Tumgik
#per me è come una seconda casa mi manca tantissimo
kibu-me · 15 days
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Scusa, sei dell'Italia?
Ciao! Non, sono spagnola ma parlo italiano! Ho fatto l'Erasmus in Italia alcuni anni fa
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gcorvetti · 11 months
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A dà passà a iurnat.
Detto napoletano che tradotto letteralmente significa "deve passare la giornata", ma che ha il suo significato insito nel fatto che anche le brutte giornate finiscono, direi che anche iniziano ed è quello il punto dolente della situazione. Non voglio entrare nel merito di come e perché e soprattutto mi so scucciat di giorni che iniziano di merda, quindi vado oltre. Ma non è solo oggi che deve passare, deve passare questo fatto che nonostante il nano sia stato il peggiore malavitoso degli ultimi 150 anni sta monopolizzando tutto, non ci sono testate che dedichino a sto infame articoli su articoli, sicuramente per coprire le notizie importanti, chi lo glorifica e chi lo attacca (in pochi veramente), ma basta è morto, chiudiamo sto capitolo triste, cancellate tutte le leggi ad personam che si è fatto e andiamo avanti, perché c'è questo masochismo da parte di tutti.
Oggi un contatto su FB, un tizio che è giornalista estone, ha scritto due distinte cose in un post, direi anche un pò correlate tra loro, la prima è che i giovani sono depressi per via del cambiamento climatico nonostante i loro sforzi, la seconda è che molti (direi troppi) tendono a guardare quello che fanno gli altri e meno quello che fanno loro, non dal lato comportamentale ma proprio come sono gli altri. Riguardo la prima c'è da dire che questo senso di disagio è dovuto al fatto che dai piani alti puntano il dito sempre verso il basso facendoci sentire in colpa se non facciamo la differenziata, se usiamo troppo l'auto e cose del genere; ma le persone non si rendono conto del macro, del fatto che se anche io uso l'auto, per esempio, per fare casa-lavoro non inquino poi così tanto, alcuni studi hanno dimostrato che una nave trasporta container che solca l'oceano atlantico inquina quanto tutte le auto in Europa per una settimana, questo dovrebbe fare capire quanto la globalizzazione stia dando il suo forte contributo all'accelerazione del processo di riscaldamento, se si calcola quante navi (anche quelle da crociera inquinano tantissimo) solcano gli oceani per portare merci a destra e a manca possiamo notare che la nostra piccola auto in realtà non inquina, in rapporto, inquina lo stesso ma molto meno. Un altro aspetto è che le aziende che vendono acqua non producono acqua ma bottiglie di plastica, ma in generale ci sono fabbriche che producono prodotti inutili, vedi gadget usa e getta o comunque oggetti che non hanno nessun utilizzo pratico ma puramente economico per quelle aziende, questi stabilimenti andrebbero chiusi; ci vorrebbe una sorta di inventario per capire chi inquina inutilmente, allora si potrebbe iniziare a tagliare un pò di riscaldamento.
Passando al secondo punto, e parlo della città in cui anche lui vive che è Tartu piccola e paragonabile ad un paesino, direi che le persone adottano ben bene quella cosa della pagliuzza e della trave che c'è nella bibbia, sono pronti ad additarti per un'inezia mentre loro ne fanno di tutti i colori ed è tutto lecito. Ma secondo me questo accade un pò ovunque, lui dice che bisognerebbe guardarsi un pò dentro, ma se le persone pensano al loro aspetto esteriore come fanno a guardarsi dentro? Cioè non hanno gli strumenti adatti per farlo, hanno una visione della vita come se fosse un film dove tutto deve essere perfetto e a lieto fine, non funziona così, la vita è una merda se compariamo i momenti di felicità a quelli di tristezza o a quelli difficili, senza contare alle giornate intere "NO". Non penso di rispondere al tipo, anche se ho fortemente una voglia di dire la mia a riguardo, ma penso che basta questo post, anche perché onestamente a me di sta gente non frega un cazzo. Ieri ho ricevuto l'ennesima mail che mi diceva che non vado avanti nel processo per un posto di lavoro, ok almeno sti qua hanno scritto nonostante nel form compilato al secondo step c'era scritto che non avrebbero contattato i candidati non idonei, peccato era un lavoro online da casa.
L'idea di andare via si sta insinuando piano piano come una spina di riccio e in tutto questo le parole di rimprovero incazzato di lei di stamane (appena alzato) non aiutano mica. Mettendo un pò le cose sulla bilancia a livello artistico qua non ci cavo un ragno dal buco e in ogni caso in questo momento mi serve tempo per riprendermi, per il lavoro non sembra ci sia una strada, su sta cosa non so precisamente il perché, come detto le aziende non rispondono una volta inviato il CV se non sei idoneo non ti cagano, e qua potrei fare mille ipotesi che però restano tali perché è semplice smontarle da parte di sti qua, io penso che siano razzisti e che siccome non sono autoctono non mi contattano; quello dell'acqua park voleva uno schiavo, ma io non lo sono, anzi. Stando a questi due fattori principali direi che sarebbe l'ideale prendere la valigia e andare dove posso avere un lavoro normale, che come termine non mi piace ma non trovo la parola giusta (forse dignitoso?), che sta per orario a norma e stipendio giusto, senza schiavismi o salari da fame; per la musica penso che per quello che faccio io qua non sia il posto adatto, non perché è troppo particolare, a Luglio torna il Reverend beat man, lui non vive qua io si, siccome vivo qua mi devo adattare alla mediocrità delle persone se voglio suonare, come se a fare la musica sono loro, si loro l'ascoltano, forse, in ogni caso sono dell'idea che quando c'è qualcuno che ha qualcosa in più loro tendono a tirarlo giù. Mi sono dilungato, come capita spesso ma mi è servito come psicoterapia, mi sento meglio, concludo con una frase che mi disse lo psicologo dell'ultimo posto di lavoro quando ero affacciato sul baratro del burn-out : "Da quanto tempo non fai qualcosa per te stesso?".
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abr · 3 years
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al mattino il marito della Ferragni ci ha spiegato quanto siamo scemi a scrivere di lui e di sua moglie come avessero il dovere di capirci qualcosa: mica sono politici, loro; e al pomeriggio ha organizzato una diretta Instagram, con ospiti Alessandro Zan, Giuseppe Civati, e Marco Cappato (che in confronto al resto dei convenuti pareva Churchill). La moglie era a Cannes, e in diretta scriveva nei commenti, lasciava bandierine arcobaleno o compitava solleciti «ciao amore». (...) I presenti, consapevoli d’aver davanti uno con gli strumenti culturali d’un ripetente di seconda media, col quale è tuttavia bene essere ossequiosi per non alienarsi i dodici milioni e fischia di follower (trentamila che seguono la diretta, e dodici milioni che senz’altro la recupereranno successivamente), fanno dei giri di parole per non dirgli di ripresentarsi quando avrà studiato.(...) Il marito della Ferragni dice che è scandaloso il voto segreto, l’elettore ha diritto di sapere, e Civati aspetta mezz’ora prima di illustrargli il concetto di libertà di coscienza con parole così semplici che secondo me sta pensando «Ti faccio un disegnino». (...) Il personal branding ti vuole sostenitore di buone cause, mica informato sulle stesse: se non è Zeitgeist questo (mi permetto di dire «Zeitgeist» perché ho meno pubblico della famiglia Ferragni: quando ti rivolgi alla nicchia a volte puoi osare persino un quadrisillabo bisdrucciolo). (...) È la diretta del vale tutto, è evidente quando Zan dice «bisogna aiutare questi bambini nel loro percorso di transizione», e lì non c’è non dico uno psichiatra ma anche solo uno che abbia letto mezzo testo sul tema e sappia che la maggior parte delle disforie infantili si risolve senza alcun bisogno di transizione. (...) Meno male che Cappato c’è, e prova a spiegare che la testa della gente non si cambia a botte di codice penale (...).  Poco dopo arriva Civati e dice «se una cosa è giusta e la fanno altri paesi europei», ed evidentemente i suoi genitori non gli hanno mai spiegato che a loro non importava di cosa facessero gli altri bambini, gli è rimasta la smania di emulare gli altri. (...) Il marito della Ferragni dice che viviamo in «uno scenario distopico», e invoca «l’opportunità di essere un pochino al passo coi tempi, di non essere anacronistici», e non sta ipotizzando un paese in cui i gay possano adottare o i paralitici possano trovar liberi i marciapiedi (ci sarebbe anche l’abilismo, nella Zan, ma va meno di moda parlarne). Sta parlando solo di darci il permesso di dirci maschi seppur con molte tette, ovvero di tutelare l’identità di genere, quella cosa che lui crede sia «maschile, femminile». Va tutto bene. «Siamo ai primi di luglio e già il pensiero è entrato in moratoria. Drammi non se ne vedono, se mai disfunzioni», scriveva cinquanta estati fa Montale, che persino a casa Ferragni avranno avuto nei testi delle medie. (...) Intanto, sotto, passano i commenti del paese reale che sta guardando la diretta che ci renderà un paese migliore: «Ciao Fede mi saluti?».
Guia Soncini percula la diretta instagram di FEDEZ.  Manca solo un NON DATE DA MANGIARE AGLI ANIMALI.  
Frega un cazzo dei due ripetenti braccia rubate ai lavori che nessuno vuol più fare, questo  è un autogol dell’intellighentsia sinistra ossequiosa dei due influencer. Ricorda tantissimo il povero Bersani davanti al Sinedrio delle scimmie m5s ai tempi delle sue elezioni perdenti. E’ la conferma ma che dico dell’arretramento, della EVAPORAZIONE CULTURALE DEL SINISTRISMO.
 via https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ldquo-mi-viene-mente-berlusconi-sua-saggia-convinzione-che-276047.htm
Un solo PS non da ridere sul cane bastardo che si permette di dire: «bisogna aiutare questi bambini nel loro percorso di transizione». Il vero TARGET di codesti sono I VOSTRI BAMBINI. DA SEMPRE. 
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victoriarott · 3 years
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Se controlli le informazioni, puoi controllare la maggior parte degli imprevisti.
mood: sollevata. // craving: Monica. // ost: i rumori dell'aeroporto e dei povery come me che aspettano i voli di domani.
Mi mancavano tutti tantissimo prima di partire. Avevo tanta ansia, perché c'erano solo tre treni che facevano al caso mio, che mi avrebbero portata qui, sana e salva.
Ho preso quello più vicino all'orario di imbarco (04:45), cioè quello che mi avrebbe portata all'aeroporto alle 23 e qualcosa, del giorno prima.
Ho guardato su TripAdvisor se era effettivamente possibile sostare tutta la notte.
Quattro anni fa, dicono online, sì. Però meglio farsi trovare prima delle 22, ora di chiusura dell'aeroporto, a eccezione del terminal partenze, aperto H24.
Potevo fidarmi di un vecchio scambio di messaggi pubblici e assumere che ciò che veniva detto valesse anche ora in epoca Covid? Siete molto ottimisti, se pensate di no.
Cambio prenotazione e scelgo il primo treno della sera, che mi avrebbe portata qui alle 21:05.
Arriviamo comunque a qualche ora prima della partenza: tampone ancora da fare, valigie sfatte, nessuna bilancia in casa, fogli importanti da stampare, carta da caricare...
Alle 19:15 avevo appena terminato di fare gli zainetti (7 kg in tutto, alla faccia vostra, compagnie aeree & sfruttamenti).
Il treno + navetta aeroportuale previsti per le 19:58.
Ma né mamma, né soprattutto io, ci muoviamo.
Abbiamo parlato poco, litigato tanto e ci manchiamo già, io lo manifesto, lei meno.
Resto con lei e i gatti fino alle 20:15. Mangio in quel quarto d'ora fra le otto e le otto e un quarto.
Partenza prevista, a piedi, per le 20:15. Usciamo alle 20:30.
Torniamo indietro, lei ripone la bici (e sottolinea a caso che sono lenta, a nemmeno tre metri dal cancello di casa, con le scarpe che mi stritolano i piedi, kekzzvuoiii), prende le chiavi del furgone, saluto Elliot per "l'ultima volta" e partiamo.
In stazione siamo stranamente puntuali - stranamente, perché nessuna delle due è capace di controllare il tempo. Possiamo instradarci anche con ore d'anticipo, il modo per entrare in una dimensione spazio temporale solamente nostra, lo troviamo comunque.
Ho le lacrime agli occhi. Sta anche per vendere la macchina. Sta per cominciare il trasloco verso la nostra vera casa (per ora), senza di me.
Mi manca già tanto, glielo dico, lei guarda il cielo, come per dire "🤦".
Entriamo in stazione, scendiamo e saliamo usando le scale e ler una volta non l'ascensore coi valigioni pieni di vita, con calma, cosa che non accadeva da un anno.
E poi, boh, aspettiamo quella decina di minuti su un binario ormai fin troppo familiare, in una stazione che ormai è casa essa stessa.
E quei minuti sembrano non passare mai, non sappiamo che dirci, non riesco a calmare l'ansia del non sapere se mi faranno la multa (NB: coi regionali e i regionali veloci, non dovrebbero, mai, perché dovrebbe fare fede la prova d'acquisto, nei casi di ritardi, ecc. Così mi avevano detto, il giorno in cui dovevo assolutamente partire per Firenze e ho quasi fatto venire un attacco di cuore allo Shōgun, cioè alla genitrice, perché avevo perso il treno all'alba, primo di tante altre coincidenze ecc. Ecc.).
E poi, pensavo, avendo due biglietti (di cui uno non più valido, ma chi se ne, uno che avevo volutamente perso e l'altro che avevo volutamente ignorato, e trovandomi su "quello di mezzo" tra le due fasce orarie, avrei dovuto considerarmi "in ritardo" o "in anticipo"?
Il treno arriva e parte quando sono ancora faccia a faccia con mamma, io dentro, in piedi, nel corridoio e lei fuori, sulla banchina.
Il macchinista non aspetta nemmeno un po' e le porte scorrevoli si incontrano a metà, chiudendosi sull'immagine di mamma con gli occhi pieni di lacrime che non verserà perché almeno io posso partire ed esplorare un'altra piccola parte di mondo.
A lei, chissà quando toccherà. Chissà quando potrà permettersi di dire ad alta voce e con orgoglio "vado in ferie"?
Durante il viaggio in treno, mi scrivo con Monica e Abigail. A Moni, racconto il programma della serata, le mie ansie e le mie preoccupazioni, lei mi rassicura e dice che, in ogni caso, dovessi trovare l'aeroporto inagibile, la notte resterà (forse) sveglia a studiare. Mi basta, scherziamo un po', poi cerco di collegare il telefono alle prese del treno: non funzionano le mie e non funzionano quelle delle mie vicine tedesche.
"Vbb, tanto, ho il telefono di ricambio".
Il mio non va quasi più, ma mi ostino a usarlo. Lo sanno tutti e tutti si chiedono il perché.
Perché mi affeziono. Con poca cura, ma mi affeziono.
E poi, detesto gli sprechi.
Arrivo in stazione a Verona Porta Nuova con il cuore che batte ancora un po' perché non è passato alcun controllore.
Sono capace di mantenere questo stato d'animo irrequieto e inquieto anche quando ho perfettamente ragione perché non si ha mai perfettamente ragione.
Il mio cervello è così, non si spegne mai, è sempre in allerta, pronto a esaminare insieme una quantità esagerata e al limite dell'ossessivo, qualunque informazione.
Spero di fare presto quell'esame per l'ADHD, parte seconda di un capitolo infinito.
Esco nel piazzale insieme a una marea di altra gente, perlopiù tedeschi, e noto subito il tabellone gigantesco degli autobus.
"199".
È alla mia destra, poco più distante.
Ad accogliermi, un autista annoiato, che vorrebbe solo staccare dal turno e farsi i cavoli suoi. È gentile, comunque, a modo suo perché chiarisce in modo molto laconico e netto i miei dubbi sul nascere.
Partiamo, in due (l'autista e io), in un autobus ENORME e deserto.
Arriviamo all'aeroporto dopo una quindicina di minuti, proprio come indicato nell'orario.
Scendo, di fronte al terminal arrivi, e ricordandomi la mappa della stazione, mi dirigo alla mia sinistra.
Insicura e pigra come sono, finisco comunque col domandare, balbettando, se la direzione che ho preso è giusta e le guardie mi dicono di sì.
Ed ora, eccomi qui.
Accanto a me, si è seduta una combriccola di ragazzi, chissà se condivideremo anche lo stesso aereo?
Ormai non è nemmeno più il 3, direi che sta andando bene. Però non ho ancora scattato nessuna foto e sinceramente ha proprio bisogno di quella cioccolatMilka.
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dilebe06 · 4 years
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Weightlifting Fairy Kim Bok Joo
... la serie detta anche “quella dei pesi”. 
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Questa serie mi ha dato esattamente quello che volevo: risate, romanticismo, leggerezza, spunti interessanti e bei personaggi. 
WFKBJ è un prodotto davvero spassoso e da vedere senza pretese, ma non per questo stupido. Ha alcune tematiche davvero buone - come la passione per uno sport o quella del peso - senza che ci faccia una conferenza sopra diventando pesante. 
Ma più che altro...credo che sia fatta bene: sceneggiatura, scrittura, svolgimento della storia, tematiche,introspezione dei characters, OST, relazioni tra i personaggi... ben fatta, davvero. 
Ottima la storia d’amore che ho trovato adorabile e che ho shippato senza pietà già dai primi episodi e che mi ha fatto morire dalle risate più e più volte.  Come mi sono commossa in alcune scene più intense. 
Mi è piaciuta la resa della protagonista e del mondo del sollevamento pesi così come ho trovato interessante la strutturazione dei personaggi come esseri umani: pieni di difetti, imbarazzi e piccole colpe. fortunatamente non ci sono santi in questa serie.
Ci sono però tre cose che non mi hanno pienamente convinto; alcune stoyline che per me potevano essere affrontate e sviluppate meglio. Tuttavia WFKBJ rimane un drama molto, molto carino. Perfetto per essere maratonato il suo sottotitolo è “maratonami” e da vedere quando si cerca qualcosa di leggero ma ben riuscito. 
Voto: 8+
DA QUI SPOILER.....
Parto dalle cose brutte. ma no..sono cazzatelle
La Second Lead era secondo me, un personaggio con ottime potenzialità. Perfetta per far vedere lo sforzo fisico e psicologico a cui gli atleti possono essere sottoposti. Su questo frangente infatti non ho nulla da dire: ho osservato con attenzione e interesse tutto l’arco narrativo in caduta libera di Song Shi Ho siccome 4 pasticche mi hanno fatto star male...prendiamone 10 questa volta.... Così lavanda gastrica direttamente. Quello che la serie ci mostra è una ragazza che sta male e che ha seri problemi con tutti i personaggi attorno a lei. Dopo l’esperienza pre-morte cambia radicalmente... tanto che ho pensato fosse bipolare e siccome gli ho dato della psicopatica per metà serie mi stavo preoccupando sempre più. 
Ora, io sono contenta che Song Si Ho abbia trovato la pace e che sul finale sia seguita psicologicamente. Quello che mi fa storcere il naso è il cambiamento per me troppo repentino, verso la protagonista ad esempio. Una calma innaturale. 
Seconda cosa: la relazione dello Zio con la tizia sbucata fuori dal nulla nel penultimo episodio. Sono cattiva se penso che questa storia d’amore sia nata appositamente per non lasciare da solo lo zio?!
Terza e ultima cosa: il Dottore alias il fratello di Joon-Hyung. Se da una parte mi ha fatto piacere vedere come la cotta di Book Joo sia stata così tanto sviscerata..dall’altro ho pensato che sia durata parecchio. 10 episodi su 16 sono legati a questo storia d’amore a senso unico e che hanno reso il Dottore un personaggio interessante. Una volta conclusa questa storyline e lasciato l’uomo libero di vagare sulle ali dell’amore...ho pensato di skippare le sue scene con la dottoressa. Quest’uomo... che va dalla donna che presumibilmente ama e gli dice che gli manca qualcuno con cui mangiare perchè non ha amici...Casanova levati che non sei nessuno in petto a questo
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Di contro, ho apprezzato tantissimo il parallelo/diversità delle ragazze della ginnastica ritmica con quelle del sollevamento pesi: da una parte l’allenatore di Book Joo che manda i ragazzi a casa per le vacanze, ricordandogli di ingozzarsi di cibo. Dall’altra la coach di Song Shi Ho che promette fustigazioni se al loro ritorno dalle vacanze sarebbero pesate anche un grammo in più. Da una parte hai la protagonista e le sue amiche che mangiano ad ogni ora del giorno e della notte..dall’altra ci sono quelle della ginnastica ritmica che centinellano la cioccolata in bagno mangiandone a morsini come le formiche.
Molto interessante anche il crollo di Bok Joo: quel momento di depressione che molti di noi hanno attraversato o possono attraversare. Il fatto di averlo inserito nella storia è un enorme punto in più. 
La serie inoltre da spazio anche all’amicizia: queste ragazze un pò infantili ma affettuose e fedeli che supportano l’amica nel momento del bisogno ma sono capaci anche di incazzarsi quando ne hanno giustamente motivo. Bello anche l’aver dato un piccolo approfondimento all’amica di Bok Joo. 
C’è poi tutta la questione del padre della protagonista e degli sforzi fatti da quest’uomo per permettere a sua figlia di fare sollevamento pesi qui è dove ho pianto...non lo nego. La lucidità del papà di Bok Joo nel non mettere sotto pressione la ragazza una volta che si prende una pausa dallo sport denota una grande fiducia e affetto per lei. 
Come detto sopra, non ci sono santi in questa serie. Bene o male tutti i personaggi raccontano balle, sono imperfetti o compiono azioni discutibili: la stessa Bok Joo è una ( cito l’amica) “bugiarda patologica”. E questo mi è piaciuto tanto. 
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Anche se il super potere di Bok Joo in realtà è quello di farsi pippe mentali. Film da ore e ore...e poi si comporta come se quei film fossero la realtà. Che sia quando pensa che Joon-Hyung sia un maniaco o quando crede che lui la stia tradendo, Bok Joo tratta quel povero disgraziato secondo il film che lei stessa ha sceneggiato. Salvo poi chiedergli scusa una volta che il film finisce. Lol 
Meno piacevole è stato con la storia della madre di Joon-Hyung: questa donna che ha mollato il figlio alla zia e PUFF... in Canada per anni. La serie sceglie una soluzione che per me è davvero buonista per chiudere questa storyline. 
Bok Joo comunque è stato un personaggio che ho amato: prima di tutto perchè esporta nel mondo il marchio del #vestiticometipare che io tanto amo. In secondo luogo perchè - forte di questa ideologia - è riuscita ad accalappiare Joon-Hyung vestendosi e comportandosi come un incrocio tra una scaricatrice di porto e una camionista. Tra le sue mise più riuscite c’è quella tuta color esame delle urine che ancora me la sogno la notte. Terzo motivo è perchè non ha mai rinunciato ad essere se stessa una volta che si è dimenticata del Dottore. 
Ultima nota sulla storia d’amore: adorabile. Gli attori hanno una chimica spettacolare ( forse perchè all’epoca stavano insieme ) e creano una relazione molro carina partendo dall’amicizia e arrivando al matrimonio. Una storia semplicissima ma non scevra di piccole discussioni: la gelosia di Book Joo, la mancanza, i dubbi e le piccole insicurezze classiche delle coppie e che rendono questa storia d’amore più credibile. 
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asociale842 · 4 years
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Ciò fa molto male, fa piangere, ed infine è una decisione mia...
Incinta..dovrebbe essere una situazione di cui esserne felici entrambi..una situazione di cui esserne fieri..ma non è così..
Tutto iniziato da un preservativo rotto che scoprimmo dopo che vedemmo che si era rotto a fine rapporto. Noi siamo rimasti sorpresi con un faccino serio che ci guardavamo negli occhi dopo di che corsi a levare i residui anche se era impossibile perché ne bastava soltanto uno per iniziare un cammino di 9 mesi. A tutto c’è la soluzione di pillola o aborto, ciò che non vorrei arrivare.. perché sotto sotto è un lutto per noi donne sapere di uccidere una piccola creatura che poteva dirti “ti voglio bene mamma” un figlio e la tua vita e che ci sarebbe sempre stato a supportare ogni cosa che fai, e tutto ciò lo avevo previsto fin da quando ero piccola e come fosse se io avrei già saputo cosa doveva accadere dopo degli anni. Ora il mio ragazzo mi dice di abortire o prendere la pillola, ma so già che se prendo il suo consiglio me ne pentirò a vita e che mi deprimo e questo pensiero non andrà mai via, poi ho paura che mi lasci a seconda delle mie decisioni pur dopo avermi promesso e dentro tremila volte che ci sarebbe stato per sempre e infondo quello è un bambino adesso è una parolona ovvero esserino che è dentro di me, già io ho avuto una vita con una depressione assurda ed è tanto che sia ancora viva dopo aver affrontato “solitudine totale” ovvero nessuno ti scrive, nessuno ti vuole bene, nessuno che ti cerca, nessuno che ti supporta, nessun amico/a stare online su whatsapp aspettando che qualcuno ti scriva, i rimpianti di un desiderio che volevi da tanto ma tutto questo mi è rimasto impresso è ancora ci penso è ancora sto male e nessuno sa cosa ho passato e che sia ancora qui a scrivere a vivere a sperare sempre in qualcosa di positivo a trovare la FELICITÀ...😢in poche parole è una sensazione orribile la solitudine perché anche se piangi e come se non ti sentisse nessuno e come fossi abbandonatoa a te stessa e nessuno sa aiutarti..spesso chiedo aiuto a Dio o al mio ragazzo ma certe volte mi sento talmente giù che smetto di prendermi cura, smetto di mangiare, faccio la associale ma tanto a nessuno importa di me, spesso penso che non ci sia nessuno che mi aiuta o che mi da un appoggio, una spalla su cui piangere, essere capita a pieno, l’unica che mi capisce e mia madre che ha vissuto la maggior parte delle sensazioni, non di questo motivo per cui ho iniziato a scrivere ma per altro..
Ritornando al argomento di prima...
E da un po’ di mesi che ho in mente questo pensiero 💭😖 un pensiero che a me fa male perché è sempre lì e non riesco a tirarmelo via.. questo pensiero mi fa talmente tanto male dentro che piango spesso per questo e molto di più ora che ho avuto questo incidente ma che forse è stato previsto e io lo sapevo già..
Il pensiero è... Anima gemella.. se io sono la sua, se gli assomiglio di faccia.. io lo considero così il pensiero di anima gemella, e mi distruggerebbe se lui un giorno se ne andrebbe da me, se mi lasciasse, se incontrasse una migliore di me, spero seriamente di no, perché infondo è l’unica persona a cui ho detto tutto, dettaglio per dettaglio della mia vita, l’unico di cui amo tantissimo e una mia droga a cui non so fare a meno, lo amo all’infinito e mi manca tanto anche dopo 3 secondi che è andato a casa, e dopo un giorno che non ci vediamo e come fossero passati 2-3 giorni per me è il mio tutto la persona che amo allo stesso livello del amore che provo per i miei genitori in sotto forma di volergli bene, e ho sempre paura che un giorno non ci sarà più che mi crolli il mondo addosso, che mi venga la seconda depressione che mi segnerà la vita
Dicendo questo voglio dire che non voglio perderlo per niente al mondo come nemmeno i miei famigliari e ora arrivando al punto... se io aborto ma lui un giorno non ci sarà più la mia vita finisce avrò un dolore lancinante dentro di me e nulla potrà più colmare il suo affetto, il suo volermi bene e amarmi sempre, lui che piange per me e per i nostri errori.. e avrò perso per sempre anche una parte di noi due unita in una persona che vorrò che resterà nella mia vita non voglio né perdere mio moroso ne mio/a figlio/a
Vorrei soltanto che il “PER SEMPRE ESISTESSE ANCHE NELLA VITA REALE NON SOLO NELLE FAVOLE” vorrei che il mio per sempre fosse il nostro amore, la famigliola che abbiamo costruito per caso ma è stato il caso più bello della mia vita, vorrei che mi appoggiasse ai miei ragionamenti e tutto ciò che penso anche se sembro pazza e problematica (si me lo dico da sola)
E nulla, VOGLIO ESSERE FELICE USCIRE DA QUESTA DEPRESSIONE CHE HO”
Ps: se avete una gravidanza in corso.. la decisione spetta sempre a voi ragazze, se aborti ti penti tutta la vita, se lo tieni avrai sempre qualcuno, non sarai mai sola.
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trameeme00-blog · 5 years
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Al mio ex
Scrivo il 23 gennaio 2019
"Nuovo anno, nuova vita!" dicono.
In realtà poi sti cazzi.
Scusa se ti scrivo, o scusa se ti scrivo solo ora che ne ho il coraggio
Non so come tu lo veda, ma in ogni caso sappi che se lo sto facendo è perché nel tempo che è passato ci ho provato davvero a rifarmi la mia vita, cominciare da zero.
Ho conosciuto altri, sono andata a ballare, ho studiato, ho preso brutti voti ed anche dei belli, ho digiunato e poi mangiato come una balena in base a quanto triste fossi e ho perso almeni 8 volte la corriera.
Ma non è bastato a dimenticarmi il sabato sera nel letto con una pizza e l'amore che scaldava le lenzuola.
Non riesco a dimenticare l'ultima volta che abbiamo fatto l'amore.
È stato così intenso che i baci sembrava mi sbranassero il cuore, i nostri corpi si attorcigliavano attorno alla coperta, ed era tutto così perfetto che quel divano sembrava il posto perfetto, come se non esistesse nessun problema, c'eravamo solo io e te.
So che non dovrei dirti queste cose, dopotutto non stiamo assieme.
Dopotutto io ho una persona al mio fianco e tu anche, ma cazzo, non è minimamente la stessa cosa.
È vero, all'inizio è tutto più bello, ma poi lui non si fa mordere e se gli chiedo di andare a pattinare forse pensa io sia una bimba.
Non me la sento di andare a casa sua, perché la tua famiglia è anche un po' la mia, non riesco a farci l'amore perché mi viene la nausea a toccare un pelle che non sia la tua ed i baci con la barba sono meno romantici, è dolce e affettuoso ma non mi porta gli orsetti gommosi e non guarda con me harry potter.
Mi manca fare quel giochetto che quando qualcosa non va io cambio stato per fartelo capire, ed allora anche tu cambiavi stato, come due bimbi.
Mi manca batterti a briscola, vedere le stelle sulle colline, fare schimicate alle 3 di notte, massaggiarti la schiena, farti i grattini, andare al mc, provare ad addormentarsi vicini e risvegliarsi nel buco tra il letto ed il muro senza coperta (sei un infame) e mi manca fare viaggi con la musica di Ultimo che tu non sopportavi un granché ma per me facevi sempre un'eccezione.
Mi manca stringerti forte nei momenti in cui ti agitavi per rallentare il tuo respiro e mi mancano le tue scenate di gelosia quando al corallo tutti si giravano a guardarmi
Mi manca dirti che avevo il ciclo e tu che mi massaggiavi, toglierti i punti neri e i peletti sotto al mento, farmi accompagnare dal parrucchiere, portare coperte e cuscini in macchina "che non si sa mai se poi siamo stanchi al ritorno",sentirti suonare la chitarra per me, ballare insieme, incantarci davanti al camino, bere latte con tanto cacao e pasta a qualsiasi ora in bar (poi il 90% del cacao finiva ovunque tranne che nel bicchiere, ti ricordi quando mi è caduto il coso intero dentro la tazza? AHAHAHA), mi manca tantissimo scaldarsi le mani sulla nostra pelle, baciarti sulla fronte e tenersi per mano sul marciapiede e vedere che mi metti sempre dal lato del muro per tenermi al sicuro, insomma, mi manchi tu.
È difficile, sai?
Solo pochi anni fa un ragazzo che indossava gli occhi più belli che siano mai stati creati, mi ha regalato due rose eterne, dicendo che quei fiori erano infiniti proprio come il nostro amore.
Eppure questo è il mio primo san Valentino senza te, e mi sento così male
Sento che ho sbagliato a lasciarti andare così e avrei dovuto fare di meglio
Sento che ogni singolo giorno che passa spero tu venga sotto casa mia guardandomi con quei tuoi occhi che mi inceneriscono e mi tentano più di quanto la mela tentò Adamo ed Eva, e vorrei che mi dicessi, continuando a fissarmi, che ti sono mancata da morire.
Anzi, vorrei non dicessi nulla e mi prendessi solo in braccio e iniziassi a baciarmi.
Sento che potrei stare molto meglio di così, ma so che sarebbe possibile solo con te.
Io ti dico tutto questo a cuore aperto:
Sono pronta a una relazione, una di quelle che ti scalda il cuore
Una di quelle che ti riempie la vita di sorrisi e di voglia di scoprirsi
Sono pronta ad una relazione a distanza, sono pronta ad averti dall'altra parte del mondo
Quello che davvero conta per me, è che tu mi ami come il primo giorno in quel bar.
So che partirai e so che è il tuo sogno, ma io ti seguirò e verrò lì ovunque sia e ci sarò sempre per te perché sei l'unica cosa che amo al mondo, tu sei tu e tutto il resto è niente.
Sono pronta alla sofferenza dell'averti lontano ma allo stesso tempo vicino al cuore, sono pronta per aspettarti con ansia quando tornerai e sono pronta a farmi trovare in aeroporto a braccia aperte, perché è questo che fa chi ci ama.. ci aspetta.
Mi fido di te e puoi fidarti di me
Non sai quante cose ho capito su di me in queste settimane, non sai quanto ho sbagliato e quanto ho capito che prima di lavorare su di noi avrei dovuto lavorare su me stessa e imparare che devo accettarmi e devo smettere di non accontentarmi
Cazzo, non mi accontento mai.
Qualunque cosa facessi mi concentravo su quella che sbagliavi e non su tutto il resto
Perdonami amore, perdonami ti prego
Non posso convivere con l'idea di aver sbagliato così tanto e non essermene accorta.
So che serve del tempo per fidarsi e credermi, so che serve tempo per capire se sono solo pazza a cercarti o se sono pazza di te e basta.
Sono pronta a iniziare da capo, con una nuova data, con una nuova persona e cercherò di farti conoscere quella che sono ora
Spero l'iris di adesso possa ancora piacerti, spero che ti faccia innamorare, e se così non fosse spero tu possa almeno esserti chiesto per un secondo solo come sarebbe adesso una nuova storia tra noi.
Io non lo chiamo darci una seconda possibilità, lo chiamo darci una nuova possibilità, oserei dire la prima vera possibilità da quando ho capito chi sono e cosa cazzo voglio. Voglio te e voglio la tua felicità. Mi basta, mi basti e avanzi per tutta una vita.
Sono pronta a cominciare un nuovo capitolo davanti ad una cioccolata calda, nient'altro.. pochi giorni fa sarebberi stati 3 anni e 9 mesi di noi.. ma tra poco, il 17, saranno 4 anni da quella sera, quella sera che non serve descriverla perché sai benissimo a cosa mi riferisco senza bisogno di dire una sola parola in più.
Puoi non rispondere, anzi lo preferirei, ti chiedo solo di presentarti domenica (il 17) alle 21 in bar centro, se vuoi.
Se non ci sarai capirò, non darmi nessun preavviso perché adoro l'attesa di sapere se ci sarai o meno, anzi a dire il vero adoro pensare che ci sarai a prescindere dalla tua decisione perchè ho molte altre cose da dirti. O forse sinceramente non devi nemmeno prendere una decisione, mi basta che tu prenda una cioccolata calda.
Nel caso tu sia indeciso se venire o meno, guarda i nostri 2 video su youtube e forse ti chiariranno le idee (cerca iris Federico)
Se hai voglia di conoscere qualcuno di nuovo..beh, la nuova iris sarà lì davanti al bar.
Ho scritto tutto questo a partire dal 23 gennaio, e non ho mai più smesso. Non c'è stata una sera in cui non rileggessi il testo e aggiungessi qualcosa in attesa del giorno in cui mi sarei sentita pronta.
Cazzo non so se resisterò fino al 17, se venissi qui ora, forse, mi sentirei un po' più a casa..
Con tutto l'affetto del mondo,
La tua casa.
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putarecordon · 6 years
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Souvenirs d’Erasmus: l'hôpital.
Cosa ti manca?
Mi manca svegliarmi alle 6 e mezza in ritardo, dopo aver rimandato 5 sveglie in due telefoni diversi, mi manca uscire di corsa dopo aver indossato i primi vestiti trovati sulla sedia, arrivare con il mio abbondante quarto d’ora accademico (concetto che ho provato con tutta me stessa a trasmettere ai cugini francostacanovisti), lo sguardo rassegnato dei medici nel vedermi arrivare per ultima, trafelata, i capelli dritti e con una crisi respiratoria in atto. Mi mancano le divise pulite e sempre di taglie sbagliate, l’odore del gel antisettico, indiscutibilmente la nuova droga del momento, doversi ripresentare ogni giorno a qualche anestesista o infermiere non ancora incontrato. Mi manca terribilmente la sala operatoria, la sua tranquillità e la sua agitazione, i riti, l’odore, il freddo, le posizioni innaturali per tenere gli strumenti e il pensiero martellante dopo 5 minuti di immobilità ‘se non si muovono cedo e mollo tutto, vedrai ora cado sul paziente, mio dio non sento più le dita’, le pause pranzo, quelle buonissime e quelle con spaghetti bolognaise che piuttosto meglio il digiuno. Il caffè schifoso, ma oh alla caffeina non si rinuncia, e il non cedere jamais a chiamarlo ‘espressò’ con simpatici siparietti: ‘un espresso’ ‘quai? un espressòòò?’ ‘ oui, un ESPRESSO’ , passi il Valentinà, ma l’espressò proprio no. Mi mancano persino gli innumerevoli momenti imbarazzanti in cui non capivo il mio interlocutore o peggio non lo sentivo (a quanto pare l’udito dei francesi è molto più sviluppato del nostro, forse per bilanciare l’assenza di papille gustative). Mi manca tornare a casa alle sette di sera, stanca, ma così stanca che il massimo che riuscivo a fare era mangiare una barretta decathlon e andare a dormire, ma soddisfatta per aver imparato qualcosa di nuovo, magari anche piccolo e inutile, ma nuovo. La prima ammissione, la prima cartella, la prima visita da sola, la prima visita in grazia di dio da sola, la prima volta che sono riuscita anche a chiacchierare con il paziente e non solo a leggere le mie domande scritte sul taccuino, quando una signora anziana mi ha detto che somigliavo a sua nipote, o quando sono entrata nella stanza di un signore di 90 anni già immaginando serie difficoltà comunicative e invece Monsieur Valentin oltre avere il mio stesso nome si è rivelato un simpaticissimo amante della Sardegna. Mi mancano i bambini che mi hanno teso la mano o sorriso o guardato storto, la prima sutura, e la seconda, 7 punti su una gamba, abbandonata da sola con il paziente e il cuore che sperava solo nel ritorno dello specializzando a controllare che non avessi storpiato il povero cristo, ma niente, quindi che fai? finisci, pulisci tutto, sorridi al paziente e preghi che i punti reggano. La prima presentazione allo staff, con la voce che trema, e probabilmente nessuno che ha capito il mio francese scadente, la prima volta che mi hanno insegnato il lavaggio sterile e la prima volta che mi sono resa conto che la sala non era più un posto mistico (e diciamocelo un po’ spaventoso), ma un posto in cui mi sentivo perfettamente a mio agio. Per non parlare della prima diagnosi e del primo ECG che non sembrava solo una linea nera su sfondo rosa ma ehi in effetti ha senso (ce non troppo, ma un po’ si), il primo cuore che, come una macchina perfetta, batte sotto i miei occhi, e il 20esimo che però fa sempre lo stesso effetto, e le ansette intestinali che cercano di uscire durante la prima laparatomia. Le battute con gli specializzandi, e gli strutturati che ti insegnano, ti spronano, ti considerano parte del team, le infermiere che in sala ti trovano la posizione migliore per vedere l’intervento e che sottobanco ti regalano fili e kit da sutura. La Francia, anzi l’Alsazia, in soli nove mesi mi ha dato tantissimo su tutti i fronti, ma non posso non considerare primario il fronte lavorativo, mi ha ridato fiducia in quello che voglio fare, entusiasmo in qualcosa che stavo continuando a fare più per abitudine che per passione, mi ha ricordato ‘perchè’, perchè tutto questo studio e sacrificio, mi ha ricordato l’obiettivo e ha anche dato forma a questo obiettivo. Ora so cosa voglio diventare, so quale voglio che sia il mio posto. E per questo non smetterò mai di ringraziare tutte le persone che ho incontrato in questi ospedali che sono stati un po’ casa, persone che in un modo o nell'altro hanno contribuito ad aiutarmi in questo percorso, chi con un sorriso, chi con una lezione, una domanda difficile a cui non ho saputo rispondere, dandomi una mano quando ero persa e negandomela quando ero pronta solo che non lo sapevo. Grazie a tutti, anche se non lo riceverete mai, mi sento in dovere di scriverlo e dirlo e urlarlo al mondo, grazie. 
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Ho paura che non capirai mai perché soffro così tanto, ancora, dopo tutto sto tempo… Mi rendevi felice, quel visino bastava per farmi star bene, o anche solo sapere che per me c'eri, un messaggio. Soffro così tanto perché quello che è successo non lo ricorderò scherzando quando sarò vecchio, se qualcuno mi chiederà se lo conosco, le uniche parole che mi verranno da dire saranno “sì, purtroppo, lo reputavo un amico, mi ha pugnalato alle spalle, state attenti perché è un doppiogiochista e sfruttatore e vi cercherà sempre e solo nel momento del bisogno” Non ci scherzerò su quando mi chiederanno “ti ricordi la tua prima ragazza? A chi hai dato il tuo primo bacio? Quand'è stata la tua prima volta?” no, piangerò. Piangerò perché non posso farne a meno, perché la nostra relazione non è finita per colpa mia, ma per qualcuno che si è intromesso e ha modificato il nostro rapporto. Non abbiamo litigato, ho pianto, e ho pianto perché ti amavo ancora ma ti eri stancata. E ho continuato a piangere perché non avevo più la mia personcina speciale che tanto mi aveva regalato, senza spendere soldi. Quelli non hanno importanza. E ora sono costretto a vivere le estati nel rimorso, guardami adesso, che spero di trovare una ragazza da amare con cui condividere bei momenti, COME TE. Perché devo fare un paragone, perché devo cercare qualcuno che mi faccia dimenticare…non è bello così. Vorrei non essere arrivato a questo punto. E come è possibile che ancora mi manchi, che continui a fare stronzate e mi sbatti in faccia cosa vi dite tu e il ragazzo di Modena…sono così fottutamente geloso, e vorrei andarmene per sempre, cambiare vita e dimenticare tutto ma sono così troppo legato ai ricordi, e mi manchi, mi manchi sempre purtroppo, e sono così tanto ossessionato da te, e mi è capitato di parlare male di te alle spalle, per quello che mi hai fatto, ma quando vengo a sapere che la Ludo ti disse “non fargli questo, per piacere…”, perché si sbagliava, io ci credo ancora che si sbagliasse su di te, perché mi hai amato e regalato tanti bei ricordi, e mi hai fatto star bene, anche se poi hai baciato Cappe e mi hai abbandonato...quando lei dice ste cose non posso far altro che piangere, perché non avrei mai voluto succedesse, e neanche te, ma perché…perché non potevate semplicemente lasciarvi perdere e cercare di sistemare con me…magari ci lasciavamo comunque, ma così ho sofferto un sacco di più…e nonostante tutto probabilmente sono ancora disposto a perdonarti, perché sono testardo, e ci spero sempre, anche se cerco di autoconvincermi del contrario… Perché più vado avanti più mi convinco che non ci sia il tipo perfetto per me, e non parlo del sesso, che porcodio c'era anche quello, ed era bellissimo, perché oltre tutte le cose che mi piacevano di te, c'era pure quello a incorniciarle e renderle perfette… È incredibile. Ognuno ha le sue qualità, e non ci crederai mai, penserai “dici così perché sono stata la tua prima ragazza, ma ne conoscerai altre…”, ma no…non è così. Ho diciannove anni, ti conosco da cinque, ho preso la patente quando stavamo già insieme, ho vissuto il periodo più intenso ed emozionante della mia vita con te. Forse era destinato ad essere l'unico. E mi dispiace che non mi ami più, dio, ancora faccio fatica a capirla questa cosa, è così difficile…mi dispiace che forse non ti manco quanto a me manchi tu…di sicuro la relazione, e non è colpa tua, non è una colpa, è semplicemente così, non c'è una spiegazione… Credo che se mi chiedessi “ti va di frequentarci un po’, di uscire insieme qualche volta, per capire cosa provo per te” ti direi di sì senza pensarci due volte, e mi riempirei di speranza. Ma ormai non è più così, non siamo più a Dublino, o al mare, o in classe, quando mi guardavi e mi stavi incollata perché sapevi che mi stavo innamorando o comunque con te mi trovavo bene…ma soprattutto sono passati mesi e mesi e non mi hai mai chiesto di passare del tempo con te, o quasi, se non qualche volta, quando avevi voglia…a me sarebbe piaciuto portarti a fare un giro, anche a rimini, da soli noi due, senza nessuno che rompe, e non so, imbucarci in un bagnino a caso e stenderci sui lettini per guardare le stelle, o anche qua a San Marino, ci sono un sacco di bei posti… E l'unica volta che è successo recentemente (negli ultimi mesi) è stato in un sogno, anzi, vari, in cui stavamo ancora insieme, e sembravano così reali, che mi svegliavo felicissimo, e poi piano piano cercavo di ricordarmi perché ero felice, accorgendomi un po’ alla volta, che era solo un sogno, e non sarebbe mai più stato così.
Mi manca sentirmi chiamare picci, mi manca sentirmi chiamare amore, mi manca il modo in cui mi chiamavano i tuoi, era tutto loro e particolare “Michele”, che carini, e così i tuoi nonni… mi manca il tuo modo di baciare, forse è per questo che mi sento strano a provarci con altri, mi manca il tuo, era particolare, è vero che ognuno bacia in modo diverso…le persone che ho baciato per ora mi hanno fatto quasi schifo…solo una ci è andata vicino…il peggiore in assoluto però è stato Brian, mi dispiace, è brutto categorizzare, ma è stato veramente terribile. E stanotte (sono andato a dormire alle 3 del 1 luglio 2017, ero da Ricky), ho sognato Fohrrs, che stava con un altro, mi è dispiaciuto un sacco, perché forse lui è l'unico che mi manca oltre a te, era dolce e carino, e mi viene da piangere se penso che non l'ho mai baciato, anche se così il primo bacio ho avuto modo di darlo a te, ma soprattutto perché forse l'ho trattato come non si meritava...
Mi manca un sacco anche il tuo odore, è diverso da tutti quelli degli altri...non vorrei abituarmi ad un altro odore, uff, è tutto così pesante e difficile e sembra tutto così impossibile e non voglio, ma tu sì, perché dici che è meglio, per me...
Piango anche se penso che probabilmente non ti vedrò più, quando andrò all'università…tu dici che è meglio così, vero? Ci perderemo per sempre, già lo so…
Riascolto tutte le canzoni che associo e associavo a te e mi prende malissimo, anche se sono belle e mi piacciono un sacco… Ermal Meta - A parte te, questa mi distrugge nel profondo, mi salgono subito le lacrime quando la ascolto o anche solo quando ci penso… “ooh se fossi ancora qui con me…ti farei vedere io…che la lezione d'amore che mi hai insegnato io l'ho imparata…bene…” “Seempre sarai…nella tasca destra in alto, in un passo stanco, dentro un salto in alto, che mette i brividi…sempre sarai…in un sorriso inaspettato, o in un appuntamento, con il mio destino…” e tutto il film mentale che segue, dei momenti in pullman a ginevra, che nonostante ci fossimo già lasciati, sono stati bellissimi, perché li ho passati con te.
Dream It Possible, sembrerà stupido, ma è la canzone di base che c'è predefinita sugli huawei…e dato che lo presi quando stavamo insieme, mi ricorda un sacco la nostra relazione, perché la ascoltavo in quel periodo “The past is everything we were, don’t make us who we are…” ma soprattutto, e questa mi fa esplodere in lacrime e brividi: “…it’s not until you fall..that..you..fly……When your dreams come alive you’re unstopable, take a shot, chase the sun, find the beautiful, we will glow in the dark, turning dust to gold, and we dream…it possible” (ho pianto mentre lo scrivevo, figurati), e questo perché consideravo la nostra relazione come un sogno bellissimo che si era avverato “when your dreams come alive…”
OneRepublic - Wherever I go, questa credo fosse nel “picco” della nostra relazione, periodo dopo le cascate forse, o giù di lì, mi ricordo che la mettevo in loop quando andavo in giro in bici (e lo facevo per lasciarti un po’ di tempo per studiare, prima di vederci, se mai l'avessi pensato, ti posso assicurare che non ho mai cercato di evitarti o preferito una partita a LoL a te), quando ero felice di stare con te e basta, passavamo un sacco di tempo insieme, spesso paccavamo gli altri ma per stare insieme e a me andava bene…ma forse tu di quest'estate ti ricordi più che altro lo stress per gli esami…a cui ho dato troppo poco peso e mi dispiace, ero troppo accecato dalla mia felicità, per vedere la tua sofferenza…e poi ricominciai ad ascoltarla quando ci lasciammo, perché il significato era quello del testo… “I know I could lie, but I’m telling the truth…wherever I go there’s a shadow of you” “I know I could try looking for something new, but wherever I go I’ll be looking for you”
Alan Walker - Sing me to sleep e assieme Martin Garrix - In the name of love…le prime volte in discoteca tutti insieme, oppure il periodo della Molo e notte rosa, quella sera quando siamo tornati e abbiamo visto l'alba insieme, che avevamo i glowstick al collo, mi manca così tanto, aiuto che ricordi… Take shelter e don’t let me down le associo non so perché, le considero insieme, e mi ricordano entrambe tutto il tempo che ho passato da te, casa tua in generale, dal salotto alla camera, che vedevo ormai come un rifugio. Tutte quelle di dublino (ghost, soprattutto, ma new americana, enjoy the ride, habits, my love took me down to the river to silence me…), che erano diventate le canzoni che più associavo a te e a noi. Il cd di halsey, anche se ci eravamo lasciati, che abbiamo ascoltato insieme in macchina…ugh ne ho comunque un ricordo piacevole, in particolare strange love, che la associavo a te, perché mi mancavi e ti amavo ancora, ed ero combattutissimo tra me e me, perché cercavo di reprimerlo, perché non volevo perderti, ma non ci sono riuscito… Quelle di Zedd, Beautiful Now e I Want You to Know, che le ascoltavo tantissimo nel periodo in cui ci frequentavamo, e mi ricordano in particolare quel giorno che eravamo andati fra la terza e la seconda torre, e poi alla porta a ballare a caso fino alle 3, che mi avevi insegnato i passi base del jumpstyle ♥ Le tamarrate del cd di calvin harris, che ascoltavamo in macchina, le giornate al mare, quella prima volta che ci siamo scottati malissimo entrambi, che giornata fantastica, che poi eravamo andati alla grigliata da Alex, e ci tenevamo per mano sotto al tavolo perché eravamo ancora impacciati, io soprattutto ed ero un sacco insicuro, ma sapevo già che mi piacevi un sacco e lo sentivo che mi stavo innamorando… L'album dei bring, che mi ricordano tantissimo il periodo delle cascate, quando avevi i capelli rossi-rosa, eri bellissima quel giorno, anche se poveretta eri col ciclo (ma mi avevi sollevato un peso enorme, che era in ritardo ed eravamo tutti super preoccupati) E tutte le altre che non ho citato, powerful di major lazer aiut, mi ricorda quella sera al bowling, che mi facevi i grattini sulla testa…che bei momenti; closer; cold water; let me love you; treat you better, ngh, mi ricorda un sacco l'estate, anche can’t stop the feeling, che c'era sempre; gangsta; heathens; sucker for pain, quella un sacco, quando la sento mi viene da pensare a quando la ascoltavamo in cucina, tu sulle mie gambe, al portatile; All you need, di Neple; all of me, anche quella la associo alla nostra relazione, ma non ricordo se te l'ho mai detto, se non l'ho fatto è perché mi sembrava banale e scontata; we don’t have to dance, questa la associo alla festa dei 100 giorni; l'album di Io prima di te, cavolo…è vero…ti ricordo quando cozza a scuola ce l'aveva consigliato e quel sabato siamo andati a vederlo al cinema…e da questo mi viene in mente 50 sfumature di grigio, e il sequel…che non ho visto, e a-avevi detto che volevi vederlo con me, io non vedevo l'ora di andarlo a vedere al cinema, con te… e questa si aggiunge alla sezione “rimorsi”, per tutte quelle che mi ero promesso di fare con te, tra cui il veglione, che abbiamo passato insieme, ma non da fidanzati, come avrei voluto…; the greatest; Sweet dreams; shape of you; be as you are, non ricordo se me l'avevi mandate te…ma la associo a te, non so perché, mi mette nostalgia; into you di ariana grande; power, di kat graham, anche questa mi mette un sacco di nostalgia; come up for air…questa me l'avevi mandata quando avevi preso in considerazione l'idea che ci lasciassimo…vero? Ero così triste quel giorno; ghosts n stuff; in my veins…; oh quante ce ne sarebbero…..
E purtroppo lo so, sono destinato a perderti, io andrò all'università, tu andrai all'università, le poche volte che tornerai a san marino vorrai vedere cappe, e chissà se fra qualche anno ci parleremo ancora. Ma forse hai ragione te, non ho bisogno di te, e tu non hai bisogno di me, te la caverai, ce la caveremo entrambi, studieremo e ci divertiremo all'università e ci faremo entrambi una vita, magari troverai un ragazzo...e forse io una ragazza. Mi dispiace, mi dispiace perché avrei voluto passare più tempo con te, avrei voluto essere ancora il tuo ragazzo, avrei voluto accompagnarti in tante nuove avventure... Sono così sfortunato...come faccio però a cercare un'altra ragazza, sapendo che dovrò costruire dei ricordi che mi facciano dimenticare i tuoi...ma come faccio soprattutto se le canzoni mi fanno ancora piangere, se le foto mi strizzano il cuore, se vedo i peluches, se porto il braccialetto, se sono pieno di cose che mi ricordano te...se aprendo il diario ritrovo i bigliettini e i disegni, tipo quello dei due cuori legati dai fili rossi...ma allora non era vero che comunque andasse i nostri cuori sarebbero sempre rimasti legati... Che strano che non mi vuoi più...eppure a me manchi un sacco... E non riesco a sbarazzarmi di tutte queste cosine belle tue... Se dici che è meglio così, beh, io ti credo, perché sei una ragazza e hai sempre ragione. Non ti chiamerò mai più amore, vero? Mi riconoscerai ancora se mi vedrai fra 10 anni? Cosa dirai se dovessi vedermi? Non torneremo mai più insieme, vero? (sapessi io quando ancora spero il contrario invece, quando ci spero fortissimo, perché tutti mi dicono di no, e sto combattendo anche contro la mia coscienza, ma quel "cazzo, dopotutto con lei ho passato i momenti più belli della mia vita, certo che mi manca, certo che la amo ancora..." emerge sempre)
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beautyscenario · 4 years
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I prodotti più amati da Enrica Scielzo, fashion & beauty blogger transgender 
Una laurea in Lingue e Culture Straniere, presso l’Università degli Studi di Salerno, e una carriera come modella. Nel 2012 si classifica al primo posto nel concorso Fresh Face of Italy e compare sulle più grandi piattaforme di modelli come nuovo volto internazionale. Ha vissuto a Barcellona, Milano e Londra, collaborando come fashion editor e contributor per alcune testate di moda in parallelo alla sua carriera di modella. Nel 2014 apre The Ladyboy, il primo blog di moda e bellezza al mondo dedicato all’universo transgender, “un invito alla spensieratezza, alla bellezza, all’essere se stessi” e nel 2017 tiene due conferenze per laNYU (Università di New York) sul tema del genere. Il lancio verso una carriera come influencer nel campo della moda e della bellezza la porta a comparire su prestigiose riviste, ospite di  vari programmi nazionali ed internazionali, e collaborare con diverse importanti aziende del beauty. Nel contempo inizia la sua carriera come consulente e formatrice per le aziende, ed insegnante di social media e comunicazione. Il suo ultimo progetto é The Lookmaker – che coniuga la sua grande passione ed expertise nel campo della bellezza a nuovi strumenti di professionalità, il diploma come consulente di immagine. Questa è la sua beauty routine.
Il profumo è uno dei miei argomenti preferiti e negli ultimi mesi mi sto appassionando sempre di più a questa meravigliosa parte del beauty!
Il mio profumo in assoluto è Parisienne di Yves Saint Laurent: l’ho comprato per la prima volta a Barcellona e l’ho portato per almeno dieci anni, tanto che la gente quando lo sentiva per strada lo indicava come il “mio” profumo. Mi piaceva perché era estremamente femminile, sensuale ma non sfacciato, sofisticato, tutte caratteristiche che ricerco in una fragranza. Purtroppo credo l’abbiano discontinuato da qualche anno, o comunque è diventato molto difficile da trovare, anche nella grande distribuzione. Adesso sono passata al classico Narciso Rodriguez, un po’ inflazionato ma mi piace, mi ci rivedo, mi rispecchia. Profuma di donna, e non riesco a separarmene!
In generale, credo che l’olfatto sia il mio senso più sviluppato, e ho sempre dato una grandissima importanza ai profumi, anche nei prodotti cosmetici. Ultimamente, grazie anche al mio lavoro, sto sperimentando molto con i profumi e mi sto affacciando anche sul mondo della nicchia e della profumeria artistica: ma penso che ognuno di noi abbia un “signature scent”, una fragranza che ci distingue e ci contraddistingue, l’odore a cui ci associano e con cui ci riconoscono gli altri. Il profumo per me è come una firma, qualcosa che parla di noi ancor prima di presentarci, e senza mi sento nuda. Mi diverte sperimentare e uscire dalla mia comfort zone, ma poi torno sempre alla mia coperta di Linus.
Non potrei vivere senza…..il Foreo: lo utilizzo sia al mattino, per pulire e svegliare la pelle, magari con un detergente delicato, sia la sera, con qualcosa di più efficace che aiuti anche ad eliminare gli ultimi residui di trucco. Trovo davvero che il suo utilizzo abbia aiutato tantissimo la mia pelle, affinandone la grana ed uniformandone il colorito grazie ai suoi impulsi supersonici. E poi lo trovo super comodo, pratico, compatto, che lo porto ovunque, anche in viaggio. Un vero e proprio must per me!
Per quello che riguarda lo skincare lavorando come beauty blogger ormai da 5 anni, non ho mai avuto modo di consolidare una vera e propria skincare routine fissa: purtroppo o per fortuna, devo sempre provare linee e prodotti nuovi, quindi anche quando mi affeziono a qualcosa sono costretta a lasciarlo andare. Sicuramente tra le linee che mi sono piaciute di più negli ultimi tempi c’è quella di Sunday Riley e quella alla vitamina C di Ole Henriksen, ma apprezzo anche tanti prodotti di Estee Lauder.
I prodotti di makeup indispensabili? Eyeliner e mascara. Ho un occhio abbastanza infossato, quindi è difficile da truccare, ma allo stesso tempo ho una forma leggermente a mandorla e ciglia folte che sono diventati un po’ il mio tratto distintivo. Anche in questo caso, spazio molto, ed è difficile che utilizzi sempre gli stessi prodotti: tra gli eyeliner che preferisco, mi piacciono quello di Marc Jacobs, il Better Than Sex di Too Faced e – tra quelli economici – l’Epic Ink Liner di NYX Cosmetics. Tra i mascara, invece, una delle scoperte wow dell’ultimo anno è stato quello di Kokie: allunga, volumizza, è super nero, e costa meno di 7 euro!!!
Per la cura del corpo e capelli….. ho deciso di tornare al solo bio per i capelli, dopo essermi allontanata per qualche anno sempre a causa del mio lavoro che mi ha portato a provare un po’ di tutto. Al momento sto utilizzando la linea di Parentesi Bio che è super divertente e profumata, ma apprezzo molto anche le linee di Eterea Cosmesi e Biofficina Toscana. Per il corpo, invece, l’ultima fissa sono gli oli spremuti a freddo di Cocosolis: quello al cocco e quello al cioccolato fanno letteralmente venire l’acquolina in bocca!
Brands o prodotti beauty che ho scoperto… Ce ne sono davvero una marea, nell’ultimo anno ho la fortuna di provare tantissime cose nuove e interessanti, quindi per chi volesse potete seguirmi sul mio account Instagram @enricascielzo e sul mio blog www.enriescielzo.com per stare al passo con tutte le novità! Una mania beauty. Colleziono smalti! Il che può sembrare strano visto che faccio quasi sempre il semipermanente da qualche anno a questa parte, ma gli smalti sono il mio oggetto di cosmesi preferiti: adoro le diverse boccette, i diversi colori, i finish, i metallizati, i glitter. Mi piace tenerli in bella vista, guardarli mi mette di buon umore. A casa mia, ho un’intera bacheca tutta dedicata agli smalti, divisa per nuance di colore. Si può dire che la mia mania sia questa 😊
Se fossi costretta ad usare un unico prodotto per un anno….Probabilmente sceglierei un siero alla vitamina C, che ho scoperto che la mia pelle ama: idrata, illumina, ed è perfetto da utilizzare come base trucco. Ho una pelle molto imprevedibile, nel senso che assumendo ormoni è molto soggetta a cambiamenti durante l’anno. In generale credo che sia normale tendente al secco, soprattutto in inverno. Ma cerco di prendermene molto cura, e con gli anni ho imparato ad ascoltarla e ad utilizzare sieri, maschere e booster a seconda di come la sento, alternando prodotti più purificanti ad altri lenitivi e idratanti. Integratori si o no? Ni, nel senso che li ho provati sporadicamente nel corso degli anni ma non sono mai stata costante nell’utilizzo. Ho provato alcune vitamine per i capelli ma non mi pare abbiano cambiato chissà quanto la mia situazione, e ho preso degli integratori più per un fatto di stanchezza che altro, e quelli sì mi sembra abbiano aiutato. Stavo pensando infatti di cominciare una cura di vitamina C, o qualche altro tipo di integratore (possibilmente naturale) che aiuti il corpo e l’organismo. Anzi, se avete consigli, sono tutt’orecchi!
Tra profumeria e online scelgo…Sono abbastanza “old school”, anche se può sembrare strano detto da una blogger del nuovo millennio. Eppure sono una di quelle che ama andare nei negozi, nelle profumerie, girare tra i piani a provare rossetti, profumi, texture diverse, guardare le vetrine, gli allestimenti, tutte quelle confezioni colorate, poter comparare, magari scoprire anche cose nuove a cui su Internet non faremmo caso e che invece dal vivo ci colpiscono di più. Mi piace vedere el cose dal vivo, provarle, anche per i vestiti e la stessa cosa. Spesso compro online perché è più facile trovare quello che si vuole, soprattutto se è qualcosa di molto specifico; ma il fascino di un negozio è tutta un’altra cosa!
Cosa vorrei trovare in profumeria…. Vorrei trovare più qualità. Il problema non credo sia cosa manca, ma cosa c’è. Ormai c’è la corsa a tirar fuori un nuovo prodotto ogni giorno, c’è una competizione e un’offerta pazzesca a cui è impossibile star dietro, e molto spesso sono lanci senza infamia e senza lode che diventano facilmente dimenticabili. Non c’è il tempo di apprezzare un prodotto, di affezionarcisi. Secondo me dovrebbero tutti rallentare un attimo: è vero che il mercato del beauty è in continua espansione ed è un business da milioni di euro, ma mi piacerebbe si tornasse ai vecchi tempi, a prendere le cose con calma, magari lanciare una collezione Primavera/Estate e una Autunno/Inverno: poche cose ma ben studiate, performanti, che lascino il segno e magari facciano la storia, come hanno fatto in passato Elizabeth Arden, Kevyn Aucoin, Helena Rubinstein. Mi incanto a vedere vecchie foto e video in cui si guardava alla cosmesi come un servizio elegante, di lusso, curato sotto ogni minimo aspetto. Quello di oggi è un mercato che assomiglia molto all’equivalente dei fast food della bellezza, e non credo abbiamo realmente bisogno di tutti questi cosmetici mediocri. Gli utenti ormai sono sempre più consapevoli, più esigenti, e vogliono poche cose, ma super. Sarebbe bello se le aziende lasciassero il tempo di godersele, di innamorarsene, e magari di finirle. In fondo, sono una ragazza – e una blogger – all’antica.
Seguivo i primissimi Youtuber in assoluto, Petrilude, XSparkage, JazzieBabeCakes almeno 10 anni fa, anche se forse quasi più nessuno li ricorda. Di quelli attuali, le mie preferie sono sicuramente Lisa Eldridge e Tati Westrbrook, perché oltre a essere competenti sono molto eleganti nel loro modo di esprimersi e presentarsi. Mi piace anche molto Desi Perkins, perché oltre ad essere bellissima ha uno stile e dei gusti molto affini ai miei. Quelli italiani non mi piacciono molto, perché li trovo poco genuini. Tra i miei preferiti, seguo Giulia Cova per le recensioni e Mr. Daniel per i tutorial: i suoi trucchi sono veri e propri capolavori!
  Beauty Routine: Enrica Scielzo, fashion & beauty blogger I prodotti più amati da Enrica Scielzo, fashion & beauty blogger transgender 
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pangeanews · 4 years
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“Uno sguardo normale, tra esseri umani sullo stesso pianeta, è raro come trovare un diamante per strada”: dialogo con Marina Cuollo
Il libro si chiama “A Disabilandia si tromba” ed è edito dalla Sperling & Kupfer. Lei si chiama Marina Cuollo, è napoletana e ha un fratello a cui non piace la mozzarella “Nemmeno quella di bufala. Già, già. Lo so cosa stai pensando: è una disgrazia terribile, e forse è solo pazzo”. Ci siamo incontrati una prima volta in un pub che tutti conoscono per il nome che aveva in precedenza, prima del fallimento della vecchia gestione, ed è come darsi un appuntamento a Istanbul dicendosi “Allora ci vediamo all’ex-Constantinopoli?”. Ha scritto un libro coraggioso, cioè necessario, perché prende un tabù e lo rimodella, come fosse pongo, per apporre la propria impronta su ciò che ti vuole cancellare proiettando su di te la sua ombra. Leggerlo mi ha provocato sorrisi come cicatrici divertenti agl’angoli della bocca. Le ho proposto di parlarne assieme e quella che segue è la nostra conversazione. (a.c.)
Il libro è permeato dall’urlo “Lasciatemi divertire!”. Comunque un urlo.
Un urlo forte. Quando hai dovuto affrontare situazioni che hai fatto fatica a capire, in giovane età chiaramente, l’urlo matura e poi scoppia. L’urlo ha poi davanti a sé molti modi per esprimersi. Io ho scelto l’umorismo, un umorismo che contiene molti altri sentimenti, rabbia compresa. Un umorismo di denuncia.
Quando nasce l’idea di trasformare l’urlo in libro?
Tutto estremamente casuale. Sentivo fosse giunto il momento di esprimermi, di dare via libera alla mia urgenza di comunicazione, ma non sapevo ancora bene come sarei riuscita a farlo. Chi scrive poi, spesso lo fa da molto tempo. Sai come si dice? “Ah, io ho sempre scritto, fin da bambino…”. Ecco, io no. Per me è stata una scoperta. Sono una lettrice forte, quello sì, sin dall’infanzia, ma la scrittura è arrivata molto dopo, circa sei anni fa. Una scoperta totalmente inaspettata. Ho frequentato un corso di scrittura, sai? Pensavo: mollerò subito! E invece… ho scoperto di essere un pesce dopo essere entrata nell’acqua.
Se dico politicamente-corretto tu cosa mi dici?
Due coglioni! Sia chiaro: io non sono contraria al politicamente corretto a prescindere. In determinate circostanze è necessario, è importante, ed è giusto. Però! Quando diventa autocensura, o peggio ancora ipocrisia a buon prezzo, quando cioè le parole servono solo a dire il contrario delle proprie azioni, ne faccio volentieri a meno.
Te lo chiedo perché sull’aletta con le informazioni biografiche c’è scritto “Dottore in processi biologici e biomolecole”.
Ma guarda che dottoressa secondo me sarebbe stato più giusto. Allo stesso modo, fossi stata laureata in giurisprudenza, avrei preferito ci scrivessero avvocata. Non si tratta di politicamente-corretto ma di pari opportunità. Tenere al maschile le parole è una scelta di genere: con questa rivendicazione le donne non vogliono togliere niente agli uomini, ma avere semplicemente gli stessi diritti; se nessuno ha problemi a usare il femminile per professioni come “maestra” o “infermiera”, perché invece dovrebbero averne per “ministra”, “sindaca” o “avvocata”?
Quindi dalla biochimica alla letteratura: tutto sommato, sempre di scrittura della vita si parla, hai solo cambiato alfabeto. Non ricordo niente che si avvicini a un racconto simile a quello che tu fai nel tuo libro, è un territorio non ancora percorso. Oppure mi ero perso io qualcosa?
Su questo tema esistono le autobiografie, poi c’è la letteratura specializzata, scientifica, ma romanzi pochi. Nonostante alcuni dei miei libri preferiti siano autobiografie, io non impazzisco per quel genere. Trovo spesso autoreferenza e poco desiderio di raccontarsi. Per quanto riguarda i libri di formazione o didattica, quello non è il mio campo e di certo non voglio scrivere per gli addetti ai lavori. Disabilandia rientra nella saggistica, ma non è né un testo tecnico né pedagogico. Per me scrivere è stato voler uscire da una dimensione di autoghettizzazione, in parte imposta in parte accettata per quieto vivere. E il mio editore è stato subito d’accordo con me. Dopo aver inviato il libro in casa editrice mi hanno risposto dopo due settimane, con la proposta di contratto, e te lo assicuro: non succede mai! Il titolo ha sortito l’effetto desiderato: A Disabilandia si tromba stai sicuro che non passa inosservato, è un urlo fin dal titolo. E guarda che la mia prima idea di copertina era diversa da quella poi mandata in stampa, che è bella uguale ma forse meno esplicita. Nella copertina originale c’era un pompino in carrozzina.
Il libro è un manuale, ma per dirlo meglio: è una dichiarazione di cittadinanza. I disabili esistono, sanno dire “io” e hanno qualcosa da raccontare, della disabilità per esempio, e di un altro milione di cose. Però quando leggo: “La mia infanzia trascorreva quindi serena tra un’infezione respiratoria e una grave apnea notturna, fino a quando mi fu quasi impossibile respirare”, riportato come si trattasse della gitarella al mare, il passo di un romanzo in prima persona lo sento appieno. 
Il romanzo è sempre il mio primo amore, e in alcuni punti di Disabilandia probabilmente si sente. Ma a proposito del mio modo di comunicare la disabilità, qualche accusa mi è stata mossa, cose come: “L’ironia è una perdita di serietà!”. O se mi riferisco a chi si sposta in carrozzina come a un cingolato, o se scrivo: “Entrambi gli ausili sono facilmente estraibili: i normodotati senza scarpe sono liberi di camminare scalzi, i fuori classe senza carrozzine sono liberi di fare la foca sul tappeto”, molti pensano che utilizzi l’ironia per nascondermi, che non sia in grado di accettare non so quale mia condizione… Non è così, almeno per me è evidente. Se scrivo qualcosa di me e mi permetto di farlo con certe battute, è perché sia chiaro che sto trattando un argomento che conosco bene, che vivo ogni giorno, dopodiché già non m’importa più parlare di me. Se scrivo è perché voglio che agli altri arrivi non il mio essere disabile ma la mia voglia di ridere di tutto.
Leggo pure “l’operatore socio assistenziale, figura a cavallo tra l’unicorno e Padre Pio”. Manca il palco ed è subito stand-up comedian.
Ah, non sai quanto mi piacerebbe scrivere testi per gli stand-up comedian, mi piacerebbe così tanto che sono disposta a diventare una stand-up comedian io per prima. È qualcosa di molto diverso, un altro modo di comporre la frase, di darle il ritmo giusto, è qualcosa che mi piacerebbe tantissimo approfondire. Chi scrive sa che non si smette mai di imparare.
Il Quoque, il Tuttologo, il Ti Stimo&Ammiro, il Punisher, il Diversamente Ipocrita, il Falso Invalido, sono alcuni dei personaggi dei tuoi gironi cuolliani. “Uno sguardo normale, tra esseri umani sullo stesso pianeta, è raro come trovare un diamante per strada”. La tua definizione di sguardo normale.
Uno sguardo “bianco”, inteso come sguardo senza preconcetti. Lo sguardo di chi sa aspettare, di chi ascolterà prima di decidere con quali occhi guardarti. Chiaro che è uno sguardo raro, perché poi facciamo tutti così: guardiamo per incasellare, senza aspettare che la persona che abbiamo di fronte ci mostri realmente chi è. Abbiamo paura di quello che non conosciamo, spesso è la paura che ci muove.
Del disabile vorrei-ma-non-posso scrivi: “La sua vita è, di solito, costellata da attacchi di panico e ansie smisurate per cose che non sta per fare”. Il ritratto perfetto dell’uomo-contemporaneo.
Infatti! Io racconto il mondo dal mio punto di vista ma è lo stesso mondo di tutti, Disabilandia non è un luogo esclusivo. Siamo tutti uguali e diversi cioè siamo umani, mica chissaché.
Il tuo umorismo si spinge volentieri nella satira, gli argomenti ci sono tutti: la morte, il sesso, la politica. Nel libro non mancano le staffilate alla religione.
La religione, e siccome siamo in Italia quella cattolica, ha questa declinazione: la sofferenza intesa come una via preferenziale per il paradiso, per te che soffri e per chi si accollerà la tua sofferenza. Sono nata con una disabilità? Che culo! Supererò le file al supermercato e pure quelle per il regno dei cieli. Scherzi a parte, sono atea ma non per questo ho un giudizio sfavorevole sulla fede. Credo che la religione aiuti le persone a stare meglio con sé stesse. Quando però diventa l’occasione per delle insopportabili pratiche pietistiche, masochistiche, meglio lasciar perdere.
Ridere, ho riso tanto leggendo il libro, poi però viene il capitolo “I disabili oggi”. Svolgimento: “Non ci ammazzano più, ma a volte fa male uguale”. Ed è come passare per caso davanti a un monumento alla memoria dell’Olocausto in una città straniera: vuoi non vuoi ti soffermi lo stesso e ti prende un magone che non puoi dire bene cos’è. 
Esiste una relazione molto forte tra scrittura e dolore. Ed esiste una storia. In questo senso per i disabili vale come per molte altre minoranze: non siamo sbarcati da nessuna altra galassia, né siamo apparsi dal nulla soltanto nell’epoca più recente per rompere i coglioni ai poveri contemporanei. Siamo sempre stati qui, anche se nessuno scriveva le nostre storie oppure le scriveva in un modo che lasciamo perdere. Con la letteratura ci prendiamo la cittadinanza che ci spetta; lasciassimo tutto in mano alla società cosiddetta civile staremmo freschi.
Esistono, in ordine sparso: i romanzi rosa, quelli gialli, i noir, gli arcobaleno, i tricolori, e via andare. Qual è la trappola più pericolosa per te ora: diventare la scrittrice disabile o la scrittrice che deve farci ridere? 
La seconda eventualità mi infastidisce ma meno della prima. Non voglio essere considerata una scrittrice che, in quanto disabile, scriverà sempre e soltanto di disabilità, sarebbe l’ennesima etichetta. Io che di mio puoi immaginare quanti pregiudizi debba sopportare mi sono anche scelta un tipo di scrittura che subisce a sua volta molti pregiudizi, quella umoristica, come se l’umorismo fosse un sottogenere, non della vera letteratura. Ah, e facci caso, la maggior parte degli scrittori umoristici riconosciuti a livello letterario sono quasi tutti uomini: Pirandello, Jerome K. Jerome, Alan Bennett, Douglas Adams, per citarne giusto alcuni. E se sono donne il più delle volte o sono autrici Chick-lit, quindi sempre con il cuoricino in mezzo, o sono comiche riconosciute perché sono anche sul palcoscenico. Io non credo che non ci siano state delle umoriste altrettanto degne di essere riconosciute nella storia della letteratura, ma probabilmente, essendo donne non rispettavano il ruolo previsto per il loro genere, quindi: niente contratto. Adesso lentamente qualcosa si muove, ma siamo ancora lontani da una presenza pari a quella maschile, e in ogni caso spero di essermene fatta scappare io qualcuna sotto gli occhi. Quindi, se avete nomi di scrittrici umoristiche fateli subito. Li voglio!
Per concludere: per prepararmi all’intervista ho salvato sul computer un file col nome “A Disabilandia si tromba. Domande”. Se tu fossi della Polizia Postale, che effetto ti farebbe? 
Penserei: vivaddio, mi fa piacere! Non mi preoccuperei più di tanto. Sono altri i titoli che mi preoccupano, e tante volte sono pure i primi della classifica.
Antonio Coda
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morepoetry-blr · 5 years
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ogni singola volta che torno da un viaggio, piango.
piango sempre, c’è poco da fare, ci provo a trattenermi, ma niente.
ho questa capacità di non piangere per mesi e poi scoppiare tutta d’un botto.
come quella volta che sono andata alla national gallery, stavo lì, col naso all’insù e la bocca spalancata, incantata come una bambina la mattina di natale, quando trova tutti i pacchi sotto l’albero e non capisce come ci siano finiti.
giro, schivo la gente, vago senza meta e poi sbam! qualcosa chiama il mio sguardo, mi giro, il mio corpo va da solo verso un quadro, uno di turner che vi giuro, è piccolo di un piccolo che più piccolo non si può. ma io vado lí.
non faccio in tempo a guardarlo che il mio labbro superiore inizia a tremare, gli occhi mi si riempiono di lacrime come dei palloncini per gavettoni, apro i rubinetti e inizio a dar sfogo a tutte le emozioni.
continuo il giro, singhiozzando come non so cosa, me ne frego delle persone che mi guardano, anzi, in realtà non mi si filava nessuno, come fosse normale. a me sembra normalissimo piangere.
arrivo da van gogh e niente, stessa scena, uguale a prima, con la differenza che stavolta sono stizzita. c’è troppa gente e non riesco a vedere bene. scappo via, potrei dare di matto.
continuo il giro, convinta che a questo punto io sia abbastanza al sicuro da pianti improvvisi. giro un paio di angoli, con un alone di malinconia addosso, ma è gestibile.
sono quasi all’uscita quando, di nuovo, i miei piedi vanno da soli, un quadro mi sta chiamando ed eccolo lì, il motivo della mia crisi di pianto più grande degli ultimi mesi. un quadro di un artista mai sentito, mai visto, mai studiato, in cui vi è rappresentato san giorgio che uccide il drago.
quando ero piccola andavo sempre al paese dei miei nonni siciliani e, vicino alla spiaggia, c’era questo quadro del protettore del paese, ovvero san giorgio, davanti al quale passavo intere ore, senza muovermi, guardando e basta, in totale contemplazione facendo a volte preoccupare tutta la sfilza di parenti perché non mi si trovava.
forse è stato proprio questo ricordo a farmi piangere tanto, però io sto lì, non mi muovo, piango e basta. vorrei mettermi seduta, evitare che altri mi si piazzino davanti per vederlo, vorrei fosse mio, mio e solo mio. ma mi limito a esercitare il moccio per le prossime olimpiadi de “il pianto più lungo della storia”.
a un certo punto scappo via, cerco i miei amici, li trovo seduti, arrivo da loro e andrea mi fa “come va?”. io, che ho appena smesso di piangere, con due occhi da pesce palla, il naso di rudolf e le spalle pronte per la disco dancing, mi giro, lo guardo, e inizio a piangere.
il giorno dopo, british museum. io gasata come un bambina il primo giorno della prima elementare, mi faccio il giro col mio migliore amico.
passa la sezione egizia, quella assira e quella babilonese. sto discutendo con lui della raffinatezza dei dettagli delle sculture di questi popoli antichi e nel frattempo camminiamo.
a un certo punto, a tradimento, ma a tradimento vero, giro l’angolo e mi ritrovo davanti una statua greca. mezzo secondo e niente scoppio a piangere. emi mi guarda preoccupata e in quel momento vedo andrea e irene e scrocco nuovamente un fazzoletto a andre. non ce la sto facendo. singhiozzo come quando avevo cinque anni e facevo i capricci.
si lo so, sembra che io non faccia altro che piangere. ma non è finita qui.
la sera dopo sono all’o2 a vedere il concerto di john mayer. sto lì sulla mia bella poltroncina numero 175 e vedo alla perfezione il palco, siamo un po’ lontani è vero, ma amen io e i miei amici siamo qui per il concerto e basta.
i minuti passano, l’arena si riempie, noi ci facciamo i nostri selfie di rito, contenti come pochi. a un certo punto si spengono le luci, parte una proiezione sul maxi schermo, inizia lo spettacolo.
appena lo vedo lì, in carne e ossa a poche entrate da me, inizio a piangere e a ridere come una pazza isterica. non mi sembra vero.
il concerto va avanti, io mi ripiglio, l’unica cosa che vorrei è ballare ogni singola canzone.
pausa. mi giro verso i miei friends e siamo tutti increduli, emozionati, spaventati dalla seconda parte. scommettiamo sulla scaletta e mentre ancora ci guardiamo totalmente smarriti, john ricomincia.
mi fanno male le mani, un po’ per gli applausi, un po’ perché sto giro andò alla piccola batterista sulle mie cosce. domani sarò piena di lividi, lo so già.
una, due, tre canzoni, ma quella che aspetto io non arriva.
uno dei suoi musicisti fa un pezzo cantato meraviglioso, io lo ascolto, totalmente rapita, mi perdo nei miei pensieri tanto che non mi accorgo che ha finito di cantare. realizzo appena in tempo per sentire la prima nota della canzone che voglio sentire, anzi no l, che fremo di sentire live da tutta la vita.
alla seconda nota sono già faccia spalmata sui palmi, e piango. piango tantissimo, non respiro, cerco di essere silenziosa, non voglio perdermi nulla, ma non riesco a guardare il palco, continuo a piangere e piango, piango, sempre, fino alla fine. otto minuti di canzone e io li piango tutti, dal primo all’ultimo.
la canzone finisce, io sono disperata, guardo emi, lui senza dire nulla, mi abbraccia, mi accarezza la testa e piange, più composto di me. non abbiamo nemmeno un minuto di tregua da quello strazio dilaniante, che il concerto riprende, e noi con lui.
usciamo. morale sotto i piedi, gioia tanta. io cerco un bagno, devo fare pipì e sciacquarmi la faccia. sembro un panda. ho il trucco nero che è arrivato fino al collo.
esco, trovo gli altri, cerchiamo un bus per tornare a casa. faccio fatica a parlare, sono troppo immersa nelle mie emozioni.
arriviamo a casa, una fame della madonna, mi metto ai fornelli e faccio una pasta per me e emi, andre e ire si mangiano due cagate e vanno a letto.
mangiamo, facciamo due chiacchiere, ci laviamo e ci mettiamo a letto anche noi. io ho sonno zero e così costringo quel povero cristo di emiliano a rimanere sveglio con me, anche se la cosa non sembra dispiacergli.
si fanno le quattro, propongo uno shot di vodka ghiacciata di frigo, il mio compagno di bevute preferito accetta di buon grado. spariamo due cazzate in cucina e torniamo in camera.
ho un macigno sullo stomaco, me ne devo liberare, do fiato alla bocca.
chiedo scusa a emi per tutto, per non avergli risposto, per averlo ingorato, per non avergli detto come stanno le cose, quanto sono agitata per l’università, la mia continua spirale di depressione, i litigi con mia sorella, lui che mi manca da dio perché si è trasferito.
mi salgono le lacrime, sto per fare come gli altri giorni, come qualche ora prima, sto per aprire tutta la diga di sentimenti che trattengo molto, troppo spesso.
gli ripeto quanto mi manca, quanto non so vedermi senza di lui a due passi da casa, anche se in realtà non ci vediamo praticamente mai. però ecco mi sembra bello sapere che una persona sta lì e che al limite basta suonare a un campanello. adesso no, adesso lui sta a chilometri e chilometri da me, e nonostante fino a qualche anno fa la cosa era al contrario, ora mi sembra che c’è qualcosa fuori posto. gli dico che lui è il mio centro, il mio punto fisso e ora è come se la mia stella polare si fosse spostata, facendomi perdere in un mare sconfinato di tristezza.
sono arrabbiata con lui perché mi ha lasciata sola.
lui mi abbraccia, mi accarezza la schiena, i capelli, mi coccola e mi culla, quasi fossi una bambina impaurita, mi sento piccola piccola vicino a lui. gli infradicio la maglietta, continuo a piangere, non riesco a fermarmi, finché non so se per il suo respiro calmo o il ritmo crescente del suo battito cardiaco, riesco piano piano a riprendermi.
mi dice che anche a lui manco molto. mi aggiusto fra le sue braccia, fino a che le nostre labbra si sfiorano. lui le appoggia delicatamente sulle mie e iniziamo a baciarci. sono baci di consolazione, dolcissimi, assomigliano molto al primo bacio, il primo in assoluto, che non sai come funziona ma lo fai, totalmente guidato dall’istinto.
mi scende ancora qualche lacrima, ma continuo a baciarlo, ormai troppo presa per smettere. ad essere sincera non voglio smettere. io lo voglio, lo voglio con tutta me stessa. i baci cambiano ritmo, si fanno le sei, ci mettiamo a dormire, io ho smesso di piangere e lui ha iniziato a russare. mi addormento felice.
il giorno dopo non piango, mai, mi rattristo forse, ma non piango. strano ma vero.
oggi siamo tornati a casa. abbiamo fatto notte bianca e io sono collassata sul volo. mi sveglio una volta atterrati. mi viene da piangere, piango. gli altri non mi vedono, direi anche menomale perché la cosa potrebbe risultare patetica, quantomeno per andre e ire, per emi no, mi rimprovera sempre quando dico di essere patetica se piango.
usciamo dall’aeroporto, mi accompagnano al treno.
ogni singola volta che torno da un viaggio, piango. non importa se è stato lungo, breve, stancante, divertente o deprimente. io piango, sempre.
piango perché lascio i posti, saluto le persone, il clima, le abitudini, insomma devo salutare tutto.
devo salutare i miei compagni di viaggio, il che mi uccide sempre. fosse per me vivrei solo con i miei amici. sempre.
ogni singola volta che torno da un viaggio, piango.
come adesso, che sono due ore che sto sul treno, e ho bisogno di un idraulico perché sto piangendo come una disperata.
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In generale della tua vita
Guarda, la domanda è veramente complessa per due motivi: 1) io non sono bravo a sintetizzare e in 22 anni e mezzo ho vissuto davvero tantissime esperienze; 2) non so scegliere un argomento/evento/memoria Ma, solo perché me l’hai chiesto, ci proverò.Per un errore dei miei genitori sono nato appunto poco più di 22 anni fa, alla fine del 1996. Alla nascita stavo per morire, insieme a mia madre, poi sono sopravvissuto; il karma allora ha voluto che, dato che ho fatto soffrire tantissimo mia mamma durante il parto, io abbia dovuto soffrire un po’ per colpa di altre persone. Da bambino furbescamente imparo a parlare (11 mesi) prima di imparare a camminare, così potevo comandare senza che qualcuno mi rispondesse “muovi il culo e cammina coi tuoi piedi”. Precocemente mi spacco un dente cadendo mentre scendevo o salivo le scale (e questo si ripercuote ancora oggi) ma dimostro un particolare interesse nella recitazione e nel canto. Cosa che si smentirà negli anni, o meglio, io continuerò a cantare in un coro ma smetto di recitare (che palle, non sono mai stato bravo a fingere). Ah, sì, io non so dire le bugie, non so fingere, non so fare scenate. Se ti devo dire una cosa te la dico, difficilmente invento scuse e per questo non sono una persona facile da trattare. Non sono facile da trattare nel senso che facilissimamente mi danno fastidio quelle persone che, al contrario, inventano scuse su scuse e fanno scenate ogni giorno. Detto ciò, per seguire il mio migliore amico, faccio una scelta che inconsapevolmente ha stravolto la mia vita: alle medie mi iscrivo alla sezione musicale. Comincio a suonare il clarinetto, poi il soffitto di casa mia crolla, lo strumento si rompe e io decido di farla finita e passare al pianoforte (che avevo già da mia nonna). Poi un giorno un tizio porta a scuola un basso elettrico, io lo provo, me ne innamoro e non lo lascio più. Tra una cosa e l’altra ho frequentato 2 conservatori senza mai riuscire a completare nemmeno 1 anno in uno di questi, ma poco importa. Prima di diplomarmi al liceo scientifico ho avuto 2 ragazze: la prima è durata appena 2 mesi e poi mi ha mollato per il mio migliore amico (che non era citato prima, eh); la seconda è durata 4 anni, tra una pausa e l’altra, a 800km di distanza da me. Se scavi nel profondo di questo Tumblr trovi ancora qualcosa che fa riferimento a lei. Ah, è grazie a lei se sono qua a scrivere. Non avrò dei figli, ma se mai dovesse succedere, racconterei loro questa storia per spiegargli tante cose. Perché quella relazione mi ha insegnato tantissime cose, nel bene e nel male. (Se ti interessa chiedimi, ma è veramente lunga la lista). Dopo essermi diplomato ho deciso di cambiare città e fare circa 1600km in linea d’aria verso nord, attraversando un mare e tantissimi fiumi. Giunto in questa grande città, sono rimasto single per via della ragazza che mi ha mollato (perché avevo fatto questa scelta e non ero andato a vivere nella sua città). Poi sono andato a riprenderla ritornando a casa sua a spiegarle che io la amavo davvero. Insomma, giunto qui, dove mi trovo dopo ancora 3 anni e mezzo, mi iscrivo in università e, in regola coi tempi, mi laureo. Nel frattempo ritorno di nuovo a essere single, perché la mia ragazza si innamora di un altro e non vuole stare più a 800km da me. Che sfigato di merda che sei, penserai. E invece è qui che arriva la svolta. Mi chiama una mia compagna di università e mi dice “guarda che c’è una band di amici miei che cerca un bassista”. Mollo il mio gruppo e mi avvicino a questo branco di pazzi. Quando sono entrato nella band non pensavo di poter fare certe cose (come ad esempio baciare un ragazzo, mettermi il rossetto e truccarmi, posare da nudo, suonare in posti fighissimi davanti a 8000 persone), ma loro mi hanno davvero dato quella motivazione che da tempo stavo cercando. Non so dove arriveremo, ma non mi pento per niente di quello che ho fatto fino a questo momento (spero comunque che possiamo arrivare lontano). Sì, gli voglio un sacco di bene, anche se mi prendono in giro e mi bullizzano tutto il tempo. Nel frattempo ho ritrovato l’amore, dopo 2 anni di solitudine totale. Dopo alcuni giorni passati con una ragazza (niente più che qualche bacio) nel luglio 2017, a fine novembre conosco una ragazza molto carina. Lei è una di quelle che parlano poco, che non si truccano per niente e non mettono il rossetto. Non è una di quelle per cui dici “oddio che figa della madonna, me la voglio subito portare a letto”, ma ha degli occhi castani al cui interno ci trovi veramente di tutto e delle labbra piccole ma davvero tenere. Una ragazza dolce, sensibile, tranquilla, proprio come piace a me. In 2 mesi e mezzo non abbiamo mai litigato, ma l’altro giorno è andata via e continuo a non capire perché. Sì, era troppo bello per essere vero, non poteva andare così. Forse sta leggendo, forse no. Vorrei dirle che mi manca tanto, che il concerto di stasera è stato bellissimo ma che con lei sarebbe stato tutto molto più bello. Probabilmente non tornerà più, mi sa di una di quelle persone che una volta che decide una cosa poi è difficile che cambi idea. Peccato, cazzo, eravamo una bella coppia, con lei sentivo di aver trovato il mio posto, mi sentivo sempre a casa anche quando non ero a casa. Era una di quelle persone che ti faceva pensare “ecco perché non ho mai funzionato con nessun altro”. 
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lopi-s-blog · 5 years
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BRAINSTORMING giorno 24-09-2018, h16:48
ho deciso di intraprendere questo ciclo di "brainstorming" ,o così li chiamo io, che sarebbero, o meglio... che dovrebbero essere delle introspezioni il più veritiere possibili. Li scrivo per tenere un diario di bordo di tutto quello che mi sta succedendo durante questa nuova avventura. oggi è effettivamente un mese che sono partita, e vorrei continuare così per tutta la durata del percorso e anche dopo. ogni mese vorrei fare un brainstorming più approfondito e una volta alla settimana buttare giù qualche riga per tenere traccia dei cambiamenti in modo più continuo. ne approfitto anche per non perdere la conoscenza dell'uso dell'italiano perchè mi rendo conto che non parlandolo, non leggendolo e non scrivendolo spesso come prima, non riesco a migliorare, anzi... credo di regredire sempre più. dopo tutto questo soliloquio direi di incominciare:
dopo 5 minuti di fissare il computer avendo scritto solo queste poche righe e non sapendo come continuare cerco di dare uno schema a quello che viene: voglio intanto dare un'idea del rapporto che ho con ogni membro della lista che verrà nel modo più oggettivo possibile anche se so che non sarà poi così effettivamente; poi vorrei dire quali sono i lati positivi e negativi di questa relazione (perché di questo si parla, di relazioni interpersonali) e infine come vorrei che fosse, scrivendo preferibilmente cosa faccio per migliorarla. 
le persone e gli argomenti su cui vorrei riflettere sono: -la scuola russa: lingua, amicizie, professori, ...;
-la scuola italiana: lingua, amicizie, professori, ...;
-la mia famiglia: mamma, papà, serena, gloria, la nonna, evi e tutti gli altri;
-la mia seconda famiglia: svetlana e sasha;
-i miei frenz: ale, valery, bonnie, nema, bettina, igea, filomena, eliza, auro, elena, arianna, alice marchi,marieclaire, amin, sophia, paolo, mirko...;
-me stessa: corpo, carattere, comfort zone, passioni e hobby (diciamo che questo è il punto più tragico)
come dico a tutti la parte più difficile di questo percorso è la lingua fino ad adesso. non riesco a comprendere cosa dicono i miei compagni e la mia famiglia, tantomeno quello che dicono i professori. la cosa mi fa abbastanza innervosire perchè non pensavo sarebbe stato così difficile. vedo molti altri studenti che sono arrivati in russia che conoscono molto meglio la lingua di quanto lo faccia io. probabilmente in italia hanno avuto una preparazione maggiore, si sono impegnati molto anche prima, cosa che oggettivamente io non ho fatto se non nel primo periodo. i volontari in italia ci hanno ripetuto diverse volte di non fare paragoni tra le diverse esperienze perchè questo non porta nulla di buono, ma a me viene naturale. è frustrante vedere che gli altri capiscono molto meglio di quanto faccia io, che addirittura parlino anche se non in modo grammaticalmente corretto, ma parlano, quando io a stento conosco una ventina di vocaboli. molti vengono aiutati dai fratelli o dalle sorelle ospitanti ogni sera, cosa che io non "ricevo", anche se credo a questo punto di essere io a dover chiedere. devo ricordarmi che nulla è dovuto e che come io dia per scontato molte cose lo facciano anche loro. il fatto che abbia iniziato le lezioni di russo con la professoressa di inglese è molto produttivo, ma non quanto io vorrei. spero che entro il prossimo mese inizo a formare delle frasi di senso compiuto, senza mischiare inglese e russo. frasi minime, intendo. quelle mi bastano. voglio essere realista perchè se in un mese ho imparato 20 vocaboli non posso retendere che da un giorno all'altro inizio a parlare in modo sciolto. per questo voglio fare un piano di studi per tutto quello che devo imparare, un ambito alla volta, qualcosa ogni sera sopratutto per aumentare i vocaboli. devo fare pratica il più possibile e chiederò a sasha e svetlana per questo. dovrò anche leggere a voce alta una pagina di dostoevskyi, anche se non capisco il significato, per migliorare la lettura. perchè prima di imparare dei nuovi vocaboli devo saperli leggere e poi memorizzare. con le ragazze della mia classe russa va abbastanza bene, il problema principale resa sempre e comunque la mancanza di comunicazione perchè loro non conoscono l'inglese e io non conosco il russo. penso che mi vogliano bene, come gliene voglio io a loro. anche se il nostro rapporto non è propriamente sincero perchè non riesco a scherzare ed aprirmi, cerco e mi sforzo di fare la persona carina anche quando quel giorno non mi va di fare nulla, tantomeno cercare id capire cosa dicono.  però mi sforzo e questo spero dia risultati, perchè si dice che gli sforzi vengano sempre ricompensati. vorrei che il nostro rapporto si stringesse ancora di più, che le "non-simpatie" si rivelino solo prime impressioni errate, lo spero molto, anche perchè nessuno mi  ha dato il motivo di essere arrabbiata o di dover storcere il naso per qualcosa successo a me direttamente. non è né la situazione e tantomeno il periodo per poter fare la selettiva e la schizzinosa (per non dire snob) della situazione, anche perchè rappresento il mio paese, e i pregiudizi che ci sono mi bastano. pace e amore per tutti questo mese. il materiale scolastico scarseggia, mi devo ricordare di comprare molti più quaderni e fogli bianchi e sopratutti quaderni dove prendere appunti perchè in 3 settimane ho praticamente finito il primo.
mi manca parlare in italiano, andare a scuola senza uniforme e mi manca passare il tempo con i miei compagni di classe, anche se pensavo che una cosa del genere non l'avrei mai detta, data la mia poca simpatia per determinati elementi. mi manca chiedere i grattini a mariachiara, girare per i corridoi con noemi, scherzare e fare la scema con valerio, potergli mettere le gambe sulle sue senza che qualcuno si faccia strane idee o che pensi con malizia come succederebbe qui. mi mancano gli abbracci mattutini di alessio e gabriele, che ti ricaricano e ti fanno passare anche solo un pochino la voglia sfrenata di tornare a casa a dormire. mi manca la campana che suona allle 8 e 30 e il partire di casa alle 8.27 "tanto ci vogliono due secondi e anche se sono in ritardo nessuno mi dice niente". mi manca avere "confidenza" con i professori, potergli parlare tranquillamente se sto male, mi manca studiare in modo attivo come facevo in italia... non pensavo l'avrei detto ma mi manca fare le lezioni come si fanno da noi, in modo attivo e non solo assitere ad una lezione frontale facendo come le belle statuine, cosa che molte volte avrei desiderato in italia. perchè le nostre lezioni stimolano, ti fanno fare collegamenti, ti fanno confondere, ti fanno esprimere, ti fanno venire il mal di testa perchè ti torturi il cervello per cercare una risposta ala domanda del prof... mentre quì puoi avere la testa da un'altra parte e nessuno se ne accorge perchè è solo il prof a parlare con quella cantilena che ti fa addormentare e che ti fa venire il mal di testa per la noia. tirando le fila spero che il mio ritorno non sarà così traumatico, che non mi abitui a questo tipo di metodo, ce la metto tutta, cerco di portare lo stesso metodo che attuo in italia anche qui, per quanto mi è possibile.
mi manca la mia mamma. è strano doverlo ammettere così presto. mi mancano i suoi buongiorno molto traumatici ogni mattina, i commenti per come mi vesto, mi manca ogni cosa, anche quando non ci vediamo mai perchè è sempre a lavoro. mi mancano anche le sue sgridate per quando non mettevo in ordine la camera, o perchè non giravo i calzini prima di metterli a lavare. mi manca il suo profumo, che anche se l'ammorbidente è per tutti lo stesso i suoi vestiti sanno di lei. mi mancano le magliette stirate alla perfezione, cosa che io non riesco a fare mai perchè sono una capra a stirare mentre lei è bravissima. mi manca la sua cucina, pure il caffè fatto con la stessa caffettiera che a lei viene sempre perfetto e che io puntualmente brucio. mi manca tantissimo e dire che adesso non ho gli occhi lucidi sarebbe mentire. è molto fiera di dove sono adesso, dopo tutti quei sacrifici fatti per potermi permettere un'esperienza del genere, che lei alla mia età non osava nemmeno sognare. mi mancano i suoi piccoli vizi, che io mai apprezzavo, di cui mi rendo conto solo adesso. mi mancano i suoi "mi raccomando" o "du pieri intr' a 'na scarpa" che adesso mi sogno, ma va bene così. di buono c'è che ci stiamo mentalmente preparando per l'università, anche se non ho idea di cosa voglia andare a fare, e che probabilmente non riuscirò nemmeno a permettermi. questa cosa mi prepara a quando non potrò vederla tutti i giorni, mi aiuta a badare a me stessa, a stare attenta e a mettere a frutto tutta l’educazione che lei e papà mi hanno trasmesso. sento la mancanza di papà più di quello che avrei mai potuto pensare, perchè non vedendolo così spesso come vorrei non mi sarei aspettata di sentire così tanto la sua mancanza. a malapena facciamo conversazioni quelle poche volte che è a casa... di solito è sempre fuori per lavoro quando è reperibile e quando non lo è sta sempre facendo qualche lavoretto per casa, facendo spesso cose che interessano solo a lui  mettendo in secondo posto delle cose oggettivamente più urgenti (tipo il portone immaginario). di solito parliamo le poche volte che siamo in macchina insieme, cosa che accade raramente dato che spesso mi muovo a piedi e che prima se mi serviva un passaggio potevo benissimamente chiedere a mirko. quest'estate le cose sono cambiate. ho visto mio padre molto più "umano", non che prima non lo fosse, ma non so... avevo sempre un'idea autoritaria e spigolosa della sua persona, nonostante abbia sempre fatto delle battute terribili e sia sempre stato dolce nei nostri confronti. ma quest'estate ci siamo avvicinati molto. sento che potrei parlargli quasi di tutto, non come faccio con la mamma o con evi, ma quasi. questa cosa mi rende felice, anche se l'ho visto molto invecchiare e la cosa mi rattrista. è sempre stanco ed è un'agonia vedere sia lui che la mamma così solo per poterci permettere i "piaceri" che però possono diventare semplici capricci. di solito si dice che gli uomini sono come il vino: più vecchi sono più diventano acidi, fino a diventare aceto. papà invece sta diventando vin brulé, più dolce col tempo che passa. una cosa non mi manca: la puzza di sigarette di prima mattina e la cenere ovunque, sopratutto sul tavolo la mattina facendo colazione. il fumo passivo ci ucciderà. anche le mie sisters mi mancano tanto, ma non così come credevo. più che altro mi rendo conto che molte cose le davo per scontato e mi rendo conto che molte cose che ci sono a casa mi danno molto fastidio. come il fatto che serena esca così spesso e che se la tiri così tanto. è controproducente per lei, perchè si sottovaluta. non sa di essere importante e di avere una gran bella testa e tante potenzialità. pensa di essere inferiore, ma inferiore a chi poi? è la bellissima della famiglia, quella con l'occhio miglire per le belle cose, quella che ha il maggiore senso di stile, cosa che se sfrutta la porterà molto lontana. sarebbe perfetta come modella, anche se si monterebbe la testa molto di più. sarebbe perfetta anche come hairstylist, o nailartist o truccatrice, anche se so che pensa che lei non sia portata per le cose manuali. basta solo aver tanta pratica e passione alle proprie spalle. a lei manca solo la pratica e qualcuno che la consigli. per i consigli io sono sempre a disposizione e lei forse non lo sa. devo stringere molto di più con lei, ne abbiamo bisogno entrambe. l'unica cosa che mi "preoccupa" è che avendo lei sempre in giro non potrò bere o fumare. stessa cosa a scuola nel cortile quando io sarò al 5^ e lei al 1^. mi manca anche Gloria. la sua dolcezza, anche quando faceva la stronza nei miei confronti. quando cercava di fare quella dura quando però veniva sempre da me a chiedermi una mano. la cosa che più mi da fastidio è che si senta "superiore", o non proprio... ma che si comporti in modo diverso da quando ha il cellulare in mano. è come vedere ogni volta la brutta copia lobotomizzata della piccola. perché lei è la piccola della casa, quella che non ha mai colpa e che la scampa sempre.
adesso argomento imponente: la famiglia russa. adoro svetlana, partiamo da questo presupposto. mi tratta bene, come farebbe chiunque con una usa figlia, mi da consigli, mi fa notare delle piccole cose che non vanno senza farmele pesare più di tanto... sono felice di essere con lei così. mi dispiace di non avere lo stesso rapporto con Sasha. siamo freddi, a differenza di tutti gli altri nella mia situazione che escono con i propri fratelli, che imparano la lingua sopratutto da loro. noi a malapena ci diciamo ciao quando usciamo di casa, priviet quando ci incontriamo a scuola e buonanotte e buongiorno, nient'altro. questa cosa mi fa stare un po' mle perchè quando non c'è svetlana a casa mi annoio parecchio e la cosa è sconfortante. la casa è carina anche se è molto piccola, adoro i gattini che vengono a farti le coccole quando meno te lo aspetti, però ho acquisito la consapevolezza che non voglio un animale a casa, sono sempre stata bene senza e continuerò a farlo. portano troppa sporcizia e peli. quei peli me li sono trovati ovunque, sui vestiti, nel mangiare, sulla faccia, nei capelli, sul pc, in mezzo ai libri... non ne posso più.
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traceofaftersound · 6 years
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Cose che ho collezionato qua e là in Giappone
Ero al primo anno di liceo quando una compagna di classe mi ha fatto scoprire i Pizzicato Five, gruppo iconico dello Shibuya-kei e del revival anni sessanta nel pop anni novanta. L’album che precede il loro scioglimento è datato 2001 e si intitola “Ça et là du Japon”, decisamente non uno dei migliori, anzi, a tratti quasi troppo fastidioso persino per essere messo di sottofondo mentre si lavano i piatti, ma interessante perché si configura come un’ironica miscellanea di brani che citano vecchi successi o addirittura pezzi tradizionali giapponesi, o che ancora giocano sagacemente con gli stereotipi orientalisti e auto-orientalisti sul Giappone visto dai Paesi d’oltreoceano e viceversa. Ho deciso di citare quest’album perché è con lo stesso spirito che scrivo questo post dopo TANTISSIMO. In questi mesi il mio tempo libero è stato assorbito principalmente da un progetto di cui qualcuno sa già ma che prima di fare appelli alla nazione vorrei avere la certezza di vedere concretizzato (non vi preoccupate, se e quando lo sarà non mi esimerò dallo sbandierarlo a destra e a manca fino a venire eliminato da tutti i miei contatti per spam lol), quindi non sono materialmente riuscito ad aggiornare il blog, ma siccome mi è comunque capitato di andare qua e là, ho pensato che fosse arrivato il momento di raccogliere tutto in una sorta di zibaldone di esperienze anche non proprio freschissime che probabilmente risulterà poco brillante (meno del solito? challenge accepted lol) ma che non solo a rileggerlo un giorno ma addirittura soltanto a scriverlo mi farà pensare con nostalgia ad alcune cose.
💿 La Chinatown di Yokohama.
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「ヨコハマもいいね!」► スキヤキ・ソング
Mentre quella di Kōbe, sorta nel 1868, si chiama Nankinmachi (南京町, ‘la città di Nanchino’, nomenclatura che io pensavo si applicasse a tutte le Chinatown e che usavo indistintamente, fino a che non sono stato corretto con tanto di commento “si vede che sei stato in Kansai” lol), quella di Yokohama, di quasi una decina d’anni più antica, si chiama Chūkagai (中華街, ‘città cinese’), e mentre la prima è poco più di una stradina, la seconda è tipo un mega quartiere dove vendono di tutto, e dove ho lasciato del tè al lichi in foglie che tuttora mi pento di non aver comprato e che è il motivo principale per il quale ci tornerò lol.
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Degno di nota il Kanteibyō, vistoso tempio dedicato a Guāndì, generale cinese le cui gesta sono cantate nelle Cronache dei Tre Regni (in cui tra l’altro si narra che, giustiziato dopo essere caduto in trappola, sarebbe riuscito a eliminare il proprio nemico giurato Lǚ Méng addirittura da morto) e successivamente divinizzato come dio della guerra e delle arti marziali.
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“Se non posso uccidere Lǚ Méng da vivo, lo farò da morto!” Onestamente, non mi ricordo questa scena, di Red Cliff mi ricordo solo Takeshi Kaneshiro ehm cioè, Zhūgě Liàng lol
💿 Ho finalmente scoperto che pianta è il rampicante che ricopre casa mia, una delle cose che tra l’altro mi hanno affascinato di questo appartamento quando l’ho scelto. All’inizio credevo fosse edera, ma le foglie erano abbastanza diverse, e mi è stato suggerito che poteva essere forse vite, fintanto che quest’autunno non ha fatto i frutti e no, non era uva, ma degli strani pomodori spugnosi e oblunghi che ho scoperto chiamarsi karasu-uri in giapponese (烏瓜, “la cucurbitacea dei corvi”), nome scientifico Trichosanthes cucumeroides, quindi della famiglia delle zucche, dei meloni e delle zucchine, che in teoria dovrebbe essere anche commestibile seppur non particolarmente prelibata.
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Ho inoltre scoperto che c’è una canzone popolare dedicata a questo frutto, ambientata nientepopodimenoche ad Asagaya, a una fermata di treno da dove abito io. Coincidenze??? Non credo proprio.
💿 La galleria d’arte Dorado Gallery a Waseda.
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Ora, non vorrei dire, ma... non vi ricorda in maniera inquietante Casa Batlló di Gaudí a Barcellona? Uscito dalla stazione della metropolitana di Waseda stavo camminando verso la fermata del tram (il tram per davvero eh, non quello che io a Vicenza chiamo tram ma che in realtà è un autobus), che non sapevo neanche esistesse ancora a Tokyo e che al solo salirci mi ha ricatapultato in un passato che non ho mai vissuto, quando mi si para davanti questo inspiegabile edificio che, boh, non lo so, solo a me sembra meravigliosamente fuori posto e fuori contesto? Ma cosa ci fa qui? Ma cosa mi rappresenta?
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💿 Salendo sul tram al capolinea di Waseda si arriva in poche fermate a Kishibojinmae, nella zona di Zōshigaya, dove sorge un tempio dedicato a una divinità molto particolare.
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Kishibojin (o Kishimojin, 鬼子母神, i cui quattro caratteri significano rispettivamente ‘demone’, ‘figlio’, ‘madre’ e ‘divinità’) è il nome con cui in Giappone è nota Hārītī, divinità buddhista che nasce come demone femminile che rapiva i neonati per darli in pasto alla propria numerosissima prole, sino a quando Buddha non le sottrasse un piccolo per dimostrarle quanto dolore aveva inflitto alle madri a cui aveva sequestrato i figli. Pentitasi, Kishibojin si convertì e divenne la divinità protettrice dei bambini e delle madri a cui garantiva un parto indolore. Invece della carne dei neonati, cominciò a nutrirsi di melagrane, che con i loro semini simboleggiano innumerevoli figli, e che per questa ragione si dice portino fertilità alle donne e liberino dagli spiriti maligni i bambini che le mangiano. Non è quindi un caso che nel giardino del tempio di Zōshigaya siano piantati diversi melograni, alberi che non mi capita spessissimo di vedere a Tokyo e il cui frutto ho dovuto cercare in tre supermercati e due fruttivendoli diversi quella volta che mi è servito lol.
A parte il fatto che trovo assolutamente affascinante il parallelismo che si potrebbe fare con la mitologia greca, a partire dalla figura di Lamia (chi ti infamia) che, con un percorso opposto, vistasi uccidere i figli da Era che voleva punirla per essere stata l’amante di Zeus, si trasforma in una cannibale a caccia di bambini (al contrario della nostra fruttariana ante litteram lol), senza parlare poi della melagrana che nel mondo classico è il frutto infernale per eccellenza che Persefone mangia nell’Ade, un’altra cosa che mi ha intrigato è stato scoprire che il primo carattere di Kishibojin, quello di ‘demone’ 鬼 nel suo nome viene scritto senza il tratto in cima perché si tratterebbe della rappresentazione delle corna che ha perso dopo essersi convertita in una divinità.
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Ecco, così. Tra l’altro mi è tornato in mente che la variante senza corna l’avevamo già vista in tempi non sospetti quando siamo andati a vedere il kiraigō 鬼来迎 nel cartello che li indicava a Mushō.
💿 La tomba di Natsume Sōseki nel cimitero di Zōshigaya.
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「吾輩は猫である。」 “Io sono un gatto.”
Il cimitero di Zōshigaya ospita le tombe di diverse celebrità letterarie tra cui Nagai Kafū, Izumi Kyōka e appunto Natsume Sōseki, compianto autore di svariati romanzi tra cui “Kokoro” (“Il cuore delle cose”, edizioni Neri Pozza che mi sento in dovere di citare per orgoglio vicentino lol), in cui tra l’altro la tomba dell’amico del protagonista si trova proprio nel cimitero di Zōshigaya, in cui ora lo scrittore stesso riposa:
“[La moglie del maestro] Disse molto gentilmente che il marito era fuori. Aggiunse che ogni mese, proprio quel giorno, aveva l’abitudine di andare a portare i fiori a una tomba nel cimitero di Zōshigaya. «È uscito proprio adesso. Saranno dieci minuti!» disse la signora con aria dispiaciuta. Io salutai e me ne andai. Dopo un centinaio di metri in direzione della tumultuosa città, mi venne voglia di fare una passeggiata a Zōshigaya. Mi spinse anche la curiosità di vedere se avrei incontrato il maestro. E tornai sui miei passi.
Entrai dalla parte sinistra di un orto, passai quindi nel cimitero e camminai lungo un ampio viale ornato con alberi di acero. Proprio allora, da una casa da tè che si scorgeva sul fondo, uscì a un tratto una persona che assomigliava al maestro. Mi avvicinai fino al punto da vederne la montatura degli occhiali brillare al sole, e gridai di soprassalto: «Maestro!» Egli si fermò di colpo, e mi guardò. [...] Attraversammo il cimitero per raggiungere la strada. Accanto alla tomba di una certa Isabel e di un certo Rogin, credente cristiano, si ergeva un cippo su cui era scritto: «Tutti gli esseri viventi portano in sé l’essenza di Buddha». C’era anche la tomba di un ministro plenipotenziario. E ce n’era un’altra, molto piccola, su cui erano incisi gli ideogrammi Andorei: chiesi al maestro come si dovessero leggere. «Probabilmente Andrea», rispose con un sorriso amaro. […] Ad una estremità del cimitero, dove una grande pianta di ginkgo si ergeva quasi a nascondere il cielo, lui guardò in alto, verso la cima, ed esclamò: «Tra poco sarà bella! Diventa completamente gialla e la terra, sotto, si copre di foglie dorate!» Una volta al mese passava inevitabilmente in quel luogo. [...] Io non avevo una meta precisa, per cui seguii il maestro. Era più silenzioso del solito, eppure non mi sentivo troppo a disagio, e camminai lentamente con lui. «Ritorna subito a casa?» «Sì. Non devo andare da nessun’altra parte.» Scendemmo la collina in silenzio, verso sud. «Lassù c’è la tomba della sua famiglia?» chiesi di  nuovo. «No». «È sepolto lì qualche suo parente?» «No». Non aggiunse altro. Anch’io, a quel punto, troncai il discorso. Poi, dopo un po’, ritornò inaspettatamente sull'argomento. «C’è la tomba di un mio amico». «Tutti i mesi va a fargli visita?» «Sì». Quel giorno non disse altro.”
💿 Il quartiere di Sugamo, conosciuto come la Harajuku dei vecchi lol. Era dai tempi del mio stage alla Camera di Commercio Italiana, quando un mio collega (ciao Ale!) me ne aveva parlato definendolo esattamente come sopra, che pensavo di andarci per vedere se fosse effettivamente così, ma con i miei fenomenali tempi di reazione dal dire al fare sono passati tipo due anni 🙈 Se la strada principale di Harajuku è Takeshita-dōri, Sugamo (so che è stupidissimo, ma tutte le volte questo nome mi fa tornare in mente lo spot della De Longhi col gondoliere che urla “chi ga sugà el canal??”) si sviluppa lungo una via che si chiama Jizō-dōri. I negozi che si trovano lungo questa strada si rivolgono palesemente a un pubblico di terza età, fetta di mercato di cui d’altra parte non si sottovaluta alcun tipo di esigenza dato che vi sono anche diverse bancarelle che espongono con spregiudicatezza della provocante biancheria rossa, e non in occasione del Capodanno.
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A Sugamo si trova anche uno dei sei Jizō di Edo, sei statue assise di Jizō (bodhisattva dei viaggiatori e dei bambini, in particolare di quelli mai nati) che vennero commissionate nei primi anni del 1700 e posti in diversi templi della città. Oggi ne restano cinque, uno dei quali è appunto custodito nel tempio Shinshōji a Sugamo.
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💿 Il Kiyosumi-teien, giardino designato “sito di bellezza paesaggistica” dalla città di Tokyo nel 1979.
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Nel periodo Edo, in questa zona sorgeva la residenza di un ricco mercante, Kinokuniya Bunzaemon. Tra il 1716 e il 1735, divenne la seconda casa di Kuze Yamatonokami, un signore feudale dell’odierna prefettura di Chiba. Nel 1878, questo terreno fu acquistato da Iwasaki Yatarō, fondatore della Mitsubishi, che ne fece un giardino che fungesse da luogo ricreativo per i suoi impiegati e per accogliere gli ospiti - proprio per quest’ultimo scopo venne edificato il padiglione Ryotei, una sorta di palafitta che riprende lo stile delle case da tè. Dopo il Grande Terremoto del Kantō nel 1923 e durante i bombardamenti aerei del 1945, servì come rifugio per gli sfollati, e fu donato alla città e aperto al pubblico nel 1932. Il giardino è nello stile kaiyū 回遊, cioè a circuito, e il laghetto al centro originariamente era alimentato dal fiume Sumida, che era stato appositamente deviato, mentre attualmente viene abbeverato solo dall’acqua piovana. Le pietre disposte al suo interno, tra cui quelle che formano delle passerelle note come iso-watari (磯渡り, “attraversamento di sassi”) provengono da tutto il Giappone, ed è presente anche una stele di pietra dedicata al poeta Matsuo Bashō su cui è riportato il suo famoso haiku “Vecchio stagno / una rana ci salta dentro / rumore d’acqua”.
E a proposito di Bashō, poco distante dal Kiyosumi-teien si trova una statua del poeta seduto davanti a ciò che resta del Saito-an (採荼庵), residenza del suo discepolo Sugiyama Sanpū e punto di partenza del suo viaggio iniziato il 27 marzo 1689 e riportato nella raccolta poetica “Oku no Hosomichi” (奥の細道, “Lo stretto sentiero del nord”). Immediatamente nelle vicinanze si estende un lungofiume puntellato di targhette in legno su cui sono incisi alcuni haiku del maestro.
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Cercando di fare ‘la mossa’ in un fallimentare tentativo di approccio. Matsuo-sensei, straziami ma di Bashi saziami.
💿 Kawagoe, la “piccola Edo”. Situato ad appena mezz’oretta di treno da Tokyo, nella prefettura di Saitama, questo ridente borgo con le sue case simili a magazzini (蔵造り kurazukuri) dovrebbe mantenere almeno nell’architettura l’atmosfera del periodo Edo (1603-1867), quando ricopriva un importante ruolo politico e militare per la protezione che offriva alla città di Tokyo (al tempo Edo, appunto) da nord. Oggi l’unico ruolo che ricopre è quello di produttore di una birra alla patata dolce, praticamente la sola risorsa di Saitama lol, l’omonima birra Coedo. A dominare lo skyline di Kawagoe è la torre dell’orologio (時の鐘 Toki no Kane, ‘la campana del tempo’), il cui suono, udibile quattro volte al giorno (le 6 del mattino, mezzogiorno, le 3 del pomeriggio e le 6 della sera) è stato selezionato come uno dei 100 più rappresentativi del Giappone.
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A riprova del ruolo strategico di Kawagoe, anticamente era presente anche un castello dove risiedevano gli emissari dello shōgun mandati da Edo, ma fu smantellato nel 1870. Ne resta solo una porzione nota come Honmaru Goten, che giustamente era chiusa alle visite quando ci sono andato.
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Altro punto d’interesse della zona è il Kita-in, un tempio buddhista della setta Tendai fondato nell’830 da Ennin (quello dello Yamadera e dello Zuiganji, ma di preciso quanti templi ha fondato questo?). Inizialmente faceva parte di un complesso di tre templi (Kita-in, Naka-in e Minami-in, rispettivamente il tempio del nord, del centro e del sud), ma nel 1599 assunse il ruolo di centro principale e i caratteri del suo nome vennero modificati da 北院, ‘tempio del nord’, che aveva una connotazione sinistra, a 喜多院, ‘tempio delle molte gioie’. Tappa obbligatoria, dunque, per tutti coloro che fanno parte del team #maiunagioia.
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Proprio lì accanto, in un padiglione separato, si trovano anche i 500 Rakan, 540 statue scolpite tra il 1782 e il 1825 che rappresentano i discepoli di Buddha e sono una diversa dall’altra.
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La leggenda vuole che se si riesce a individuare durante la notte l’unica statua la cui pietra è calda, il giorno dopo se si ricorda la posizione in cui si trova si scoprirà che è quella più simile a sé. Avete capito cos’ho detto?
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Boh, ma d’altra parte pure i cartelli a Kawagoe danno delle indicazioni alquanto criptiche:
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...Okay.
Quello che vi posso dire è che tra i 500 Rakan se ne nascondono 12 che portano con sé gli animali dello zodiaco cinese, come una guida volontaria giapponese ha fortissimamente voluto comunicarmi in inglese nonostante a più riprese gli abbia risposto in giapponese, ma d’altra parte è colpa mia che dovrei imparare a stare al mio posto e a parlare la lingua che ci si aspetta da me.
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Sotto il segno della pecora! 🐑 Tra l’altro nello zodiaco occidentale sono Capricorno mentre in quello cinese pecora, in sostanza...
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Ciliegina sulla torta, ho tenuto da ultimo il monumento più rilevante e rappresentativo di Kawagoe, che sicuramente molti di voi conosceranno:
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Ma chi se l’è arrubbata?
Nonostante saccheggi i nostri monumenti più preziosi, devo dire che Kawagoe non mi è affatto dispiaciuta, anche se avrei voluto avere più tempo per girarla con più calma. Altro errore madornale è stato andarci d’inverno: conoscendomi, dovrei sapere ormai che se voglio fare del turismo devo aspettare la bella stagione perché camminare fuori al freddo mi indispone tantissimo. Mi sono quindi ripromesso di tornarci d’estate, quando avrà anche più senso fermarsi a bere una birra per rinfrescarsi.
💿 Approfittando del fatto che la tradizionale gara di sci intercamerale mi aveva riportato nella prefettura di Nagano, sono tornato a Matsumoto per vedere il museo civico che ospita alcune opere di Kusama Yayoi, originaria appunto della città. Devo dire che mi sono ritrovato a chiedermi come diamine sia riuscito l’anno scorso a vedere in una giornata sia Matsumoto che Nagano senza sbattermi particolarmente a pianificare cambi e coincidenze, visto che quest’anno a causa della penuria di treni ho perso ore ad aspettare nelle stazioni e non avevo ricordi di averci messo così tanto per gli spostamenti. A parte questo, comunque, Matsumoto si riconferma una cittadina molto graziosa, con il suo castello e le Alpi giapponesi ad abbracciarla. Questa volta sono riuscito anche a farmi una passeggiata lungo Daimyōchō-dōri, una via che avevo già adocchiato durante la mia prima visita ma che non avevo avuto tempo di esplorare. Piena di negozietti che si susseguono in piccoli chioschi di legno, è qui tra l’altro che si trova il santuario di Yohashira, dedicato alla dea del Sole Amaterasu e a tre divinità primigenie, Takami-musubi no Kami, Kami-musubi no Kami e Ame no Minaka-nushi no Kami. So che sembra una supercazzola, invece è tutto scritto e documentato nel Kojiki, il testo che racconta il mito fondativo del Giappone.
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Motivo pricipale del ritorno a Matsumoto come accennavo era il museo di Kusama Yayoi, inconfondibile fin dalla facciata esterna che già vi catapulta nel mondo a pois dell’artista.
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All’interno le opere esposte non sono tantissime devo ammettere, quindi non so se da solo varrebbe un viaggio fino a Matsumoto, ma se uno è in città indubbiamente vale la pena di farci un salto. Anche solo per vedere con che dedizione tutto è uniformato alla poetica di Kusama Yayoi, persino i distributori automatici lol.
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💿 A proposito di Kusama Yayoi, dato che evidentemente non ne avevo avuto abbastanza lol, meno di tre mesi dopo sono andato a visitare il museo di Tokyo a lei dedicato, aperto nel gennaio 2017 e dai racconti che avevo sentito all’epoca preso talmente d’assalto che per i primi mesi i biglietti erano già tutti esauriti. I quadri esposti occupano una stanza al secondo piano, e li conoscevo perché praticamente li avevano già esposti tutti alla mostra che avevano fatto su di lei al Centro di Arte Nazionale di Tokyo, mentre è stato decisamente molto interessante entrare nella stanza delle zucche dove finalmente ho visto con i miei occhi una riproduzione delle sue famose installazioni giocate sulla luce, sul buio e sulle immagini delle zucche riflesse allo specchio.
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💿 Il centro di cultura e turismo di Asakusa, e la vista del Sensōji che si può godere dalla terrazza all’ultimo piano.
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Left pic: © L.S.
Quest’edificio è firmato dal famoso architetto Kuma Kengo, che tra l’altro abbiamo avuto l’onore di avere come speaker a uno degli eventi della Camera Svizzera. Credo che non dimenticherò mai il giorno della presentazione in cui l’ho incontrato di persona e, dopo aver scambiato mail con il suo ufficio in giapponese ma ricordando loro a più riprese che l’evento sarebbe stato in inglese, mentre lo accompagnavo al podio mi fa con estrema nonchalance: “Ma posso parlare tutto il tempo in giapponese, vero?”, facendomi venire un colpo apoplettico. Comunque è bastato dirgli di no perché sfoggiasse un inglese molto navigato, che aplomb. MA ADESSO BASTA CON TUTTA QUESTA CULTURA e ricordiamoci del vero motivo per cui dovreste andare ad Asakusa, e cioè i taiyaki, dolcetti a forma di orata, che invece in un negozietto della zona abbiamo trovato a forma di MAGIKARP.
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「ラ・ラ・ラ 言えるかな? ポケモンの名前!」► ポケモン言えるかな?
💿 Per concludere, vorrei che riflettessimo tutti un momento insieme sul fatto che io non avevo idea di che cosa fosse la pinsa romana (da bravo polentone del freddo nord-est) e che ne ho scoperto l’esistenza solo una volta trapiantato in Giappone, quando ho scoperto un negozio che la vendava ad Omotesandō.
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Credo fossero due anni che non mangiavo della mortadella, mi stavo per mettere a piangere. Senza contare che non credevo avrei mai visto della mortadella, dei pistacchi e del mascarpone tutti nello stesso piatto qui a Tokyo :Q_
Quindi la mia prima pinsa romana l’ho mangiata a Tokyo, ma vi sembra che abbia un senso questa cosa?
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Beh, come testimonia il fatto che è già il secondo weekend di fila che ci vado, una cosa che posso garantirvi è che di sicuro non sarà l’ultima.
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Cambogia
Adoro il Sud-est asiatico. Questa è la mia seconda volta. La cultura è diversissima, il cibo, la natura. Ma di sicuro la cosa che mi colpisce di più sono le persone! Ogni viaggio per me è anche un modo per capirmi, per conoscermi, per, magari, migliorarmi o semplicemente per relativizzare le mie tipiche ansie da occidentale.
Non sono ricco, quindi per scegliere il volo ho scelto la prima volta Bangkok e la seconda volta Kuala Lumpur. Non sono voli diretti, durano fra le 13 e le 17 ore e fanno scalo in Turchia, in Oman o altri paesi Arabi. Per via della situazione politica in Turchia questa volta abbiamo viaggiato con Oman Air con scalo a Muscat. Circa 500€ a testa.
Kuala Lumpur è un'ottima soluzione perché una delle maggiori compagnie low cost del sud-est asiatico è malese e si chiama Air Asia (noi abbiamo scaricato anche la loro app per comodità con i check-in online). Questa volta in Particolare è stata ottima perché essendo la seconda volta in Cambogia abbiamo voluto esplorare le località balneari nella zona di Sihanoukville dove c'è un piccolo aeroporto direttamente collegato con Kuala Lumpur.
Munitevi dall'Italia di dollari americani (occhio alle banconote rovinate; molti non le accetteranno se hanno strappi o macchie). Per il visto occorrono 30$ e una foto tessera a persona (di uno strano formato 6x4, anche se ho notato che non sono stati troppo fiscali su questo).
Come nella cara vecchia Italia, ma con ancora più rilassatezza, dovrete fare i conti con ufficiali lenti, file lunghe e migrazioni da sportello a sportello perché un addetto ritira le foto, uno mette i timbri e uno vi restituisce tutto.
Abituatevi anche, appena arrivati in qualsiasi posto, ad essere assaliti da gente che vi offre passaggi in tuk-tuk (in Cambogia sono una specie di rickshaw (risciò) modificati (una motoretta collegata a una portantina in maniera molto artigianale).
La destinazione decisamente più suggerita è l'Angkor Wat un insieme di templi che per secoli sono stati nascosti agli occhi del mondo. Il modo migliore per visitarli è quello di soggiornare nella vicina Siem Reap e da lì muoversi con uno scooter (vi danno un 125cc senza chiedervi patente internazionale e un mini casco in, credo, cartapesta). I templi sono tanti. Noi ne abbiamo visitati solo tre perché a Siem Reap è mancata la luce per una settimana e senza sciacquone, doccia, cellulare… La situazione non era, diciamo, confortevole e qui di abbiamo cambiato programma.
Siem Reap è molto occidentalizzata, nel senso che negozi, bar e ristoranti sono fatti in virtù della grande mole di turisti. Trovare pizza, pasta, fish&chips e il tailandese pad thai è molto facile ma è tutto piuttosto commerciale.
La Capitale è, invece, Phnom Penh; la versione locale di una metropoli dove il traffico e la confusione sono ovunque. La cosa che mi ha colpito di più è che è una città “anti-pedone”; le macchine affollano i marciapiedi, l'aria è irrespirabile di polvere e smog, pochissime persone vanno a piedi.
Con la mia ragazza abbiamo percorso due itinerari diversi entrambi passanti da Phnom Penh: la prima volta siamo arrivati in bus dal Vietnam. Siamo andati a Phnom Penh e da lì a Battambang da dove abbiamo preso una barca (quasi 10 ore) per arrivare a Siem Reap. La seconda volta siamo andati a Sihanoukvilke e da lì a Phnom Penh.
Mi è piaciuta la Cambogia? Nonostante le tante cose interessanti, affascinanti e le meraviglie viste sia naturali che realizzate dall'uomo, la mia risposta è no. Forse per chi va solo in Cambogia senza vedere le nazioni circostanti questo mio giudizio può sembrare eccessivo e non voglio scoraggiare nessuno dall'andarci perché credo che un viaggio valga comunque la pena anche se alla fine si realizza che quello è un paese dove non ci si tornerebbe.
La Cambogia mi ha lasciato una profonda tristezza. Ho visto tanti paesi tristi, ma qui quelli che ti resta è l'immagine di un paese violentato. Sono tantissimi gli investimenti stranieri, specie cinesi, che stanno sfruttando il paese non lasciando nulla alla gente del posto se non un certo senso di frustrazione per il contrasto fra estrema ricchezza e profonda povertà. Quello che voglio dire è che manca armonia e bellezza, che bellissime e modernissime architetture sono messe a casaccio sopra la spazzatura senza che la loro presenza abbia influito posivamente sul circondario. Probabilmente noi ci lamentiamo del contrario; eccessiva burocrazia e regole, ma in Cambogia è facile vedere la mancanza di un potere centrale, di una pianificazione, di un controllo o un limite alla iniziativa del capitale.
In ogni caso; meglio prepararsi a un vero e proprio shock culturale.
Uno guarda su Google Maps e vede strade piene di ristoranti, ma preparatevi a tante vie senza luce e marciapiede, tanti venditori e cibo di strada (anzi direi “sulla strada” visto che si cucina a ridosso di motorette e camioncini). I fili dell'elettricità pendono dappertutto o sono annodati alla meno peggio, alcune volte oscurando totalmente intere finestre.
Il cibo è freschissimo, nonostante sia conservato male, e la carne viene trasportata… ancora viva. Si mangia oggettivamente bene anche se dopo un po’ si sente la mancanza di varietà visto che c'è tantissimo riso, pollo e manzo. Preparatevi anche a sapori nuovi: oltre il piccante, molti sono gli abbinamenti agrodolci.
La gente è molto bella, i bambini in Particolare. Io sono 1,98 e la mia ragazza bionda e riccia e, ad ogni passo, sentivamo gli sguardi curiosi addosso a noi e venivamo omaggiati da splendidi sorrisi e saluti.
Sicuramente, specie fuori dal caos delle città, è un paese che ti insegna la semplicità e la serenità di chi accetta la vita come vie e senza avvelenarsi il sangue a lamentarsi di ogni cosa o a stressarti per cose che non sono neanche successe ancora.
Si vive molto per strada, fuori. La casa è spesso solo una stanza per dormire perché anche per mangiare molti mangiano in giro (costa davvero poco). Ho avuto l'impressione che ci sia qualcuno che si preoccupa di cucinare un po’ per tutti e se qualcuno chiede da mangiare perché bisognoso, tutti offrono senza fare domande.
Chi ha negozi o piccole attività, molte volte vive letteralmente nel posto in cui lavora e, la cosa che ho ammirato è che nessuno si abbatte; da noi c'è la pigra attitudine alla lamentela, al “no”, nell'attesa che qualcuno ci offra un lavoro o ci cambi la vita. Qui tutti si danno da fare nel loro piccolo: si cucina e si vende di fronte a casa, si cammina e sale sui bus con uova sode, dolcetti, acqua o patatine. Attivi, ma senza ansia.
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