Tumgik
#sono cose che sto RACCONTANDO solo adesso
ross-nekochan · 10 months
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Come al solito questo paese mi ruba il tempo, la vita, le parole e la voglia di scrivere. Forse perché non c'è niente da dire eppure come 5 anni fa da una parte avrei così tanto da dire da poter diventare un fiume in piena, ma, appunto, non ho il tempo di ordinare nessuno dei centomila pensieri e metterli per iscritto.
Oggi sono andata a lavorare, in sede. Con divisa fatta da giacca, camicia a maniche lunghe, pantaloni e tacchi da 5cm. Quindi sveglia alle 6:30 perché Tokyo è lontana e solo così puoi arrivare in orario (che non è alle 9, ma alle 8:45 perché essere in orario qui vuol dire essere in ritardo). Il lavoro consisteva in un training su come creare una rete LAN. In cosa è consistito? Hanno dato delle slide con dei comandi scritti e mezze istruzioni, ci hanno dato i PC, i router, gli switch e hanno detto: fate. Io uno switch so a malapena cos'è e qual è la sua funzione (solo perché mi sono messa a vedere qualche video prima di partire, sennò non saprei nemmeno quello). Fortuna che c'erano due ragazzini giapponesi volenterosi e insieme ci siamo messi e siamo riusciti a fare qualcosa, sennò fossi stata sola non avrei saputo nemmeno da dove cominciare. Gli altri due cinesi, entrati in azienda 2 anni fa, erano più ignoranti di me. Molto poco chiaro che cazzo si faccia in questa azienda e come funzioni il sistema.
Martedì si è concluso il "training" di 8 giorni che è consistito per l'80% in "filosofia aziendale", questionari giornalieri e settimanali su cosa si è imparato (spoiler: un cazzo), lavori di gruppo inutili, spiegazioni su come fare carriera aziendale (tramite un sistema di punteggi assurdo e complicato) e giusto qualche volta ci hanno parlato delle piattaforme che si utilizzano per "timbrare" o per richiedere i rimborsi ecc (uniche cose utili). Il resto dei giorni? Meeting alle 9 per check di: 1. Che non stai dormendo 2. Che sei vestito correttamente e che sei "sistemato" 3. Per sapere se fisicamente stai bene o sei malato. Il resto della giornata: rispondi alle email degli uffici, fai qualche meeting e studia per prendere le certificazioni - che non ti pagheremo noi e che non dovrai fare durante l'orario di lavoro. Perché mica le sto prendendo per lavorare, le prendo per sport personale giustamente. Va bene.
In tutto questo pagheranno il primo stipendio 25 Agosto e non avremo la possibilità di chiedere nessun permesso per 6 mesi. Fortunatamente ci hanno recentemente pagato il supporto per il trasloco perché sennò stavamo freschi.
Benedico un po' il cielo per aver conosciuto questo indiano che è mio collega e che vive nel mio stesso dormitorio. L'India a quante parte è il Sud Italia del Sud-est asiatico, per molti aspetti (non c'è niente di stupefacente in fondo). Malediciamo questo paese, questa azienda e noi stessi per essere venuti tutti i giorni. Qui è tutto così caro che non ci facciamo capaci di come la gente riesca a vivere. Si pensa sia il paese del pesce e del riso e invece il pesce è quasi inacquistabile da quanto costa (filetti di soli 200gr intorno a 4/5€), il riso che dovrebbe essere come la nostra pasta e invece 5kg costano 15€ (5€/kg). Non è un caso infatti che il tasso di povertà stia salendo alle stelle: gli stipendi sono gli stessi da 25 anni. Questi di che cazzo dovrebbero vivere?
Personalmente, non so mai che cazzo mangiare e vivo di tofu e pesce -che compro solo perché mi piace e perché sono anni che evito la carne nella mia quotidianità. Ma qui è quasi impossibile evitarla, dato che la carne rossa è persino nei contorni di verdure (che non so mai come cazzo cucinare e ogni volta che trovo una ricetta di verdure taaac carne di manzo dentro machecaaaazz - viva il paese del sushi come sempre insomma).
Soffro perché mi manca già la palestra e non è passato nemmeno un mese. Ma con la situazione economica di adesso non mi sembra il momento adatto per ricominciare. Oltretutto non ho ancora una routine e non ho ancora capito come cazzo funziona in questa azienda. Avere un quantitativo proteico adeguato è stato difficile perché le mie fonti proteiche preferite (ovvero yogurt greco e albumi) qui sono inesistenti o insostenibili economicamente nelle quantità che mi servono (tipo yogurt greco a 20€/kg). Mi manca fare le mie colazioni specie le mie omelette e i miei pancakes di albumi.
Ho pensato a quanto sia difficile andare a vivere in un altro paese. Sembra di diventare bambini viziati perché le cose minuscole, quotidiane, che davi per scontato, diventano voragini. E per me la voragine è legata soprattutto al cibo. Persino sui biscotti: noi abbiamo pacchi minimo da 350gr, oltre a una varietà da fare invidia a un biscottificio. Qui i biscotti oltre ad essere di pochissimi tipi (quasi solo cookies/biscotti al burro) hanno pacchi sono da massimo 150gr e finemente impacchettati singolarmente creando bustoni enormi ma leggeri come una nuvola perché sono 80% plastica. I loro dolci sono bombe a mano di carboidrati: mangi 2 daifuku o 2 dorayaki e hai mangiato la stessa quantità di carboidrati di un piatto di pasta da 100/120gr. Ti viene da pensare: se mi mangio la pasta almeno mi sazio, con ste cacatine piccoline mi faccio salire solo la fame. Per le verdure o piatti già pronti idem, vedi i valori nutrizionali e hanno una quantità di zucchero all'interno che manco una fetta di torta.
Banalità... eppure no. Ci vuole tanto spirito di adattamento, tanta pazienza e tanto coraggio ad andare via dal proprio paese. Andare al Nord è letteralmente NIENTE in confronto (sebbene la sofferenza ci sia sempre).
L'unica cosa che potrebbe migliorare di gran lunga la situazione è avere così tanti soldi da permettermi tutto quello che voglio. Ma a volte nemmeno quello basta.
24 notes · View notes
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Da tempo ormai sto provando a smettere, stavo riuscendo quando stavo con lei, so che non è un buon motivo smettere per una persona, ma associavo il bene che volevo a lei come valvola per uscire da quella roba lì, nonostante la relazione finita ho provato in tutti i modi a farle capire che solo lei avrebbe potuto aiutarmi, ma come spesso accade mi ha voltato le spalle, forse sono io a spiegarmi male.
Sto provando a lottare, sto raccontando bugie, inganno tutti per riuscire a portare avanti le due facce di questa stessa vita, da una parte all’apparenza normale, e dall’altra costretto a mantenere contatti con ambienti degradati dove gli unici valori conosciuti sono quelli strettamente legati alla droga.
L’apice toccato l’altra sera io che collasso tra le braccia di mio padre e le lacrime di mia madre, “hai preso qualcosa”
“Assolutamente no” risposi dopo aver ripreso coscienza.
E loro che mi avevano raccomandato da sempre di non toccare quella roba lì, ecco quella roba lì, che ormai è diventata il centro del mio mondo e mi fa superare queste interminabili giornate che spero possano finire un giorno, sto provando a farlo.
Ho iniziato per sfida ormai anni fa con un mio amico e pian piano ero diventato anch’io uno di “loro”
Ogni giorno il primo pensiero è avere quella roba lì, di conseguenza parte dello stipendio è dedicato a quello, nella mia banca ci sono tutte le transazioni che effettuo, svago, cibo, divertimento, dovrebbero metterne una anche per le droghe, così uno si regola, che cazzo.
Non ho la più pallida idea di come affrontare il problema, i miei amici sono come me, ma come cazzo faccio a chiedere aiuto a persone che hanno il mio stesso problema? Perché appunto con loro non è un problema.
Rivolgermi a strutture per aiutarmi? Ma aiutare per cosa?
Non capisco il problema io come potrebbero aiutarmi persone sconosciute, sarebbe come andare al macello, ecco, quei posti lì reputo così, un mattatoio di persone che attendono la morte.
Ho 26 anni è il problema giornaliero è trovare il tempo di farmi, e riesco sempre a trovarlo, anche a lavoro.
Non me ne importa più niente della vita, già da un po’ di anni, sono convinto di aver già vissuto abbastanza e sono pronto a far si che tutte ste sofferenze possano finire.
Di quello che può succedere tra un’ora, il giorno dopo, la settimana dopo, in quei momenti sarebbe potuto succedere di tutto, per questo per me è importante fare le poche cose che mi fanno stare bene il prima possibile, tu che stai leggendo speravo potessi capirlo.
Vorrei provare a non girovagare per la città fatto perso, come uno zombie, e sentire il vento che mi accarezza la faccia ed essere sereno senza uso di quella roba lì, non riesco.
Sono tante le cose da capire e da chiarire, troppe, forse se la mia amica d’infanzia non si fosse tolta la vita adesso non sarei in questa situazione, mi manchi Chiara e non c’è giorno che non ti penso, come stai?
Lo sguardo di mio padre e quello che i suoi occhi riescono a comunicarmi pur non dicendo niente, forse lui ha capito, senza forse, magari sta aspettando che gli parli del problema apertamente, ma quando sono con lui, i rari abbracci che ci diamo, mi sento piccolo, torno indietro di anni e anni e riesco solo a dirgli ti voglio bene papà, lo stesso discorso potrei farlo anche per mia madre, la amo con tutto il mio fottuto cuore, come ho potuto ridurmi così?
Mi sento come se fossi “narcotizzato” tutti i giorni ormai..
Ho passato ore, giorni, mesi e poi anni a chiedermi come fosse stato possibile per me arrivare a tanto, è difficile da accettare, è difficile vivere con questo dolore perenne.
Ma in fondo si sa, “la vita non è per tutti” mi rimbombano in testa queste parole ogni mattina, chissà, arriverà anche per me?
Chiedo pace, pace eterna.
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volumesilenzioso · 2 years
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⚠️TW⚠️
(disturbi alimentari, depressione…)
mi vergogno di queste foto, ma le considero importanti, scrivere tutto quello che troverete sotto senza mettere le foto, secondo me, non avrebbe avuto senso
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credevo di dover perdere altro peso per essere felice…
sono sincera, guardandomi allo specchio mi rendo conto di aver ripreso peso, si capisce anche dal fatto che dopo un anno e mezzo sono uscita dall’amenorrea, eppure non sono felice neanche adesso, perché la verità è che mi sono sentita costretta a ricominciare a mangiare, ma continuo a odiare il mio corpo, in tutto e per tutto. non mi voglio bene, neanche un po’. non vado fiera dei kg che ho ripreso, non mi piaccio di più. sicuramente ho più energie, riesco a fare più cose, ho ripreso a studiare, a uscire ecc, ho addirittura conosciuto un sacco di persone nuove, apparentemente sono più aperta, sembro quasi socievole, a volte sembro estroversa. la verità è che non è cambiato nulla interiormente, ho ancora la stessa voglia di dimagrire che avevo un anno fa, ho ancora l’obiettivo di scomparire lentamente, torturandomi, morendo di fame. quando non mangiavo ero ancora più aggressiva e irritabile, rispondevo male a prescindere da tutto, non riuscivo a muovermi, ero costretta a farmi asciugare i capelli da qualcuno perché non riuscivo a tenere il fono per più di due minuti senza che iniziasse a pesarmi, come se mi si stesse staccando il braccio. ero impotente, ma nello stesso tempo mi sentivo potente, perché convinta di avere il controllo totale sul mio corpo e sulla fame. adesso so che il controllo era proprio ciò che non avevo, eppure mi manca stare così, mi manca perché ormai mi ero abituata a quella condizione, mi manca perché rischiavo di morire da un momento all’altro ed era proprio quello il mio obiettivo, ora questo obiettivo mi sembra estremamente lontano perché ho ripreso quel maledetto peso, perché fisicamente sono in salute, perché ho di nuovo il ciclo e il mio corpo funziona, non rischio più il collasso, non rischio più di addormentarmi e non svegliarmi più, non rischio più di svenire ad ogni passo che faccio, il mio corpo sta bene. ma la mia mente è rimasta lì, è un casino totale, mi dice di tornare indietro ogni giorno e ignorarla diventa sempre più difficile. però so, nel profondo, che sto facendo la cosa giusta, so che me lo devo, so che un giorno mi ringrazierò per tutti gli sforzi che sto facendo, so che continuando così, forse, riuscirò a stare meglio, non dico che sarò felice, ma starò bene. ricordo la sera in cui provai a togliermi la vita come fosse ieri, ricordo gli sguardi della mia famiglia, spenti quanto il mio, abbiamo tenuto la cosa estremamente privata, solo parte della mia famiglia l’ha saputo, e altre persone al di fuori della famiglia che mi sono state vicine. oggi lo sto scrivendo qui perché su questo social mi sento libera, sento di poter parlare di tutto, lo uso anche un po’ per sfogarmi. ma quello che voglio dire, raccontando tutto ciò, è che forse c’è un motivo se sono ancora qui (che ancora oggi non mi è chiaro), forse devo iniziare a vivere per me e per le persone che mi circondano, perché ho visto come mi guardavano quella sera, per mesi non mi hanno lasciata sola neanche un secondo per paura che potessi riprovarci, so di aver ferito loro, non tanto me stessa. so cosa significa stare male, voler mettere fine a tutto, diventare egoisti in un certo senso, so cosa significa tutto questo e so quanto sia difficile farsi aiutare, parlarne, far entrare qualcuno nel proprio mondo. ma fatelo, fate la cosa che vi sembra sbagliata, andate verso quella via d’uscita che vi sembra irraggiungibile. fatelo prima per gli altri, piano piano inizierete a farlo anche per voi stessi. ad oggi non sto bene, per niente, sono mentalmente distrutta, eppure qualcosa è migliorato. ho ripreso quei kg, i miei occhi sono ancora spenti, ma non tanto quanto lo sono nelle foto qui sopra, ogni tanto si accendono, brillano. ogni tanto mi capita di sentirmi bene, cosa che prima non succedeva. per questo mi impegno così tanto nell’andare contro la mia testa, perché forse ne vale la pena, perché forse un giorno i miei occhi brilleranno di più.
vorrei solo dire a chiunque si sia trovato o si trovi nella mia stessa situazione, chi per un motivo, chi per un altro, che non dobbiamo arrenderci. che un sorriso vero dopo mille sorrisi falsi è comunque valido e non va sottovalutato, che la vita è una (una merda, direte) e in parte abbiamo il potere e il dovere di modellarla a nostro piacimento. non otterremo tutto quello che vogliamo, non raggiungeremo tutti i nostri obiettivi e non realizzeremo tutti i nostri sogni, ma possiamo provarci, e possiamo andare fieri dei risultati che otteniamo perché ogni risultato, per quanto piccolo sia, ha un suo valore, ma questo valore bisogna riconoscerglielo.
vi prego, andate avanti, non mollate mai. io spero di continuare su questa strada, spero di averne le forze, e spero che voi possiate fare lo stesso.
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Giorno 14
Tutti continuano a dirmi "eeh goditela adesso, che poi quando crescono...." io ho sempre semplificato pensando che è solo un modo di dire. Fatto sta che io mia figlia me la sono sempre goduta. In quasi tre anni non l'ho vista solo due giorni, che era andata a trovare i parenti per una ricorrenza. Quando lavoro tanto un po' di tempo per lei non lo faccio mancare mai. Ultimamente "goditela adesso" mi ha fatto un po' riflettere; perché lo dicono? Perché hanno degli adolescenti che odiano i propri genitori? Perché hanno dei figli adulti che sono spariti? O forse, secondo me, non se li sono goduti da piccoli e ora si ritrovano: degli adolescenti del cazzo che odiano i propri genitori e dei figli adulti che li hanno abbandonati. E allora sì! Godiamoceli adesso così potremo goderceli per sempre.
Ieri ho approfondito un po' meglio con qualche ricerca i medicinali che sto prendendo, le controindicazioni e le esperienze di altre persone. Tragedia! Un'infinità di controindicazioni e tutte esperienze negative e disperate, insomma niente di buono. Intanto mi sono già pentito di aver letto queste cose, perché ieri per la prima volta dopo parecchi giorni sono stato un po' male. Ho avuto un po' d'ansia, anche se al contrario di prima sono riuscito a gestirla. Poi l'ho vista come le recensioni negative dei ristoranti, se hai mangiato male o qualcosa durante il servizio è andata storta non si aspetta un momento per vendicarsi. Al contrario se tutto è andato bene,, sono veramente pochi quelli che scrivono. Le controindicazioni sono tante e i benefici sono pochi, ma se hai un problema, ti curi, perché sono i benefici a risolverlo. E chi l'ha risoloto non si mette a disperarsi raccontando le sue sciagure, se ne va al mare a fare un passeggiata.
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gabriele-rancan · 6 months
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B-36
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Sono passati molti anni da quando l'uomo ha smesso di vivere su questo pianeta. Ora siamo rimasti noi robot; ci hanno lasciati indietro dopo aver prosciugato tutte le riserve di questa terra, forse eravamo troppo ingombranti e occupavamo troppo posto sulle loro astronavi. E comunque continuiamo a vivere la nostra vita come prima della fuga degli esseri umani. Raccogliamo la spazzatura, aggiustiamo ciò che si rompe, continuiamo a preparare i caffè ogni mattina anche se non c'è più nessuno a berli, produciamo nelle fabbriche, verniciamo, saldiamo, tagliamo l'erba del prato, aspiriamo per terra. Insomma, facciamo un sacco di cose. Mi chiedo, perché lasciarci indietro? Credo di essere l'unico ad essersela presa per questa storia, e c’è un motivo: io sono diverso dagli altri robot. Il mio creatore ha deciso di regalarmi un vero cuore umano quella volta, credo fosse di suo figlio, non ricordo bene, ma ricordo di come scalpitava quando stavo con il mio creatore – che forse dovrei definire padre? Non che abbia molta importanza, adesso.
Il fatto è questo: io non posso non soffrire per essere stato abbandonato. Ho un cuore umano, provo sentimenti umani e in qualche modo riesco a comprenderli. E come tutti i cuori umani, anche il mio ha una data di spegnimento.
Ogni giorno mi sveglio e non so bene cosa fare, perché non ho mai avuto una mansione specifica. Mi limito a gironzolare per la città tutto il giorno, guardo i miei fratelli che continuano a lavorare e a svolgere le proprie mansioni, come se niente fosse cambiato. Loro, sotto un certo punto di vista, sono più fortunati di me, perché non si sono nemmeno accorti di essere rimasti soli. Anche il mio creatore diceva sempre:
“A starci male, è sempre chi rimane”.
Nonostante tutto, ho provato anche molte sensazioni gradevoli nell’arco della mia esistenza. Ne ricordo una in particolare: stavo facendo il mio solito giro per la città, senza una meta, ma preso dalla curiosità mi sono spinto fino in riva al mare.
Era ormai il tramonto, tutto era colorato di rosso e le ombre si allungavano e si facevano sempre più nette. Il cielo era limpido, l'unica cosa che si vedeva era il sole che scendeva all'orizzonte e si rifletteva su uno specchio d'acqua. Ricordo di aver provato un batticuore e una sensazione di euforia, che pensandoci bene era più una sensazione di calma e leggerezza. È stato un episodio commovente, è il mio più caro ricordo di questo mondo. A ripensarci mi sento felice, ma allo stesso tempo dispiaciuto. Avrei voluto essere lì con il mio creatore o almeno con qualche altro mio fratello, o con un amico. Anche se il concetto di “amico” non riesco a comprenderlo bene, non ne ho mai avuto uno.
Ti sto raccontando tutto questo solo per dire che sono grato di questo cuore umano, per quello che mi ha fatto provare: l'empatia, la gioia, la solitudine, la tristezza... anche se una cosa manca: l'amore. Quello, purtroppo, non l'ho mai provato.
Ti voglio ringraziare per aver ascoltato la mia storia. Tra pochi minuti il mio cuore si fermerà, ha ormai raggiunto la data di spegnimento, lo sento piano piano rallentare e faticare. Questa cosa mi fa sentire in allarme, penso sia la paura. Anche questa è una nuova sensazione, chissà quante ancora non ne ho provate.
Ora io aprirò questo sportello che ho sul petto – lì dentro c'è il mio cuore – lo estrarrò e lo donerò a te, in modo che qualcuno ricordi la mia storia e che sono stato B-36, l'unico robot al mondo ad avere un cuore umano.
B-36 aprì lo sportello sul suo petto, prese delicatamente il cuore all’interno e lo donò alla ragazza con la tuta spaziale. E poi, piano piano, si spense. La ragazza mise il cuore dentro un contenitore di metallo.
- È morto, mi dispiace. Ho solo il suo cuore.
- Va bene, ci hai provato.
- Mi chiedo perché faccia sempre così male.
- Perché a starci male, è sempre chi rimane.
Fine
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strawberry8fields · 4 years
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“Vorrei portarti con me. Resisteresti poco, al freddo senza l’afa estiva ma sarebbe un'esperienza diversa, no? Poi ti riporterei indietro, come è giusto che sia. Ma per un po’ ti porterei con me. Ti racconterei le cose che non avrò il tempo di finire di dirti. Solo per quello, per trovare il modo che duri di più. Ti farei guardare il mare freddo, così apprezzeresti il tuo. Ti farei una foto e la lascerei nel cassetto per le volte che avrò voglia di guardarti con i capelli scompigliati e il sorriso accennato. Mangeremo e dormiremo poco perché non ci sarebbe il tempo; tutto quello che vorresti cercherei di dartelo. Ti farei esprimere un desiderio e lo esaudirei. Solo uno, perché tre non sarei capace. Ti farei almeno un paio di domande scomode, perché così ti fideresti di me; perché così, se ti telefonassi almeno una volta, sussulteresti un pochino e quando deciderai di andare via, ci sarà almeno una volta in cui vorrai tornare. Vorrei che ti fossi innamorata di me, per chiedermi di restare. Ma forse tu impieghi tanto per innamorarti e allora è per questo che vorrei portarti con me: per farti innamorare. Verresti?
No, non verrei. Perché dovrei? Non credo che mi riporteresti indietro, non voglio che tu faccia di tutto per me. Il suono è simile a quello della tua voce, non della mia: vorrei che lo capissi e te ne rendessi conto. Le tue parole sono esigenti e mi si stringono al cuore. L’unisono tra di noi non funziona. Il moto di due anime in una non esiste. Non vorrei foto di questo momento, né motivi per lasciare che non finisca. È doloroso da ricordare. Cosa c’è di poetico in una sensazione moritura? Se lo volessi, non farei in modo che arrivi la fine. Perché è questo il punto: io sto facendo in modo che l’ultimo secondo di tutto accada, capisci? Permettimi di dire di no. Permettimi di non esserti accanto. Permettimi di decidere di non esserci come vuoi tu. Pensare che sia per due, per renderti i pensieri più facili; lo sai che mi stai raccontando una bugia mentre mi chiedi “verresti?” Certo che lo sai. Venire? Cosa potrebbe dire? Cosa saremmo?
La mia automobile scivola da sola verso casa mentre rileggo le tue parole. Cerco di trovare interpretazione, tentando di valicare le frasi così come sono – cunei – e trovarci l’intenzione inespressa di dire dell’altro. Cerco titubanze, virgole, mi soffermo sui dettagli. Ma io di dettagli non capisco nulla. Non so come sono fatti, in verità. Potrei rimanere attaccato alla balaustra a due mani, mangiare tutte le merendine della macchinetta accanto all'ingresso del gate pur di restare a guardare il fiume da un lato e la strada dall'altro. Fissare l’asfalto fino a farmelo entrare negli occhi e bucarmeli per non vedere la via di casa: questo dovrebbe accadere affinché io vada via da qui e mi rassegni alle tue parole. Credevo di non essere capace di rimanere in silenzio a guardare. Sono solito pensare di me cose molto positive: grande cuore, grande testa, spirito d’iniziativa, forte indipendenza; pensavo di non essere capace di restare a guardare inerme. È una di quelle circostanze che non si addicono agli spiriti vincenti. È come ammettere di avere un buco scoperto e lasciare che qualcuno ci infili un dito dentro, stracciando carne e tessuti, graffiando vasi, fino a tingere di rosso i vestiti e non poter, così, celare l’affanno.
[...] Mi sembra strano sentirmi così sopra le righe. Mi sembra strano, ancora, sentire quegli occhi addosso. I tuoi e i miei insieme, che erano altro, lo sono stato lo so, lungo il fiume e poi sono irrimediabilmente scomparsi dopo un battito di ciglia. Un movimento fisiologico ne ha decretato la fine ed io lo vado cercando, adesso, mentre mi dirigo verso casa, seguo la scia per provare a seguirti. Che pena. Sperare, intendo. È la pena di chi non sa rinunciare. Non so raccontare una volta in cui tu mi avevi detto di essere felice, in effetti. E nemmeno una volta in cui te l’ho detto io, d'altronde. Non credo minimamente di esserti venuto incontro per davvero, con foga ed eccitazione, per abbracciarti di sorpresa. Non mi viene in mente la prima volta che t’ho visto. So quand'è, con precisione, perché io ero al bancone di un bar con una ragazza che mi piaceva molto. E che ho abbracciato con slancio e voluto tante di quelle volte da essermene invaghito e addirittura innamorato a un certo punto. Ricordo d’averti preso in consegna nella mia mente, ma non d’averti visto. Non so nemmeno com'eri vestita. So solo che ti sei passata una mano tra i capelli, il gesto più comune che si possa recuperare nella memoria. Eppure io l’ho registrato. In realtà potrebbe essere falso. Potrei aver traslato la mano di un altro sulla tua e adesso cucirti addosso un movimento che non t’è appartenuto. Avevi un braccialetto che si compra al mare, di quelli di cotone colorato, che dicono porti fortuna e poi, un giorno, si spezzi per far avverare un desiderio. Di quelli che hanno tutti, eccetto me, poiché io non li sopporto: rimangono bagnati per ore, dopo la doccia, ed umidi sulla pelle. Mi sono chiesto quale potesse essere il tuo desiderio. È la prima cosa su cui mi sono interrogato guardandoti quella volta e pensandoti i giorni successivi. Se tu avessi un desiderio sopra tutti, se fosse legato a quel braccialetto o a un sentimento. Ho sentito il bisogno di saperlo, come se fosse il tuo nome. Avevi anche un anello costoso. Sottile, ma prezioso. Un anello facile, che non sorprende se lo regali. Non so perché l’avessi notato. Niente a che vedere coi tuoi occhi, mi rendo conto. A chiunque avessi chiesto di te nei giorni seguenti, continuavo a dire di non avere in mente i tuoi occhi: eppure sono meravigliosi. Non mi viene un’altra parola in mente. Dovrei inventarla ma non sono capace, tu lo sai. Posso fartelo intuire ma non so spiegarlo. Non capisco perché non me li sono incollati addosso. Avevo notato di te solo i dettagli peggiori fra tutti gli altri; ciononostante ti cercavo già il giorno dopo. Mentre passeggiavo sotto casa tua, nelle sere a seguire, speravo di notare i tuoi movimenti alla finestra oppure con chi saresti uscita. Desideravo vederti da sola, che, una volta sull'uscio, ti guardassi intorno e vedendomi rimanessi piacevolmente compiaciuta. Avrei voluto essere io nei tuoi sogni, a ispirare i tuoi sonni e farti felice. Ma lo so di non potere. Eppure questa consapevolezza non m’ha fatto smettere di volerti portare via con me.
Non capisco. Non capisco cosa vuoi dire. Mi pare assurdo che tu pensi di poter amarmi. Quanto abbiamo passato insieme? Non capisco perché tu voglia portarmi con te. Non sai nulla.
Ti ho rubato anche un sorriso triste quella sera. È andata così: io ti ho guardata per un momento, mentre ti passavi le mani nei capelli, e stavi sorridendo, ma non alla persona con cui parlavi. Sorridevi, rivolta verso il basso come per un pensiero veloce da far svanire. E, rivolto di nuovo il tuo volto verso l’alto, ti ho sorpresa triste, come se quel pensiero felice andasse celato. Sorridi solo quando qualcuno o qualcosa ti fa ridere, ma non dovresti. A me piace, ma non dovresti. La felicità pare si auguri a tinte pastello e così mi tocca fare, con te, adesso: cercare di farti togliere dal viso i tuoi sorrisi tristi, come ho sempre fatto, d'altronde. Potremmo essere in giro a passeggiare in una città qualunque, col caldo, mano nella mano e io dovrei accorgermi del tuo sorriso triste e allora darti un bacio o prenderti il viso e farti fare una smorfia che mimi la gioia. Sorrideresti e il mio desiderio di felicità per te sarebbe compiuto. La verità è che i tuoi sorrisi tristi a me piacciono, perché a te stanno bene, perché li sai trattare, li sai adoperare e mettere in fila senza che rompano le righe. Se lo facessi io sarei penoso. Questo è il punto: faccio pensieri e desidero cose nuove. Non importa cosa so. Per la prima volta, non importa. Non so da dove vengono o come si chiamino e non potrei spiegarle a nessuno eccetto te, con un po’ di tempo, con un po’ di pause, con quei silenzi che non saprei riempire, all'inizio. Ma potrei imparare. Sono un pessimo romantico, lo ammetto. È per questo che non sono riuscito a farti innamorare. Lo so che è così. Ho immaginato che potessi bastare io, con i miei modi normali e l’aria spavalda. Fintamente sicura. E del tempo, per spiegarti quello che manca, per farti vedere che ne sarebbe valsa la pena, alla fine. Ho provato, che dire, a farmi scegliere. Ho sperato. Dovevo. Era una possibilità, capisci? Come fare a metterla via, a dimenticarla. Forse aspettando, forse non era il momento. Forse io e te abbiamo un altro tempo. Sono sicuro che con qualche giorno in più, ora in più, ti avrei portato via con me. È l’idea che almeno una volta succeda, no? Hai presente? Quell'idea invasiva e sotterranea che si inabissa o si palesa e lo fa una volta sola per tutte e se l’avverti non puoi far finta di niente se hai un po’ di senno. Come un sibilo fluttuante e sinuoso. A me è successo questo: non sono riuscito a fare finta di niente, non volevo, in fondo. Non potevo far altro che cercare di portarti con me, dal profondo, per egoismo quasi, per farmi stare bene. Anche se sapevo di non potere. Anche se era rischioso. Anche se tu non vuoi, anche se, infine, la tua felicità non dipende da me. E non posso fare a meno di chiedertelo di nuovo. Solo per essere sicuro. Verresti?”
Italo Calvino, Gli amori difficili
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ribbit-darthvalz · 3 years
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Polvere viola
“Mi chiedo come sia sopravvissuta... è sicuramente una strega... non ho altre spiegazioni altrimenti.” “...aiutami, mettiamola sul tavolo” Una folata d’aria gelida, mi trapassò da fianco a fianco, sentii mani calde sollevarmi, con una rigidità e una cura quasi religiose. Poi il legno del tavolo, mi bruciava, delle parti di me bruciavano con un intensità tale da farmi gridare. Anche gridare era doloroso, sentivo le corde vocali stridere, come se le stessi portando allo stremo, c’era come della ruggine nella mia gola. Un sapore disgustoso e terribile mi raggiunse la lingua, era sangue, ed era lì da un po’, come se non avessi respirato o deglutito. Il fuoco tornò a riempirmi i pensieri, sentivo le fiamme avvolgermi la gamba e forse anche il braccio destro, forse era la schiena. Aprire gli occhi mi costò altre urla, poiché la poca luce che c’era, mi fece aggrottare la fronte e percepii delle cicatrici, o forse croste, sul viso che venne tirato di conseguenza. Ma niente era come il fuoco che sentivo sul corpo.  Potevo vedere benissimo il cielo, era notte, le stelle iniziavano a comparire sopra di me, non feci troppo caso alla neve sulle cime degli alberi, o attorno a quelli che erano i resti di un camino e le assi di legno che una volta componevano le pareti della casa. Era buio, freddo, ma bellissimo, quando realizzai che poteva essere inverno, mi forzai di non sentire il fuoco che mi avvolgeva. Di fatto poco dopo sparì. 
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“Ci dispiace signorina, non abbiamo potuto fare niente...” La voce di prima mi sorprese, ma non riuscivo a muovere il collo, una forte fitta alla schiena me lo impediva, ora sentivo quel maledetto braccio destro, pesante, stanco, non morto, ma nemmeno felice di muoversi, e il collo con lui.
 “Oh dio, scusa... ecco sono qui. Non puoi vedermi se sto di qua...”
Sentii dei passi prima dietro, cioè all’altezza della mia testa, poi al fianco e in fine un’ombra sovrastò il viso, senza però coprire il cielo. Era un ragazzo dalla faccia simpatica, sembrava il tipico eroe puro e un po’ ingenuo. Faccia da brava persona, naso di una certa importanza, barba media e curata, i capelli corti ma non troppo da essere radi. Evidentemente lo stavo guardando con troppa insistenza, tanto che sgranò gli occhi esclamando “Ti prego, sta calma, non siamo qui per farti del male... giuro”
“Se avessi voluto farmi del male, adesso ...” Mi bloccai a metà, la mia voce era diversa, la cosa mi fece raggelare. Vidi esitazione nel suo volto, scrutò una parte della casa che era fuori dal mio campo visivo, era in difficoltà, provai pena per lui. Ero così stanca da non riuscirmi a preoccupare per me stessa. Provai a richiamare la sua attenzione muovendo una mano nella sua direzione, afferrargli il giaccone di pelliccia era l’intento, nella realtà si accorse di me perché iniziai a soffrire come un cane. Inspirò profondamente. Mi guardò, provai ancora dispiacere per lui, chissà chi era e che incontro crudele doveva essere stato questo.  “... Siamo a fine Novembre. Ti abbiamo trovata questo pomeriggio, non sappiamo da quanto tempo tu sia qui, come vedi ha nevicato e questa baracca è andata distrutta dopo solo Dio sa cosa.” Si fece un po’ più indietro, si spostò appoggiandosi al tavolo, in modo che potessi vederlo bene. 
“Sono quello che chiameresti babbano o no-mag, non magico. Però mi occupo di occulto, sai chi vive su questi monti è molto abituato ad avere a che fare con cose strane... pensiamo che tu sia entrata in contatto con quello che molti chiamano baubau, o uomo nero, insomma hai sicuramente sentito parlare di questa leggenda.”  Ci fu una sferzata d’aria gelida, socchiuse gli occhi infastidito, io rimasi muta ed immobile. La porta, o qualcosa fatto di legno, sbatté lontano da entrambi, successivamente sentii dei passi, più pesanti e affrettati.  “Ah... finalmente sei tornato... bravo accendi il fuoco, ne abbiamo bisogno” “... e lei... è sveglia? dovrebbe esserlo dai, ho fatto tutto quello che ho potuto per ...insomma scongelarla... o qualsiasi cosa abbia fatto a se stessa” 
La voce del secondo uomo aveva un accento molto diverso da quello vicino a me. Mentre parlava, lo sentivo fuori campo che spezzava legna e l’accatastava non poco lontano da dov’eravamo. 
“Sì Sandro, è sveglia... però le stavo raccontando una cosa un po’ seria. Tu finisci con il fuoco e io col racconto...” La stizza del ragazzo mi fece divertire. Colui che rispondeva al nome di Sandro, rispose facendo una serie di rumori infantili, tipo “gne gne” 
“Scu-scusami... volevo essere serio e darti una risposta credibile, che ti lasciasse tranquilla, mi dispiace.” si sfregò le mani per scaldarsi. Solo allora notai che le sue labbra si erano inscurite e tremava tantissimo “Mi ricollego a quello che ha detto il mio collega... ti abbiamo trovata in questa catapecchia ed era come se il tuo corpo si fosse congelato, o boh, fatto sta che il cuore non era fermo fermo, era solo... lento... credo”  Guardò verso il compare e una luce gialla e calda gli illuminò il viso. Sentii un leggero caldo pure io, quasi impercettibile.  “Penso che tu lo sappia, in Italia la magia è cosa più comune di quanto non si dica. Ci sono tipi di magie, attività magiche... sì, diciamo così... che possono essere tramandate o imparate. Sandro ha provato a scongelarti o insomma... farti tornarne qui, con le tecniche che ha imparato dalla sua famiglia. Ha usato una pozione, diciamo...”  Una mezza risata si levò dal centro della stanza.  “... da quando le pozioni si danno nel costato tipo pulp fiction ... “ La cosa mi sorprese, ma evidentemente non sapevano come darmi quella roba che mi aveva riportata vigile.  “Eh sì insomma... fatto sta che hai tantissime ferite ed evidentemente sei rimasta in quello stato per diverso tempo, te ne sarai accorta dallo sforzo che hai fatto nel provare a parlare o anche solo urlando. Sfortunatamente sei finita in un postaccio, non so dove stessi andando... anzi, temo di saperlo, ma penso anche che tu non abbia vissuto niente di reale negli ultimi mesi... almeno le poche cose che ricordi, non credo siano vere...”  “Ma scusa, falle vedere il volantino che ho trovato, no!?”  Il ragazzo si illuminò e un po’ parve confuso, rovistò in una delle tasche interne del giaccone e mi mostrò una pergamena di scomparsa.  “Già... è del tuo mondo.” vedere la mia foto dell’ultimo anno di scuola, che si muoveva, ad un palmo da me, mentre io nemmeno riuscivo a parlare, mi fece lacrimare silenziosamente. 
“è di questa estate... il ministero ha contattato ehm.. beh, siamo tipo dei ranger, cioè definirci maghi sarebbe troppo... insomma ha contattato noi esperti del luogo e di queste creature, poco dopo la tua scomparsa...” 
“La parola giusta sarebbe, coglioni che non si fanno i cazzi propri e vanno a rovinare la festa a casa del Baubau... ma meglio di no, qui sono superstiziosi nel pronunciare quel nome” Sandro si intromise e sentii la sua voce farsi più vicina, per poi fermarsi al lato opposto del tavolo. Prese l’unica sedia che c’era e si sedette come se niente fosse.
“Quindi... è iniziato dopo il diploma... mi ha presa prima che iniziassi...” provai a dire due parole, la gola raschiava meno e forse il mio corpo bruciava meno, il braccio mi pesava così tanto che non riuscii a concentrarmi a dovere.
“Il tirocinio, iniziassi il tirocinio, già. Le ricerche sono partite dal ministero, poi si sono spostate nella sezione del nord, questa qua, dove saresti dovuta arrivare tu. Veniamo da quelle zone, la comunità magica e non magica vivono a stretto contatto, c’era un gran vociare sulla sconfitta di quel mago cattivo e sull’arrivo di qualcuno dell’accademia di magia. Una sparizione così, per una persona tanto attesa, ha fatto pensare al peggio subito...” Il ragazzo mi parve più rilassato, sicuramente meno infreddolito. 
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Sandro si intromise, aveva un tono tranquillo ma sicuro non andava preso alla leggera. “Poi non ti abbiamo trovata subito, perché il bau-bau è un gran burlone e nasconde tutto a tutti. Un po’ brutto come primo incontro con un criptide. Ogni cosa può essere piegata alla sua volontà e le leggi della magia moderna, non funzionano con lui. Ti spiego, per contrastarlo, anche solo in cose minori, come piccole manipolazioni della realtà, siamo dovuti ricorrere ai libri di sua nonna...” La risata stavolta non venne da Sandro “non mi ci far pensare... una volta i rituali, anche solo i sigilli, venivano tramandati in modo segreto. Ho dovuto leggere appunti su appunti su come fare la polenta, e tutti i tipi di polenta esistenti all’epoca, per estrapolare qualche informazione sui sigilli di protezione e su come una volta si riparavano da questa minaccia...” Il suo viso tornò a farsi scuro. “Certo Vale, abbiamo avvertito i soccorsi e presto una squadra del ministero sarà qui...mi dispiace se provi tanta paura... lo so”
Sandro batté una mano sul tavolo “Non la toccare! ah-ha! Sai che non puoi usare i poteri su di lei, non sappiamo se una traccia del nostro amicone è ancora dentro di lei... potrebbe farti sentire o vedere cose che non sono mai esistite...” Si sporse e lo vidi in viso per la prima volta, una facciotta rotonda, allegra e resa ancor più gioviale dalle guance rese rosse dal freddo, ma le sopracciglia erano aggrottate in un’espressione di preoccupazione e disappunto.  “Tu non le hai pensate quelle cose, vero. Non gli hai chiesto...” “No. Non so di cosa parla...” Dissi con un filo di voce.  Sandro continuò a parlarmi, lanciò uno sguardo al suo compare e in tono consolatorio disse “Vedi, il nostro caro amico Furio è nato con un potere a metà tra il tuo mondo e quello babbano. Peccato che il buon cuore lo renda terribilmente stupido!” Tuonò, più in senso amichevole, quasi per tirarlo su di morale stuzzicandolo che per rimproverarlo. “Può leggere nella mente delle persone e vedere i loro ricordi, ma solo se le tocca. Oltre a ciò riesce a percepire la paura delle creature, come dire, piccole... indifese, insomma tipo te ora”.
Furio rimase distante, guardava il fuoco, probabilmente. “Già. Io sono di queste zone. Non sai quante volte, da piccolo, sentivo cose che non potevo comprendere, bambini portati via da quel mostro terribile, sentivo la loro paura, anche se vivevo in città e non in questa foresta. La paura dei bambini per l’uomo nero... speravo di non sentirla più...” “Quindi, brutto cretino, sai anche che rischi corri se entri in contatto con una persona come lei, che le ha resistito.” ci fu una pausa “E tu non solo gli hai resistito... chissà come, hai trovato il suo libro. Sei l’unica che torna indietro con questo” Mi mise davanti agli occhi una sorta di giornalino pieno di macchie d’inchiostro. “Il libro dei cuori perduti, o dei cuori neri. Si dice che sia il mezzo con cui il Baubau si metta in contatto con le vittime, però poi sparisce con loro. Questo fatto è singolare, sicuramente aiuterà quelli del ministero a fare luce sulla faccenda...” “Ma puoi tenerlo... così...” Chiesi, un po’ sorpresa dalla semplicità con cui lo teneva in mano.  Solo allora mi accorsi che le sue mani erano completamente segnate di viola, c’erano dei disegni su ogni falange, sul dorso della mano e anche sui palmi. Evidentemente Furio notò la mia faccia incuriosita e sollevò un braccio, tirando su la manica della pelliccia.
 “Prima di entrare in questa foresta, ci siamo dovuti far segnare questi dalle vecchiette dell’ultimo villaggio vicino, quello mezzo magico. Usando le informazioni dei libri di mia nonna e la loro conoscenza. E come noi, anche le altre squadre di maghi, altrimenti saremo finiti tutti come te” Il suo braccio era pieno di rune a me sconosciute ed altri simboli intricati. 
“Poi io ne ho molti meno perché non ci credo a questo mostro farlocco, ah-ha. Che si palesi come fece l’uomofalena, quello sì che è un signore...” C’era una nota di fierezza nella voce di Sandro, ma anche tanta voglia di smorzare gli animi. Mi strappò una sincera risata “...l’uomo falena... il mio preferito..”  sussurrai esausta ma molto più presente a me stessa. Ormai quei due mi avevano incuriosita abbastanza da farmi sentire un po’ più al sicuro, quindi dentro di me si accesero altre necessità, necessità da persona viva e cosciente, dopo tanti mesi. Feci uno sforzo enorme ma con uno scatto che sembrò più uno spasmo, sfiorai una delle dita di Furio.  “Devo sapere... scusa” Sentii la mia energia rinvigorirsi, come un fiume che torna a sgorgare. Non era giusto intrufolarsi nella mente di una persona che aveva poca dimestichezza coi propri poteri, anche meno potente di me, dato che babbana, però parlare mi stancava davvero tanto, volevo sapere tutto sul Baubau. Appena lo toccai, sentii che la mia energia veniva come strappata, afferrata di forza da qualcos’altro, era la sua mente affamata di ricordi.
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Ero così arrabbiata... mi accorsi che ero arrabbiata, solo quando mi vidi riflessa nei pensieri di Furio.  Quella creatura teneva sotto scacco la foresta da secoli, c’era una zona nera, come il triangolo delle bermuda, in cui tutto svaniva, niente poteva giungervi e fare ritorno, la magia per spostarsi non funzionava, anche alcune bacchette davano problemi. Vidi un mare di alberi neri, diventare rossi sotto la luce del tramonto, poi fogli, inchiostro, un bambino che gioca nel giardino di una vecchia casa. Un’anziana lo tiene d’occhio mentre stende il bucato. Era tutto silenzioso e avvolto da un’aura stranamente pacifica. Non si muoveva una foglia, in quel pomeriggio, ma niente faceva pensare che fosse normale.
Una lunga ombra serpeggia sul prato ma il bambino non se ne accorge. Un fuoco altissimo, di colpo, con lingue blu e viola, si alzano dal prato a due passi dall’ombra che sta per schizzare fuori dall’erba, sta per farsi viva, ma non ci riesce.  “Tornerò a prenderlo... o lo farà la foresta per me...” Ulula la bestia, sgusciata fuori dalla sua tetra dimora, sfruttando l’ombra degli alberi, la giornata che va a morire. Una donna, rossa come il sole che la illumina, tiene stretto il bambino. “Vorrà dire che ogni cosa brucerà”  Anche l’anziana accorre e la donna gli porge il bambino che viene subito riportato in casa. Intravedo della polvere viola sulle imposte della vecchia casa, poi tutto diventa velocissimo e non posso controllarlo, posso solo guardare e stare in silenzio, aspettare il momento in cui vorrà mostrarmi qualcosa di rilevante, ancora.  Scatoloni, polvere, fogli, inchiostro, tanto inchiostro, giocattoli, sorrisi, una città, alberi che diventano palazzi, cielo azzurro e spensierato che diventa grigio e plumbeo. Tanti ragazzini, tanta solitudine, verifiche, errori, altre risate. Un viaggio, una ragazza, un anello. Poi nuovamente tanti alberi, il fumo di una casa di legno, un camino, della tecnologia babbana, tante persone allegre, diverse tra loro, ma sembrano stare bene insieme. Un villaggio pacifico e pieno di maghi, di colpo fogli, altri fogli, inchiostro. La mia foto. Il buio del bosco, quel prato dove l’ombra apparve, la veranda della nonna, ormai vuota. Polvere viola, sigilli, fuoco.  Un’auto, la mia auto, viene ripescata da un lago ormai ghiacciato. E’ mezza fuori, come nei film thriller. Il cuore quasi mi si ferma. Camminano nella foresta, tutto è estremamente pesante, fa freddo, sembra che il sole non sorga mai. Trovano la mia bacchetta vicino ad una roccia piatta, ha sopra dei simboli che non ho mai visto, che ci fa lì... non ci sono mai stata. La marcia continua, il sole sorge ma per pochissimo. Qualcosa li attacca, piccoli esserini neri, come gatti estremamente magri e spigolosi. Sandro gli tira contro delle ampolle, uno salta sul suo braccio ma appena tocca i sigilli, si polverizza.  Una scossa percorre Furio e la sento pure io, che sensazione terribile, come se qualcosa ti tirasse dai piedi e ti trascinasse sul fondo di un lago ghiacciato, come svegliarsi nel cuore della notte e vedere qualcuno sul proprio letto per poi scoprire che è solo un cumulo di vestiti da lavare.  Dopo poco il mio corpo. Mi viene da vomitare. “Smettetela adesso o vi taglio le mani!” Un clap mi riporta alla realtà, Sandro ha tirato uno schiaffo all’amico per interrompere il nostro collegamento, io vengo sbalzata fuori come se lo avesse tirato pure a me. 
“Signorina ce l’ho anche con te... non ti posso prendere a schiaffi solo perché sei a tanto così dalla morte”  Furio intanto scuote il capo e si lamenta “Potevi anche allontanarmi di peso, non importano gli schiaffi ora...”
“Ho come l’impressione che non sarebbe bastato, e poi te lo meriti, così impari a trascinare gli altri dentro di te... ti avevo detto di non farlo, o sbaglio!?”  Sandro è molto stizzito ma si capisce che la sua è sincera preoccupazione da amico più che altro. 
“Volevo solo che vedesse... è entrata e non..” mi lanciò un occhiata stanca e un po’ dispiaciuta “Non ho potuto fare a meno di usare la sua energia, i suoi poteri, per, per... non lo so” rimase distante da me, quasi a scusarsi.
“Visto!? Non sappiamo nemmeno come funzionano i tuoi poteri, almeno non fino in fondo. Poteva succedere qualsiasi cosa... vieni qui tu! Sta ferma mi raccomando!” Mentre Sandro rimproverava Furio, lo sentii mettermi un braccio su entrambe le cosce, per tenerle immobili. Estrasse qualcosa da una borsa che prima non avevo notato, simile a quelle vecchie di pelle, quelle dei dottori per intenderci. Subito dopo ci fu uno sparo. Urlai, o meglio, aprii la bocca cercando di far uscire un suono, ma non uscì niente poiché contrariamente a quanto mi aspettavo, non sentii alcun dolore.  “Smetterò di entrare nella testa delle persone o insomma, usare questi poteri a caso, quando TU smetterai di sparare le tue pozioni sulla gente SENZA AVVERTIRE!”  Sandro rise di gusto, con in mano quella che era una pistola ma che ai miei occhi stanchi sembrava boh, un paio di grosse forbici da dottore, o una cosa del genere. All’affermazione di Furio mi feci un po’ più preoccupata, sentii la tensione ma anche l’adrenalina che circolavano in ogni parte del mio corpo, percepivo il freddo pungente e la faccia non mi faceva così male, quel colpo mi aveva fatto sicuramente bene, la mia gamba non andava più a fuoco.
“Bene mia cara, ora non sentirai alcun dolore, per le prossime ore. Però non significa che tu sia guarita, ma almeno potrai riposare... ora ti do questo che dovrebbe aiutarti con la gola, poi penso a ripulirti le bende e ti sistemo un po’ per farti trasportare al meglio dai tuoi amici.” Prese una vecchia coperta e me la mise sotto la testa, riuscivo finalmente a vedermi i piedi senza nessuno sforzo, avrei preferito non vederli, ma almeno in quella posizione mi era più facile parlare con loro due e prendere la pozione, che sembrava più uno sciroppo per la tosse mescolato con la vodka, che mi passò Sandro poco dopo.  La gamba che sentivo in fiamme, aveva ogni ragione per esserlo. Riuscivo a vedere quello che penso fosse la mia rotula, mentre attorno la carne era rossa e viva come non mai, però Sandro riusciva a sdrammatizzare abbastanza mentre mi cambiava quella porzione di bende. Ero scalza, mi avevano trovata coi vestiti strappati e induriti da un mix di sangue e neve. Quando mi avevano messa sul tavolo, prima ero stata fasciata e cosparsa di unguenti, rimedi insomma, pseudo magici, poi avvolta in una sorta di lenzuolo con sopra una coperta termica. Le mie cose erano state ritrovate nella mia borsa, a pochi metri dal mio corpo. Anche se era territorio del Baubau, quei due erano così tranquilli, affiatati tra loro, e propensi a stuzzicarsi e prendersi in giro, che la mancanza di un soffitto per quella baracca nella foresta, era poca cosa. Sprigionavano calore familiare, accoglienza, sicurezza.  “E così il tuo ex ragazzo era un vampiro... che storia... non ero sicuro esistessero. Dev’essere stato terribile...” Mentre mi cambiava le bende, Sandro chiese a Furio di disegnarmi sulle braccia gli stessi simboli che avevano pure loro, quindi per tenermi sveglia iniziò a chiedermi cose sul mio vissuto. Il suo sciroppo magico alla vodka, dopo una prima fiammata alle corde vocali, sembrò ripulirle dal tempo e dal sangue in un istante. Quindi attaccai subito con la mia instancabile parlantina, un po’ per rimanere presente a me stessa, un po’ per esorcizzare le cose che mi aveva fatto vedere quella bestia. 
“Mh, pure della peggior specie. Non posso nemmeno impalarlo” sbuffai “Sapete, nel mondo magico i vampiri sono accettati, tanti si sanno contenere, ma tanti altri ancora sfruttano gli umani... come fossimo inferiori”
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“Il mondo è molto più complicato di come lo descrivono nei libri per ragazzi, eh vabbè” Sandro fece spallucce riferendosi alla famosissima serie di libri, che per tanti babbani sono pura fantasia. Sistemate le mie bende, rimise le sue cose nella borsa e si spostò verso il fuoco, ormai ero sicura fosse alle mie spalle, vedevo la sua luce proiettata in ciò che rimaneva del muro di legno, davanti a me. Furio stava ancora disegnando rune, così assorto che non parlava già da un po’. “Quindi, tua madre è una strega...” sussurrai, pensando alla donna coi capelli rossi, le fiamme blu e viola, su quel prato nei suoi ricordi.
 Alzò lo sguardo dal mio gomito e mi guardò come se non avesse capito bene ciò che avevo detto.  “Penso di sì...” sospirò e si guardò attorno un po’ incerto. “Non lo so, sono cresciuto in città, non ricordo bene come fosse qui quando ero piccolo... scusami, ho cercato di fartelo vedere per... non so, forse speravo che avresti potuto dirmelo tu.”  Erano passate ore, il cielo era più sereno, e mentre mi parlava pieno di incertezze, iniziammo a sentire rumori strani, come di pentole che vengono sbattute. Più si avvicinavano più suonavano familiari.  “Schiantesimi?!” borbottai, aggrottando la fronte, che iniziò a pizzicarmi per il freddo. “Beh la fuori è pieno di quei cosini scemi, qua non possono entrare, tranquilla, ma se i tuoi amici sanno come farli saltare in aria... beh, non mi metto a piangere, anzi”.  La risposta sarcastica di Sandro, mi distrasse completamente dalla conversazione che stavo avendo, e sentii il calore della salvezza, credo, invadermi il cuore. Più si avvicinavano, più gli incantesimi volavano, ma entrambi i miei compari, erano tranquilli e continuavano con le loro cose. Erano così vicini che vedevo i fasci verdi, azzurri e rossi, riflessi nelle finestre.  Sospirai profondamente. “E’ arrivata la cavalleria...” Furio accennò una risata.  “Coi fuochi d’artificio. In grande stile” Risposi sinceramente divertita, mi sentivo così piena di speranza, che quel duro tavolo di legno, divenne comodo come il letto di casa mia. Ero rilassata, dopo mesi e giorni passati al freddo, rattrappita dalla paura e dalla neve. Che splendida sensazione. 
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sarmari · 3 years
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11.02.2021
Ciao, da quanto tempo, eh? Sono tornata a piangermi addosso! Mi mancava tanto scrivere, amo scrivere, aiuta a rilassarmi e a raccontare di me senza essere una falsa o raccontando solo una parte. Sai che io ed Erik finalmente ci siamo visti, sono così felice, mi rende molto felice stare con lui, balliamo, cantiamo, ci baciamo, ci abbracciamo e soprattutto sorridiamo. D'altronde un motivo ci sarà perché mi piace stare con lui. Mi fa pensare a tutto e a niente allo stesso momento, lo amo tantissimo, 3 giorni ed è il suo compleanno, fa 18 anni ed è meraviglioso. Se non fosse dall’altra parte un rapporto con i miei genitori che non mi piace, pensavo di avere un buon rapporto...ma non c’è mai un dialogo serio, chiedo una cosa e si accaniscono nei miei confronti, semplicemente per una domanda. Mia mamma cerca sempre di evitare tutto, di non calcolarmi di fare l’indifferente a contrario di mio padre che mi tratta come se non sapessi fare niente, gli parlo e sembra che si stia rapportando con una bambina stupida ed infantile. Magari non è ciò che pensa ma allo stesso tempo è ciò che provo. I miei amici mi dicono che dovrei provare a parlarci ma appena cerco di parlare, di avere un confronto civile con loro ad una singola parola mi fanno sentire in colpa di essere nata, mi fanno piangere e mi fanno passare la voglia di dire le cose che penso...dicono che faccio così perché è la verità e fa male sentirsi dire la verità così. Vi giuro, mi sto vergognando di ciò che scrivo ma alla fine è così che funziona. Non ce la faccio sempre a digerire tutto, ma non so nemmeno io come confrontarmi più se devo sempre sentirmi una merda, quindi, piuttosto sto zitta e piango. Voglio solo essere felice, andare bene a scuola, avere un rapporto sano con me stessa (sia in senso fisico che in senso di comprensione), rendere e vedere gli altri sorridere. Voglio fare un grande respiro profondo e lanciarmi nel vuoto e sorridere, voglio lanciarmi ma senza atterrare, nel buio. Questo è ciò che mi renderebbe felice adesso. <3 
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Boom!
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01.09.2076
[...]
I: le tocca aprire la bocca e boccheggiare tipo cagnolino. Il tutto mentre il tappeto vibra, lei tossicchia e la cameriera li invita ad essere coraggiosi. Se fosse ancora viva tornerebbe a rivolgersi a Katrine. «Via Warren, sarò buona» sarà colpa del peperoncino. «Raccontaci la tua prima volta: dove, quando, come e con chi» un grande classico, no? Con tanto di ammicc al seguito e aggiunta finale. «E soprattutto...che cosa cambieresti?» Si sa, c`è sempre da cambiare qualcosa.
K: le iridi fissano Ilary in modo quasi glaciale, deglutisce per poi mordersi le labbra sembra quasi raggelare tutta la stanza, ma poi torna di botto «Un grifondoro di un`anno più grande di me, io ero al sesto anno..in una stanza abbandonata o in disuso del castello non ricordo precisamente quale delle due fosse o forse era abbandonata perché non più usata...insomma ero ubriaca perché non mi avevano preso per la coppa, o forse era perché Adam aveva pomiciato con un`altra... non ricordo» parla a macchinetta «insomma questo grifondoro del settimo anno campione tre maghi... sai quando si dice " ti do un dito e ti prendi il braccio..." beh lui ha preso tutto il pacchetto completo e fine..»pausa e un grosso respiro per poi aggiungere «Quella che ricordo bene, e che per me vale come prima, è invece stata qualche mese dopo con Adam, dopo avergli fatto un balletto di burlesque per il suo compleanno, mi ha portato a casa sua, nella casa sull`albero e anche li...mi sono presa tutto il pacchetto»ride, ride davvero.
BOOM, un’altra esplosione. E questa volta proprio in faccia a KATRINE. Il cocktail le inonda il volto, macchiandole tutta la parte frontale della maglia e gocciolandole lungo il corpo. Le goccioline negli occhi sono decisamente fastidiose per via del peperoncino. «Oh, non vale mentire.» sogghigna la cameriera, «Prego, di qua.» deve abbandonare il campo, «Può continuare a godersi le altre attrazioni, non vada via, mi raccomando.»
I: la reazione di Katrine non se la poteva immaginare perché no, ovviamente NON SA, ma dal modo in cui sgrana le iridi di riflesso si direbbe che abbia capito al volo. Deglutisce a vuoto «...» e non fa in tempo a partorire una battuta per sciogliere la tensione che lei prende parola, beccandosi uno sguardo confuso e due occhi sbarrati carichi di mortificazione. Che poi si fanno lucidi, mentre lei annuisce lentamente, tanto per farle capire che capisce. Oh, se capisce. «Credo di sapere cosa cambieresti, allora» un timido tentativo di sdrammatizzare, con una dolcezza tanto lieve che rischia di stonare coi toni accesi e vivaci di quel luna park. Quanto il sorriso acquoso e genuino che le incurva le labbra al secondo racconto. Allunga una manciata di zucchero in direzione di Kat «Lo sai che la mia prossima domanda si trasformerà in un obbligo, vero? MI DEVI UN BALLETTO DI BURLESQUE, WARREN!» Perché buttarla in caciara le sembra tanto la cosa migliore e speriamo che lo sia anche per Kat, a cui scocca un`ultima occhiata attenta.Sobbalza, e il tappeto con lei, costringendola ad aggrapparsi al tavolo per non cappottarsi, mentre parte del drink di Kat le finisce addosso, facendola scoppiare inevitabilmente a ridere. «Merlino, che spreco di drink!» la rimbecca con le lacrime agli occhi, affrettandosi a recuperare dalla propria borsetta il piccolo bauletto del kit. «Ehi ehi, prendi questo!» provando a lanciarlo a Kat prima che scenda dal tappeto. «Ingrandiscilo, dentro ci trovi sicuro delle gocce di ruta. Per gli occhi» mica scema, è arrivata preparata. «Sentiti libera di medicare chi capita, ti cedo l`abilitazione per una sera».
K: Tra la risposta di Eileen e la domanda successiva si perde un secondo nei suoi pensieri giusto qualche secondo, prima che gli scoppi il drink in faccia, e lei non se lo aspetta proprio; è stata sincera, avrebbe potuto mentire, o bere e saltare la domanda, invece ha cercato nei suoi ricordi quello che ricordava davvero.. e non tanto della prima volta con Ade, quella è incisa nella sua mente, quanto la prima volta con il grifondoro. Ma non importa quello che lei sa, il cocktail è esploso erroneamente alla domanda peggiore tra tutte; perché per quanto alcuni di loro sappiano la verità più scomoda, gli altri presenti penseranno che lei abbia mentito su qualcosa, suo marito e Harry nei tavoli vicini, vedendola, penseranno che lei abbia mentito su una delle domande; persino Ilary potrebbe pensare di non conoscerla davvero. Si alza di scatto mentre le goccioline sugli occhi le pizzicano davvero, si alza cercando di pulirsi, per poi alzare le iridi verso Ilary serrando la mascella, poco prima di lasciarsi accompagnare nei tavolini vicini; Ilary le lancia il kit ma sbadatamente(?) Kat lo lascia cadere e rimbalzare sul tappeto ancora per un po`. Se non fosse per Adam ancora li, sarebbe davvero andata via.. e si sta maledicendo per non aver bevuto, pare dunque che quel grifondoro maledetto sia ancora nonostante tutto sempre la sua maledizione peggiore. Melodrammatica?! forse, ma comprendetela un pochino anche voi, in fondo voleva solo divertirsi, e quello non è stato per niente divertente.
[...]
I: Buffo, poi, come si possa passare tanto velocemente dall`allegra ilarità di un drink esploso che avrebbe dovuto mandare tutto in caciara (almeno per chi sa come funziona) e l`atterrimento più totale nel rendersi conto che -per chi non lo sa- è un brutto colpo. Non può fare altro che ricambiare lo sguardo di Kat con occhi umidi e allargati di un dispiacere che non riesce a mettere in parole. Qui le cose si sono fatte serie e lei spera solo di poter salvare almeno le apparenze con qualche battuta e il lancio di un kit. Che invece rimbalza a vuoto su quel tappeto elastico, mentre la Warren si allontana.  «KAT!» Un urlo ci prova a lanciarlo, per sovrastare la confusione, sgomitando e sgusciando fra un cappello e un mantello per provare a raggiungerla...prima di Adam.
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K: la raggiunge Harry e per quanto vorrebbe essere infantile e esplodere si trattiene, si trattiene tutto che forse è ancora peggio, fa spallucce al suo dire, ma le uniche parole che proferisce dopo tempo sono «Puoi farne due?» riferendosi alla barista quasi in richiesta d`aiuto; non vuole parlare e attualmente l`unica cosa che vuole fare è concludere la serata in un modo o nell`altro, viene raggiunta da Adam poco prima di Ilary e si lascia coccolare in modo del tutto naturale -o glaciale- ad ogni modo sta al gioco e gli sorride seppur non dica nulla di troppo o di troppo poco «Ne vuoi uno?!»indica lo scotch probabilmente appena arrivato, prima di buttarlo giù tutto d`un fiato «Son qui» fa una pausa «siamo tutti qui»aggiunge guardandosi intorno, non la guarda del tutto, non la scruta perché non sa neanche lei cosa possa dire o fare e Ilary non se lo merita, non si merita quella parte di lei, quindi la lascia li in disparte per un po` rivolgendosi a tutti «Direi che la serata è andata bene no?!»domanda retoricamente rivolta verso Harry. Abbraccia Adam tenendolo a se quasi a voler marcare un territorio che per troppi anni l`è scivolato dalle mani, piccoli gesti che per lei in quel momento sono terra ferma, un`ancora ben salda...trovate voi la metafora «Facciamo un giro di qualcosa di più classico?!»domanda verso tutti spostando le iridi da Harry, ad Adam a Ilary infine.
I: si sistema fra lui e Kat; «Super alcolici» sente di poter ordinare per entrambi, ora abbastanza vicina a Kat da poterle parlare. Sebbene non esattamente in privato. L`unico contatto che cerca è quello dello spalla contro spalla, il tono il più possibile disinvolto. E` il suo turno di Imperio o Veritaserum, solo che solo Kat lo sa. «E` successo anche a me, sai?» Cose da gioco, non sarà difficile immaginarselo per Harry e Adam. Nulla di cui preoccuparsi. «Cioè, non ero ubriaca ma non si può nemmeno dire che fossi proprio proprio lucida» incomincia. «E... beh, anche io sono rimasta sola dopo. E anche se me lo aspettavo, non è stato comunque il mio momento migliore» arricciando il nasino e allungando le manine nella speranza si sia palesato nel frattempo chissà quale drink a cui rubare un sorso.
K: «no.» la ferma, la ferma subito prima che si facciano male entrambe «non qui» una pausa a guardarsi intorno mentre intorno a loro la serata prosegue «non ora» continua parlando come se fossero delle piccole spacciatrici che si organizzano senza farsi beccare «non così..» lascia il braccio di Adam accarezzandoglielo e girandosi in modo da dare le spalle ai ragazzi per qualche istante ma rimanendo udibile per Ilary «non deve essere questo, non si aggiusta raccontando di forza una cosa così importante..» fa una pausa voltandosi nuovamente quasi ad aver cercato fazzolettini, noccioline, non lo sa neanche lei «avremo modo..ma non stasera» scuote la testolina portando nuovamente quel sorriso da bambolina che tiene da ormai una buona mezz`ora; «sto bene» oooh se solo il drink potesse scoppiare adesso, ma è giusto così, the show must go on, e non è giusto rovinare la serata a Harry, non è giusto per una cosa di poca importanza, per una cosa passata, per una persona..
I: «Beh» arriccia il naso, abbassando ancora di più il tono della voce, in barba ai sospetti che potrebbero suscitare. «Non è a forza se te la dico perché voglio» autentica, nell`occhiata vitrea e intensa che le rifila, perché sicuro non glielo avrebbe detto controvoglia, nemmeno per rimediare. Glielo ha detto perché si fida, perché «lo avrei fatto comunque...prima o poi» giocherellando appena con le dita del Signor Duffany. «E poi ho ricordi peggiori, te lo assicuro» tragicomica, eppure è la verità, tanto che nell`intercettare lo sguardo altrui rischia quasi di scapparle un risolino. Che si deve fare tanto? Riderci e berci sù. «Se vuoi possiamo montarci un altro gioco sopra...uno coi controbolidi però, tanto alcol. Si dorme insieme» propone solenne, interpretando così le battute finali della Warren.«No, non è vero» calma e tranquilla, almeno tanto quanto sincera. «Ma va bene così» cercando di darle una piccola spintarella di spalla e di rubarle un bacetto a caso fra la chioma scura.
K: Annuisce seria «lo faremo»fa una pausa teatrale quasi «ma saremo solo noi e nessun`altro»annuisce a se stessa e alle parole successive di Ilary «Voglio esserci quando lo faremo..»stringe gli occhi cercando di capire se il senso si sia capito «Forse ci ubriacheremo dopo, ma voglio esserci quando racconteremo, voglio ricordare ogni gesto, sensazione e racconto..almeno finché si possa babbanamente sopportare». Si rivolta dando le spalle al bancone e tornando con la mancina a cercare Adam «ma per il dormire ci sto»; Fa spallucce e un mezzo sorriso in risposta al "non è vero" di Ilary, e lascia cadere il discorso senza troppi pensieri,
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P R O L O G O
Non so se sia il mezzo giusto, a dire il vero ho sempre considerato Facebook una specie di SUK dove si può trovare di tutto e di più. Ma chiaramente di tutto e di più di infima qualità, con qualche eccezione. Di perle rare di alta qualità non credo di averne mai incontrate, ma d’altronde non sono io stesso un frequentatore assiduo. Ad ogni modo, volevo un posto dove portare in pubblico la mia storia disastrosa e disastrata degli ultimi mesi, e quindi eccola qui.
A scanso di equivoci, tutto quello che compare in questo diario è stato scritto da me. Me ne assumo in pieno la responsabilità, ma d’altronde sto parlando di una storia, diciamo così, di fantasia e di avvenimenti che mi vengono in mente. Se gli altri personaggi che compaiono nella mia storia si sentono in qualche modo lesi nella loro privacy, se ne facciano una ragione. Non possono sentirsi coinvolti nelle mie storie se io sto parlando di altri che hanno un nome e cognome diverso dal loro.
E qualsiasi tentativo di associare i miei personaggi a persone reali verrà perseguito con una contro-denuncia per attentato alla mia, di privacy, in maniera indecente, spudorata e a livello da denuncia penale. Se io NON metto in piazza i fatti miei, e nei fatti che racconto ci sono altri personaggi, fintanto che non vengono nominati non voglio rotture di scatole. QUELLO CHE SEGUE È UN RACCONTO, UNA NOVELLA, SULLA FALSARIGA DI UN DIARIO, E OGNI RIFERIMENTO A FATTI O PERSONE REALI È PURAMENTE CASUALE E NON VOLUTO, CHE SIA CHIARO! Se qualcuno si sente diffamato o offeso, o “sputtanato” o quant’altro, se ne faccia una ragione, la mia è tutta opera di fantasia.
Alcune delle pagine che seguono erano apparse tempo fa su un’altra pagina di Facebook, evidentemente sottratte al sottoscritto dal Cloud che contiene il mio deposito di scritti, idee, e annotazioni. Non è colpa mia se, NONOSTANTE NON CI FOSSE NESSUN NOME E COGNOME PER IDENTIFICARE GLI ATTORI COINVOLTI IN QUELLE PAGINE, qualcuno si sia sentito leso e diffamato. Evidentemente perché aveva, come si suol dire, la coscienza sporca. E L’INDIGNAZIONE PELOSA PUZZA LONTANO UN MIGLIO DI COSCIENZA SPORCA.
È chiaro che i fatti descritti sono ispirati da avvenimenti di vita vissuta, ma non sto scrivendo una favoletta o un racconto di fantascienza, quindi se parlo di vita carceraria, è sicuramente uno spaccato di ciò che accade in qualsiasi carcere italiano e chi ci è stato sa che non sto raccontando minchiate. Da questo a pensare che il sottoscritto sia stato in prima persona in carcere, è un collegamento che chi legge può fare e tenersi per sé, senza sbandierare al mondo la sua certezza che i fatti siano copiati pari pari dalla vita reale del sottoscritto.
Per il resto, abbiate pazienza se sono ripetitivo, noioso, prolisso, pedante, e alla fine anche insulso. Ma io scrivo queste cose per soddisfazione mia personale, e non per i like o i commenti che ci potranno essere sotto. Gli insulti poi, lasceranno il tempo che trovano, perché non avranno sicuramente risposte da parte mia. Dall’alto della mia presunzione, sono sicuro di scrivere semplicemente per il mio immenso gaudio, e non saranno quattro insulti a rovinarmi la soddisfazione.
Come diceva il mio amico Gigi Proietti: “Sono un uomo semplice, con i peli sul petto…”, ma vi assicuro che non ne ho sulla lingua. E se dico cose spiacevoli, anche quelle sono mie, nel senso che sono state inventate, in funzione della storia, sempre da me.
Questa storia ha un titolo:
LA PROFESSIONISTA CHE DIVENTÒ TRO…
ppo impegnata per capire il mondo attorno a sé.
Un piccolo inciso su chi sono io: Sono una persona sensibile, e nonostante chi mi conosca finisca sempre per dire che sembro un omaccione poco raccomandabile, alla fine, dopo aver preso confidenza con me, quella stessa persona ammette che in fondo sono buono come il pane. Queste sono le premesse, ma resta il fatto che resto un tipo davvero sensibile, capace di piangere guardando un film, o per una persona che suscita in me della tenerezza. Quindi, anche nel mio caso, le apparenze ingannano.
C’è da notare che anche il mio peso, che ha viaggiato per anni sempre attorno ai 115 chilogrammi, contribuiva a rafforzare l’impressione sbagliata in chi mi vedeva per la prima volta. Adesso sono stabile sugli 85 chilogrammi, ma nonostante pesi 30 chili in meno, l’espressione arcigna sul mio volto di uomo del profondo Sud continua a far pensare che non potrò mai fare l’imbonitore in una fiera. Eppure, giuro che mi farei in quattro se ci fosse bisogno di aiutare qualcuno. Credetemi…
Questo racconto, essendo costruito come un diario, crescerà in due direzioni: man mano che i giorni passano ci saranno nuove date e i relativi commenti, ma ci saranno anche commenti su giorni passati e addirittura commenti su giorni distanti anche vent’anni dal presente. Perché siamo tutti figli del nostro passato, e per capire a fondo il presente bisogna macinare, triturare, sviscerare il passato. Non solo la nuda cronaca, ma anche i pensieri e le considerazioni sugli avvenimenti. Alla fine, leggendo e digerendo tutto, il nostro cervello crea un’immagine mentale che rispecchia la nostra personalità e ciò che pensiamo di essa.
Se volete capire la mia personalità, cercate di fare buona digestione…
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laragazzachetiama · 5 years
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Sono in mancchina che ti aspetto in questo momento ... Volevo dirti che mi manchi, e tutte le parole che ti ho appena detto sono vere. Tu sei meglio di quello che volevo.. tu mi dai la felicità ogni giorno. Ti basta pensare che in questo momento ho il cuore a mille, e la ragione sei tu. Ne sei la ragione ora, e sempre. Il mio cuore batte per te. Io vivo per te. La mia vita è stata creata per scontrarsi con la tua, per dare inizio ad una vita sola, che non si chiamerà più „la mia vita“ e neanche „la tua vita“, ma „la NOSTRA vita“. E sai perché respiro? Per te. Perché i tuoi baci riempiono i miei polmoni di ossigeno e di amore. I miei occhi il creatore li ha realizzati per far sì che i nostri sguardi quel giorno di maggio (2018) si incontrassero, e che per la prima volta si inviassero dei segnali che noi non saremo mai stati amici nella nostra vita, e neanche conoscenti, perché i nostri occhi già lo sapevano che un sentimento più grande di ogni cosa ci stava legando... erano i nostri cervelli che dovevano ancora unirsi. Ed una volta usciti, le nostre anime ne hanno finalmente creata una unica, ed è da quel giorno che tu fai parte di me. Il tuo cuore è entrato nel mio corpo ed ha inciso sul mio cuore il tuo nome. E il mio cervello col tempo è poi diventato dipendente, dipendente da te. Perché tu sei droga. Tu sei la MIA droga. Perché più ti vedo e più ho bisogno di vederti, e non ce la faccio senza di te. Il mio cervello in testa ha solo te, lo giuro. Io ti penso, e non raramente, ma sempre. Ti sto pensando adesso. Sto pensando a come stai, a cosa starai raccontando ad Arab, e tra quando sarai fra le mie braccia. Ti penso ora, ma l’ho fatto anche prima. Ti penso un po‘ tutti i giorni, circa tutte le ore, diciamo tutti i minuti, c’è ti penso ogni secondo, e se ne salto qualcuno è perché ti ho accanto e preferisco viverti in quel momento. E sono certa che anche domani ti penserò, e pure dopodomani e tutti i giorni che seguiranno. Tu sei veramente la mia droga. Però non sei una classica droga che ti rovina la vita.. tu sei speciale, sei l’unica droga che più ne prendi, più sei felice, e più stai bene, e ti porta a migliorare la vita, partendo con i piccoli gesti. Tu sei la mia gioia, la mia felicità, la mia dipendenza. Tu sei il mio sogno che ora non è più nel cassetto, ma fra le mie braccia, ed anche questo è un’altro sogno che mi hai avverato. Tu sei la mia persona. Mi tiri su in una maniera incredibile, e fino al momento in cui ti ho conosciuto pensavo che non si potesse stare così bene, non si potesse stare così bene in compagnia di una persona, e non credevo neanche che una persona riuscisse a tirarti su così. Tu mi hai cambiata, mi hai resa te al femminile, ed è bellissimo. Amo quando io penso ad una cosa, ed il secondo dopo la dici tu, proprio come se i nostri cervelli fossero collegati da un filo che noi non possiamo vedere.
Adoro quando abbiamo i stessi gusti, quando il mondo per certe cose odia i miei gusti. Quando sono con te mi sento me stessa, anzi, con te sto meglio che con me stessa. C’è io quando ti racconto certe cose te ne parlo come se fosse una discussione tra me e me, perché tu sei me. Capisci che intendo dire? Tu sei la mia fotocopia. Ovvio, in qualche cosa ci differenziamo, ma la differenza tra noi è minima. Io ti adoro, e ti ammiro moltissimo. Se potessi starei dentro il cantiere tutto il giorno a dirti “bravo amore, sei il mio orgoglio!”, e non me ne fregherebbe se gli altri mi guardassero male, perché degli altri non mi frega, perché in testa io ho TE. Sai cosa farei se fossi ricca? Ti regalerei di tutto. Tutto ciò che ti piace. Ti pagherei i dottori migliori che ti curino i dolori alla schiena, e ti farei stare a casa da lavoro, ti manterrei io per farti stare a casa sereno e tranquillo tra le mie braccia. E sai che farei se fossi magica? Eliminerei tutti ad eccezione di io e te. Gli altri sono inutili. Non ho mai visto altri occhi, al di fuori dei tuoi,che appena li vedo sto meglio. Se fossi magica eliminerei tutti i tuoi problemi, quelli che ti fanno stare male, partendo dalla schiena. Non vorrei avere i poteri magici per avere un castello, ma per migliorare la vita della persona che amo, se posso. Tu sei un sogno veramente. Tu non sei il principino azzurro che voglio tutte le troie. Non sei il perfettino, e neanche lo stupido. Tu sei veramente un sogno: non sei perfetto, non per la società, ma per me si, per me sei perfetto. Non sei il mio principe, sei il mio supereroe. Perché la sera ,quando ti vedo, i baci che ti do dicono “sono orgogliosa di te amore”. Considerati quello che vuoi, ma è anche grazie a te se le persone hanno un tetto che le ripara. Se non sei un supereroe tu, non so. Per gli altri forse non sei un supereroe, però è meglio così, perché tu sei il MIO supereroe, e gli altri non ti devono guardare e nemmeno toccare. Sei MIO. E se qualcuno prova a farti del male, anche solo con parole, lo distruggo, perché nessuno ha il diritto di ferirti, ed io sono qui per proteggerti. Non sono fantastica, ma cercherò di farti stare bene, di regalarti una vita più bella, e ti regalo me stessa. Il mio cuore è già tuo, ed è anche questa una delle ragioni per cui sto male quando non ci sei: tu possiedi una parte grandissima di me, e te la porti sempre dietro, anche quando io non sono fisicamente con te. I nostri pensieri sono legati.. sono nuvolette che stanno affiancate tutti i dì e si uniscono formandone una unica. Ecco quello che siamo io e te: un’anima in due corpi. Ed è per questo che quando non ci sono ti manco, perché ti manca una parte della tua anima, e quella parte sono io. E non possiamo vivere divisi, perché un’anima per vivere ha bisogno di essere tutt’uno, e per far sì ciò noi staremo insieme in eterno. Lo so che forse non esprimo bene i miei sentimenti, ma il sorriso che mi ha accompagnata dal cancello fino ad arrivare ad incrociare i tuoi occhi tu l’hai visto bene. C’è chi dice “era solo un sorriso”, ma se l’hai guardato bene diceva un casino di cose, partendo da “Dio se ti amo”. Ti ho visto e ti ho abbracciato, però l’ho fatto con delicatezza, ma se ti avessi abbracciato con la forza paragonata alla mia felicità in quel momento, tu ora non avresti più le costole. Mi hai cambiato la serata. Mi è bastato vedere la polo da distante per sorridere. Sapevo già che la mia meraviglia mi stava aspettando, e credimi, quest’ultima cosa è la cosa più bella del mondo. Mi hai appena vista, e probabilmente ti sei accorto del telefono... penserai che sto scrivendo ad un’altro, invece, sto scrivendo a quello con cui scrivo sempre, sto scrivendo a te.
𝑽𝒊𝒗𝒊
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aminuscolo · 5 years
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che c’è?
considerazioni sparse su una giornata di clinica. forse. ma forse sono altro.
ho dormito male questa notte, un po’ perché volevo svegliarmi a mezzanotte per farti gli auguri nell’ora giusta, un po’ perché ho continuato ieri sera a ripensare a quell’accogliere la domanda che è dei colloqui preliminari.
chissà perché tengo così tanto ai compleanni, ma non è di questo che voglio scrivere.
la mia domanda di analisi è nata in un modo così strano che faccio davvero fatica a immaginare come accada che qualcuno chieda un primo appuntamento e come, con quale stato d’animo, ci si possa avvicinare a una fatica così grande. ho una capacità di rimozione mostruosa, forse più sintomatica che mostruosa. ho pochi ricordi, rimuovo le sofferenze, tendo sempre a semplificare al punto che delle volte ho come l’impressione di aver pensato un solo pensiero in tutta una vita. un solo pensiero tratteggiato con stili diversi e ricamato. come con gli scarabocchi: sempre linee curve, o fiori. ognuno il suo scarabocchio e ognuno sempre quello. non facciamo che girare in tondo, e più si va avanti più il cerchio si fa stretto e più non teniamo altro che le pieghe e le diramazioni di questa unica domanda fondamentale. uno dei nodi immagino sia il giudizio. io volevo assicurarmi che il mio analista mi pensasse intelligente. credo proprio che lo formulassi così, il mio pensiero, che non cercassi nemmeno di renderlo un poco più complicato, o mascherato, o non lo so. così, nella mia testa. lineare e in tutta la sua idiozia. è vero che l’analisi è esperienza di solitudine, è vero che l’analista ti lascia con il suo silenzio, che deve farsi oggetto e che non deve altro che creare le condizioni di possibilità della tua parola. ma tutto questo non può avvenire senza un primo momento in cui qualcosa debba parlare di un sostegno, di una presenza, forse anche di una cura. a me viene sempre quel: ma chi ci ha rigirati così. delle volte ho come l’impressione che gli analisti dimentichino che c’è un insopportabile della cura, che rinunciare ai sintomi è rinunciare a un’identità così saldata, così supporto. quale che sia. anche nel dolore. mi interrogo molto su cosa orienti il mio ascolto: la curiosità, forse? curiosità come volontà di capire una differenza radicale. anche questa ha a che fare con la gratitudine, con il tutto cui, insieme, io e lui, il mio dolore e il suo dolore, apparteniamo.
la cura, certamente.
credo che questa sarà l’insidia più grande, per me. la cura. è un delirio di onnipotenza. lo diceva bene Thomas quella sera ad Olinda, raccontando che c’è una scommessa nella cura che è una scommessa che si deve percorrere fino in fondo, anche rischiando la vita e la morte. Altrimenti c’è la contenzione, che mette tutti al riparo dal fallimento più grande per garantirci un fallimento certo, ma che non fa scandalo.
Al momento dell’accoglienza, questo lo credo, non si può altro che supporre che da qualche parte nel dire del paziente il soggetto ci sia e non si può altro che sostenerlo, creare un campo di assenza di giudizio. abbiamo tutti paura di essere giudicati, ho smesso ora, dopo sei anni di analisi, di lasciarmi paralizzare da quella paura, ma non è passata. ora è ancora un dolore, quando accade, la differenza è che non ne va più di me tutta intera.
C’è un resto.
L’analisi ti consegna un resto che è la forma del tuo essere per te: io me lo sono riempito di gonne a fiori e di biciclette e di parole di donne e di un corpo che avevo bisogno di sentire. Questo resta, anche se mi danno della maestrina (lo dico e sorrido e lo dico e so che lo sto dicendo).
Le parole sono spesso vomiti confusi, i discorsi non tengono e saltano le coordinate temporali. oppure ci sono troppe coordinate temporali, troppe cose, troppi eventi, troppe variabili. le posture ritornano, le si intravedono. Così si può provare a operare una punteggiatura, forse.
In fondo è un testo quello che si srotola davanti a noi, un testo corpo, che si può provare, con domande, con domande che provino a dire di una presenza e di una volontà di capire e di capire bene, a rendere leggibile. C’è una verità in ogni testo, che è la verità di quella parola consegnata, di quel pezzo di mondo in quel ‘proprio ora’ che è il momento di ingresso in uno studio.
Perché vieni qui ora? Perché adesso? Che c’è?
(che c’è? mamma mi ha amata così: che c’è, bu?)
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Capitolo 51 - Elvis, la barba e i baci di Schroedinger (Seconda parte)
Nel capitolo precedente: Eddie lascia San Diego e la sua casa a malincuore, ma deve partire con la band per proseguire il tour. Chiama Meg per avere notizie di Angie e quando scopre che la ragazza si è fatta sentire con la sua amica, ma non con lui, ci rimane un po' male, ma non pensa ci sia altro sotto. Matt e Meg hanno una conversazione chiarificatrice in cui lui le chiede scusa per il suo comportamento e le rivela di avere una nuova ragazza, notizia che Meg non prende benissimo. Angie torna finalmente a Seattle, viene a sapere che Eddie l'ha cercata, ma non lo richiama e cerca di non pensare a ciò che è successo e al bacio, di cui non dice nulla a Meg. Tornata al lavoro da Roxy, Angie riceve la visita inaspettata di Kurt e Dave, che le chiede di nuovo di uscire. 
***
“Comunque i capelli ti stanno da Dio. E' una cosa permanente o...?” Dave è al bancone per salutarmi prima di andare via, il suo amabile socio pochi passi più indietro.
“E' solo uno shampoo colorante con dei colpi di sole, poi vanno via”
“Beh ti donano un casino!”
“Seeh e in questo contesto fanno molto psychobilly.” Kurt dice la sua, alza un indice e lo fa girare a indicare lo stile della tavola calda “La parte psycho è quella che ti si addice di più ovviamente”
“Ah-ah”
“Va beh, tornando alle cose serie: hai deciso?” mi incalza Dave ed è come se stesse saltellando sul posto, ma coi piedi ben fissi a terra.
“Come posso dirti di no?”
“Beh, tipo come quando l'hai scaricato, per esempio?” Cobain risponde alla domanda retorica e si finge smarrito quando sia io che il suo amico lo guardiamo male “Cosa? Ho detto che era un esempio!”
“Allora ci vieni, grande!” Dave si scrolla il fastidio di dosso in un nanosecondo e torna ad abbagliarmi col suo sorrisone, che mi fa pensare che forse sarebbe tutto più facile se non lo avessi scaricato. Oppure no?
“Sì, ma non voglio fare troppo tardi, ok?”
“Non temere, l'importante è che resti per il concerto... e un pochino dopo il concerto, va bene?”
“Tutti questi buoni sentimenti... le mie orecchie stanno sanguinando, se vi interessa”
“No, Kurt, non ci interessa. Ci vediamo alle otto all'Off Ramp allora” mi rivolgo prima al cantante che si sta arrotolando la sciarpa attorno alle orecchie e agli occhi e poi a Dave.
“Ti passo a prendere se vuoi”
“No, tranquillo, ci vediamo lì”
**
La serata alla tavola calda passa insolitamente in fretta. Forse perché era una di quelle poche volte in cui avrei voluto non passasse. Meno sto a casa meno probabilità ho di ricevere direttamente certe telefonate... Torno a casa e quando entro nell'appartamento e vedo tutto buio penso di averla fatta franca, almeno finché la porta della stanza della mia coinquilina non si spalanca proprio nel momento in cui ci passo davanti.
“Ehi Meg, ancora sveglia?”
“Mmm” mugugna prima di dirigersi abbastanza spedita verso la cucina.
Coincidenza? Non credo. Rimango incredula nel bel mezzo del corridoio, finché non la sento aprire il rubinetto. Semplice sete. Scrollo le spalle e vado in camera mia.
“Buona notte” mormoro quando sento i suoi passi scalzi avvicinarsi di nuovo e la sua risposta consiste nell'entrare nella mia stanza e prendermi per un braccio mentre sto tirando fuori il mio pigiama da sotto il cuscino. Ovviamente rischio un infarto.
“CRISTO SANTO!”
“Angie non puoi fare così”
“Certo che posso? Mi hai spaventata a morte!”
“Intendo dire con Eddie. Tieni” Meg molla la presa solo dopo avermi messo in mano il cordless.
“Che diavolo significa?”
“Ho capito che ci sei rimasta male per San Diego, ma non puoi evitarlo per sempre”
“Meg, ma che... guarda che stai facendo un casino per niente” cerco di mantenere la calma, mentre guardo il telefono come se mi avesse appena dato un ordigno nucleare innescato. Avrà chiamato di nuovo?
“Sta' zitta e chiama Eddie” mi intima risultando tuttavia poco minacciosa, dati gli occhi semi-chiusi e il tono di chi sta praticamente ancora dormendo.
“Ma... guarda che l'ho già chiamato” mento spudoratamente e in genere mi viene abbastanza bene. Confido anche nei suoi sensi offuscati dal sonno.
“Quando?”
“Stasera” faccio per ridarle il telefono, ma non si scompone.
“Quando?”
“Stasera! Durante la pausa sigaretta”
“Dal lavoro?”
“Sì”
“Allora tutto ok?”
“Sì, gli ho lasciato un messaggio, così sta tranquillo” le restituisco il telefono e a questo punto lo prende, seppur scettica.
“Uhm... bene”
“Ok, notte Meg” acchiappo il pigiama e fuggo in bagno alla velocità della luce.
Non mi piace mentire a Meg. No, non è vero, mi piace. Cioè, non è che mi piaccia, ma lo faccio volentieri. Oddio, volentieri... Diciamo che lo faccio tranquillamente e non mi sento affatto in colpa per non averle detto del bacio. Il bacio. Ma poi sono sicura che sia successo veramente? Magari me lo sono sognato, come il sedano, Eddie che affogava, i Depeche Mode e tutto il resto. Potrebbe essere stato tutto un parto della mia mente, dalla sveglia Sonic Youth alla compagna di viaggio sul pullman. E se stessi ancora sognando? Forse andare a letto e dormirci su è il miglior modo di svegliarsi, sempre che voglia farlo.
Tanto non chiamerà più.
Esco dal bagno e verifico che la via sia libera. Mi infilo nel mio letto e appoggio la testa sul cuscino, crollando all'istante. Quando riapro gli occhi non so dire se siano passati cinque minuti o cinque giorni, ma so per certo che non è più notte per via della luce del sole che filtra dalle tendine. E dopo qualche secondo so anche che non deve essere tanto tardi perché sento la voce di Meg e questo significa che non è ancora uscita. Vado in fissa su una ragnatela nell'angolo vicino alla porta e sto quasi per fare l'equazione ragnatela = ragno, quando un pericolo maggiore e più imminente si fa largo tra i miei pensieri e la voce della mia amica si fa più chiara.
“Ma non ha chiamato ieri?”
Merda.
“Ah. Allora ho capito male. Eh? No, non è che mi abbia proprio detto così... sono io che... cioè, io l'ho vista andare in camera sua col telefono in mano, quindi ho pensato che ti avrebbe chiamato. Sicuramente voleva farlo, si sarà addormentata prima eheh. Come? No, io ti sto parlando dal telefono fisso” blatera Meg e riesco quasi a vederla mentre fa dietrofront e torna verso l'ingresso, dove sta il telefono col filo. Guarda che non ti vede, ma fidati che non gli serve per capire che stai raccontando un mare di cazzate. Meg non sa mentire, ma apprezzo il fatto che voglia pararmi il culo pur avendo scoperto che le ho raccontato una bugia.
“Aspetta che vado a chiamarla. Ma no, figurati! Tanto si deve alzare comunque. Dai, aspetta che te la passo, un secondo!” sposto il piumone con poca delicatezza, praticamente lanciandolo a terra, e dopo due secondi sono in piedi, dritta di fronte alla porta, con Patti Smith che mi guarda perplessa dal poster. Lo so, lo so, sono ridicola e infantile, ma ne possiamo discutere dopo, zietta?
“Ehi Angie? Sei sve-” Meg entra lentamente e io le metto al volo una mano davanti alla bocca, mi accerto che abbia lasciato il telefono di là e la tiro dentro richiudendole la porta alle spalle al volo.
“Io non sono qui, ok?” le dico
“Mm?” può solo mugugnare lei, con gli occhi strabuzzati.
“Ti prego, reggimi il gioco” la imploro, mentre lei cerca di liberarsi dalla stretta e rispondere.
“P..ché?”
“Dopo ti spiego tutto, per favore...” Meg alza gli occhi al cielo e annuisce. A quel segnale non posso che lasciarla andare.
“Che cazzo” riesco a leggere il suo labiale un attimo prima che sparisca di nuovo attraverso il corridoio.
Seguo con circospezione i suoi passi... metti che ci ripensa e me lo passa. Nel frattempo cerco di riorganizzare le idee per lo spiegone che mi aspetta a breve. Perché ovviamente adesso le dovrò dire tutto e lei mi prenderà per deficiente perché tutto questo non ha molto senso. O meglio, per me è perfettamente logico, ma diventa automaticamente assurdo nel momento in cui cerco di tradurlo mentalmente in parole da comunicare a un altro essere umano.
“Sì, deve essere uscita presto, non l'ho proprio sentita...” spero tanto di non commettere mai un crimine, ma in caso contrario spero di non avere Meg come unico alibi perché è talmente poco credibile che farebbe condannare persino un innocente.
“Ok, dimmi tutto. No, aspetta, la penna non scrive, ne prendo un'altra. Arrivo eh!” Meg esce dalla cucina e mi passa davanti scuotendo la testa per poi infilarsi in camera sua, uscendone con una biro blu tra le dita subito dopo.
“Eccomi. Huh-uh... Fino a domattina? Ok, glielo dico. Ma no, figurati! Lo sai come ragiona, è che lei fa orari del cazzo e magari pensa di romperti le palle. Ok, le dico anche questo. Guarda, lo scrivo! Angie non rompe mai. Va bene? Eheh ciao Eddie, buona giornata. Sì, tranquillo! Ciao!”
Faccio un bel respiro e vado incontro al mio destino. Entro in cucina già con le mani alzate.
“Che cazzo è successo, me lo vuoi dire?” Meg mi sta già aspettando, seduta sul tavolo a braccia conserte.
“E'... è complicato”
��Ti ha fatto del male?” chiede serissima e io praticamente le scoppio a ridere in faccia, per poi lasciarmi cadere sulla sedia.
“Ma chi Eddie? Ma figurati, no!”
“Ha fatto lo stronzo? Si è rivisto con la sua ex?”
“No, almeno, non credo, non finché ero lì...”
“Ma qualcosa deve essere successo, no?”
“Beh sì...”
“Avete litigato?”
“No”
“Gli hai confessato i tuoi sentimenti e-”
“Ahah quali sentimenti?”
“Taci. Gliel'hai detto e lui ti ha rifiutata?”
“Io non gli ho detto un bel niente!”
“Ne ha parlato lui di sua iniziativa?”
“Non abbiamo discusso di... quello”
“E di che avete parlato allora?”
“Non abbiamo parlato”
“Te l'ha fatto capire? Guarda, Eddie ti vuole bene, è palese. Forse ha dei dubbi per la differenza di età e lo potrei anche comprendere, anzi, è una cosa positiva. E' segno che è un ragazzo maturo e responsabile”
“Non c'è stato nessun discorso e nessun rifiuto, Meg”
“Ti ha detto Ti amo e poi ha ritrattato come Jerry?”
“No!”
“Angie, mi vuoi dire che cazzo è successo o devo tirare a indovinare per altre due ore?”
“Lui... beh...”
“Ti ha detto che è gay?”
“No!”
“E allora si può sapere che cazzo ha fatto?!”
“Mi ha baciata”
“COSA?!” Meg salta giù dal tavolo in maniera così repentina che quasi lo ribalta, assieme alla mia sedia.
“Mi ha dato un bacio. Beh, più di uno in realtà, ma tutti insieme, nella stessa occasione, quindi credo si possa parlare di un bacio solo, credo valgano come un atto singolo, ecco”
“EDDIE TI HA BACIATA?! E me lo dici così?”
“Come te lo devo dire?”
“E, soprattutto, me lo dici solo adesso?!”
“Non sono nemmeno sicura sia successo veramente...”
“ANGIE, IO TI AMMAZZO, GIURO SU DIO”
“E' stato un momento un po' strano”
“Ti ha baciata sì o no?”
“Penso di sì”
“PENSI?!”
“Sì, cioè, a questo punto, dopo aver rielaborato tutto, penso di poter dire che al 90% mi ha baciata sul serio”
“Che cazzo significa, cioè, eri fatta? Eri bendata e non sai chi ti ha messo la lingua in bocca?”
“Io non ho parlato di lingua”
“Ti ha baciata senza lingua?”
“Beh, no, cioè, sia con che senza”
“OMMIODDIO”
“Perché? Non credevo fosse un dettaglio così importante”
“Non è imporante il dettaglio, razza di imbecille! Insomma ti ha baciata? Tu ed Eddie vi siete baciati?”
“Sì”
“E quando? Cos'è successo? Com'è andata? Racconta!”
“Non hai mica detto che il dettaglio non è importante?”
“Non rompere i coglioni e racconta”
Le spiattello tutto, anche perché non mi resta altra scelta. Parto dall'inizio, cioè dal mio arrivo a San Diego.
“Ti ha baciata sulla spiaggia davanti a Jerry Cantrell? Dimmi di sì”
“No”
Le racconto del giro turistico.
“Ti ha baciata da Subway? Sulla panchina al parco?”
“No”
Aggiungo i dettagli della serata in discoteca che non le avevo riferito in precedenza.
“Ti ha baciata mentre ballavate l'Hustle?”
“Noo!”
Cerco di non perdermi in chiacchiere riassumendo la giornata con Dina, il concerto e la festa.
“Ti ha baciata nel backstage? In spiaggia al chiaro di luna mentre gli altri si bagnavano le chiappe nell'oceano?”
“No”
“Bacio della buona notte quando siete tornati a casa?”
“No, Meg”
“Angie, sto perdendo la pazienza, quando cazzo ti ha baciata?”
“Ci sto arrivando!”
“Dimmelo e basta, per favore”
“Uff alla stazione dei pullman, prima che partissi”
“Cioè, ha avuto due giorni a disposizione e ti ha baciata un minuto prima di salutarti?”
“Sì...”
“Che testa di cazzo”
“Va beh, si vede che gli è venuto così in quel momento!”
“Sì ma è un coglione, ti ha fatta penare fino all'ultimo”
“Non è vero”
“Sì che è vero”
“Non ho penato, sono stati due giorni fantastici. Ehm, sì insomma, belli, due belle giornate, serene”
“E il bacio? Com'è stato?”
“Beh...”
“Fantastico? O sereno? O anche questo solo carino?” mi prende per il culo citando una nostra conversazione di mesi prima.
“Non è stato carino, è stato... è stato... non lo so, non saprei come descriverlo, è come se avessi perso i sensi per alcuni minuti”
“Oh Angie”
“Cioè, non proprio tutti i sensi, non come in un'anestesia, perché comunque ho sentito tutto benissimo”
“Ahahah immagino”
“Era... era elettricità, calore, confusione, vento”
“Vento?”
“Sì, come quando il vento ti fa perdere il controllo dei tuoi passi e ti soffia così forte in faccia da toglierti il respiro per un secondo e quasi lo senti nello stomaco... Come quando scendi in picchiata sulle montagne russe”
“Ti sei fatta un bel giretto su Eddie La Giostra insomma”
“Però lì te lo aspetti. Invece è stato più come quando stai scendendo le scale tranquilla e metti un piede in fallo e senza accorgertene ti trovi per terra.  Solo che io non arrivavo mai a terra, Eddie mi baciava e io continuavo a cadere e basta”
“E Tom l'hai sentito?”
“Tom?”
“Jones”
“No”
“Ahahah ecco, se no sì che mi sarei preoccupata”
“Ho sentito Dave”
“Dave? Il tuo ex?”
“Gahan, dei Depeche Mode. L'ho anche visto ballare in realtà...”
“Non è che tu e Vedder vi siete scambiati anche degli allucinogeni assieme alla saliva?”
“Ero presente e assente allo stesso tempo, c'ero, ma in una forma diversa. Come l'acqua che evapora o il ghiaccio che si scioglie. Però più la prima, perché mi sentivo leggera. Evaporavo. O forse sarebbe più corretto dire che sublimavo...”
“E hai ancora il coraggio di dire che non provi sentimenti per Eddie?” Meg interrompe la mia dissertazione senza senso con qualcosa che di senso ne ha ancora meno.
“Io... io li provo, solo che, beh, ancora non ho ben chiaro quali sono”
“Non hai ben chiaro?”
“Sto... cercando di capire!”
“Penso si veda bene anche dallo spazio cosa cazzo provi, Angie”
“Allora sono io ad essere limitata perché non ci arrivo”
“Sai benissimo di che sentimenti si tratta, è solo che non vuoi ammetterlo”
“E' tutto un gran casino”
“Cos'è? Hai paura? Per quello lo stai evitando?”
“Non lo sto evitando...”
“Mi hai esplicitamente chiesto di dirgli che non c'eri, come me lo chiami?”
“Sto solo rimandando una conversazione che nessuno dei due vuole affrontare”
“Certo, ha chiamato dieci volte perché non vuole assolutamente parlare con te, mi sembra ovvio”
“Non vuole, ma sente di doverlo fare, perché è un bravo ragazzo”
“Bravo ragazzo? Scusa, cosa pensi voglia dirti?”
“Secondo te? Che è stato un errore e di dimenticare tutto”
“AHAHAHAHAHAH”
“Che c'è da ridere?”
“Ahahah sarò scema io, ma secondo me vuole dirti che non vede l'ora di fare un altro giro sulle montagne russe” Meg mima con la mano un ottovolante che va a finire dritto sul mio fianco destro.
“Piantala!”
“O sui mulini a vento” continua e si avvicina fingendo per scherzo di volermi baciare, per poi soffiarmi in faccia.
“Non sei divertente”
“Tu invece fai un sacco ridere, lo sai?”
“Io con Eddie... non esiste! E' una cosa impossibile” mi alzo e mi allontano verso il corridoio, seguita a ruota dalla mia coinquilina che non vuole proprio capire.
“Perché?”
“Perché è così”
“Non è una risposta”
“Perché... perché non c'entriamo niente”
“Oh signore...” sospira Meg, sorpassandomi proprio all'ingresso della mia stanza, per poi buttarsi sul mio letto a faccia in giù.
“Non sto dicendo che lui sia migliore di me. Tralasciamo per un momento il fatto che lo sia. Non sto parlando del fatto che io sono... boh, un pigliamosche caposcuro e lui un albatro beccogiallo dell'Atlantico. E' che siamo proprio due cose diverse, come... come... un paracarro e una poesia di Robert Frost”
“Eh?” Meg risolleva la testa dal mio piumone e mi guarda interrogativa.
“Un biglietto dell'autobus timbrato e... gli anelli di Saturno”
“Il fatto che, in entrambe le affermazioni, non fatico a capire per te chi dei due sia cosa è un brutto segno, vero?”
“Stai entrando nella mia logica”
“Ti prego, fammi uscire! Ho già mal di testa” Meg tende le braccia verso di me, ancora in piedi al centro della stanza, intenta a convincere il mio pubblico formato da un'unica persona.
“Che dovrebbe farci Eddie con me?”
“Non so, scrivere una poesia di Robert Frost sul paracarro a pennarello?”
“Usare le mie pessime metafore contro di me non mi farà cambiare idea”
“Eddie sa benissimo cosa vuole farci con te e te ne ha anche già dato un assaggio mi pare”
“Eddie ha confuso un'amicizia con qualcos'altro, tutto qui”
“No, sei tu che hai preso una persona innamorata per una persona confusa”
“Innamorata?! Buahahah addirittura?”
“Tu il vapore ce l'hai nel cervello, Angie, lasciatelo dire”
“Scommettiamo che Eddie è convinto di aver fatto una cazzata?” le propongo porgendole la mano, che lei schiaffeggia via.
“Ovvio che lo sia! Lo stai evitando. Se baciassi un tipo e questo non mi cagasse più per giorni, lo penserei pure io”
“Io dico che lo ha pensato indipendentemente dalle mie azioni successive”
“Io dico che continui a ripeterti questa storia per cercare di autoconvincerti, quando in realtà sai benissimo che esiste anche l'altra possibilità”
“Certo che lo so” Meg è riuscita a zittirmi e ci metto un po' a risponderle.
“Ha! Vedi?”
“Le due possibilità coesistono”
“Esattamente”
“E continueranno a coesistere ed essere entrambe valide, almeno finché non osservo il sistema”
“Che sistema?”
“Questa parte di universo”
“Di che cazzo stai parlando, Angie?”
“Fisica quantistica. Hai presente il paradosso del gatto di Schroedinger?” le domando sedendomi accanto a lei sul letto.
“Il gatto vivo o morto nella scatola?”
“Più precisamente, sia vivo che morto, finché non si apre la scatola”
“E il gatto sei tu o Eddie?”
“Eddie mi ha baciata, dopodiché sono partita e non l'ho più visto né sentito. E' come se lo avessi chiuso nella scatola, no? E ora siamo in una situazione di sovrapposizione quantistica, cioè due possibilità che si sovrappongono”
“Eddie pentito ed Eddie innamorato?”
“Sì... beh, più o meno”
“Il gatto è sia vivo che morto finché non apri la scatola, perciò allo stesso modo...”
“Eddie è sia pentito che, ehm, infatuato finché non ci parlo”
“Mi sembra ovvio”
“E allora dovresti aver capito perché voglio affrontarlo il più tardi possibile”
“In realtà no”
“Oh cazzo, Meg, seguimi. E' il bacio di Schroedinger, ok? In questo scenario il bacio è contemporaneamente una cosa che ha un valore e un errore che invece non significa niente”
“Ok...”
“E se io non parlo con Eddie continuerà ad essere così, giusto?”
“Giusto”
“E magari una mezza alternativa è tutto quello che mi resta, no? Se fosse il massimo a cui posso aspirare? Meglio tenersela stretta, non credi?”
“Cioè non lo chiami perché vuoi rimandare la delusione?”
“Bingo!”
“E non potevi dirla così invece di fare tutto questo discorso del cazzo?” scherza spintonandomi.
“Dimentichi che qualcuno qui fa fatica ad ammettere le cose in maniera lineare...”
“Se hai paura di rimanere delusa... vuol dire che una speranza ce l'hai!”
“Ovvio che ce l'ho! Se non ce l'avessi, sarebbe tutto così semplice. Invece no, c'è sempre una piccola stronzissima parte di me che spera in queste assurdità, è quella che mi frega”
“Quando ti metterai con Eddie riderai di tutte queste seghe mentali, Angie” Meg scuote la testa e si alza dal mio letto, avvicinandosi al quadretto del collage fatto proprio da Eddie e indicandolo in una delle foto, su cui il mio sguardo si fissa per un paio di minuti buoni.
“Cercare di alimentare le mie false speranze non mi è di nessun aiuto”
“E allora? Meglio crogiolarsi nel 50% di probabilità?”
“Sempre meglio del 100% di certezza”
“Dipende da qual è la certezza”
“Quella più logica”
“E a Eddie non pensi?”
“A cosa credi stia pensando da due giorni a questa parte? E di chi stiamo parlando da mezz'ora?”
“Intendo dire che, cazzate quantistiche a parte, e tralasciando le possibili implicazioni sentimentali, voi due siete amici e agli amici si deve sincerità e rispetto”
“Sì, lo so...”
“Un amico ti sta cercando e tu non ti fai trovare e ti neghi con delle bugie, ti sembra un comportamento corretto?”
“No, infatti non mi volevo giustificare, ma solo spiegare come ragiono”
“Ragioni col culo. Qualsiasi sia la ragione per cui ti vuole parlare, gli stai mancando di rispetto”
“E' difficile...”
“Fare la cosa giusta non è mai facile.” Meg esce di nuovo dalla mia camera, per farci ritorno subito dopo “Ora prendi il telefono, fai il numero dell'albergo di Santa Rosa che mi ha dato Eddie e scoperchi questa cazzo di scatola” Meg mi mette fisicamente in mano il cordless e il blocchetto su cui ha preso appunti mentre era al telefono con Ed.
“Adesso?”
“Subito”
“Adesso devo prepararmi, non posso, devo andare a lezione”
“Chiamalo mentre ti prepari, è un telefono senza filo, lo dice la parola stessa, puoi portartelo dietro ovunque, pure al cesso”
“Senti, ti prometto che più tardi lo chiamo”
“Cazzate, non ti credo”
“Davvero, entro oggi lo chiamo, deciso, mi hai convinta”
“Lo chiami stasera davanti a me e Grace. E col vivavoce. Cazzo, Grace andrà fuori di testa quando saprà che tu ed Eddie vi siete baciati ahah! Questa serata tra ragazze capita proprio a fagiolo”
“Ecco, a tal proposito, volevo dirti che stasera purtroppo non ci sono”
“Che vuol dire che non ci sei? Non diciamo stronzate!”
“Ho un impegno”
“Guarda che scherzavo sul vivavoce! Senti, ho pensato che potremmo fare così: Grace chiama Stone per farci due chiacchiere, poi ci aggiungiamo io e te e gli chiediamo dove sono gli altri e la trasformiamo in una chiamata di gruppo come l'altra volta. Così tecnicamente avrai parlato con Eddie, ma non da soli”
“Esco con Dave”
“Così almeno rompete il ghiaccio e uscite da quest'impasse e poi del bacio ne potrete parlare in un secondo momento, magari dal vivo... Scusa, non ho capito bene, con chi esci?”
“Dave, andiamo a un concerto”
“Cioè per paura che il gatto sia morto, ne vai a ripescare un altro?”
“Ahahah ma no!”
“Resuscitiamo un micio che avevamo già sotterrato in precedenza?”
“Non è come credi”
“Ah quindi non esci col tuo ex lasciando il ragazzo che ti ha baciata a struggersi per te?”
“No, perché non è un appuntamento! E nessuno si sta struggendo...”
“Perché non chiami Jerry a questo punto? Potreste uscire a cena domani sera”
“Va beh, io vado a farmi la doccia, se hai voglia di sapere la verità aspettami e ti racconto, se no continua pure a pigliarmi per il culo”
“Mmm entrambe le cose mi tentano, penso che non ti rivolgerò mai più la parola per farle coesistere e godermele entrambe nel mio sistema quantistico di stocazzo” ironizza mentre esco dalla camera porgendole un sentito dito medio.
“Vaffanculo Meg”
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Certo che deve essere proprio figo. Avere il posto di lavoro sottocasa. Sarebbe il mio sogno, o forse no. Da un lato avrei la comodità, non arriverei mai più in ritardo, o quasi; ma dall'altro mi sembrerebbe di non staccare mai, la mia testa sarebbe sul lavoro anche quando non sarei di turno. Ti affacci alla finestra al mattino o esci di casa nel pomeriggio ed ecco che ti becchi l'insegna del minimarket e pensi alle prossime consegne in arrivo, agli espositori nuovi da montare e il tecnico da chiamare per il banco frigo. Che palle! In questo caso però la vicinanza risulta comoda, perché mi basta attraversare la strada e sono già col dito sul citofono di casa McDonald-Pacifico. Il dito praticamente si atrofizza su questo cazzo di citofono perché dopo un quarto d'ora non mi risponde ancora nessuno. Era oggi no? Magari Meg è uscita un secondo. Eppure le luci sono accese...
“Tutto inutile Grace, è rotto” sono così impegnata a scrutare le finestre illuminate del secondo piano che non mi accorgo di Angie, spuntata sulla soglia del portone.
“Ehi, bentornata... PACCARA!” mi avvicino spettinandola per poi abbracciarla velocemente.
“Grazie. Meg te l'ha detto?”
“Sì, mi ha anticipato che stasera ci avresti tradite”
“Ti ha anche detto che è per una buona causa?”
“Certo, altrimenti non ti avrei neanche rivolto la parola”
“Ti ha detto solo questo?” chiede abbassando improvvisamente la voce, chissà per quale motivo.
Proprio in quel momento un clacson risuona squillante per ben due volte alle nostre spalle e ci voltiamo in contemporanea.
“Mi sa che è arrivato il tuo cavaliere”
“Cioè il mio compagno di sventura. Vado, buona serata e non esagerare con le maschere purificanti di Meg, mi raccomando!” Angie alza gli occhi al cielo e mi sorride prima di allontanarsi verso la macchina che l'aspetta sul ciglio opposto della strada.
Entro dal portone lasciato aperto da Angie e prendo l'ascensore. Mi dispiace che stasera non sia dei nostri, però allo stesso tempo sento che l'uscita di stasera sarà fonte di aneddoti curiosi da discutere alla prossima occasione. Nel menù di oggi, Meg mi ha promesso aggiornamenti succulenti su di lei e su Angie, ma non ha voluto anticipare nulla. Staremo a vedere! In compenso, mi ha chiesto novità su Stone e me, ma non è che ci sia molto da dire. Me lo richiede ogni volta, ma, insomma, non capisce che non ci troviamo nemmeno nello stesso stato? La fiamma non si sta né accendendo né spegnendo, è solo in stand-by. Esco dall'ascensore e attraverso il lungo corridoio, reso un po' inquietante da una delle lampadine del soffitto che sfarfalla. Giro l'angolo e mi ritrovo praticamente faccia a faccia con Meg, che sta uscendo dall'appartamento con il portafoglio in mano.
“Non dirmi che pacchi anche tu e la serata è annullata, perché in tal caso non vi parlo più, né a te né alla tua coinquilina rubacuori”
“Ahahah no, stavo scendendo ad aspettare te e il tipo delle pizze perché adesso non funziona nemmeno il citofono in questo condominio del cazzo”
“Sì, ho incontrato Angie che mi ha aperto, se no sarei ancora fuori al gelo”
“Dai, entra pure, tanto dovrebbe arrivare tra poco, io torno subito. E preparati psicologicamente perché ho un sacco di cose assurde da raccontarti!”
“Ho già capito che il film non lo guarderemo neanche” sorrido entrando in casa, mentre Meg si allontana stringendosi nella giacca.
“Non ci servirà il film, fidati... Arrivo!”
Salt lick dei Tad è il primo disco della serata che scelgo di mettere su, anche se la serata non è ancora iniziata, considerando che Meg è ancora di sotto ad aspettare il ragazzo delle consegne. Mi affaccio dalla finestra per vedere se arriva qualcuno, ma per ora niente. Mi siedo sul divano e comincio a giocare con le birre già sistemate sul tavolino di fronte, allineandole prima per due poi per tre, finché non ne avanza una, che apro subito per me. Mi rialzo e gironzolo per la casa per ingannare l'attesa. A dire il vero non guardo qua e là, ma vado diretta verso un punto, il frigorifero in cucina, e inizio a scrutarlo in cerca delle novità, che non tardo a scoprire. Una calamita che raffigura un panda, un'orca e un sole sorridente col cappello circondati da palme e dalla scritta SAN DIEGO. Attaccata con la stessa calamita c'è anche una cartolina dal gusto retrò, con una spiaggia al tramonto, una serie di auto d'epoca su cui sono legate delle tavole da surf e quattro sagome di surfisti, due ragazze e due ragazzi. Sapevo che avrebbe arricchito la sua collezione. Sto osservando con attenzione le lunghe ombre dei surfisti della cartolina quando vengo scossa dallo squillo improvviso del telefono. Ci penso un po' prima di rispondere, dibattendo interiormente sul da farsi, dopotutto non sono a casa mia... ma se è una cosa importante? Magari è la pizzeria che avvisa del ritardo.
“Pronto?”
“Oh sia ringraziato il cielo! E io che mi ero già messo l'anima in pace pensando di dovermi sorbire le paturnie di Meg ed Angie prima di poter parlare finalmente con te” la voce dall'altra parte mi fa solo rimpiangere di non aver risposto al primo squillo.
“Ehi Stone”
“Ciao, amore. Come stai? Sei ancora sobria? Hai già lo smalto sui piedi?” ecco, non poteva fermarsi al semplice sarcasmo? Due frasi, due cose che stonano. Ci sto già ripensando, forse se non rispondevo era meglio.
“Eheh no. Cioè, sì sono sobria e no, le mie unghie sono... sono come prima, tutto uguale”
“Tutto bene? Ti sento strana... Meg ti sta minacciando con una pinzetta per le sopracciglia? Se non puoi parlare non rischiare, dimmi una frase in codice, qualcosa che passi del tutto inosservato in una conversazione tra fidanzati, tipo Gli avevano sparato in faccia, così la madre non poteva fargli il funerale con la bara aperta...”
“Eheh no, tutto tranquillo, solo un po' spaesata. Comunque Meg non c'è, è di sotto che aspetta il ragazzo delle pizze. Citofono rotto”
“Sì beh, in effetti questa frase passerebbe molto più inosservata. Chiamo il 911”
“Tu come stai? Non devi suonare stasera?”
“Sì, infatti siamo nei camerini, che poi sarebbero una specie di succursale dei bagni”
“O viceversa” la sento appena, ma la voce che interviene è inconfondibile.
“O viceversa, come dice giustamente Eddie, non l'abbiamo ancora capito”
“Guarda! Qui c'è il numero di telefono di Mike Patton” anche Jeffrey dice la sua in questa telefonata incasinata.
“Ora metto giù con te, tesoro, e lo chiamo subito. Sicuramente sarà il suo, dopotutto una scritta nei bagni di un locale di Sacramento mi sembra una fonte più che attendibile”
“Ma non erano i camerini?” chiedo sghignazzando e per un attimo contemplo l'idea di chiederglielo anch'io quel numero. La prenderebbe male?
“Eh te l'ho detto che non l'abbiamo ancora capito!”
“Ci hanno suonato i Faith No More, non deve essere un brutto posto comunque”
“Credo più i Mr Bungle. Però non è male, a parte gli scherzi credo sia uno dei locali più fighi in cui siamo stati finora, anche se è grande quanto il tuo appartamento”
“Ed è pieno di gente!” urla Jeff, probabilmente ingoiando la cornetta.
“Confermo quanto detto dal cavernicolo. Gente che è qui per gli Alice ovviamente”
“Che ne sai? Non buttarti giù così” provo a consolarlo, anche se so benissimo che non ne ha bisogno.
“Mica mi butto giù, è la verità. Al 99% non ci conoscono, siamo noi che ce li dobbiamo conquistare”
“E allora vai e conquistali!” lo incito e solo dopo mi accorgo che potrebbe suonare come se volessi chiudere la chiamata subito. Ma non voglio. Davvero! Quando non mi ricorda ogni cinque minuti che è il mio ragazzo, mi trovo perfettamente a mio agio in questa conversazione.
“Sarà fatto, cara. E' arrivata la pizza? E l'alcol? Sei ancora sobria?”
“Ahah i tuoi compagni penseranno che sono un alcolizzata! Comunque niente pizza. E ora che ci penso, ho una fame assurda”
“Dai resisti. A me si è chiuso lo stomaco, sai che è sempre così per me prima di salire sul palco”
“Eheh sì, me l'avevi detto. Non essere nervoso”
“Non sono nervoso, sono realista. Io faccio il mio, ma ci sono altre quattro variabili per la riuscita di un concerto, hai presente?”
“Eheh quattro variabili in carne ed ossa, che ti disturbano mentre mi chiami?”
“Esatto. Però adesso mi hanno lasciato solo, saranno andati a cercare l'altro nostro chitarrista visto che tra poco tocca a noi”
“Si parlava di sobrietà...”
“Appunto. Comunque sarebbe troppo melenso e fuori luogo da parte mia dirti che mi manchi e vorrei fossi qui con me?”
“Sì, decisamente, Stone” ho l'impressione di aver trattenuto il respiro prima di parlare, sarà stato troppo lungo il mio silenzio? Riuscirò a farla passare come una pausa comica?
“Ok, allora non te lo dico. Ops, sta tornando una variabile. C'è Eddie, dobbiamo fermarci col sesso estremo al telefono per ora, scusa piccola”
“Cazzo, Stone” sento Vedder borbottare qualcosa che sa di imbarazzo, mentre Stone ridacchia nella cornetta.
“Stavo evidentemente scherzando, credi che se facessi sesso telefonico estremo con la mia ragazza verrei a dirlo a te?”
La mia ragazza, ribadiamolo ancora, perché forse non si era capito.
“Lascia stare Eddie, non metterlo in imbarazzo”
“Come? Adesso?” Stone parla, ma chiaramente non con me “Che le devi dire? Ah aspetta, ho capito! Grace, scusami, Eddie ti vuole parlare un secondo, te lo passo”
“Vuole parlare... con me?” non credo proprio di essere io l'oggetto del suo interesse, ma probabilmente è la grande assente della serata quella con cui vorrebbe parlare. Da quanto mi ha anticipato Meg, né la visita a sopresa di Angie né il cambio di look sono bastati a scuotere il bel surfista dal suo torpore. E adesso lei lo sta un po' evitando. E io la capisco, cioè, so come ragiona e ovviamente lei farà finta di nulla perché 'tanto, figurati, a me Eddie mica piace' e 'sono andata a San Diego per vedere i ragazzi' e altre stronzate simili. Ma è chiaro che lei un po' ci sperava e invece lui niente. Ci sarà rimasta malissimo. E se si fosse messa in mezzo la ex di lui? Quello sì che sarebbe stato un colpo duro da digerire, persino per la sempre (all'apparenza) impassibile Angie.
“Se ti propone sesso estremo al telefono dimmelo eh?”
“Ahahah piantala e passamelo”
“Buona serata, amore”
“Anche a te... e in bocca al lupo” perché cazzo deve sempre aggiungerci qualcosa alla fine?!
“Ehm ciao Grace” la voce profonda di Eddie suona un po' più acuta, sarà l'imbarazzo. O l'impazienza? Sicuramente vorrà chiedermi di Angie. E per la diciottesima volta si sentirà dire che non c'è. E gli sta bene! Insomma, ok la timidezza e i dubbi, ma qui si tratta di tenere sulle spine una ragazza che comunque ha un debole per lui. Perché voglio pensare siano solo dubbi e non che la stia bellamente prendendo per il culo, perché in quel caso sarebbe una vera merda umana.
“Ciao Eddie, come va? Che mi racconti?” adesso lo tengo al telefono un'ora facendogli domande a caso, voglio vedere quanto tempo ci mette prima di chiedermi di Angie.
“Oh tutto bene, a parte la fifa da palcoscenico, ma quella è una costante per me” no dai, non è giusto torturarlo così.
“Non ti preoccupare, andrete alla grande. Immagino tu voglia parlare con Angie, giusto?” infatti mi è appena venuto in mente un altro sistema perfetto per punirlo.
“Uhm ecco, sì, in effetti. Pare sia diventata introvabile ultimamente”
“E infatti non la trovi neanche stasera, non c'è”
“Oh davvero? Fantastico, eheh, chissà perché me lo sentivo...” risponde nervosamente e quasi quasi mi dispiace fare quello che sto per fare. Ho detto quasi.
“Sei un po' sfortunato, Eddie”
“Già, me ne sono accorto. Va beh, magari provo a chiamarla alla tavola calda, non volevo romperle le scatole al lavoro, ma almeno lì la trovo per forza”
“Oh ma non è da Roxy”
“Ha il turno al Westlake di sabato? Ma poi a quest'ora?” Eddie suona sinceramente confuso e a me sembra di giocare come il gatto col topo.
“Eheh no, Eddie, non sta lavorando. Non ha giustificazioni, ci ha proprio bidonate e basta, la stronzetta”
“Ah! Capisco, e... ehm, dove-”
“E per un ragazzo poi!”
“Cosa?” credo di aver individuato il momento esatto in cui è scattato l'interruttore della gelosia.
“Le amiche non si piantano mai in asso, per nessun ragazzo al mondo, non credi?”
“Che ragazzo?”
“Ma sì, lo conosci! Il suo ex o giù di lì, quello che suona la batteria...”
“Dave?” il tono con cui pronuncia quel nome spaventa anche me: allarme rosso!
“Sì! Andavano a un concerto, se non sbaglio”
“Capito. Grazie, ti ripasso Stone, ok? Ciao”
“Ok, cia... ciao Ed?” mentre rispondo, un tonfo mi sfonda un timpano. Spero non abbia lanciato la cornetta in testa a Stone. Comunque voglio proprio vedere, se nemmeno adesso si smuovono le acque!
“Tesoro, scusami, esattamente, cos'hai detto al mio cantante? E' schizzato via come una furia...” la sua non è la voce di chi ha appena preso una botta da oggetto contundente, quindi mi tranquillizzo.
“Ma niente, voleva parlare con Angie, ma...”
“Fammi indovinare: non c'è”
“Esatto”
“Ti prego, personalmente non me ne può fregare di meno, ma fatelo parlare con Angie. Non mi dispiace quando è aggressivo sul palco, ma sta diventando intrattabile anche il resto del tempo...”
“Non è colpa nostra se non si trovano mai...” rispondo innocentemente. Non me la sento di condividere le mie macchinazioni diaboliche con Stone, anche se credo le apprezzerebbe.
“Va beh, sticazzi, si arrangiano. Torniamo a noi. Volevi sapere cosa indosso, giusto?”
“Ahah no. E tra l'altro è appena arrivata Meg con le pizze, ti devo lasciare” la mia amica entra finalmente in casa con i due cartoni fumanti e li appoggia sul tavolino, proprio davanti a me.
“CIAO STONE!” urla nella mia direzione “Ho interrotto qualcosa?” aggiunge sottovoce.
Dopo i convenevoli con Stone, riattacco il telefono e osservo in silenzio Meg che si leva la giacca e si butta sul divano accanto a me, apre i cartoni e stappa una birra.
“Che c'è? Perché hai quel sorriso stampato sulla faccia? Stone ti fa questo effetto eh?” mi domanda facendomi l'occhiolino.
“Ahah no, cara. In questo caso Stone non c'entra. Sono io ad aver esercitato un certo effetto. E prima che pensi a cose strane, no, non su di lui. Su qualcun altro”
“E su chi?”
“Credo di aver messo in moto un bel meccanismo, stavolta mi faccio i complimenti da sola” aggiungo dandomi delle auto-pacche sulla spalla.
“Quante ne hai bevute di quelle?” domanda sospettosa indicando la bottiglia che tengo nella mano destra.
“E' la prima e unica! Comunque lascia che ti spieghi perché sono un genio...”
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“Eccola! E' arrivata!” Grace finalmente si scolla dal davanzale e richiude la finestra.
“Era ora, almeno la finisci di far entrare il freddo. Qua già si gela di suo...” borbotto riavvolgendomi meglio la coperta attorno alle spalle.
“Tecnicamente non è il freddo che entra, ma il calore che esce, comunque...”
“Non serve che fai la Angie della situazione, sta arrivando l'originale” scherzo alzandomi dal divano.
“Menomale, quest'ansia mi sta uccidendo. Non vedo l'ora di risolvere questo casino” Grace cammina avanti e indietro per il soggiorno, come fa da qualche ora a questa parte, praticamente ininterrottamente.
“Va beh, dai, mica è colpa tua. Cioè, non solo. Anch'io potevo essere più chiara e dirti cos'era successo tra Eddie e Angie”
“Che c'entra? Mica eri tenuta a raccontarmi tutto, dopotutto sono cazzi di Angie. Sono io che non mi dovevo intromettere. Cosa cazzo mi è venuto in mente?”
“Avevi buone intenzioni, l'hai fatto a fin di bene”
“Certo, fare ingelosire Eddie per farlo uscire allo scoperto una volta per tutte... Peccato che si era già dichiarato alla grande e io gli sono andata a dire che la sua bella invece è uscita con un altro!”
“E mica un altro qualsiasi!” lo so, sto rigirando il coltello nella piaga, ma non posso fare a meno di prendere per il culo Gracie. E' così tenera nel suo sentirsi una merda.
“Il suo cazzo di ex! Ma quanto ci mette a salire?” la ragazza guarda l'orologio, come se stesse cronometrando la salita della nostra amica.
“Lo sai che non prende l'ascensore, dipende quanto fiato le è rimasto dopo il concerto”
“E se Eddie si è fatto un'altra per ripicca? O se torna con la sua ex?” Grace continua il suo soliloquio disperato, mentre il rumore della chiave nella toppa è il segnale del ritorno di Angie.
“Eccola, grazie a dio. Così risolviamo questa cosa e ti calmi, non ti si regge più” non faccio in tempo a finire la frase che Grace si è già lanciata verso l'ingresso senza aspettarmi.
“ANGIE HO FATTO UN CASINO!”
“Ciao anche a te Grace... che hai fatto? Meg si è spinta troppo in là con la ceretta?” Angie rivolge uno sguardo più che perplesso alla ragazza che le ha piazzato le mani sulle spalle, praticamente spingendola contro la porta appena chiusa.
“Ahahah no, niente di tutto questo”
“MAGARI, ANGIE, MAGARI!” ribadisce Grace urlandole in faccia.
“Stone di certo ne sarebbe felice” aggiungo io avvicinandomi.
“MEG, TI PREGO, NON E' IL MOMENTO”
“Si può sapere che vi prende? Cos'avete fumato? E soprattutto, perché non mi avete aspettata?”
“Vieni, Angie, ti spiego io, Grace non è capace di intendere e di volere in questo momento” metto un braccio attorno al collo di Angie e automaticamente trascino lei e l'altra in soggiorno e sul divano.
“Se va tutto a puttane è solo colpa mia. Ma non può andare a finire così, ti prometto che se c'è qualcosa ci parlo io con lui” Grace prende la mano di Angie, che la guarda sempre più stranita.
“Ma lui chi?”
“Eddie, e chi se no?” rivela ed è a quel punto che Angie ritira la mano dalla sua.
“Perché? Che è successo con Eddie?”
“E' successo che-” provo a iniziare a spiegare, ma vengo interrotta dall'ansia fatta persona.
“Adesso te lo diciamo, però devi stare calma. Qualsiasi cosa accada l'affronteremo assieme, ok?”
“Ok... Mi posso togliere il cappotto prima o...?”
“Oh ma certo! Certo, toglilo, mettiti a tuo agio! Mettiti comoda”
“Certo, Angie! Mettiti pure comoda, fai come se fossi a casa tua eheh” non riesco a trattenermi, anzi, cerco intenzionalmente di stemperare la tensione.
“Meg, non prendermi in giro, sto già abbastanza male così” Grace mette il broncio e Angie si leva cappotto e stivali sempre con diffidenza.
“Perché stai male? Si può sapere cos'hai fatto? E che c'entra Eddie?”
“Se state buone e zitte tutte e due un minuto, te lo spiego subito”
“Tutto qua?” Angie fa spallucce dopo aver ascoltato il dettagliato racconto della cazzata combinata da Grace.
“COME TUTTO QUA? NON CAPISCI? LUI PENSA CHE TU SIA USCITA CON DAVE!” l'autrice della cazzata scatta in piedi, stupita dall'imperturbabilità di Angie, che ovviamente fa la parte di quella a cui non frega niente.
“Beh è la verità, no?”
“Ma tu non ci sei uscita uscita...” ribatte Grace.
“Non fare finta di non capire, Angie. Lui avrà pensato fosse un appuntamento” la rimprovero io.
“Un vero appuntamento” aggiunge Grace.
“In piena regola”
“Non è che l'ha pensato lui, sono io che gliel'ho detto. Cioè, gliel'ho fatto capire, ma praticamente gliel'ho detto”
“E allora?” le alzate di spalle di Angie sono quasi più irritanti del senso di colpa di Grace.
“Come allora? Allora sarà incazzato nero!” sbotto cercando di scuoterla.
“Dovevi sentirlo, sembrava diventato di ghiaccio tutto di colpo. Mi ha fatto paura” annuisce Grace, in contrapposizione a Angie che invece fa di no con la testa.
“Figurati, sai cosa gliene frega”
“Angie, non serve che reciti, guarda che gliel'ho detto del bacio” spiego indicando Grace, che continua ad annuire a caso.
“Non avevo dubbi. E comunque ribadisco che non credo la cosa lo turbi più di tanto” Angie si alza col cappotto sottobraccio, afferra gli stivali con l'altra mano ed esce dalla sala come se niente fosse.
“No, infatti, sembrava solo uno pronto a uccidere il primo essere umano che gli capitasse a tiro!” Grace indossa i panni del sarcasmo, forse presi momentaneamente in prestito da Stone, per reagire alla finta indifferenza di Angie “Ma che fa, se ne va?” chiede poi rivolta a me.
“Lasciale mettere il pigiama, dopo le rompiamo ancora le palle”
Quando Angie riappare attraversando il soggiorno per andare in cucina, ci trova qui, esattamente dove e come ci ha lasciate: io su un divano e Grace sull'altro, a fissarla incredule.
“Che c'è?” domanda infastidita, col bicchierone d'acqua in mano, pronto per essere appoggiato sul suo comodino per la notte.
“Devi chiamare Eddie” Grace mi precede di un nanosecondo.
“Perché?”
“Perché devi spiegargli come stanno le cose” stavolta sono io la prima.
“Ci hai già pensato tu, no? Anzi, così mi hai risolto un bel problema, grazie Grace” Angie mima un brindisi verso la nostra amica.
“Col cazzo! Non mi puoi far vivere con questo senso di colpa, tu adesso lo chiami e gli dici la verità” la passività aggressiva (o aggressività passiva?) di Grace non mi dispiace affatto.
“E gli dici anche il resto” aggiungo io, tanto per essere chiari.
“Il resto? Che resto?”
“Beh, per esempio potresti dirgli cosa provi e cos'hai provato quando ti ha baciata descrivendolo con le stesse parole che hai usato con me”
“Tu sei scema”
“Uh! Le voglio sentire anch'io le parole!” Grace smette i panni dell'angosciata cronica per entrare in modalità gossippara.
“E allora spiegagli solo la storia di Dave e digli che il bacio è stato bello, ma sei in un momento difficile e non sai cosa vuoi e ci devi pensare”
“Io non devo pensare a un cazzo”
“Digli che ti manca e basta, no?” suggerisce ancora Gracie.
“Non mi manca”
“Angie, Cristo di un Dio!” mi alzo urlando così forte che quasi mi spavento da sola “Non me ne frega un cazzo di che gli dirai, digli quello che cazzo vuoi, ma tu ora lo chiami, punto. Chiamalo. E la finiamo qui”
“Ok... va bene... Ora lo chiamo! Non c'è bisogno di scaldarsi tanto” Angie finalmente cede, appoggia il bicchiere sul tavolino e prende il cordless che stava proprio lì accanto.
“Oh finalmente!” Grace batte le mani e mi strizza l'occhio.
“E metti in vivavoce”
“A che serve il vivavoce se gli lascio un messaggio in segreteria?” ribatte Angie componendo velocemente il numero a memoria.
“Ahahah seeeee come no!” rido e sfilo il telefono dalle mani della mia coinquilina che pensa di essere tanto furba.
“Che c'è?”
“C'è che sul mobiletto dell'ingresso trovi il numero dell'albergo dove sta Eddie, lo prendi e lo chiami lì, così ci parli” le spiego meglio, visto che fa la finta tonta.
“E metti in vivavoce!” Grace non sta nella pelle ed è ormai seduta sull'orlo del divano.
“Avevano il concerto stasera, secondo voi lo trovo in albergo?” domanda guardandoci entrambe con sufficienza.
“Certo” rispondo tranquilla.
“Solo in camera a soffrire per te” aggiunge Grace.
“E a prendere a pugni il muro”
“Su cui ha appeso una foto di Dave”
“E a ubriacarsi per dimenticare”
“Solo e ubriaco con le nocche doloranti”
“Sì ok, ho capito, avete reso l'idea” Angie allarga le braccia e si allontana verso l'ingresso, tornando con il fantomatico blocchetto.
“Dai chiama, su!” la incita Grace.
“Un attimo... però il vivavoce no”
“Il vivavoce sì” mi spiace, ma su questo non transigo.
“Uff...” Angie sbuffa e fa il numero, osservando più del dovuto il telefono prima di premere invio e far partire la chiamata “Tanto non sarà in camera... Ehm ehm... pronto? Eddie? Sì, ciao, sono io” gli occhi di Angie sono di puro terrore, quelli di Grace sono a forma di cuoricino. I miei, invece, sono fissi sul telefono appoggiato all'orecchio di Angie e individuano il tasto del vivavoce, che viene da me prontamente premuto mentre lei parla.
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Non aveva detto niente musicisti? Beh, anch'io sono un musicista, ma che c'entra? La legge deve essere uguale per tutti, no? Né io né lui, che cazzo. E comunque aveva detto che erano solo amici. Io pensavo fosse in imbarazzo per quanto accaduto, che non sapesse come comportarsi con me, cosa dirmi. Invece era solo che non gliene fregava un cazzo. E va beh, ci può stare. Non sempre si è ricambiati. Anzi, qualcuno, uno scrittore, non ricordo chi, diceva che l'unico vero amore è quello non corrisposto. Bella merda. Comunque, posso accettare di essere ignorato e scaricato, ma non puoi baciarmi e poi non cagarmi di striscio e uscire con un altro senza dirmi un cazzo. Cioè, lo puoi fare, insomma, puoi fare quello che vuoi, non mi devi nulla, non mi hai mai promesso nulla e, anche se lo avessi fatto, avresti ugualmente il diritto di ritrattare e sfancularmi come preferisci. Lo puoi fare, ma non posso fare a meno di essere deluso. Balle. Sono incazzato come una iena e se avessi per le mani quel Dave gli spaccherei la faccia. Anzi, se avessi per le mani chiunque gli spaccherei la faccia. Ecco perché ho pensato bene di prendere un taxi per tornare subito in albergo dopo lo show. Il concerto non è stato male, l'incazzatura è sempre un buon carburante da palco. Abbiamo tirato giù il posto e quella trentina di persone che ci hanno cagato hanno visto uno spettacolo che non dimenticheranno tanto facilmente. Angie invece ci ha messo poco più di un giorno per dimenticarmi. Io quanto ci metterò a scordarmi di lei? E delle sue labbra? E della maniera deliziosa in cui bacia? E dei piccoli scatti delle sue palpebre chiuse che ho sbirciato mentre ci baciavamo? E di come mi stringeva? Dio, ma ti senti?! Svegliati! Non ti ha più richiamato ed è uscita con un altro, non ti basta per capire che te la devi levare dalla testa?
Il trillo gracchiante del telefono mi fa sussultare sul letto. Sarà Jeff che vuole sapere se sono arrivato sano e salvo. Mi metto a sedere e sollevo la cornetta.
“Sì pronto”
“Pronto?” mi fa lei dopo essersi schiarita la voce.
Lei.
Cazzo.
“Angie. Sei tu.”
“Eddie? Sì, sono io” lo so che sei tu, non era una cazzo di domanda.
“Non ci posso credere, allora esisti, cominciavo a pensare fossi solo un'entità astratta”
“Eheh sì, scusami, è che sono stata un po' incasinata, tra il viaggio e il resto”
“Sì, mi hanno detto dei tuoi impegni” rispondo freddamente, o meglio, cerco di essere freddo, ma probabilmente risulto soltanto inacidito.
“Insomma, quando potevo chiamarti pensavo non fosse il momento adatto e quando arrivava il momento giusto, non avevo mai tempo o ero troppo stanca. Sono imperdonabile”
“Fa niente” se devi chiamarmi per dirmi che ti sei messa con un altro, puoi anche evitare del tutto. Sicuramente mi sta chiamando per quello. Grace deve averle detto della nostra conversazione e lei ora si è sentita in dovere di chiarire le cose. Ma non c'è niente da chiarire, mi sembra tutto piuttosto limpido.
“Scusami”
“Ho detto che non fa niente!” ribadisco forse con troppa veemenza, visto che Angie non parla più per lunghissimi secondi.
“Grace mi ha detto che hai chiamato anche stasera e mi sono decisa. Adesso o mai più. Non pensavo di trovarti in albergo a quest'ora”
“Infatti sei impegnata anche adesso, mi pare”
“P-perché?”
“Il vivavoce”
“Ah! No, è che sto sistemando un po' la mia camera, mi sto preparando per andare a letto. Come... come va? Com'è andato il concerto?” in un'altra situazione l'idea di lei in un letto mi avrebbe fatto un effetto totalmente diverso.
“Bene”
“Bene nel senso che tu stai bene o che il concerto è andato bene?”
“Tutt'e due” sto una meraviglia.
“Bene!”
“Bene, già”
Altro silenzio.
“E'... è per caso un brutto momento?”
“No. Perché?” è un momento bellissimo, il più bello della mia vita.
“Boh, così... sei di poche parole”
“L'hai scoperto adesso? Eri un po' distratta a quanto pare” d'altronde perché avresti dovuto prestarmi attenzione se non ti interesso neanche un po'?
“No, ero molto attenta invece. E comunque non è tanto il numero di parole, quanto come le dici” insomma, vuole proprio sentirmi dire che sono geloso e che mi ha spezzato il cuore. Non possiamo limitarci a fare finta di niente, come ha fatto lei per quasi tre giorni?
“Perché, come le dico?”
“Non lo so... sei strano... forse sei stanco”
“Sì, può essere, i concerti sfiancano, una volta che ti scende l'adrenalina crolli” ma io l'adrenalina ce l'ho ancora a mille, potrei prendere e tornare a Sacramento a piedi e poi tornare qui e sarei ancora carico. Potrei arrivare fino a Seattle e prendere a calci in culo Grohl, sempre con gli stessi piedi.
“Eheh è vero. Che poi non è tanto diverso da quando il concerto lo guardi. Stasera ne ho visto uno e sono praticamente ko” ed eccola che cerca di portarmi sull'argomento prendendola larghissima.
“Ah sì, sei andata a un concerto?” decido di andarle dietro, dopotutto via il dente via il dolore, no? Prima dice quello che mi vuole dire e prima chiudiamo questa assurda telefonata. Però mi mancava sentire la sua voce...
“Sì! Mi sono divertita un sacco, ma me ne ricorderò la prossima volta che qualcuno mi proporrà di pogare” dopotutto non è mica colpa sua se non le piaccio. Però non posso evitare di farmi salire il sangue al cervello pensandola nel moshpit insieme a quello stronzo.
“Che gruppo sei andata a vedere?” cambiamo discorso, che è meglio.
“Una band tutta al femminile, sono fortissime! Tra l'altro sono di San Diego, sicuro che le conosci. Si chiamano L7”
“Certo che le conosco, sono vecchie amiche! Ci ho suonato anche assieme con la mia vecchia band” io sono in California e loro sono a Seattle, ironia della sorte.
“Lo so, me l'ha detto la bassista”
“Hai conosciuto Jennifer? Aspetta, tu che vai a socializzare con una band? Dovevi essere proprio in buona stasera” la parentesi sulle mie vecchie conoscenze non mi fa dimenticare che si è messa con un altro.
“Diciamo che sono stata obbligata, praticamente era il motivo stesso per cui sono uscita”
“Obbligata?”
“Sì, Dave è venuto a pregarmi in ginocchio alla tavola calda” e me lo dici pure? Come se non mi fosse bastata la scena della pseudo-serenata dell'altra volta...
“E non gli hai saputo dire di no...”
“Mi ha incastrata! Praticamente lui e Jennifer si stanno frequentando, anche se non ufficialmente, insomma, sono usciti qualche volta. Lei è impegnata con la band e non si sta facendo sentire e lui non vuole starle addosso, però allo stesso tempo vuole vederla di più. Quando ha saputo che avrebbero suonato all'Off Ramp, ha pensato che doveva assolutamente andare al concerto, ma se si fosse presentato da solo avrebbe fatto la figura del tipo assillante, almeno, così la pensava lui. E voleva evitarsi l'umiliazione di non essere cagato, nel caso lei si fosse mostrata poco interessata, perché lui non aveva idea di cosa pensasse lei in quel momento, dato che non si sentivano più come prima. Insomma, morale della favola: ha chiesto a un po' di gente di accompagnarlo per non dare nell'occhio” Angie parla a raffica e io non ci sto capendo niente, o meglio, ho capito quello che dovevo capire, ma ho quasi paura a chiederle ulteriori spiegazioni che potrebbero farmi incazzare di nuovo.
“Dave e Jennifer?”
“Sì, si frequentano. E secondo me sono una bella coppia”
“Ed è andato al concerto con un po' di gente, tra cui tu...”
“Beh, in realtà Kurt l'ha paccato perché doveva uscire con una ragazza. Chi se lo piglia uno così insopportabile non ne ho idea, ma tant'è. Krist è fuori città. Calcola che non conosce ancora molte persone qui, perciò restavamo io e il suo coinquilino. Mi sono portata dietro anche Brian della tavola calda per fare numero. Se avessi saputo che quel coglione poga coi gomiti alti non lo avrei invitato!”
“Quindi non eravate da soli?”
“No, fortunatamente Brian ha avuto la sfiga di andare a pestare i piedi al tipo sbagliato, che gli ha fatto passare la voglia...”
“No, intendo tu e Dave. Io... io pensavo... cazzo, mi sento un perfetto idiota, scusami” perché lo sono, sono un idiota, un coglione.
“Io e Dave?”
“Pensavo fossi uscita con lui. Pensavo stessi con lui. Di nuovo” non so come ma mi ritrovo in piedi accanto al letto.
“Ahahahah ma figurati!”
“Ma che ne so, Grace ha detto-”
“Grace ha tratto delle sue conclusioni sbagliate. Oppure hai capito male”
“Ma no, sono io che ho capito male, non ho capito proprio un cazzo. Non capisco mai un cazzo, specialmente quando si tratta di te, Angie” sono ancora incazzato? Sono felice? Sono confuso? Boh, non lo so nemmeno io.
“Che... che vuoi dire?”
“Voglio dire... Insomma, non ti sei fatta più sentire dopo che... E poi Grace mi dice che sei uscita con quello... Ho pensato che non ne volessi più sapere, ecco”
“Che non ne volessi più sapere di cosa?”
“Di me” di chi se no?
“Ahahah e perché?” ma perché è così difficile parlare con questa ragazza?
“Boh non lo so... Magari per quello che è successo l'altra mattina, prima che partissi...”
“Eddie... non ti preoccupare. Non è successo niente, stai tranquillo, ok?”
Niente? Come niente? Che cazzo dici? Meglio risedersi sul letto.
“Beh, proprio niente non direi...”
“Va beh, facciamo finta che non sia successo niente, no?”
Ma col cazzo!
“Non mi sembra fattibile, Angie”
“E allora facciamo che è successo, ma che ce lo dimentichiamo, ok?” continua nervosa, ostentando determinazione.
“Perché, tu riesci a dimenticarlo? Io non penso ad altro da quando sei andata via” le confesso e mi pare di sentire uno strano rumore subito dopo, come un gemito, un miagolio strozzato.
“Non... non lo so, Eddie”
“Io so di aver sbagliato, non me lo perdonerò mai”
“Non è grave, sei tu che la stai ingigantendo. Ti ripeto che per me non è successo niente”
“L'altra mattina, alla stazione dei pullman, non avrei mai dovuto baciarti”
“Appunto”
“Avrei dovuto farlo molto prima”
“Eddie non... eh?”
“In tre giorni avrei potuto baciarti mille volte e non l'ho fatto perché sono un cagasotto. Ma anche prima, ne ho avute di occasioni. Dovevo baciarti quando eravamo sullo Space Needle, con quel panorama coi controcazzi. O sul tetto di Pike Place. O mentre ti specchiavi provando quel cappello rosso e non mi guardavi ed eri così bella. Oppure sul portico di Crowe a Capodanno, quando mi raccontavi di Schopenhauer, dei ricci e di Woodstock e sapevi di arancia e sarei rimasto ad ascoltarti per ore”
“Anche perché eri fatto” commenta lei e se s'illude di spezzare il discorso si sbaglia di grosso.
“No, in quel momento non ancora. Comunque avrei potuto anche darti un bacio assieme alla cioccolata, quella volta che sei scesa al mini market in pigiama per comprare gli assorbenti e ti vergognavi. O quando mi hai sorpreso da solo alla galleria e mi hai portato da mangiare, mentre io mi sarei accontentato di divorarti di baci. Per non parlare di quando ho dormito da te e mi sono svegliato tra le tue braccia e invece di svegliarti con un bacio, come si addice alle principesse, ti ho preso per una spalla e ti ho scrollato un po'. Che coglione!”
“Eddie non... Forse non dovremmo parlarne al telefono, cioè...”
“Lo so, lo so, è per questo che dico che ho sbagliato. Perché se lo avessi fatto prima avremmo avuto tempo per parlarne, invece ora dobbiamo aspettare finché non torno a Seattle e io non ce la faccio perché vorrei farlo ora. Ti vorrei qui, ora. Anche senza parlare”
“Io... Io non so cosa dire, Eddie”
“Non dire niente, ti ho detto che va bene anche senza parlare, no?”
“Eheh stiamo zitti al telefono?”
“Sì. Lo sai che sono un tipo di poche parole”
“Lo so bene”
E che voglio stare zitto al telefono solo con te e con nessun altra? Sai anche questo?
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yomersapiens · 6 years
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Devo ricordarmi di precisare alla fine di ogni post che comunque NO MA STO BENE perché poi pare sempre io sia triste e preso male invece manco per il cazzo solo che quando ti metti giù ad estrarre i pensieri e c’hai qualche anno in più non è che l’estrazione porta fuori solo cose allegre anzi, porta dietro tutta una serie di dolori che lasciamo stare, penso sia normale, solo che mi dimentico che quando pubblichi qualcosa poi qualcuno lo leggerà, tipo qualche tempo fa dopo che avevo scritto una roba presa male mi ha chiamato un’amica per chiedermi di andare a bere un caffè e durante l’incontro mi dice “se non stai bene puoi chiamarmi io ci sono” e io stavo raccontando di quanto mi sto divertendo a giocare al nuovo Zelda che è la cosa più bella che mi poteva capitare negli ultimi tempi correre e ammazzare gli orchetti. Poi ho capito, aveva letto e pensato stessi male. Ma no che non sto male, cioè sto male come stiamo male tutti, chi è che non sta male? Solo perché ne scrivo non vuol dire che questo male controlli la mia vita. Un pochino solo. Ma per questo esiste Zelda e andare fuori a bere con gli amici. Quindi, ogni volta che scriverò qualcosa di anche solo lontanamente triste da adesso in poi aggiungerò un sigillo che spiega come mi sento in realtà.
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As It Is - I Went to Hell and Back, traduzione testi
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Adesso la vita è noiosa, scriviamo una storia in cui non diventiamo mai grandi
Fino alle quattro del mattino a cantare a squarciagola i New Found Glory
(da: I Miss 2003)
1. As It Is – IDGAF, traduzione
IDGAF
   Chiudo gli occhi e incrocio le dita che non mi sveglio più
Perché non voglio morire davvero
Ma in realtà non me ne frega un cazzo
   La mia mente è stata in posti in cui nessuna mente dovrebbe andare
Dove finisce un battito, dove il sangue diventa freddo
Perché sono una causa persa, ho passato il limite, sono una bomba a orologeria
Sono davvero stanco di perdere
   Non puoi dimenticare le cose di cui non ti riesci a liberare
E non ti mancheranno mai le cose che non conoscerai mai
Seppelliscimi nei meandri della tua mente
Non c’è problema, non c’è problema
   Chiudo gli occhi e incrocio le dita che non mi sveglio più
Perché non voglio morire davvero
Ma in realtà non me ne frega un cazzo
L’ennesima frase di circostanza: stronzate
Chiedo se sto bene
Dico che deve crollare qualche cazzo di cosa prima che crollo io
   Chiudo gli occhi e incrocio le dita che non mi sveglio più
Perché non voglio morire davvero
Ma in realtà non me ne frega un cazzo
L’ennesima frase di circostanza: stronzate
Chiedo se sto bene
Dico che deve crollare qualche cazzo di cosa prima che crollo io
   Ho il cuore pesante, andrà a fondo come un sasso
Prendi il mio ultimo respiro
Prendimi e portami a casa
Perché sono antrace, sono un incidente, sono una bomba a orologeria
Ho la sensazione che il mondo si stia dimenticando di me
   Non puoi dimenticare le cose di cui non ti riesci a liberare
E non ti mancheranno mai le cose che non conoscerai mai
Seppelliscimi nei meandri della tua mente
Non c’è problema, non c’è problema
   Chiudo gli occhi e incrocio le dita che non mi sveglio più
Perché non voglio morire davvero
Ma in realtà non me ne frega un cazzo
L’ennesima frase di circostanza: stronzate
Chiedo se sto bene
Dico che deve crollare qualche cazzo di cosa prima che crollo io
Qualche cazzo di cosa prima che crollo io
Qualche cazzo di cosa prima che crollo io
Addio, me ne vado
Qualche cazzo di cosa prima che crollo io
Addio, me ne vado
   Chiudo gli occhi e incrocio le dita che non mi sveglio più
Perché non voglio morire davvero
Ma in realtà non me ne frega un cazzo
   Chiudo gli occhi e incrocio le dita che non mi sveglio più
Perché non voglio morire davvero
Ma in realtà non me ne frega un cazzo
L’ennesima frase di circostanza: stronzate
Chiedo se sto bene
Dico che deve crollare qualche cazzo di cosa prima che crollo io
Qualche cazzo di cosa prima che crollo io
Qualche cazzo di cosa prima che crollo io
Addio, me ne vado
Qualche cazzo di cosa prima che crollo io
Addio, me ne vado
       2. As It Is – I Lie to Me, traduzione
Mi racconto le bugie da solo
   Mi racconto le bugie da solo, mi racconto le bugie da solo
Dico che andrà tutto bene, manco fossi davvero così ingenuo
Cerco un po’ di respirare, cazzo, e di prendere un po’ sonno
(Sonno? Che cazzo sarebbe?)
Penso a qualcosa di bello intanto che il mondo in bianco e nero comincia a saturarsi
   Non voglio sentirmi come mi sento
Mi urlo addosso da solo adesso in cerca di una via d’uscita
Non voglio sentirmi come mi sento
Mi urlo addosso da solo adesso
   Mi racconto le bugie da solo, mi racconto le bugie da solo
Dico che andrà tutto bene, manco fossi davvero così ingenuo
   Sto raccontando bugie ai miei demoni per superare le stagioni
Ma non credo che se ne andranno
Stanno seduti sul soffitto
Forse la vista trae in inganno
Ma dentro di me c’è questa sensazione che al massimo diventerò solo più bravo a crederci
   Non voglio sentirmi come mi sento
Mi urlo addosso da solo adesso in cerca di una via d’uscita
Non voglio sentirmi come mi sento
Mi urlo addosso da solo adesso
   Mi racconto le bugie da solo, mi racconto le bugie da solo
Dico che andrà tutto bene, manco fossi davvero così ingenuo
Cerco un po’ di respirare, cazzo, e di prendere un po’ sonno
(Sonno? Che cazzo sarebbe?)
Penso a qualcosa di bello intanto che il mondo in bianco e nero comincia a saturarsi
   Le cose si mettono bene
Le cose si mettono ben incasinate
Le cose si mettono bene
Le cose si mettono ben incasinate
   Mi racconto le bugie da solo, mi racconto le bugie da solo
   Mi racconto le bugie da solo, mi racconto le bugie da solo
Dico che andrà tutto bene, manco fossi davvero così ingenuo
   Non voglio sentirmi come mi sento
Non voglio sentirmi come mi sento
Non voglio sentirmi come mi sento
Mi urlo addosso da solo adesso
Mi racconto le bugie da solo
       3. As It Is – ILY, How Are You?, traduzione
TVB, come stai?
   Dici che va tutto alla grande
Ma in realtà come stai?
Quanto sta facendo schifo la tua giornata?
Guarda che a me lo puoi dire
Sorridi, ma i tuoi occhi urlano “lasciatemi in pace”
Piccole bugie, neanche una nuvola in cielo
Ma piove a dirotto
   Ma piove a dirotto
Ma piove a dirotto
Ma piove a dirotto
   Hai la faccia tutta rossa
Gli occhi che vorrebbero raccontare una storia
E allora dai, togliti questo peso
Non fare il noioso
Sorridi, ma i tuoi occhi urlano “lasciatemi in pace”
Piccole bugie, neanche una nuvola in cielo
   Ma piove a dirotto
Ma piove a dirotto
Ma piove a dirotto
   Sorridi, ma i tuoi occhi urlano “lasciatemi in pace”
Piccole bugie, neanche una nuvola in cielo
   Ma piove a dirotto
Ma piove a dirotto
Ma piove a dirotto
Piove a dirotto
       4. As It Is – IDC, I Can’t Take It, traduzione
VBB, non ce la posso fare
   La speranza è come un faro acceso sullo sfondo
Vorrei che tu non sapessi che quando si spengono le fiamme sarai da solo come una città fantasma
   Non ce la posso fare
Non ce la posso fare
   Un peccatore in fuga
Ma il karma ha tirato fuori gli artigli
Difficile sentire lo sballo quando tocchi terra dopo che ti scende a kamikaze
Non ce la posso fare
   Non me ne frega niente che non me ne frega niente
Non me ne frega niente che non me ne frega niente
E non è giusto che non è giusto
No, non me ne frega niente
Non ce la posso fare
Non ce la posso fare
   Se ne sono già andati tutti da un pezzo
Ti viene proprio da pensare dov’è che hai sbagliato
E difficile levare lo sguardo dall’orologio dell’apocalisse quando sei paziente come una bomba artigianale
Non ce la posso fare
   Beh, di’ un po’ adesso com’è sapere che il tuo mondo è caduto a pezzi
Perché facile pensare che andrà tutto bene
E poi ti torna indietro il boomerang
   Non me ne frega niente che non me ne frega niente
Non me ne frega niente che non me ne frega niente
E non è giusto che non è giusto
No, non me ne frega niente
Non ce la posso fare
Non ce la posso fare
   Non me ne frega niente di cosa dici
Non me ne frega niente di cosa fai
Non me ne frega niente di cosa pensi
Non me ne frega niente se è vero
Non me ne frega niente se te ne vai
Non me ne frega niente se tra di noi è finita
A me non importa
Non me ne frega niente di cosa dici
Non me ne frega niente di cosa fai
Non me ne frega niente di cosa pensi
Non me ne frega niente se è vero
Non me ne frega niente se te ne vai
Non me ne frega niente se tra di noi è finita
A me non importa
   Non ce la posso fare
Non ce la posso fare
Non ce la posso fare
   Non me ne frega niente che non me ne frega niente
Non me ne frega niente che non me ne frega niente
E non è giusto che non è giusto
No, non me ne frega niente
Non ce la posso fare
Non ce la posso fare
Non me ne frega niente che non me ne frega niente
Non me ne frega niente che non me ne frega niente
E non è giusto che non è giusto
No, non me ne frega niente
Non ce la posso fare
Non ce la posso fare
       5. As It Is – I’d Rather Die, traduzione
Preferirei morire
   Hey, quanto tempo che non dormo
Potrei giurare che sono rimasto sveglio tutta la settimana
O forse è tutto un lungo brutto sogno in cui chiedo “quand’è che me ne posso andare?”
Hey, anno nuovo stessa vita
Ancora a fingere per far quadrare i conti
Ancora la mente chiede caffeina per non impazzire ma i battiti non sono d’accordo
(Vi prego, aiutatemi)
   Mi devo alzare, me lo devo dimenticare
Mi sa che mi arrendo, Dio se non ne posso più
   È come se preferissi morire che seguire i miei stessi consigli
Mi faccio a pezzi la mente, trovo un po’ di forza interiore
È come se preferissi morire che seguire i miei stessi consigli
Tentar non nuoce – davvero una stronzata
   Hey, non sto proprio una meraviglia
Mi dici se suono troppo strano?
Mi puoi far passare il dolore, amputare il cervello e cambiare il modo in cui funziono?
Ascolto e coopero
(Grazie, amico)
   Magari sono difettato
Magari mi annoio
Magari penso solo a me stesso
   È come se preferissi morire che seguire i miei stessi consigli
Mi faccio a pezzi la mente, trovo un po’ di forza interiore
È come se preferissi morire che seguire i miei stessi consigli
Tentar non nuoce – davvero una stronzata
   Mi devo alzare, me lo devo dimenticare
Mi sa che mi arrendo, Dio se non ne posso più
Mi devo alzare, me lo devo dimenticare
Mi sa che mi arrendo, Dio se non ne posso più
   È come se preferissi morire che seguire i miei stessi consigli
Mi faccio a pezzi la mente, trovo un po’ di forza interiore
È come se preferissi morire che seguire i miei stessi consigli
Tentar non nuoce – davvero una stronzata
       6. As It Is – I Miss 2003, traduzione
Nostalgia del 2003
   Ultimamente mi sento vecchio e spaesato
E se devo proprio essere sincero, mi manca tutto quello che avevo a sedici anni
Perché adesso mi sento a dir poco infelice
Chiaro che vada così se la scomoda verità è quanto mi manca l’anno che ho nel cuore
   Dimmi che stai bene, perché io non sono okay
Il meglio di me l’ho lasciato nel 2003
   Adesso la vita è noiosa, scriviamo una storia in cui non diventiamo mai grandi
Fino alle quattro del mattino a cantare a squarciagola i New Found Glory
Dimmi che stai bene, perché io non sono okay
Il meglio di me l’ho lasciato nel 2003
   Sono nel mezzo di una crisi
Benvenuti nella mia vita, no, non direi che mi piace
Incredibile come sono diventato stanco e annoiato
Mi ricordo che cantavo The Anthem
I miei amici erano il top, vorrei averlo saputo quando ce li avevo ancora
Perché adesso è un po’ complicato
   Dimmi che stai bene, perché io non sono okay
Il meglio di me l’ho lasciato nel 2003
   Adesso la vita è noiosa, scriviamo una storia in cui non diventiamo mai grandi
Fino alle quattro del mattino a cantare a squarciagola i New Found Glory
Dimmi che stai bene, perché io non sono okay
Il meglio di me l’ho lasciato nel 2003
   Passerei col rosso a tutti i semafori solo per poter riavvolgere il nastro
Torneremo indietro nel tempo
Aspetta che spengo i fari
Magari se chiudiamo gli occhi torneremo indietro nel tempo
Passerei col rosso a tutti i semafori solo per poter riavvolgere il nastro
Torneremo indietro nel tempo
Aspetta che spengo i fari
Magari se chiudiamo gli occhi torneremo indietro nel tempo
   Dimmi che stai bene, perché io non sono okay
Il meglio di me l’ho lasciato nel 2003
   Adesso la vita è noiosa, scriviamo una storia in cui non diventiamo mai grandi
Fino alle quattro del mattino a cantare a squarciagola i New Found Glory
Dimmi che stai bene, perché io non sono okay
Il meglio di me l’ho lasciato nel 2003
       7. As It Is – I’m Sick and Tired, traduzione
Sono davvero stufo
   Ho di nuovo la testa dentro le nuvole fatte a funghi
Sono sveglio e nascosto
Puoi chiudere gli occhi e contare fino a dieci
Ma non mi troverai mai
   Stufo di sentirmi come se tu non mi sentissi
Stanco di urlare se poi tu neanche ti accorgi
Stufo di venire incontro, stanco di perdere
Dici che mi senti, ma non mi senti
   Davvero stufo, e il mondo continua a girare
Sto perdendo la testa?
Mi perdo in mezzo alla folla?
Davvero stufo, e il mondo continua a girare
Sono davvero stufo, e il mondo gira
   Ho di nuovo la testa che mi sembra una gabbia
Si autodistrugge e non rimane niente
Legato al tuo guinzaglio, sono incompleto
Non mi libererai mai
   Stufo di sentirmi come se tu non mi sentissi
Stanco di urlare se poi tu neanche ti accorgi
Stufo di venire incontro, stanco di perdere
Dici che mi senti, ma non mi senti
   Davvero stufo, e il mondo continua a girare
Sto perdendo la testa?
Mi perdo in mezzo alla folla?
Davvero stufo, e il mondo continua a girare
Davvero stufo, e il mondo continua a girare
Sto perdendo la testa?
Mi perdo in mezzo alla folla?
Davvero stufo, e il mondo continua a girare
Sono davvero stufo, e il mondo gira
   Sto perdendo la testa?
   Davvero stufo, e il mondo continua a girare
Sto perdendo la testa?
Mi perdo in mezzo alla folla?
Davvero stufo, e il mondo continua a girare
Davvero stufo, e il mondo continua a girare
Sto perdendo la testa?
Mi perdo in mezzo alla folla?
Davvero stufo, e il mondo continua a girare
Sono davvero stufo, e il mondo gira
Sto perdendo la testa?
Sto perdendo la voce?
Sto perdendo il cuore?
Sto perdendo la scelta?
       8. As It Is – I Want to See God, traduzione
Voglio vedere Dio
   Non vedo la luce
Non vedo la luce
Non vedo la luce
   Voglio vedere Dio, sennò meglio cieco
Voglio fare a pezzi la vostra religione fatta di dolore e bugie
Voglio assaporare il sangue di un crimine innocente
Voglio vedere Dio, sennò meglio cieco
   Non vedo la luce
Non mi sento vivo
Non penso che io e i miei pensieri dovremmo rimanere da soli stanotte
Non vedo la luce
Non mi sento vivo
Non penso che io e i miei pensieri dovremmo rimanere da soli stanotte
   Ho qua dei fiammiferi e una pessima idea nel cervello
E sulla punta della lingua ho il sapore del tuo nome
Stiamo bene insieme, come la benzina e una fiamma
Ho qua dei fiammiferi e una pessima idea nel cervello
E sulla punta della lingua ho il sapore del tuo nome
Stiamo bene insieme, come la benzina e una fiamma
Diamoci fuoco, diamoci fuoco, fuoco, fuoco
   Non vedo la luce
Non mi sento vivo
Non penso che io e i miei pensieri dovremmo rimanere da soli stanotte
   Non vedo la luce
Non mi sento vivo
Non penso che io e i miei pensieri dovremmo rimanere da soli stanotte
Non vedo la luce
Non mi sento vivo
Non penso che io e i miei pensieri dovremmo rimanere da soli stanotte
   Diamoci fuoco, diamoci fuoco, diamoci fuoco, fuoco, fuoco
       9. As It Is – In Threes, traduzione
A gruppi di tre
   Il fuoco dentro la mia testa si è spento
Non me ne frega un cazzo se va in fiamme la casa
Mi vado a seppellire nel letto e aspetto che finisca la festa
Non sono dell’umore giusto per venirci adesso
   Caccio dentro tutti i miei problemi e alla fine li sento che scottano nel cervello
Non riesco a distinguere il dolore dal piacere, ma so che non sono la stessa cosa
Accendo tutte le candele come se fosse ora di festeggiare
E aspetto che i miei problemi se ne vadano da soli
(Spengo la fiamma)
   Il tormento non dorme, muore dalla voglia di riprendersi quello che mi ha dato
Le tragedie arrivano a gruppi di tre – apatia di terzo grado
   Credo di stare imparando a sperare, oh, no
O forse solo imparando a conviverci, no
La cucina si riempie di fumo
Respiro ma soffoco e basta
So che ci potrei provare ma non lo faccio, no
   Caccio dentro tutti i miei problemi e alla fine li sento che scottano dentro il cervello
Non riesco a distinguere il dolore dal piacere, ma so che non sono la stessa cosa
Accendo tutte le candele come se fosse ora di festeggiare
E aspetto che i miei problemi se ne vadano da soli
   Il tormento non dorme, muore dalla voglia di riprendersi quello che mi ha dato
Le tragedie arrivano a gruppi di tre – apatia di terzo grado
Il tormento non dorme, muore dalla voglia di riprendersi quello che mi ha dato
Le tragedie arrivano a gruppi di tre – apatia di terzo grado
   Intrappolato nell’inferno della mia mente quando faccio un passo fuori
Mi sento smarrito tutto il tempo
Seppellisco vivi i miei sentimenti
Tutto ha un prezzo: o vinco o muoio
Se riesco solo a stare a letto perché è dura sopravvivere facendo questa vita
E la morte è un po’ una stronza, per cui mi defilo e metto da parte l’orgoglio, oh, no
   Il tormento non dorme, muore dalla voglia di riprendersi quello che mi ha dato
Le tragedie arrivano a gruppi di tre – apatia di terzo grado
Il tormento non dorme, muore dalla voglia di riprendersi quello che mi ha dato
Le tragedie arrivano a gruppi di tre – apatia di terzo grado
Le tragedie arrivano a gruppi di tre – apatia di terzo grado
       10. As It Is – I Hate Me Too, traduzione
Anch’io mi odio
   Non voglio aver ragione, ma so che è vero
Sono morto dentro, mi odio pure io
Adesso so cosa vuol dire essere come te
Sì, mi odio pure io
   Perché sono d’accordo con l’Internet ultimamente?
Probabilmente è perché sono un po’ come loro: mi odio di brutto, cazzo
   Spero proprio che tu sia soddisfatta
Non sapevo di potermi sentire così triste dentro
Te li puoi tenere i tuoi alibi
Mi hai solo lasciato da solo come un satellite
   Non voglio aver ragione, ma so che è vero
Sono morto dentro, mi odio pure io
Adesso so cosa vuol dire essere come te
Sì, mi odio pure io
Mi odio, mi odio
Sì, mi odio pure io
Mi odio, mi odio
Sì, mi odio pure io
   Perché mi sto sentendo un po’ come il nemico ultimamente?
Probabilmente è perché lui è un po’ come me, già, nel modo peggiore
   Tu di’ che ti ricorderai di me
Un angolino remoto della tua memoria
E quando ti puoi risparmiare l’empatia, sulla mia foto disegnaci sopra una versione di me migliore
   Non voglio aver ragione, ma so che è vero
Sono morto dentro, mi odio pure io
Adesso so cosa vuol dire essere come te
Sì, mi odio pure io
Mi odio, mi odio
Sì, mi odio pure io
Mi odio, mi odio
Sì, mi odio pure io
Sì, mi odio pure io
   Vedo rosso, ma sono di umore nero
Inondo questi cieli di città con mood violenti
   Spero proprio che tu sia soddisfatta
Non sapevo di potermi sentire così triste dentro
Te li puoi tenere i tuoi alibi
Mi hai solo lasciato da solo come un satellite
   Non voglio aver ragione, ma so che è vero
Sono morto dentro, mi odio pure io
Adesso so cosa vuol dire essere come te
Sì, mi odio pure io
Mi odio, mi odio
Sì, mi odio pure io
Mi odio, mi odio
Sì, mi odio pure io
       11. As It Is – I’m Gone, traduzione
Non ci sono più
   Andato
Che brutto vedere questo momento in cui ci troviamo scomparire nel buio
   Ho il cuore sempre più pesante
E cola a picco sul fondo di un brutto sogno
E non c’è niente che tu possa fare che mi possa salvare ormai
Per cui è meglio se ti dimentichi di me, perché io non ci sono più
   Dormirò per tutta la durata dell’incubo o mi sveglierò e tu non ci sarai?
Non voglio svegliarmi stavolta
Sto sognando in silenzio oppure urlando aggrappato a una speranza che non c’è più?
   Rimani qui, non lasciarmi in questo stato di dolore continuo
Fa male più di quanto le parole possano dire
Lo sai che non sono mai pronto quando è ora di andare
Per cui non dirmi che è finita
Finisco sempre risucchiato dalla risacca, che mi trascina un po’ più giù
Perché non ci sono più
   Dormirò per tutta la durata dell’incubo o mi sveglierò e tu non ci sarai?
Non voglio svegliarmi stavolta
Sto sognando in silenzio oppure urlando aggrappato a una speranza che non c’è più?
   Dormirò per tutta la durata dell’incubo o mi sveglierò e tu non ci sarai?
Non voglio svegliarmi stavolta
   Dormirò per tutta la durata dell’incubo o mi sveglierò e tu non ci sarai?
Non voglio svegliarmi stavolta
Sto sognando in silenzio oppure urlando aggrappato a una speranza che non c’è più?
Dormirò per tutta la durata dell’incubo?
Dormirò per tutta la durata dell’incubo?
Non voglio svegliarmi stavolta
Sto sognando in silenzio oppure urlando aggrappato a una speranza che non c’è più?
       12. As It Is – I Die 1000x, traduzione
Muoio 1000x
   Ogni giorno muoio mille volte
Non c’è più un posto in cui nascondermi dentro la mia mente
   Faccio un respiro, perdo sangue
Questi pensieri sono assordanti
Ultima pagina, via d’uscita, qui e ora
   Perché io sono chi ho ferito
E il modo in cui imploro da te una seconda occasione che non mi merito
No, sono una nullità
   Ogni giorno muoio mille volte
Non c’è più un posto in cui nascondermi dentro la mia mente
Voi seppellitemi vivo, così posso volare
Che sarà mai un’altra notte se ogni giorno muoio mille volte?
   Mi sono svegliato, sono caduto
La tua mano era tesa verso di me
Ma vedo benissimo che non vuoi aiutare
Adesso mi ripeto “usa la testa, non crollare”
Tu dimmi quello che voglio sentirmi dire, cazzo
Che in realtà non mi vorresti nemmeno tra i piedi
Che son qua che resisto ma fin dall’inizio tu staresti meglio senza di me
   Ogni giorno muoio mille volte
Non c’è più un posto in cui nascondermi dentro la mia mente
Voi seppellitemi vivo, così posso volare
Che sarà mai un’altra notte se ogni giorno muoio mille volte?
   Faccio un respiro, perdo sangue
Questi pensieri sono assordanti
   Ogni giorno muoio mille volte
Non c’è più un posto in cui nascondermi dentro la mia mente
Voi seppellitemi vivo, così posso volare
Che sarà mai un’altra notte se ogni giorno muoio, ogni giorno muoio?
Seppellitemi vivo, così posso volare
Che sarà mai un’altra notte se ogni giorno muoio, ogni giorno muoio?
       13. As It Is – I Can’t Feel a Thing, traduzione
Non provo più niente
   C’è un inferno
Una tremenda e spietata maledizione attiva in tutti quelli che vedo
   È come se il sole fosse la notte
È come se la lune fosse la luce
È come se stessi perdendo la battaglia
È come se fossi già morto
   Stringimi tra le tue braccia e donami amore e dolore
Tanto sembrano sempre la stessa cosa
   Non provo più niente
Non provo più niente
Il tuo silenzio è un urlo
Il tuo dolore è assordante
Ma io non provo più niente
   Per cui dammi il peccato, dammi la polvere
Dammi quello che merito
Dammi l’inferno, dammi il dolore
Dammi il peggio che hai
   Stringimi tra le tue braccia e donami amore e dolore
Tanto sembrano sempre la stessa cosa
   Non provo più niente
Non provo più niente
Il tuo silenzio è un urlo
Il tuo dolore è assordante
Ma io non provo più niente
   È come se fossi già morto
È come se fossi già morto
   Non provo più niente
Non provo più niente
Il tuo silenzio è un urlo
Il tuo dolore è assordante
Ma io non provo più niente
Non provo più niente
Non provo più niente
       14. As It Is – I Went to Hell and Back, traduzione
Il mio viaggio all’inferno: andata e ritorno
   Dimmi che andrà tutto bene
   Mi sento a mio agio quando mi sento più giù di quanto vorrei ammettere
Sono andato e tornato dall’inferno perché il paradiso era troppo lontano
Massì, questa sensazione mi fa sentire che non ne vale per un cazzo la pena di provare questo dolore
Perché tu hai detto che domani sarebbe andata meglio, ma l’hai detto ieri
   Dimmi che andrà tutto bene
   Mi sento a mio agio quando mi sento solo, quando mi sento freddo e grigio
Ho fatto uno sforzo, ho fatto una promessa, ho fatto un grande errore
E cerco di nasconderlo, eppure mi ritrovo a non ritrovare la strada
Copro lo specchio finché non mi fa vedere una persona che posso guardare in faccia
   Ti prego, dimmi che andrà tutto bene
Accetto che infrangi la promessa, puoi dirmi delle bugie
E non ti devi preoccupare se non chiedi perché
Tu dimmi che andrà tutto bene
   Mi sento a mio agio quando mi sento più giù di quanto vorrei ammettere
Mi sento a mio agio quando mi sento più giù di quanto vorrei ammettere
   Ti prego, dimmi che andrà tutto bene
Accetto che infrangi la promessa, puoi dirmi delle bugie
E non ti devi preoccupare se non chiedi perché
Tu dimmi che andrà tutto bene
   Mi sento a mio agio quando mi sento più giù di quanto vorrei ammettere
Hai detto che domani sarebbe andata meglio, ma l’hai detto ieri
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[INTERVISTA] J-Hope, membro del fenomeno K-Pop dei BTS, ha la sua storia da raccontare sul suo nuovo mixtape da solista
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“Permettete a J-Hope di presentarsi – e di accoglierci nell’ ‘Hope World’, il mixtape con cui la superstar del K-Pop debutta come solista. J-Hope, 24 anni, il suo vero nome Jung Hoseok, è uno dei sette membri dei BTS, una delle boyband più popolari al mondo. Ma il rilascio del suo progetto indipendente non vuole assolutamente significare la fine del regno dei BTS. Infatti è il terzo membro del gruppo a far uscire un mixtape da solista, regalando all’esercito dei loro fan da tutto il mondo un assaggio della propria visione artistica – senza fratturare l’unità della boyband.
“Il gruppo ha sempre la precedenza, quindi mi sono concentrato sui progetti dei BTS e ho provato a ritagliare del tempo in camera in hotel, in aereo, e ogni volta in cui avevo qualche minuto libero”, dice sul processo, durato due anni, di sviluppo di ‘Hope World’, che egli considera come “il mio biglietto da visita al mondo”.
Meglio conosciuto nei BTS per il suo rap e per il suo passato come street dancer competitivo, la giovane star è stata scoperta dal CEO e fondatore della BigHit Entertainment Bang Sihyuk grazie alle sue movenze decise. Con ‘Hope World’ egli modella la propria voce, creando una serie di canzoni che i fan della musica rap e di quella pop possono apprezzare anche se non capiscono una parola di coreano. Il mixtape si apre con un’avventura ispirata da Jules Verne che ci immerge nelle sue riflessioni personali sulla fama e sul successo, inni di positività e tracce allegre, tutte strutturate su un mix di trap accattivante fin dall’inizio, dance e beat tropicali. J-Hope condivide, in esclusiva con TIME, le storie che stanno dietro questa raccolta di tracce da solista, i cui significati profondi – nonostante le differenze linguistiche – sicuramente non si perdono nella traduzione.
-DOMANDA- Perché hai voluto rilasciare un mixtape? Che cosa lo distingue dalla musica dei BTS?
JH: Il mio desiderio è sempre stato quello di girare un video musicale ed esibirmi con la musica che io stesso ho creato. Volevo anche esprimere la mia storia attraverso la musica e condividerla con il mondo. Il fatto che [i membri dei BTS] RM e Suga abbiano rilasciato i loro mixtape in passato mi ha motivato nel mio progetto personale. Essi mi hanno profondamente influenzato e continuano a farlo, dal giorno in cui abbiamo iniziato fino a dove siamo oggi, e io ho sempre pensato che il fatto che stessero raccontando le loro storie personali e facendo musica nel loro stile fosse qualcosa di fantastico. All’inizio io ho danzato, ma ho capito che potevo anche raccontare la mia esperienza attraverso la musica.
-DOMANDA- Ci sono elementi di trap, EDM, beat caraibici e funk-soul futuristico mescolati insieme in tutto il mixtape. Ma soprattutto, tu chiaramente interpreti tutte le forme del rap. Quali artisti e quali suoni ti hanno ispirato di più?
JH: In realtà io non mi preoccupo di faccende come “ho intenzione di adottare questo stile di rap in questo tipo di genere” mentre lavoro. Ho scelto e ho creato i miei beat in base a cosa mi si addice, a cosa mi ha attratto e a cosa mi sembrava giusto. Il modo in cui lavoro è molto impulsivo, e scrivo rap e compongo musica per come me li sento in quel momento. Per questo mixtape mi sono ispirato ad artisti come KYLE e Aminé. Devo menzionare anche la forte influenza di Joey Bada$$. Questi sono tutti artisti che rispetto fortemente e con cui mi piacerebbe lavorare in futuro.
-DOMANDA- La prima canzone, “Hope World”, si apre con il rumore dell’acqua in sottofondo. Anche il testo accenna al trovarsi sotto il mare. Di che cosa parla questo viaggio?
JH: Mi ricordo di essere stato catturato da “20.000 leghe sotto i mari” di Jules Verne quando l’ho letto da bambino. Penso di essere ritornato a quel momento per trovare l’ispirazione e i ricordi che sono riaffiorati li ho presi come incentivo per iniziare a scrivere Hope World. Si tratta di una mia presentazione per le persone che non hanno mai sentito parlare di me, proprio come nel libro il Capitan Nemo descriveva il sottomarino che viaggiava in tutti gli oceani del mondo. So che suona smielato ma vi invito a fingere di essere il professor Aronnax mentre ascoltate questa canzone e viaggiate attraverso il mio mondo (*ride).
-DOMANDA- Che cosa vuol dire essere un “Piece of Peace” - che è anche il titolo di una delle canzoni?
JH: Ho pensato che sarebbe stato immensamente significativo per me se fossi diventato, come dice il mio nome, una speranza per qualcuno nel mondo — non un’immensa fonte di pace, solo un piccolo frammento. Ho cominciato pensando “sarebbe fantastico diventare parte integrante della speranza di qualcuno attraverso la musica” e mentre lavoravo sui beat ho pensato al tipo di messaggio che avrei potuto diffondere alla mia generazione che al momento vive con molte preoccupazioni e difficoltà da affrontare. Volevo parlare della pace anche se sapevo che si tratta di un argomento pesante e ho aggiunto “pt.1” al titolo perché voglio continuare a discuterne [in futuro].
-DOMANDA- Le voci degli altri membri dei BTS appaiono in “Airplane”. Hanno contribuito in altri modi?
JH: È stato così speciale. Sentivo come se il coro per “Airplane” fatto da tutti i membri dei BTS con cui ho affrontato e affronto questo viaggio avrebbe dato vita ad una canzone ancora più toccante. Inizialmente ho chiesto al nostro membro e mio amico RM di occuparsi del preritornello della canzone. Ha accettato e ha lavorato davvero duramente alla canzone ma alla fine continuavamo a parlarne e siamo stati d’accordo nel constatare che costruire il preritornello con solo la mia voce e terminare la canzone in questa maniera avrebbe creato un impatto più profondo. Ero della stessa idea anche io quindi sfortunatamente la voce del nostro leader è dovuta rimanere nello studio. Voglio cogliere questa occasione per ringraziare ancora una volta RM e tutti i membri. Ho il coro del gruppo e il rap di RM sul mio telefono e non vedo l’ora di avere l’occasione di caricarli sui social e condividerli con tutti!
-DOMANDA- Inoltre in “Airplane” verso la fine liquidi i tuoi hater dicendo: “Non me ne frega un cazzo, sono solo felice / ce l’ho fatta”. Al momento senti di avercela fatta in quanto artista?
JH: Penso che “farcela”, come hai detto tu, significhi cose diverse per persone diverse. Ero a bordo di un aereo quando ho scritto queste frasi, oltretutto sedevo in prima classe e in quel momento ho realizzato che ero in un aereo, in quel posto a sedere e stavo vivendo la gloriosa vita che quando ero più piccolo potevo solo sognare e a cui ora mi sono in qualche modo abituato. Ma adesso sono la stessa persona che ero una volta, lo stesso j-hope. I miei pensieri riguardo la vita non sono cambiati molto ma il mio mondo ha attraversato cambiamenti incredibili. Credo che sia stata l’esperienza di stare con i fan di tutto il mondo e poi tornare sul suolo coreano che mi abbia fatto pensare “Credo di avercela fatta…”. La gioia che sto vivendo ora e l’incredibile amore che sto ricevendo è ciò che considero il mio successo.
-DOMANDA- “Base Line” è una traccia rap molto intensa in cui la tua voce si fa spazio tra suoni di dischi graffiati. Cosa significa per te questa canzone? Qual è la tua “linea base”?
JH: Sinceramente non mi aspettavo molto da questa canzone. La vedevo come un intermezzo tra le altre canzoni ed ero molto rilassato mentre la scrivevo. Poi però ho sentito la base mixata della traccia e mi ha lasciato senza fiato. Potrebbe essere sconvolgente solo per me [ride]. Volevo solo condividere la storia di come ho scelto la “linea base” della mia vita. Le persone non sanno veramente come sono entrato nel mondo della musica. Ultimamente la linea base della mia vita è la mia profonda gratitudine nei confronti della vita stessa e del mio lavoro. Anche nel testo è presente questo aspetto. Tutto quello che sono deriva da questa profonda gratitudine.
-DOMANDA- “Daydream” sembra una canzone particolarmente personale ma ha anche un ritmo su cui ballare. Che storia racconta?
JH: Le persone mi conoscono e so di essere un personaggio pubblico. Volevo mostrare che dietro a questo personaggio c’è Jung Ho-seok, un ragazzo comune. Volevo usare questa canzone per parlare dei desideri che ogni persona di questo mondo ha ma mi sono dovuto contenere e ho dovuto mascherare l’argomento a causa della linea che avevo scelto per il mio lavoro. “Daydreaming” è sognare ad occhi aperti cose che generalmente sono fuori dalla nostra portata ma nonostante questi sogni possano non diventare mai realtà metterli in ordine nella mia testa mi dà conforto. Ho pensato che affrontando questo tema nella maniera sbagliata il mio lavoro sarebbe risultato troppo pesante così ho voluto unirlo a qualcosa di divertente e movimentato.
-DOMANDA- Ora sei il terzo membro dei BTS ad avere pubblicato un mixtape dopo RM e Suga. Chi sarà il prossimo?
JH: Prima di tutto questa opportunità di creare un mixtape è un grande onore. Tutti i membri sono interessati a creare qualcosa di creativo e hanno una profonda passione per la musica quindi non mi sorprenderei se chiunque tra loro pubblicasse un mixtape. Ora siamo tutti focalizzati sul nuovo album dei BTS. Ci lavoriamo sempre e creiamo nuove cose. Spero possiate continuare a mostrarci il vostro amore e che rimaniate con noi in questa nostra emozionante avventura.”
Traduzione a cura di Bangtan Italian Channel Subs (©CiHope, ©lynch, ©Cam) | ©Time
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