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#storia della Prima Repubblica
gregor-samsung · 2 months
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“ Ricordo che incontrai Moro alla vigilia del suo rapimento. Era sera e, poche ore prima, un importante esponente del Partito comunista mi aveva pregato di comunicare a Moro e a Zaccagnini che il suo partito aveva molte difficoltà a votare il governo Andreotti. Cercai Zaccagnini e non lo trovai, con rammarico perché era con fiducia che mi rivolgevo a lui. Fummo sempre molto vicini, umanamente e politicamente, e lo saremmo stati ancor di più in quei terribili giorni del 1978. Sentivo la trasparenza, la linearità, l’onestà con le quali giocò tutte le carte che poteva avere in mano per salvare l’amico, fino a impegnarsi affinché Moro, una volta liberato, uscisse dalla politica, se questo poteva servire a tenerlo in vita. Infine trovai Moro e gli riferii il messaggio, e la sua replica fu: «Pochi si rendono conto che siamo sull’orlo di un abisso». Visto con il senno di poi, sembra che il suo fosse un giusto timore e un funesto presagio.
Che cosa ricordo ancora di quei terribili giorni? Troppo e troppo poco. Non posso dimenticare il clima pesante, il senso di claustrofobia: le stanze dove ci si riuniva sembravano sempre anguste, non che fossimo più di prima, ma l’angoscia, l’impotenza le occupavano tutte. Angoscia, impotenza, e non solo per quella minaccia che incombeva sul paese, non solo per il dolore per la morte degli uomini della scorta, vittime innocenti, ma perché la tragedia che aveva fatto irruzione nel Palazzo, e pretendeva toni alti, non poteva non confrontarsi con la prosaica quotidianità. E della quotidianità restavano, nel nostro partito, e trasversalmente, seppure in maniera minore, con gli altri partiti, legami politici antichi, consolidate amicizie, che continuavano a intrecciarsi con vecchie incomprensioni, dispute mai sedate, nervosismi senza fine. E al centro di questo «gioco» perverso c’era sempre lui, Aldo Moro, il capo del partito, l’uomo carismatico, che scriveva, che ancora una volta, come era nella sua personalità, continuava a pretendere attenzione. E la cui assenza, più passavano i giorni, più diventava una inquietante presenza, occupava la scena: Moro era il nostro convitato di pietra. I tempi del dramma volevano che il passato fosse azzerato, e che ci confrontassimo con ciò che stava accadendo con occhi nuovi. Ma come pretendere che ciò si realizzasse? Alcuni ne furono capaci. Alcuni. I meno politici. I più umani. Ma le risposte da dare ai brigatisti non dovevano essere risposte politiche? Noi, dopo quei giorni, non saremmo più stati quelli di prima. Dopo l’affare Moro si è aperta una ferita nella nostra intelligenza e nella nostra umanità. “
Tina Anselmi con Anna Vinci, Storia di una passione politica, prefazione di Dacia Maraini, Chiarelettere (Collana Reverse - Pamphlet, documenti, storie), 2023; pp. 89-91.
Nota: Testo originariamente pubblicato da Sperling & Kupfer nel 2006 e nel 2016.
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ma-pi-ma · 8 months
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Il re emerito è morto a 98 anni. Non verserò nemmeno mezza lacrima. Da settant’anni esatti (1953-2023), cioè da quando aveva 28 anni, mantenuto con i soldi dei contribuenti. Deputato, senatore, europarlamentare, ministro, senatore a vita, Presidente della Repubblica per due volte (prima volta nella storia italiana), quindi senatore di diritto.
Mandante della morte di Gheddafi, quindi destabilizzatore della Libia, contro gli interessi nazionali.
Autore del Golpe di Stato a Silvio Berlusconi, con la complicità di Francia e Germania.
Da Presidente della Repubblica mise il veto a Gratteri per il Ministero della Giustizia.
Ordinò la distruzione di intercettazioni che lo riguardavano.
Mai rimandate al Parlamento le leggi ad personam ed incostituzionali di Berlusconi, “tanto poi me le rispedivano indietro” si difendeva.
Voglio stendere un velo pietoso sull’atteggiamento utilizzato con la Siria e con Assad.
A questo aggiungiamo l’utilizzo di soldi pubblici per il lusso sfrenato cui era solito (aerei di Stato, vacanze a Cortina…) …il comunista…sic!
A mio modestissimo avviso, il peggiore che sia mai salito al Colle.
Pietà per i defunti, senz’altro. Ma diciamo anche le cose come stanno.
Ironia della sorte, se ne va nello stesso anno di Silvio Berlusconi: mi auguro che possiate regolare i conti nell’Aldilà.
Pagina fb Oriana storia di un'italiana
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der-papero · 6 months
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Ciao Papero!
Se ti va… cosa ne pensi della vicenda di Altman, Open AI e di questa nuova intelligenza Q* che potrebbe “minacciare l’umanità” (by corriere della sera)?
Ci può stare uno spiegone alla Papero Learning sulla storia di Q* che fa il “salto della matematica” e del “velo ignoranza”?
Due punti prima di iniziare.
Primo, perdonami per il lungo ritardo, ma ero via e non ho avuto il tempo materiale per sedermi un attimo e rispondere a questo ask, che non è affatto banale.
Secondo, e sono davvero dispiaciuto di questa cosa, purtroppo ad oggi non c'è una sorgente di informazione italiana decente sulla AI, a partire da quelle munnezze di Repubblica e Corriere della Sera, che altro non fanno che rincorrere click sull'argomento. Se pensi che pure la trasmissione Report, che ad avercene di robe simili, si lascia andare a stronzate da Novella 2000 quando si tratta di tecnologia, del resto, perché dotarsi della consulenza di un matematico e rendere la trasmissione noiosa quando puoi tenere le persone che non ci capiscono un cazzo incollate alla sedia con scenari apocalittici? (tanto per fare un esempio, vi basta sentire le vaccate che ha detto la Gabanelli sulla gestione delle scorie nucleari ... ). Alla gente piace così, e questi sono i tempi moderni, che vuoi farci.
Ma torniamo al punto, e il punto è che non si sa nulla, quindi io non posso darti alcuna risposta certa. La stessa OpenAI non ha fatto trapelare nemmeno un aiutino, e allora non capisco come facciano tutti questi scienziati della carta stampata a parlare di nuova intelligenza che ci ucciderà tutti.
Qualcuno ha provato ad ipotizzare che possa basarsi su una tecnica di learning chiamata Q-learning: https://en.wikipedia.org/wiki/Q-learning
che, per semplificarla all'osso, sarebbe una roba basata sulle catene di Markov,
Spieghino: una catena di Markov, per farla davvero scema, è una sequenza di stati dove ogni transizione ha la sua probabilità. Pensa, ad esempio, alle previsioni del tempo: se tu hai una perturbazione in un punto del pianeta Terra, questa si sposterà in una direzione con una determinata probabilità, e in un'altra direzione con un'altra probabilità, e, data la prima direzione, per esempio, ne prenderà una terza con una probabilità, e altre con altre probabilità, e così via. Quindi avrai una sorta di "grafo", dove ogni percorso accadrà, in teoria, con una combinazione di valori di probabilità.
usate per fare reinforcement learning
Spieghino: il reinforcement learning è, per farla scema, quel processo di apprendimento tale per cui tu fai una cazzata e poi capisci se è stata una cosa intelligente o meno. Pensa ad un neonato in una stanza con diversi oggetti, lui interagirà con ogni aspetto della sua realtà circostante e, ad ogni interazione che provochi una reazione, lui apprenderà cosa è utile fare e cosa no, e questo migliorerà la sua conoscenza della realtà.
per, in pratica, creare un automa che riesca ad eseguire compiti specifici imparando dai propri errori e migliorando le sue performance.
Ora, ammettiamo che tutta questa congettura sia concreta, stiamo parlando di cose che sappiamo già, quindi, o stiamo parlando di una roba completamente nuova che non c'entra nulla con quello che ho scritto sopra, o OpenAI ha portato questi due concetti oltre una barriera che prima era impossibile da superare (processando molti ma molti più stati nello stesso arco di tempo??), oppure ci stanno prendendo per il culo solo per spostare soldi nel mercato dell'AI.
Appena uscirà qualcosa di più tangibile e concreto, ne parlerò :)
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arcobalengo · 1 year
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La Nato in guerra. Da Draghi a Meloni si corre a compiacere il bellicista Biden.
Di Alessandro Orsini.
L’Italia deve prepararsi a inviare i soldati in Ucraina. Ma è un processo complicato che richiede sei condizioni. In primo luogo, è necessario uno scenario complessivo, o condizione strutturale, che prenderebbe corpo ove la controffensiva ucraina defunga. Zelensky si troverebbe tragicamente indebolito e la Russia potrebbe puntare a Odessa o altrove. Il trambusto nel Pd è legato a questo scenario che conduce a Bonaccini, la seconda condizione per l’ingresso dell’Italia in guerra. Quando richiesto dalla Casa Bianca, Bonaccini dovrà spingere il Pd a votare per l’invio dei soldati. Una prova? È iniziata in Germania e durerà fino al 23 giugno la più grande esercitazione aerea della storia della Nato, la “Air Defender 23”. L’obiettivo dell’esercitazione è la guerra con la Russia. In sintesi, mentre la Nato si organizza per sparare sui russi, Bonaccini fa il suo lavoro per conto di Stoltenberg nel Pd. La terza condizione per l’invio dei soldati italiani è la fornitura ininterrotta di armi avviata da Draghi in base alla strategia dell’ingresso in guerra un passo alla volta. La quarta è l’uso del Pnrr per le munizioni che pone le condizioni necessarie per la trasformazione dell’economia italiana in economia di guerra. La quinta condizione è il giornalismo compiacente. Ai giornalisti è proibito rivolgere a Meloni e Bonaccini l’unica domanda che avrebbe senso fare: “Se richiesto da Biden, lei direbbe sì all’invio dei soldati italiani?”. I giornalisti mainstream fanno le domande importanti a cose fatte per evitare che i cittadini diventino consapevoli dei pericoli. La sesta condizione è la disponibilità di un finto tecnico che sostituisca Meloni nel caso in cui la richiesta dei soldati italiani determini una crisi di governo. Il che conduce al discorso da candidato premier che Draghi ha pronunciato a Boston. In quel discorso di propaganda bellica, Draghi, il tecnico più politico del mondo, ha ripetuto le parole di John Kirby e Biden. La Nato e l’Unione europea – ha spiegato Draghi – devono battersi per la sconfitta della Russia sul campo, senza peraltro spiegare come sconfiggere una super-potenza nucleare. Draghi si è detto contrario a un’attenuazione del conflitto, persino al cessate il fuoco e a ogni soluzione diplomatica. Il discorso di Draghi svolge due funzioni nel processo di costruzione dell’invio dei soldati italiani. La prima è garantire alla Casa Bianca che, se Meloni traballasse, il banchiere sarebbe pronto a prendere il suo posto. Così facendo, Draghi incentiva Giorgia a radicalizzarsi per dare a Biden più certezze, un fenomeno che prende il nome di “outbidding”. Draghi si estremizza e Meloni rilancia. La seconda funzione del discorso di Draghi è spaventare Salvini affinché sappia che, caduta Meloni, perderebbe la sua posizione preminente nel governo. È noto, per bocca di Massimiliano Romeo, capogruppo Lega al Senato, che Salvini è iper-critico verso la linea iper-estremista di Draghi. La morte di Berlusconi, colomba contro i falchi, favorisce la corsa verso la distruzione dell’Ucraina.
Schlein, che proviene dal movimento pacifista, è al centro di questa contesa geopolitica e deve dimostrare di essere una leader. Meloni ha già superato la prova. Quella di Schlein è resa ardua dalla presenza dietro le quinte di Gentiloni, super-falco della Commissione europea, al punto che si parla di lui come presidente del Pd al posto di Bonaccini per rafforzare la componente guerrafondaia contro quella pacifista. Gentiloni non ha smentito la notizia. Vorrebbe diventare presidente della Repubblica. Per accreditarsi, deve dimostrare di essere pronto a calpestare gli interessi nazionali dell’Italia per curare quelli di Biden.
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diceriadelluntore · 1 month
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Cravos
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Ho ricevuto moltissimi messaggi circa la storia della canzone segnale della Rivoluzione dei Garofani, in portoghese Cravos. E ringraziando, racconto una storia al riguardo.
Il 24 aprile 1974, alle ore 22,55, Radio Clube Português trasmette una canzone, che è il presegnale: Depois de Adeus (E dopo l'addio) di Paulo de Carvalho. Questa era una canzone d'amore che ebbe una certa notorietà perchè partecipò all'Eurovision dello stesso anno. È una dolce canzone d'amore. Pochi minuti prima della mezzanotte, altre fonti dicono alle 00:29 del 25 Aprile, dalle onde radio della Stazione ultracattolica di Radio Renascença passano le note di Grândola vila morena, autore Josè "Zeca" Afonso. Afonso era nato nelle colonie, crebbe in Angola e poi insegnò Storia in Mozambico, ma fu allontanato dall'insegnamento per le sue idee politiche. Ritorna in patria e gira il Paese, a testimoniare le angherie della Dittatura salazarista: a metà anni '60, facendosi promotore di una Riforma Agraria, scrive dei contadini di una splendida regione portoghese, l'Alentejo. Nel 1964, Afonso compone il poema Grândola Vila Morena in omaggio alle tradizioni di solidarietà di un villaggio dell’Alentejo dove era stato invitato a cantare. Nel 1971, mette in musica questo poema, facendone una canzone. La canzone non è "sovversiva", ma siccome l'autore era tenuto sotto massima osservazione dalla Polizia del Regime, finì bandita.
Un unico giornale sopravvisse alla controllo editoriale di Salazar: si chiamava Republica, fondato nel 1911 da António José de Almeida, che fu in seguito Presidente della Repubblica Portoghese. Fu espressione del pensiero laico e borghese progressista e nel 1974 fu il primo giornale a dare la notizia della caduta del Regime. Chiuse in maniera tumultuosa nel 1976, tanto che si parla nella storia culturale portoghese di un Caso Republica. Nello stesso anno della sua chiusura, Eugenio Scalfari si ispirò a questo giornale per chiamare quello che allora fu un giornale rivoluzionario nel panorama editoriale italiano, e non solo: la Repubblica.
Terra da fraternidade – Terra di fraternità O povo é quem mais ordena – solo il popolo comanda Dentro de ti, ó cidade – tra le tue mura, o mia città
Dentro de ti, ó cidade – tra le tue mura, o mia città O povo é quem mais ordena – solo il popolo comanda Terra da fraternidade - terre di fraternità Grândola, vila morena - Grândola, città bruna
Em cada esquina um amigo – A ogni angolo di strada un amico Em cada rosto igualdade – Su ogni volto l’uguaglianza Grândola, vila morena - Grândola, città bruna Terra da fraternidade – Terra di fraternità
Terra da fraternidade – Terra di fraternità Grândola, vila morena - Grândola, città bruna Em cada rosto igualdade – Su ogni volto l’uguaglianza O povo é quem mais ordena – Solo il popolo comanda
À sombra duma azinheira – All’ombra di un leccio Que já não sabia a idade- che non ricordava più la sua età Jurei ter por companheira – Ho giurato di avere per compagna Grândola a tua vontade - Grândola, la tua volontà
Grândola a tua vontade - Grândola la tua volontà Jurei ter por companheira – Ho giurato di avere per compagna À sombra duma azinheira – All’ombra di un leccio Que já não sabia a idade – Che non ricordava più la sua età
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curiositasmundi · 6 months
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Con ordine: è mezzogiorno, i marciapiedi della stazione Termini erano ancora bagnati dalla pioggia mattutina quando il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, insieme con quattro-cinque persone del suo staff salgono sul Frecciarossa 9519 Torino-Salerno. Destinazione, Caivano, fermata Napoli-Afragola. Dove accanto a don Aldo Patriciello, il ministro era atteso per inaugurare un Parco urbano attrezzato, nel giorno della “Festa dell’albero”. Certo, dirà qualcuno, il ministero di Lollobrigida nulla ha a che fare con il “Decreto Caivano” del Governo ma questa è un’altra storia. Lollobrigida era atteso alle 15 ma è in ritardo e non può perdere tempo. «Perché lo aspettavano i cittadini», hanno ripetuto ieri i suoi compagni di partito, a partire dal ministro della Difesa, Guido Crosetto. «Perché doveva correre in tivvù per registrare la sua partecipazione ad Avanti popolo di Nunzia De Girolamo», dicono i maliziosi.
Fatto sta che Lollobrigida sale sul convoglio quando i monitor di Trenitalia, come spesso accade in questo periodo, segnano un ritardo di 7 minuti. Lollobrigida si siede in prima classe e si accorge che qualcosa non va. Appena uscito da Termini, il mezzo inchioda: un guasto sulla linea dell’Alta velocità costringe i treni ad andare sui vecchi binari. Significa che si sarebbe accumulato ritardo su ritardo. Sono passate le 12,45 quando Lollobrigida e il suo staff capiscono che non sarebbero mai potuti arrivare in tempo utile. «Serve un piano B». L’idea è quella di usare l’auto di servizio, ipotesi legittima che avrebbe potuto scegliere già in partenza. Ma era salito su un treno che non prevede fermate intermedie. Che fare quindi?
Qui arriva il pasticcio. Da quello che risulta a Repubblica qualcuno dal treno chiama la segreteria dell’amministratore delegato di Trenitalia, Luigi Corradi, chiedendo una via di uscita. «Siamo a Ciampino, vorremmo scendere qui che qualcuno ci viene a prendere in stazione». La fermata a chiamata non è prevista in nessun protocollo. Può esistere soltanto per gravi motivi di salute dei passeggeri («e anche in questo caso si tende sempre a evitare» spiegano fonti di Rfi) oppure di ordine pubblico. Arrivare in orario a una manifestazione non sembra rientrare in queste due categorie. Fatto sta che qualcuno di Trenitalia chiama il capotreno, che ieri confessava ai colleghi: «Mi hanno chiamato dalla centrale». Spiegando che per ragioni superiori quel treno si doveva fermare. A quel punto dal 9519 avviano la procedura standard: chiamano Rfi, chiedono il via libera tecnico a fermarsi a Ciampino e aprono per tutti le porte: «Abbiamo fatto l’annuncio, chiunque poteva scendere», dicono da Trenitalia. Invece il solo ad approfittare è il ministro, «anche perché è il solo ad avere un’auto blu che lo aspettava…».
Le porte si aprono e si chiudono velocemente, «non c’è stato alcun impatto né sui viaggiatori né sulla circolazione», assicura Trenitalia, senza chiedere scusa a tutti gli altri passeggeri che non sono riusciti nemmeno ad arrivare a Salerno visto che il treno in questione è stato soppresso alla stazione di Napoli, dove è arrivato con 111 minuti di ritardo.
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istanbulperitaliani · 21 days
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Il Leone di San Marco ad Istanbul
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Il Palazzo di Venezia, oggi sede del Consolato Generale d'Italia ad Istanbul, un tempo era la sede del Bailo di Costantinopoli. Il bailo era un diplomatico della Repubblica di Venezia, quindi questa sede, dal 1454 (Bartolomeo Marcello primo bailo) al 1797 (Francesco Vendramin ultimo bailo) ha ospitato i diplomatici della Serenissima.
A parte tutta la Storia legata a questo edificio che prima o poi scriverò, è interessante notare che sul fronte dell'edifico compare il Leone di San Marco che al posto del Vangelo ha quella che sembrerebbe una ruota. Esistono varie versioni del leone di San Marco, come segnalato dallo storico Alberto Rizzi, autore di importanti studi sul leone marciano. Secondo Rizzi, esistevano oltre cento varianti della figura, raffigurate su materiale scultoreo o pittorico. Purtroppo non sono riuscito a contattare lo storico (ha oltre 80 anni) per avere maggiori informazioni su questo leone in particolare. Ho letto, ascoltato varie versioni sul motivo di questo particolare simbolo. Personalmente ritengo che questa "ruota" a otto raggi sia associata alle otto direzioni nello spazio quindi si collegherebbe al potere navale (sembra effettivamente più che una ruota un timone di una nave) e commerciale della Repubblica di Venezia.
Grazie ai contributi delle persone che hanno commentato questo post sulla pagina facebook o mi hanno scritto in pvt aggiungo: Si tratterebbe dello stemma dei nobili veneziani Molin. Il leone è stato scolpito quando il nobile Alvise Molin era in carica come Bailo a Costantinopoli (XVII secolo). Lo stemma può essere stato asportato da un altro edificio o proviene dalla vecchia sede bailaggia perché l'edificio attuale é successivo alla caduta della Serenissima. Ecco il simbolo araldico della famiglia Molin
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Ringrazio il mio amico Agostino per la foto.
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città.
Scrivi una e-mail a: [email protected]
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donaruz · 1 year
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Da Simone Terreni a tutti gli americani!
Questo è il DAVID di MICHELANGELO!
Cari genitori americani,
che avete licenziato la preside che aveva mostrato ai suoi allievi questa statua e avete definito il David di Michelangelo “Pornografia”, certo il David mostra al mondo da 500 anni le sue grazie. Quindi avete pensato che fosse osceno e non adatto ai vostri figli minorenni.
Invece secondo me non avete ben chiaro né il significato del David, nè perché il David è nudo. Ascoltate la sua storia.�
Un pezzo di marmo enorme se ne stava chiuso da anni dietro il Duomo di Firenze. Nessuno voleva scolpirlo perché era fragile e poroso. Finché un giovane di 25 anni, con il naso rotto e le mani callose, di nome Michelangelo Buonarroti, accettò la sfida.
Scolpì il David!�Divenne il simbolo della piccola Repubblica Fiorentina che sfida i grandi nemici come il Papato e l’Impero (il Gigante Golia). Lo sguardo fiero e concentrato, guarda il nemico senza paura, prima di colpirlo.
Il David è FIRENZE!
E come Firenze non ha paura!
Per questo la statua DOVEVA essere nuda! Ma non non lo capite? David è nudo perché è vestito solamente della Grazia di Dio! Non ha bisogno di nulla per sconfiggere i suoi nemici perché Dio lo protegge.
Non solo doveva essere nudo ma doveva anche essere BELLO! A Firenze nel 500 c’era in atto il RINASCIMENTO. Artisti, pittori, scultori, eruditi riscoprirono la bellezza e l’armonia classica della cultura greca, liberarono l’uomo dalle superstizioni del Medio Evo, lo rimisero al centro (nudo!) e lo portarono nella modernità. Il David era figlio di Policleto, di Fidia, del Canone Greco, del Classicismo, del Verrochio e di Donatello.
Altro che Pornografia!
Michelangelo lo finì nel 1504, dopo tre anni di lavoro. Quando i fiorentini lo videro, capirono subito che era la statua più bella del mondo. Sapevano che sarebbe stato il simbolo eterno della bellezza maschile, come la Venere di Botticelli (nuda!) di quella femminile. Nacque subito una disputa su dove collocarlo. Fu creata addirittura una commissione di esperti di cui facevano parte Botticelli e Leonardo da Vinci. Il problema per i fiorentini di allora NON era nascondere le nudità ma trovare il luogo migliore per mostrare il David al mondo!! Mica come voi bigotti americani di oggi.
Alla fine fu scelto Palazzo Vecchio.�Per portarlo dal Duomo a Piazza della Signoria ci misero 4 giorni. Il David per quattro giorni “camminò” per Firenze.�E per i Fiorentini fu una festa! Se potessi scegliere un giorno, un solo giorno, per tornare indietro nel tempo, sceglierei proprio quel momento là. Quando il David, nudo, camminò per le strade di Firenze.
Anche oggi il David cammina.
E ci ricorda che il mondo va riempito di Bellezza e Armonia. Siete voi, voi americani, voi Golia, che avete inventato l’industria pornografica, che avete inondato di immagini oscene tv, cinema, pubblicità e web. Noi invece abbiamo inventato il Rinascimento! E sfideremo sempre, senza paura, chi come voi, vuole tenere l’uomo nell’ignoranza e nelle tenebre.
#rinascimento
Paola Giordano fb
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paoloxl · 10 months
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2 agosto 1980 strage alla stazione di Bologna - Osservatorio Repressione
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Il 2 Agosto del 1980 alla stazione del capoluogo emiliano l’esplosione di una bomba fece 85 vittime e 200 feriti. Tre terroristi neofascisti, Mambro, Fioravanti e Ciavardini, sono stati condannati come esecutori materiali. Ma non si conosce ancora chi c’è dietro l’eccidio.
Una strage senza mandanti. E con due degli esecutori materiali della strage condannati in via definitiva, i terroristi neofascisti (appartenenti ai Nar) Valerio Fioravanti e Francesca Mambro
Era il 2 agosto 1980, quando, alle 10.35, esplose alla stazione di Bologna una valigia carica di tritolo. Ottantacinque furono i morti, 200 i feriti, per una delle pagine più buie della storia della Repubblica. E ancora mai del tutto chiarita. Uno schiaffo ai parenti delle vittime dell’attentato, il peggiore per numero di vittime nel nostro Paese.
Lo scoppio, violento, causò il crollo delle strutture sovrastanti le sale d’aspetto di prima e seconda classe dove si trovavano gli uffici dell’azienda di ristorazione Cigar e di circa 30 metri di pensilina. E l’esplosione investì anche il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario. Un eccidio senza precedenti, con i corpi delle vittime portati in ospedale con gli autobus della linea 37.
All’attentato la città di Bologna rispose trasformandosi in una grande macchina di soccorso e assistenza per le vittime, sopravvissuti e parenti.
Tra le vittime, 77 erano italiane, tre erano di origine tedesca, più due inglesi, uno spagnolo, un francese e un giapponese. Persero la vita anche diversi bambini: la vittima più piccola aveva soltanto tre anni.
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t-annhauser · 9 months
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Platone. Teoria delle idee
La storia della filosofia ci mostra Platone inizialmente impegnato a smentire gli eristi, un gruppo di sofisti che sostenevano di poter confutare qualsiasi cosa vera o falsa che fosse per mezzo dei trucchetti della retorica. Se non conosciamo quel che stiamo cercando, dicevano, anche se lo trovassimo non potremmo riconoscerlo, e se al contrario lo conoscessimo già, allora non avrebbe senso cercarlo.
Per ribattere agli eristi Platone elaborò la teoria della reminiscenza: l'anima immortale contempla la verità prima della nascita ma ne perde nozione all'atto di reincarnarsi in un corpo sensibile. In verità conosciamo già quel che stiamo cercando, ce ne siamo solo dimenticati. Conoscere significa riportare alla memoria una conoscenza che già ci appartiene.
E siccome Platone è anche uno scrittore sopraffino, la teoria è come sempre esposta nel modo più poetico: le anime immortali, una volta liberatesi dei corpi, si trasformano in cocchi alati che procedono in schiere dietro i carri degli dei, qui, attraverso uno squarcio nelle nubi, scorgono brandelli di idee iperuraniche che poi dimenticano una volta precipitate nella prigione dei corpi, che fanno credere loro che il mondo vero sia quello sensibile (Fedro). Scopo della filosofia è dunque risvegliare la memoria di quell'antica visione.
Se nel mondo sensibile tutto è incerto, corrotto, esposto alla fallibilità degli argomenti, dice Platone, la perfetta incontrovertibilità che nemmeno i sofisti potranno mai confutare è da ricercare nel mondo delle idee e dei concetti: se ogni cavallo, sul piano sensibile, è perfetto in diversa misura, l'idea del cavallo, il suo puro concetto astratto, rimane eternamente inconfutabile, non potrà mai esistere infatti un cavallo che sia anche un toro o una gallina.
La teoria delle Idee è insomma l'argomento definitivo contro lo scetticismo dei sofisti: la verità degli enti giace immutabile nel mondo oltre-sensibile, in quella regione nascosta dietro una coltre di nubi, oltre la volta celeste, che è l'Iperuranio. Nell'Iperuranio tutte le idee sono conservate pure e incorrotte come in un caveau di una banca, ogni ente sensibile partecipa in diversa misura della perfezione di quelle idee, come uno stampo imperfetto ricavato dalla matrice originaria.
Spetta dunque al filosofo un altissimo compito etico-morale, quello di elevarsi alla conoscenza muovendo verso la perfezione. Si può scorgere qui l'eco dell'insegnamento di Socrate.
[prossima puntata: come la teoria delle idee deve trovare la sua attuazione nella realtà, ovvero la repubblica platonica]
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gregor-samsung · 10 months
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“ Dobbiamo avere la consapevolezza che noi conosciamo solo pezzi di verità, sull’assassinio di Moro, sulla P2, sulla strage della stazione di Bologna – l’elenco, ahimè, potrebbe continuare –, e che non abbiamo ancora chiarito i collegamenti tra gli uni e gli altri. Siamo nel tempo della dimenticanza assurta a valore, quasi che chi coltiva la memoria sia una persona desiderosa di vendetta, piena di rancori e meschinità, ingabbiata nel passato, che non guarda al futuro. Eppure non è forse attraverso il passato, ciò che siamo o non siamo stati, che possiamo intuire dove stiamo andando? Non viene forse anche da una mancanza di consapevolezza delle nostre radici – salvo esaltarle in contrapposizione a quelle degli altri – l’illusoria certezza che la democrazia sia un bene di consumo come un altro, facilmente esportabile, magari con una guerra? La nostra storia di italiani ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati. E concimati attraverso l’assunzione di responsabilità di tutto un popolo. Ci potrebbe far riflettere sul fatto che la democrazia non è solo libere elezioni – quanto libere? –, non è soltanto progresso economico – quale progresso e per chi? È giustizia. È rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. È tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. È pace. “
Tina Anselmi con Anna Vinci, Storia di una passione politica, prefazione di Dacia Maraini, Chiarelettere (Collana Reverse - Pamphlet, documenti, storie), 2023; pp. 93-94.
Nota: Testo originariamente pubblicato da Sperling & Kupfer nel 2006 e nel 2016.
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ilfascinodelvago · 1 year
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NON È LA FINE DER MONDO
È l’ultima sintesi dell’anno, quindi ne approfittamo pe fa’ un breve recap delle sfighe de un anno che sembra esse stato ‘na merda ma alla fine è tutta apparenza, niente de veramente grave. >> 
Non se semo annati ai mondiali: è la seconda volta de fila (non era mai successo prima). Oh ma mica è la fine der mondo, se ce impegnamo e ce dice culo, tipo che arrivamo allo spareggio co’ la primavera der Lussemburgo, magari ai prossimi riuscimo pure a qualificacce. >> 
È cascato er Governo Draghi ma tranquilli che 'ns’è fatto gnente! Ar posto suo c’avemo er governo più a destra de tutta la storia de la Repubblica che ar confronto Tambroni sembra un boyscout ma che vuoi che sia, alla fine è normale dialettica democratica. >> 
È schioppata pure la Regina Elisabetta, è la prima volta che a Natale non c’è er discorso suo in TV, perché lei esisteva da prima della TV. Ma noi a Roma avemo inventato un detto fatto apposta pe’ ste occasioni: morto un papa se ne fa un antro. È così da sempre, daje Carlè. >> 
Musk ha buttato ner cesso 44mld pe’ fasse na partita a Twitter e tu stai a piagne perché pe’ na multa in divieto de sosta? Lascià sta che ha fatto così tanti casini che pò esse’ pure che twitter schiatta, semo sopravvissuti alla fine de MySpace, sopravviveremo pure a questo. >> 
I prezzi dell’energia so’ schizzati alle stelle, la gente ormai pur de non accende er riscaldamento se butta sul cachemire che je costa de meno. È aumentato tutto, solo lo stipendio tuo è rimasto quello de trent’anni fa ma va bene così, lo fanno apposta pe fatte sentì giovane. >> 
È finita pure la pandemia, cioè non è che proprio finita, è che se semo rotti er cazzo noi e avemo deciso che mo è “solo un’influenza”, che in fondo de influenza non è mai morto ness… Vabbè il concetto è quello, mo rimane giusto da spiegallo ar virus. >> 
È morta ‘na donna ogni tre giorni ammazzata dar marito o dar compagno, venti lavoratori a settimana per “incidente”, quasi cento suicidi in carcere. Ma è roba che ormai succede tutti l’anni se ancora non te sei abituato è corpa tua, er mondo funziona così non è mica un dramma. >> 
Non semo mai stati così vicini al rischio de guerra nucleare, pare wargames ma ar posto der computer c’è na manica de deficienti. Quelli bravi però dicono che è un bluff, e che er vento tira in per di là e non c’è da preoccupasse. Ar massimo na grattata de cojoni scaramantica. >> 
Il clima è impazzito, la Marmolada s’è sbriciolata, er Po e l’antri fiumi asciuti, luglio era un forno, Natale lo stamo a fa’ coi bermuda, alluvioni e frane avemo perso er conto, i primi sei anni più caldi der secolo stanno tutti tra er 2014 e oggi. Ma non è la fine der mondo. >> 
Er mondo un modo lo trova sempre, lo troverà pure nel 2023. Ar massimo, proprio a volé esse cacacazzi, pò esse che è la fine tua, ma er mondo va avanti pure senza te e me e tutti l’antri, mica sta a guardà er capello. Quindi avanti tranquillo (che lo sai che fine ha fatto).
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ambrenoir · 3 months
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♥️QUESTI SONO GLI ESEMPI DI CUI ABBIAMO BISOGNO♥️
Il suo nome è Alessandro Frigiola, 81 anni, uno dei più famosi cardiochirurghi al mondo, ma è la sua storia degna del libro "Cuore" e non solo e non tanto per il suo lavoro.
Il dottor Frigiola ha eseguito più di 16mila interventi, più altri 20mila come tutor dei suoi numerosi allievi. Nella sua carriera, si stima abbia "salvato" 18 mila bambini.
Ma non per questo, non solo per questo, ha appena ricevuto la più alta onorificenza al merito della Repubblica dal Capo dello Stato.
Perchè, nonostante sia stato un luminare eccelso, il dottore è stato, ed è, in prima fila nella denuncia della malasanità: "I bambini sono sacri, e non solo loro" ha detto, ma esistono ancora eccessive carenze nei nostri ospedali e le patologie cardiache hanno ancora una importante mortalità, necessitano di cure molto costose e di fondi dedicati alla ricerca per trovare nuove soluzioni".
Un uomo coraggioso, prima ancora che uno scienziato, e non è ancora tutto, perchè ha fatto ancora di più, fondando vent'anni fa l’associazione Bambini Cardiopatici nel Mondo, per dare una speranza di vita a migliaia di bambini di paesi poveri, destinati altrimenti a un’esistenza esposta al rischio di morte, e salvandone una marra in Siria, Kurdistan, Senegal, Camerun ed Egitto, solo per citarne alcuni.
Sapete cos'ha detto a Mattarella, ricevendo il premio? Ha detto così: "Questa onorificienza è un ulteriore stimolo a proseguire ancora con più tenacia sulla strada del bene. C’è ancora tanto da fare e per farlo c’è bisogno dell’aiuto di tutti”.
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klimt7 · 3 months
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LA HYBRIS DI GIORGIA MELONI VUOLE COLPIRE PURE IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTATELLA.
Hybris è una parola antica. Un termine con una storia e un significato valido in ogni epoca e anche oggi.
I filosofi greci indicavano con questo vocabolo, il delirio di onnipotenza, la vera ubriacatura egocentrica con la totale perdita del senso della realtà, del potente di turno.
Vediamo il Dizionario:
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Perchè questi episodi di egocentrismo non sono tipici solo del nostro tempo, ma anzi erano frequenti pure nell'antichità.
In una terra come la Grecia composta di tante diverse città-stato [ Atene, Sparta, Tebe e tante altre...] non era insolito che un uomo potente cercasse di assumere un potere assoluto sui suoi concittadini. Ed allora si proclamava dittatore e padrone assoluto della città, con il potere di vita e di morte sui suoi concittadini. E in questo slancio finiva per perdere ogni senso della misura e del limite.
Era cioè vittima di "Hybris".
Anche nel nostro panorama politico attuale è già capitata questa situazione con la parabola di Matteo Renzi prima e quella di Matteo Salvini subito dopo.
Ricordate il Referendum costituzionale di Renzi e la sua sonora bocciatura da parte degli Italiani? O il delirio di Salvini dal Papeete di Milano Marittima dove rivendicava per sè i pieni poteri?
Bene ora pare tocchi a Giorgia sbroccare completamente fino ad attaccare quell'uomo al di sopra delle parti che è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Giorgia lo vuole coinvolgere nello scontro politico più basso e ignobile.
E' la cronaca di queste ore. Vuole infangarlo e togliergli ogni tipo di legittimità
Vuole portarsi avanti col lavoro, insomma, visto che il suo progetto di riforma Costituzionale il coseddetto "Premierato Forte"- sogna un Presidente della Repubblica non più garante degli equilibri fra i diversi poteri dello Stato italiano, ma esautorato da ogni funzione e ridotto a semplice "notaio" e passacarte.
Ma non finirà così.
GIORGIA se ne pentirà molto presto di questo suo giocare d'azzardo con un paese e un popolo intero e con la sua Carta Costituzionale.
Il resto lo lascio spiegare a Massimo Giannini.
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colonna-durruti · 3 months
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ALESSIO LEGA
ACAB: tutti i poliziotti sono bastardi (All Cops Are Bastards).
Che vuol dire “bastardo”? Vuol dire “figlio illegittimo”. Nella repubblica italiana i poliziotti (ma diciamo anche le forze dell’ordine nel loro insieme), non hanno mai, dico MAI, compreso la distanza fra il fascismo e la democrazia. Possiamo risalire molto più indietro di Genova 2001, alla polizia di Scelba e di Tambroni, che non si limitava a manganellare ma sparava per uccidere: a Melissa, a San Donaci, a Modena, a Reggio Emilia… Possiamo parlare dei carabinieri golpisti. Possiamo discutere di cosa successe la notte di Pinelli.
Molti poliziotti sono anche morti eroicamente nel contrastare la mafia? Certo… pensate che i poliziotti fascisti del prefetto Mori non lo facessero? Un esercito combatte contro il nemico che gli indica il generale non sta a pensare se esso è buono o cattivo: lo combatte senza testa, senza ragione. Perciò nessun esercito può essere democratico - anche se è al servizio di una repubblica e contro una dittatura - perché il concetto di democrazia popolare ti interroga sempre, individualmente, sul senso di ciò che fai. L’obbedienza in democrazia non è più una virtù (l’ha detto un prete, non un anarchico).
E vogliamo parlare dei poliziotti omertosi sui loro colleghi? Di quelli che collettivamente applaudono gli assassini (condannati in via definitiva) di Aldrovandi? Del fatto che, se vuoi avere una speranza di verità, devi far indagare i carabinieri sulle malefatte della polizia e viceversa, sperando che la rivalità fra corpi delle forze dell’ordine faccia ciò che non può fare il rispetto del mandato democratico? Vogliamo parlare della tortura usata regolarmente nelle questure e nelle caserme? (che fa schifo anche quando il torturato è a sua volta un torturatore, un fascista o un mafioso). Vogliamo parlare della polizia penitenziaria, fogna nella fogna: Modena e Santa Maria di Capua Vetere 2020? Vogliamo dire qualcosa di quella super-polizia che sono i servizi segreti, che non erano “deviati”, ma proprio concepiti così. Del loro ruolo nella storia repubblicana?
Quando si dice che “tutti i poliziotti sono bastardi” non si vuol negare che ci sia stato il fascista onesto ed il nazista che nascose in casa sua gli ebrei che conosceva. Si intende dire che le forze dell’ordine non hanno mai colto la distanza fra il sistema autoritario e quello democratico, sono “bastardi” nel senso che sono figli di una diversa e opposta concezione dell’ordine pubblico. Che per loro chi manifesta è sempre potenzialmente un criminale, un pericolo, nel migliore dei casi una scocciatura. Essi non hanno mai capito che sono al servizio dei cittadini e della costituzione, essi si ritengono al servizio del governo, più spesso della parte padronale e reazionaria del paese. Essi non sanno che nelle piazze si esercita un diritto democratico pari (se non superiore) che nel parlamento.
Per questo se quell’acronimo - nella sua schietta genericità - dà fastidio, è solo perché stringatamente esprime un giudizio storico preciso, meditato e inappellabile: la polizia italiana non è la prima figlia della democrazia, ma l’ultima bastarda del fascismo.
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goodbearblind · 2 years
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QUATTRO STRONZI
Me lo ricordo quel pomeriggio.
Doveva essere sabato pomeriggio; un sabato pomeriggio di metà anni novanta, con noi poco più che diciottenni che facevamo cose da poco più che diciottenni degli anni novanta: stavamo a casa di chi aveva “casa libera”, bevevamo, fumavamo, cazzeggiavamo.
Non c’erano gli smatphone, né i pc. Non c’era nemmeno internet, né you tube; però in qualche modo -parrà strano- ci divertivamo lo stesso. C’erano le sigarette che facevano ridere, e c’erano le videocassette.
E quel pomeriggio P. aveva tirato fuori una videocassetta tipo “Top 20 punizioni della storia del calcio” e buttati sul divano ci godevamo una serie di prodezze balistiche in bassa definizione, o addirittura in bianco e nero, con un sottofondo di una musichetta improbabile. Ad un certo punto le immagini si fanno sgranate, e una didascalia con pixeloni enormi spiega che siamo ai mondiali del ‘74, partita Brasile – Zaire.
Punizione a favore del Brasile poco fuori area, appena decentrata sulla sinistra. Il 10 del Brasile (che scopriremo poi essere Rivellino) si appresta a calciare; di fronte a lui il muro verde della barriera dello Zaire. L’arbitro fischia, ci aspettiamo tutti l’ennesimo capolavoro che aggira la barriera e si infila nell’angolino. E invece a sorpresa un difensore si stacca dalla barriera, corre come un pazzo sulla palla, la colpisce con ignoranza e la scaglia lontanissimo. I Brasiliani sono increduli, e mentre noi impazziamo sul divano, l’arbitro lo ammonisce.
Abbiamo riso fino alle lacrime, abbiamo rivisto la scena decine di volte, avanti, indietro, a rallentatore, poi una pietosa citofonata della mamma di P. ci ha costretti ad aprire le finestre e ripulire in tuta fretta le tracce del nostro vizioso pomeriggio, per poi salutare la padrona di casa e ritirarci con la coda tra le gambe, ancora sghignazzando per la prodezza dello Zairese.
E nei mesi successivi “l’africano che non sapeva le regole” è stato un leitmotiv di battute e scherzi, poi pian piano la cosa è passata nel dimenticatoio.
Fino a qualche tempo fa, quando nel giocare a tirare le punizioni con mio figlio Fabrizio mi sono ricordato dell’episodio e gliel’ho raccontato, per farlo ridere. Naturalmente -essendo lui un nativo digitale- mi ha chiesto di vedere il video, e in effetti dopo una breve ricerca ho ritrovato su you tube quel filmato che avevo visto l’ultima volta in VHF quasi trent’anni fa.
E insieme al video ho trovato la storia.
La storia della Repubblica Democratica del Congo, che dopo un colpo di stato militare propiziato dalla Cia si è trasformata in Zaire, guidata dal Colonnello Mobutu;
La storia di Mobutu, passato alla Storia come uno dei dittatori più sanguinari e corrotti della tormentata Africa, tanto da assurgere ad emblema del tipico “dittatore africano” e da far definire per la prima volta il suo governo col poco lusinghiero epiteto di “cleptocrazia”, o governo della corruzione;
La storia della prima squadra di calcio dell’Africa nera a partecipare ad un Mondiale di calcio, partita nel 1974 dallo Zaire alla volta della Germania con aspettative propagandistiche da parte del suo dittatore, e sconfitta per 2-0 all’esordio contro la Scozia, e addirittura 9-0 alla seconda partita contro la Jugoslavia, e che alla terza ed ultima partita del girone avrebbe dovuto affrontare il Brasile;
La storia di un jet privato atterrato in Germania con a bordo le guardie private di Mobutu, che hanno preteso un incontro a porte chiuse con la squadra e hanno detto senza mezzi termini ai giocatori che le loro famiglie rimaste in Africa erano ostaggio dell’esercito, e che una sconfitta contro il Brasile per più di 3 a 0 sarebbe costata la vita ai giocatori stessi e ai loro familiari, così come qualunque tentativo di fuga o di denuncia;
La storia di undici uomini terrorizzati che hanno giocato un’intera partita contro i Campioni del Mondo uscenti del Brasile (che per qualificarsi doveva vincere con almeno tre gol di scarto) lottando su ogni palla; undici uomini che con la forza della disperazione sono riusciti a mantenere il punteggio sul tre a zero fino all’85 minuto, quando venne assegnata quella punizione dal limite a Junino;
La storia di Joseph Mwepu Ilunga, numero 2 dello Zaire, che all’85 minuto è in barriera e sa che per salvare la sua vita e quella dei suoi cari da una morte atroce deve resistere per altri cinque minuti, cinque maledetti minuti; e vede sulla palla Rivellino con la maglia del Brasile e il numero 10 sulle spalle, e sa che quel pallone può essere la sua condanna a morte, e ha paura, ha una fottuta paura, e sa che deve fare qualcosa, che Rivellino con i suoi piedini fatati quel pallone non lo deve toccare. E quando sente il fischio dell’arbitro si lancia su quel pallone e lo colpisce con tutta la forza del suo terrore e della sua disperazione, per mandarlo il più lontano possibile.
La storia dei giocatori del Brasile, che da quel gesto apparentemente folle rimangono spiazzati e, ormai qualificati, praticamente smettono di giocare fermando il risultato sul 3-0;
La storia di tutto il mondo che per anni ha riso di Mwepu, l’africano che giocava al Mondiale senza sapere le regole, e che ha celebrato il momento come “la punizione battuta al contrario”
La storia di un giornalista, che nel 2002, dopo la morte di Mobutu e la caduta della dittatura, ha ricostruito l’intera vicenda, rivelando una delle pagine più drammatiche della storia del calcio consumatasi sotto gli occhi ignari di tutto il mondo;
La storia di noi quattro, che eravamo davvero quattro stronzi.
La Storia del mondo, che è fatta dalle storie degli uomini, e in queste trova un senso e un compimento.
Storie drammatiche, ridicole, tragiche, miserabili, nel loro piccolo meravigliose.
#StorieDaCaffè
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