - come scritto brevemente nella descrizione. ❝ Beh, vedi cara futura marchesa, - cita sempre il tuo futuro titolo ogni volta che aveva qualcosa di grandioso da dire -  l’aconito è una pianta estremamente tossica per un essere umano, eppure estremamente comune qui a Edenverre… ❞ Non capivi ancora cosa voleva dirti, ti stava mostrando così casualmente una qualsiasi pianta nociva per lei, come per il mago e pretendeva che lei capisse. ❝ Uriel non mi piace quando generalizzi in questo modo. Parla chiaramente.❞ Il ragazzo rise e sposto il dito su una riga specifica del libro. Non aveva molto di straordinario, non era evidenziata da qualche segno e non aveva appunti ai margini che le spiegasse qualcosa che la facesse sembrare importante e difficile.
❝ L’aconito ha tossine che agiscono sul sistema nervosa, tuttavia è estremamente lento nell'agire e facile da riconoscere gli effetti… ❞ Iniziò a leggere le righe che aveva indicato, e il fatto che la stesse tirando per le lunghe ti stava innervosendo. ❝ …Ma se lavorata in un preciso modo, può diventare un veleno letale, senza molti sintomi visibili e difficile da rintracciare. ❞ Terminato di leggere, ha estratto una ampolla trasparente da una delle tasche della sua veste da mago. Sull'etichetta era scritto aconito con diversi disegni sbavati. Il vetro dell’ampolla era opaco ma si poteva ancora distinguere il colore lilla del liquido. Il tappo il sughero era sigillato a dovere con sostegni di cordicelle e quella che sembrava resina.❝ E il fato vuole che io sia riuscita a distillare quella pianta fino a renderla un veleno ancora più letale. Non è stato affatto semplice, sai? E solo tu lo sai! Ritieniti fortunata per questo, non tutti avrebbero questa fortuna.❞ Hai alzato un sopracciglio perplessa, non per le sue manie di protagonismo o per il suo ego smisurato, ma semplicemente per quello che ti ha presentata.❝ E con questo? Mi stai per caso dicendo che vuoi uccidermi? o che vorresti morire così un giorno? Non sei molto furbo se questo è il tuo scopo!❞ Un sorriso sghembo si aprì sulle tue labbra, alla sfacciata affermazione. Solo successivamente scoppiata a ridere insieme al ragazzo, dopo che lui ti aveva rimproverato per la tua scarsa fiducia in lui.
Il suo caschetto di capelli ruggine andò a coprirgli parzialmente il viso per le risate. Neanche il fermaglio posizionato su uno lati, era servito per impedire che succedesse e i suoi occhi corvini lacrimavano per lo sforzo, mentre la sua pelle olivastra assume tonalità rossastre. ❝  Davvero niente del genere. Ho solo pensato che se volessi uccidere qualcuno… potresti utilizzare questo così io saprei che sei stata tu e ti aiuterei a farla franca. E lo stesso se dovesse succedere a me.❞ Ti consegnò l’ampolla legata ad una cordina in metallo. Era una specie di ammonimento questa frase, come a prenderti in giro per la tua audacia sfiducia in lui, eppure tu lo avevi preso sul serio. Poi anche Uriel ha inizia a pensarla come una cosa seria. ❝ E va bene. Ma non pentirtene se dovessi uccidere il principe in persona.❞ ❝ Anche in quel caso ti proteggerei….
a proposito!❞ Ti sei allarmata quando si è alzato di scatto, serrando il libro e spingendolo sulle tue gambe. Inchioda i pugni ai fianchi per mettere in evidenza la nuova veste da mago, fluida e scura, decorata con dettagli preziosi e luminosi. ❝ Allora che ne pensi? Sono stato promesso a mago personale della Principessa Marianne.❞ Ricordavi quel nome, era una qualche figlia dell’imperatore che era stata trovata di recente e introdotta al castello imperiale. Per quanto ne sapevi aveva appena 8 anni, e aveva insoliti occhi dorati e capelli candidi, ma non sei davvero tipo da semplice gossip di corte. Avresti a mala pena ricordato i nomi dei principi e delle principesse, figuriamoci una comparsa dal nulla da qualche breve periodo.
Ogni membro della famiglia imperiale aveva diversi maghi che lavoravano sotto i loro stretti ordini. Ognuno un numero diverso al loro comando, dipendeva per lo più dall'importanza e la vicinanza al trono. Il principe ereditario -il più anziano tra i figli dell’imperatore- era quello che ne possedeva di più, anche se non si sentiva molto parlare di questo. Lo sapevi solo grazie alle chiacchiere della nobiltà più alta che incontravano i tuoi genitori e da questi ultimi.
❝ Sono stato proposto dal mio insegnante e sono stato preso. Sono il primo. ❞ Sembrava così orgoglioso che era quasi un peccato mandarlo giù dalla sua nuvola di fantasia. Hai riso quasi intenerita.❝ Primo e unico, è troppo indietro della linea successione per avere importanza per Imperatore. ❞ ❝ Almeno che non diventi una Santa, allora avrebbe un numero pari a quello del Principe Rakial❞ 
Ti sei voltata brevemente a guardarlo  e molte parole non dette potevano essere udite. Ha accennato per un motivo concreto questa volta. Non è una di quelle cose che ti viene da supporre tutti i giorni. Non tutti i giorni una principessa diventa una Santa e dubitavi fosse mai accaduto. ❝ Ha una fede solida, e inoltre… l’ho vista compiere dei gesti pari ad un miracolo.❞ Sei rimasta in silenzio guardando il ragazzo ❝ In più è stato provato che non è una maga. ❞ Poi hai guardato il libro. ❝ … Penso anche su una santa possa funzionare questo veleno no?❞ Hai riso e Uriel rimase basito sul tuo cambio precoce di argomento. Un rimprovero ti arrivò dal mago che proteggeva la principessa che avrebbe servito. Era il suo compito come suo mago farlo, eppure non era qualcosa di serio. 
Non avete più parlato di quello e hai nascosto l’ampolla di veleno, eri incurante che davvero ti avrebbe dato almeno un pò di soddisfazione nella tua vendetta.
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Ti sei svegliata con la testa che pulsa, e con la malinconia e il tradimento di un vecchio ricordo. Apparteneva alla tua vita precedente. Ne eri più che certa di questo, nonostante l’intrecciarsi di queste vite che ti ha portato confusione e uno strano rimescolamento di ricordi, tuttavia potevi ancora ricordare che non eri mai tornata  così indietro con la tua età questa volta. Hai lavorato duramente per cercare di trovare una posizione più comoda per i tuoi arti pensanti e doloranti solo per trovare difficile anche solo il pensiero di dover compiere un tale sforzo. Come se una decina di macigni  fossero stati posizionati su ogni parte del corpo per rallentare i tuoi movimenti. Estremamente doloroso. Anche il semplice aprire gli occhi era faticoso, ma hai ugualmente portato a termine l’azione. Il pensiero del veleno che avevi ingerito è ritornato come una maledizione e la sensazione dolce del liquido con il frizzante del vino persiste ancora in bocca, forse senti anche il sangue. Un secondo ti sei chiesta cosa fosse successo dopo essere svenuta. Come avessero fatto a salvarti, in che condizioni eri durante tutta la tua incoscienza. Rakial ha pianto per te o semplicemente ha ignorato il tuo malessere una volta che il pubblico si era dissipato? Non eri certa lo avresti ami scoperto veramente, ma ha comunque una sottile e indifferente importanza.
La stanza in cui eri, era buia, ma ancora si può intravedere dei raggi penetrare da qualche buco tra le tende spesse che coprivano le finestre. Non sei riuscita a riconoscere la stanza in sé, ma l’arredamento  costoso e antico dalle tonalità del blu reale e del bianco perlaceo ti hanno suggerito che era l’ala del castello riservata al principe ereditario. Negli ultimi anni della tua vita, prima di venire considerata colpevole, avevi soggiornato in questa ala  del castello. E per quanto puoi non avere una buona memoria quello stile era inconfondibile. Per qualche ragione ti sei sentita ancora più vulnerabile e ingabbiata. ❝ Ti sei svegliata finalmente!❞ Ha parlato qualcuno e hai semplicemente spostato lo sguardo sulla figura alla tua destra, senza la possibilità di completare qualsiasi altro movimento. Rakial, in uno stato disastroso e disordinata,  sedeva su di una sedia vicino al letto in cui eri adagiata. Il suo abbigliamento era lo stesso della festa solo mancava la giacca elegante e le medaglie ornamentali. ❝ Hai la minima idea di quanto mi hai fatto preoccupare. Io e Marianne!  ❞ Era sempre lei, lei e Rakiel, che riguardava, mai te direttamente ma ormai ci eri abituata ❝ Per fortuna quel mago è riuscito ad aiutarti…❞ Si mise le mani sui capelli in modo frustrato.
Era palese che si trattasse di Uriel. Da sempre era interessato ad argomenti macabri e atipici, ma forse era per quello che era riuscito ad essere riuscito ad essere riconosciuto come un grande mago. I suoi interessi e curiosità lo hanno portato a scoperte e progressi mai avvenuti prima. Questo in passato ha solo favorito la fama e il prestigio di Marianne. Già… Uriel era proprio una persona bella e straordinaria, e per quanto i fini di Marianne fossero macabri lui aveva mantenuto una certa integrità e fascino , ma non aveva comunque mantenuto la sua promessa. Ma la cosa ti era solo adesso. Ti sentivi tradita, tradita dall’unica persona di cui ti fidavi e che credevi non ti avrebbe mai consegnato alla famiglia imperiale. Ma forse il giuramento alla corona valeva più della vostra  lunga amicizia… 
…Poi hai realizzato. Una freccia che ti ha trapassato il cuore e l’orgoglio… È stato Uriel a mettere il  veleno nel bicchiere di Rakiel ma in realtà era sempre stato  destinato a te. È stato Uriel a salvarti per conto del principe, lasciando una buona impressione del vostro rapporto da fidanzati. Uriel aveva deciso che tu meritassi di stare in questa famiglia. Uriel ti aveva condannata a un ciclo infinito di dolore. Lui ti aveva indotto a ripetere questo destino. Non hai pianto, per quanto ne sentissi il bisogno, era qualcosa che ti è difficile fare e che non ti eri ancora abbassata fare. Il tuo più grande amico aveva deciso il tuo futuro al tuo posto, e non mettevi in dubbio che ci fosse Marianne dietro a tutto questo. ❝ Marianne era così preoccupata per te. Era qui fino a qualche minuto fa… ti vede già come una sorella. ❞
❝ Credi davvero che io sia così stupida da non averlo capito?❞
Ti sei coperta gli occhi con il braccio. Eri stanca fisicamente e mentalmente, e il veleno che dovevi ancora smaltire insieme alla sola presenza del principe aveva reso il tuo mal di testa solo più doloroso. ❝ Pensi che non sappia che siete stati voi a pianificare tutto questo? Forse non sei coinvolto direttamente, ma questo non ti tira fuori da tutto il resto.❞ Una risata amara arrivò al principe seduto ora sul bordo del letto a baldacchino, troppo vicino a te. Hai perso l’istante in cui si era spostato ma sospettavi fosse mentre evidenziava la preoccupazione di Marianne. Potevi soffocare se potessi, ma non ti lascerebbe morire in ogni caso. ❝ Voi di Edenverre siete tutti uguali…❞ Hai sempre preferito dimenticare che anche tu avevi sangue di Edenverre, per il bene tuo e della tua vendetta. ❝ Non so di cosa stai parlando (nome). Penso che l’effetto del veleno non sia ancora scomparso e che tu stia solo delirando. Chiamerò qualcuno per risolvere la cosa.❞ Hai riso un’altra volta, solo più forte. Rakial si è fermato sui suoi passi, quando aveva utilizzato la sua scusa per allontanarsi. ❝ Sai… tutto questo non sarebbe dovuto succedere… o almeno non adesso e non a me...❞ Quando il Principe si voltò per verificare il tuo stato effettivo, ti trovò seduta, le gambe al petto e la testa gettata all’indietro con lo sguardo rivolto al soffitto. Come in attesa di qualcosa, forse stai ancora cercando il modo migliore per dirlo, esiste davvero un modo giusto? 
Un lungo respiro lascia le tue labbra. Il dolore poteva sembra evaporare per qualche secondo, e poi ritornare quando ti sei fermata in quella nuova posizione. Ti sei dimenticata delle giunture e dei tendini rigidi e doloranti, del sangue che faceva fatica a circolare e del tuo respiro lento e affannato. Solo per un istante sentivi di avere un certo controllo. Sentivi di poterlo far sprofondare nella disperazione ma solo per un attimo. Quello racchiuso nella preoccupazione dei tuoi movimenti affrettati e improvvisi.❝ Allora io ti volevo morto… anzi ti voglio ancora morto…❞ continuavi  parlando senza davvero pensarlo ma a questo punto solo la verità ti avrebbe libera… speravi che ti odiasse e ti classificate come criminale oppure mettesse in esilio all’impero. ❝ Eri in fin di vita dopo che che ti avevo avvelenato con il medesimo veleno che ora circola nel mio corpo… ironico non trovate, vostra altezza… ❞ Le tue parole erano anch'esse piene di veleno e lo sguardo della persona che ora odiavi infinitamente di più, era su di te. Un insieme di timore e confusione. Una amara vendetta. 
Ecco forse il poter essere libera non ti bastava più o semplicemente perché sapevi di non poterlo avere. Ti sei rassegnata alla cruda realtà. Tu non saresti mai fuggita da lui. Da lui e da Marianne. Ora come ora la vendetta suonava in un modo decisamente più melodioso e possedeva un sapore più dolce e freddo di quanto potessi ricordare. Li avresti portati all’inferno con te. ❝ Aconito… Normalmente non sarebbe stato così difficile da individuare, ma distillato nel modo giusto può silenzioso e imprevedibile e molto più letale…❞ Tu eri viva per miracolo. Solo perché era stato Uriel a crearlo ed eri certa avrebbe creato anche un antidoto o un modo per fermare il veleno. Hai preso fiato, è difficile parlare in una linea scorrevole quando i tuoi polmoni non erano in grado di reggere anche solo una normale respirazione.. ❝ … Era il nostro codice. Lo avevamo deciso una volta. Non saremmo dovute intervenire l’una con l’altra, solo aiutarci a portarlo a termine.❞ Ti sei fermata e il sorriso insieme alla risata scomparvero con la stessa velocità con cui erano apparsi. Gli occhi sono freddi e indecifrabili, nessuno avrebbe mai potuto dire cosa stessi pianificando. Niente era leggibile nel tuo comportamento.
A questo punto Rakial doveva aver capito che si trattava del mago di Marienne. Gli aveva raccontato tutto, come gli era stato ordinato da Marianne, di questa promessa e che non sarebbe dovuto intervenire e nemmeno lei. Uriel aveva messo il veleno sotto ordine di Marianne e (Nome) lo aveva ingerito di sua volontà. Tuttavia Uriel aveva infranto questa strana promessa infantile e aveva seguito l’ordine datogli di salvarti. Ti sei voltata di scatto a guardarlo. La profondità del tuo sguardo lo colpì ancora di più. Infatuato e perso per la donna che lo voleva morto. Se ne avesse la possibilità e i mezzi lo avrebbe ucciso all’istante e ancora poteva trovarlo piacevole e intrigante. La sua fidanzata lo voleva morto, ironico e stupendo. Non era spaventato, solo sorpreso e affascinato. Ne voleva di più, non importa come. Non voleva distruggerla, sarebbe finito tutto così in fretta. La voleva per sé da amare e ammirare.  
❝ Se volete tenermi al vostro fianco bene! Ma sappiate che finché avrò vita in questo corpo, non diventerete Imperato e non avrete vita facile.❞
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ragazza-whintigale · 10 months
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𝖄𝖆𝖓𝖉𝖊𝖗𝖊! 𝕸𝖔𝖗𝖙𝖊 𝖝 𝖗𝖊𝖆𝖉𝖊𝖗 𝖝 𝖄𝖆𝖓𝖉𝖊𝖗𝖊! 𝕿𝖔𝖉 𝖝 𝖄𝖆𝖓𝖉𝖊𝖗𝖊! 𝕲𝖔𝖊𝖙𝖍𝖊
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𝕺𝖕𝖊𝖗𝖆 ➵ Soundless Cosmos
𝕬𝖛𝖛𝖊𝖗𝖙𝖊𝖓𝖟𝖊 ➵  Prigionia, Tortura,  inganno, manipolazione, relazione tossica, morte (accenno), tocco non consensuale, dinamiche yandere.
𝕻𝖆𝖗𝖔𝖑𝖊➵ 3448
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Il suo corpo doleva come mai prima d’ora, e sinceramente non era poi così sicura di poter durare a lungo, ma non  è come se avesse altra scelta. Provò anche a parlare e a chiedere un aiuto, ma la sua voce semplicemente non usciva, non sapeva se era per la gola secca o la posizione scomoda del suo collo. Ha provato a trovare una posizione migliore ma le radici coperte di spine non glielo permisero, riportandola alla posizione originale. O semplicemente come lui voleva che lei soffrisse le sue pene, sempre se potessero essere definite tali. Avrebbe potuto svincolarsi, le radici non erano così strette, tuttavia dubitava di avere dei riflessi così pronti da poter atterrare incolume e poter scappare con la stessa velocità con cui era caduta. Sicuramente le liane scure l'avrebbero facilmente ripresa e portata in un nuova posizione solo più dolorosa della precedente. Ecco cosa lui voleva, e quelle cose lo avrebbero ascoltato ciecamente. 
Non erano senzienti come aveva pensato una volta, era come una parte non del tutto autonoma dello stesso Mietitore. Avrebbe voluto affievolire il suo peso ma dubitava seriamente lui l'avrebbe permesso dopo la sua ultima scappatella.  Era un individuo strano e di certo era sicura che quella posizione non era per umiliarla o denigrarla, solo per farla soffrire o semplicemente per il suo bene come avrebbe detto Morte.
Chiuse  gli occhi, forse se fosse caduta in un sonno profondo avrebbe potuto alleviare le sue sofferenze, ma non è così, ❝ Sei stanca? ❞ Il tono era basso e lugubre, come se volesse incutere più timore di quanto lei già non provi nei suoi confronti. Ma sapeva che non stava cercando di spaventarla, era capace di ben altro se voleva farlo seriamente. Per lei, il maggiore tra i tre era l’incarnazione della morte, forse non era un caso che ne portasse anche il nome. 
La domanda forse era retorica, sperava che lei gli avesse detto di sì e lui l’avrebbe portata a riposare da qualche altra parte. Ma non sarebbe successo. Non lo degno di particolari attenzioni, né un cenno, né la semplice apertura degli occhi. Forse lo aveva preso come un si, il silenzio era sempre la risposta più comoda che andava a lui e che lei non voleva davvero dire. Rigirò una ciocca dei suoi capelli tra le dita, mentre rifletteva per un attimo, o forse semplicemente sperava che lei gli avrebbe reso solo le cose più semplici pregandolo di lasciarla andare. Forse con qualche promessa di non cercare più di scappare, ad una loro minima distrazione, ma che lei non avrebbe mai mantenuto del tutto. Ma sapeva che non sarebbe stato così in nessuno dei casi. Lei non avrebbe fatto quella promessa e non avrebbe smesso di cercare scappare.
Le accarezzò i lineamenti del viso con la stessa cura che avrebbe usato con i propri fratelli. A volte poteva dare l’impressione che lui l’amasse in qualche modo contorto. In fondo Tod non era in condizioni così differenti, solo per motivi e scopi diversi. ❝ Fa male? ❞ Lei aprì gli occhi di scatto e lo sguardo con quell’aria stanca eil suo unico occhio presente brillato del solito rosso, solo più intenso e luminoso. Era ovvio che facesse male, lui l’aveva fatto apposta per lei provasse dolore. Quindi perché mai avrebbe dovuto fingere che non lo avesse fatto? In tutta quella confusione avrebbe potuto dire di sì e forse lui l'avrebbe portata in un posto più accogliente per riposare, ma avrebbe voluto dire dargliela vinta. ❝ Se davvero ha fatto così male allora dovresti solo pregare per far finire tutto. ❞ Forse un po’ per la posizione e un po’ per la situazione in se, per corse con il dito il tratto di mascella partendo dal mento per finire nell’orecchio, dove la frase era stata sussurrata in un soffio leggero. Hai rabbrividito, sapevi che un mietitore aveva la pelle fredda, ma ora come ora lo sembra di più o forse era solo la stanchezza a farti percepire tutto così fastidiosamente. Hai socchiuso le labbra, sentivi che dovevi dire qualcosa, qualsiasi cosa sarebbe andata bene per fargli capire. ❝ M-mor-te… ❞ Aspettò qualche altro breve secondo dove le sue mani sfiorarono ancora insistentemente il suo viso e poi sospirò. Non sembrava particolarmente colpito. Esitavi, ancora, quindi forse c’era ancora qualcosa che ti tratteneva. ❝ Eh va bene…❞ Lasciò ricadere la mano nel proprio fianco, e ti diede uno sguardo disapprovazione. Forse pensava che sarebbe stato facile come lo era con i suoi fratelli, che lei gli avrebbe obbedito ciecamente subendo tutto quello che lui aveva in mente per conformarla ai bisogni suoi e dei suoi fratelli. ❝ Ci vorrà ancora un po’ di tempo.❞ Ed uscì dalla stanza, forse aveva qualche anima da mietere o semplicemente si era stancato di perdere contro un essere umano ottuso.
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Non si era accorta subito ma qualcosa non andava. Di solito era Morte l’unico che poteva entrare. Goethe era davvero troppo impulsivo l’avrebbe liberata già da tempo, e probabilmente lei avrebbe solo infranto nuovamente le loro regole. Tod invece era ancora in fase purificazione, questo aveva detto Morte. Un inganno? Dubita fortemente, eppure era certa che i suoi occhi non la stessero ingannando. 
Le spine si erano allentate di colpo lasciando precipitare nel vuoto, si aspettava di morire o solo di essere ferita gravemente dall’altezza a cui era stata sospesa per chissà quanto tempo. Non fu così però. ❝ Pensavo che sapessi far di meglio che far arrabbiare mio fratello. ❞ Era un tono profondo e gelido che non riconosceva, ma poteva riconoscere la voce dietro quel gelo. Ha aperto gli occhi e davanti a lei c’era Tod, poteva davvero credere che la sua vista la stesse ingannando. L’ultima volta che lo aveva visto aveva i capelli più lunghi e un'espressione più calda. Ora era solo gelo. Era rimasta a fissarlo e per qualche motivo si ritrovò a pensare che forse Morte non era poi così male come aguzzino. ❝ Hai intenzioni di fissarmi così ancora a lungo? ❞ Sapeva che lo stava fissando, ma si sorprese di essere aggrappata al suo collo, forse l’unica cosa che davvero non lo infastidiva. ❝ Che ci fai qui? ❞ Le diede uno sguardo di sufficienza, per poi camminare fuori da quella stanza infernale. ❝ Mi sembra ovvio, pongo fine alla tua punizione. ❞ 
Aveva sempre pensato che tra i tre, Tod fosse il meno peggio. Quello da cui si poteva nascondere per evitare di essere toccata in qualche modo da Goethe o per evitare le punizioni di Morte. Non aveva mai davvero funzionato, lui non tradiva i suoi fratelli e loro non avrebbe tradito lui. Lei era quella piccola cosa carina che avevano deciso di tenere con loro e tormentare. Ora però non sapeva se quel pensiero fosse del tutto azzeccato. I suoi occhi viola erano taglienti e fissavo senza particolare interesse la strada davanti a se, i suoi capelli erano di nuovo quel taglio corto che tanto lo caratterizzava. 
❝ Ecco qua. ❞ L’aveva seduta su una sedia imbottita e coperta con qualcosa di caldo. ❝ Serviti, ora come ora non penso tu possa fare molto per scappare. ❞  Voleva dirgli che era colpa sua se era scappata in primo luogo. Lui aveva instillato in lei quella idea, aveva installato piccoli dubbi e parole adoranti a cogliere l'occasione della sua purificazione per scappare. Ma decise comunque di rimanere in silenzio. Morte era un compagno tremendo ma Tod era ugualmente dalla sua parte. 
La tazza era fumante di fronte a sé. Non sapeva cosa c’era dentro e non è come se volesse saperlo ma dubitava ugualmente fosse qualcosa di nocivo. Non erano mai stati così vicini all’idea di mietterla e se davvero lo erano avrebbero preferito baciarla piuttosto che avvelenarla. Prese la tazza e ne sentì il calore avvolgente, pensava che in un posto come questo non esistessero cose calde ma si era ricreduta almeno in parte. Le sue mani al momento era pallide, un colore più da morto che da viva, ma forse era solo una fantasia. In fondo aveva ancora quei segni tra il rosso e il violaceo a confermarlo, fini quasi eleganti se non ne conoscesse la provenienza. Erano in diversi punti sul suo corpo e anche se non poteva vederli sentiva bruciare ancora.
❝ Pensavo che saresti stata più furba di così nella tua fuga… ❞ Rise amaramente Tod, come si ci avesse sperato nella sua riuscita. ❝ Ma ancora potresti esserti affezionata a noi più di quanto vuoi ammetterlo.❞ Non c’era umorismo o consapevolezza nella sua voce, solo un’affermazione gelida e tagliente. Sapeva che non si poteva essere affezionata a nessuno dei tre, li odiava impotente. 
Si era orsa la lingua, come poteva dirle ciò. Era stata tutta colpa sua se aveva tentato la fuga, eppure sentiva ancora il suo stomaco girare come se si sentiva  in colpa. Ancora una volta era caduta in una delle sue scuse. Si voltò di scatto pronta ad affrontarlo, la sua rivolta muore sul nascere quando posò le sue mani sulle sue spalle per portarla alla posizione originale. ❝ Non scaldarti tanto, non servirà a tirarti fuori da questa situazione. ❞ Strofinò il naso su quella porzione di pelle tra il collo e le spalle. Le  mancava il respiro e sinceramente non sapeva come tirarsi fuori da questa situazione. Era decisamente troppo intelligente per dimenarsi e sperare che questo potesse servire a qualcosa se non per farlo arrabbiare. 
Poi la sensazione era sparita, le sue mani dalle sue spalle e il suo freddo naso dal suo collo, era sola e incapace di far qualcosa che non sia aspettare che qualcuno venga da lei.
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Il suo tocco era freddo come quello dei suoi fratelli e lei rabbrividì ❝ Questa volta l’hai fatto davvero arrabbiare. ❞ Se si riferiva a Morte, Goethe aveva ragione, lei lo aveva davvero fatto arrabbiare, non che ci volesse molto a notarlo. Non era un’affermazione così intelligente e spiccata come voleva far sembrare. ❝ Pensa che non voleva che mi avvicinassi a te durante quel periodo.❞ Era ovvio che lo avesse fatto, a differenza dei maggiori, Goethe non aveva un pugno di ferro duraturo. La sua mano scivolò sul suo fianco per accarezzare le curve, non aveva un po’ di pudore sul serio. Non aveva paura di essere infettato dal suo calore o qualcosa di simile, pronunciato da Morte. L'altra mano teneva senza grande sforzo le sue mani sopra la sua testa, era scomodo ma sopportabile, in fondo Morte le aveva fatto passare di peggiore. 
❝ Dovresti seriamente pensare a come ringraziare Tod, in fondo senza di lui saresti ancora la dentro❞ Avevano accennato a qualcosa del genere prima e ora poteva capire meglio come erano andate in realtà le cose. Non che fosse grata a Tod in qualche modo, era sua la colpa in fondo. ❝ C-come..?❞ ❝ Un bacio ❞ Disse beffardo, forse non aveva compreso il vero senso della sua domanda, o semplicemente ha scelto quello che era più comodo per lui. Ci aveva pensato fino in fondo alla risposta che Goethe le aveva dato. Sapeva benissimo che un bacio sulle labbra ad un mietitore portava alla morte, pensava che fosse così stolta da crederci. L’albino  sembrava non sembrava capire cosa le passasse per la testa, mon era il più spiccato dei tre, ma di certo quello che dimostrava più affetto. Afferrando fermamente la sua coscia la trascinò a sé, fino a quando non era distesa sulla propria schiena. Lui era in mezzo alle sue gambe e senza nemmeno sporgersi  molto aveva il volto a poca distanza dal suo. ❝ Un… bacio… ❞ Aveva sussurrato di nuovo a bassa voce, ma lei lo aveva sentito ugualmente. Si avvicinò ancora e le loro labbra erano talmente vicine che sarebbe bastato poco per farle toccare, eri immobile. Sarebbe bastato poco e sarebbe morta. 
❝ Non pensare di poter morire per così poco… ❞ affondó nella sua clavicola lasciandola alquanto sorpresa. Goethe era un individuo volubile, lo era sempre stato, solo ora però era più tangibile. Emise un forte lamento contro la sua clavicola, e la sua pelle vibró.  ❝ Se il fratellone non me lo impedisse non saresti più in questo stato.❞ Non capiva esattamente a cosa si riferiva ma immaginava non fosse davvero rivolta a lei.  Strinse i suoi polsi e anche il suo fianco facendola sibilare per il dolore. 
Si corresse, lui era decisamente volubile. Forse era per quello che voleva andarsene in questo momento, e correre in quella stanza che le avevano riservato. Ricordava ancora quella volta in cui Goethe era entrato di cattivo umore mentre era ancora immersa nei sogni, aveva esigentemente insistito la sua attenzione nonostante il sonno. Aveva discusso con Tod o forse era stato rimproverato da morte, ma aveva molti lividi quindi immaginava la seconda. Da un lato poteva ritenersi fortunata di essere un essere umano, Morte non avrebbe rischiato di ucciderla con tali modi. 
I pensieri vennero dissipati quando cadde di peso sopra di lei, emise un suono strozzato mentre cercava di dimenarsi. ❝ Allora vorrà dire che dovrò godermi quello che ho. ❞ Parlò di nuovo a se stesso, o forse era rivolto a lei? Non riusciva più a capirlo, e non avrebbe cercato di farlo oltre.
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Ci aveva pensato molto da allora. Lei non aveva mai valutato la possibilità di uccidersi. Aveva sempre definito la propria vita più valida della morte, per questo, anche se in modo pietoso, aveva continuato a vivere. Ora però non era più così convinta, che lei viva o muoia non avrebbe fatto differenza a nessuno se non ai tre fratelli. Forse l’idea di porre fine alla propria sofferenza e prolungare quella dei tre non era poi così male, suonava quasi invitante. Si mosse su se stessa per poi voltarsi verso la figura dormiente di Tod. La mano era posata sul suo fianco per tenerla più vicina a sé. Non sapeva cosa era successo ma sembrava stanco, talmente stanco da non curarsi se lei fosse stanca di star lì o meno. Ma erano sempre stati egoisti nei suoi confronti. 
Poi si era ricordata che esisteva qualcosa di indolore, che solo loro avrebbero potuto attuare per mettere fine alle sue sofferenze. Si alzò sul proprio busto per poi sporgersi verso di lui. Tod era bello, ma tutti e tre lo erano in fin dei conti. Non poteva essere così male baciarli vero? Si sporse ancora un po’, ma non molto. Sapeva benissimo che l’orecchino di Tod era l’occhio di Morte, con cui lo teneva d’occhio. Ci ripensò per un attimo, Morte non stava dormendo come Tod, se no, sarebbe stata con lui. Tuttavia era anche vero che se mai l’avesse vista baciare Tod non sarebbe mai arrivato in tempo per fermarla. Gli istanti di riflessione sono diventati minuti interminabili, in cui due parti di lei si stavano scontrando, però si stava avvicinando al viso dell’albino più veloce di quanto si aspettasse, ma mai così veloce da far terminare il tutto in fretta. 
Era a poca distanza… poi le loro labbra si scontrarono. La (colore) mosse lentamente le labbra su quelle di Tod e quasi si sorprese di essere ricambiata. Le mani dell’albino strinsero ulteriormente la vita della ragazza facendola aderire al suo corpo. Si staccò velocemente solo mettere più distanza da lui
Era sveglio e lei era ancora viva. Pensava non lo fosse oppure lo era sempre stato, forse era per quello che aveva avuto tutta quella libertà. Avrebbe potuto muoversi e scappare in qualsiasi momento e se Tod non se ne fosse accorto lo avrebbe fatto Morte. L’orecchio era rivolto verso la unica porta d’uscita, quindi avrebbe vista. Ma poi si ricordò che era inutile perdersi in pensieri superflui. 
Lei semplicemente non dovrebbe essere viva. ❝ Io- ❞ ❝ Oh su! Non fare quella faccia. Avresti dovuto immaginarlo.❞ Aveva ragione. Avrebbe dovuto prevederlo ma non lo aveva fatto, era troppo persa nei suoi pensieri per farlo. Lo sguardo di Tod era affilato e leggermente canzonario… forse voleva ricordarle dove e con chi si trovava e che una cosa prima o poi sarebbe stata inevitabile. E forse lei non avrebbe potuto ricordarlo neppure, sempre grazie a loro probabilmente. ❝ È meglio che ti prepari. ❞ ❝ Per cosa? ❞ Lui non rispose alla sua domanda e lei non ebbe il tempo di rifarne un’altra, dopo che Morte apparve in modo teatrale nella stanza. C’era anche Goethe, ma di certo quello più spaventoso era Morte.
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Ora aveva tutto più senso o forse no? Non poteva essere del tutto umana, oppure sarebbe stata chiamata anche lei piccola cosa disgustosa come Xiaochao. Poteva anche spiegare in parte anche il comportamento di Morte e la simpatia di Goethe per lei . Lei non era umana o almeno credeva di esserlo stata per una buona parte della sua vita fino ad adesso. Loro però non sembravano così dispiaciuti della scoperta, come se lo sapessero già in qualche modo. Ora poteva supporre che avessero cancellato i suoi ricordi per qualsiasi cosa che aveva fatto di sbagliato, era sempre stata piuttosto testarda su certe cose. ❝ Quanto tempo è passato? ❞ Stava giocando con le proprie dita quando aveva fatto quell’affermazione. Goethe aveva ignorato il suo sussurro incerto giocando con qualche ciocca disordinata della sua capigliatura (colore). Non sapeva esattamente se era la domanda giusta ma voleva ugualmente una risposta. Morte aveva dato uno sguardo a Tod e lui aveva ricambiato. ❝ il tempo è relativo ora come ora per te come per noi. ❞ Una delle millesime risposte senza senso di Morte per farla zittire, ma non lo aveva fatto questa volta. 
❝ Non puoi ammonirmi  sempre così, e sperare questa volta funzione.❞
Si è alzata, tutto quello che stava succedendo non era frutto di un ragionamento lucido e calcolato, solo pura impulsività, forse una delle poche caratteristiche umane che aveva mantenuto. Si diresse verso il più anziani dei tre mietitori e prese con le mani il bavero di Morte solo per fissarlo più vicino. Il che era un’impresa di per se, con la sua altezza è costretta ad alzarsi sulle proprie punte e tirare il maschio più giù, alla sua altezza. Lui sembrava glorioso e composto come se il suo pugno a trattenere la sua camicia fosse esattamente quello che voleva. ❝ Mi sembra tu sia diventato più audace tutto su un momento. ❞ Le mani di Morte serpeggiano sulla vita della ragazza e la tirò più vicino. Aveva alleggerito per quello che poteva sentire, un po’ il suo peso, avvicinando pericolosamente il suo viso e quello di (nome). ❝ E d'altronde è colpa tua se ora sei bloccata qui nel tuo stato attuale.❞ Non era una gran spiegazione, non che si aspettasse chissà che da lui o dai suoi fratelli. Una delle mani di Morte si era spostata ad inclinare meglio il viso della ragazza verso di sé, prese rapidamente le labbra sulle sue e con la stessa veloci la sua mano si incastrò nella nuca di (nome). La presa ferma del mietitore non le permetteva di allontanarsi e fare qualsiasi cosa per allontanarsi da lui, in parte anche grazie all’altro braccio avvolto saldamente intorno alla sua vita. Non le mancava il respiro come avrebbe dovuto essere, ma non era più umana, quindi suppone di non essere in pericolo di vita. Ma ora come ora non sarebbe stato poi così male perire tra le sue braccia e fargli patire almeno un quarto del dolore che aveva patito lei. Strinse forte gli occhi, per alleviare almeno un po’ la tortura ma riusciva ancora a sentire i taglienti occhi rossi di Morte su di se e avrebbe scomesso che anche Tod e Godthe la stavano guardando con la stessa fame. 
Solo dopo minuti che sembravano ore, Morte si staccò e la strinse a sé. La differenza di altezza  faceva sì che venisse quasi del tutto nascosta tra il tessuto vaporoso dei suoi vestiti. Sentiva il respiro pesante ma non si sentiva affannata, poi sentiva gli occhi pesanti ma lei non si sentiva stanca. Le abbraccia di morte serpeggiavano tranquillamente lungo il suo corpo immobile. ❝ Come immaginavano ci sono ugualmente degli effetto negati in questa trasformazione. ❞ Ridacchiò come se ci fosse qualcosa di davvero ironico in tutto questo, che lei kon riusciva ancora a trovare. Sposto una ciocca di capelli (colore) tra le sue dita.  ❝ Ma sono sicuro che lentamente ci farai l'abitudine alle nuove attenzioni che riceverai. ❞ Aveva taciuto, non era dell’umore per poter rispondere o controbattere. Morte la tirava lentamente sempre più verso di sé e di conseguenza anche in quella voragine di oscurità in cui dubitava ne sarebbe mai uscita.
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ragazza-whintigale · 1 year
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𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝒾 𝒾𝓃 𝑒𝓁𝒶𝒷𝑜𝓇𝒶𝓏𝒾𝑜𝓃𝑒...
Ecco a voi la lista di tutti i capitoli in elaborazione. Non so esattamente quando arriveranno o quando li pubblicherò ma in tanto saprete quello che ho in cantiere per voi
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙲𝚊𝚜𝚜𝚒𝚜 𝙿𝚎𝚍𝚊𝚕𝚒𝚊𝚗 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 𝚙𝚝.𝟸
ᴿᴵᶜᴴᴵᴱˁᵀᴬ
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𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Due anni dopo il ritorno Cassis Pedelian, stai organizzando le tue nozze con lui, con tuo grande dispiacere. Tuttavia la presenza a te familiare metterà i bastoni tra le ruote agli intenti di Cassis di legarti a se.
𝑸𝒖𝒊 𝒍𝒂 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝟏
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙰𝚛𝚝𝚑𝚞𝚛 𝙿𝚎𝚗𝚍𝚛𝚊𝚐𝚘𝚗 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛
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𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Dopo 16 anni di lontananza da Camelot vieni costretta a tornare, inconsapevole di quanto si cambiato il tuo piû caro amico.
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙰𝚚𝚞𝚊𝚖𝚊𝚛𝚒𝚗𝚎 𝙷𝚘𝚜𝚑𝚒𝚗𝚘 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Alla ricerca dell’assassino di sua madre, Aqua si ritrova davanti alla figlia di una cara amica di Ai. L’unica persona che potrebbe conoscere uno dei segreti di Ai è morta e rimani solo tu con un grande segreto per lui.
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙹𝚎𝚛𝚎𝚖𝚢 𝙰𝚐𝚛𝚒𝚌𝚑𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛
ᴿᴵᶜᴴᴵᴱˁᵀᴬ
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Sei una cameriera al servizio degli Agriche, con l’unico intento di sopravvivere a questo inferno. Il tuo piano di usare come scudo il tuo giovane maestro viene dato alle fiamme dallo stesso Jeremy,  infatuato  dell’unica persone che gli si stata accanto.
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙲𝚊𝚜𝚜𝚒𝚜 𝙿𝚎𝚍𝚎𝚕𝚒𝚊𝚗 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 - 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝚁𝚘𝚡𝚊𝚗𝚗𝚊 𝙰𝚐𝚛𝚒𝚌𝚑𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 - 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙹𝚎𝚛𝚎𝚖𝚢 𝙰𝚐𝚛𝚒𝚌𝚑𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 - 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙳𝚒𝚘𝚗 𝙰𝚐𝚛𝚒𝚌𝚑𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 -
ᴿᴵᶜᴴᴵᴱˁᵀᴬ
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Uno strano scherzo del fato. Un filo rosso collegato al tuo mignolo ti collega alla tua anima gemella. Sei cosi entusiasta di essere l’unica a poterlo vedere, tanto che perdi di vista il fatto che la persona  dall'altro parte del filo non sia molto innocua. 
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝚁𝚊𝚔𝚒𝚎𝚕 𝙴𝚍𝚎𝚛𝚟𝚎𝚗𝚗𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 ( 𝙼𝚒𝚗𝚘𝚛𝚎 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙿𝚕𝚊𝚝𝚘𝚗𝚒𝚌𝚘 𝙼𝚊𝚛𝚒𝚊𝚗𝚗𝚎 𝙴𝚍𝚎𝚛𝚟𝚎𝚗𝚗𝚎 )
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𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Tornata indietro nel tempo a prima che conoscessi Rakial, vuoi fare di tutto per evitare il vostro incontro. Inconsapevole dei Piani di Marianne e dell'infatuazione di Rakial per te. Non era così che era andata la prima volta.
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙼𝚘𝚛𝚝𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 𝚡 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝚃𝚘𝚍 𝚡 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙶𝚘𝚎𝚝𝚑𝚎
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𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 Uno strano comportamento e senso di estraneità ti colpisce, insieme ai comportamenti insoliti dei tre mietitori. Tutto sembra avere qualcosa che non va. Ma che cosa?
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙷𝚊𝚍𝚎𝚜/𝙰𝚕𝚘𝚗𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛
ᴿᴵᶜᴴᴵᴱˁᵀᴬ
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 ???
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙰𝚗𝚊𝚜𝚝𝚊𝚜𝚒𝚞𝚜 𝙳𝚎 𝙰𝚕𝚐𝚎𝚛 𝙾𝚋𝚎𝚕𝚒𝚊 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 𝚙𝚝. 𝟸
ᴿᴵᶜᴴᴵᴱˁᵀᴬ
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒 ???
𝑸𝒖𝒊 𝒍𝒂 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝟏
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙹𝚞𝚍𝚎 𝙳𝚞𝚊𝚛𝚝𝚎 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛 𝚡 𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙲𝚊𝚛𝚍𝚊𝚗 𝙶𝚛𝚎𝚎𝚗𝚋𝚛𝚒𝚊𝚛
𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒: Gira voce, all’alta corte, che l’Alto Re e l’Alta Regina abbiano un amante condiviso. Il mistero sulla sua identità assilla il popolo nel mentre c’e chi cerca di mantenerlo ancora segreto.
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𝚈𝚊𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝙿𝚊𝚞𝚕 𝙰𝚝𝚛𝚎𝚒𝚍𝚎𝚜 𝚡 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛
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𝚂𝚒𝚗𝚘𝚜𝚜𝚒: In una notte come tanto Lady (nome), va a far visiti suo futuro marito nelle sue stanze, nella speranza che potesse risparmiare la vita del suo ex-amante.
𝙿𝚞𝚋𝚋𝚕𝚒𝚌𝚊𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎↬ 01/05/2023
𝚃𝚎𝚛𝚖𝚒𝚗𝚊𝚝𝚊↬ ???
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ragazza-whintigale · 1 year
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𝖄𝖆𝖓𝖉𝖊𝖗𝖊! 𝕰𝖒𝖕𝖊𝖗𝖔𝖗! 𝕺𝖈 𝖝 𝖗𝖊𝖆𝖉𝖊𝖗
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𝕻𝖊𝖗𝖘𝖔𝖓𝖆𝖌𝖌𝖎 ➵ Rulyan (OC) 𝕬𝖛𝖛𝖊𝖗𝖙𝖊𝖓𝖟𝖊 ➵  Lieve comportamento Yandere, matrimonio combinato, pessimi genitori, abuso di potere, gravidanza non consensuale, Sesso non consensuale (implicito). 𝕻𝖆𝖗𝖔𝖑𝖊➵ 5034
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Diverte lo aveva definito adesso Rulyan a ricordarlo, con occhi sognanti mentre le teneva la mano per scaldarla dal gelido inverno. In  realtà nella capitale faceva sempre freddo, essendo la città più a nord di tutto l’impero, però d’inverno era talmente freddo che era difficile abituarsi. Neanche dopo tutti questi anni (nome) lo aveva fatto, appoggiandosi ancora a lui per questo. ❝ Hai freddo? Vuoi che entriamo?❞ La sua voce era cristallina e diaffanica, meritando ogni lode da tutte quelle donne che lo avevano ammirato. Lei non era una di loro e non avrebbe lodato il suono della sua voce, ma sarebbe una bugia dire che non lo pensava, solo una innocua constatazione a se stessa. Ma insomma, nonostante non fosse ancora del tutto abituata a queste temperature, era lui quello che in gioventù si ammalava più volte di quello che avrebbero potuto ricordare. ❝ Dovrei essere io a chiederlo , vostra altezza imperiale.❞ La sua voce era mansueta e distante come il solito, niente a che vedere con il ruolo di Consorte favorita dall’imperatore e il profondo amore che molte poesie e canti lodavano per tutto l’impero. Un sospiro lasciò le labbra dell’uomo, poteva essere cocciuta, anzi era cocciuta, con quel suo comportamento stava solo mettendo in difficoltà entrambi. (Nome) voleva mettere una distanza tra loro e lui non lo voleva. Quasi si ritrovò a capire la frustrazione di suo padre, nei confronti della sua adorata madre. Anche lei era una straniera come la sua (Nome), ed entrambi avevano fatto innamorare membri della famiglia imperiale perdutamente di loro. Forse il fascino dello sconosciuto, o semplicemente l'amore per la loro passione e sentimento nel fare le cose. Tuttavia a Rulyan non piaceva essere paragonato a quell’uomo, che era suo padre, lo ha sempre disprezzato e forse aveva fatto lo stesso anche suo padre con lui.  
Rulyan fece cenno ad una delle serve che li seguivano a debita distanza, così che le loro conversazioni non potessero essere udite da anima viva. Subito una ragazza decisamente più giovane di (nome) si avvicinò con un mantello in pelliccia e stoffa decorata, appoggiandolo con grazia sulle spalle della consorte dai capelli (colore). La serva fece un inchino e di rimando la sua padrona le fece un sorriso permettendole di andarsene, poi si rivolse a suo marito con sguardo orgoglioso e freddo. Era cocciuto, forse più di quanto lo fosse lei e quando aveva deciso qualcosa, soprattutto se le riguardava, era irremovibile. ❝ Pensavo di aver accennato a quanto non fosse necessario la vostra preoccupazione per una umile speziale. ❞ Il moro non sembrò dare molto bado alle sue parole, però rispose comunque sistemando ulteriormente il nuovo mantello. ❝ Non vedo perchè non dovrei preoccuparmi della mia amata moglie, soprattutto quando sta per diventare madre dei miei figli. ❞ Poteva essere considerata una provocazione, ma Rulyan non ne era il tipo, era più una constatazione, una frase usata solo con il scopo di aver ragione nella discussione. Ma avrebbe vinto comunque a dire la verità, lui era l’imperatore nessuno avrebbe potuto dargli torto in alcun modo.
Da sotto le spesse vesti, la giovane consorte aveva accarezzato il suo ventre, erano tutte supposizioni naturalmente, ma Rulyan avrebbe preso a cuore quelle parole più di quanto avrebbe dovuto. Aveva avuto solo un giramento di testa e lui era venuto a saperlo. Niente per lui era più importante delle sue parole, e lei con la sua ilarità aveva elencato tutto quello che poteva essere, ma niente lo aveva colpito più del sentire che potesse essere gravida di lui. Ogni accesso al padiglione della nobile consorte (nome) era stato minimizzato, come anche il numero di persone a cui era permesso vedere la stessa consorte. Era destabilizzante, sapeva benissimo che essere la prima ad avere un figlio dall’imperatore, la rendeva in grave pericolo di vita, tra concubine gelose e famiglia nobili che non erano d'accordo sull’origine del futuro neonato. Tutto era così surreale e non era nemmeno certo che questo neonato ci fosse. La mano di Rulyan scivolò sulla sua guancia, sistemando allo stesso tempo una ciocca dietro l’orecchio, un’azione amorevole agli occhi degli altri e un puro teatrino per lei, niente di più finto.
❝ Rientriamo per favore. ❞ Alla fine aveva ceduto alla sua richiesta precedente e la accompagnò all’interno del padiglione, ❝ Allora potresti darmi l’onore di prendere un the con te… in memoria dei vecchi tempi ovviamente.❞
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Il piccolo principe imperiale guardò rapito la ragazza di fronte a lui. Era evidentemente più grande di lui anche se poco o più di 2 o 3 anni, eppure era abbastanza visibile, o forse era solo colpa della febbre e della gola infiammata o ancora del fiato corto. ❝ Chi sei? ❞ La misteriosa ragazza lo guardò come se avesse chiesto qualsiasi cosa tranne quello che aveva detto, semplicemente lo aveva guardato. Non era qualcosa che potesse essere definito come materno, di pietà o che avrebbe calmato chiunque, eppure lui si calmò ugualmente e la lasciò fare. Tolse il lembo di stoffa che era stato posato sulla sua fronte porgendolo a qualche cameriera che la stava assistendo dandole ovviamente qualche ordine che lui non riuscì a comprendere e gli alzò la testa. Tra le mani aveva un cucchiaio in argento il cui contenuto aveva un odore nauseante. Volto il viso evitando la posata e la ragazza sospirò amareggiata ❝ Vostra altezza, vi prego almeno di assaggiare, a questo stadio della malattia deve tenersi idratato e nutrito o non guarirà molto presto.❞ Disse riprovando a dargli quell’intruglio sconosciuto ma lo evitó nuovamente. Non sembrava una persona molto paziente e lo aveva notato ❝ Bambino Viziato.❞ La ragazza aveva sibilato più a se stessa che a lui. Nessuno l’aveva sentita tranne lui quindi pensava andasse bene per lei, non aveva prove per dirlo, e lei avrebbe potuto usare la scusa di visioni deliranti che Rulyan aveva avuto durante la febbre. ❝ Vi prometto che se mangerete questo senza fiatare risponderò alla vostra domanda.❞ Rulyan sembrava soddisfatto, per quanto potesse dimostrarlo in quel stato. Socchiuse le labbra permettendo alla ragazza di nutrirlo. Il sapore non eguagliava l’odore ma non era poi così distante.
(Nome) aveva allontanato le altre domestiche dalla stanza senza nessuno sforzo, la coscienza di Rulyan era più vivida di quello che si aspettava da malato. ❝ Beh immagino che a questo punto dovrei presentarmi.❞ Probabilmente era il minimo, dato che era una ragazzina poco più grande di lui che non aveva mai visto prima di allora che probabilmente non era nemmeno di quei luoghi. (Nome) si schiarì la voce sonoramente. ❝ Il mio nome è (nome).❞ Era una una presentazione talmente semplice e sprecata da essere quasi ovvia, aveva sentito vagamente alcune serve chiamarla così. ❝ Non hai risposto ugualmente alla mia domanda. ❞ La ragazza sembrava consapevole della cosa per questo sbuffò, forse in molti le avevo già chiesto chi potesse essere e quella risposta gli era sempre bastata. ❝ ok ok…❞ Mise le mani avanti ❝ …Sono (nome) come ti ho già detto, e sono una speziale che proviene da quello che voi chiamate occidente.❞ Rimase stupito, era la prima volta che vedeva qualcuno che proviene dall’occidente oltre sua madre. ❝ Occidente? E cosa ci fai qui allora?❞ La ragazza sbatté le palpebre come a pensare ad una risposta giusta, una di quelle risposte troppo complicate da spiegare, ma che avrebbe comunque fatto. ❝ Niente che implichi le vostre attenzioni vostra altezza imperiale.❞ ❝ Se sei qui così facilmente significa che sei stata assunta in qualche modo.❞ Le sue parole scivolarono quasi spontanee e forse se fosse rimase più allungo, avrebbe potuto fargli tutte quelle domande che non aveva mai avuto il coraggio di fare a sua madre. ❝ Non esattamente in realtà, ma potreste sempre chiedere a vostra madre o all’Imperatore stesso, vostro padre.❞ Rulyan si imbronciò, non avevi davvero intenzione di parlare oltre e questo lo faceva contorcere dalla curiosità. ❝ Mei Lin, Xia Ying, andate a chiamare mia madre immediatamente. ❞ Le due serve di giovane età ma sempre più vecchie di Rulyan, corsero al richiamo del padrone. Ed mentre loro sembrano agitarsi al tono instabile del moro, (nome) aveva iniziato a sistemare ordinatamente il suo materiale nella sacca che aveva portato con sé andando a chiamare la concubina. Era bastato quell’intruglio di erbe e radici per calmare la febbre, questo avrebbe solo diminuito il tempo della sua permanenza lì.
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❝ Rulyan è un nome Buffo, per un posto come questo. ❞ La sentenza della (colore) lo lasciò spiazzato, non era un tono con cui rivolgersi ad un principe imperiale, ma ancora si ritrovò a ricordare che fosse straniera. ❝ Lo so… mi madre viene dall’occidente. ❞ Aveva mantenuto vivo il discorso senza nessun motivo apparente, solo curiosità passeggera. ❝ Lo avevo notato.❞ Era ovvio che lo avesse fatto, a differenza di molti all’interno di questo palazzo, lei osservava prima di poter fare affermazioni tanto azzardate e naturalmente Rulyan lo aveva notato, come poteva non farlo? Lui stesso aveva gli occhi di un placido grigio azzurro così chiaro e limpido, non era di certo un colore comune qui, dove la maggior parte sfoggiava tonalità castane e nocciola, come lo stesso imperatore. ❝ E allora perché giudicate l’origine del mio nome.❞ Lei alzò un sopracciglio come a chiederli se veramente era così cieco. Era davvero ovvio che (nome) lo trovasse divertente. Rulyan non era un nome che un imperatore avrebbe dato al suo nascituro e futuro erede, e infatti non lo aveva fatto. Rulyan, semplicemente, non era mai stato amato, era una peculiare vittima di strane conseguenze. Una madre costretta in un matrimonio con un principe straniero e successivamente imperatore, per poi dare alla luce un figlio che le ricordava così tanto l’uomo odiato. Poi c’era l’imperatore che non prestava attenzioni ad un neonato a cui non aveva scelto il nome, e che la sua concubina gli aveva nascosto. Rulyan si trovava solo in mezzo a due fuochi.
Questa convivenza era sempre stata difficile in qualche modo ma si era alleggerita dopo l’arrivo di (nome). Lei, se Rulyan avrebbe potuto descriverla, era quel qualcuno che si trovava lì per cause di forza maggiore ma che non se lo faceva pesare né a se stessa né a lui , per questo aveva favorito la sua compagnia rispetto ad altre. Naturalmente lui sapeva che se lei era qua era colpa sua e della sua malattia ma non si sentiva in colpa e lei non lo faceva notare, ma era tutto implicito. ❝ Quanto rimarrai ancora qui? ❞ Aveva posto fine allo stallo della propria risposta precedente per crearne un altro. (Nome) non sapeva quanto sarebbe rimasta, finché Rulyan non fosse guarito non avrebbe potuto andarsene, il che avrebbe voluto dire anche anni, vista la sconosciuta natura della malattia, ma ora che si sentiva già meglio solo dopo una settimana delle sue cure, dubitava che sarebbe rimasta così allungo. (Nome) versò una tazza di infuso e la consegno a Rulyan che la prese docilmente, la reputava brava con lui dato che nessuno era riuscito a tenerlo così vivo alla conversazione come lei, eppure lei non faceva molto per continuare, come faceva sua madre. O forse no. Sua madre non rispondeva mai alle sue domande, e se lo facevano erano risposte veloci e brevi, a volte non c'entrano nemmeno con la domanda che Rulyan aveva fatto. Certo (nome) non era una persona che si prodigava in lunghi e infiniti discorsi, diceva solo la crudele e infima realtà e questo lo attirava ad ascoltare tali cattiveria sul mondo, che quasi mai potevano essere adulatori.
❝ Non sono sicura di quanto durerà la malattia, ma penso che in un anno di riuscire a ristabilirla e tenervi sotto osservazione anche alcuni mesi❞ solo un anno? Davvero? Nessuno era mai arrivato a conclusioni così azzardate, ma lei sembra sapere quello che faceva il che lo lusingava, aveva saputo trattarlo meglio di qualsiasi eunuco, sacerdote e dottore della corte interna. Forse se davvero l’avesse chiesto potrebbe lavorare lei stessa per la corte interna, in fondo stava salvando la vita di un principe con successo, ma non era sicuro lei avrebbe mai accettato.
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❝ Ho sentito che molte concubine sono decedute nell’ultimo periodo per una malattia misteriosa. ❞ Ruylan si era rivelato un bambino molto più curioso di quanto (nome) si aspettasse. Lo guardò dando un morso ad una pesca acerbo. ❝ e cosa ci dovrei fare io?❞ I due avevano condiviso così tanto tempo insieme, che ormai Rulyan non faceva neppure più caso a quanto potessero essere scortesi le parole della sua quasi coetanea. Per certi versi Rulyan era felice che non fosse interessata alla cosa, se mai questo fosse collegato alla sua malattia, forse (nome) avrebbe dovuto occuparsi anche di altre dame della corte, trascurandolo. ❝ Beh, pensavo che avresti potuto dirmi cosa sta succedendo.❞ Il principe era davvero curioso e fastidioso agli occhi di (Nome) ❝ Non vedo perché dovrei farlo, infondo non è niente che ha a che vedere con me e con lei. ❞ Non dubitava che le voci non le fossero già arrivate, ma sapere che non aveva niente a che vedere con lui lo sorprese e rassicurò. ❝ Ad ogni modo potrebbe essere stato letteralmente qualsiasi cosa…❞ Fece una pausa e prese un morso del frutto che dalla consistenza sembrava leggermente acerbo ma Rulyan aveva appreso che la ragazza avesse gusti bizzarri certe volte ❝ … La corte interna è un mondo a sé, e qualsiasi cosa di estraneo e pericoloso possa entrare, può risultare un danno. Piombo. Piante nocive. Ignoranza.❞ L’ultima era qualcosa che ricordava avesse ripetuto diverse volte nelle loro conversazioni eppure non gli era mai stato del tutto chiara come cosa. ❝ Piombo? Ma Sua Maestà ne ha proibito l’utilizzo.❞ Aveva deciso di concentrarsi su qualcos’altro e non è che avesse davvero tutti i torti.
Lo sguardo della ragazza vagò sul paesaggio visibile nei giardini Imperiali, ❝ Il fatto che sia illegale non significa per forza impedirne il consumo…❞ Rulyan sbatté le palpebre, che non avesse compreso o forse non ci aveva comunque pensato, non aveva importanza (nome) glielo chiarì ugualmente ❝ E’ stata introdotta di nascosto.❞ Il moro sembrò cadere dalle nuvole e arrossì, era ingenuo e ignorante, nonostante le sue lezioni private, niente poteva sostituire tutte le esperienze vissute dalla maggiore, in giro per le terre del continente orientale e occidentale. ❝ Molti cosmetici importati nella corte interna contengono piombo, uno dei motivi per cui il personale all’interno del padiglione è stato diminuito e cambiato.❞ Aveva offerto una spiegazione omettendo come fosse stata lei a impedire l’utilizzo ed eliminare qualsiasi traccia di tali cosmetico dalla corte interna ma soprattutto dal padiglione. (Nome) non era una persona presuntuosa o egocentrica, solo stava seguendo gli ordini dell’imperatore, che per quanto potesse non apprezzare suo figlio era ugualmente il suo unico figlio maschio, e se davvero lei aveva le conoscenze per impedire che la corte interna cadesse nel caos perché non utilizzarle. Rulyan non lo sapeva e di certo la speziale non glielo avrebbe detto, soprattutto perché avrebbe comportato più domande di quel che avrebbe potuto sopportare.
❝ (Nome), quando te ne andrai… me lo dirai?❞ La domanda era dubbiosa e timida, e (nome) ne rimase sorpresa, Era quello il genere di domande a cui non dava mai una risposta, non perché non lo sapesse, semplicemente sapeva cosa sarebbe successo se mai il principe ne fosse venuto a conoscenza. Gli occhi del ragazzino erano ancora tondi e bambineschi, si diceva che i maschi maturassero in modo più lento rispetto ad una donna, forse era per questo che una donna veniva sposata prima ancora che potesse imparare qualcosa dal suo corpo. Rulyan era semplicemente uguale agli altri, solo più viziato. Chissà se la speziale avesse mai potuto fare qualcosa se lui decidesse improvvisamente i confini su cui poteva camminare. Scosse il capo in modo impercettibile, infatti il moro non se ne accorse, forse troppo impegnato a cercare di leggere l’espressione dubbiosa, forse un pò lo capiva, ma non abbastanza da astenersi dall’andarsene. ❝ Se sua maestà desidera questo, non sarà di certo questa umile speziale ad impedirlo.❞ Non si era insospettito ed era un bene. Sorrise raggiante, ❝ Bene allora penso che potremmo prendere una tazza di the.❞ Rulyan si alzò in piedi e corse dentro al padiglione seguito dalla ragazza più anziana. Da quando si era ripreso aveva iniziato a sfruttare i suoi raggianti giorni da bambino invece di essere costretto a letto, forse era anche per quello che gli aveva posto quella domanda.
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Era passato molto tempo, di preciso non ricordava quanto. Ma ancora non era davvero il tipo che si sarebbe messa a contare ogni secondo della vicenda, né avrebbe mai raccontato con nostalgia quei giorni in cui era la balia di uno dei figli dell'imperatore, a qualche bambino desideroso di saperlo. Soprattutto se se ne era andata senza avvertire, ma aveva compiuto il suo dovere, ciò per cui era stata trattenuta, quindi non si sentiva in obbligo di farlo sapere. Non era più tornata all’interno dei confini dell’impero dopo essere andata, per questo non sapeva cosa potesse mai succedere all’interno, non che le importasse, (nome) non era mai stata un’amante della politica.
❝ Penso che quel anice sia abbastanza polveroso al momento.❞ Si destò dai suoi pensieri, il che non era poi così comune per lei che non avrebbe perso molto di vista quello che accadeva ❝ per quanto ti riguarda è proprio come lo volevo, vecchio.❞ L’anziano rise sedendosi a terra di fronte alla ragazza. Ora ricordava perché tra tutti aveva scelto questa insolente ragazzina da prendere sotto la propria ala, era ovvio che avrebbe imparato dalle sue parole ma gli avrebbe anche risposto a tono come un’ingrata. ❝ Dovresti imparare a moderare le tue parole, ragazzina. Immagina se non fossero stati così benevoli alla corte interna.❞ (Nome) non aveva piegato il capo o fatto un’espressione di colpevolezza, era ovvio che non se ne pentiva, tuttavia non aveva ribattuto quindi ancora un po’ di buon senso lo aveva. Infondo sapeva che avrebbe potuto trovare parole piuttosto creative per scagionare la sua impertinenza. ‘Che facciano come vogliono’, ‘è un problema loro se non voglio sentir la verità’ o la più interessante ‘che mi taglino pure la testa’.
Rimasero in silenzio, lei aveva infuso l’anice offrendo anche all’anziano, ma non dissero più niente. Niente riguardante il suo comportamento nei confronti del suo periodo passato alla corte imperiale. Nulla riguardo alle simpatie del principe nei suoi confronti, ed era meglio così, sul serio. Non avrebbe dovuto parlare di quel sciocco periodo della sua vita che a suo dire era molto meglio fosse rimasto passeggero. ❝ Non ti viene voglia di vederlo?❞ (Nome) lo guardo come se avesse detto qualcosa di strano e senza senso, ma lui non diede cosi tanto peso come avrebbe dovuto ❝ Su su, (nome) non guardarmi così, infondo è cresciuto anche lui come te… sono già passati 7 anni infondo.❞ Rigirò il liquido aranciato, il cui profumo era intenso e vibrante, ne aveva anche preso un sorso abbastanza abbondante, da bruciarle ancora la gola. ❝ Penso che questo anice non mi stia aiutando contro il mal di testa, non è che questa volta hai fatto cilecca, vecchio?❞ Lui rise divertito, cambiare discorso non sarebbe davvero servito a qualcosa, ma forse lei ci avrebbe provato comunque. ❝ Non sarà mica perché sei preoccupata per quel principe? ❞ (nome) si fermò dal prendere l'ennesimo sorso, per fissare dritta negli occhi l’anziano. Era uno di quei sguardi truci che lei avrebbe fatto quando non era d'accordo con lui, ma a cui non poteva comunque controbattere. ❝ Quello sguardo non avrà molto effetto… In fondo le hai sentite pure tu quelle voci, no? ❞ Tutto questo era semplicemente odioso agli occhi della speziale, certo che aveva sentito quelle voci, ma le aveva sempre ascoltate semplicemente perché aveva riconosciuto il protagonista di quelle stesse voci.
❝ Si, le ho sentite. In fondo è stato un bene che io me ne sia andata…❞ Disse infine, forse per difendersi o forse perché lo pensa davvero. ❝ Sarà… ma io sono convinta potresti ritrovarti una bella sorpresa.❞ Il Vecchio rise e alzandosi se ne andò con la sua andatura lenta e traballante. Non capiva esattamente quello che intendeva, certe volte capitava anche quello ma se ne fece una ragione. Aveva risolto alcune di quelle frasi ad anni di distanza, era abbastanza fiducioso ci sarebbe riuscita anche ora. Lo guardò andarsene finendo il suo ultimo sorso di bevanda ambrata.
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Dall’accampamento improvvisato alla loro destinazione vi era una settimana di viaggio e poteva sembrare faticoso e lo era, ma ormai lei ne era abituata. Anche dopo essersi fermata per un anno alla corte interna si accorse di provare ancora piacere nei lunghi ed estenuanti viaggi. Prese un respiro profondo, il profumo di quelle terre le era familiare e non avrebbe di certo cercato di nasconderlo. Si lasciò beare dalla brezza frizzante e fredda. Fredda come la ricordava, si era adulata per ricordare ancora il gelo della capitale, e anche se non tollerava molto bene il freddo, si ritrovò compiaciuta della sua serenità. Ma in fondo si sarebbe fermata per poco tempo e questo la rese ancora più di buon umore. ❝ Togliti quell’espressione inquietante dalla faccia, ragazzina, abbiamo del lavoro da fare. ❞ (Nome) corrucciò il volto. Davvero la sua espressione malinconica e rievocativa era così spaventosa come raccontava, ad ogni modo non aveva una superficie riflettente su cui controllare o uno specchio, quindi si sarebbe accontentata di credere che stesse mentendo. Lo seguì sia con lo sguardo sia nei passi, non c’era molta folla il che non rendeva la cosa difficile. Non era passato molto tempo da quando ha percorso queste strade, ogni anno tornava per vedere cosa il mercato aveva da offrire, era in questo periodo che trovava sempre qualcosa di interessante. I mercanti itineranti che avevano sempre qualcosa che lei non avrebbe conosciuto fino a quell'istante. Ricordava anche quando ci aveva portato Rulyan, era una specie di premio per la sua buona guarigione e semplicemente lui aveva sempre voluto vedere cosa faceva quando non era alla corte interna. Semplicemente lei lo copri con stracci abbastanza pesanti da tenerlo al caldo e da renderlo irriconoscibile dal suo solito aspetto principesco, lo stesso fece con se stessa. Lo portò fuori in uno dei mercati itineranti meno frequentati della capitale e dove lei era solita andare quando niente sembrava divertirla. A tale ricordo canticchiò contenta, era un ricordo della corte interna piacevole e delicato che avrebbe conservato per sé anche per anni.
Si scosse dai suoi pensieri quando si scontrò con una donna, (nome) non aveva subito molti danni o disturbi ma la ragazza era caduta a terra rovesciando quello che stava portando. (Nome) non era una persona che sarebbe stata considerata gentile nell’etichetta di corte ma non era nemmeno maleducata, quindi raccolse le cose, sistemando come meglio potè nel cesto intrecciato di paglia e bamboo. ❝ Dovresti fare attenzioni la prossima volta. ❞ (nome) non citó il fatto che fosse anche lei distratta e di certo non lo avrebbe fatto. ❝Le mie scuse gentil- ❞ La ragazza si fermò sulle sue parole quando il suo sguardo incontrò e riconobbe quello della speziale ❝ (Nome)…❞ In un primo momento la ragazza occidentale non l'aveva riconosciuta, ma poi notò i colori dei suoi abiti, blu e oro. Sarebbe stato stupido parte sue dimenticarlo, però aveva ugualmente dimenticato quindi si chiese se avesse senso pentirsene adesso. Quei colori erano l’emblema velato del padiglione della consorte e di Rulyan. Li indossava anche (nome), a suo tempo, quando ancora poteva essere considerata una specie di amica di giochi del principe.
❝ Tu… tu non dovresti essere qui. ❞ La ragazza dai capelli castani e occhi nocciola era semplicemente una giovane apprendista ancella quando ancora (nome) risiedeva a palazzo, e seguiva ciecamente le parole del principe. Non si stupiva fosse cresciuta in questo modo, ricordando che aveva comunque 4 anni in meno della (colore) ma davvero questo tempo avrebbe fatto la differenza nella loro fisicità. Ma ancora (nome) si ricordò che veniva da luoghi diversi, i corpi delle donne di occidente erano decisamente più sviluppati di quelli delle donne di oriente. ❝ uhhh.. Xia- ❞ ❝ no, sono Mei lin. ❞ oh… (Nome) si maledisse nel non averla riconosciuta del tutto ma la ragazza sembrava non notarlo, ma era sempre stata decisamente più distratta e svampita dell’amica Xia Ying. ❝ Ne è passato di tempo dall’ultima volta… ma dimmi che ci fai qua? Sei qui per il giovane maestro? O forse sei venuto a trovare me e Xia Ying? No, ci sono ti mancava la nostra cucina? O forse…❞ La ragazzo continuò con le sue domandi invadenti e la faccia di (nome) non nasconde il fastidio, ma forse ci era abituata. (Nome) si domandava se Mei Lin si fosse mai chiesto se le interessa quello che aveva da dire. ❝ UN ATTIMO! Se tu sei qui vuol dire che potresti incontrare sua maestà, in fondo non ha fatto altro che cercarti da quando te ne sei andata. Non si è dato pace. ❞ La castana sembrava fiera delle sue parole, (nome) cercava solo di ignorarle e voleva solo qualcosa di creativo che avrebbe convinto la ragazza a concentrare la sua attenzione su qualcos’altro. ❝ Devo andare a cercare il giovane padrone, sarà così felice di vederti.❞ Se davvero il senso della frase alla quello, (nome) aveva un mix di pensieri tra la maledizione per l’impertinenza della ragazzina e la preoccupazione. Rulyan era da qualche parte in questo mercato, e il fatto che non fosse affolato avrebbe reso difficile allontanarsi senza darsi vedere. Allo stesso tempo significava che non aveva imparato assolutamente dalle sue parole. Un dannato bambino viziato. ❝ Senti Mei lin… so di aver sbagliato ad andarmene così ma immagina solo cosa accadrebbe se Rulyan mi trovasse in questo momento… ❞ Una bugia e qualche parole sottintesa, forse lei aveva pensato qualcosa di dannatamente rovinoso ma per quello che poteva saperne (nome), andava bene. ❝ Ma…- Il maestro Rulyan ha attese così tanto il vostro ritorno. ❞ ❝ eh va bene…❞ Prese un sospiro sconfitto ❝ Facciamo così, quando sarai tornata a palazzo con sua altezza potrai dirglielo… ok? ❞.
Non sembrava minimamente convinta delle parole della maggiore ma comunque accettò e poi se ne andò e (nome) riprese il suo giro. Avrebbe dovuto sbrigarsi a prendere quello che serviva e ripartire o comunque trovare un luogo sicuro nella capitale dove Rulyan non l'avrebbe mai trovata. Avrebbe dovuto trovare comunque il vecchietto prima però…
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Vestiva bene in quei abiti, lo rendevano davvero uno dei quei principi che venivano narrati nei romanzi occidentali. Un qualcosa di splendido e desiderabile se mai fosse stata una ragazza da ammaliare ma non lo era, ma era quasi sicura che Rulyan lo pensasse. Lei invece non si era cambiata, non avrebbe dato una tale soddisfazione, non che avesse qualcosa contro di lui o qualche torto da ricambiare, semplicemente lui l’aveva fatta trascinare qui con un mandato imperiale. Era un principe, anzi era il principe ereditario, la sua parola era quasi paragonabile a quella dell’imperatore e superiore a quella dell’imperatrice. Non ricordava esattamente quando il bel principe fosse entrato ma c’era una strana atmosfera da allora, Xia Ying in movimenti rigidi, aveva preparato e servito il the. Prima a Rulyan e poi a (nome). Non che (nome) ci abbia prestato molta attenzione, forse abitudine o semplicemente non le importava più di tanto. E forse la presenza della ragazza era qualcosa che Rulyan aveva calcolato, ricordava vagamente di aver elogiato la ragazza per la sua ottima tecnica di infusione delle erbe. Lo sguardo di (nome) aveva vagato, dal liquido che scivolava dal beccuccio della teiera, al viso nervoso di Xia Ying, allo sguardo di Rulyan che la stava guardo così intensamente da dimenticare che lo stesse facendo.
❝ Quando sei tornata?❞ (nome) non capiva perché quella domanda dovesse avere una tale importanza da essere fatta per prima, o semplicemente si ricordò che poteva essere un modo per iniziare una conversazione. ❝ Qualche ora fa. ❞ Non era del tutto una bugia. Non erano poche ore che erano passate dal suo arrivo, ma non si era nemmeno arrivati alla conclusione del giorno dal suo arrivo. Lui sembrò comprendere quello che stava sotto, annuì e prese anche un sorso di infuso imitando così l’amica d’infanzia. Un'espressione contorta affiorò nei lineamenti di Rulyan al sapore fin troppo forte dell’insieme di erbe. Era un gusto familiare e disgustoso, ricordava che questo era uno sapori favori dall’amica durante i loro The. Ricordava anche che se ne faceva portare degli altri, proprio come ora, e (nome) avrebbe solo criticato le sue scelte con voce tagliente elencando tutti i benefici che quei ingredienti poteva avere, come ora. Tutto là dentro era un rimando al passato eppure (nome) non sembrava accorgersene o semplicemente fingeva di non farlo.
❝ Non sai quanto ti ho cercato in questi anni.❞ ci fu un attimo di silenzio da parte di (nome), prese l'ennesimo sorso e poi parlò. ❝ Posso immaginare, in fondo me ne sono andata senza dirle niente… ❞ Era un parlato distante, come se non avessero niente a che fare l'uno con l’altro. Tuttavia conservava ancora quella nota di impertinenza che caratterizzava la ragazza. Forse Rulyan avrebbe dovuto sentirsi offeso ma non lo fece, forse per vecchie abitudini. ❝ E davvero non farai niente per farti perdonare…❞ Per la prima volta da quando si conoscevano, la vide con un’espressione confusa. Forse non se lo aspettava o semplicemente non riusciva a capire cosa voleva. Per la prima volta da quando si erano conosciuti era lei a non comprendere qualcosa, si sentiva quasi soddisfatto. Si alzò lasciando scivolare le sue vesti contro la sua figura, il suono prodotto da esse era dolce e morbido proprio come sempre.
Era più alto di lei adesso, e più in forma, poteva quasi sembrare affascinante. Si avvicinò e si abbassò fino a raggiungere una vicinanza ragionevole dal suo volto.
❝… Rimani alla corte interna con me, come mia consorte…❞
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