Tumgik
#potrebbe farlo meglio eh
der-papero · 1 month
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Adoro come mi guarda la Mami quando sistemo i casini che le combina l'elettricista, è uno sguardo del tipo
almen 'sta laurea è servut a coccos ❤️
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soldan56 · 5 months
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- Zia Giorgia?
- Sì?
- È vero che tu governi il Paese?
- Io e altre persone, sì.
- È difficile?
- Molto. Certi giorni però è anche bello. Per esempio domani inauguro a Roma una mostra su Tolkien.
- Chi?
- Non conosci Tolkien? Ma, tesoro mio, è uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. L’autore del Signore degli Anelli, il mio romanzo preferito. Un libro che mi ha cambiato la vita.
- Perché?
- Perché ha influenzato la mia persona e definito quelli che oggi sono i miei ideali politici.
- E di che parla?
- È una grande storia. Un’epica fatta di onore, coraggio, fratellanza e cameratismo. Vedi, c’è questo piccolo gruppo di impavidi che deve sconfiggere un esercito molto più numeroso e attrezzato.
- Come i partigiani?
- Eh no! No cazzo! Non come i partigiani!
- …
- Scusa, io… scusami, non so che m’è preso. Mi spiego meglio: c’è questo manipolo di combattenti che muovendosi fra i boschi…
- Come i partigiani.
- No! Non sono come i partigiani! Sono diversi! Sono una compagnia, un pugno d’uomini, una… una…
- Brigata?
- Una squadra! Una squadraccia! La squadraccia dell’anello. Tosti, gagliardi, virili! Aragorno, Gimlio, Legolazzo!
- E che fanno?
- Fanno la marcia su Rohan.
- La che?
- Non importa. Ti basti sapere che questi sono uomini d’altri tempi, individui tutti d’un pezzo, come non se ne scrivono più. E insieme uniscono le forze per…
- Resistere?
- Assolutamente no! Semmai per difendere i confini della Terra di Mezzo. Pensa che nella squadraccia c’è un nano, un elfo, un umano, un…
- Che bello, sono inclusivi.
- Non sono inclusivi! Porca mignotta non possono essere inclusivi! Loro cercano l’omogeneità culturale. Via gli orchi, via i goblin, via pure gli elfi. Si tollerano i nani giusto perché ce li abbiamo in coalizione.
- Ma tu hai detto…
- Silenzio. C’è Aragorno, destinato a diventare re…
- Re?
- Reazionario. Il leader forte di cui la Terra di Mezzo ha disperato bisogno. E poi ci sono gli hobbit.
- Cosa sono gli hobbit?
- Sono i veri protagonisti della storia. Un popolo fiero e genuino che vive isolato dal mondo in una magica terra incontaminata chiamata Contea. E nella Contea trascorrono liete giornate in comunità bevendo e fumando erba rilassante.
- Come un centro sociale.
- Col cazzo! Un centro sociale! Come t’è venuto in mente?! È una comune hobbit!
- E che differenza c’è?
- Che questi stanno a piedi nudi e ballano e cazzo è un centro sociale.
- Te l’avevo detto.
- Ma non è neanche la Contea il punto. Il punto del libro è… è la guerra, il conflitto, le battaglie.
- Le battaglie contro chi?
- Contro Sauron e il suo malvagio regime. No, aspetta. Non regime, mi correggo: regno. Regno di Mordor che si trova dietro a un cancello di colore opposto al bianco…
- Cioè nero.
- Per cortesia, è solo un colore, non strumentalizziamolo. Si rischia di farlo diventare la solita coperta di Linus della sinistra. Insomma, questo Sauron ha creato una specie di stato autonomo dentro la Terra di Mezzo…
- Tipo la Repubblica di Salò?
- C’hai dodici anni! Dove cazzo hai imparato cos’è la Repubblica di Salò?
- A scuola.
- Devo assolutamente parlare con Valditara… Insieme a Sauron, che per quanto ne sappiamo potrebbe pure venir fuori da certi ambienti contestatori e sovversivi, ci sono i suoi cavalieri del colore non rilevante. Si chiamano Nazghul.
- Sembra nazisti.
- E invece no. E se volesse dire studenti? Se volesse dire zecche buoniste a cavallo di mostri alati? Mo conosci pure la lingua di Tolkien! Arrogante! Comunque non vorrei che adesso passasse l'idea sbagliatissima che i neri son tutti i cattivi e gli altri tutti buoni. Per dire, Saruman è bianco ma è anche cattivo.
- Okay. Chi è Saruman?
- Un tizio che parla da un balcone.
- E quando non parla dal balcone?
- Bonifica.
- Zia…
- …
- Perché fai così?
- Così come?
- Ti affanni nel tentativo disperato di accostare questo libro alla destra radicale?
- Be’, non ne abbiamo tanti.
- D’accordo, ma evidentemente questo non funziona.
- A noi piace questo.
- Perché proprio questo?
- Perché se riusciamo a trovare un modo per farci associare ad Aragorn e Frodo, in questa Storia vinciamo noi.
Non è successo niente
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Ho smesso di spiegare da un po'.
Prima ci provavo sempre a spiegarmi, anche più del necessario, anche fino alla sfinimento; ero convinta, e lo sono tutt'ora, che per capirsi serva tempo. Non puoi pretendere che tutto sia perfetto come lo vuoi tu nella tua testa, così su due piedi.
Incontri una persona e boom... tutto coincide.
Di solito è tipo: "Incontri una persona e senti che tutto (o quasi) potrebbe coincidere". Poi bisogna trovare l'incastro giusto per farlo, per coincidere il più possibile, per sentirsi uniti il più possibile, legati il più possibile.
Spesso però ci sbagliamo.
Ci si sbaglia delle volte eh.
Le percezioni iniziali non sono sempre corrette, delle volte ti convinci ciecamente di una cosa ma con il tempo capisci che ciò che vedevi, manco esiste in realtà.
Ecco, io ho smesso di spiegarmi in relazione a questo tipo di situazioni.
Se ci abbiamo provato più e più volte, se non c'è modo di capirsi, di "incastrarsi" come dicevo prima...forse è meglio fare un passo indietro, per se stessi e per l'altro che abbiamo di fronte. Smettere di avere nella testa questa ossessiva voglia di spiegare tutto all'altro, di voler essere capiti a tutti costi. Smettere di vivere nell'illusione dannosa del "deve andare bene prima o poi. Deve per forza.".
Perché non incastrarsi non significa non volersi bene, significa che in questo momento, in questo luogo e per come siamo adesso, non troviamo un punto di incontro che faccia stare bene entrambi.
Quindi permetti a te stesso e a chi ami di trovare qualcuno con cui stare bene è un qualcosa di così estremamente naturale.
✨Zoe✨
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libero-de-mente · 1 year
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Cosa fai a Capodanno?
Mi chiedo cosa farò a capodanno grattandomi pigramente la barba. L'anno tanto atteso, temuto e di cui mi sono poi fatto una ragione è arrivato.
I miei figli oramai con i loro interessi e amicizie non saranno lì ad aspettare che io stappi la bottiglia a mezzanotte.
Con il solito mio "vaffanculo", in stile Il Principe Cerca Moglie, urlato dal terrazzo e coperto dai millemila fuochi d'artificio. Che li faceva ridere.
Strade diverse, interessi diversi, sarà tutto diverso.
Sto valutando se passare Capodanno chattando su qualche Dating App, oppure social. Così tanto per fare.
Valuto se optare per l'abbinamento pizza e Champagne oppure arancin* e vino bianco strutturato.
Oppure chiedere asilo politico a qualche persona giusto per il botto di mezzanotte.
Continuo a grattarmi la barba con fare amletico.
Potrebbe esserci l'alternativa Lormetazepam in dose Happy New Fear, risolverebbe un po' di cose.
Valuto che probabilmente la strada per l'inferno è quella che comincia con la scritta "Che fai per l'ultimo?", su un'insegna luminosa come quando entri in autostrada.
Ma i miei pensieri vengono interrotti da figlio 2:
- Papà, che ne dici se Rebecca venisse qui a casa con noi per l'ultimo?
- Rebecca.
- Si lei.
- Allora è amore.
- Beh... si.
- Ma si ferma a dormire qui?
- Sì.
- ...
- ...
- Lo sai che dovrete sparecchiare la tavola vero?
- Perché?
- Perché chi non tromba a Capodanno sparecchia la tavola il primo dell'anno.
- Ma...
- Ci siamo capiti, vero? Altrimenti la riaccompagno a casa dopo mezzanotte.
- O-ok.
Riprendo distrattamente i miei pensieri, pensando se brindare a mezzanotte oppure farlo con un minuto d'anticipo, per accelerare la fine di questo 2022, quando arriva figlio 1:
- Papà sai cosa farò a capodanno con due miei amici?
- Aspetta la so, chiuderai l'anno senza salvarlo.
- Cos..?!
- No va beh, era una battuta ma sto ridendo solo io qui.
- Ti stavo dicendo che con i miei due amici Vercingetorige e Attila ci fermeremo per cena qui a casa nostra.
- ...
- ...
- Ma non era l'anno del "prendo e volo libero"?
- Facciamo l'anno prossimo, devo prendere meglio la rincorsa. Ma guarda che per mezzanotte usciamo neh?! Andiamo poi a casa di Tamerlano che ha preso la Peroni a un euro.
- Tamerlano, ma non è quello che studia giurisprudenza.
- Si lui, infatti abbiamo deciso di affidarci a lui per il 2023.
- Cioè?
- Eh, niente ci leggerà termini e condizioni del 2023 prima di accettarlo. Lui ne capisce di Legge sai com'è.
- Cazz0 devo pensare a un menù per il 31 allora.
- Per te è un problema?
- Beh si, non ho ancora dato un senso a questo 2022 e devo già pensare al 2023. Troppe cose per la testa.
- Ma tranquillo papà, quello che ci sarà a tavola sarà comunque buono. Ne sono sicuro.
Se è vero che ciò che non ti uccide il minuto dopo ti chiede: "cosa fai a Capodanno?"; è anche vero che chi ti vuole bene te lo dimostra restando con te a Capodanno. Magari perché economicamente non ancora autonomo.
Finirà questo 2022, "festeggerò" l'ennesimo "capo di danno" o il 2023 riuscirà a sorprendermi in positivo?
Controllo con ansia le chat di WhatsApp, per vedere se qualche buontempone tra i miei contatti ha creato il gruppo "Capodanno 2023", l'anno scorso lo feci io. Mettendo nel gruppo contatti a caso presi dalla mia rubrica, so che due di questi contatti oggi sono insieme. A volte da una cazzata ne esce una più grande. No dai, spero che sia una bella storia tra di loro.
Sento già la voglia di mettermi a letto alle 00:01 del primo gennaio.
Ma non sarà così. Avrò tempo per farlo in futuro e alla fine, ne sono certo, rimpiangerò questi capodanni con chi amo davvero.
Nel frattempo per loro prego.
Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno a Capodanno.
Una cosa è certa, anche quest'anno lo finirò senza una parte migliore di me al mio fianco.
Spero per il 2023 di trovare la persona che davvero più mi manca, il me migliore e brillante che può fare la differenza. In tutto.
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seedbo · 2 months
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Non avrei immaginato di poter diventare così.
Momento, lo sono sempre stato insicuro, geloso e compagnia bella però non pensavo che questi sentimenti si concretizzassero come macigni sul cuore.
Dio che male, il me stesso che non sta zitto nella mia mente, i pensieri che si intromettono e incidono a forza la loro ragione sul mio cuore.
Una linea di follia penso stia nascendo, pian piano in me.
Ti ho trovato, in un insieme di deliri, così forte e indipendente, forse troppo per me.
Cosa sono per te?
La cosa divertente è che troveresti una risposta super convincente che mi farebbe tacere, ma poi?
Poi cosa succede alla ragione quando non ci sei?
Ma io sono sempre stato così dipendente dagli altri? Cristo ma come facevo a star da solo?
Ci siamo visti sempre, continuamente.
A volte per cose senza senso, a volte mi sembra che avrei potuto far altro. Ma forse sentirmi parte della tua vita mi rincuora.
Che sottone, ma ti leggi?
Però in fondo qual è la cosa giusta ? Come fare a capire se darsi retta o ignorarsi?
Starai scopando con altri o avevi davvero sonno? Perché la sincerità che abbiamo scelto di adottare è diventata un’arma a doppio taglio?
Che ridere, non c’è mai nulla che funziona, devo essere bipolare.
Oggi son stato sereno, mi sei mancato ma senza impazzire. Mi hai anche chiamato, eppure poi mi sento messo da parte, senza un motivo perché cristo ci siamo visti ieri, e devi concentrarti per un colloquio e ti vuoi preparare.
Però perché ora vai a dormire presto? Fa ridere anche solo pensarla, cristo ma non si può fare quello che si vuole?
Però potrebbe essere anche per un’altro motivo, oppure no.
È questo che mi frega, l’incertezza.
O per meglio dire la certezza che non c’è una logica dietro le azioni umane il più delle volte.
Perché dovrebbe farlo? Non c’è una ragione! Eppure quante volte senza ragione sono stato abbandonato?
“Se se ne va vuol dire che non è quello giusto”
Per carità, ne sono convinto eh.
Però che palle doversi impegnare ogni volta da capo, sono stufo di mettermi in gioco con il rischio dell’incoerenza umana.
Se li trovo di cui mi fido e non penso minimamente che mi stiano mentendo ( già non tradendo ma mentendo) allora subentra il fattore che non gli interesso per via di mille ragioni.
Che poi davvero sei fantastico, penso che non sto completamente impazzendo solo perché comunichiamo un sacco.
Tanto mi scriverai e mi darai la buona notte, sarò pieno di dubbi che andranno a sommarsi a tutti gli altri pesi e un’altra notte si allungherà sfumandosi all’alba.
Ho bisogno così tanto di amare ed essere amato.
Penso che da quando non riesco più a sopperire con il cibo, io abbia proiettato tutto sull’amore, se così lo vogliamo chiamare.
Vaneggiamenti, null’altro.
Devo assolutamente tornare dalla psicologa.
È sbagliato, ma voglio essere il centro di qualcuno.
È sbagliato, ma voglio amare senza dubbi
È sbagliato, ma non vorrei esistere.
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diariomamace · 1 year
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ci sono quei momenti che poi passano #noteormonali
Ciao T
Come va?
E ha ancora la febbre
A me devono venire le mestruazioni
Tra ieri e oggi cammino su quella famosa lama 🦙 del non ne posso più .. un confine pericoloso
Ci rido anche su eh, sempre e comunque, però
un po’
di fatichina
c’è 
Mi è anche caduta al K l’altra sera, cioè: è caduta da sola e non sono riuscita a prenderla e ho sottovalutato e non ero dietro di lei ma davanti a lei fidandomi del fatto che stesse in piedi e COMUNQUE una bella pacca e un gran spavento mio che l'ho controllata tutte le ore della notte e mi sono sentita una madre di merda, in colpa, giudicata dagli altri e da me stessa e disarmata dal fatto che questa mia inefficienza cada sulle spalle (testa) di E.
E disarmata anche da questo dubbio che “come cazzo si fa?” — iper protettivi non si può e non ce la posso fare, a lasciarla fare però si piglia delle pacche e l’aftermath è un mal di pancia allucinante con strascico di insicurezze materne forever?! E questo sarebbe comunque il miglior scenario ..
Eh si, e poi penso spero mi auguro e ci auguro che prima o poi lei arrivi a respirare senza affanno, a vivere senza la febbre ogni 10 giorni, ad avere la gola di un colore normale e senza colpi di tosse costanti e che questo boost faccia veramente il suo cavolo di lavoro
Bho
Sto sacrificando la mia socialità e le mie persone // vado al K due secondi a dire tantiauguri ad A e guarda cosa succede!
Mi fa bene concentrarmi su poco, ma sono consapevole dei sacrifici.. tipo: riuscirò a vederti senza pacchi? Tra quanto? Saturno 🪐 avrà compiuto un’altro ciclo? 
(Ma sapevi tu di questa cosa di Saturno che compie il suo ciclo di 30 anni adesso e ne inizia uno nuovo che pare sia tipo una nuova mega fase per l’umanità?! Ti torna?)
T’abbraccio
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T, pare che Saturno sia con noi. Pare sia una roba bella. Tipo che da corse e rincorse produttive si passi a una fase più minimal e tranquillona. Questo almeno è quello che mi hanno detto, quindi potrebbe anche essere un telefono senza fili. Ma ci saranno degli astrologi che sapranno queste cose, adesso cerco quelli che dicono quello che voglio sentirmi dire .. #nosaturnocontrobullshit
Queste mestruazioni sono partite e già un po’ il mondo mi sembra meno schifoso e la vita più affrontabile
(..)
L’ansia è una brutta cosa. Bisogna trovare il modo di fare quel niente che vuoi fare (e che ti meriti) comunque! Bisogna trovare strategie per farlo mentre fai le cose, mentre sei con O, mentre leggi di Saturno, mentre lavori. Non so come meglio dire questa cosa che pare un po’ criptica ma credo di avere ragione: con le bimbe piccole e il resto della vita che non frena per te, non si può proprio fare come prima (anche perché a farlo poi ti senti che la tua mente non è proprio libera eccetera eccetera) .. quindi forse bisogna fare le cose lo stesso ma con una leggerezza diversa? Forse.
E poi massima rivelazione: fare pochissimo, tipo ancora meno di quello che pensiamo sia poco, ridurre all'essenziale e pensare che sia più che abbastanza. (..) Poche priorità e basta. Fine. Punto. Il resto è extra e non ha posto nella schedule giornaliera (..) - se riesco bene sennò amen. 
Non so se questo approccio ha migliorato la routine, ma ha sicuramente diminuito l’ansia. 
Abbracci di conforto al cuore tuo e poi andiamo al K assieme con E e O a trovare P.  
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viaggiatricepigra · 1 year
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Con un ritardo mostruoso pubblico anche qui la mia opinione su questo romanzo che avevo atteso trepidante e che si è rivelato una bella lettura, ma insipida nei contenuti. Insomma, mi aspettavo molto di più fra le sue pagine. Pensavo di leggere la storia delle mogli di Dracula (che ancora non ho letto: lo so! Shame of me), ma mi sono trovata a spiluccare dettagli qui e là, senza sentirmi appagata. No, non è scritto male, ma manca...sostanza, diciamo. Scorre veloce, ha uno stile molto moderno ed inclusivo, si stacca un po' dalla storia (una delle "mogli" è un uomo, o per meglio dire un ragazzino). Insomma, è una lettura particolare che sa di pubblico giovane, acerbo, una lettura veloce per chi deve approcciarsi ai classici e con questa sorta di retelling potrebbe incuriosirsi e farlo. Anche se devo dirlo, puzza un po' di moda, perché ultimamente ne escono troppi così. Ma nonostante questo, sono uscite letture decisamente peggiori di questo "genere". La storia è raccontata come una sorta di confessione di Constanta, dove ripercorre, tramite alcuni ricordi, la sua lunga vita con il suo Signore (e padrone). Ci racconterà com'è iniziato il tutto, i viaggi che hanno fatto insieme, la conoscenza con Magdalena e poi con Alexi, e la loro entrata in famiglia. Ci si sofferma, ma non troppo, sul carattere brusco e crudele del suo grande amore, che riesce a manipolare tutti costantemente negli anni. Il problema è che è tutto veloce, rapido, accennato. Seppur ci viene data la possibilità di vedere e capire quanto sottili ma potenti siano certe violenze psicologiche, avrei preferito qualcosa in più. Ma anche della vita quotidiana. Leggiamo istantanee di una vita secolare, che non bastano per farci immedesimare in tutto quello. Almeno, per me non è stato così. Il finale...no. Una scena totalmente gratuita, se non ricordo male un mini racconto aggiunto come bonus, che poteva esser tolto senza il minimo problema. Non aggiunge nulla di particolare. Consigliarlo comunque o no? Eh, difficile a dirsi. Sul blog trovate l'opinione completa se volete saperne un po' in più a riguardo (link in bio) https://instagr.am/p/CquNC_rod9_/
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tananangel · 1 year
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.        ♡  ᴛʜɪꜱ ɪꜱ ʙʀᴀɴᴅᴏɴ'ꜱ ᴘᴇɴꜱɪᴇᴠᴇ           ㅤ08.12.2025       ⌵ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ℬ [ . . . ] Il film non è ancora finito e forse manca ancora un po' prima che volga al termine. La verità è che non lo sa, perché non lo ha granché seguito, distratto un po' dal ricordo di ciò che è avvenuto prima che lo iniziassero e un po' dall'immagine di una Gaia dormiente, visibilmente affaticata dopo la giornata affrontata – dolce e amaro che si mischiano tra di loro, insomma, seppur con una nota molto più forte della seconda sensazione. « Pssst » richiama così l'attenzione di Irene, poco distante da lui. La mano non smette di accarezzare i capelli della bella (bellissima) addormentata, quasi a sperare che serva a non farla svegliare proprio adesso. « Tu ci hai pensato? » il tono è bassissimo, appena sussurrato. rene 𝓘 Cerca di godersi quelle giornate di festa, anche se ogni tanto si oscura come se niente fosse, chi sa la sua situazione amorosa potrebbe pensare che la causa sia solo un cuore spezzato, ma non è di certo solo quello. Ha pensato più volte di doverlo ringraziare per le "maledizioni" che le sue amicizie gli stanno mandando, eppure, lei sa che tanto le spalle larghe del serpeverde porterebbero anche quel peso se lei ne avesse bisogno. Non sa neanche che film stiano vedendo « Sì, parecchio » ad altri avrebbe risposto "abbastanza", ma quello è Brandon che senso avrebbe camuffare le cose « Tu? Ci hai pensato? » bisbiglia ancora per non svegliare la migliore amica. ℬ « Ho parlato anche con mia sorella » confessa, lo sguardo che s'abbassa per qualche istante. Non avrebbe saputo decidersi senza fare affidamento su Dylan, spalla necessaria in ogni ambito della vita, soprattutto quelli così spigolosi. « Non le ho fatto nomi, anche se sono sicuro abbia capito: è una vecchia Volpe della Tasmania » esiste? Non importa, anzi: meglio che sia una specie originale, proprio come lo è la bestiolina del suo cuore. « Anche lei dice che parlerebbe con... » controlla che la ragazza sia ancora incosciente, prima di continuare. « Con i genitori, ecco. Quando vogliamo farlo? » 𝓘 Ha sempre pensato che Dylan abbia la capacità di comprendere chiunque in pochissimi secondi, quindi figuriamoci se non è in grado di capire a chi si stia riferendo Brandon. « Uh — dobbiamo avere un appuntamento sia qua che in gita: io, lei e Taylor! Con pizza annessa, mi ha chiesto di fare i vari menù » non c'entra assolutamente niente, ma quando si tratta di Dylan, Irene è sempre contenta. Poi fortunatamente riesce a tornar su quel discorso « Dici che non la stiamo tradendo? » ℬ Il pensiero di Irene e della sua gemella che si divertono insieme ha il potere di farlo sorridere, genuinamente sollevato dal realizzare che due delle persone a cui più tiene al mondo stiano così bene insieme. Poi, però, la burrasca torna di nuovo ad abbattersi su di loro, sebbene non letteralmente, ché sta tentando di controllarsi onde evitare di svegliare o far ammalare Gaia. Deglutisce. « Lo stiamo facendo » ammette, per la prima volta ad alta voce. « Ma è per il suo bene, noi – sarebbe tradimento anche restare a guardare senza fare niente. Non potremmo dire di amarla, se decidessimo di tacere. » 𝓘 La stanno davvero tradendo, ma Brandon ha ragione, è necessario che loro lo facciano prima che sia troppo tardi. « Quando lo facciamo? » trema un po' per via dell'agitazione. « E se non ci dovesse mai perdonare? No, basta, non ha senso ciò che dico. Dobbiamo farlo! Quando? » ℬ « Eh, e se non ci dovesse mai perdonare... » sospira, ché ci ha pensato così tanto, a questo orrendo risvolto, da non volerci pensare più. Desiderio utopistico, considerato che potrebbe addirittura trovarsi a viverla, questa indesiderata realtà. « Se non ci dovesse mai perdonare, almeno avremmo la contentezza di saperla viva. Possiamo sempre proteggerla da lontano » tira su col naso, non può permettersi di piangere, la bagnerebbe. « Penso che abbiamo già perso troppo tempo, Ire, ci conviene agire domani... E magari chiedere se le lasciano vivere almeno il viaggio a Vienna serenamente? Ne ha bisogno, di cose belle e di essere un po' spensierata. » 𝓘 Quando lo sente trattenere un pianto allunga la mano per accarezzargli la guancia. « Brandon — » la voce si spezza cerca solo il suo sguardo, spera che in quel modo lui possa capire la paura che ha, il terrore è visibile negli occhi anche se sarebbe difficile riuscire ad esprimere le sue emozioni o i suoi pensieri. « Domani, faccio una cosa e poi facciamolo. È quello che dobbiamo fare, li convinceremo e andrà tutto per il meglio, perché se dovesse andare male e fossimo stati zitti — » si interrompe di nuovo. « Dai, domani e la gita le servirà sicuramente. » ℬ « Mi sa che dobbiamo sfoderare di nuovo la canzone del giuramento » borbotta, la testa appena inclinata quasi a volersi appoggiare ancora di più alla mano della migliore amica. « 𝘈𝘥𝘦𝘴𝘴𝘰 𝘨𝘪𝘶𝘳𝘢 che lo faremo domani – vieni a cercarmi tu quando sei pronta? » 𝓘 « Come hai fatto a capire che avevo bisogno della nostra canzone? » perché per quanto quella canzone non parli di loro, per lei è loro ugualmente. « Adesso giura! Lo faremo domani! Devo trovare il coraggio per dare un regalo a Sigrid e poi ci sono! Ti spiego anche quello poi — domani. »
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ili91-efp · 1 year
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War of Y - Episodio 18
Oh cavolo... Le riprese della serie che stanno girando Most e Achi procedono, e a questo si aggiunge il pubblicizzare la serie e il rapporto con Fern che si complica. A questo proposito...
SPOILER
Fern e Achi hanno instaurato una relazione e fin qui okay, liberissimi di farlo. Certo, secondo il contratto non potrebbero (non che io approvi questo genere di clausole), quindi capisco perché stiano cercando di tenere la cosa segreta a tutti, anche a Most, però... Quando Achi si è trovato davanti Most che ha ammesso di volerlo baciare e, nel sottointeso, di provare anche qualcosa per lui, lì sarebbe stato il momento per Achi di fare la persona decente. Non era obbligato a rivelare tutta la verità a Most (sempre per la storia del contratto. Non si conoscono da così tanto tempo da avere questo tipo di fiducia. Una persona ferita potrebbe cercare di ferirti a sua volta, quindi ha senso che Achi non dica nulla), però il tenere il piede in due scarpe e fare le corna a due persone contemporaneamente è un po' troppo pure per lui. Con Fern ci sta perché gli piace, va bene (scema lei a starci con uno così, eh!). Ma con Most? Il trailer suggerisce che lui dica a Fern che la storia con Most è una specie di allenamento per la chimica (mi ricordo con nostalgia Pan che diceva scherzando a Nott che i loro incontri erano workshop), il che è da badilata sulla faccia. Caso 1: Achi è (una volta nella vita) sincero e ha accettato di andare a letto con Most perché pensava che avrebbe fatto bene alla loro chimica di ship sul lavoro. In questo caso, sarei profondamente delusa da Achi, ma non necessariamente sorpresa. Achi tiene in modo morboso al lavoro. Vuole assolutamente che la serie vada bene e abbia successo. E' sempre concentrato su come pubblicizzarla al meglio (vedi con le storie flirtanti con Most su twitter, oppure il post fatto in questo episodio per fare tendenza) e si impegna molto anche nella recitazione. Onestamente, non sarei affatto sorpresa se fosse disposto a "immollarsi" per la causa, in questo caso accrescere la chimica tra lui e Achi. E, sempre ad ascoltare il trailer, pare esserci riuscito. Comportamento pessimo come sempre, ma decisamente da lui. A questo punto però, vorrei davvero che sia Fern sia Most lo piantassero, perché il karma prima o poi dovrà colpire. Caso 2: Il caso 1 è in parte vero, ma non è solo questo (sì, in entrambi i casi, sono convinta che Achi abbia dato il via a tutto per la ship. E' troppo da lui). Alla fine una mezza scintilla con Most è scattata per entrambi. In questo caso... Achi dovrebbe comunque pagare le corna doppie, però almeno non sarebbe tutto freddo e impersonale come nella prima possibilità. Nel senso, ci si potrebbe lavorare sopra e si potrebbe arrivare a una scelta finale (o, ma lo trovo improbabile, a un threesome).
Per quanto riguarda Most, ha avuto un sacco di spazio in questo episodio e abbiamo potuto conoscerlo meglio. Mi è piaciuto che ci si sia concentrati sulle sue incertezze e sulla scoperta dei suoi sentimenti. E' bello che abbia chiesto consiglio a un amico, abbia riflettuto sulla cosa e alla fine abbia deciso di confessare ad Achi quello che provava, quell'attrazione vera che sentiva per lui. Mi dispiacerà quanto, inevitabilmente, scoprirà di Fern (credo già nel prossimo episodio dato che ne mancano solo 2) e gli si spezzerà il cuore. Achi sta facendo un gioco pericoloso con entrambi. Prendere in giro due colleghi di lavoro nello stesso momento... si meriterà qualunque cosa gli capiterà.
A proposito di Fern. Mi spiace anche per lei. Alla fine lei si è solo presa una cotta per Achi e ha provato a instaurare una relazione con lui. Di certo non immaginava che in tempo zero il suo ragazzo le facesse le corna con la sua co-star.
Con l'ultimo episodio vorrei tirare le somme di tutte e quattro le storie di War of Y e della serie in generale. Alla prossima settimana!
Varie ed eventuali:
E' ovvio che P abbia fatto il post e dato il via al tag sul regista New (che interpreta se stesso, wow!) perché voleva scuoterlo e far sì che si impegnasse a girare. Tra l'altro, anche se il regista diceva cose giuste, la scorsa settimana, non ero d'accordo che facesse altro anziché lavorare. Abbiamo capito che non apprezzi la serie che stai girando, ma i casi sono due: o ti rifiutavi categoricamente di farlo, oppure guardi il bicchiere mezzo pieno e cerchi almeno di tirare fuori qualcosa di buono facendo un bel lavoro. Da questo punto di vista, P si è comportato male a mettere nei guai il regista, ma allo stesso tempo lo ha fatto per una buona causa. Invece, non ho ben capito perché abbia intimato a Earth e Korn di lasciare solo Most e Achi. Si è accorto che c'è della tensione tra loro (causata principalmente da Most) e voleva fare in modo che la miccia prendesse fuoco? Intanto, sto ancora aspettando di capire il suo rapporto fanservice con Dew. E, in generale, cosa pensa. Vorrei un suo pov.
Mi è spiaciuto che Korn ed Earth siano stati praticamente comparse in questo episodio, però almeno so che la loro relazione sta continuando bene da segreta.
E' stato carino rivedere Kla e Peek. Non mi sorprende che i rapporti siano tesissimi con la serie rivale visti i precedenti, anche se non mi sembra così importante quale delle due serie BL andrà meglio. L'importante è che non facciano schifo e le veda un numero ragionevole di persone.
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chiamatemefla · 3 years
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wip 2021 pt. 2
C’è una strada in discesa di fronte alla scuola elementare, un lungo nastro di asfalto che si srotola giù per un fianco della collina, costeggiato da palazzi anni Settanta, squadracciati e non particolarmente alti, tra le quali si incastrano viuzze che salgono verso questo o quel cancello.
Gli hanno una volta rivelato che una larga parte di quei cancelli è solo decorativa, che la maggior parte delle persone che abitano in quella zona la usa come vezzo più che come deterrente dall’altrui compagnia: un cancello fa status, denota qualcosa da proteggere e delimitare, anche se questo qualcosa è un appartamente piuttosto stretto in un vecchio condominio dai muri dipinti di un arancione scuro ora cotto dal sole.
C’è una curva in quella strada, ed un palazzo che sembra un po’ più alto degli altri perché affonda le sue radici nella strada sottostante e guarda, con interesse, verso la parete scoscesa su cui il centro storico poggia, impassibile, come un gatto perennemente in bilico sul bordo di una credenza.
Proprio ai piedi di quel palazzo stranamente alto c’è un’officina, e ci sono due ragazzi, un motorino, una macchina parcheggiata in attesa del suo turno che osserva un’altra venir smontata e rimontata con cura, e il sole che bacia solo metà del piazzale oblungo. È bello quel posto, non è buio eppure la luce non lo bagna mai del tutto, c’è sempre una piccola pozza d’ombra in cui nascondersi quando l’estate si fa bollente ed anche lavorare dentro al garage diventa un’esperienza piuttosto asfittica.
Antonio non ha ancora vissuto un’intera estate lassù, e dubita fortemente che possa essere calda quanto gli altri dicono, eppure in quel pomeriggio di fine febbraio può forse capire cosa i più intendono, perché si lamentano: il sole è strano quando si è lontani dal mare, colpisce in modo diverso perché non te l’aspetti.
Ciò non toglie che stia tentando di prenderselo tutto in faccia, respirarlo quanto più possibile, lavarsi via dalla testa tutta la pioggia delle settimane precedenti.
Poi d’improvviso il rumore di qualcosa che cade a terra, probabilmente una chiave inglese lanciata, ed un’imprecazione piuttosto colorita, forse sono davvero fortunati che non ci sia nessun altro lì davanti a parte loro due.
«’Sto motorino ha fatto l’Unità d’Italia.»
Giacomo si passa le mani sui jeans con veemenza, li sporca di grasso e qualsiasi altra cosa ci sia dietro alla scocca del suo bolide, continuando a guardarlo con la stessa aria di sfida con cui lo fissa da quando, circa un’ora prima, è arrivato in officina trascinandoselo dietro come una bicicletta particolarmente pesante su per i sali e scendi del paese.
«Dottore, mi dica, si riprenderà?»
Giacomo storce il naso, non scolla gli occhi dalla scocca blu abbandonata a terra; a volte vorrebbe sapere cosa vede in quell’ammasso di ferraglia che a lui sfugge, cosa sta leggendo tra i tubi a vista di un motorino che ha avuto giorni migliori. Giacomo concentrato è qualcosa di nuovo a cui un po’ tutti faticano ad abituarsi, una sfumatura diversa di quel ragazzo sempre un po’ assente che è stato fino a qualche mese prima.
«A riprendere si riprende, per carità, ma secondo me è meglio se ti fai un asino: va sicuramente meglio di questo coso e consuma meno. Quanto ci spendi per st’accrocco? Tra manutenzione e benzina già t’eri fatto una macchina, arrivato a questo punto.»
«Certo, poi parcheggio me lo cerchi tu.»
«Tanto il motoschifo sta sempre parcheggiato qua da me, non è che cambierebbe un granché e te potresti muoverti.»
Glielo ha già ripetuto almeno tre volte, l’ha quasi pregato di buttare quel motorino che non ha certo visto l’unità d’Italia ma sicuramente ha vissuto il diploma di sua madre, e Antonio sa perfettamente che potrebbe farlo ma, al contempo, la sola idea di rottamare quel cimelio che sta già cercando di rottamarsi da solo, gli crea un senso di disagio, una paura strisciante che lo fa desistere ogni volta.
Paura di cosa non lo sa, sa solo che non vuole lasciar andare il macinino anche se dovrebbe.
«Capirai, le traversate oceaniche mi ci faccio: da casa mia alla stazione, da casa mia a casa di Flavio, da casa di Flavio alla stazione...potrei pure comprarmi una bicicletta.»
«Ah, ma Flavio è ancora vivo?»
«Dipende da cosa intendi per vivo: respira ancora? Sì. Fa qualcos'altro? Non saprei.»
«L’altro giorno ho visto suo nonno, m’ha detto che non esce di casa da tipo Capodanno, che poi è l'ultima volta che l'ho visto, e che non lo sopportano più.»  
«Due gennaio», si ritrova a rispondere di getto, lo corregge come ha corretto anche i nonni di Flavio, come si ripete ora che non ha più la pioggia e il cielo tetro come scusa per quel comportamento.
Tutto è solo quel che sembra, però se lo chiedi a chiunque giri loro intorno la risposta sarà sempre la stessa: no, non è vero, non funziona così, è solo un po’ di stanchezza.
Risultato: ora sono stanchi in due, in modi diversi, per motivi diversi, e comunque nessuno li ascolta.
Giacomo fischia e tira fuori una chiave inglese troppo lunga per essere davvero entrata nella tasca sinistra dei suoi jeans. Antonio però non si fa domande, lo osserva passarsela tra le dita come fosse una matita durante una lezione particolarmente noiosa mentre ammira una chiazza una a tre passi da lui. Si ritrova stranamente in apprensione per l’espressione impensierita che è sempre meno da Giacomo e sempre più da qualsiasi cosa questi diventerà in futuro, un mistero avvolto in quelle rughette che si formano sulla fronte quando corruccia le sopracciglia.      
«Eh, cazzo, è il ventisette di febbraio magari il naso fuori dovrebbe metterlo. Neanche risponde ai messaggi, Gabriele quasi chiama Chi L’Ha Visto, poi fortuna gli hai scritto tu e l’hai tranquillizzato.»
«Gabriele sta tutto ansiato, s’ha da calmà arrivati a sto punto.»
Prova a pulire la macchia che Giacomo sta guardando, grattarla via col piede, e alla fine si sporca solo la gomma bianca delle scarpe e il grasso rimane lì, viscido e scuro.
«E comunque Flavio aveva detto che oggi mi avrebbe accompagnato, poi si è ricordato di non so che cosa che doveva rivedere e l’ho lasciato sui libri. Che poi fosse quello…è che probabilmente lo ritroverò sui libri ora che torno, ancor più probabilmente sulla stessa pagina.»
Un’altra generosa manata unta si aggiunge accanto alle altre sulla gamba destra dei pantaloni di Giacomo che ora guarda lui, alza il braccio per grattarsi il naso con il polso, e sembra tentennare.
«Vabbè, se non altro avete fatto pace.»
«Non è una questione di fare pace.» *
Gli piaceva di più quando al piano di sotto abitava ancora Lucrezia, che era sorridente e simpatica e metteva sempre la musica la domenica mattina, e soprattutto gli piaceva di più quando c’erano ancora i suoi panni stesi sulla via e lei lo salutava sempre affacciandosi alla finestra quando lo vedeva passare.
Ora, se guarda in basso dal minuscolo balconcino della cucina, vede solo delle persiane ostinatamente chiuse e il cartello verde fosforescente con su scritto “AFFITTASI”.
Lucrezia è trasferita perché la casa era piccola, un tempo intesa solo per il vecchio portiere di quel minuscolo palazzo, e la strada era scomoda, e trascinarsi una carrozzina con due gemelli dentro su per le infinite scalinate che dal parcheggio più vicino portano al palazzo sarebbe stato troppo difficile.
Quand’era piccolo lui era più comodo, sosteneva sua nonna, soprattutto perché non avevano ancora chiuso la stradina appena duecento metri più in là, una delle poche vie che non contemplavano il salire o scendere dei gradini per raggiungere la propria destinazione.
O forse no, non è vero che gli piaceva di più quando c’era Lucrezia, ché quando lo salutava dalle finestre credeva sempre di doverle delle spiegazioni, ché salutava sempre Francesca con un sorriso troppo largo quando li vedeva salire sapendo che in casa sarebbero stati soli e, si dice, forse oggi quel peso non l’avrebbe sopportato.
Dare spiegazioni non gli piace particolarmente, mal sopporta il doversi giustificare, e vivendo lui per primo nella beata convinzione che chi si fa i cazzi propri campa cent’anni non riesce a comprendere come, e soprattutto perché, sia possibile che il mondo intero non sia addivenuto alla stessa conclusione.
Lucrezia non era, ed è convinto che ancora non lo sia, una cattiva persona ma questo non significa che, per quanto possa mancargli ascoltare l’intera compilation di Battisti rigorosamente in vinile ogni domenica che Dio manda su questa terra, una parte di lui non stia gioendo nel sapere che una persona in meno ha visto il ragazzo davanti alla porta salire le scale con uno zaino particolarmente pieno sulle spalle.
Lo stesso ragazzo che lo aspetta sul pianerottolo con le mani in tasca e lo sguardo di chi non si aspetta davvero di vedere quella tavola di legno spostarsi quel tanto che basta da permettergli di entrare — e gli dispiace davvero, quell’espressione è colpa sua e non sa proprio come riuscire a non vederla mai più, a cancellarla, a togliergli ogni dubbio.
La meccanica del corpo umano, si ritrova a pensare, è una cosa bizzarra, così perfetta da non permetterti dubitare neanche per un attimo che la corazza di pelle ed ossa che abiti continuerà a funzionare perfettamente per tutta la tua vita, senza mai perdere un colpo, in un silenzioso insieme di ingranaggi fino alla fine dei tempi.
Ed è proprio questa illusione di perfezione che ti inchioda a letto in una mattina qualsiasi, quando tutto sembra funzionare nel modo giusto a parte il fatto che, no, non funziona affatto e il ronzio nelle orecchie lo senti solo tu, e le fusa del tuo gatto ti sembrano ingestibili perché quasi ti perforano il cervello.
A casa non c’è nessuno, i suoi sono partiti presto direzione Veroli per il funerale di un cugino del nonno, un tipo smilzo e storto che Flavio ha visto forse due volte in tutta la sua vita e che si era trasferito laggiù per nessun motivo, spinto da un irrefrenabile bisogno di spostarsi dalla Capitale alla ricerca di chissà cosa. C’erano voluti vent’anni di vita solitaria prima che incontrasse quella che poi sarebbe diventata sua moglie, una signora alta ed imponente che non amava particolarmente fare le scale e che, un paio di sere prima, aveva chiamato per annunciare che il cugino del nonno s’era incamminato sull’unica scalinata in cui non avrebbe potuto seguirlo.
Una pentola con le arance cotte riposa sul piano cottura della cucina, piena di qualcosa che non è ancora marmellata ma non è più frutta, le serrande sono alzate solo a metà e tutto sembra rallentato ed imbevuto dell’odore stucchevole degli agrumi cotti che si stanno pian piano caramellando.
Sua nonna non è una persona molto affettuosa, non nel senso stretto del termine, e il suo amore lo dimostra con gesti rari e parole fraintendibili però gli prepara sempre la marmellata e tenta di farla bollire quando non è in casa perché sa che odia gli odori troppo dolci, proprio come suo nonno.
E soprattutto sa che, proprio come suo nonno, ha bisogno di sentirsi in qualche modo rassicurato circa il proprio status affettivo all'interno della famiglia.
La marmellata è uno di questi rari gesti e Flavio sa che, se non fosse dovuta partire, avrebbe finito la sua opera facendolo uscire con una scusa qualsiasi come mettere la benzina alla macchina col serbatoio ancora mezzo pieno, o andare a fare la spesa nel supermercato più lontano solo per prendere quella specifica cosa che esiste proprio lì.
E invece la marmellata non è marmellata, è solo una pentola contenente una poltiglia gelatinosa di un arancione scuro che assomiglia un po’ a come sente ora il suo cervello: sciolto e pronto ad uscire dalle orecchie.
E Antonio aspetta sulla porta, ancora con le mani ben affondate nelle tasche del giaccone, ancora con la stessa espressione mentre butta un’occhiata verso l’interno.
«I tuoi si sono portati via la belva?» chiede, mentre Flavio si fa da parte quel che serve per farlo entrare e chiudersi la porta alle spalle con un sospiro che gli scioglie la tensione all'altezza del collo ma non il nodo doloroso che gli stringe lo stomaco in una morsa da ormai tre settimane.
Lo zaino dell'altro viene appoggiato con cura, ed un sospetto rumore di vetri, a terra proprio sotto all'attaccapanni, può sentire quel paio d'occhi azzurri fargli domande che la bocca non pronuncia e che vanno ben oltre la presunta assenza del padrone di casa, ovvero Cicerone, tra quelle quattro mura.
«La belva dorme sul mio letto.»
«Aspetto il giorno in cui mi dirai che tu sei andato a dormire sul divano per non svegliarlo.»    
Flavio sorride e si sporge quel che basta per poterlo salutare per bene, lascia che si avvicini per poterlo baciare e sentire le labbra dell’altro rilassarsi contro le sue. Gli piace che quello sia ormai un gesto automatico, gli piace il fatto che la reazione di Antonio sia sempre la stessa e, soprattutto, gli piace che anche oggi il suo ragazzo abbia voglia baciarlo.
Non era scontato, così come non era assolutamente sicuro che l'altro si sarebbe presentato a casa sua, eppure eccoli lì, con la tuta per stare comodo, con un gran sorriso stampato in faccia perché ama quando i suoi piani vanno a buon fine, soprattutto quando danno come risultato il riuscire a stare insieme un po’ più del solito.
Vorrebbe evitare di sorprendersi ancora, dopo due anni sarebbe forse ora di acquisire un po' più di sicurezza in quel frangente, eppure si scopre totalmente incapace di farlo.
«Dici che ricominci a respirare o devo far valere il mio corso da bagnino?» domanda Antonio, accarezzandogli piano uno zigomo con la punta delle dita, proprio lì dove ieri ha sbattuto contro lo spigolo della finestra, nel disperato tentativo di separare Cicerone da un povero pettirosso che si era avventurato sul balcone, e dove si sta formando un alone violaceo.
Così sembra ancora più pesto, eppure Antonio lo guarda come se fosse qualcosa che vale la pena osservare.
«Sto respirando» replica, con poca forza, e le labbra di Antonio si stirano in un sorriso pallido, cauto, mentre sbottona il cappotto e sfila la sciarpa.
Improvvisamente è come se ogni tensione fosse sparita, ci sono solo loro due e la prospettiva di una serata ed una notte insieme, un risveglio che non implichi Giacomo o Gabriele che entrano in camera loro con una scusa qualsiasi e li trascinano fuori non appena aperti gli occhi. Chissà dov’è il problema, chissà se hanno davvero paura che il loro stare insieme possa in qualche modo minare la loro amicizia, lasciarli soli possa in qualche modo minare l’unità di un gruppo che già inizia a smembrarsi per le vicissitudini della vita.
«Peccato, niente respirazione bocca a bocca allora. Potevi anche fare finta.»
Scuote la testa, Antonio, e si allontana per appendere cappotto e sciarpa, aprire lo zaino per frugarci dentro probabilmente alla ricerca degli occhiali che ultimamente ha iniziato ad indossare quando ha mal di testa.      
Dopotutto devono studiare, non tutto il pomeriggio perché ha promesso che non sarebbe stato così, però devono se non altro provarci.
«Perché, mi serve una scusa?»
«Magari serve a me, che ne sai?» *
«Dopodomani sono esattamente due anni che devo smettere di fumare.»
La risata di Flavio è calda contro il suo orecchio, un’inaspettata ondata di tepore in quella serata altrimenti gelida in cui l’aria di febbraio rende la luce dei lampioni sulla via un po’ più aranciata e brillante, luminosa nel gelo che gli intirizzisce la punta del naso ed il dorso delle mani.
Della casa di Flavio gli piace particolarmente quell’apertura nel muro della cucina, piccola e quadrata e proprio all’altezza giusta per appoggiarci i gomiti, che si affaccia sul balconcino: c’è la porta finestra, lunga e sottile e con delle tendine arancioni, e poi subito accanto c’è quella finestrella da cui l’altro si affaccia per fargli compagnia quando Antonio viene spedito fuori a fumare.
Si appoggia con la schiena contro la persiana, facendo bene attenzione che il fumo non entri in casa, costringendo l’altro a sporgersi un po’ di più sul davanzale di marmo che, al momento, deve essere la seconda cosa più fredda e rigida dopo le sue dita.
Se resta fuori più di cinque minuti ha paura di vederle cadere.
Le osserva nella luce calda, le nocche un po’ arrossate, la sigaretta girata un po’ storta che, incastrata tra indice e medio, si sta consumando mentre lo ascolta pensare ad alta voce.
«Ah sì?»
Si decide a prendere una boccata, mandando al diavolo tutta l’opera di convincimento fatta fino ad allora, chiedendosi se vale davvero la pena buttare via una sigaretta ormai fumata a metà. Il danno è fatto, dopotutto, potrebbe smettere con la prossima o potrebbe essere l’ennesimo Zeno Cosini ma senza la grazia di un qualche tipo di supporto psicoterapeutico.
«Eh, sì.»
Un altro tiro, il fumo soffiato via che si alza e si confonde con la condensa del respiro contro il freddo della sera.
Può vedere con la coda dell’occhio Flavio fissarlo in attesa di una spiegazione più articolata, sul viso l’espressione appena divertita di chi non aspetta altro che avere una nuova verità da assaporare.
«Sto cercando di trovare un modo poco imbarazzante per dirlo, datti pace.»
«La fase dell’imbarazzante l’abbiamo già passata da un bel po’. Insomma, il pigiama del Napoli...»
«Non quel tipo di...Senti, non eri te quello che “parlare dei sentimenti è imbarazzante”?»
«Eh, appunto, sono io mica te.»        
Stavolta tocca a lui ridere piano, mentre fa precipitare un po’ di cenere giù dalla ringhiera.
«Quando t’ho baciato davanti al portone del comune tornando dal compleanno di Stefania, no? Avevo detto “se ci sta smetto di fumare”, anche perché so che ti dà fastidio.»
Si decide a rinunciare a quella sigaretta, la schiaccia dentro ad un posacenere di fortuna, uno di quelli che Flavio ripesca solo per lui dal fondo di una credenza in cui sua nonna stipa le chincaglierie figlie di viaggi vari ed eventuali.
Il souvenir dimenticato di oggi è gentilmente offerto da un viaggio che il fantomatico zio di Flavio ha fatto a Berlino durante l’ultimo anno del liceo, una roba di plastica trasparente un po’ sbeccata sul cui fondo si stagliano le silhouettes nere su fondo bianco di alcune attrazioni turistiche.
«Non avevi fumato tutta la sera.»
«Sì, vabbuò, è che magari...così non ti scansavi, no?»
«Tre mesi che aspettavo e secondo te me scansavo pure?»
Due anni prima era convinto che lo avrebbe fatto, che si sarebbe scansato, perché in quel periodo era tutto strano e leggere male i messaggi dell’altro era solo la degna conclusione di un nuovo capitolo della sua vita che sembrava non andare da nessuna parte da dodici lunghi mesi.
Era sicuro che l’avrebbe piantato in mezzo alla via, nascosto da quella curva che i palazzi fanno prima di aprirsi in un’altra piccola piazza abitata solo da una fontanella di pietra, con le labbra ancora calde di un bacio corrisposto ma non desiderato - perché succede quando si viene baciati, no? Il primo istinto è contraccambiare, poi si può decidere.
C’aveva pensato per una serata intera, giocando con il pacchetto di sigarette, cercando di resistere all’urgenza di accendersene una e continuando a ripetere come un mantra quella promessa a chissà chi: se la serata fosse andata bene lui avrebbe smesso di fumare.
Il giorno dopo, un Flavio piuttosto nervoso ed assonnato lo aveva chiamato per chiedergli se avesse voglia di farsi un giro, una chiacchierata, e ad Antonio era servito tutto l'autocontrollo di cui disponeva per rispondere un solo "A che ora?" a cui non aveva ricevuto una vera risposta.
Flavio era passato sotto casa sua appena dopo pranzo, insieme avevano comprato i biglietti dal tabaccaio ed avevano aspettato sotto alla pensilina rovinata l'arrivo del Cotral.
Avevano passato l'intero viaggio in autobus a far finta di pensare ad altro e si erano ritrovati a camminare lungo l'argine del fiume, l'acqua torbida, la stradina sterrata appiccicosa d'umidità sotto alle suole delle scarpe.
«Alle elementari ci portavano qui almeno una volta all'anno per fare birdwatching. Dicono che ci sono gli aironi ma io non li ho mai visti», aveva detto Flavio, riponendo il suo immancabile, quanto in quel momento inutile, paio di occhiali da sole nella tasca della giacca.
Poi non avevano più parlato, non davvero, c'erano state chiacchiere vuote e aneddoti idioti per riempire l'aria e il silenzio.
Si erano seduti sulle assi bagnaticce di uno dei moletti disseminati lungo l’argine, in quel nulla palustre solo loro, due barche tirate a secco e qualche uccello che sguazzava ignaro tra le acque del Tevere.
Flavio aveva sospirato, storcendo il naso come se fosse pensieroso e scontento della direzione che le sue riflessioni stavano prendendo. Una frazione di secondo dopo, lo stesso Flavio lo stava baciando con un trasporto che non avrebbe saputo cucirgli addosso, con le mani che si aggrappavano alle sue braccia e il viso bollente.
Non avevano fatto molto altro per l'ora seguente, ed avevano dovuto correre per prendere l'autobus prima che facesse buio, infreddoliti e con le guance accese, con gli occhi quasi febbricitanti.
Del viaggio di ritorno ricorda solo le risate sommesse, il modo in cui la mano dell'altro cercava la sua nella penombra di quel Cotral semivuoto mentre tentavano di toccarsi con ogni parte del corpo.
Flavio che si sporge e gli dice, come se fosse una sciocchezza, che spera di poter un giorno baciarlo su al Belvedere, davanti a tutti, sotto al sole o durante le feste, senza doversi nascondere.
Ché non ha senso nascondersi, ripeteva, ché non capisce dove sia il problema eppure deve far finta che sia così.
C'era voluto quasi un anno per fare avverare quella promessa, altri sei mesi perché diventassero uno parte della famiglia dell'altro in quel modo sottile e traballante e chiaro solo a loro che dà la stessa sensazione che precede un temporale.
E così la famiglia di Flavio lo tratta come hanno sempre trattato Gabriele, e così la sua famiglia tratta Flavio come tutt’ora farebbero con Vito se solo non abitasse a qualche centinaio di chilometri da lì - se qualcuno di loro ha capito qualcosa non è dato saperlo, quel che sanno è che per ora non piove e va bene così, anche se a volte pesa.
Anche se Antonio è costretto a dire una bugia, convincendo sua madre e sua sorella che in questo momento è a casa di Giacomo insieme a Flavio stesso, certo, ma anche a qualche altro amico per passare un sabato notte come tanti altri, qualche birra, una maratona di film.
Una mano tiepida si sporge dalla finestra per spostare una ciocca di capelli, un movimento leggero e delicato, e si volta quel che basta per poter guardare negli occhi il suo ragazzo e la cucina dietro di lui appena illuminata dalla luce sopra al lavello, il resto della casa avvolto nella stessa penombra che riveste la via silenziosa.
Che strana sensazione.
Che bella sensazione.
«Rientri?»
«Non lo so, forse voglio fare Capitan America.»
«Emblema di un paese capitalista e guerrafondaio?»
«Pensavo più figo e intirizzito. Calma il comizio, Lenin.»   *
La prima volta che hanno dormito insieme non erano quasi neanche amici, ché per diventare amici c’hanno messo un bel po’ e la colpa è di entrambi.
Si sono ritrovati a condividere un letto dopo una trasferta romana, quando Antonio era solo il ragazzo nuovo che andava in classe con Giacomo ed era bravo a calcetto, e lui era uno che era stato appena mollato dalla ragazza e  voleva solo una scusa per schifare chiunque. Ospiti a casa del cugino di Gabriele, un appartamento per studenti piuttosto stretto ma con un numero di letti improvvisati da far invidia ad un ospedale da campo, si era ritrovato a condividere un sottile materassino da campeggio con Antonio.
Schiena contro schiena, come consuetudine ed etichetta vuole quando due maschi sopra ai dieci anni condividono un giaciglio, e tentando di non toccarsi anche se lo spazio era quello che era e la coperta non permetteva loro di allontanarsi troppo, avevano trascorso le ultime ore della notte prima dell’arrivo di un’alba che li aveva colti quasi tutti svegli e veramente poco preparati.
Il telefono di Antonio non aveva fatto altro che vibrare, da qualche parte per terra, un ronzio profondo che era presto diventato un rumore bianco come quello delle macchine sotto alle finestre o del russare di Gabriele in corridoio. Lo aveva chiaramente sentito muoversi per prenderlo almeno un paio di volte, la luce fredda del display che per qualche istante illuminava la stanza prima di essere riposto di nuovo in compagnia di profondi sospiri e tentativi di trovare una posizione comoda per dormire.
E succede molte altre volte di dormire insieme, sempre per un motivo diverso, ed ogni volta rispondono entrambi con una scrollata di spalle perché ci sta, perché è plausibile, perché nessuno di loro è particolarmente infastidito dalla presenza dell’altro nello stesso letto. Flavio, inoltre, si è quasi abituato al fatto che spesso e volentieri Antonio si alza nel cuore della notte per andare a parlottare con qualcuno, con un tono di voce appena percettibile, prima di tornare a coricarsi e far finta di dormire per il tempo che resta.
A volte ripensa al coraggio che gli ci era voluto per sussurrargli, in uno di quei viaggi in solitaria verso l’angolo più recondito di qualsiasi spazio si trovassero a condividere, che il suo sonno valeva tanto quanto il bisogno dell’altra persona di sentirsi in diritto di chiamare a qualsiasi ora. E ricorda il modo in cui Antonio aveva risposto solo che c’era abituato, che comunque dorme poco di suo e alla fine ormai gli sembra quella la normalità.
C’erano voluti mesi per scoprire che, no, non è vero che Antonio dorme poco e, anzi, ama particolarmente poter evitare di mettere la sveglia quando possibile e che era Edoardo, che spesso e volentieri lavorava di notte, quello per cui il sonno arrivava con difficoltà e solo quando ormai era giorno.
Ma ormai quel capitolo è chiuso e Antonio ha imparato a mettere il telefono in modalità silenziosa quando finalmente si infila sotto alle coperte.
E va bene così.
Lo sente sbadigliare e stiracchiarsi al suo fianco, poi un braccio gli cinge il petto e può sentire il viso dell’altro appoggiarsi contro la sua clavicola, caldo e morbido come solo il sonno riesce a rendere i corpi delle persone.
Quella è la prima mattina in cui si svegliano completamente soli, nella luce soffusa che penetra dalle persiane serrate della sua camera, stretti nel letto in cui da vent’anni si sveglia ogni mattina e, si ritrova a pensare, sarà veramente difficile domani aprire gli occhi e doversi alzare completamente da solo.
Non che sia sicuro di volersi alzare in generale, ora come ora, deve ammettere.
«Flavio...»
«Mh?»
«Sei sveglio?»
«Insomma.»
Antonio posa un bacio sul suo petto, in un punto a caso da sopra alla maglietta, si stringe un po' di più a lui e, ancora una volta, Flavio si ritrova a pensare all'assurdità di quella situazione.
Un'assurdità bella, eh, solo piuttosto lontana da qualsiasi idea abbia mai avuto circa il suo futuro – e di idee balzane a proposito ne ha avute parecchie, tutte ovviamente mai rivelate ad anima viva, eppure nessuna prevedeva anche solo un momento di così pura e totale tranquillità.
«Volevo fare la colazione ma non so dove tieni la roba. Poi cominciavo ad aprire tutto e facevo casino.»
Nello strascinare delle parole ancora assonnate, inframmezzate da uno sbadiglio lungo e sonoro, Flavio può sentire una punta di quell'accento che Antonio cerca sempre, se non proprio di camuffare, almeno di tenere a bada.
Spesso esce fuori quando litigano, quando non pensa a quel che dice e vuole solo svuotarsi il cuore e lo stomaco, e spesso si chiede quanto gli costi tentare di essere un'altra faccia di se stesso ogni dì per tante, troppe ore al giorno.
E invece ora è solo Antonio che tenta di scoprirsi il meno possibile perché di mattina ha sempre freddo, non si stanno urlando contro come avevano fatto solo dieci giorni prima, e sente un fortissimo bisogno di iniziare a baciarlo in quel preciso istante per smettere forse tra due giorni.
Ma per baciarlo dovrebbe alzarsi e lavarsi i denti e non ne ha voglia, vuole restare in quella bolla di penombra e calore almeno un altro po'.
«Dammi cinque minuti per svegliarmi.»
«Ma pure di più, io non voglio alzarmi.»
«I termosifoni sono accesi.»
«So' contento per loro, fa comunque freddo.»
Con la coda dell'occhio può vedere Cicerone entrare in camera sua con non poca fatica, cercando di fare entrare il suo corpicino grassoccio nella stretta fessura lasciata aperta durante la notte.  Segue con gli occhi quella macchia arancione che si muove per la stanza con circospezione, bene attento a non avvicinarsi al letto, prima di salire con un tonfo sonoro sulla sua scrivania, spostando fogli e facendo cadere penne, per poi fermarsi, immobile come una statua, a fissarli.
Antonio sospira, lui ride, Cicerone per tutta risposta fa cadere un'altra penna.
Sarà un piacere riordinare la stanza più tardi, chissà se ritroverà metà della sua cancelleria o se dovrà, come al solito, comprarne di nuova.
Si sposta per lasciare un bacio appena sotto l'orecchio dell'altro, spostando i capelli con la punta del naso, mormorando un «Credo Cicerone ci stia osservando».
«Vorrà la colazione pure lui. Quel gatto pesa come un bambino.»
«O forse vuole noi per colazione.»
«Facesse di me quel che vuole, basta che fa da sé.»
«Mi mancherai quando diventerai trippa per gatti.»
«Il mio fantasma farà in modo di infestare i tuoi sogni.»
«Sei così premuroso.»
«Oh, pensavo si sapesse già! Ti porto pure i sassolini belli come fanno non mi ricordo quali uccelli. Sono un ragazzo da sposare, altro che premuroso.»
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asterargureo · 2 years
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Sanremo terza serata: niente comici!
- Giusy Ferreri: allora ieri mi è sembrata un pochino scazzata. La canzone non è malaccio
- Sangiovanni: Gesooo salvaci dai derivati Mariani.Mi sembra di rivivere il triste periodo dei vari Sanremo con Carta,Scanu e anche Emma. Purtroppo questo ha una fanbase importare ingombrante e temo che sabato possa rosicchiare altri posti
- Gianni Morandi: mio capitano! La canzone è un palese richiamo a quelle degli anni 60, secondo me non è da terzo posto, però a Gianni voglio bene
- Rettore e Dito nella Piaga: Rettore completamente svalvolata,Dito nella Piaga bella e brava,la canzone mi piace molto, è divertente.Attenzione ai duetti stasera perché il Bugo gate 2 è sempre in agguato
- Aka7even: altro derivato Mariano e anche lui può rosicchiare punti. La canzone ricorda quella dei film estivi che danno su Italia 1 per riempire il palinsesto, quelli ambientati in casette sui laghi con la ragazza che non si accetta (spolier: di solito il problema sono gli occhiali e i vestiti non di grido) e il ragazzo che le dice che è perfetta così
- D'Argen D'Amico: soddisfazione del Fantasanremo,l'ha preso proprio sul serio. La canzone è perfetta per le feste soprattutto dopo aver bevuto alla goccia,ma anche per cori fa stadio improvvisati. Lui deve essere un seguace di Duccio Patanè
- Mahmood e Blanco: coppia che è entrata da papa in conclave,bravi,la parte in cui Mahmood dice brividi mi fa ridere perché mi ricorda un personaggio di un programma che guardavo da piccola. Anche le mummie dell'Ariston hanno gradito
- Michele Bravi: è più preso dalla foga agonistica del Fantasanremo che dalla gara in sé. Ieri ha fatto lo shampoo nel bidone del grasso. La canzone è per me indecifrabile
- Highsnob e Hu: la versione dark dei Coma Cose,non so,non mi dicono molto
- Irama: anche lui ha fatto lo shampoo con il grasso. La canzone è un mix tra Cecco Angiolieri e Infinito di Raf (ovunque tu sarai ovunque io sarò). Era meglio in dad
- Emma: la canzone non mi dice molto,lei emozionata
- La Rappresentante di Lista: un fantasma si aggira per l'Europa. La sua canzone ha spaventato i bigotti nostrani perché inneggereb e al comunismo.Addirittura! Comunque bravissima,la canzone ti entra subito in testa ed è davvero una delle poche.
- Elisa: brava,intonata,sicura, però la canzone non mi convince. Forse perché troppo da festival
- Achille Lauro: lui ormai è chiaro che faccia il performer più che il cantante,tra ospitate e gara ormai ha messo radici all'Ariston. Però se anche l'osservatore romano ti dice che non sei speciale deve essere un duro colpo. Oppure sta cercando di conquistare il vescovo di Sanremo. La canzone? Ah, sì. Sempre Rolls Royce con oh mio Dio,gemiti, ammiccamenti e simili. Achille,cambia il disco!
- Massimo Ranieri: anche lui molto bravo,questa volta i problemi con i fonici sono risolti perché è davvero impossibile farlo stonare
- Yuman: attenzione perché sabato potrebbe salire in classifica. Ricorda le canzoni tipiche sanremesi.
- Rkomi: personal Jesus in salsa milanese,nïël Olîympįœ.
- Le Vibrazioni: e insomma più che le vibrazioni direi le stecche
- Giovanni Truppi: lui ha preso una tranvata per Drusilla,chiamalo scemo,se ne frega del dress code e per questo ha la mia stima. Chissà come stanno fumando Enzo e Carla
- Iva Zanicchi: eh, vabbè
- Ana Mena: non è più ultima,si è evitato l'incidente diplomatico
- Tananai: si immola per la causa e si classifica ultimo evitando l'ira funesta degli spagnoli
- Matteo Romano: ma siamo sicurə che sia maggiorenne?
- Fabrizio Moro: attenzione a lui. Su Twitter lo hanno definito come la Juventus di Allegri che parte spacciata e poi arriva in alto e infatti ieri è salito parecchio di quota. Attenzione anche all' endorsement di Ermanno Metallo. La canzone è praticamente una delle sue, sempre la stessa, rimaneggiata qua e là
- Drusilla Foer: una scoperta. Avrei gradito la sua presenza per tutte le serate. Arguta,emozionante,molto elegante, pungente e soprattutto non un soprammobile come nelle sere precedenti.
Nota di costume: il nero,bianco e soprattutto rosa molto gettonati. Apprezzo tutto questo rosa, sicuramente per esprimere solidarietà alle guardie😉
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bee-ingquinn · 3 years
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Comunque dicevano che la prima regola era non parlare del club (09/04)
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Mani appoggiate sul bordo del banco, e testina alta con un bel ghignetto stampato in volto. « Non tutti sanno il motivo di questa convocazione » e ora gli occhietti guizzano in particolare su CECI, EMILE e NICO « Ho avuto un’idea » oh no « e lo sto proponendo solo a voi perché mi fido » e quindi non potete deluderla (!), e qui lo sguardo cade inevitabilmente sulla BFF, per ovvie ragioni. « Non voglio girarci troppo intorno » e quindi niente chiacchiere inutili sulle caramelle oggi « Ma dovete giurarmi che non direte niente a nessuno, e dimostrarmi quindi che ho fatto bene a scegliere solo voi » e qui ora lo sguardo cade su TUTTI quanti. Manco stesse mettendo su l’Esercito di Silente sotto la Umbridge (…). Però è davvero seria, e gli occhietti passano su TUTTI, nessuno escluso, con un sopracciglio un po’ alzato in attesa del loro giuramento solenne.
Emile: Non dice nulla, ma annuisce. E poi, visto il tono con cui MAEGAN ha parlato della cosa, diciamocelo, bara anche un poco. O ci PROVA. Magari sfrutta anche il silenzio, o il fatto che benché siano in tanti, sono sicuro meno che a lezione. Ma cerca con gli occhi la figura della CORVONERO mentre, invece, a livello empatico, sembra PROVARE a sondare le emozioni altrui. E` inpratico, ancora, e ignorante su quello che sa fare, soprattutto. Ma lo ha fatto, oramai, abbastanza volte da capire come concentrarsi. CERCA di abbassare quello sputo di barriera empatica che giusto i mesi ad Hogwarts gli hanno concesso, in favore della singola emozione maggiore che MAEGAN prova. Perché se sotto quel tono serio c`è da preoccuparsi, almeno si preoccupa subito, oh. Che stia pensando di andare in guerra praticamente lo si evince da due cose: la rigidità muscolare, e il fatto che miracolosamente se ne sia pure stato zitto.
Nico: Lui è uno di quelli che non sa il motivo, sì… infatti all’ “ho avuto un’idea” va subito a muovere la mano destra col palmo in alto in direzione della CORVONERO, come a dirle di proseguire e pure spedita che mica abbiamo tutto il giorno. « Ma se ti fidi » e qui la situazione cambia. « non devo dimostrare proprio niente. » Poi dai Meg… lui, con i segreti… ha l’accesso vip. Per stavolta si abbasserà a queste quisquilie. « Ti giuro che sarò una tomba. » Magari non letteralmente, ecco. « Poi appunto tu devi fidarti della mia parola. » Quindi siamo da capo a dodici, cara MEG. « Spara. Chi dobbiamo seppellire? »
B: Quando arriva la richiesta di un giuramento solenne (?) non perde tempo, staccandosi dal banco e facendo un paio di passetti avanti mentre la mano destra va a posarsi contro il petto – lì dove sotto la pelle c’è il cuoricino giallonero. « Giuro solennemente » di non avere buone intenzioni « Di non rivelare o parlare con nessuno a parte i presenti di quello che faremo » gli angoli delle labbra vanno a piegarsi spontaneamente verso l’alto, quasi non resistesse alla tentazione di ghignarsela « O vedremo. Va abbastanza bene o vuoi che mi inchino anche? Sai, per effetto » apposto « Comunque sai che non dico niente a nessuno. » lo sai, vero? Se l’è fatto il Silencio, pure se metaforico.
Bly: « Non così tanto formali, su » guardando l`altra BLYTHE « Nessuno di noi vuole essere beccato, è già un buon motivo per tenere il becco chiuso.» si stringe nelle spalle alzando le sopracciglia, una certa ovvietà nel tono di voce « Però potremmo comunque decidere cosa succede alle spie, così, per precauzione » un sorrisetto malizioso le incurva le labbra, mentre squadra i compagni uno a uno. Che kattivah.
Yara:  Fa eco a NICO nella sua risposta quando MEG finisce di parlare aggiungendo a voce alta « Puoi fidarti » mentre fa cenno affermativo con la testa come per dare forza alle sue parole « Non siamo mica JONAS o BRAN che andiamo a raccontare tutto ai professori » e no, la frecciatina ai due infami non poteva mancare.
Ceci: « Giuro di stare zitta molto zitta. » … « Solennemente. » la parola le piaceva, la sta rubando all’altra TASSA. Con una manina che si porta al petto, per dimostrare estrema sincerità, proprio. Però è vero, è sincera. « E’ morto qualcuno? » prioritario. Perché ha sentito NICO parlare di sepolture. Un’occhiata più lunga a EMILE, dato che lo vede zitto – e una alla WARTON, visto che parla di spie. Curiosità, eh, che vuole sapere anche lei cosa succede. Continua a starsene molto accigliata e addocchiare MAEGAN, manco avesse paura di perdersi la spiegazione principale.
Liù: Il suo giuramento si limita ad un cenno del mento, anche se è la punizione per le spie proposta dalla WHARTON che le fa offrire a quest’ultima un lieve incurvamento di un angolo delle labbra, fino a che la testa ruota verso YARA quando apre bocca e quel mezzo sorriso si spegne « Tu piuttosto. Sei una cornacchia con il becco largo. » sbuffa pure, gentilissima proprio eh.
Quello sguardo serio, infatti, cade al primo giuramento solenne che arriva proprio da CANARINO, per lasciare spazio al solito ghigno malandrino. Di quelli che non promette niente di buono, ma tant’è. « Se vuoi » fare l’inchino, è ben accetto, e un guizzo di sopracciglia testimonia il suo divertimento alla cosa. « Ma vi ho detto che mi fido » e questo è per rispondere a NICO chiaramente, « voglio che siate convinti e che non vi tiriate indietro – o se lo fate » e fa anche una piccola pausa ad effetto « che rispettiate il segreto » questo è il succo, anche se qui non facciamo nessuna fatica a contare ciecamente su TUTTI i presenti in stanza. Un sorriso a chi ha promesso cieca fiducia, e anche a LIU’ nonostante il solo cenno di testa. « Sapete che c’è il club di duello per i grandi, no? » e fa anche una pausa in attesa di cenni e assensi vari « Ecco, io non penso sia giusto che noi veniamo esclusi » e lo pensa solo lei sulla base del niente, ma okay.  (...)  « Non voglio litigi » categorica, un’altra volta « Se avete qualcosa contro l’altro avrete modo di sfidarvi come dei veri maghi e streghe » e quindi senza insulti « usando la vostra bacchetta e un po’ di fantasia ». (...)  « Appuntiamoci tutte le idee » quindi sia i nomi, sia i loghi sia tutte le cose bellissime che vengono proposte e che aumentano l’entusiasmo della piccoletti. « SIII, il nome in codice! » necessario diremmo qui, e ora lo sguardo divertito cade su YARA (sempre che l’incanto abbia fatto effetto) e « potremmo chiamarci Languelingua » lo dice divertita, ma insomma lei la proposta la fa. Anche se la regia dice che sono accette idee migliori. « Per il simbolo mi fido ciecamente di voi » e guarda chiaramente CECI e LIU’ « fatene uno grinzafichissimo!!!! » perché loro devono essere i più bellissimi. L’attenzione viene spostata su CANARINO e « Non ammetterei » al torneo « tutti coloro che pensano che un Impulsus sia magia nera » e fuori quindi i moralisti vari « e coloro che potrebbero fare da spioni » ciao team serpeverde.
Nico: E anche sul nome ha da ridire, sbuffando nel sentire il “Languelingua”. « O Mangialumache magari. » È ironico ovviamente, è per far capire quanto non apprezzi l’altro nome (?) « L’idea dei colori delle 4 case è bella. I nastrini non so… forse è eccessivo » o da femmine.
B: « Piace anche a me l’idea dei quattro colori. Però i nastrini » occhiata verso NICO « Sono un tocco di classe, mica possiamo tenerci uno stemma noioso con scie colorate e basta » insomma go big or go home. La proposta di MEG le fa scappare una mezza risata, portandola a spostare lo sguardo su di lei « Non male come nome. Però non pensate sarebbe un po’ sospetto? Immaginate dire tipo davanti ad un professore, “ehi, più tardi ci troviamo per il Languelìngua?” » poi sguardo veloce verso il GRIFONDORO « O Mangialumache » annuisce nel dargli ragione, per bocciare il nome – senza cattiveria MEG, ti amiamo sempre – ovviamente. « Però ammetto di non avere idee migliori quindi… possiamo pensarci su, senza fretta » prova a proporre con un sorriso di default.
Bly: « Non possiamo lanciarci incantesimi senza senso, un duello ha un certo... Ordine, di solito » contesta con l`aria offesa, ma non va oltre. È d`accordo sul nome, annuisce distrattamente « Per me va bene tutto » scrolla le spalle « Anche il simbolo sì, fate come volete. » e liquida la questione con un gesto della mano, lei vuole solo punire i traditori.
Ceci: Lo sguardo è verso LIU’ « Siii » approva, l’enfasi sulle i aggiuntive segnala l’entusiasmo annesso. « Potremmo tenere le scie – e magari i nastri fanno tipo – non so. Stendardi? Cioè, non proprio nastrini, più nastri grossi. Da stendardo. » ah, chiarissimo. « E secondo me le scie dovrebbero essere con i glitter, ma perché brillano e perché sono carini, capito. » no. Però è per il go big or go home, anche se sta cercando di mediare tra le idee che ha sentito. Cosa medi, non si sa. « Però basterebbe dire che vogliamo incontrarci per esercitare il – Mangialumache, e sarebbe meno sospetto? Se dovessero sentirci. Anche se non dovrebbero sentirci. » come risolvere il problema alla base, perché non sembra avere problemi.
« Va bene ci penseremo! » ecco, tutti quanti! « Se a qualcuno viene in mente lo dice » ma a chi? E dove? e quando? Panico. (...)  « Dobbiamo decidere un giorno preciso » sì, ecco. Necessario « E magari possiamo fare dei gruppi ? » proposta avanzata proprio a caso eh, date tutte quelle antipatie scomode nel gruppo.  « Sto ancora calcolando tutto. » stratega proprio « Dobbiamo trovare anche un modo per comunicare in fretta fra di noi » e ora guarda NICO affinchè lo segni. Galeoni magici? Ah no. « E poooi, sì, qualcuno si deve occupare di capire quando incastrare gli incontri » e guarda EMILE, che aveva avanzato al proposta e magari vuole farlo lui (!).
Nico: « Gli stendardi sono meglio dei nastri » ammette, molto tranquillamente proprio. « È meglio così secondo me » risponde a LIU stavolta. « Devono essere persone di cui possiamo fidarci! Dovremo anche esporre gli altri studenti per questa cosa, e se finissero per fare la spia e mettere nei guai non solo noi, ma pure i più grandi? » Potrebbe essere un problema, quindi meglio mantenere il cerchio ristretto, che è anche più facile per gli incontri. 
B: Uno scrollare di spalle segue invece la risposta di CECI su cui sposta sugli occhi, arricciando il naso « Oppure possiamo seguire il consiglio di quel vecchio film babbano su un… club segreto di botte? Comunque dicevano che la prima regola era non parlare del club » un bacio a chi la capisce, con tutto il cuore.
Bly: « Perfetto allora, quando sarai certa aggiornarci » con un piccolo cenno del capo, che qua se ci muoviamo troppo esplodiamo. Stringe le labbra « Per gli incastri potrei pensarci anche io, se non lo vuole fare EMILE » propone così, almeno fa qualcosa, lancia uno sguardo al tassorosso « O potremmo farlo insieme, comunque un modo si trova. » annuisce convinta.
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« mi tengo a te? »
« mmh » lo sguardo vaga dal suo bellissimo manico alla Corvonero, come se stesse valutando qualcosa di preciso « tu stai dietro » conclude così, senza nemmeno dare la scelta alla Corvonero sulla quale solleva lo sguardo. 
Sta già per allungare le mani verso la scopa che « ma come dietro? » okay lei pensava gliela prestassi proprio per fare un giro da sola. È un attimo confusa, ma non vuole rischiare che l’altro molli tutto e quindi dopo poco aggiunge « cioè come vuoi tu! » e mette anche le mani avanti che lei il giro lo vuole fare, da sola o con Seb è uguale a questo punto.
Nota quell`allungare la mani sulla sua Nimbus, un po` confuso in quel rimarcare un « dietro » e l`espressione interrogatoria, andando poi ad aggrottare ulteriormente le sopracciglia che forse forse ha capito - a scoppio ritardato, sì « pensavi me ne stessi qua a rompermi il gramo, scusa? » e sbuffa pure una mezza risata, con quel sorriso che va ad allargarsi al dire successivo « ecco » e tié, va pure a toccarti la fronte e spingere leggermente come volesse allontanare il suo musetto dalla sua bellissima scopa « come voglio io » nel mentre gli fa l`eco con un ghignetto tutto soddisfatto al poter aver completa scelta. E mentre va a mettersi il manico in mezzo alle gambe le lancia un`occhiatina « se vediamo che te la cavi e non caschi » occhiolino che, appunto, non preannuncia nulla di buono in contemporanea a quel ghignetto furbo « il prossimo giro te lo fai da sola. » 
Ed è chiaro che non si sono proprio capiti, perché Meg era già pronta a svolazzare da sola con Seb che le faceva ciao ciao con la manina da terra (?). « Ma nooo, mica a romperti il gramo eh! te ne stavi a vedere come sono brava » insomma potevi fare da giudice, allettante proposta. Maegan comunque decide che la scopa sua e la decisione è sua, ma quando le tocca la fronte Seb si prende un altro schiaffetto « ouu non toccare! » il tono è divertito comunque, e non riesce nemmeno a mettere il broncio visto che è troppo elettrizzata di farsi un giro in scopa sul Lago, anche se le tocca stare dietro. 
« seh, così poi morivi e magari mi graffiavi pure la scopa! » priorità. Il tono chiaramente sarcastico e divertito dalle sue stesse parole, andando a mordersi il labbro in quel trattenere le risate al "non toccare" che quasi quasi sarebbe pure tentato di allargare le molestie, ma l`altra mano è troppo impegnata a reggere la scopa quindi prova solo ad infilare l`indice nel fianco altrui - giusto per il gusto di infastidirla - e montare poi sulla scopa. 
Lo osserva mentre si mette la scopa tra le gambe e al “magari il prossimo giro te lo fai da sola” un altro grande sorriso è tutto per Seb, e con quella promessa di posiziona alle sue spalle e sopra il manico di scopa. E poi rimane un attimo incerta perché non sa dove posizionare le braccia, visto che a tenerle sul manico è un po’ scomoda « ma… » … « mi tengo a te? » sì lo sta chiedendo, quasi volesse chiedere il permesso per quel contatto fisico.
Imbarazzo zero a quella distanza che va ad accorciare ulteriormente, lo sguardo fisso davanti a sé ed un sorrisone sulle labbra mentre quella si posiziona. Non va nemmeno a rispondere a quel "mi tengo a te" perché si limita a dare una spinta contro il pavimento così da sollevarsi, un piccolo piegare le ginocchia mentre si spera che Meg colga il tutto e da qualche parte si attacchi. Un`accelerata dove sotto la concentrazione è palese ci sia tutta la felicità del caso nel sferzare l`aria, il sorrisone sulle labbra e gli occhi che vanno un po` a serrarsi in quel volare ad un metro appena dalla superficie dell`acqua, per poi sollevare un poco la schiena rallentando quel minimo che gli serve per girare la testolina e « bleaah non mi toccare! » e si scuote appena tenendo però attaccati alla scopa gambe e manine.
Maegan si posiziona proprio dietro l’altro e con il sedere già sulla scopa ed è incerta su come appoggiarsi, e anche un tantino imbarazzata. Seb ovviamente non collabora, anzi. Dà un spinta sul pavimento e Meg non aspettandoselo assolutamente appoggia le braccia sulla cosa più vicina a lei e quindi proprio sul secondino, in una specie di abbraccio da dietro. Non ha nemmeno il tempo di imbarazzarsi o altro che inizia anche ad accelerare e quindi si stringe involontariamente ancora di più all’altro finendo anche con una guancia appoggiata alla sua schiena. Chiude per un attimo gli occhi, un po’ perché tutto quel freddo che sferza sul viso la porta a farlo e un po’ per godersi la sensazione di volare in un giorno di neve. E poi rallentano un attimo e in tutto ciò Meg non ha detto nulla, si è limitata a fare un sorriso mezzo da ebete per tutto il tempo e al “non mi toccare” d’istinto si irrigidisce e dice « oh… ehm scusa » e così facendo si staccherebbe un pochino dall’altro, cercando anche di rimanere in equilibrio senza dover stare appicciata come una cozza a lui. 
Molestie a parte, si passa al vero contatto, al prendere il volo e ritrovarsela lì attaccata. Che poi a lui figurati se spiace - anzi, è pure più semplice volare in quel modo - ed infatti il fatto che lei non colga quel suo scherzare lo spiazza per un attimo, andando a girarsi di scatto mentre rallenta ulteriormente « ma sei scema? » proprio così, schietto schietto ma con tono bonario « stavo scherzando! » il tono allegro e un sorrisetto ad accompagnare, come la dovesse rassicurare per quell’mbarazzo-moment. [...]  Prendono un bel po` di quota nemmeno troppo veloce rispetto a quanto farebbe solo, e poi ancora con la solita sorpresa « TIENITI! » se già non si fosse attaccata a lui a mo` di cozza le tocca farlo, visto che lui va a compiere un dietro-front, così da ritrovarsi il castello proprio davanti; e rallenta nuovamente mettendosi dritto con la schiena per godersi il paesaggio un po` più a lungo, andando poi ad arrestarsi lì.
Felicità che per un attimo sfuma quando lui le dice in modo ironico di non toccarla, ma peccato che lei non la colga l’ironia e si è staccata in modo da non dare fastidio all’altro. “ma sei scema?” e lo guarda confusa « ah » stava scherzando « e che ne so ioo, pensavo parlassi sul serio » e salda un po’ di più la presa intorno alla vita dell’altro ma comunque non torna a spiaccicarsi tipo cozza sulla sua schiena. Perché adesso non è convinta lei di quel contatto così ravvicinato. Again la prende alla sprovvista e allora si ripete un po’ di nuovo la scena di prima: per istinto si aggrappa forte a lui, stringe ginocchia e cosce e chiude gli occhi per la velocità e i conseguenti fiocchi di neve negli occhi, visto che stanno virando verso l’alto. A quel “tieniti” lei si stringe ancora più forte a lui, manco si aspettasse di fare il giro della morte e va ad appoggiarsi completamente alla sua schiena, anche per bilanciare meglio il peso. La virata non se la aspetta e un « uuh » precede una risata. Si raddrizza insieme a Seb quando l’altro lo fa, ma non allenta il contatto fisico sta volta. Magari perché ha deciso così o magari perché ha solo paura che la prenda un’altra volta di sorpresa. [...] « Qual è il tuo ricordo più bello fino ad ora? » dice riportando lo sguardo verso il castello e con i fiocchi di neve che continuano a cadere e riempirli di puntini bianchi.
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Lo sguardo perso puntato sul castello come non volesse più muoversi da lì, va ad aspirare tutta l`aria in un respiro profondo che lo smuove un poco, dilatando le narici come volesse imprimere nella mente il ricordo, l`espressione serena dipinta sul volto: perché semplicemente è lì lontano da tutte le preoccupazioni, in compagnia di una personcina che, in qualche modo, lo fa un po` distrarre da tutto il resto. Si gode bene quella stretta che è chiaro apprezzi, andando pure ad appoggiare il suo braccio su quello altrui, le manine che vanno a toccarsi per una breve stretta che va a schiacciare contro il suo petto, il suo palmo sul dorso della mano di lei. Torna poi con il pugno sulla scopa, andando a ragionare su quella domanda che apprezza per tutta la spontaneità con la quale esce. Serra le labbra « quando mi hanno ammesso qua. » che potrebbe essere pure banale agli occhi altrui, ma nella sua voce non c`è ombra di dubbio. E` quello il ricordo più bello, al momento « il tuo? » girandosi verso questa e scambiandole pure un sorriso grato.
Se in un primo momento non sembrava volesse recuperare quel contatto fisico così ravvicinato si ritrova quasi obbligata a farlo, ma in realtà – stranamente – non la infastidisce così tanto. E forse è più questo a stranirla che il contatto in sé. Ma tant’è che è proprio in posizione koala tra tutti quegli accelerare e virare , e rimane così anche quando si fermano davanti allo spettacolo del Castello innevato che non fa altro che allargarle ancora di più il sorriso sul volto e involontariamente appoggiarsi un po’ di più sul Grifondoro. E sta bene. Così bene che quando questo le tocca la mano non la ritrae e nemmeno arrossisce, si limita a stringere un pochino le braccia intorno al corpo dell’altro. Una pressione molto leggera, ma percepibile. Non chiede niente a proposito della risposta del ragazzo, anche se non l’ha capita. Ma forse preferisce non capirle certe cose e basta. Lei sta ancora guardando il Castello ma quando sente la testa di lui girarsi verso di lei cattura il suo sguardo con quei grandi occhi blu, che tra il bianco della neve e il rossore del nasino sicuro risaltano, e gli rivolge di rimando un piccolo sorriso. Per rispondere torna a guardare il Castello « Forse quando sono arrivata e l’ho visto per la prima volta con le barche » il castello intende « per quello mi piace così tanto la Rimessa perché… beh mi ricorda sempre quel momento » e fa spallucce, quello è stato sicuramente il momento più magico di tutti. Anche se i ricordi belli stanno diventando tanti. Torna a guardare Seb facendogli un altro piccolo sorriso.
Forse si ferma un po` di più a scambiarle quel sorriso, catturando pure il suo viso in questo ricordo che di sicuro entrerà a far parte tra i più belli. Torna a voltare lentamente la testolina sul castello poi, accennando alla risposta con il capo in modo silenzioso [...] « scendiamo? » che quasi si sente in colpa ad interrompere tutta la magia del momento ma tant`è, lo dice con quel tono accomodante in un sussurro, andando a lanciarle un`altra occhiatina arricciando il labbro in un mezzo sorriso. 
« ancora cinque secondi e poi sì » gli dice con un sorriso grato. Perché sì lei sta un po’ congelando lì, e nonostante il calore da contatto fisico e la termica calda ormai sta un po’ battendo i dentini. Però ancora cinque secondi in cui guarda ancora il castello, chiude forte gli occhi e poi li riapre forte, proprio come se stesse fotografando il momento nella sua testa. Torna con lo sguardo verso Seb e annuisce sorridendogli, scendiamo.
[...]
 « alloooora » sorrisone divertito per tutta l`adrenalina che una picchiata come quella provoca, oltre ad un po` troppo entusiasmo « me la cavo bene, eh? » con tanto di strizzata d`occhio. Vai, gonfiaci l`ego ancora un po`.
 « sì dai non sei troppo male te lo concedo » dice divertita e ridacchiando un po’, che qui soddisfazioni complete non arriveranno mai. Cerca gli occhi di lui e quando li trova gli dice un altro « Grazie Seb » molto sentito, con sorriso speciale annesso.
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un sotterraneo-soffitta;
“Devi venire con me” sono le parole che sottovoce Charlotte ha detto, ordinato per lo più, a Jeremy non appena l’ha trovato dentro la biblioteca. « Oggi vediamo se sei davvero tu, il gemello intelligente. » punzecchiandoli il braccio con il dito della mancina che va proprio su quello a premere. « Sicuramente scoprire dove si trova un posto super-segreto è molto più favoloso che studiare quello che stavi facendo, no? » facendo spallucce, detto con l’aria angelica facendo finta di non averlo appena tolto dallo studio e dai compiti da fare. « Secondo te è possibile che un sotterraneo sia una soffitta? Mpf! » lo dice, ridacchiando della sua stessa sciocca idea e convinzione.
A quel sorriso non può che inclinare leggermente il capo, restando comunque un pochino a disagio « il fatto che tu ancora te lo chieda mi fa paura » tenta di punzecchiarla di rimando in maniera scherzosa, fallendo miseramente dato che tutto ciò che traspare dal suo tono è una certa ansia sociale. « Più favoloso dei GUFO, qualunque cosa » ammette addirittura, con un piccolo sbuffo. Si blocca, sbattendo le palpebre un paio di volte e iniziando a guardarsi intorno « perchè no? » con tono serio. Non trova che abbia detto una sciocchezza, pare « e poi alto o basso sono molto soggettivi, dipende sempre da come sei messo » ma cosa stai dicendo Jeremy. « Solo che... come ci arriviamo al soffitto, se anche fosse lì? »
« Me lo chiedo perché ho una teoria su voi Corvonero. » dice alzando il mento, con un vago accenno di presunzione. « La vostra presunta conoscenza è tutta una pluffa ammosciata, ma visto che mi sei simpatico ti do una chance. » una eh, perché poi altre anche no. Si mordicchia le labbra inferiore coi denti quando vede l’altro incuriosirsi segno che almeno ha catturato la sua attenzione e sa di avere un po’ di spazio per sé e vedere cosa si può fare.
« Ora, tu sei un tipo sveglio, no? Chi dice di sapere dove si trova questo posto dice di… puntare in alto, o comunque indicano l’alto. » guardando verso il soffitto piegando il collo per avere gli occhi puntati per l’appunto verso l’alto.
« Okay, cerchiamo... puntare in alto? » le fa eco, piegando a sua volta il collo per andare a guardare il soffitto.
« Sì, così ha detto Osbert… ma vabè, cioè. Magari c’ha un po’ troppe pozioni per dimenticare sul groppone. » ridacchiando alla possibilità che la memoria del prof sia un po’ vacillante.
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« Puntare in alto » ripete, lentamente. Allunga la mano verso il suo braccio, cercando di tirare con delicatezza la manica della serpeverde « le lance puntano in alto, sì... e anche le punte delle finestre, mh? » ipotizza, senza troppa convinzione, continuando a guardare verso l`alto e facendo un paio di passi verso le finestre, tentando di portarsi via anche lei. « e se ti sollevo? » le propone, senza smettere di guardare in alto. Gli verrà il torcicollo.
« Le punte delle finestre.. mh. » guardando adesso verso le stesse che, effettivamente, vanno verso l’alto. « Mi sollevi? » chiede con l’aria un pelino più preoccupata. « Ma sei sicuro di farcela? » lei è un fuscellino, per carità « Quindi anche tu sei un Avery coi muscoli, eh? Non solo tuo fratello. » poi guarda verso le finestre. Il suo istinto di autoconservazione le sconsiglia di farlo, ma la curiosità è tanta. « Vabè, proviamo dai. » avvicinandosi a lui, così che possa sollevarla come meglio crede. « Basta che non la usi come scusa per toccarmi il culo. » ecco.
« Non lo so, proviamo? Non sono esattamente muscoloso, no » le rivela, come se fosse un segreto poi. Si morde il labbro, nervosissimo, rimanendo impalato quando l`altra si avvicina. Arrossisce anche, a quell`uscita così naturale della favolosa « ... m-ma io n-non » tilt, addio. Inspira profondamente e scuote il capo, cercando di riprendersi e non entrare in iperventilazione « Non faccio certe cose » dice, premurandosi di guardare altrove per un paio di secondi. poi torna a guardarla, ma solo perchè ormai si è impegnato in questa cosa e bisogna quantomeno provarci. Poggia la borsa, girandole un po` intorno per cercare di capire come prenderla senza uccidersi troppo. « Menomale che sei minuta » anche tu Jer, non sappiamo come dirtelo. « Allora, facciamo così » e cerca di nuovo di prenderle una manica per trascinarla dolcemente vicino a una parete. A questo punto poggia un ginocchio a terra, porgendole entrambe le mani « sali quì » la invita, indicando l`altra coscia che dovrebbe fare circa da gradino. « Poi puoi calpestarmi tipo una scala » ma cos. Tiene entrambe le punte dei piedi piantate a terra. Se lei salisse sulla sua coscia, cercherebbe di far leva sulle punte dei piedi per tirarsi un po` su, mollando la presa sulle sue mani per andare ad cercare di afferrarle... i fianchi - non senza un istante di smarrimento, non sapendo bene dove mettere le mani dato anche che lei ha tutte le cosce di fuori e indossa la gonna, il che non è il massimo in questa posizione - per TENTARE di aiutarla a protendersi verso l`alto.
« Checcarino, Remy, c’hai tutta la faccia rossa. » e la cosa potrebbe non aiutare. « Maddai lo so che non lo fai.. cioè non lo so. Ma te lo dicevo così, per ricordartelo. » perché effettivamente porta la gonna e vedere, toccare… è facile se deve essere sollevata, sai com’è. « Già, menomale. Non farmi cadere o ti schianto tutti i giorni fino ai MAGO. » nemmeno i GUFO, direttamente i MAGO e potrebbero essere due anni di inferno se ci pensa bene. Ad ogni mdoo si lascia prendere dall’altro per i fianchi così che possa esser sollevata, sbuffando proprio perché sa che quello può vedere cose. « Non distrarti, Remy, stai andando abbastanza ben.. bene. » Non è una cheerleader ma potrebbe anche pensarci un domani. « Ohi, cioè.. non so se ci sono cose da queste parti non mi sembra almeno. » dall’alto della loro insolita posizione. « E poi è un po’ scomodo secondo me entrare in un posto in ‘sto modo, ti pare? » provando ad abbassare la testa e guardare l’altro che chissà come si sta nascondendo. Poi ammette con naturalezza « Anche una bacchetta può puntare verso l’alto. Oh, e se facessimo un Alohomora per tutto il soffitto? »
Occhiatina tattica a Charlotte, come ad attendere il suo via intanto che si inizia a concentrare. Punta lo sguardo e la bacchetta verso il soffitto, chiudendo gli occhi per qualche secondo e concentrandosi sulla volontà di aprire un passaggio. Immagina il soffitto come una grande porta, ed è ancora lì che punta mentre dopo aver riaperto gli occhi dice « Alohomòra! »
Lancia proprio quello sguardo tattico di cui Remy ha fatto quasi richiesta con la propria, di occhiatina e poi con un cenno della testa, e sfoderando la bacchetta ecco che prova a castare l’incantesimo. La volontà e la concentrazione adeguata a fare in modo che si apra una specie di porta, una porta che possa anche poi far scendere scalette o funi magiche ma insomma l’intento è l’apertura di una porta d’accesso. « Alohomòra! » pronuncerebbe anche lei, qualche passo poco più in là. « Dài, proviamo per tutto il piano!! » wiii, molto meglio che stare a studiare in biblioteca, no? Ecco.
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dorothymacgillivray · 3 years
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«Che hai, LaLaurie? Allergico alle femmine?»
Chiede con naturalezza, visti i suoi modi di non accennare a sedersi, o almeno non lì. Strano? Sicuramente no, ma ogni scusa è buona. «Su, siediti.» Fa anche cenno col capo in direzione davanti a sé. «Mi servi come cavia per una cosa. Niente di traumatico.»
L: « Non direi » per ora, non gli hanno diagnosticato nessuna allergia al gentil sesso « Ma ai tuoi esperimenti probabilmente sì. » Solleva un sopracciglio, studiandola dall’alto della propria seduta, l’espressione perfettamente distesa e unimpressed. « Dunque, posso sapere di che si tratta? »
Dallo zainetto la Corvonero estrae un contenitore in stoffa scura in velluto, grande circa quanto la sua mano, e successivamente da questo prende un mazzo di carte, che poggia sulla superficie dinanzi a sè «Tarocchi.» Giusto per fare capire che no, no stava cercando qualcuno per giocare a poker. «Non ce li ho da molto ma non ho neppure capito se mi piacciono. Per farlo ho bisogno di qualcuno, però.» E questo dovrebbe essere scontato. «Quindi? Te la devi ancora tirare o ci stai?»
L: L’interesse rimbalza per un paio di volte dalla compagna al mazzo di tarocchi « Cosa devo fare? » Un pizzico di perplessità, prima di tornare ad osservarla da dietro il bordo della tazza, impegnato a lasciar scivolare il liquido lungo la gola.
Le dita affusolate e tempestate di anelli di vario tipo intanto iniziano a mescolare in maniera non propriamente rapida, ma neppure goffa, quelle carte dal retro che presenta un pentagono a simboleggiare i quattro elementi. Inizia a spiegargli mentre le osserva. «Beh, nulla di particolare. Tu mi fai una domanda e io interpreto le carte che ti chiederò di scegliere. Può essere di qualsiasi tipo, ma... è meglio se si tratti di un consiglio. Per esempio, come devi agire in un particolare contesto, come raggiungere un certo obiettivo...» Butta tutte le ipotesi che le vengono in mente, finchè poi con un gesto rapido non stende tutte le carte coperte in un piccolo semicerchio, in fila. «È meglio che tu sia chiaro nella tua domanda per un’interpretazione migliore, ma non è necessaria la precisione se vuoi rimanere riservato.» Fa spallucce, poi un segno di avvicinarsi al tavolo Corvonero. «Scegli le carte. Quante vuoi, a istinto.»
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L: Soltanto lo sguardo scuro rimane fedele al focus iniziale: la MacGillivray, ascoltandola nel pieno del suo spiegone sui tarocchi e di quello che dovrà andare a fare lui, di lì a pochi istanti. C’è un attimo di silenzio tombale nel mezzo, dove sono le carte distese ad occupare la scena, più un rapido frullare di pensieri — o così potrebbe sembrare, dal momento che le sopracciglia del LaLaurie si abbassano nella tipica espressione di chi sta rovistando mentalmente, alla ricerca di chissà che cosa. « … » Consigli, dice lei. Consigli. Suono di un veloce risucchio d’aria all’interno dei polmoni, e « Voglio sapere se lo str*nzo figlio di Morgana avrà quello che si merita. » Chiarezza sia, senza mezzi termini e, d’altro canto, neanche dettagli superflui, con la voce che si tinge di una nota più brusca, emotionless, che potrebbe facilmente significare una qualche irritazione. Niente commentini indesiderati a fare da siparietto, piuttosto vede di mettere da parte la tazza, posizionandola sul vassoio, e selezionare le carte da cui si sente più attratto, di getto, trascinandole giusto di qualche centimetro verso di sé, senza girarle. Le muove solamente, per un totale di quattro tarocchi.
Gli occhi color tempesta, che sotto quella poca luce sembrano proprio un grigio sporco, si posano pazienti sul terzino, attenti ad ogni suo cambio d’espressione. Et voilà, evidentemente qualcuno si deve vendicare. Ma il fatto che non abbia seguito i suoi suggerimenti le fa inclinare le sopracciglia in basso, corrucciate. «Mh.» E il Serpeverde poi si avvicina scegliendo quattro carte, che almeno non sono troppe. «Ammetto che un po’ sono curiosa.» Un po’, eh. «Ma se ti ho chiesto di formulare in un certo modo è perchè non si tratta esattamente di prevedere il futuro, piuttosto di mostrarti un possibile scenario. Non so se mi spiego.» Poi toglie di mezzo tutte le altre carte, lasciando solo le quattro scelte, che avvicina a sé. «Ma apprezzo il fatto che tu sia andato al punto.» Meglio di niente, insomma. Ed ecco qua: Dorothy gira la prima carta lentamente per visualizzarne il contenuto, e così poi fa con le successive. Rimane in silenzio per qualche istante, giusto in tempo per ricordarsi bene quei significati. «Duuunque» inizia lo show «La prima carta è un Cavaliere di Coppe al contrario, e potrebbe mostrarmi questa persona di cui mi stai parlando. Un’energia maschile, a contatto con la propria emotività così tanto da farsi coinvolgere negativamente, se non riesce a mantenere il controllo. In un certo senso partiamo bene.» E poi «La seconda carta invece è la Ruota della Fortuna, che sostanzialmente indica un ciclo che va avanti con i suoi cambiamenti e suggerisce che tutto ciò che arriva ritorna indietro, sia esso positivo o negativo. Quindi, se questa persona ti ha fatto del male c’è una buona possibilità che il karma lavori a tuo favore.» Continua a picchiettare contro la superficie, pensierosa, finchè non indica proprio la terza carta. «Questa è la Luna. Rappresenta le illusioni, ma anche l’intuizione. I tarocchi ti suggeriscono quindi di agire celato nel buio e non alla luce del sole, se vuoi fargliela pagare. Devi confondere i tuoi nemici camuffando le tue intenzioni, quindi fa il doppio giochista, cerca di mettere su un piano di vendetta coi fiocchi.» E siamo arrivati all’ultima carta. «Questo invece è il Tre di Denari. Il seme dei denari rappresenta la materialità, ma anche il duro lavoro. Dovrebbe essere la carta della.. collaborazione e del lavoro di squadra: se riuscirai a trovare qualcuno di fidato che ti aiuti nella tua vendetta, il processo sarà più rapido.» Adesso sguardo tutto per il Serpeverde. «Alla fine ti ho comunque dato un consiglio su cosa fare, ma ripeto: c`è una buona possibilità che questa persona abbia "ciò che si merita"» giusto per citarlo, mentre prende anche le quattro carte per infilarle insieme alle altre nel mazzo. «In qualsiasi modo si sviluppi la vicenda dammi un feedback in futuro. Così almeno capisco come sto andando, che ne dici?»
L: « Se non è per fare delle previsioni, a che bolide dovrebbe servire la Divinazione? » Wait, è di quella che parliamo, sì? Bene ma non benissimo, finché la osserva voltare le carte una dopo l’altra e concentrarsi — lui, tuttora appollaiato sul tavolo e fornito di sopracciglia aggrottate, quasi al punto da adombrare le iridi nero pece. By the way, non sembra propenso a volersi perdere una singola parola della lettura, e così il punto finisce per rimbalzare dai tarocchi al volto della Bronzo–blu, ancora una volta. Non apre bocca, tradito soltanto da qualche battito di palpebre vario ed eventuale, fino al termine dell’intero monologo, momento in cui con estrema nonchalance ripesca la sua tazza dal vassoio, consumando una sorsata di tea caldo. « Quindi » ricomincia poi, dopo aver inghiottito « La risposta è sì? » Che tutti questi consigli mica glieli ha chiesti, forse già un’interpretazione concisa gli sarebbe andata a genio « Non c’è bisogno che mi scomodi perché » piccolo gesto non pervenuto della mancina, vago « Ci pensa il destino? » Tanto per capire se ha compreso il messaggio, nonostante qualcosa nell’espressione trasmetta una scintilla di perplessità. « Ok. » Alzata di spalle finale, con leggerezza, culminante nel tintinnare delle porcellane di piattini. « Comunque c’è dell’altro tea, se ne vuoi » nevica « E’ ancora caldo. » Mica glielo versa però, per quello esistono gli Elfi.
#terzoanno #lionel #tarocchi #cucine
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viaggiatricepigra · 1 year
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Con un ritardo mostruoso pubblico anche qui la mia opinione su questo romanzo che avevo atteso trepidante e che si è rivelato una bella lettura, ma insipida nei contenuti. Insomma, mi aspettavo molto di più fra le sue pagine. Pensavo di leggere la storia delle mogli di Dracula (che ancora non ho letto: lo so! Shame of me), ma mi sono trovata a spiluccare dettagli qui e là, senza sentirmi appagata. No, non è scritto male, ma manca...sostanza, diciamo. Scorre veloce, ha uno stile molto moderno ed inclusivo, si stacca un po' dalla storia (una delle "mogli" è un uomo, o per meglio dire un ragazzino). Insomma, è una lettura particolare che sa di pubblico giovane, acerbo, una lettura veloce per chi deve approcciarsi ai classici e con questa sorta di retelling potrebbe incuriosirsi e farlo. Anche se devo dirlo, puzza un po' di moda, perché ultimamente ne escono troppi così. Ma nonostante questo, sono uscite letture decisamente peggiori di questo "genere". La storia è raccontata come una sorta di confessione di Constanta, dove ripercorre, tramite alcuni ricordi, la sua lunga vita con il suo Signore (e padrone). Ci racconterà com'è iniziato il tutto, i viaggi che hanno fatto insieme, la conoscenza con Magdalena e poi con Alexi, e la loro entrata in famiglia. Ci si sofferma, ma non troppo, sul carattere brusco e crudele del suo grande amore, che riesce a manipolare tutti costantemente negli anni. Il problema è che è tutto veloce, rapido, accennato. Seppur ci viene data la possibilità di vedere e capire quanto sottili ma potenti siano certe violenze psicologiche, avrei preferito qualcosa in più. Ma anche della vita quotidiana. Leggiamo istantanee di una vita secolare, che non bastano per farci immedesimare in tutto quello. Almeno, per me non è stato così. Il finale...no. Una scena totalmente gratuita, se non ricordo male un mini racconto aggiunto come bonus, che poteva esser tolto senza il minimo problema. Non aggiunge nulla di particolare. Consigliarlo comunque o no? Eh, difficile a dirsi. Sul blog trovate l'opinione completa se volete saperne un po' in più a riguardo (link in bio)
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