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#ma che ve lo dico a fare lui un sole per sempre
littlevals13 · 2 years
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uominiedonneblog · 1 year
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Il cuoco Antonino Cannavacciuolo racconta l'amore con Cinzia Primatesta e il successo di Villa Crespi
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Antonino Cannavacciuolo è davanti a me pronto a scattare la copertina di questo nuovo numero speciale di Grazia Food di cui è direttore ospite. Ho con me un cesto di frutta e erdura e sono curiosa di scoprire che cosa sceglierà. L o fa velocemente ma non a caso Prendo un limone dice facendolo volare in alto e aprendosi in un sorriso. Cannavacciuolo ha conquistato a Brescia nel 2022, la terza stella Michelin per il ristorante Villa Crespi a Orta San Giulio con un una cerimonia che lo ha visto raggiungere il palco districandosi in una selva di abbracci , quelli della sua famiglia vera, quelli dei collaboratori e quelli non scontati, degli altri chef presenti in sala. "Sono passati mesi e ancora faccio fatica a crederci" Confida il cuoco "Quando passa da Villa Crespi e vedo la targa, la guardo e dico "E' davvero mia?" Le biografie raccontano che Antonino sia entrato a far pratica in cucina a 13 anni e emezzo. In un giorno rompeva centinaia di uova per fare il gelato e disossava decide di prosciutti. Oggi, invece siamo a Orta Sang Giulio a Lacqua by the Lake, uno dei resort della galassia Cannavacciuolo che comprende , aoltre a Villa Crespi, al bistrot anche Laqua Vineyard, in Toscana, Laquad by the Sea a Sorrento e sapere nell'entroterra , sorrentino Lacqua CountrySide. La supeficice dl lago scintilla , cè una calma molto lananta dall'adrenalina di Cucina da Incubo o di MasterChef, i due programmi TV che vedono il cuoco come portagonista. Cinzia Primatesta, moglie di Antonino Cannavacciuolo dal 1999, è una presenza discreta poco più in là che discuter con alcuni collaboratori su come sistemare al meglio giardino e piscina per gli ospiti.
Antonino Cannavacciuolo ma ora che questa terza stella c'è che cosa cambia davvero?
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Ora sento più forte la responsabilità di rincorrere la perfezione . Quando ti danno la terza stalla sali su un palcoscenico mondiale,. La gente si aspetta una grande esperienza" E allora torniamo alle origini del suo percorso. Com'erano le cucine della sua infanzia? Piene di gente vive e, laboriose. In me è confluita la cucina casalinga di mia madre. IO miei nonni erano contadini, avevano le terre e il bestiame e io sono cresciuto con quei sapori. Eravamo una famiglia molto numerosa. Da parte di mio padre sette parenti da parte di mia madre 11. Immagini che cosa significasse, mettere a tavola una trentina di nipotini scalmanatati. Gli adulti portavano sempre il loro cavallo di battaglia. C'era attesa per la parmigiana di Zia Elena e il grattò di zia Anna. Era una sfida continua. Il palato di uno è un dono, ma questa dev'essere stata una scuola non da poco. "Mio padre percorreva chilometri per fare acquisti da quello specifico macellaio, pastificio o caseificio. Ho avuto la fortuna di crescere in Campania, in una zona di eccellenze. So il valore di un prodotto che nasce dalla stagionalità, dal giusto rapporto tra sole, terra e acqua. Tutto questo l'ho capito ancora meglio quando sono arrivato al nord"
Che cosa è successo Antonino Cannavacciuolo?
Mi mancava la cucina casalinga. Ho dovuto abituarmi a cucine leggere e meno importanti. Vedevo ci miei amici che mangiavano polli di allevamento e mi sembrava un sacrilegio. Ha dichiarato di essere cresciuto senza padre a sua volta cuoco e insegnante nella scuola alberghiera di Vico Equense. In realtà c'era eccome. nonostante una vita senza orari. E' stata una figura chiave per me. Anche quando ha tentato di dissuadermi dal fare il suo stesso mestiere. Lui ha saputo toccare i tasti giusti del mio carattere. In che modo? Mi ha sempre tenuto con i piedi per terra, da lui ho avuto pochissimi complimenti, ma frasi come "Fatti vanta "e non ti vantare mai". Ha sacrificato vita e tempo per farci stare bene . Per questo per me è importantissimo stare ogni minuto libero con i miei figli. Elisa ha 16 anni Andrea 10 e se volessero seguire le sue orme? "Ben venga spero di no, ma ben venga. Non li frenerebbe come ha fatto suo padre con lei? No spero di essere diverso in questo. Credo che i ragazzi debbano fare il loro percorso e i loro errori. Senza di questi non si cresce. La vita troppo facile, o resa semplice, porta alle strade sbagliate. Tu puoi a dare e dare tutto a un figlio, ma il valore deve capirlo da solo. E solo allora si fiderà davvero di te, e di ciò che gli hai trasmesso. Certo che con i figli bisogna essere fortunati. Io e Cinzia li seguiamo molto e lei, in particolare, è una madre eccezionale" Ecco la vostra è una storia d'amore iniziata quando eravate giovanissimi Non come un colpo di fulmine però. Quando sono venuto qui sul lago nei primi Anni 90, c'era un'atmosfera cupa. Ha presente quanto potessi sentirmi preso io che venivo dalla penisola sorrentina? Però ho incontrato subito persone speciali. Uno chef mi aveva proposto di passare un paio di mesi nell'albergo di famiglia di mia moglie, ci sono rimasto due anni. Il primo anno i e Cinzia eravamo amici. il secondo l'amicizia di è rafforzata, facevamo molte cose insieme, come cene, gite e tempo libero….ma niente di più. Poi un giorno mi propongono di andare a Capri a fare un 'esperienza al Quisisana . Lei c'è rimasta malissimo. Quindi me la sono ritrovata là. E l'amore è partito da li. Quindi ha fatto Cinzia a se a Capri non fosse venuta? Vallo a capire (ride) il punto è che lei aveva i suoi alberghi. Io volevo fare lo stellato. Eravamo avviati bene singolarmente, ma insieme credo che stiamo facendo qualcosa di bello. Oggi le mie società si chiamano Capri non per l'isola , ma perchè il nome è l'unione di Cannavacciuolo e di Primatesta. Il piatto con cui l'hai conquistata Linguine alle cicale di mare. Sono arrivato nel suo appartamento con questo costaceo vivo, o mi amava o mi lasciava. Qual è la forza della vostra coppia? Il rispetto . Tutti parlano sempre e solo di passione, ma alla base ci devono essere un'ammirazione e fiducia che vanno oltre i contrasti tre due persone che si confrontano su ogni idea. Che difetto le rimprovera Cinzia? Di essere terribilmente permaloso e con una memoria prodigiosa, se mi fanno un torto. E lei che cosa dice di sua moglie? Non previene i problemi. O forse non ha la mia ansia di risolverli subito Però insieme a 23 anni e 24 nel 1999 avete intrapreso l'avventura di Villa Crespi. Quanta incoscienza c'è voluta? Tanta e a volte guardandomi indietro mi chiedo se lo rifarei . Entrare in un'attività come Villa Crespi non è come iniziare con un piccolo ristorante. Era una squadra di 18 persone, c'eravamo buttati in qualcosa di più grande di noi. Ci sono voluti volontà e sacrificio. Qual è stato il momento più pericoloso? L'incoscienza non ti fa vedere i pericoli, ma solo il successo. Non ho mai penato di perdere la partita avevo 25 anni, potevo permettermi di passare la vita in cucina. Avevo l'obbiettivo di farcela e di dimostrare ai miei suoceri e ai miei genitori. Dimostrare è una parola impegnativa Mio suocero Oreste era un personaggio mitico dell'hotellerie sul lago. Mi padre guardava suo figlio crescere nel suo stesso lavoro . I nostri genitori si sono commessi per quelle stelle che loro non sono riusciti a raggiungere . Fanno da sempre il tifo per noi. In qualche modo a loro lo dovevamo. Articolo tratto da Grazia Food Le ricette di Antonino Cannavacciuolo Read the full article
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ili91-efp · 3 years
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DRAMA QUIZ (2020)
In risposta al tag di @dilebe06 
Dopo un anno che sappiamo tutti come sia andato, almeno quello relativo ai drama è andato decisamente bene, quindi non vedevo l’ora che fosse di nuovo il momento per il quiz dramoso di fine anno. 
Lista drama visti = 45
Corea (18): Psychopath Diary, My Holo Love, Welcome2Life, Crash Landing On You, Romance is a Bonus Book, Beautiful World, The Bride of Habaek, Extracurricular, Soulmate, The Greatest Love, The King Eternal Monarch, It's Okay not to Be Okay, Where Your Eyes Linger, Flower of Evil, Mr. Heart, Lie After Lie, When Camellia Blooms, Circle.
Tawain (4): History 3: Make Our Days Count, Autumn's Concerto, Someday or one day, Lost Romance.
Cina (9): Princess Silver, Dr. Cutie, Under The Power, Well Intended Love 2, Love Better Than Immortality, The Romance of Tiger and Rose, I've Fallen for you, To Get Her, My Unicorn Girl.
Giappone (2): Janus No Kagami, An Incurable Case of Love.
Thailandia (11): TharnType, Until We Meet Again, Why R U?, Kleun Cheewit, 2gether, Khun Mae Suam Roy, My Engineer, Leh Ratree, Roomate, Still 2gether, Love By Chance 2: A Chance to Love
Filippine (1): Gameboys
1) Drama preferito del 2020: Someday or One Day
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(precedentemente postata da ij997)
Quest’anno non c’è The Untamed, quindi pensavo sarebbe stata dura decidere il drama preferito, ma poi Someday or One Day mi ha colpito come un fulmine. Ha spazzato tutti i miei dubbi e si è conquistato un posto in questa categoria (e non solo in questa categoria…) per la sua profondità, le sorprese, i temi trattati, i personaggi, la coppia principale, gli attori, le ost, la trama ingarbugliata… tutto un insieme di cose che lo hanno reso un drama che ti entra nel cuore e senza alcun dubbio il drama di questo 2020.
2) l’ultimo drama che hai visto quest’anno: Lost Romance
Direi di aver chiuso l’anno in bellezza! Lost Romance è stato davvero un bel drama, con una trama coinvolgente, ottimi dialoghi, personaggi interessanti e anche molto divertente. Se non lo avete ancora visto, ve lo consiglio spassionatamente! Vale assolutamente le sue 20+ ore di visione. 
3) Un attore e un attrice che hai scoperto quest’anno: The Romance of Tiger and Rose e Someday or One Day 
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(precedentemente postata da belsmultifandommess)
Zhao Lusi. Oltre che essere una brava attrice, è stata una bella scoperta perché è estremamente divertente, dentro e fuori dal set. Visto che mi è piaciuta tanto, ho finito per vedermi anche Love Better Than Immortality (che non era male, ma era troppo lungo) e nel 2021 vorrei recuperare il suo nuovo Dating in the Kitchen. 
Greg Hsu. L’uomo che ha un sole in faccia piuttosto che un sorriso per quanto ti abbaglia. Ma a parte questo, è stato una piacevolissima scoperta con il suo ruolo multiplo in Someday or One Day, in cui oltre a riuscire a interpretare più di una parte (restiamo generici per non fare spoiler), a 30 anni suonati è riuscito a interpretare il 17enne, il 20ish-enne e il 39enne e risultare SEMPRE credibile. 
4) Un drama che hai visto che sapevi che non era il tuo genere ma che poi ti è piaciuto: Circle 
Io non credo di avere un “non genere” quindi questa domanda era difficile, però forse è lo sci-fi quello che tendo a vedere di meno, tra l’altro pure mescolato agli “alieni” (fra virgolette perché alla fine non hanno tutta questa importanza), però mi è piaciuto veramente tanto, tanto (basta vedere tutte le categorie che si è aggiudicato). Mi ha colpito per la sua trama, per l’impostazione molto originale e soprattutto per quanto ti faceva pensare con le sue tematiche. Non mi aspettavo affatto che mi impressionasse così tanto. 
5) Personaggio con la migliore evoluzione: Lost Romance
He Ming Li, sorella maggiore del protagonista.  [SPOILER] I primi episodi... l’ho odiata. ODIATA. Giuro, mi ispirava istinti omicidi, speravo soffrisse immensamente. Ma poi... il drama è stato bravo. Mi ha fatto vedere altri lati di lei e ho cominciato a capirla, mentre intanto pensavo che non importa quando potessi capirla, comunque lei stava sbagliando. Poi è stata tradita dalla persona a lei più vicina (beh, no, quella è il suo bodyguard...) e ha passato momenti terribili. Ed è cambiata. Almeno un po’.  Mi è piaciuto che il suo personaggio non sia affatto stato snaturato. Ha cominciato a rivalutare il lead, suo fratello, e a rivedere i suoi sbagli, arrivando pure ad ammettere i suoi limiti e decidere che era il momento di pagare per i propri errori. Tra l’altro ha uno dei dialoghi migliori della serie che da che la odiavo sono quasi arrivata a farmela piacere. E’ bello che il drama non giustifichi i suoi sbagli e non cerchi di risolvere a tarallucci e vino il suo non-rapporto con il lead, ma è sicuramente migliorata tanto e bisogna dargliene merito. 
6) Drama che ti è piaciuto meno: My Holo Love
E lo dico con orgoglio. Questo maledetto drama è stato amatissimo dal pubblico italiano e io ho finito per odiarlo a morte. Non aveva senso. E non perché fosse sci-fi, ma perché era assurdo oltre ogni dire che la lead non si rendesse conto che quando il lead si è finto Holo (un ologramma con le sembianze del creatore, il lead per l’appunto), non si sia resa conto che accanto a sé ci fosse un essere umano corporeo. Un essere umano che respira, che ha sostanza, che emette calore. E la cosa è andata avanti per parecchio tempo. La mia sospensione dell’incredulità non si è infranta, si è POLVERIZZATA. E poi il drama è diventato noioso oltre ogni misura, giusto per peggiorare la cosa.  
7) Un drama che non eri sicura che avresti finito: When The Camellia Blooms
Onestamente, fino alla... 5°-6° puntata ero sul punto di mollarlo ogni dannato momento. Non mi piaceva il protagonista, mi annoiava da morire il drama e la coppia era una delle peggiori assortite che avessi mai visto, con zero chimica.  Però... ho continuato perché una mia amica mi ha detto che dopo lo scoglio dei primi episodi, il resto era meglio. Così è stato. Finalmente gli autori hanno messo da parte la coppia principale (cioè, erano sempre importanti, ma meno di prima) e si sono concentrati sulla parte thriller. Meno male. O non avrei resistito. Non fraintendiamo, nel complesso lo ritengo un drama così così, ma la seconda parte ha dei punti positivi e la parte thriller era interessante. 
8) Protagonista maschile preferito: Someday or One Day
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(precedentemente postata da linglyz)
Li Zi Wei, il protagonista di Someday or One Day, ne ha affrontate tantissime in soli 13 episodi, finendo per scalzare tutti i suoi avversari a mani basse. L’abbiamo visto in tante versioni diverse, varie fasi della sua vita che ogni volta lo avevano fatto maturare e gli avevano tolto un po’ del suo sorriso allegro a causa delle tante disgrazie. Ha affrontato di tutto pur di tornare dalla sua amata, senza arrendersi mai fino alla fine, nonostante sembrasse che tutti i suoi sacrifici e gli sforzi non venissero affatto ripagati. Va premiato per aver atteso in silenzio, anche quando sarebbe bastato prendere un aereo per rivederla. Ma poi si merita questo premio per il carisma del suo personaggio, il suo buon cuore e per il suo sorriso mescolato a sguardo innamorato che avrebbe sciolto un iceberg. Bonus: Qiu Yue di Love Better the Immortality, che merita una citazione per essere il protagonista, ma anche un po’ il villain della storia e non è cosa da tutti i giorni.
9 ) Protagonista femminile preferita: Under The Power
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(precedentemente postata da dramalordess)
Ho escluso quella di Someday Or One Day (e mi è costato) perché seriamente quel drama compare in già troppe categorie e quella di It’s Not To Be Okay, perché ad ogni post in cui si chiede chi è il personaggio femminile migliore compare sempre, sempre lei (anche basta!). Pertanto osanniamo Jin Xian, la protagonista di Under The Power, perché è sveglia, forte di carattere, una vera ventata di aria fresca rispetto a tante lead troppo lagnose e con l’abitudine di farsi salvare di continuo. Jinxian e Lu Yi si salvano a vicenda un sacco di volte nella serie e lui non deve passare il tempo a farle da guardia del corpo visto che lei si sa difendere benissimo da sola. Poi è intelligente e lei e il protagonista sono due investigatori molto capaci.  
10) Miglior Coppia: Soulmate e Someday or One Day
Sì, è un ex aequo. È stata una dura lotta già così perché ero indecisa con quella di Princess Silver (ho un debole per le power couple) o anche di puntare su cose tipo l’amore contrastato in Crash Landing On You, quello romantico e separato da due universi diversi in The King o quello controverso con una chimica stellare in Kleun Cheewit. Erano tutte scelte interessanti, ma come poteva non vincere un drama il cui titolo è Soulmate (Anime Gemelle), oppure uno, Someday or One Day, in cui i protagonisti hanno continuato a venire separati da salti temporali, anni diversi in cui vivevano, dalla morte e da una ragazzina depressa? I due protagonisti di Soulmate sono due anime gemelle che non fanno altro che incrociarsi mancandosi di un pelo e avere un sottile filo che li collega (metaforicamente parlando), fino a che il destino non deciderà che è arrivato il loro momento di conoscersi sul serio (cioè quando gli autori hanno avuto pietà di me e li hanno fatti incontrare). Indimenticabile la scena in cui lei telefona a uno sconosciuto in lacrime e risponde lui, che le fa ascoltare una canzone per consolarla.
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(precedentemente postata da theloveepiphany)
Per quanto riguarda Someday or One Day, anche qui il destino la fa da padrone. E’ difficile trovare due persone più destinate di Li Zi Wei e Huang Yu Xuan, che si sono incontrati e innamorati in varie fasi della loro vita, a volte in cui era più grande lei, a volte lui, a volte avevano la stessa età, ma non contava perché erano destinati e lo saranno sempre. E anche rimescolando completamente le carte non cambierebbe nulla, qualcosa tra loro nascerebbe qualcosa a prescindere. E se lei lo perdesse non riuscirebbe mai a dimenticarselo, e se lui dovesse aspettare anche una vita per poterla rivedere lo farebbe, perché ne varrebbe la pena.  
11) Miglior scena d’azione: Flower Of Evil
Direi che un po’ a tutti l’episodio 15 di Flower of Evil abbia stroncato una coronaria o due. È più un misto tra scena d’azione e psicologica, ma di sicuro ha colpito nel segno per lasciare con il fiato sospeso. Ancora ho i brividi per Joon Gi che dice al cattivo di scappare perché non vuole che la sua vendetta termini troppo presto. W. O. W.  
12) Il peggior outfit?: Autumn’s Concerto
Penso sia indimenticabile Mu Cheng in Autumn’s Concerto. Sicuramente non aiuta che il drama abbia ben 11 anni e sia del 2009, ma Mu Cheng si vestiva proprio da poveraccia! Nemmeno quando si sposa con uno foderato di quattrini migliora un attimino. Ma anche un minimo, giusto per non sembrare una semplice domestica accanto a lui invece che la moglie. Mi ricordo un episodio imbarazzante in cui trascorrono 3 giorni e lei ha sempre gli stessi vestiti! Orribili, tra l’altro. Sembrava la cugina poveraccia di Cenerentola.  
13) Il drama più datato che hai visto in questo 2020: Soulmate (2006). 
Beh, prima di tutto grazie, Diletta, per avermi consigliato roba vecchia-vecchia, così so cosa mettere in questa categoria!  Soulmate è un drama molto particolare, l’unico che abbia visto in cui i protagonisti ci mettono secoli a incontrarsi (tipo... metà drama). Le coppie rappresentate sono moderne e attuali, realistiche, anche di più di drama di adesso, nonostante i quasi 15 anni di differenza.   
14) Hai droppato drama? quali?: King2Hearts, Su Yu e Tribes and Empires
Io non droppo molto, ma ogni tanto sì. Quest’anno in modo particolare, ho detto addio a ben tre drama.  Il primo King2Hearts. Ho visto 5 episodi, ma poi mi sono chiesta PERCHE’ lo stessi vedendo, perché non mi stava prendendo come pensavo avrebbe fatto. Non avevo nessuno stimolo a vedere l’episodio successivo e visto che non era nemmeno tanto breve come drama, ho preferito lasciar perdere.  Su Yu. Con questo sono arrivata quasi a metà, 10 episodi di 24. E’ il tipo di drama che vedo quando mi fa di vedere un cinese storico romantico di quelli leggeri. Nonostante una partenza divertente e incoraggiante, dopo 3-4 episodi si è subito perso ed è partita la noia. L’idea era di iniziare qualcos’altro e smezzarlo per portarlo comunque a termine visto che ero quasi a metà e gli episodi cinesi sono corti, ma alla fine ho cominciato a vedere 4-5 drama, uno dietro l’altro, portandoli a termine, ma senza vedere nemmeno un episodio di Su Yu. Ho ammesso la sconfitta.  Tribes and Empires. Ne ho viste solo 3. L’idea era di seguirlo con la programmazione italiana perché volevo sostenere RAI 4 che ne aveva portato uno e l’aveva pure doppiato interamente, ma complice la programmazione scomoda e il fatto che sia troppo, troppo lungo, il patriottismo si è spento subito.  
15) Miglior Momento comico: The Romance of Tiger and Rose
https://www.youtube.com/watch?v=aQwewLaDdiA
Zhao Lusi è una garanzia di comicità, quindi come non citare questa scena in parte anche improvvisata dall’attrice con QianQian che completamente ubriaca non riconosce il suo stesso marito e vorrebbe rapirlo per maritarlo di nuovo nel modo più adorabile che si possa mai concepire?
Bonus: My Unicorn Girl. La madre di lui che dice ai protagonisti di non baciarsi in pubblico e lei che risponde che lo stava aiutando. La madre che fa: “Ah, così lo stavi aiutando?” Mostrandole la foto di loro in divisa da hockey che si baciano, e il lead: “Sì, è così che mi aiuta.” (Lo stava aiutando sul serio!)
16) Miglior bacio: Lost Romance
Io, in realtà, sapevo GIA’ a chi avrei assegnato questa categoria (It’s okay not to be okay), era una vittoria già decisa, non pensavo che un taiwanese, l’ultimo drama che ho concluso per di più, sarebbe entrato di prepotenza nel quizzone e si sarebbe rubato lo scettro per miglior bacio.  Ed è pure meritatissimo. Ho quasi abbassato il riscaldamento (SIAMO A DICEMBRE! E io vivo al nord! E ODIO il freddo!) dopo aver visto questo bacio, mi sono pure chiesta se non mi fossi sbagliata e non si trattasse affatto di un drama taiwanese, visto che sembrava uscito da una serie tv occidentale.  Ero veramente senza parole.  
17) Miglior Villain: Flower of the Evil
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(precedentemente postata da lysieblu)
Mi è spiaciuto tantissimo escludere lo psicopatico di Psychopath Diary o anche quello di Someday or One Day (che poteva farsi un pelo più furbo alla fine), ma può vincere un solo psicopatico e quello di Flower of the Evil era indimenticabile, così come la sua infernale mania di mangiarsi le unghie. Che mania dannatamente odiosa. Però l’attore era una cosa incredibile, anche per questo il personaggio mi è piaciuto tanto, l’interpretazione era strepitosa. 
18) Peggior Villain: To Get Her
Il realtà il drama mi è piaciuto, ma il villain, quello reale, non quello del videogioco, è un po’... insensato? Blocca o cerca di bloccare i protagonisti nel videogioco e fa di tutto per peggiorare ulteriormente la situazione totalmente senza un motivo sensato. Tra l’altro il protagonista era pure discretamente famoso, quindi si sarebbe pure ritrovato in mezzo istante l’attenzione dei media. Onestamente ci si poteva lavorare di più su questa parte. Apprezzo il cercare di spiegare, una volta tanto, perché ai protagonisti succedano determinate cose fantastiche a parte il classico “perché sì”, ma se devi inventarti villain che agiscono in modo insensato, evita, anche il “perché sì” ha il suo fascino in quel caso. 
19) Peggior Ship: Dr. Cutie
Ne ho avute almeno 3 tra cui scegliere (tra gli esclusi abbiamo When the camellia blooms per la totale mancanza di chimica e Well Intended Love 2 perché, anche se c’è stato un miglioramento rispetto alla prima stagione, Ling è pur sempre Ling). Alla fine ha “vinto” Dr. Cutie perché trovo indimenticabile che lei che si faccia tutto un film che il suo lui le abbia ucciso i genitori e quindi lo pugnali. Non se ne pente. Viene arrestata, poi dato che lui è scemo nonostante abbia rischiato la vita, la fa liberare dalla madre che giustamente voleva la sua testa. Poi il lead la raggiunge su un ponte, ancora ferito, per parlarle. Lei non sente ragioni, ancora non è pentita del suo gesto. Lo molla lì come un cane nonostante sia pallido come un cencio e mentre si allontana le ferite si aggravano e lui sviene. Ops, ferite infette. L'ho detto che lei è un medico? Perché lo è. In teoria. Poi, finalmente, lei si fa avanti per aiutarlo, anche se prima ha la brillante idea di dire "non pensavo di essere andata così in profondità (con il coltello)". Come se il problema fosse quello. (Cioè, anche quello, ma chi ti ha dato la licenza?) Ripeto. Medico. L'episodio dopo si sposano. Ah, non prima che lui si SCUSI per aver imbastito un piano per catturare il cattivo senza dirle nulla. Sto ancora aspettando le scuse di lei. Ah, no. Ops, il drama è finito.
20) Miglior Colonna Sonora: The Romance of Tiger and Rose
Secondo spotify ho ascoltato una delle ost di The Romance of Tiger and Rose più di 50 volte (da luglio) e anche un’altra non scherza, quindi direi che ci può essere un solo vincitore per questa categoria.  Bonus: Last Dance di Wu Bai, perché Someday or One Day ci ha addirittura fatto una trama su questa canzone. Anzi, tutto il drama ruota su questa canzone. Last Dance è praticamente la fata madrina della serie.   
21) Miglior ambientazione: Circle
Il 2037, nel suo essere futuristico ma non troppo è stata un’ambientazione davvero affascinante, sia la parte ambientata nella parte povera dove l’inquinamento la fa da padrone e ci sono gli allarmi quando raggiunge livelli pericolosi, sia a Smart City, dove la gente ha le emozioni tenute sotto controllo da un chip.
22) Miglior scena WTF: Someday or One Day
[SPOILER SPOILER!] Scoprire che lo psicopatico si è praticamente auto-reso psicopatico auto-insegnandosi le cose più orribili che vi possano venire in mente è stato abbastanza scioccante, ma in realtà tutta la serie è piena di momenti WTF?!, tra lo scoprire tutto il “viaggio” di Li Zi Wei, che il registratore non c’entrava un tubo, e altro…  
23) Personaggio più intelligente: Extracurricular
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(precedentemente postata da loveisactivated) 
Oh Ji-soo, giovanissimo protagonista di Extracurricular e piccolo criminale in erba, si inventa un’attività di protezione di prostitute, in cui nessuno dei suoi collaboratori l’ha mai visto in faccia. E stava andando tutto bene. Stava riuscendo a raccogliere il denaro che gli serviva per avere finalmente la vita normale che tanto sognava, poi però Bae Gyu-ri, sua compagna di scuola, scopre tutto e nonostante mi sia partita la ship, lei porta più guai che miglioramenti. Anzi, diciamo che porta solo disgrazie. Però il lead si impegna veramente un casino in quello che fa, pecca solo molto con l’inesperienza dovuta alla sua giovane età, ma l’intelligenza non gli mancava di certo. La fortuna, di quella gliene mancava molta.       
24) Personaggio meno intelligente: Lie After Lie
Indimenticabile il fatto che la cattiva di Lie After Lie avrebbe vinto se semplicemente non avesse fatto NIENTE. Nessuno sospettava di lei, alla lead importava solo della figlia, e invece con la sua ostinazione a odiare la lead e fargliene passare di tutti i colori, un accanimento SENZA MOTIVO peraltro, ha mandato tutto in malora spingendo la protagonista a cercare la verità e facendosi scoprire. IDIOTA. 
25) Miglior personaggio comico: Psychopath Diary
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(precedentemente postata da ryn-s)
Merito anche dell’espressionissimo attore, il protagonista di Psychopath Diary è risultato il personaggio più divertente dell’anno. Ma non pensate che sia solo una storia divertente, il drama si distingue anche per una parte thriller un po’ al limite dell’assurdo, ma decisamente interessante.
26) Miglior Second lead maschile e femminile: Lost Romance e Romance is a bonus book
Per quanto riguarda Lost Romance, mi è piaciuto come il second lead maschile avesse un trama tutta sua, totalmente estranea alla protagonista. Sì, finisce per provare dei sentimenti per lei, ma le cose che ricordo con più piacere sono i loro momenti d’amicizia e soprattutto tutto il mistero dietro il suo personaggio e la tanta agognata conclusione.  
Per quanto riguarda Romance is a bonus book, è uno di quei rarissimissimi casi in cui la second lead è mille volte meglio della supposta protagonista, che ha più chimica con un Lee Jong Suk ancora più affascinante del solito e non è affatto malvagia. Se il drama avesse fatto un giro di 180° e la meravigliosa Song Hae Rin, un personaggio a tutto tondo, con pregi e difetti, avesse conquistato il cuore del protagonista, io sarei stata in prima fila ad applaudire.  
27) Peggior Second lead maschile e femminile: Princess Silver e Autumn’s Concerto
Il second lead di Princess Silver che ha torturato la lead per sbaglio perché pensava fosse un’altra trasformata da lei (storia lunga), mentre il lead in tre nani secondi si è reso conto che era proprio la sua amata, finendo per far fare una figura barbinissima al second. E basterebbe questo. Ma ha continuato a girare intorno alla protagonista che non l’avrebbe ricambiato manco in un milione di anni e nonostante ci fosse una poveraccia che gli veniva dietro da secoli (chissà perché).  La second lead di Autumn’s Concerto ha costruito tutta la sua relazione su una bugia. Quello che mi scoccia di lei è che il drama ha fatto di tutto per farmela piacere... fallendo miseramente. Non ha aiutato il fatto che si sia fatta manovrare pure lei dalla madre del lead.    
28) Miglior momento triste: Princess Silver
SPOILER DI UNA SCENA A META’ DRAMA: Momento triste e romantico al tempo stesso. Indimenticabile la scena Rong Le ha le allucinazioni (di nuovo, a causa di quel cretino del second lead) e Wu You le fa assumere l’antidoto baciandola, nonostante lei l’abbia appena pugnalato al cuore per sbaglio. Quando lei torna in sé e si rende conto di ciò che ha fatto, i capelli le diventano bianchi per il dolore. Un fantastico momento. (Non è il finale, tranquilli, dopo ci sono più di altri venti episodi).
29) Peggior finale: Soulmate
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(originariamente postata da dilebe06)
[SPOILER] Il drama mi è piaciuto moltissimo, ma il finale era un po’... incompleto. Per carità, non è che volessi chissà cosa, ma credo che dopo tutta la fatica che hanno fatto i due a incontrarsi, mi meritassi e si meritassero qualcosa di più del “forse si incontreranno perché sono destinati”. Eh, okay, ma mi sarebbe bastato anche vederli incrociarsi e notarsi. Autori infami e ingrati.  
30) Miglior Bromance: Someday or One Day
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(precedentemente postata da ij997)
In realtà qui avevo intenzione di mettere Circle, ma dato che anche Someday era in lista e Circle volevo inserirlo per la stessa motivazione in un’altra categoria più avanti, alla fine hanno prevalso i due amici di Someday or One Day.  Li Zi Wei e Mo Jun Jie, entrambi personaggi sfigatissimi, uniti da una profonda amicizia che è partita dall’infanzia fino a… fattacci. Sono rimasti uniti nonostante a volte litigassero, nonostante le incomprensioni, nonostante parte dei fattacci di cui sopra, nonostante a entrambi piacesse la stessa ragazza (ma in realtà no). La scena bonus non ha fatto altro che rendere tutto più dolce. 
31) Miglior attore e Migliore attrice: It’s Okay Not To Be Okay e Someday or One Day
Per gli uomini, mi sarebbe piaciuto tantissimo premiare Darren Chen (che quasi non ho riconosciuto seguendo My Unicorn Girl per quanto era migliorato), ma alla fine ha prevalso Oh Jung Se per il suo ruolo di Moon San Tae in It’s Okay Not To Be Okay. Ha interpretato in modo realistico il suo personaggio e il disturbo - l’autismo - di cui soffriva, così come lo sviluppo caratteriale e il rapporto con il fratello e la protagonista. E’ stato l’attore che mi ha colpito maggiormente in tutto il drama.   
Alice Ke non ha solo dovuto interpretare due personaggi diversi per Someday or One Day che erano praticamente agli opposti, ma a volte anche una che si fingeva l’altra e lo faceva in modo eccelso. E’ stata così brava nel ruolo che molto spesso ti scordavi che l’attrice era la stessa e non due diverse, al punto che adoravo la protagonista così come mal sopportavo la Depressa e non contava affatto che avessero la stessa faccia. Bravissima.  
32) Il personaggio che hai amato di più: Beautiful World
Ovviamente ho escluso Li Zi Wei di Someday Or One Day perché ho perso il conto delle volte in cui ho nominato questo drama nel quizzone.  Alla fine ho voluto andare sul non banale e ho scelto Joon Seok. Personaggio davvero interessante. Era pieno di contraddizioni, mi è piaciuto proprio per questo. Se da un lato sembrava che degli altri non gliene fregasse nulla, dall'altro era devastato per Seun Ho e le sue azioni. E' sostanzialmente un bravo ragazzo, ma con dei lati oscuri (qualche tendenza sociopatica per esempio), che anziché essere soffocati, sono stati portati all'eccesso dal comportamento inqualificabile dei propri genitori. Badate bene, Joon Seok non è un santo, è piuttosto menefreghista e ha tendenze violente, ma anche l'ambiente in cui si cresce conta e quello in cui viveva questo ragazzo era terribile sotto ogni aspetto. E' stato interessante scoprire sempre più lati di lui man mano che la serie proseguiva che lo hanno reso un personaggio completo.
33) il personaggio che hai odiato di più: Love Better Than Immortality
Ovviamente, non scelgo mai un antagonista per questa categoria, sarebbe troppo vincere facile, quindi ecco il personaggio più odioso che in teoria non dovrei odiare: Xiao Bai di Love Better than Immortality, aka il second lead del drama. Il bello è che i primi… venti-trenta minuti, lui sembra il protagonista e anche se non capisci perché subito percepisci che gli manca qualcosa (il carisma) e ci resti male. Poi compare finalmente il protagonista, lo guardi e fai: aaaaaah (cit. Il Trono del Muori). All’inizio non lo odi subito, è una cosa che si sviluppa con il tempo. Perché man mano che il personaggio si sviluppa, ti rendi conto quanto sia insopportabile e arrogante, come si creda questo grande eroe che patteggia per il bene e invece è solo uno stupido che farebbe cose anche crudeli e immorali per raggiungere quello che pensa sia giusto. Quella sua supponenza mi ha irritato sempre e sempre di più.  
34) Quale personaggio vorresti essere e quale no?: Romance is a Bonus Book e  Kleun Cheewit (2017)
Sì, ma... il 99% dei personaggi sono minimo orfani e hanno passato le peggiori disgrazie, che domanda è?  Comunque... Dan-I di Romance is a Bonus Book che (togliamo la parte del matrimonio fallito) finisce a lavorare in una libreria (<3) e le viene dietro un Lee Jonk Suk particolarmente affascinante da ANNI. Ovviamente io sarei molto meno stupida di lei.  Mentre non vorrei mai essere Jee di Kleun Cheewit, questa povera ragazza ne passa di tutti i colori. Viene drogata dal patrigno e quasi aggredita, riesce a scappare e investe una poveraccia per sbaglio a causa della droga che le era stata iniettata, viene trattata male dalle colleghe invidiose o gelose, dal lead che la odia perché gli ha investito la fidanzata, viene inseguita, ricattata, sparata, le muore l’unica persona che le voleva bene  a un certo punto le viene pure la febbre e la madre si ricorda di esserlo solo dopo tipo... 12 puntate su 15. Ed è pure una brava persona!     
35) Quale drama meriterebbe un sequel?: Circle
Non credo nei sequel, ma ammetto che mi piacerebbe veder risolte le cose lasciate in sospeso con Circle, vedi tutta la storia della protagonista e quel cliffhanger lasciato in sospeso alla fine. Sicuramente ci sarebbe abbastanza materiale almeno per dieci episodi. E comunque in generale non mi dispiacerebbe rivedere tutti i personaggi. 
36) Una frase o una scena che ti è rimasta impressa ancora oggi: My Unicorn Girl
E’ un po’ barare, ma voglio premiare My Unicorn Girl per essere riuscito a fare una storyline sulle parole “ti amo” e renderla romantica e divertentissima al tempo stesso. Ogni volta mi ammazzavo dal ridere per la protagonista che le ripeteva (con un accento abbastanza terribile) senza rendersi conto del loro vero significato.   Scena bonus SPOILER CRASH LANDING ON YOU: Il canto del cigno del second lead, con lui che decide di non scappare per l’ennesima volta, si arma di fucile e va a salvare la second lead.  
37) Di quale drama faresti un rewatch adesso?: Someday or One Day
Odio i rewatch, io sono più per il rivedermi le scene piaciute più che la serie da capo, ma onestamente vorrei darmi un colpo in testa o usare il chip di Circle, dimenticarmi completamente di Someday or One Day e rivederla come se fosse la prima volta. E poi di nuovo. E di nuovo.  
38) I 3 attori e le 3 attrici più belle: Kleun Cheewit (2017), It’s Okay Not To Be Okay, Lost Romance; Someday or One Day, My Unicorn Girl, Love Better Than Immortality
Donne: Yaya Urassaya Sperbund (Kleun Cheewit), Seo Ye Ji (It’s Okay Not To Be Okay), Kelly Liao (Lost Romance). 
Uomini: Greg Hsu (Someday Or One Day), Darren Chen (My Unicorn Girl), Li Hong Yi (Love Better Than Immortality).   
39) Un drama per riflettere, uno per piangere ed uno per rilassarti: Circle per riflettere, Autumn’s Concerto per piangere, My Unicorn Girl per rilassarsi
Avrei potuto vincere facile e scegliere Someday or One Day, ma no… doveva essere Circle. Quel drama che mi ha fatto riflettere sui chip che sopprimono i ricordi brutti permettendo alla persona di vivere con serenità. Mi ha fatto pensare che poteva essere una bella favola. Nonostante ritenessi già all’inizio che siamo quel che siamo per i nostri ricordi, tutti i nostri ricordi. Circle è una serie che fa pensare dall’inizio alla fine ed è uno dei suoi meriti.
Autumn’s Concerto, sebbene non sia angosciante come sembra presupporre la trama (tra malattie gravi e amnesie) è comunque un drama molto commovente, soprattutto nella prima parte, con Ren Guang Xi che scopre di essere malato poco dopo essersi innamorato della protagonista, che deve affrontare una situazione veramente difficile, tra dolori atroci e un’operazione rischiosa alle porte, con anche la madre che trama alle sue spalle e al fianco una persona che non fa che mentirgli (sì, Mu Cheng, ancora non ti ho perdonata), decisamente un periodo non facile e il drama trasmette alla perfezione tutto questo dolore.  
Ho visto My Unicorn Girl nel classico momento giusto. Avevo bisogno di una serie con livello di stress inferiore allo zero e questa era PERFETTA. Lo vedevo proprio volentieri perché ogni episodio erano quaranta minuti di puro intrattenimento. Tra l’altro, anche Lost Romance è una serie simile ma con una qualità maggiore. 
40) Peggior attore e peggior attrice: Love By Chance 2 e The Bride of Habaek
Plan Rathavit Kijworalak di Love By Chance perché anche se ho notato un leggero, infinitesimale miglioramento rispetto alla prima stagione, paga il fatto di essere il protagonista insieme a Mean questa volta, e quindi il suo essere un po’ meglio non basta. E’ comunque... parecchio imbarazzante seguire la sua recitazione, e in generale i tentativi di fargli avere scene romantiche con Mean con scarsi risultati. 
Ero invece parecchio indecisa con l’attrice femminile perché non me n’è venuta in mente nessuna particolarmente terribile, quindi Shin Se Jyung di The Bride of Habaek paga il fatto che il drama mi ha annoiato da morire (inspiegabile che io l’abbia finito) e che la sua recitazione non fosse proprio nulla di che.   
41) Una ship fittizia che shippi?: Circle
Ho adorato tantissimo i due protagonisti maschili della parte ambientata nel 2037 di Circle. Avevano una chimica immensa, litigavano come una coppia sposata, hanno avuto dei conflitti e tenevano l’uno all’altro. Una shipper come me con una cosa del genere ci poteva solo andare a nozze. E così è stato.
42) Una serie che merita più conoscenza: Someday or One Day
Se non me l’avessero consigliata, io questa serie probabilmente non l’avrei mai vista (anche perché la locandina è meh). E’ uscita lo scorso anno, ma non rammento di averne mai sentito parlare. E no, non va bene, perché se arrivo a dare 10 a una serie, allora quella serie sicuramente merita di essere conosciuta molto, molto di più. Vi rendete conto che avrei potuto non vederla MAI? Che perla mi sarei persa? 
43) Se potessi resuscitare qualcuno…chi sarebbe?: Someday or One Day
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(precedentemente postata da heynicki)
Il Wang originale di Someday or One Day ha avuto 5 minuti di scena (di numero), ma mi hanno colpito talmente tanto che avrei voluto vedere molto di più su di lui, avrei voluto uno spin-off, magari uno in cui si riprendeva (beh, tecnicamente sarebbe in coma irreversibile, ma direi che conta come morte) e viveva la sua vita e magari conosceva un ragazzo fantastico che lo avrebbe meritato. Tutto questo in 5 minuti, figuratevi se gli avessero dedicato un episodio intero, gli avrei fatto una statua.
44) Un oggetto/potere/abilità che vorresti: To Get Her
Il macchinario di To Get Her, magari funzionante, che ti permetteva di entrare nel videogioco e praticamente viverci dentro (al punto che realtà virtuale scansati che non vali niente), e ritornare nel presente se finisci le vite. Tra l’altro mentre nel videogioco passano anche mesi, nel mondo reale sono pochi minuti, quanto sarebbe divertente! 
45) Se potessi uscire con un personaggio di un drama, chi sarebbe?: Romance is a Bonus Book
Solo uno? Cha Eun Ho, interpretato da Lee Jong Suk, era particolarmente affascinante e “charming” in questo drama, con il suo lavorare in una casa editrice e l’essere l’uomo che chiunque con un po’ di sale in zucca vorrebbe (tra Dan-I, perché lei è matta). 
INFINE…UNA CHALLENGE: io so che nella lista avete drama inseriti nella categoria “prima o poi lo vedrò” e che ormai vegetano lì da mesi e mesi.
Bene, è ora di tenere fede agli impegni!
Prometto di recuperare Battle of Changsha (che è bello pesantuccio) e Doctor Stranger, entrambi del 2014, entro la fine del 2021! (Ce la farò???) 
E con questo abbiamo finito! Anche quest’anno il quizzone è stato divertentissimo e se siete arrivati a leggere fino a qui... complimenti! 
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17:32
0 - Proteggere cio che mío.
Ora con la música clásica ti canto sta canzone di tristezza amarezza, che mi sale per tutto il corpo e sento che dentro me ce vuoto senza una donna da amare da 8 anni...Ho soferto troppo manco un baccio datto perche non me lo per metevo?
E vi dico il baccio piu lungo lo fatto io nella mía giuventu.
E io di 16 enne e lei 37 enne e provavo qualcosa per lei e stato bello finche e Durato pero dopo 8 anni la trovaiiiii...
E sono innamorato perso di lei.
Lei la mía signora e la mia lady o yea, lei e la mia coca piu che única.
E lo lasciato al caso perche lei doveva capire che lei era e la mía regina e io sono qualcosa che non si capisce bene ma sono il suo re.
E ti voglio tutta per me lo so, stanco di cercare altre anche su Facebook e su Instagram ce ne sono a miglione di loro e ti dico che..
Non mene frega un cazzo de tutte loro rimo di batería ora panparapan papa ra panpapa adesso credo nei miracoli.
Cose che non sai, ancora hai da fare e provare e io e difendo cioe che mío con una forsa che supera ogni immaginazione....
E il sole e mío amico e la luna pensa risvegliano la bestia e non si toca per nulla al mundo manco la bestia dentro me, tu lo sai che in mente leggo ste parolle ne usci pazzo, perche?
Io e te siamo amore e odio porca miseriaa.
Rimmo di gittara inizio in piazza ti vedevo di sfuggita pero le poche volte che ti vidi e pensai allá tua bellezza con quei capelli lungi che mi facevano inpazzire e la e tui vesti atillatti...
E tu con una birra, per me eri troppo piccola e allora pensai ad aspetare il mío momento aunque se doveva vederti con altri pero so che sei stronza bellissima stronza e porca puttana per te aspetaro i aspetero allá sconosciuta.
Vi dico prottego le cose mie e tu sei diventata mía e tu non lo saprai perche?
Per prima cosa siamo stato amici quasi per la pelle e io Facebo il porco pero come sai ti volevo piu grande e so una cosa?!
Ho caminato per le strade e o difeso le mie strade per proteggere cioe che amado e il mío mondo lo so
Su le mani e ti dico che aspetero quell baccio lo prottego come se forse oro diamante o qualcosa di ancora piu valore a sapere che o un odio dentro perche?
Sopassati anni dal mostro primo incontri e sai il reale deve stare con la vera.
E ora rimo di rap fra crudo e duro e basta, gia o aspetto a che tu non mi rispondessi messaggi mi sale l'odio e ti dico che ti amo lo stesso perche il ti odio non puo stare molto lontano dal amore e vi dico non avete capito il cazzo che ve frega.
Brian e canta adesso, e adesso mi sale lodio ti visto con un altro quasi lo amazzovo Dalla tellecamera.
Mo mi sale il catrame dai polmoni non mi rompete fumo troppo e perche la vita e senza principio che vita, ti dico che sono con te se saro l'odio che sale e vi faccio chiaro, che non dovete capire cio che dico perche siete scemi non ropette il cazzo e tu pensavi di fregarmi pero io ti oh fregado da prima e quanto pare.
Il tempo si fermava mi asalivano miglioni e doveva combaterli uno a uno...
E non capire la mía solitudine e non mi restava che l'odio dentro e dove diréi che voi siete falsi da primo al último e io l'unico reale e pensare che l'odio che oh dentro e inmenzo da dire e poco, non faccio il struppratore ne pedófilo mai fatto..
Mo rimmo harcork e io puro macello ora canta Axel e vi dico la pace non ve la daro mai figli di puttana vi odio...
E non capirete questo odio che prova Axel lo avete torturado e lui doppo a imparato a sua volta a torturare e vi odia tutti tranne le bambine le ragazzine, le ragazze e donne.
Se dico quello che dico penso nessuno mi ascolterebe e mi sale lo smill cazzo non rompere mo volete sapere chi non lo scoprirete mal vi cancelo perfino la memoria e pensano che ricoradano.
Ma io oh visto il mío fumetto última donna che o scrito il nome su questo fumetto.
a avete quasi ressa putana finche non vi messo soto sopra a tutti quanto voi e facciamo di merda ahahah...
Hora toca a Chaparro non capirete mai cioe che o pasato ho freddo nelle ossa e ogni parte di me.
Le mie ossa sono il piu forti e le osse che o dentro a un paio dei mie ricordi dentro mío cranio e non vi dico che non capirete che le mie osse sono le migliori perche a portato piu morti di quanto vi immaginate.
E sento freddo e non vi dico mo sto come il fuoco e scheletro di fuoco so diventato con un odio che non capire e non diventa cenere ma diventa sempre piu forte e più incazzato nero di prima e poi di venta h'aría lo scheletro vede come il come miei occhi, il piu forte vento della historia ora basta.
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gdark03-blog · 4 years
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La notte era scesa, e così su quella terrazza, Meredith e William videro dinanzi a loro un nuovo inizio.. le mani si sfiorarono dolcemente ed il tempo sembrò fermarsi in quell’istante.
Esattamente 4 anni fa, durante una uggiosa e piovosa giornata, Meredith stava tornando a casa dopo una corsa in farmacia, in seguito ad un infortunio mentre stava lavando i piatti del ristorante in cui lavorava.. forse non ne era valsa la pena, ma il suo lavoro era tutto ciò che aveva ed era l’unico modo per raggiungere il suo più grande sogno: recitare. Ora ve la presento per bene.. una ragazza di soli 22 anni, dai veri valori, con un piccolo, ma stancante lavoro, che diciamocelo non era il massimo… eppure lei ha uno strano modo di vedere le cose: come se stesse nel bel mezzo di un film, lei è uno di quei personaggi da una visione ottimista della vita, nonostante la mancanza di una famiglia stabile su cui poggiare; beh si la madre era andata via di casa per inseguire l’amore della sua vita, ed il padre sempre impegnato con il suo impiego, nella sua enorme azienza..e qui la domanda sorge spontanea… perché? Perché la cameriera in un piccolo ristorante? Perché non lavorare presso l’azienda del caro papà? Perché? Ecco a voi svelato il mistero…come ho detto Meredith ha un obiettivo, un sogno nel casetto, e non vuole assolutamente un aiuto dal padre; vuole essere indipendente e autonoma di modo che, una volta raggiunto il suo grande traguardo, si sarebbe congratulata con se stessa…
Beh si la corsa in farmacia non è molto entusiasmante, però proprio quel giorno incontrò un ragazzo.. capelli neri che mettevano in risalto i suoi bellissimi tratti, dagli occhi verdi, ma di un verde raro e quasi speciale; indossava una semplice felpa nera, anche un po’ stropicciata a dire la verità, e dei insignificanti pantaloni di jeans che di particolare non avevano nulla.. insomma un carino ragazzo fuori dalla farmacia, niente di particolare; ma agli occhi di Meredith tutto questo che a noi può sembrare così semplice, per lei non lo era affatto anzi, il suo cuoricino iniziò a battere forte (ovviamente nei limiti) e il suo stomaco si riempì di farfalle.. ed ecco che i loro sguardi si incrociarono e furono i 6 secondi più lunghi della loro vita e l’inizio di una fantastica storia d’amore. E si lui era William..
I giorni seguenti parlarono 24 ore su 24..sì proprio così, persino di notte. Il primo aappuntamento in riva al mare, la prima cena in famiglia, il primo regalo di fidanzamento, il primo natale insieme.. tutto così dannatamente perfetto, ovvio con qualche discussione qua e là, ma è così normale quando due persone si amano, quando due persone avvertono le stesse emozioni, provano gli stessi sentimenti..fin qui tutto bene, ma come un fulmine a ciel sereno ecco arrivare una proposta, a parer mio lecita e dolcissima, da mister occhi verdi.. la convivenza. Avete presente quando, in maniera maldestra, sbattete un semplice mignolo del piede contro l’angolo del letto? La sensazione provata da Meredith fu proprio quella… bene ora provate a nascondere quell'orribile dolore.. ve lo dico io cosa ne verrà fuori.. un sorriso idiota che annuisce, quasi forzatamente. La verità è che la nostra Meredith era terrorizzata; terrorizzata dal fatto che la cconvivenza avrebbe modificato il suo modo di vivere, le sue abitudini, i suoi piani, il suo grande obiettivo.. vide tutto andare in frantumi, ma non trovò il coraggio per rivelarlo a William; infondo lui era l’amore della sua vita, diciamo che la nostra attrice aveva già immaginato il matrimonio: all’aperto, con fiori bianchi, un prato verde, un intreccio tra rami, foglie e bellissimi gigli che formavano un enorme arco sulle loro teste, compreso il prete che, beh si, li stava unendo nel sacro vincolo del matrimonio.. che dire tutto così perfetto, così bianco e candido.. si proprio una bellissima scena, quasi mi ricorda un film di cui non ricordo il nome… Ma tornando a noi, Meredith e William andarono a convivere e, in contrasto con i pensieri della nostra ragazza, tutto era nuovamente e dannatamente perfetto: William si occupava delle faccende domestiche mentre la sua ragazza era a lavoro; ogni sera si stendevano sul loro comodissimo (presumo) divano e guardavano film e serie tv accompagnati da coccole e appetitose pop corn.. la semplicità era tutto ciò che aveva caratterizzato la vita di Meredith, ma era così dannatamente unica che non ne poteva fare a meno, ed era proprio questo ciò che li distingueva: erano fatti l’uno per l’altra. Forse però dovrei dirvi di più su William il belloccio…a differenza della sua anima gemella, lui alle spalle aveva una forte e amorevole famiglia a sostenerlo, e per quanto riguarda il suo lavoro, diciamo che puntava in alto… se non avete capito, faceva il pilota di aerei e viaggiava una volta al mese, solo per una settimana, guadagnando quasi il quadruplo di quello che incassava la nostra Meredith. Tralasciando questo, è un ragazzo semplice e con dei veri valori anche lui, se non fosse per il suo amore malato per il calcio, ma direi che questo si può tralasciare..
Dopo 8 mesi dalla convivenza e 2 anni dal loro fidanzamento, arrivò una svolta. Il sogno di Meredith si stava per realizzare. Proprio in quel piccolo ristorante conobbe una famosissima sceneggiatrice, di cui ovviamente la nostra futura attrice conosceva il nome che personalmente non ricordo minimamente; ed ecco che tra una portata e l’altra, a fine cena, Meredith si presentò e le raccontò il suo più grande obiettivo…e fu così che ottenne un provino per un film.. niente male per iniziare la sua carriera. Ovviamente non vi dico il suo entusiamo.. anzi si perché sembra divertente.. quella sera lavò i piatti in meno di un’ora (tempo record sottolineo per la nostra stella emergente) e vi dico inoltre che lo faceva a ritmo di una strana musica che le risuonava nella testa…e tornata a casa lo disse immediatamente al suo meraviglioso compagno di vita in maniera così euforica che passarono tutta la notte a festeggiare.
Ma eccoci qui, nel presente.. dopo 4 anni di relazione tutta quella meravigliosa atmosfera venne interrotta.Piuttosto strano poiché i due piccioncini si conobbero in un giorno di pioggia, mentre la vita di uno dei due si spezzo in una calda giornata di sole. Proprio così… avete capito bene.
Come ogni settimana del mese William deve partire per lavoro.. al risveglio, dopo un’ottima colazione, una bella doccia, indossata l’uniforme e preparata la valigia ecco che i due si salutano con bel bacio pieno di amore e di fervente attesa del ritorno. Ma nessuno dei due sa che quello è un bacio di addio. I motivi sono ancora ignoti, o meglio ci sono solo ipotesi; probabilmente un guasto dell’aereo o un malore del conducente, ma l’unica certezza è che l'aereo è precipitato e, dopo aver toccato suolo, rimane solo il rintuono della forte esplosione: nessuno si è salvato. Il mondo della nostra Meredith inizia così a sgretolarsi piano piano, incapace e impotente di riprendersi da questo forte shock. L’unica scena del suo film sulla sua fantastica storia d'amore rimasta impressa ci riporta a tre settimane prima della tragedia: quella sera, dopo aver cenato, non si sdraiarono sul divano, ma andarono in terrazza e, proprio lì, la nostra attrice rivelò di essere incinta, mentre il nostro pilota le propose di sposarlo; e fu così che in quell'istante, le loro mani si sfiorarono dolcemente ed il tempo sembrò fermarsi.
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sciatu · 5 years
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TRE RACCONTI PER SALINE - La donna delfino.
Indy spense la sua vespa 125 bianca, prese l’asciugamano e la maschera subacquea che aveva sempre con se. E incominciò a scendere lungo il lato del costone che arrivava dritto al mare. Sotto c’era una spiaggetta poco conosciuta e frequentata dove gli piaceva fare il bagno e startene da solo abbracciato dal piccolo golfo, scaldato dal calore della sabbia e cullato dal mormorio instancabile del mare di Salina. Era stato un pomeriggio caldo e afoso e dopo aver lavorato tutto il giorno nella ristrutturazione del rudere che suo padre gli aveva lasciato, ora voleva rilassarsi un po' facendosi un bagno a mare nella assoluta tranquillità.  Quando arrivò sulla spiaggia vide che c’era qualcuno. Era Roberto, un ragazzo di quasi 18 anni che era seduto su un masso e guardava il mare. Lo salutò da lontano, poi, levatosi la camicia entrò in acqua e quando l’acqua gli arrivò all’ombelico si tuffò scendendo lentamente sott’acqua. Il silenzio lo avvolse e lui nuotò lentamente osservando un branco di pesci che al vederlo si allontanò sospettoso.  Riemerse lentamente, aspirando l’aria ed osservando l’azzurro del cielo, si mise sulla schiena e nuotò sul dorso sempre lentamente arrivando sul bagnasciuga dove si fermo, riscaldandosi con la sabbia e lasciando i piedi a mollo. Chiuse gli occhi, ascoltando il mare e il vento e restò cosi a lungo, perdendosi nel suo galleggiare sul nulla. “Scusa” apri gli occhi ricordandosi che sulla spiaggia c’era anche  Roberto.
“Oh , Roberto, dimmi” “Poi mi potresti dare uno strappo fino a Malfa, se no arrivo quando è già buio” “Certo Roberto non ti preoccupare” Rispose Indy tirando fuori le gambe dall’acqua “Ma sei solo? E la compagnia” Roberto era sempre con il gruppo di ragazzi formato da ragazzi e ragazze del posto e da quelli che venivano da fuori a passare qualche settimana dell’estate nella piccola isola. “Avevo voglia di stare solo” disse laconicamente Roberto Indy lo guardò sott’occhi “Problemi di cuore?” Roberto fece una mossa con il capo quasi a non voler dare importanza, “Mha io le donne non le capirò mai” Indy sorrise “Eh perché le vuoi capire?” “Ma no, dico io, deve esserci una razionalità in quello che fanno! - Sbottò Roberto seccato come se per ore si fosse fatto questa domanda – invece….” Indy sorrise “Se tu non ami una donna, non ti sembrerà mai razionale…” “ e se l’ami …?” Chiese Roberto quasi con ansia “Se l’ami sarà il tuo amore a fartela capire.” Rispose sorridendo Indy Roberto scosse la testa e stava per dire qualcosa, ma Indy guardando il mare e gli fece cenno di stare zitto. Non molto lontano dalla spiaggia sulla superficie piatta del mare si videro due increspature, l’una dietro all’altra “Vieni” disse Indy ed entro in mare di corsa cercando di smuovere il meno possibile l’acqua incominciando a nuotare lentamente in direzione delle increspature. Roberto l’osservò e levandosi la maglietta entro in acqua seguendo Indy. Quest’ultimo nuotò lentamente per un centinaio di metri e poi si fermò allargò le braccia e con il palmo delle mani batté sulla superficie del mare un paio di volte. Nel frattempo Roberto si avvicino e gli chiese “Che c’è?” ma si senti toccare sulla schiena e pensando ad una medusa si girò di scatto. Una lunga sagoma grigia gli passo vicina, lui la seguì preoccupato ma un'altra lo sfiorò nuovamente. Indy battè ancora sull’acqua e davanti a loro, Roberto vide un delfino saltare, passare sulla loro testa e ricadere in  mare lanciando dei grandi schizzi bianchi. Indy si immerse e Roberto lo segui. Anche senza maschera vide cinque o sei grandi sagome grigie di delfini girare lentamente intorno a loro, osservandoli curiosi, in quel blu intenso in cui filtravano gli ultimi raggi del sole del pomeriggio formando delle strisce luminose tra cui gli animali si muovevano  con curiosità e senza timore. Un delfino si avvicino a Indy e lui ne accarezzò il lungo fianco mentre l’animale lo sfiorava e poi Indy riemerse per respirare. Un altro delfino più piccolo si avvicinò a Roberto e lui imitò Indy accarezzandogli il fianco mentre gli scivolava davanti prima di risalire. I delfini girarono un paio di volte intorno a loro, poi improvvisamente scomparvero. “Sono andati” disse seccato Indy “Come mai?” Chiese Roberto Sentirono crescere lentamente  il rumore di un piccolo motore e videro una barca a passare qualche centinaio di metri davanti a loro, probabilmente i delfini lo avevano sentito e disturbati dal ronzio meccanico, se ne erano andati. Indy incominciò a nuotare verso la riva ed una volta arrivato si sdraiò sulla spiaggia per scaldarsi. Roberto lo segui sdraiandosi sulla pancia e raccogliendo la sabbia intorno al suo corpo.
“Cosa stavi dicendo?” Chiese Indy “Parlavo delle donne. Non capisco mai cosa hanno in testa…” Indy sorrise Alzò il corpo restando seduto sulla sabbia “ tu sei giovane e hai bisogno di chiudere ogni cosa in una casella pensando cosi di poter capire e comprendere tutto. Vedi, la donna è come il mare che abbiamo di fronte. Alle volte sono sfuggenti e sembrano non esistere come  Alicudi e Filicudi quando c’è la foschia o la nebbia: tu sai che sono li all’orizzonte, ma non le vedi, non le percepisci. Lo stesso quelle donne che sono troppo diverse da te e tu da loro, o perché semplicemente non vogliono farti entrare nei loro pensieri. Per questo motivo è doloroso ed inutile amarle. Per quanto tu faccia non legherete mai, quindi è inutile cercarle: non ti considerano, non ti vedono anche se sei seduto accanto a loro. Poi le donne possono essere come i delfini, perché sono quelle donne con cui ti metti a giocare e con loro fai solo quello, per il piacere di farlo e per nessun altro motivo. Come per i delfini, per quanto vi divertite tu non puoi stare in mare per sempre e loro non possono venire a terra. La stessa cosa con la donna delfino, sapete che non avete un futuro,  ma la cosa non vi interessa, non è l’eternità che cercate, ma solo il momento, l’istante di un sorriso, una carezza, un bacio, un falò intorno a cui cantare e amarvi per qualche minuto,  ma nulla di più. Vivendo in due ambienti diversi, in due mondi diversi, tu a Salina lei chissà dove non potete avere o dare di più. Ma è questo sapere che non potrà esserci un futuro,  che rende quanto provate unico e la vostra amicizia o il vostro amore perfetti, perché sinceri e disinteressati. Da questa donna non puoi pretendere nulla, puoi capirla solo per quel che serve, per starci momentaneamente insieme, ma non puoi andare oltre. E poi c’è la donna che è una certezza come questa spiaggia o questa isola, quella che tu non lascerai mai, la donna che ti dona la tua stessa vita perché la riempie, la sazia; quella donna di cui senti bisogno d’improvviso quando sei solo, quella di cui aspetti ogni momento la telefonata e che hai sempre accanto anche quando sei seduto in una spiaggia vuota. Un Isola che non vuoi lasciare perché in essa trovi quello che cercheresti nel resto del mondo!” “Ma come fai a distinguere una donna dall’altra?” “Una donna non è mai una sola donna, è questa la loro bellezza! Per quanto tu pensi di avere davanti un isola nascosta d’improvviso può diventare una donna delfino e poi un amante sincera. Cambiano per come ti comporti, per come ti percepiscono e per quello che hanno dentro di loro.  Vedi l’amore non è qualcosa di enorme ed eterno, è l’insieme di tanti piccoli momenti. Ogni cosa è fatta di altre cose più piccole, come una spiaggia è fatta da milioni di sassi levigati. È il tempo, che raccogliendo tutti questi piccoli atomi d’amore, li rende un vero unico amore, tanto che non la vuoi lasciare più. Quando cioè, ora dopo ora, crei una continuità in quello che siete e provate, questa diventa la vostra vita, quella che dovete ancora vivere. Per questo non te la devi prendere se uno di questi momenti non è per come dovrebbe essere, ve ne sono ancora tanti altri da creare, da vivere e ci sono poi cose che non puoi inquadrare e definire ma che devi vivere per come sono come un incontro in mezzo al mare.” Roberto restò a pensare qualche minuto “Ma se non si può capire prima se è vero amore, cosa devo fare?” “I delfini vengono a cercarci, per la gioia di conoscerci, e se lo fanno sempre vuol dire che quella gioia è il loro modo d’amare. Quindi è inutile che stai a pensare su questa e quella; vai a cercarla come fanno i delfini, donale gioia, curiosità e tenerezza come hanno fatto i delfini,  e scoprirai che ad un certo punto il vostro gioco non sarà più un gioco, unendo sasso a sasso avrete la vostra spiaggia su cui vivere, lei diventerà una certezza ed un bisogno continuo come questa spiaggia ” Roberto guardò l’orizzonte dove lentamente la foschia si abbassava e l’isola di Filicudi appariva mostrando la sua forma di donna incinta. “Non lo so – concluse Roberto – io ho capito solo che l’amore dovrebbe essere come quando abbiamo incontrato i delfini, un cercarsi e un provare a volersi bene, qualcosa di magico e bellissimo dove anche una semplice carezza ha un valore immenso, invece non facciamo altro che sfuggirci e nasconderci sempre anche quando cerchiamo di avvicinarci: è questo che mi fa incazzare la continua paura che abbiamo l’uno dell’altro” Indy sorrise “Lo vedi che i delfini sono migliori degli uomini….” Il sole lentamente tramontò incendiando il cielo con un giallo che sfiorì in un vermiglio intenso e quindi un un oscuro ceruleo. I due raccolsero le loro cose e si avviarono verso la vespa prima che fosse troppo buio.
Passò qualche giorno e in una notte senza luna  Indy era sulla barca del suo amico Raziu che si stavano spostando per raggiungere una secca dove pensavano che avrebbero fatto il pieno di calamari. Passavano vicini alla costa perché Raziu conosceva ogni angolo dell’isola ed evitava con facilità gli scogli che erano in prossimità delle alte coste di Salina. Passarono davanti alla spiaggetta su cui giorni prima Indy era stato con Robetto e videro che c’erano un gruppo di ragazzi intorno ad un fuoco con una chitarra che suonava e tante voci che intonavano in modo approssimato una canzone. Avevano messo sugli scogli e sulla parete di roccia delle candele in sacchetti di carta aperti cosi che fungevano da lanterna creando una sensazione di festa . Sentendo il motore e vedendo la lampara i ragazzi smisero di suonare per un breve istante per salutare con urla e fischi. Raziu, seduto al timone alzò un braccio per salutare e rallentò la velocità della barca. Indy vide che qualche metro più in la, su uno scoglio vi erano alcune lanterne e un ragazzo che baciava una ragazza; alla luce della lanterna si accorse che il ragazzo era Roberto e sorrise. Dopo neanche cinque minuti si fermarono e Raziu incominciò a far scendere la lenza per i calamari. Indy stava preparando la sua attaccando un pezzo di pesce a degli ami legati ad una grossa tavola. Intanto pensava a Roberto e alla discussione sulle donne, forse aveva accettato l’idea che l’amore è un divenire e che non poteva capire fin dal primo istante quanto fosse grande ed importante, per cui alla fine bisognava inizare tutto giocando come i delfini. Si avvicinò al bordo della barca per pulirsi e battè con il palmo della mano  nell’acqua, come aveva fatto per chiamare i delfini. Raziu si agitò e velocemente tirò il filo della lenza e alla luce della lampara apparve un calamaro che appena Indy cercò di liberare dagli ami lo schizzò di inchiostro. I due commentarono contenti la pesca e subito Raziu buttò di nuovo la lenza sicuro che ne avrebbe preso un altro. Indy mise la mano nell’acqua per pulirla dall’inchiostro e subito senti qualcosa di morbido e liscio che scivolava nell’acqua facendosi accarezzare dalla mano. Si sporse dalla barca in tempo per vedere la coda del delfino scomparire nell’acqua oscura “Chi c’è?” chiese Raziu nel vederlo sporgersi dalla barca. “ niente – lo tranquillizzò Indy – un amico”
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queenofdjsasters · 6 years
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Vorrei cominciare questa lettera in qualche modo creativo, riferendomi direttamente a qualcuno. Ma la mia mente è stata un tale groviglio di emozioni e di pensieri che, probabilmente, non riuscirei a scrivere qualcosa di senso compiuti. Ormai non ci riesco più. So che vi sembrerà un po’ troppo melodrammatico, ma la mia vita è un inferno. Ogni giorno mi chiamano ‘troia’, mi spingono contro gli armadietti, i ragazzi credono di avere il diritto di toccarmi…Sapevo che essere molestati fosse brutto, eppure questo semplice aggettivo non può descrivere come ti senti. Sporca, violata, colpevole. Ad un certo punto, i demoni hanno iniziato a dirmi che fosse colpa mia, che me l’ero cercata. Una sorriso di troppo, qualche attenzione che potevo risparmiarmi…che, in fin dei conti, era colpa mia se Albus e Daniel non si parlavano più, che non sarebbe successo niente, se io non fossi mai venuta a New Orleans. Nessuno riesce a capire quanto sia brutto dover convivere con tutti questi pensieri, con tutte queste paranoie, senza tener conto di tutto quello che devo subire ogni giorno. Non ce la faccio più ad andare avanti così, ci ho provato, lo giuro, ma le cose sono peggiorate senza che io potessi fare niente. Ho perso il controllo della mia vita, le redini mi sono scivolate via come sabbia tra le dita. Mi sono ritrovata a dover raccogliere pezzi di una vita che non sapevo come rimettere insieme. Avevo già pensato di fare una cosa del genere, ma oggi ho toccato il fondo, e ho realizzato che non aveva senso aspettare. Oggi mi hanno picchiata, mi hanno picchiata davvero violentemente, anche se io non credo di meritarmelo, non so bene cosa ho fatto, forse ho semplicemente respirato in modo sbagliato. Bree Violet, Susan Cohen e Skyler mi hanno trascinata in bagno e me le hanno date di santa ragione. Le ho implorate e scongiurate di lasciarmi stare, ma non mi hanno voluto ascoltare, e Skyler ha sbattuto a mia testa contro la tavoloccia del water. Non so se abbia fatto più schifo o più male, ad essere sincera. E così ho riscritto la lettera dopo essere tornata a casa, ho messo insieme i pezzi e ho definitivamente detto addio alla mia vita. Però ci tenevo a puntualizzare un paio di cosine che mi stavano particolarmente a cuore: io non sono andata a letto con Seth, non sono andata a letto con nessuno! Lui mi aveva chiesto di uscire ed io ho rifiutato, e credo che questo lo abbia fatto arrabbiare. E, inoltre, e mi rivolgo davvero a tutti, io sono stata innamorata di Albus StCloud, è stato il mio primo ragazzo ed una persona molto importante per me. La nostra storia non è stata delle più rosee, ma nessuno, e dico nessuno, doveva metterci bocca. Quel che è successo tra me e lui, i vari tradimenti, le incomprensioni e tutto il resto, non sono cose che vi riguardano. E se pensate che io gli abbia preferito Daniel vi sbagliate di grosso. Qualsiasi cosa sia mai accaduta tra me e lui, ha sempre avuto luogo quando io ed Albus ci eravamo lasciati, né questo ha, in alcun modo, influito sul loro rapporto. Non sono io la causa dei loro litigi, non ho giocato con loro, non sono passata dall’uno all’altro. E mi rifiuto di credere che, tutti voi che puntate il dito contro di me così facilmente, abbiate l’animo pulito e splendente. Ma è più semplice incolpare qualcuno che non sa difendersi, piuttosto che guardarsi allo specchio e vedersi per quel che si è. Ed in quel momento ho realizzato di essere sola. Mi sono guardata intorno, e anche i miei amici si erano stancati di me. Ero stata troppo volubile e troppo bipolare negli ultimi mesi, e sono riuscita ad allontanare tutti o, almeno, così mi hanno detto le voci nella mia testa. Credo che sarò più felice adesso, e anche voi. Nessun problema, niente più Rose. Una boccata d’aria fresca. E, adesso, voglio rivolgermi direttamente a mia madre. Mamma, so che ti spezzerò il cuore con questo mio gesto, ma voglio che tu sappia che mi dispiace. Mi dispiace di essermela presa con te per tutta la storia di papà e di San Francisco, so che volevi solo proteggermi. Sei l’unico motivo per cui ho rimuginato così tanto: non avevo il coraggio di lasciarti sola, non potevo lasciarti sola anche io, eppure ti giuro che ci ho provato in tutti i modi, ma il dolore era diventato troppo forte e, alla fine, mi ha sopraffatto. E non incolparti per avermi portata qui a New Orleans, ho vissuto gli anni più assurdi, terribili e fantastici della mia vita, ho avuto la mia prima cotta, ho conosciuto l’amicizia, ho imparato cosa volesse dire avere il cuore spezzato, dover contare sulle proprie forze, e avere qualcuno che ti desse sempre una mano. Magari non avrò vissuto tantissimo, non avrò conosciuto l’amore della vita, ma tutto quel che ho fatto è stato abbastanza. Quindi non piangere, non piangete, sarei stata peggio qui. Sarò sempre con voi, ve lo prometto, vi guarderò da lassù, sarò l’azzurro nell’arcobaleno, il vento che soffia e vi accarezza, il sole che vi bacia la pelle, il mare che vi abbraccia. Come faccio ad essere così tanto positiva, ora che mi sto per togliere a vita? Perché so che starò meglio, e che, comunque vada, troverò un modo per stare con voi e guidarvi. Grazie per tutti questi anni, vi voglio bene. Non dimenticatevi di me. Rose
Rose, Ghost
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cerchiofirenze77 · 6 years
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La forza del pensiero
A proposito di disagi e forze negative, estraggo dal libro "Le Grandi Verità ricercate dall'uomo" del Cerchio Firenze 77, questa trattazione di Kempis che mi sembra esaustiva di tutta una serie di argomenti sul potere della mente e le varie influenze. E' lunga ma vale la pena di meditarla.
La taumaturgia e la forza del pensiero
In antico, quando gli uomini credevano alle favole, i re erano considerati semidei, possessori di qualità taumaturgiche. Non di rado, infatti, alla presenza dei re fra il popolo avvenivano guarigioni miracolose.
Ammessa l'esistenza di poteri taumaturgici nell'uomo, non è incredibile che qualche re ne fosse dotato. Semmai è incredibile che l'essere re implicasse essere taumaturgo: tanto incredibile quanto che l'essere taumaturgo implichi necessariamente essere re. Siccome le guarigioni avvenivano invece con tutti i re che si sono succeduti finché l'usanza è stata seguita, la logica fa concludere che quando i sovrani non erano dotati di poteri terapeutici le guarigioni avvenivano per l'altro meccanismo della taumaturgia: la fede. « Donna, la tua fede ti ha salvata» dice il Cristo alla donna guarita dall'emorragia, confermando così che talvolta è la fede ad operare il miracolo. Dico talvolta perché, talaltra, invece lo stesso Cristo sentenzia: « Sia fatto come tu chiedi» cioè è Lui l'operatore: il questuante è solo l'oggetto dei Suoi poteri.
L'errore che voi comunemente fate, studiando certi fatti paranormali, è quello di credere che un dato tipo di fenomeni abbia una sola spiegazione. Ho detto « paranormali» cioè quasi normali ma non ancora anormali. Ora, il concetto di normalità deriva da definizioni, misure oggettive?, o semplicemente da una statistica?, o da un metro individuale? Per quello che ci interessa non sapremo mai quando una guarigione è avvenuta ad opera di un medicamento o della fede nella medicina, pur restando essa una normale, usuale, naturale guarigione. Se poi per « paranormale « s'intende che cosa sta al di là  del mondo umano, allora paranormale non è la guarigione ma è la ragione per la quale il malato è guarito. E paranormale è anche la ragione per la quale il malato è morto. Ma non di questo parlerò, perciò vada per il "paranormale".
C'è uno strano meccanismo all'innesco dei poteri paranormali negli individui. «Datemi un leva, un punto di appoggio e solleverò il mondo» pare abbia affermato Archimede. Il punto di appoggio dei poteri paranormali è la convinzione che altri agisca al posto del vero attore.     Ecco un mistico ben visto dal Padreterno: le sue preghiere sono sempre ascoltate, le vostre no! Se volete andare sul sicuro, rivolgetevi a lui ed avrete la grazia. Ma non è tutto: lui stesso non ha alcun potere; è qualche divinità che fa il miracolo. E il bello è che lo fa davvero.
Chi è che muove mobili e suppellettili in una seduta spiritica? Gli spiriti. Il medium non c'entra. E chi è che piega chiavi e cucchiai e conferisce facoltà telepatiche? Gli extraterrestri. Chi invia messaggi da altri pianeti che ammoniscono l'uomo a non fare il birichino e a non rompere il delicatissimo equilibrio  delle sfere cosmiche? Sempre gli extraterrestri, e senza nemmeno pagare le spese postali!    
Non crediate di ravvisare in tutto  ciò un atteggiamento psicologico riconducibile alla megalomania. « Quale megalomania? - qualcuno può chiedere, - se chi agisce ne attribuisce il merito ad altri? «.
Un uomo che rappresenti se stesso, che agisca in proprio, per quanto grande voglia apparire non riuscirà mai a sembrarlo come chi dice di rappresentare una Divinità, uno Spirito che tutto sente e vede, o una legione di esseri divinizzati da una scienza ed una tecnica giunte a tutto potere perché a tutto sapere. Ma la megalomania non c'entra, o almeno c'entra, solo nella malafede; negli altri casi, il meccanismo di transfert della paternità dell'azione è un catalizzatore insuperato, e voi non avete idea di quante volte l' uomo se ne serva inconsapevolmente nella vita di tutti i giorni.
Gli incantesimi della psiche
La leva psicologica non esiste solo per chi ha poteri paranormali e soprattutto non ha solamente effetti attivi ma li ha anche passivi, autolesivi: ed  ecco i perseguitati dalla sfortuna, le vittime del maleficio, gli appuntaspilli del Padreterno.
E' come una sorta di reazione a catena. Basta una serie di fortuite circostanze e il poveretto si convince d'essere vittima di una persecuzione, e diventa il persecutore inconscio, ma non perciò meno spietato, di se stesso. Se poi per ventura possiede dei poteri paranormali, allora gli effetti si moltiplicano anche sul piano concreto e la sua convinzione diventa convinzione anche degli altri. E non crediate che per rompere l'incantesimo basti svelare il meccanismo, così come io adesso ve l'ho svelato; giammai! Talvolta una sorta di masochismo lega la vittima al suo ipotetico « possessore «; talaltra la malattia, o la sfortuna, o la possessione, diventano comodi alibi per la propria incapacità o la propria pigrizia; per non parlare poi della solidarietà che le vittime ricevono, almeno a parole, da parte dell'altrui considerazione. Solidarietà che è sempre gradita e alla quale è difficile rinunciare.
Per questi motivi, ed altri, chi ha abbracciato una spiegazione vittimistica della propria esistenza difficilmente vi rinunzia. La psiche umana è un apparato estremamente proteiforme ed è assai difficile smuoverla dall'indirizzo che ha preso; più difficile che indirizzarla.    
Ci pensino i propugnatori della libera educazione dei fanciulli. E' giusto non creare complessi ai giovani, ma è anche giusto insegnare l'autodisciplina, perché controllarsi significa spostare la propria attenzione anche al di fuori della sola propria persona, rivolgere il proprio interesse anche ai diritti e alla vita degli altri. Se questo sia o non sia giusto, non importa che lo dica il mistico o il moralista, basta il sociologo. O la società umana è un assembramento di individui che ha lo scopo di far prevalere il più forte, il più dotato sugli altri, così come avviene per certi animali che vivono in gruppi; ma allora, chi si assume il comando sia capace e soprattutto abbia senso della responsabilità; oppure la vita nella società ha lo scopo di dare al singolo la coscienza dell'unità nella pluralità, in funzione della collettività.    
Questo è il vero scopo, ed è talmente evidente e attuale, nel presente momento, questa sorta di iniziazione generale e generalizzata, che anche gli insegnamenti etico-spirituali, che una volta venivano dati da poche Guide per molti uomini, ora affioreranno nell'intimo di ognuno. E vi assicuro che quella che possiamo chiamare l'unitarietà della dottrina non ne soffrirà più, di quanto non ne abbia sofferto in passato quando, pur essendo poche le fonti, moltissime e disparatissime erano le interpretazioni.
E' il momento in cui il protagonista della storia è il singolo, con la sua propria consapevolezza. Non per nulla in questa direzione, a questo scopo mirano le nostre comunicazioni. Miriamo, fra l'altro, a darvi quella autonomia di giudizio e di comportamento propria di chi ha le idee chiare: chiarezza di idee che viene anche, se non soprattutto, dalla conoscenza. Chi conosce, sa, fra l'altro, che non si sfida impunemente la sentita riprovazione di molti se non si è adeguatamente corazzati. Naturalmente non parlo degli ostracismi che vengono fatti a danno di chi non gode la simpatia dei più: parlo di quegli effetti che potremmo definire "magici".
Le forme-pensiero collettive
Vedere quell'uomo? Di lui si direbbe che è il ritratto della serenità. Sì, la sua vita è quella di un gaudente; lui non conosce le sofferenze del cilicio e della penitenza, forse perché ha capito che Dio non va temuto e che non serve genuflettersi per sembrare degli agnelli quando, nell'intimo, si è belve fameliche. Con la sua mania di dire la verità  e ciò che pensa, si è beccato la scomunica. Ma a lui la scomunica non fa paura. Lui sa che Dio non è al servizio degli interessi degli uomini avidi e che la « scomunica non sale al cielo» come sentenzia un vecchio proverbio sulla fauna equina.
Si può comandare al sole di splendere solo su certi e lasciare all'oscurità altri?  
Ma che accade? Il sorriso di sicurezza del « nostro « si smorza: i suoi affari incontrano difficoltà impreviste, incidenti gli accadono, rovesci di fortuna. Veramente si direbbe che il Padreterno volesse sculacciarlo! Ma fermiamoci qui, fermiamoci cioè prima che la leva psicologica entri in azione ed il poveretto decreti o la sua rovina o il suo rientro in seno a  Madre Chiesa.  
Se si esclude il meccanismo della leva psicologica, capace di innescare poteri paranormali in chi li possiede e di provocare effetti psicocinetici punitivi, che cosa è stato che ha fatto troncare il sorriso di sicurezza dello scomunicato?, che ha aperto la prima falla attraverso la quale nel suo animo si è insinuato il dubbio? Fortuite circostanze avverse? Certo, possono essere casuali  coincidenze. Ma può essere stato qualcos'altro: possono essere stati gli effetti della catena di pensieri creata dalla opinione pubblica contraria.      
Ripeto: non si sfida impunemente la sentita riprovazione di molti se non si è adeguatamente protetti. La condanna da parte dell'opinione pubblica, che si mantenga sostenuta nel tempo, è fatale per il condannato. Ripeto: non parlo delle forme-pensiero inconsciamente emesse dai condannatoti. Le psicopatie a cui sono soggetti coloro che si diversificano dai modelli della società nella quale vivono, e che per la loro diversità sono condannati, non traggono origine unicamente dalle difficoltà di inserimento nell'ambiente sociale, ma traggono origine anche dalle forme-pensiero ostili che li avvolgono e che, negli elementi sensibili, provocano profonde depressioni.
Le proiezioni della volontà
Il pensiero è qualcosa: è un canale di manifestazione, di attività del pensatore così come lo è l'azione nel piano fisico. E come l'azione nel piano fisico può portare o non portare i voluti effetti in dipendenza di molti fattori - non ultimi fra i quali quelli karmici - così è del pensiero. In ogni caso, indirizzare dei pensieri intenzionali nei riguardi dei propri simili non è mai un atto che cada nel vuoto.        
Spero che quello che vi dico vi stimoli ad aiutare i vostri simili almeno con il pensiero e non insegni, invece, ad abbreviare la fine di un ricco nababbo a chi ne sia l'erede universale.      
Disilludo subito chi intendesse servirsi della forza del pensiero per questo fine. Il desiderio passionale annulla la proiezione della volontà; così come temere che  una cosa accada, o desiderare che non accada, ne facilita l'accadere.
Perciò il nostro impaziente erede, con i suoi desideri e pensieri intenzionalmente mortiferi, otterrebbe lo scopo di allungare la vita del suo generoso testatore: effetto opposto a quello desiderato.
Queste cose vi dico perché siate consapevoli di quello  che ognuno di voi può scatenare, provocare. Perciò, abbiate senso di responsabilità; non siate canali di pensieri grevi, apportatori di risentimento, ma siate creature che, anche senza volerlo, esaltano le doti migliori di chi le avvicina; che con l'esempio della loro vita sono modello di riferimento per chi preferisce le azioni alle professioni di fede; che pur possedendo doti meravigliose non le ostentano e preferiscono l'anonimato alla gratificante popolarità.
L'occulto e i fantasmi della mente
Fortunatamente, mettere a disposizione dell'umanità un mezzo di cui gli uomini si possono servire per i loro fini non rende responsabili del danno che, con quel mezzo, si può procurare: la  responsabilità è tutta di chi lo usa male.    
Questo vale non solo per le scoperte scientifiche ma anche per le ideologie. Chiaramente il discorso cambia per le ideologie che in sé contengono propositi di aggressione e di violenza; ma quando una concezione filosofica, una fede religiosa, pur improntate ai buoni rapporti fra gli uomini, diventano invece motivo di divisione, di fanatismo, di odio, non può essere fatto carico di tutto ciò a chi quelle filosofie e quelle religioni ha inventate.
Invero questo è molto confortante per noi che, manifestandoci con un mezzo paranormale, indubbiamente abbiamo contribuito a  rafforzare quanto meno la credenza in quel mondo, anche se ciò non era e non è il nostro scopo. Tuttavia, anche se non abbiamo nessuna responsabilità per quello che in nome del paranormale l'uomo riesce a estorcere, ci sentiamo il dovere non solo di mettere in guardia gli ingenui contro i    disonesti, che in fondo si trovano in ogni campo dell'attività umana, ma proprio contro certe credenze superstiziose che sopravvivono come parassiti della scienza occulta e di cui si servono i disonesti per portare a termine le loro frodi.  
Se esiste la possibilità di ricevere messaggi intelligenti da una dimensione sconosciuta, se si producono fenomeni che sembrano contraddire le leggi conosciute della materia e confermare l'esistenza di un mondo ultramateriale, ciò non vuol dire che sia vero tutto quel mondo  di tenebra e di paura, di malocchi, di incubi, di streghe e di fantasmi tanto caro agli amanti del brivido, agli sfaticati, a quelli che cercano un pretesto per star male e far star male per qualche loro ragione psicologica.
La mente: arma a doppio taglio
La mente dell'uomo è uno strumento meraviglioso ma, proprio per questo, capace di assecondare in modo genialmente perfido le nascoste, inconfessate intenzioni e aspirazioni di creature deboli e squilibrate.    
Una volta, parlando dei fantasmi della mente, ebbi occasione di dire che solo il dieci per cento del dolore provato dall'uomo è dovuto al corpo fisico: il resto è conseguenza dei fantasmi creati dalla mente. Ebbene, ad essere precisi, anche quel dieci per cento dovrebbe essere suddiviso fra le malattie non volute e quelle volute dall'uomo e quindi procurate dalla sua mente.  
François Broussais afferma di avere constatato che, durante le epidemie di colera, erano più soggetti ad essere contagiati coloro che avevano paura di ammalarsi di coloro che si sentivano immunizzati; e più recentemente ha avuto la prova che perfino infermità causate da fatti traumatici, quali ad esempio cadute, hanno sovente all'origine una mancanza di reazione istintiva muscolare con cui l'organismo normalmente ne riesce a uscire indenne da percosse per cadute e incidenti. A tacere poi delle malattie organiche,  nelle quali gioca il venir meno delle difese naturali per effetto di una inconscia volontà di ammalarsi.
Non vi deve sembrare incredibile tutto ciò. Analizzatevi: quante volte vi sentire stanchi, di cattivo umore, depressi, senza che vi sia una ragione oggettiva; quante volte attribuite la causa della vostra scontentezza a situazioni che possono anche essere di fatica, non piacevoli, ma che obbiettivamente non sono così drammatiche da causare un annientamento quale lo provate. Rendetevi conto che, molto spesso, c'è quasi un bisogno di soffrire; molto spesso si vuol soffrire per soddisfare una necessità psicologica. Non sto dicendo una cosa nuova: sto solo affermando che questa sorta di masochismo è più diffusa di quanto si creda, anche se non raggiunge livelli evidentemente patologici.      
Le ragioni possono essere molte, dalla ricerca di espansione per un senso di colpa alla volontà di mettersi in evidenza, al bisogno di colmare un  vuoto interiore, e via dicendo. Ripeto: la mente dell'uomo è uno strumento meraviglioso, ma che, se non saputo dominare, può diventare un raffinatissimo strumento di tortura o condurlo in una dimensione che non stento a definire da incubo, sia per l'angoscia che fa provare, sia perché ben poco ha di oggettivo e tanto di fantasioso sogno.      
La mente dell'uomo è il vero  mondo dei fantasmi, delle possessioni, del terrore e della magia nera.
Ossessioni e possessioni
Lo stesso contributo che abbiamo dato a far credere in una dimensione ultramateriale lo vogliamo dare a distruggere la convinzione che in questa dimensione vi siano spiriti e diavoli pronti a impossessarsi di voi al minimo comando di chicchessia e possedervi per la vostra rovina.    
Certo, nel cosiddetto " aldilà " ci sono anche entità di esseri che non sono stinchi di santo, ma sono nella loro dimensione e non possono interferire nella vita degli uomini.
Il male che può venirvi non vi viene dagli spiriti e neppure dai diavoli; può solo venirvi dagli uomini e, a ben guardare, solo da voi stessi.    
Sì, l'ho già detto un'altra volta, ma torna utile ripeterlo: nessuno può, soffrire senza ragione del male che gli viene da un suo simile, né può avere tanta libertà  da sacrificare un suo simile se il suo simile non debba essere sacrificato. E se si deve subire un dolore ad opera di qualcuno è perché quel dolore lo si doveva patire a pareggio di quello che, in precedenza, in un tempo non raggiungibile dalla memoria, abbiamo fatto soffrire. Perciò quel qualcuno è solo lo strumento del male che facemmo, in ultima analisi, solo a noi stessi.
Una domanda che viene fatta a chi crede nel mondo degli spiriti, come lo chiamate, è se sia possibile che l'uomo sia posseduto da un fantasma. La risposta è affermativa: un fantasma, ma della sua mente! Nessun altro può possederlo in forma ossessiva.
Per la totalità dei casi di persone che si dicono preda di spiriti, gli spiriti non c'entrano affatto; c'entrano invece le creazioni della loro mente che assurgono a manifestazioni isteriche. Anche quando si hanno manifestazioni paranormali, quali spostamenti di oggetti, pronuncia di lingue sconosciute al posseduto, odori nauseabondi, eccetera, è solo vero che il posseduto ha facoltà paranormali che mette in opera nello psicodramma di ossesso che sta vivendo; niente altro! Lo spirito che lo possiede è creato dalla sua mente per una di quelle ragioni che fanno ammalare altri e che, in fondo, in un senso o nell'altro, muovono, fanno agire tutta l'umanità.
L'esorcismo è solamente un mezzo attraverso al quale, talvolta, il posseduto si convince che chi lo possiede viene scacciato, e quindi guarisce. Raggiungere una tale convinzione dipende da molti fattori, ma tutti riguardano sempre il riscontro psichico del posseduto, ed ogni caso è un caso singolare.
Il mercato delle fatture
E le malie, il malocchio, le fatture?, cioè la possibilità che avrebbero alcuni di farvi soffrire a distanza usando poteri occulti? E' una possibilità di gran lunga minore di quella che avrebbero usando un'arma o giocando sulla vostra debolezza psicologica. Teoricamente è possibile che chi è dotato di un potere paranormale, come per esempio una forte capacità ipnotica, riesca a farvi star male e, facendo leva poi sulla vostra autosuggestionabilità, farvi ammalare veramente.
Ma quanti sono gli ipnotizzatori capaci di agire senza contatto diretto col soggetto?, e, fra questi, quanti si votano ad una simile attività? E forse quei disonesti mercanti che si dicono capaci, a pagamento, di procurare avversa fortuna a chi odiate, possono accendere in sé una specie di carica di odio verso chi neppure  conoscono tale da esteriorizzare, qualche rara volta, la propria volontà e produrre qualche effetto concreto? Che buchino pure bambole di stoffa e simulacri di cera! L'unico effetto certo che riescono a produrre è fare un buco nel portafoglio dei loro ingenui clienti. Anzi, c'è un altro effetto certo, ed è quello che ricadrà su loro, su  chi fa magia nera; è un effetto che colpisce anche quando non si ha nessuna capacità perché basta l'intenzione a scatenarlo, ed è il vero contraccolpo.    
Quando qualcuno vi dice: e Tu sei vittima di una fattura che posso annullare, se mi paghi» e voi ci credete, datemi ascolto: spendete quel denaro andando dallo psichiatra. E non mi portate a riprova il fatto che vi sentite male, che la vostra vita sociale, il vostro lavoro non vanno come vorreste: domandate in giro a quante sono le persone soddisfatte della loro salute e della loro vita e vi renderete conto che, se la ragione fosse quella, ci sarebbero più fatture che uomini. Inoltre, esteriorizzare la propria volontà quando questa facoltà non è data dall'evoluzione, e quando lo si fa per danneggiare, conduce irrimediabilmente alla pazzia. Perciò l'umanità sarebbe un manicomio assai più di quanto lo sia.
L'antidoto per ogni superstizione
Datemi ascolto: statevene tranquilli, non temete il mondo occulto; se mai, abbiate paura della vostra mente. Lì sono i fantasmi che vi perseguitano, lì le maledizioni che non vi danno pace, lì le pozioni che vi fanno  cadere ammalati.  
E come fare a non cadere in una simile autosuggestione? Innanzitutto non credendovi e, meglio, convincendosi di essere inattaccabili.  
Il punto più debole e più vulnerabile della vostra persona è la parte psichica. Uno psicologo capace può manovrarvi come vuole ed operare una vera fascinazione. Queste sono le fatture che dovete temere! Non fate opera di autosuggestione a danno di voi stessi ma, semmai, per caricarvi di ottimismo e di convinzione di riuscire.  
Per tutti ci  sono dei periodi nella vita in cui vi sono più problemi di quelli che si prospettano in altri, ma questo non significa che qualcuno vi ha lanciato una maledizione. Quando vivete periodi faticosi, siete tesi e mettete in relazione i fatti che vi preoccupano con qualche circostanza che, secondo la superstizione, reca avversa fortuna; ora, non è che i venerdì 17 o i gatti neri che vi attraversano la strada non ci siano anche quando la vostra vita si svolge più serenamente ma è che allora non ci fate caso; mentre, quando soffrite automaticamente siete tesi a ricercare la causa della vostra sofferenza e siete portati a identificarla anche nelle spiegazioni più assurde, se non ne trovate altre più credibili.
L'importanza dell'intima convinzione
Ancora ribadisco l'importanza dell'intima convinzione nella riuscita della vostra attività; e l'intima convinzione è tanto più determinante quanto più siete impegnati ai limiti delle vostre possibilità. Un atleta impegnato a superare un record, se non crede alla sua possibilità di farlo non lo farà mai. Quando attraversate dei periodi difficili, le vostre possibilità diminuiscono molto ed è come se agiste a livello di superamento di record; perciò può accadere che non riusciate anche nelle cose che normalmente fate senza pensare. Tale è la spiegazione della sfortuna che sembra perseguitarvi.  
Siate ottimisti e fiduciosi; tanto, le cose che debbono necessariamente accadervi nessuno può  stornarvele, e quelle che ricadono nella probabilità che invece possano essere evitate è più facile che le evitiate con l'ottimismo che con la paura.      
Datemi ascolto: bruciate la convinzione nella potenza dei maghi, streghe e fatture, onnipotenti solo nel regno dell'ombra, del sogno e della fantasia. Abbiate fiducia in voi stessi.
Nessuno può darvi ciò che non riuscite ad avere, a fare vostro. Liberatevi dalla superstizione!  
Il mondo dell'occulto, la dimensione ultramateriale non esiste per soffocare l'uomo ancor più, ma per fargli superare i limiti del mondo materiale, per aprirgli nuovi spazi e nuove possibilità.
Aiutateci a suonare quelle campane che, all'alba, coi loro rintocchi, fugano i fantasmi della notte e sprofondano nel nulla, quali inesistenti realtà, incubi e paure, retaggio di tormentati sogni.
KEMPIS
(Fotografia di Daniel Greenwood)
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spnluceatluxvestra · 6 years
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LUCEAT LUX VESTRA | CAPITOLO DUE
Autrice: Leysa Byrne Fandom: Supernatural Genere: Sovrannaturale, Azione, Sentimentale, Angst, Smut Pairing: F/M Rating: Arancione (M) Personaggi: Sam Winchester, Dean Winchester, Arcangelo Gabriele, Nuovo Personaggio Femminile Note: Linguaggio scurrile (c’è Dean, che vi aspettate) Avvertimenti: Nel corso dei capitoli saranno descritte cacce violente e probabilmente anche scene di sesso
CAPITOLO DUE Signum insculptum in rubra
Something strange is going on and still I don’t know why. I have stared into the secrets they still try to hide.
[Serpents in Paradise - Avantasia]
Deborah si rigirò nel letto quasi per tutta la notte, faceva fatica a liberare la mente, e anche quando riusciva a prendere sonno perché stanca, poco dopo si risvegliava perché i suoi sogni le ricordavano costantemente il giorno appena trascorso. Il volto dell’Arcangelo, Sam, Dean, la clinica in cui era stata rinchiusa, tutte queste immagini apparivano dietro le sue palpebre e non la lasciavano riposare per bene. Riuscì ad addormentarsi solo verso le 2 di notte, ma il suo stile di vita le impedì comunque di svegliarsi dopo le sei e mezza. I Winchester quando non dovevano lavorare riuscivano a dormire fino a tardi, lei al contrario non ne era in grado, era rimasta troppo condizionata dalla caccia e non ci aveva ancora fatto l’abitudine. Nemmeno dopo un anno e mezzo. Rimase lì nel letto per un po’, a guardare il soffitto che iniziava ad essere illuminato da una vaga e flebile luce proveniente dalle fessure della tapparella alla finestra. Staccò la sveglia prima che suonasse, così da non svegliare i ragazzi nella stanza accanto. Infatti, le loro erano camere non solo erano adiacenti, ma anche comunicanti, e i tre avevano l’abitudine di lasciare la porta aperta durante la notte, per qualsiasi evenienza. La cosa non turbava nessuno, anche se i due fratelli durante i primi tempi avevano insistito per il lasciare a Deborah tutta la privacy che voleva. Lei aveva sempre declinato la proposta, dopo essere rimasta da sola nella stanza della clinica per mesi e mesi, senza vedere nessuno, senza sentire rumori e con un’ansia costante e crescente nei confronti della solitudine, la cosa che trovava più confortante era anche solo lasciare la porta aperta e sapere che, per qualsiasi problema, avrebbe potuto attraversarla per trovare qualcuno. Da quel punto di vista era quasi una bambina, in effetti. Ma non aveva nessun punto di riferimento nella sua vita, aveva dovuto imparare molte cose da capo, soprattutto il come comportarsi, ed esattamente come una bambina si attaccava alle cose che la facevano sentire più al sicuro. Non voleva essere fraintesa, ogni tanto la solitudine faceva bene e la cercava, ma si sentiva soffocare a stare da sola nei luoghi chiusi. Forse è un trauma che non supererò mai pensava tra sé e sé mentre si sedeva sul letto, quella mattina. Dopo qualche minuto, però, si rese conto che dalla camera dei ragazzi proveniva una luce più forte di quella che poteva essere del sole a quell’ora. Cercando di fare meno rumore possibile si alzò, indossò la vestaglia legandola su un lato, e a piedi scalzi si avvicinò alla porta. Da lì scorse Sam seduto al tavolino, lontano da Dean che ancora dormiva, e la forte luce bianca che proveniva dal suo computer portatile. Era immerso nella lettura di qualcosa, ma da quella distanza Deborah non riusciva a capire cosa perciò decise di avvicinarsi. Tanto ormai era sveglia. Sam si voltò lentamente appena la sentì appena dietro di lui. «Buongiorno Sam» sussurrò la ragazza, spostando di poco un’altra sedia e accomodandosi vicino a lui. «Buongiorno, Debby» lui guardò l’orologio sullo schermo del pc «Nemmeno stamattina sei riuscita a stare un po’ di più a letto?» Lei scosse la testa, con della stanchezza ancora addosso. «Perché non provi a rimetterti a letto? Dai, dico a Dean di non fare casino appena si sveglia, devi riposare. Ho sentito che ti rigiravi stanotte.» «Non ce la faccio, lo sai. È più forte di me» disse appoggiando la testa sulla spalla del ragazzo e sospirando profondamente. «Sì, lo so. Ed è colpa mia» rispose carezzandole i capelli. Non avrebbe mai voluto che qualcuno facesse la vita che facevano loro, né tantomeno lei, che già aveva tanti problemi a cui pensare. «Dai, non riprendere questa storia…» cercò di rassicurarlo, non era la prima volta che sentiva quelle parole da lui «È un caso che stanotte abbia dormito poco, di solito sono ben riposata e sveglia per quest’ora. Ho solo avuto un bel po’ da pensare, e non per colpa tua.» «Non è per quello. Ti ho trascinata io con noi in questo stile di vita» ammise storcendo la bocca e scorrendo velocemente con gli occhi i risultati che apparivano sullo schermo. «Sam, guardami» si sollevò e guardo il ragazzo negli occhi, nella penombra della stanza «Non è colpa di nessuno se quel fantasma mi tormentava ogni mattina, abbiamo già affrontato questo discorso. Certo, magari se non fosse stato l’unico momento della giornata in cui potevamo cacciarlo, e se non ci avessimo messo due settimane a capire come mandarlo via, forse, e dico forse, dormirei ancora. Ma magari sarei anche morta se non vi avessi incontrati.» Sam accennò un sorriso a mezza bocca, con sguardo triste, mentre le accarezzava la schiena «Scusami, hai ragione. È che sto cercando di venire a capo della tua storia, ma l’unica cosa sicura che ho è il giorno che ti abbiamo trovata, e continuo a pensarci.» Deborah sorrise, appoggiandosi di nuovo alla sua spalla e volgendo lo sguardo alla pagina web aperta davanti a sé «È per questo che ti sei svegliato presto?» Sam annuì, digitando una nuova ricerca nella barra superiore della pagina «In realtà cercavo qualche caso, qualcosa inerente all’Apocalisse, ma sono finito a cercare altro,» si caricarono centinaia di notizie di avvenimenti strani avvenuti nel mese di Febbraio di circa due anni prima «ma ci sono troppi eventi sovrannaturali nei mesi in cui ipoteticamente ti sei risvegliata nel bosco. Dobbiamo restringere la ricerca, in qualche modo» concluse. «Perché cerchi proprio eventi sovrannaturali?» «Perché se sei un angelo ed è successo qualcosa che ti ha tolto la memoria, molto probabilmente ha a che fare con qualche attacco da parte di altri angeli… o comunque non hai perso la memoria per un semplice colpo alla testa, l’avresti potuto guarire facilmente, perciò qualsiasi cosa ti abbia attaccato deve aver lasciato una traccia.» Aveva senso, giusto, ma Deborah stava ancora imparando ed era lecita una domanda del genere. «Però… ammesso che crediamo a questa storia» e lei ci credeva «io ricordo di essere stata ricoperta di sangue, mio sangue, ma non avere alcuna ferita. Ricordi che ve l’ho raccontato?» Sam annuì «Magari hai combattuto tanto prima che succedesse… be’, qualsiasi cosa sia successo, e avevi già rimarginato le ferite prima di perdere conoscenza.» «Quindi siamo ad un punto morto.» «Già. Così sembra.» Deborah riuscì a rannicchiarsi ancora di più sulla sedia e si lasciò carezzare ancora per un po’ da Sam, cercando di capire come risalire al giorno dell’incidente. Avevano provato più volte a chiedere all’ospedale o alla clinica, perfino alla polizia, ma per qualche strana ragione - che in effetti avrebbe dovuto destare sospetti molto tempo prima - o i suoi file non esistevano o erano inaccessibili. L’unico modo a quel punto, per lei, era chiedere a Gabriele. Sembrava la risposta più semplice, e agli occhi di Deborah avrebbe risolto tutto nel più breve tempo possibile. «Tu ci credi?» «Hm?» chiese Sam, destatosi dai propri ragionamenti. «Credi alle parole dell’Arcangelo?» Il ragazzo sospirò e si prese qualche secondo prima di rispondere «Se devo essere sincero… sì» dal suo tono sembrava quasi che facesse fatica ad ammetterlo «Non vedo perché dovrebbe scherzare su una cosa del genere, dato che sembra essere davvero molto attaccato ed interessato ai suoi simili.» «Forse allora… dovremmo chiedergli aiuto» azzardò Deborah pentendosi quasi subito di averlo fatto. Un conto era fidarsi, un conto era addirittura cercarlo per chiedergli aiuto. Per lei non ci sarebbero stati problemi, ma capiva che per i fratelli poteva essere un problema non indifferente. «Non credo sia un’idea così sbagliata, ma non ti ha detto nient’altro ieri?» Deborah storse la bocca e scosse la testa «No, ieri ero così confusa e ansiosa di capire tutto e subito che gli ho chiesto semplicemente se potesse far risvegliare tutti i ricordi, ma ha detto che sarebbe stato pericoloso. Si deve andare per gradi, ma non ho pensato a domandargli altro.» La ragazza inoltre aveva anche avuto la netta sensazione che la situazione non fosse chiara nemmeno all’Arcangelo, ma in ogni caso ora che l’aveva vista e sapeva la sua parte di storia era convinta che sarebbe stato più facile per lui trarre le conclusioni della situazione. «Aspettiamo che Dean si svegli, dobbiamo chiedere anche a lui.» Deborah accennò una risata amara «Sì, come se potessimo riuscire a convincerlo.» «No» fu la calma e glaciale risposta di Dean, mentre addentava i suoi pancake nel posto in cui si erano fermati a fare colazione. I tre si trovavano in un locale piuttosto isolato in cui si erano imbattuti sulla statale poco fuori la città da cui erano ormai usciti. Sam e Deborah avevano aspettato che Dean fosse sveglio e di buon umore, che avesse cantato un paio delle sue canzoni preferite a squarciagola mentre guidava, per accennare all’idea di chiamare Gabriele. Speravano che in quel modo avrebbero avuto più chance di ricevere un ‘Sì’ come risposta. «Dean, non abbiamo niente, niente, sono stato tutta la mattina a fare ricerche, sai quanti episodi sovrannaturali sono successi in quel periodo che noi ipotizziamo sia quello giusto?» «Non mi interessa.» «Centinaia.» «Ascoltate,» Dean prese la sua tazza bollente di caffè e si appoggio allo schienale rosso del divanetto «questo è quello che faremo: adesso andiamo da Bobby, setacciamo tutti i libri che anche solo accennano all’esistenza degli angeli e troviamo un perché, un come ed un modo per risolvere questa perdita di memoria.» «Ma-» «Deborah ma ti fidi davvero di quell’essere alato?» La ragazza lo fulminò con sguardo truce, sperando che capisse quanto sbagliato fosse a quel punto usare un’espressione del genere. Dean abbassò lo sguardo, comprendendo l’errore, ma continuò imperterrito nel suo discorso. «Va bene, se non troviamo nulla nemmeno a casa di Bobby allora ti lasceremo chiamare il tuo amico.» «Perfetto, ma poi si fa a modo mio» affermò Deborah, con la sensazione in cuore che Dean fosse troppo preoccupato dall’essere geloso ed irato nei confronti dell’Arcangelo per non accorgersi quanto lei avesse bisogno di risposte. Sicuramente si sbagliava, sapeva che il suo comportamento era dettato anche dalla voglia di proteggerla, ma il messaggio che arrivava era distorto a causa del suo comportamento. Si rimisero in auto giusto il tempo di finire la colazione - anche se la ragazza a stento toccò un paio di fette di bacon - ed iniziarono a dirigersi verso casa di Bobby. La strada era lunga, ogni tanto Dean accendeva la radio, ogni tanto i fratelli parlavano tra di loro, si scambiavano qualche parola sui temi più disparati, ma Deborah non stava veramente a sentirli. A parte pochi monosillabi la sua attenzione era tutta volta verso il paesaggio che scorreva e cambiava sotto i suoi occhi dall’altra parte del finestrino. Guardava gli alberi, le città che oltrepassavano e nelle quali si fermavano per fare rifornimento, i campi, le fattorie. C’era vita là fuori, persone che nascevano, crescevano, lavoravano, morivano. La stanchezza sui suoi occhi e sulla sua mente la portavano a pensare a questi piccoli dettagli, e sul fatto che forse lei non avrebbe fatto parte di quelle cose, non sarebbe mai cresciuta, non sarebbe mai morta. Sentiva di aver vissuto una vita a metà fino a quel momento, senza sapere chi era e come era arrivata lì, ma adesso non aveva nemmeno una meta. Non l’avrebbe avuta finché non avesse scoperto tutto, ed anche in quel momento ancora faceva fatica ad immaginare che ruolo avesse potuto avere all’interno del Paradiso. Forse non era mai stata nessuno di così importante, solo un angelo burattino di qualcun altro che stava più in alto di lei e che obbediva agli ordini senza fare domande. Sulla scia di quei pensieri non aveva aperto bocca se non per pranzare e per sbadigliare di tanto in tanto. Ad un certo punto Sam, visibilmente preoccupato, si era seduto assieme a lei sul sedile posteriore, ma lei continuava a sostenere di essere solo stanca. Ma in realtà la sua testa era lontana anni luce, su domande esistenziali che mai o poco si era posta ma che in quel momento sembravano la base per capire la prossima mossa da fare. Sulla scia degli stessi pensieri, non appena fuori dal finestrino fece buio e non c’era più nulla che potesse attrarre l’attenzione, Deborah si addormentò sulla spalla di Sam, che per lo meno al contrario di Dean dimostrava un po’ di capire. Forse perché anche lui aveva attraversato dei momenti simili per via dal demone dagli occhi gialli. «Deborah… Debby, siamo arrivati» la chiamò Sam con tono dolce, per non farla svegliare di soprassalto, mentre Dean scendeva dalla macchina e andava incontro a Bobby. Lei si strofinò gli occhi e si stirò leggermente la schiena: non pensava che dormire in quella posizione sull’Impala potesse farla riposare così tanto, evidentemente era davvero stanca. «Scusa, non volevo addormentarmi addosso a te.» «Tranquilla, almeno hai riposato» rispose di nuovo lui, con un sorriso, mentre scendevano anche loro dall’auto. «Ragazzi! Spero non ci siano nuovi problemi riguardanti l’Apocalisse onestamente perché non ho più sigilli da apporre qui intorno.» «Ciao Bobby» i Winchester risposero in coro ridendo, per poi abbracciarlo e dargli pacche sulla spalla. Qualsiasi fosse la situazione, per quanto tesa potesse essere, incontrare Bobby per loro era un’ancora di salvezza e l’atmosfera era sempre più rilassata quando erano con lui, nei limiti del possibile. Deborah si tenne un po’ dietro, un po’ per imbarazzo perché il problema era lei, un po’ perché era appena sveglia e le chiacchiere le avrebbe volentieri rimandate ad un secondo momento. «Ciao Bobby» gli sorrise anche lei, amichevolmente. «Ciao Deborah, che bello vederti, pensavo che quei due ti avessero già fatta scappare in un altro paese. Entra, entra…» disse, facendoli accomodare e chiudendo successivamente con molta cura la porta. La notte sarebbe sopraggiunta velocemente e non si era mai troppo prudenti. «Cosa vi porta qui?» A quanto pareva Dean non gli aveva accennato nulla, quando lo aveva chiamato in una stazione di servizio per avvisarlo del loro arrivo. Mentre tutti prendevano posto sul divano e le sedia in salotto, Dean e Sam spiegarono all’uomo per filo e per segno ciò che l’Arcangelo aveva detto e ciò che sapevano sul conto di Deborah. Lei si sentiva quasi fuori posto, un po’ anche sotto inquisizione. La conversazione era tranquilla e per niente ostile, ma aveva sempre paura di qualsiasi cosa potessero dire. Una parola sbagliata, una battuta infelice, sapeva che non sarebbe stato un loro proposito metterla in difficoltà o offenderla, ma si sentiva comunque stranamente in ansia.   «Abbiamo capito che con gli angeli non si scherza, senza offesa, anzi, perciò dobbiamo andare molto cauti con quello che facciamo.» Sam intervenne :«È proprio per questo che siamo venuti qui, Bobby. Per questo e perché siamo ad un punto morto: ci servirebbero tutti i libri che hai che accennano agli angeli.» Il cacciatore si alzò e andò verso l’enorme libreria sulla parete «Fino a qui non prendeteli in considerazione, li ho riletti centinaia di volte e mai un accenno ad un angelo» disse indicando metà della libreria «Per il resto possiamo iniziare da dove volete, sapete che nemmeno io sono molto ferrato in questa faccenda, e ci sono gli altri libri in cantina e nella stanza accanto. L’importante è che mettiate a posto alla fine.» «Grazie Bobby.» Dean si diresse per primo verso lo scaffale più in basso e prese tre libri in mano, quelli che secondo lui in base al titolo potevano essergli utili. Sam ne prese altri, Deborah pure, e solo ispezionando quelli persero più o meno metà nottata. Ogni tanto uno dei tre prendeva appunti su fogli, qualcuno metteva un libro da parte per tornarci successivamente, e intanto il tappeto del salone era ormai sommerso ed irriconoscibile. Bobby appariva saltuariamente per portare loro altri libri o segnalare articoli che trovava scartabellando i fascicoli dei casi a cui aveva lavorato nella sua carriera. «A me fa male la testa, angeli di qua, arcangeli di là, e non ho trovato quasi nulla di utile a parte dei rituali per… non ho ancora capito bene cosa perché sono in latino.» «Dammi qui che traduco» disse Sam, prendendo lo spesso libro blu dalle mani di Dean, il quale annuì. «Io vado a dormire, è tardi, continuo domani» parlò di nuovo il fratello maggiore, indicando l’orologio per poi sistemarsi su uno dei due divani. Deborah alzò lo sguardo al muro e vide le lancette segnare le due di notte. Sussurrò un ‘buonanotte’ molto flebile e tornò alla lettura che la stava impegnando da parecchio tempo. Teneva tra le mani un libro piuttosto piccolo per gli standard della biblioteca di Bobby: era rilegato in pelle rossa, le pagine erano particolarmente ingiallite, ma sembravano fatte di carta velina perciò Deborah stava molto attenta quando le sfogliava. Sul dorso del libro il titolo inciso in oro riportava delle lettere in ebraico, che lei non aveva idea di cosa potessero significare, e un piccolo simbolo enochiamo come uno di quelli usati da Castiel. Nella quarta di copertina invece il titolo era stato ricopiato fino a riempire l’intera superficie. Tutto ciò aveva attirato l’attenzione della ragazza, che di tanto in tanto cambiava posizione quasi per nascondere il contenuto di quel libro agli occhi di Sam. Se lui avesse visto cosa aveva trovato, infatti, sicuramente glielo avrebbe strappato dalle mani. Aveva scovato qualche informazione, in effetti, ma non avevano nulla a che fare con incidenti angelici o perdite di memoria. Quello era più un manuale, ed anche uno molto particolare. «Deborah, è tardi. Che ne dici se andiamo anche noi a dormire?» propose Sam alzandosi e sgranchendosi un po’ le gambe: era rimasto seduto per terra a lungo. Lei si destò immediatamente dalle pagine e chiuse il libro. «Sì, sono d’accordo.» «Dico a Bobby di accompagnarti dove puoi dormire.» Deborah annuì, ancora una volta d’accordo, e portando il libro con sé di nascosto si fece guidare dal cacciatore fino ad una piccola stanzetta al piano superiore, in fondo al corridoio, lontano dalle scale. «Sei troppo gentile, potevo dormire anche su una poltrona…» «Ma no, non dire sciocchezze, tanto questa non la usa nessuno. Anzi, scusa se c’è un po’ di polvere» ammise l’uomo storcendo il naso, pensando che forse avrebbe dovuto spolverare lì dentro più spesso. «Figurati… ma potrei chiederti un altro piccolo favore?» Lui annuì aspettando la richiesta. «Non è che avresti una candela? Una di quelle grosse.» Si rese subito conto che la richiesta sembrava strana, così si affrettò a puntualizzare che meditava sempre prima di dormire e le serviva per rilassarsi al meglio, ma sfortunatamente l’ultima che aveva comprato si era consumata del tutto pochi giorni prima. «Oh, certo, penso di averne alcune, aspetta un attimo.» Pochi minuti dopo la raggiunse di nuovo e le porse una candela intonsa e rossa, che emanava un vago aroma di frutti rossi e cannella se avvicinata abbastanza al viso. «Ho trovato solo questa, spero vada bene. Buona meditazione e buona notte.» Non appena l’uomo si chiuse la porta alle spalle, Deborah si sentì quasi come se potesse respirare di nuovo dopo una lunga pena. Aveva mentito, la meditazione era l’ultima delle sue passioni, ma di certo non poteva dire a Bobby cosa aveva in mente di fare. Posò con poca cura e ancor meno delicatezza la propria tracolla sul letto, si tolse il maglione azzurro che indossava rimanendo solo con la camicia, e con questo gesto fece cadere sulle coperte il libro che aveva nascosto con cura. Poi dagli stivaletti estrasse un coltellino e della borsa un accendino. Aveva tutto, si doveva solo mettere all’opera. «Pagina 125, pagina 125…» continuava a ripetere sfogliando il libricino. Davanti a lei si apriva una pagina fitta di simboli e con una breve scritta in basso. Prese la candela tra le mani e anche il coltellino, ed iniziò ad intagliare, secondo le istruzioni, un grande simbolo sulla base di cera. Intanto si chiedeva se fosse davvero necessario, e si rispondeva che no, non lo era, ma sapeva che solo pregando, probabilmente, con tutti i problemi che erano sorti a causa dell’Apocalisse e tutti i simboli che aveva disseminato Bobby in casa, Gabriele difficilmente sarebbe arrivato. Infatti, quello che aveva trovato su quel volume, altro non era che un rituale che aveva il potere di far arrivare con certezza la preghiera a qualsiasi tipo di essere celeste fosse rivolta, e di infrangere qualsiasi sigillo enochiano nei paraggi, ma solo ed esclusivamente a favore dell’angelo o arcangelo chiamato. Non lo obbliga a palesarsi, ma era un invito ed una connessione sicura e univoca, e ciò che aveva convinto Deborah a provare era che, ogni volta che in seguito sarebbe stata accesa la candela, l’angelo in questione avrebbe sempre saputo con certezza dove si trovava chi lo chiamava. In caso di pericolo o disperato bisogno pensava che potesse essere un grande vantaggio, insieme al simbolo che l’Arcangelo stesso le aveva inciso nella spalla. Mentre sulla tabella a fine libro Deborah trovava il simbolo dell’Arcangelo Gabriele e cercava un modo per unirlo alla lettera iniziale del suo nome in ebraico - anch’essa riportata sul libro - esattamente come le istruzioni riportavano, pensava anche al fatto di non doversi assolutamente fare scoprire. Sam forse avrebbe lasciato correre. Dean no. Ma è un rischio che voglio correre si disse. Era convinta, lei aveva bisogno di sapere, ormai che ne aveva la possibilità. Finì di intagliare i simboli, e mentre teneva la candela tra le mani si fermò a prendere un respiro profondo. Osservò la piccola stanza riempita solo da un letto, un armadio, una sedia ed un comodino. La lampadina al soffitto faceva meno luce di quella che non potesse venire dalla luna fuori dalla finestra, e le pareti scure non aiutavano né la luminosità né la grandezza di quello spazio. Non aveva idea di che ora fosse, ma fuori era ancora buio pesto, perciò sapeva di avere tempo. Deborah spense la luce, chiuse la finestra immediatamente sopra al letto, e si sedette a gambe incrociate sul morbido materasso. Pronunciò lentamente e a bassa voce la formula del rito per due volte, tenendo tra le mani la candela ancora fredda, poi accese la fiamma e chiuse gli occhi, focalizzandosi sul pensiero dell’Arcangelo. Nel lasso di tempo di un solo minuto tutti i pensieri peggiori si affollarono nella sua mente. A partire dalla paura che Gabriele la stesse ingannando a quella che non volesse più aiutarla per un qualsiasi motivo. Poi, un sommesso ma inconfondibile battito d’ali.
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intotheclash · 7 years
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Finalmente ce l’avevo fatta! Era stata un'ammazzatura, ma ce l'avevo fatta. Maledissi non una, ma cento volte quella mia linguaccia che finiva sempre per mettermi nei casini: con mio padre, con mia madre, con i miei amici, persino con mia sorella, che non parlava quasi mai. Mi facevano male le gambe, le braccia, le spalle, tutto mi doleva, ma soprattutto le palle. Quelle si che erano il nido del dolore, a forza di sfregare tra loro, sempre in piedi sui pedali. E con quel carico a rimorchio. I quattro chilometri di strada asfaltata erano stati terribili, ma il mezzo chilometro di sterrato mi aveva finito. L'ottava fatica di Ercole. Altro che ammazzare tori con le mani, o leoni a randellate.
"Meno male! Quasi non mi sento più il culo!" Esclamò Bomba, scendendo dalla bici.
"Con tutta quella ciccia, il sellino ti si sarà infilato di certo su per il buco!" Gli urlò contro Tonino, con un ghigno ben stampato su quella sua faccia piatta e lentigginosa.
Subito si levò un coro di urla e risate sguaiate.
"Ehi Pietruccio, ce l'avevi il cartello per i carichi sporgenti?" Chiese il Tasso. E via, ancora una raffica di risate e pacche sulle spalle.
"Ridete, ridete, intanto io il mio turno l'ho fatto! Vedremo al ritorno quanta voglia di ridere vi sarà rimasta. Tutta salita, brutti coglioni che non siete altro! E il panettone ve lo cicate voi!"
"A me fa schifo il panettone!" Esclamò contrariato Schizzo.
Come al solito non aveva capito un cazzo. Tre quarti del tempo abitava in un mondo tutto suo e quando rimetteva piede nel nostro, era come se fosse appena arrivato. Come cavolo poteva aver capito ciò che ci eravamo detti quando lui era via? Ridemmo tutti quanti, Bomba compreso, anche se il panettone in questione era lui. Placatosi lo scoppio di ilarità, fu ancora il Tasso a parlare.
"Comunque Pietro, il panettone non se lo mangia nessuno. Abbiamo deciso che il ritorno se lo fa a piedi. Dopo tutto è colpa sua se non ha preso la bicicletta!"
Cominciavo ad incazzarmi. Un patto è un patto e va sempre rispettato. Altrimenti sei fuori da tutto.
"Non fate gli stronzi!" Sibilai cattivo, "Se provate a fare una porcata del genere, vi butto le bici nel fiume!"
"La mia no, Pietro, io non c'entro! A me non tocca trasportarlo!" Fece Schizzo allarmato.
"Tranquillo Schizzo," Intervenne Tonino,"però ricorda, Pietro, che se non va a piedi, bisogna, per forza, passare al piano B. E la colpa sarà soltanto tua!"
"Ma che cazzo vai dicendo? Di cosa sarei colpevole?"
"Del fatto che, per non portarlo, abbiamo deciso che ora, Bomba, lo affoghiamo!"
Dopo di che si alzarono in piedi tutti e quattro e ci saltarono addosso urlando come scimmie ubriache. Mi stavano prendendo per il culo! Quei figli di puttana mi avevano preso per il culo e io ci ero cascato come l'ultimo dei fessi. Ma anche loro avevano fatto uno sbaglio grosso come una casa. Ma di quelli che te ne rendi conto soltanto quando è troppo tardi per tornare indietro. Bomba non era solo il più grosso di noi, ma anche il più forte. Immensamente più forte. Fu così che, nel bel mezzo della cruenta lotta, afferrò il povero Tonino con tutte e due le sue potenti braccia e lo scaraventò nel fiume con tutti i vestiti indosso. Seguì un istante di sgomento, le cose avevano preso una piega inaspettata, subito dopo partirono dirompenti le risate. Tonino riemerse dall'acqua, che gli arrivava alla cintola, sputò fuori quella che gli era entrata in bocca, rimasta aperta per tutto il volo, e diede sfogo alla rabbia e alla frustrazione:"Brutta palla di lardo! Stupido ciccione figlio di puttana! Adesso esco e ti faccio vedere io cosa ti succede!"
Incrociai gli sguardi degli altri e vidi la stessa idea nei loro occhi illuminati. Allora dissi:"Adesso esci e che cosa? Meglio che resti dove sei. Perché saremo noi a venire dentro!"
E ci tuffammo anche noi completamente vestiti. Era uno di quei piccoli gesti che tendevano a cementare un'amicizia. Anche se, nel nostro caso, non credo ce ne fosse bisogno, ma faceva comunque piacere.
Sguazzammo nell'acqua giallognola del Tevere come tortellini nel brodo del sabato. La similitudine era lampante. Appartenevamo tutti a famiglie piuttosto povere. Dignitose, credo, ma povere. E il sabato era il giorno dei tortellini. Non tutti i sabato. E non molti tortellini a testa, ma, per la legge di compensazione, nel brodo avremmo anche potuto affogare. Dopo un'oretta di schiamazzi, tuffi, battaglie e quant'altro, uscimmo distrutti dall'acqua e ci gettammo esausti sulla rena della riva. Ci togliemmo tutti i vestiti, tanto li non passava mai un cazzo di nessuno, e li appoggiammo ad asciugare sui rovi e sui rami più bassi dei pioppi. Ci avrebbe pensato il sole.
"Questa si che è vita!" Sospirò a bassa voce il Tasso, rotolandosi nella sabbia.
"Ma guardati! Sembri una fettina panata gigante!" Disse Schizzo con aria schifata.
"Senti chi parla! Ma voi vi siete visti? Anche voi sembrate fettine panate. Meno Bomba. Lui non sembra una fettina panata. Sembra l'intera mucca panata!" Replicò il Tasso tutto felice.
Ridemmo tutti di gusto e saltammo addosso a Bomba che, in quella occasione, fortunatamente, si limitò a sopportarci senza reagire. Terminata l'incruenta lotta, ritornammo a crogiolarci al caldo di quel benevolo sole di un pomeriggio senza nubi dell'estate del millenovecentosettantadue. Sei piccoli, grandi amici, circondati da una natura materna che, nostro malgrado, non sarebbe rimasta incontaminata a lungo. E neanche noi.
"Certo che è proprio una goduria! Sembra di essere a Rimini!" Dissi sottovoce, mentre giocherellavo distrattamente con quel poco pisello che possedevo a quell'età.
"Fico Rimini!" Commentò d'impulso Sergetto.
"Che cazzo è Rimini?" Chiese invece Bomba.
"E' una città dove ci sta il mare più bello d'Italia. E ci stanno pure certe fighe!"
"E tu che ne sai? Ci sei mai stato?" Domandò Tonino. Più interessato alle fighe, che al mare.
"No che non ci sono mai stato! Non fare lo stupido, lo sai che non ci sono mai stato!"
"E allora come fai a saperlo?"
"A sapere cosa?"
"Del mare! E delle fighe!"
"Ho visto due cartoline che hanno spedito a casa gli amici di mia sorella. C'era un mare azzurro come...come non so cosa. E certe chiappe di culo che non vi dico!"
"Sei un cazzaro di prima categoria!" Mi accusò il Tasso sogghignando.
"Allora domani frego le cartoline a mia sorella e ve le faccio vedere, se non ci credete! Stronzi!"
"Senti, Pietro, ma tu ci sei mai stato al mare?" Chiese Bomba, mentre tentava di togliersi un po' di rena di dosso.
La domanda oggi sembrerebbe assurda, ma allora era più che legittima. Infatti, di tutti e sei, solo io e Schizzo ci eravamo stati, con esiti diversamente disastrosi.
"Certo che ci sono stato!"
"E com'era?"
"Com'era? Com'è, vorrai dire Bomba. Mica è morto il mare!"
"Vabbè, hai capito, allora dimmi com'è?"
Avrei voluto, ma non potevo mentire ai miei migliori amici, così:"Una cagata!" Esclamai, mentre con la mente correvo a quell'unico, maledetto giorno in cui i miei mi avevano portato al mare.
Era successo l'anno prima. Il ricordo ancora mi bruciava. Per anni, mia madre, tutte le estati, ad Agosto, quando mio padre era in ferie, aveva insistito per farsi portare al mare, ma non c'era mai stato verso di spuntarla. Come ho già detto, il mio vecchio era un camionista, tutta la vita su e giù per l'Italia col culo schiacciato sul sedile della cabina. Va da se che, di domenica, o durante le ferie, guai a parlargli di motori e di strade. Iniziava a bestemmiare come un turco e non la finivi più. Iniziava in sordina, sottovoce, poi un po' più forte, alla fine si lasciava prendere la mano e andava a finire che tutto il vicinato era costretto ad ascoltare le sue pittoresche lodi al Signore.
"Mi avete rotto i coglioni co' 'sto mare!" Diceva, "Mi spacco il culo per voi tutto l'anno su quella merda di camion e, quando finalmente ho un minimo di riposo, voi pretendete che salga sull'auto per scarrozzarvi dove vi fa comodo? Ma che razza di cervello bacato avete? Non se ne parla nemmeno!" Non se ne parla nemmeno era l'epitaffio. Tutte le volte. Quindi, figurarsi il nostro stupore quando, una mattina, alle sette in punto, il vecchio ci buttò tutti e tre giù dal letto, annunciandoci la lieta novella:" Sveglia poltroni! Preparatevi, oggi si va al mare!" Ricordo che tra lo stupore e la felicità ci fu una bella lotta. Eravamo rimasti tutti senza parole. La prima a riaversi fu mia madre, che obiettò:" Ma come faremo per il pranzo? Certo che sei sempre il solito! Non potevi dircelo ieri sera? Avremmo avuto tutto il tempo per prepararci, sant'Iddio!"
Lui la guardò per un istante, fece la faccia più sbalordita di cui fosse capace e rispose:" Ma come? Sono anni che scassi con il mare e oggi che mi sono deciso, crei tutti questi problemi? E poi ve l'ho detto stamattina perché ieri sera non ne avevo voglia. Oggi si! Allora? Cosa dobbiamo fare? Andiamo o no?" "Andiamo! Andiamo!" Gridammo entusiasti io e mia sorella. Ci infilammo di corsa i costumi sotto ai pochi vestiti, mia madre preparò in fretta i panini e li mise in una cesta di vimini con la frutta e le bottiglie d'acqua. Eravamo pronti. L'avventura poteva cominciare. E, Cristo, se fu un'avventura. E chi se la scorda più! Ci impiegammo ben tre ore per coprire i novanta chilometri che ci separavano dalla costa. Una volta arrivati a Tarquinia, mio padre strabuzzò gli occhi e disse imprecando:"Madonna, che casino! Ma da dove salta fuori tutta questa cazzo di gente? No, qui non ci possiamo davvero fermare. Grasso che cola se ce ne tocca un secchio a testa di acqua salata." "Allora cosa vorresti fare?" Domandò preoccupata mia madre. "Tranquilla donna! Ora te lo cerca il tuo bel maritino un posticino tranquillo per farti il bagnetto!" E lo cercò davvero. Eccome se lo cercò. Gli ci volle un'ora e mezza, ma alla fine lo trovò. Arrestò l'auto in quello che, probabilmente, era il posto più brutto del Tirreno. Infatti non c'era anima viva. Nessuno tranne noi. Niente persone, niente bar, niente ombrelloni, nemmeno sabbia. Solo sassi. Sassi enormi che partivano da dove avevamo lasciato la macchina, fino ad arrivare per diversi metri dentro l'acqua. Acqua che io e mia sorella facemmo giusto in tempo ad assaggiare. Neanche la maglietta riuscii a togliermi. Riuscimmo a bagnarci solo per metà, perché da lì a dieci minuti, nostro padre fischiò e ci fece uscire. Con quel suo tono perentorio che non ammetteva repliche, disse:"Su, venite fuori ragazzi. Basta bagni per oggi. Ora si pranza e si torna a casa. Che non ho voglia di beccarmi tutto il traffico del ritorno." Mia madre era nera di rabbia, a me veniva quasi da piangere, pure a mia sorella, ma non ci fu niente da fare. Quella, per fortuna, fu l'unica volta che ci portò al mare.
A Schizzo andò ancora peggio. Molto peggio. Lui neanche ci voleva andare al mare. I suoi ce lo mandarono per forza. In colonia. A Montalto di Castro, per quindici giorni filati. Quindici giorni che lui, naturalmente, non fece mai. La notte del secondo giorno scappò via scalzo, con indosso soltanto il costume e una canottiera a righe bianche e rosse. La mattina seguente, i responsabili della colonia, resisi conto dell'accaduto, telefonarono subito ai suoi genitori, che, tra una bestemmia e l'altra, dovettero montare sulla loro seicento per andare a ripescare il proprio figliolo così lontano da casa. Lo trovarono verso le quattro del pomeriggio, che vagava senza meta sulla Statale Aurelia. Fortuna che, quel giorno, c'era poco traffico. Appena gli fu accanto, il padre inchiodò l'auto, scese come una furia e gli diede un fracco di botte senza proferire verbo. Schizzo le prese tutte. Non tentò di schivare neanche un colpo. Ma non versò una lacrima che fosse una. Anzi, quando il padre si stancò di colpirlo, lui, con tutta la rabbiosa calma che possedeva, promise che, se lo avessero lasciato ancora li, sarebbe scappato la sera stessa. Naturalmente si guadagnò una seconda razione di legnate, seduta stante.
Schizzo aveva molti difetti, ma manteneva sempre le promesse fatte. Fu così che, nonostante le difficoltà oggettive e la sorveglianza raddoppiata, quella stessa notte se la svignò di nuovo. Portò a lungo i segni neri e bluastri della fibbia della cintura di quell'avvinazzato di suo padre, ma vinse lui. I suoi dovevano decidere se ammazzarlo di botte lì, sul posto, o riportarselo a casa impotenti. In verità ci pensarono su piuttosto a lungo, ma alla fine decisero che sarebbe stato meglio per tutti riportarlo a casa. Negli anni a venire, quando sentivo dire che al mare bisognava stare attenti, che era pericoloso, io pensavo sempre a Schizzo.
"Ehi, Pietruccio, ci sei ancora?"
La voce di Tonino proveniva da una zona remota della mia testa, ma ebbe comunque la forza di trascinarmi indietro.
"Certo che ci sono! Stavo pensando!"
"E a cosa? Alle chiappe di culo sulle cartoline?" Disse il Tasso, guardandomi con malizia esagerata l'uccello.
Cavolo! Mi era venuto duro! Di sicuro avevo continuato distrattamente a toccarmi, mentre ero perso nel fondo dei miei pensieri.
"Ci hai fatto preoccupare! Ti abbiamo parlato tre, o quattro volte, ma tu niente, Dove cazzo stavi col cervello? Sembravi Schizzo!"
"Io lo odio il mare! Con tutte le mie forze lo odio!" Disse Schizzo, a riprova che la similitudine era perfetta.
Lo fissammo per un istante e scoppiammo a ridere. Povero Schizzo, tutti eravamo a conoscenza della sua disavventura e ci venne subito in mente. E non solo noi, i suoi amici, la conoscevamo, l'intero paese ne era al corrente. D'altra parte, è risaputo, in un piccolo centro funziona così: tutti sanno tutto di tutti. Capita anche che sappiano molto di più. Sanno cose che non sono mai accadute e che, con molte probabilità, non accadranno mai, eppure le sanno, C'è sempre qualcuno che le sa. Qualcuno che le sa e qualcun'altro che glielo ha detto.
Iniziammo a lanciare sassi nel fiume, cercando di colpire tutto ciò che galleggiava.
"Facciamo una gara!" Propose bomba, lanciandone uno ben oltre l'altra riva.
"Che tipo di gara?" Chiesi
"A chi va più lontano!"
"Che cazzo di gara è? Tanto lo sappiamo che vinci tu! Non hai un braccio, ma una catapulta!"
"Facciamo la gara di seghe! A chi viene prima!" Propose Tonino, come alternativa.
Perché no? Eravamo nudi come vermi, l'attrezzatura era in bella mostra e la voglia non mancava mai.
"Va bene, però Sergetto è fuori e fa da giudice. Con lui non si può gareggiare, è svelto come un fulmine!"
"Col cazzo che sono fuori! Voglio giocare anch'io!" Protestò ferocemente Sergetto. Anche perché quella era l'unica gara in cui ci passava la biada a tutti.
"Io non voglio farla!" Si lamentò Schizzo, arrossendo.
"Perché non ti si rizza!" Lo punzecchiò il Tasso
"Certo che mi si rizza! Ed è pure più lungo del tuo! Non mi va e basta!"
"Non ti si rizza! Non ti si rizza!" Lo sfottemmo in coro, girandogli intorno.
"Andate tutti a fare in culo! Portatemi qui le vostre sorelle e vedrete se mi si rizza!"
"Allora fai il giudice di gara. Come a Giochi senza Frontiere." Disse Tonino.
"Mi sa che tu non ci stai con la testa. Secondo te io sto qui a guardare che vi fate le seghe?"
"Che male c'è?"
"C'è che mi fate schifo! Ecco cosa c'è." Concluse Schizzo, tuffandosi in acqua.
Non ci restava che iniziare la gara. Anche senza giudice. Tanto l'esito era scontato. Ci mettemmo in fila, spalla contro spalla: pronti? Via! Partimmo a razzo, mezza lingua di fuori, che, in quelle occasioni, sembrava aiutasse e la mano che andava su e giù come il pistone di una Ferrari. Non ci fu nulla da fare, quel coniglio arrapato di Sergetto trionfò in meno di un minuto. Lo odiavamo per questo. E lo invidiavamo anche. Solo qualche anno dopo ci saremmo ricreduti, felici che quel primato fosse tutto suo. Dopo un po', anche io, Tonino e Bomba tagliammo faticosamente il traguardo. Il Tasso era rimasto indietro. Terribilmente indietro, lui non arrivava mai. Mentre si accaniva a testa bassa sul pezzo, lo incitavamo e lo prendevamo per il culo contemporaneamente. Gli ci volle una mezz'ora buona, per arrivare felice e sudato alla bramata meta e noi lo portammo in trionfo come un vincitore. E lo era davvero. Anche questo lo avremmo capito più tardi, insieme alle nostre donne. "Beati gli ultimi, che saranno i primi", in questo campo specifico, forse solo in questo, valeva per davvero.
Terminate le solenni celebrazioni, saltammo nel fiume e raggiungemmo Schizzo, che, nel frattempo, stava cercando di far navigare un vecchio tronco marcio recuperato dalla riva. Ci sistemammo tutti su quella sottospecie di maleodorante zattera e ci lasciammo cullare da quell'indolente corrente. Gli uccelli si fermavano a guardarci stupiti e il sole martellava la nostra pelle senza troppa cattiveria.
"Certo che, a noi ragazzini, di "fregnacce" ce ne raccontano tante." Disse Tonino, con lo sguardo perso da qualche parte sulle canne dell'altra sponda.
"Hai fatto la scoperta dell'acqua calda." Risposi, cercando di capire cosa stesse guardando.
"No, dico: a parte Babbo Natale, la Befana, come nascono i bambini, quella che se ti fai le seghe diventi cieco è proprio la stronzata più grossa che abbia mai sentito."
"Bene, bravo! Ma ora che cavolo c'entra?"
"Ci stavo pensando prima. Mentre stavamo facendo la gara. Ho guardato prima Schizzo, poi noi, poi ancora lui che era l'unico a non gareggiare."
"E allora?"
"Allora ho pensato che non solo quella storia è una palla gigantesca, ma che, forse, è vero l'esatto contrario. Che diventa cieco proprio chi non si fa le seghe!"
Ridemmo felici per la scoperta. Sembrava chiaro che avesse ragione Tonino. Non c'erano santi. E quando se ne fosse convinto anche Schizzo, di sicuro non avrebbe disertato una gara.
"Ehi, guardate laggiù!" Urlò improvvisamente Sergetto.
Ci voltammo di scatto, tutti insieme. A quell'età la curiosità è vorace come una belva feroce digiuna da settimane. Un branco di mucche pezzate, bianche, nere e marroni, stava placidamente guadando il fiume su in una secca; forse in cerca di pascoli migliori.
"Stanno attraversando il fiume! Il nostro fiume!" Aggiunse, facendosi torvo in viso.
"Addirittura nostro!" Commentai sarcastico.
"Certo che è nostro. Qui ci veniamo solo noi. Così ci sporcano l'acqua, bestiacce maledette!"
"Ma che cazzo dici? Come fanno a sporcarci l'acqua se sono più a valle? Certo che ne spari di palloni!"
"Non me ne frega niente! Questo fiume è nostro e io qui non ce le voglio! Andiamo a prenderle a sassate!"
Seguì un coro di: andiamo! andiamo!, ma io rimasi in silenzio. Ero perplesso. Mi piaceva lanciare sassi e avevo anche una bella mira. Certo, non lanciavo lontano come Bomba, ma ero molto più preciso. Però non mi piaceva colpire gli animali, mi facevano pena, tutto qui. Facevo un'eccezione soltanto per quei schifosi ratti di fogna che, ogni tanto, incontravi per le vie del paese e per le odiate vipere. Ma era un altro discorso. Decisi di passare la mano. Nuotai fino a riva e mi sdraiai su uno dei tanti massi levigati che sbucavano prepotenti dalla vegetazione e mi misi ad osservare in disparte la spedizione punitiva. I miei amici arrivarono, con passo lesto, ad una decina di metri dalla mandria, poi diedero inizio ad una fitta sassaiola. Le povere bestie furono colpite a raffica, anche se diedero l'impressione di non curarsene troppo. Insomma, sembrava non considerassero le sassate più fastidiose delle centinaia di punture di mosche e tafani che subivano in continuazione. tuttavia la cosa non mi piaceva lo stesso. Decisi di alzarmi ed andare a porre fine a quello stupido gesto. Non feci in tempo. Dalla riva opposta partì, come un proiettile, un pezzo bello grosso di legno marcio e, per quanto lo trovassi impossibile, arrivò dalla nostra parte ed andò a schiantarsi contro il povero Bomba che cadde al suolo come un sacco di patate. In quell'attimo si fermò il mondo. Lo stupore si poteva tagliare con la motosega, tanto era presente. A farci uscire da quella fase di stallo fu un sasso. Un sasso lanciato dallo stesso punto di prima. Sasso che, con altrettanta forza e precisione, andò a colpire Sergetto proprio in mezzo alla testa. Lui lanciò un urlo disumano e, subito dopo, come a fargli compagnia, anche una gran bestemmiona. Rimase immobile, con le mani in testa, per un tempo indefinibile, gridando:"Non ci vedo più! Non ci vedo più!"
Fummo azzannati dalla paura, paralizzati, ma, per fortuna, subito dopo tornò a vederci. anche se quello che vide peggiorò la situazione. Si portò la mano destra davanti agli occhi e constatò, con la paura che gli si allargava in faccia, che era sporca di sangue. Del suo sangue. A quel punto le lacrime tracimarono dagli occhi e si trasformarono ben presto in un fiume in piena. Fu così che la paura si trasformò in rabbia e i miei amici iniziarono a lanciare tutto ciò che capitava loro a tiro verso il punto in cui aveva avuto origine il fuoco nemico. Io me ne rimasi ancora in disparte. Ancora dovevo capire.
Finalmente riuscimmo a vederlo. Dapprima solo una sagoma oscura tra i fitti cespugli dell'argine, poi, piano, piano, venne fuori la forma di un ragazzino, più o meno della nostra età, scalzo, con i pantaloncini corti e a torso nudo. Non sembrava affatto impaurito. Non fosse altro che per la differenza numerica. E, con nostro grande stupore, ce lo dimostrò pure. Saltò in groppa ad una delle mucche e ci raggiunse attraversando il fiume.
"Certo che ne ha di coraggio!" Pensai.
Fu Tonino a parlare:"Guarda come cazzo lo hai conciato! Gli hai rotto la testa, brutto figlio di puttana!" E gli mostrò, come prova, la zucca di Sergetto che ancora frignava.
Gli aveva detto proprio figlio di puttana! Era l'offesa mortale! Quella che necessariamente significava: cazzotti! Poteva passare solo tra amici stretti e detta per scherzo; ma urlata in quel modo ad uno sconosciuto! Nessuno di mia conoscenza avrebbe lasciato correre. Era la regola. Anche a costo di prenderle. Era una questione di onore. Eppure il nuovo arrivato sembrò non dargli peso. Rimase lì, immobile come un masso. Non era minimamente turbato. forse perché, nudi come eravamo, facevamo più ridere che spavento.
"Avete iniziato voi." Si limitò a dire. Con un tono così calmo che faceva quasi paura.
" Anche a me potevi rompere la testa, brutto stronzo di un matto!" Rincarò la dose Bomba.
"Avete iniziato voi." Disse ancora.
Era il turno del Tasso. Ma lui era uomo d'azione, non di parola, fece l'unica cosa che era capace di fare, caricò a testa bassa il nuovo arrivato, menando pugni all'impazzata e sbuffando vapore come un toro nell'arena. Il ragazzino con i calzoncini non mosse un muscolo. Attese la carica con le braccia conserte, quando il Tasso gli era praticamente addosso, veloce come il demonio scartò di lato e con uno sgambetto lo fece finire lungo disteso nel fiume.
Non potevo più aspettare, dovevo intervenire. Tra i miei amici, ero io il più bravo a fare a pugni, toccava a me condurre le danze. Certo, l'avversario sembrava una brutta bestia, anche troppo brutta, ma dovevo farlo, non potevo rimetterci la faccia. "Adesso basta, vuoi fare a botte? fallo con me!" Dissi.
I miei amici si fecero da parte ridacchiando nervosamente e urlarono in faccia al mio nemico:"Ora sono cazzi tuoi, stronzetto!"
Non è che io ne fossi troppo convinto, ma, come si dice, il tifo aiuta sempre.
"Non mi batto con te." Disse quello, sempre con quel tono gelido.
"Meno male" Pensai. Ma "Perché no? Hai paura?" Mi sentii dire.
"Non ho paura, è che tu sei l'unico che ha lasciato in pace le mie mucche. Non mi batto con te."
Aveva ragione, per Dio! E anche per fortuna! Avevo lasciato in pace le sue mucche! Feci qualche passo avanti e mi presentai:"Io mi chiamo Pietro, e tu?"
Quello mi fissò per un attimo, fece una smorfia che somigliava vagamente ad un mezzo sorriso, si voltò è ritornò nel nulla da dove era venuto.
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entheosedizioni · 4 years
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I classici riassunti: Cime tempestose di Emily Brontë
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La doverosa e immediata premessa di questo riassunto di Cime Tempestose è indirizzata agli amanti del libro, agli amanti del genere o, in generale, agli amanti di Heathcliff: nonostante gli sforzi d’imparzialità in cui l’autore dell’articolo si è prodigato sia nel leggere che nel riassumere questo caposaldo della letteratura, l’impresa è miseramente fallita. Ecco dunque che vi troverete una spietata e alquanto soggettiva opinione su quanto segue. Amante avvisato... Questo classico della letteratura inglese è stato scritto da Emily Brontë, una delle tre talentuose sorelle Brontë vissute in epoca vittoriana. Pubblicato inizialmente sotto uno pseudonimo maschile, il titolo (in lingua originale Wuthering Heights) rimanda alla principale ambientazione del libro: la tenuta in cui dimora il personaggio principale. Personaggio a sua volta, la tenuta influisce costantemente sulle vite dei suoi abitanti, dando vita a un precedente nella letteratura (che possiamo ritrovare in seguito, per esempio, in Rebecca, la prima moglie.)
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Questo capolavoro viene inoltre definito il precursore dei romanzi d’amore e anche del modernissimo (e odioso) dark romance. Ebbene, ecco subito la prima discordanza d’opinioni: questo libro non è un libro che parla d’amore. È un libro che parla di pazzia. È un libro che parla di odio, parla di ossessioni e di gelosie, di vendetta, parecchia vendetta, ma non d’amore. Perché, quando con la scusa dell’amore si attuano terribili scelte, l’amore è soltanto una scusa. Perché, quando con il pretesto di soffrir d’amore si decide di odiare, l’amore è soltanto un pretesto. E perché l’amore sa soltanto amare. Se “soltanto” vi sembra poco. Dove, quando, cosa “Cime Tempestose” è il nome della dimora del signor Heathcliff. L’aggettivo “tempestose” fornisce una chiara idea delle turbolenze atmosferiche alle quali si trova esposta quella località quando infuria il maltempo. E in effetti lassù deve regnare di continuo una ventilazione corroborante: non è difficile intuire la violenza del vento del nord, quando soffia al di là del crinale, osservando l’eccessiva inclinazione di alcuni stenti abeti su un lato della casa, e il susseguirsi di rovi i cui tralci si protendono tutti nella stessa direzione, quasi implorando mercé al sole.” Sepolto nell’allegra brughiera inglese nei primi dell’800, sferzato da venti impietosi, fa freddo d’inverno e pure d’estate, il posto è talmente isolato che persino i fantasmi lo vivono male. Quando non piove tira vento e quando nevica si resta tagliati fuori dal mondo. Ah, un mondo che non è comunque particolarmente gaio. Il forte sospetto infatti è che sia proprio questa angosciosa ambientazione a dare alla testa ai personaggi (d’altronde le sorelle Brontë stesse vivevano in un posto simile, si capisce dunque che non potevano scrivere di roselline e fate). Ma non si può fare un torto al talento dell’autrice e non accennare alla bellezza descrittiva dei posti, al fascino dei luoghi che ammalierà il lettore, ai vividi dettagli del focolare domestico – caratteristiche che, oltre alla storia in sé, rendono questo libro un capolavoro. Chi è chi Solitamente serve un disegnino dell’albero genealogico per potersi districarsi fra i personaggi di questo libro, in quanto sono tutti (più o meno) imparentati e hanno (più o meno) lo stesso nome. Questo articolo non lo fornisce, fate dunque uno sforzo: Mr. Lockwood. Il narratore della storia. Non conta molto, anche perché per poter narrare la storia se la deve far raccontare da Ellen Dean, in quanto lui non c’era. Irrilevante. Ellen Dean (Nelly). La governante di Cime Tempestose e poi del Grange, la tenuta vicina. Cresciuta con i padroni di Cime Tempestose, segue e racconta le vicende delle famiglie che abitano entrambe le tenute. Di forte carattere e piena di buon senso, cerca sempre di calmare le acque e risolvere le situazioni. L’unica sana di mente fra i personaggi. Heathcliff. Piccolo trovatello, viene adottato da Mr. Earnshaw, il proprietario di Cime Tempestose che ha già due figli della sua stessa età: Catherine e Hindley. Le origini del ragazzo restano un mistero: di carnagione scura, ombroso e selvaggio come pochi, il piccolo Heathcliff cresce nella nuova famiglia fra la simpatia del padre adottivo e il disprezzo dei fratelli. Col tempo però, Heathcliff si guadagna il benvolere della sorella, ma anche l’odio del fratello. Quando il padre muore, resta soltanto con l’odio. Breve storia triste. Orgoglioso, crudele e vendicativo, riesce persino a soffrire senza suscitare alcuna pena. Catherine. Ebbene, Catherine Earnshaw si candida al primo premio come uno dei personaggi più fastidiosi, viziati, volubili e vanesi di tutta la letteratura mondiale. Cresciuta in una famiglia amorevole, riesce a far “perdere la pazienza a tutti almeno cinquanta volte al giorno: dal momento in cui scendeva le scale a quello in cui andava a coricarsi, non avevamo un istante in cui essere sicuri che non sarebbe andata a cacciarsi nei guai. La sua irrequietudine era sempre al massimo e la lingua di lei non aveva un attimo di tregua: non faceva che cantare, ridere e assillare chiunque non la imitava.” Inoltre: “Nei giochi le piaceva anche troppo comportarsi da padroncina; alzava spesso e volentieri le mani e impartiva ordini ai compagni...” Insomma, avete capito il tipo. Crescendo si cambia, direte voi. Certo, in peggio. Da bambina viziata e piagnucolona, Catherine si trasforma in una bellissima giovane donna dal carattere contrastante: ora gentile, ora crudele, allegra e triste, ma sempre capace di raffinati sotterfugi e in balia del suo umore sempre agli estremi. Affascinante, per qualcuno. Hindley Earnshaw. Fratello di Catherine, odia a morte Heathcliff e gli rende la vita un inferno dopo la morte del padre. Canaglia. Edgar. Figlio della famiglia che vive nella tenuta vicina, i Linton, è amico d’infanzia di Catherine. Dal carattere docile e mite, è amante del quieto vivere, quindi non esattamente nel suo ambiente in questa storia. Un pesce fuor d’acqua. Isabella Linton. Sorella di Edgar, è troppo giovane per sapere ciò che vuole, ma anche troppo impulsiva per non andare a cercarlo comunque. Nel posto sbagliato. Cathy Linton. Figlia di Edgar e Catherine, segue persino troppo le orme della madre, pur non avendola conosciuta. Linton Heathcliff. Figlio di Heathcliff e Isabella, non ha una vita facile, ma non fa neanche una bella impressione. Muore abbastanza presto per far troppi danni. Hareton Earnshaw. Figlio di Hindley, è l’agnello sacrificale di questa angosciosa storia di egoismi e vendette. Joseph. Il vecchio domestico di Cime Tempestose. “Era, e con ogni probabilità continua a essere, il fariseo più insopportabile e ipocrita che mai abbia saccheggiato la Bibbia allo scopo di assicurare a se stesso tutte le promesse e di riversare sul prossimo le maledizioni.” Chi fa cosa Hindley. Una volta morto il padre, tormenta Heathcliff fino all’estremo, rendendolo ogni giorno più cupo e rancoroso. Heathcliff, innamorato perso della selvaggia Catherine, incassa e subisce ogni angheria pur di poterle restare vicino – e se non è amore questo... direte voi. Già già. La stessa Catherine, così ribelle, così anticonformista (ma anche così scostante) da capire i torti perpetrati a Heathcliff lo difende, lo adora, lo ama persino. Però mai fino in fondo. Catherine e Heathcliff sono spiriti affini: entrambi indomabili, estremi fino alla pazzia, bellissimi nella loro capacità di annegare nei bui dell’anima. Si amano. E quando arriva il momento di dimostrare davvero di quanto amore sono capaci, cosa fanno? La tanto alternativa Catherine, l’indomabile spirito libero, colei che poteva anticipare i tempi ed emancipare la donna, scarica Heathcliff perché troppo “degradato” e pensa bene di sposare il più raffinato Edgar. Non ve lo aspettavate, eh? E Heathcliff? Non temete, lui non è da meno. Perché non digrigna i denti con muta violenza, non saetta fiamme dagli occhi di pece – cioè sì, fa tutto questo –, ma non la affronta, non le dice che è solo una viziata donzella che si crede chissà cosa ma che lui la ama lo stesso, non le fa capire che rovinerà le loro vite per l’ennesimo capriccio di cui si pentirà nemmeno un’ora dopo e neppure che farà una scelta senza via di ritorno. No. Il grande e impavido codardo se la dà a gambe. Distrutto per l’amore perduto, direte voi. Morto di paura per poter essere felice, dico io. Catherine vive il suo matrimonio con Edgar in modo più o meno tranquillo finché, tre anni dopo, torna Heathcliff. E con lui, la vendetta. Ora è ricco, è diventato un signore (per modo di dire), si stabilisce a Cime Tempestose e dà il peggio di sé. Catherine perde il senno (non che prima ne avesse molto), i sentimenti e la pazzia riaffiorano (non saprei in che ordine metterli), non posso vivere senza di te preferisco quindi morire (potevi pensarci prima). Detto, fatto. Muore, lasciando orfana la neonata Cathy. No, non è figlia di Heathcliff, cosa andate pensando?
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Ralph Fiennes e Juliette Binoche in Wuthering Heights, 1992 Heathcliff non la prende benissimo, invoca gli spiriti, vuole seguirla, non vuole vivere senza di lei, preferisce essere perseguitato da un spettro che restare in un mondo senza di lei. Commovente fino alle lacrime. Accecato dal dolore e con il cuore affogato nel bisogno di vendetta, Heathcliff inizia una sistematica e personale guerra contro tutti, cosa che lo rende impossibile da compatire. Rovina Hindley e si prende tutto quello che era suo, sposa e rovina la sorella di Edgar, Isabella, si comporta come un demonio (lo dice lui stesso) e fa venire desideri assassini. Dopo che Isabella riesce a fuggire dà il tormento al vicino Edgar, alleva (male) Hareton, orfano di Hindley, viene a sapere che ha un figlio con Isabella, Linton, pretende di allevarlo (male) dopo la morte della moglie. Insomma, rovina le vite di tutti, con particolare attenzione per Cathy, l’odiata figlia dell’amata Catherine. Cathy, che non poteva prendere che dalla madre, non fa altro che infrangere ogni regola proibitiva, mettendosi chiaramente nei guai. Heathcliff infatti ordisce per farla sposarla al figlio, Linton, un piagnucolone inutile come un ombrello rotto, in modo da poter controllare entrambe le tenute e vendicarsi di Edgar per avergli sottratto l’amata. Violenza verbale e fisica, inganno, odio, crudeltà, vendetta, cieco rancore – questo è il mondo di Heathcliff e questo è il mondo in cui decide di far vivere chi gli sta intorno. Ma tutto questo necessita uno sforzo non indifferente, per fortuna non ce la fa più a tenere il ritmo e decide di lasciarsi morire e congiungersi con l’amata. La domanda è perché non l’ha fatto prima.
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Disegno di Fritz Eichenberg Nel frattempo, la giovane Cathy si mostra appena più assennata della madre, ma ha il coraggio di seguire il suo cuore dichiarandosi a Hareton – l’unica scena di vera tenerezza di tutto il libro. Chi ama chi Catherine. Si direbbe che ami Heathcliff, ma se è amore e non pazzia, allora il sentimento non è abbastanza reale da inseguirlo davvero. Heathcliff. Ama Catherine, ma non sa farle capire quanto. Non gliene faremo una colpa per questo, la colpa che ha è quella di non combattere per ciò che ama. Edgar Linton. Ama Catherine con un amore tenero e pieno di dedizione, amore non appieno apprezzato, è chiaro. Cathy ama Hareton e viceversa. Per il resto, c’è poco da dire. Se la rubrica si chiamava Chi odia chi era tutta un’altra storia. Chi uccide chi Pur senza dirette uccisioni, Cime Tempestose è farcito di morti. Uccisioni indirette. Catherine uccide l’amore di Heathcliff e quello che di buono era in lui. Heathcliff uccide la voglia di vivere e, finalmente, se stesso. Isabella muore per le scelte sbagliate, Hindley per disperazione (non una perdita) e Linton per non saper vivere. Edgar infine muore un po’ per tutte queste ragioni. Finale L’amore vince sempre, dicono, ma non è questo il caso. Qui ci sono solo perdenti e, nonostante l’epilogo di luce e speranza, la profonda crudeltà dell’animo umano segnerà i superstiti finché non la sostituiranno con la leggiadria del perdono e della misericordia. Conclusioni L’amore non sa odiare. Non sa vendicarsi o covare rancore. L’amore non sa infliggere dolore. L’amore sa soltanto amare. Annabelle Lee         Read the full article
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Racconti| La macchia blu. Una falsa storia vera (cap. III)
di Alessio Palumbo
Capitolo III
  Per tre giorni e tre notti il vento non smise di sferzare uomini e cose. Violenti rovesci d’acqua si riversarono sul paese ingombrando le strade con torrenti di fango. Alcune case abbandonate da decenni caddero o si lesionarono sotto la furia degli elementi. Le incannicciate furono divelte e nelle campagne persino ulivi che avevano trascorso interi secoli ben conficcati nella terra furono sradicati. Stessa sorte per le vigne che, già cariche di grappoli neri, si ritrovarono prive di qualsiasi frutto e stese al suolo come ceppi da ardere. Finalmente, la mattina del due di agosto, un sole limpido e possente, conficcato in un cielo privo di nubi per miglia e miglia, segnò la fine della buriana. Il paese si svegliò frastornato e scosso.
Don Celestino, ritemprato nel corpo e nello spirito dalla fine del maltempo, si presentò alla parrocchiale prima del consueto. In quei tre giorni, seppur a fatica, aveva svolto con la diligenza solita i doveri di uomo di chiesa, celebrando la messa del mattino e quella della sera, seppur solo per il suo servitore. Da quella mattina fino alla metà del mese, avrebbe dovuto raddoppiare i propri sforzi. L’arciprete, infatti, come ogni anno aveva abbandonato il paese per passare le prime due settimane d’agosto in campagna; l’arcidiacono Francesco de Blasi, che nella gerarchia del capitolo della parrocchiale veniva subito dopo don Matteo Rocca, era da tempo allettato e prossimo a presentare la propria anima a Cristo. Spettava a lui quindi sovrintendere alle attività degli altri sacerdoti, impartire ordinariamente i sacramenti, celebrare le funzioni principali e via elencando. Per questo, in quella mattina di ritrovata estate, si era recato in chiesa con la giumenta. Subito dopo la funzione sarebbe dovuto andare a dare disposizioni al resto del clero, poi avrebbe portato conforto ad alcuni infermi e infine avrebbe fatto una trottata dalle parti della masseria Resta, di proprietà del Capitolo parrocchiale, per scambiare due parole con i coloni e per capire l’entità dei danni causati dalla furia celeste.
Celebrò messa alla presenza di una decina di donne, alcune accompagnate dai figli che trascorsero il tempo della funzione salendo e scendendo dalla scala dell’organo. Lasciati i paramenti in sagrestia, abbandonò il tempio e nel percorrere la navata notò i numerosi fasci di fiori deposti sull’altare di San Giovanni: ringraziamento concreto delle donne del paese per la fine del maltempo. Si avvicinò alla mensa in pietra, prese un mazzo di zagare dall’odore pungente e lo portò vicino al volto inebriandosi. Ripose i fiori ed uscì. Fuori dalla chiesa di San Nicola la luce del sole lo avvolse e riscaldò.
“Vado a sbrigare le faccende della mattina” disse al servo che lo attendeva crogiolandosi sul muro di fronte al tempio dove aveva addossato il piccolo calesse.
Il vecchio afferrò le assi del biroccio e le fissò nei finimenti della cavalla. Non appena don Celestino montò, gli passò le redini e diede un leggero colpo sulle natiche della giumenta per farla partire.
“Arrivederci papa” lo salutò
Il prete sollevò il braccio e prontamente riafferrò le redini. Lentamente la giumenta si incamminò. Giunti in piazza, il calesse svoltò sulla sinistra imboccando la via che conduceva alla chiesa dell’Annunziata. Don Celestino diede mano alle briglie per accelerare la corsa dell’animale ma, nei pressi della colonna di san Giovanni, elegante simbolo dei baroni del paese, le voci di un alterco lo attrassero. Prontamente tirò a sé le redini. Alla propria destra, dalla cappella dedicata alla Madonna delle Grazie, provenivano urla e strepiti, bestemmie ed imprecazioni. Un concio di tufo volò fuori dalla porta ed allora gli animi si surriscaldarono ancor di più: le voci divennero sempre più violente, le ingiurie si inasprirono.
Restò ad ascoltare, ma la furia della lite rendeva incomprensibili le parole che rimbombavano nella chiesetta. Scendere o non scendere? Con la vecchiaia era divenuto curioso, troppo forse. Decise di andare a vedere. Smontò dal calesse, legò la giumenta ad uno stallo nei pressi del palazzo baronale ed entrò nella cappella.
Santi, madonne, ostie e lo stesso padreterno affollavano il luogo sacro, ma non sotto forma di immagini o sculture. Tre muratori, bianchi di tufo, urlavano contro un colosso alto una canna, con spalle larghe a stento contenute da una camicia bianca insudiciata su di una manica da sangue; sicuramente quello del più vecchio dei tre manovali il cui volto era abbondantemente imbrattato.
“Cosa succede?” urlò il prete, ma dovette ripetere la domanda più volte prima che i quattro si accorgessero di lui e si placassero.
“Cosa succede? Come osate bestemmiare in un luogo consacrato? Bestie che altro non siete. Segnatevi”
I quattro fecero di mala voglia il segno della croce.
Don Celestino si avvicinò al colosso, che sapeva essere uno dei servi della famiglia D’Acugna, l’atrio della cui casa stava proprio di fronte all’ingresso della piccola chiesa.
“Niente papa Celestino, niente” smorzò questo
“Voglio sapere” si oppose il vecchio che sentiva inappagata la curiosità
“Questi tre pretendono soldi che non spettano loro. Affari nostri”
“Ah, carogna” scattò il muratore che, nonostante la faccia insanguinata e le dimensioni dell’avversario, non sembrava averne timore. Gli altri due, all’apparenza neppure ventenni, lo tennero fermo.
“Calma” impose il cantore “Voi che dite? Vi spettano questi soldi?”
“Certo che ci spettano. Donna Giovanna ci ha mandato a chiamare per fare dei lavori in questa chiesa”
“Ma questa chiesa non è di donna Giovanna D’Acugna” interruppe don Celestino
“Io non ne so nulla. Così ci ha detto. Dovevamo imbiancarla a calce, sistemare l’altare e farci sopra una cornice in leccese. Guardate là” disse indicando il pavimento “Abbiamo portato da Cursi tutti i blocchi per intagliarli e sistemarli”
“Siete di Cursi?” chiese desideroso di conoscere i minimi dettagli della vicenda
“Si. E ora questo” e indicò a mano aperta il colosso “dice che non se ne fa più niente e non ci paga”
“Ma se voi non avete lavorato” intervenne il servo della nobildonna
“E le giornate, il materiale, l’affitto del carro chi me li paga” riprese ad urlare il muratore
“Hanno ragione” sentenziò don Celestino
“Non vi intromettete papa” fece l’uomo dei D’Acugna con aria benevola, senza riuscire però a celare il tono minaccioso.
Don Celestino non si scompose. Conosceva chi gli stava d’avanti e, soprattutto, conosceva donna Giovanna, ricca e vanitosa: non avrebbe certo corso il rischio di vedersi rovinata la fama per quattro conci e un po’ di calce.
“Salgo a parlarne con la tua padrona” disse il prete con finta aria ingenua
“Non vi intromettete” ripeté il servo piazzandosi tra il cantore e l’ingresso della cappella dedicata alla vergine, la quale, silenziosa, osservava la scena da un tela oramai sbiadita posta sul vecchio altare “Donna Giovanna non vuole fare più i lavori”
“E vi ha detto di non risarcire i manovali? Voglio sentirmelo dire da lei”
“Ma a voi cosa interessa?”
Fece conto di non sentirlo. Continuò a fissarlo sul volto, senza aria di sfida però, ma con compassione, con una faccia, per l’appunto, da prete.
“Quanto avevate pattuito?” disse poi don Celestino rivolto al capomastro
“Trenta ducati per dieci giornate di lavoro, dieci per il materiale e due ducati per il noleggio del carro”
“Le pietre potete riportarvele?”
I tre si consultarono
“Si”
“Giornate ve ne bastano tre come risarcimento”
“Ma papa” intervenne uno dei giovani “noi abbiamo rinunciato ad altri lavori”
“Voi..” provò ad intervenire il servo dei D’Acugna
“Tacete” lo zittì il cantore e tornando a rivolgersi ai manovali “Tre giornate ve le paga donna Giovanna, le altre sette io e venite ad intonacare la mia casa di campagna e a fare piccoli aggiusti”
“Va bene” fece il capo dei tre che capì subito la vantaggiosità dell’offerta.
“Dategli undici ducati” ordinò allora il prelato rivolgendosi nuovamente al bestione che con la sua stazza continuava ad ingombrare l’ingresso del tempio “Dagli undici ducati e non dico niente alla tua padrona sul fatto che volevi intascarti la mercede di questi uomini”
Il servo trasse dalla tasca un sacchetto di velluto nero, slegò i lacci, ne cavò fuori undici grosse monete d’argento e le passò al manovale
“Sia lodato Gesù Cristo” si congedò il cantore
“Oggi e sempre sia lodato” risposero i tre e immediatamente dopo: “Papa, ma dove dobbiamo venire a fare i lavori?”
“Andate in chiesa e chiedete al sacrestano di accompagnarvi dal servitore di don Celestino Giuri. Lui vi saprà dire” ed uscì.
Per un paio di giorni non successe nulla di particolare. Furono riparati alla meglio i danni del maltempo e la vita tornò a scorrere regolare. Il caldo riprese a farsi sentire e quei pochi aradeini rimasti in paese si rintanarono nelle proprie case, grandi o piccole che fossero, venendone fuori solo alle prime ore del giorno e verso sera, quando strade e cortili si popolavano di piccoli capannelli. Per il resto della giornata i vicoli del paese restavano deserti, arroventati com’erano dalla fiamma agostana che si abbatteva senza requie sugli uomini, le bestie e tutto ciò che stava loro attorno.
Le stanze personali del cantore, poste nel piano alto della casa, erano diventate invivibili. Il sole batteva sul terrazzo e il calore già di notte poco sopportabile, durante le ore del giorno rendeva pericoloso soggiornare in quegli ambienti. Ritirarsi in campagna sarebbe servito a poco, né avrebbe potuto farlo finché l’arciprete non fosse tornato dalla villeggiatura, a meno di non volersi organizzare con un costante via vai dal paese in occasione delle messe principali e delle varie cerimonie religiose.
“Nonostante il caldo” spiegò una sera al servitore che, mosso quasi dalla disperazione per il caldo, aveva provato a riproporre l’idea di ritirarsi a Lo Rizzo “da qui all’Assunta in paese si continuerà a nascere, e quindi a battezzarsi, a sposarsi, ad ammalarsi e a morire. Dovremmo andare avanti e indietro ogni giorno. Non è cosa. Ci ho pensato e ripensato, ma non si può fare. Pensa a dover venire da Lo Rizzo al paese nelle ore più calde della giornata: non sai che è rischioso percorrere lunghi tratti sotto il sole in questa stagione?
Il servo non si era mostrato convinto ma non aveva più osato riproporre la questione. In campagna ci sarebbe andato, ma da solo, da qualche amico o parente nelle lunghe ore in cui il cantore se ne stava in chiesa.
Don Celestino, infatti, aveva preso a passare gran parte delle ore di luce nella parrocchiale, seduto in uno degli altari laterali dell’aula liturgica. Partiva da quello di San Nicola che la mattina, finita la funzione, era quello più in ombra e poi, seguendo il moto del sole, si spostava di cappella in cappella, in una mano il breviario, nell’altra una banderuola con sopra l’effige di san Giuseppe che usava per sventolarsi. Non di rado, vinto dal caldo e sopraffatto dalla lettura, si addormentava pesantemente, finché il servitore, di ritorno dalle sue gite nei campi, non lo svegliava per ricordargli che era il momento di desinare o di andare a sbrigare qualche incombenza.
In una di quelle mattine, nel silenzio assoluto in cui era immersa la chiesa, udì passi leggeri e veloci. Si affacciò dall’altare del Carmelo, dove si era da poco spostato, e vide una piccola donna procedere sicura verso di lui. Giunta che fu a pochi passi, riconobbe la vedova Maria Resta. Il marito, che si chiamava Pietro Chiariace, pur da bracciante, era riuscito a accumulare una decina di orte di terre di proprietà, in parte sue e in parte portate in dote dalla stessa Maria. Una discreta fortuna, insomma.
“Papa, qua siete?” chiese con voce stridula
“Sia lodato Gesù Cristo” la salutò il cantore
“Oggi e sempre” fece la donna e poi, senza alcuna pausa, “Mi voglio confessare” aggiunse
“Va bene. Facciamolo qui che nel confessionale c’è da morire per il caldo”
“Eh” obiettò la vedova “Ma così mi vedete in viso”
“Ma se so già chi siete” protestò il cantore
“O vi mettete nel confessionale o non se ne parla. Ma ricordatevi che se esco di qui e muoio la colpa della dannazione dell’anima mia ricadrà su voi e voi solo”
Non c’era da discutere. Appoggiandosi al bastone, che finalmente aveva preso a portare abitudinariamente, don Celestino trascinò i propri passi fino al confessionale e vi entrò. La vecchia, impaziente, gli andò dietro ed entrato che fu il prete si inginocchiò
“In nomine patri et fili et spiritui sancti” esordì
“Amme”
“Avanti, confessate i vostri peccati”
“Non ne tengo peccati” esordì Maria Resta
“Questa è superbia ed è un peccato”
“E va bene, mettetelo nel conto” rispose poco preoccupata “Oltre a questo, però, peccati miei non ne ho. È l’anima di mia figlia che non riposa in pace”
“Non vi capisco Maria, parlate chiaro”
“La mia Giuseppa è morta il venticinque del mese scorso. Aveva trentacinque anni. Che fiore che era. Che fiore”
La donna si mise a singhiozzare. Don Celestino aspettò che si calmasse
“Papa Rocca le diede i conforti religiosi e tutto il resto. Dopo pochi giorni però dalla morte iniziai a sentire durante la notte voci, colpi secchi, rumori di mobili trascinati, di catene”
“Maria” provò ad intervenire il cantore “Magari il dolore…”
“Non sono pazza papa e il dolore non c’entra. All’inizio ho pensato che fosse qualcuno nelle case vicine a muovere mobili a fare rumore, ma le case vicino alla mia sono disabitate, non c’è anima viva. E poi le cose sono peggiorate dopo la tempesta”
“In che senso”
“Nel senso che rumori si sentono di meno. Niente mobili, colpi, catene ma solo lamenti. A volte si sente piangere”
La vecchia smise di parlare.
“Maria” chiamò don Celestino “Maria, proseguite”
La donna non parlava.
Il cantore uscì dal confessionale e la vide ferma, immobile, una statua di cera a fissare il vuoto.
“Maria” le urlò scuotendola con entrambe le mani.
La donna esplose in un pianto disperato, gli occhi si arrossarono e una voce lacerante, catarrosa e inquietante venne fuori dalla sua bocca.
“L’altra notte, papa, non ce l’ho fatta più. La voce piangeva, piangeva, si lamentava. Allora mi sono affacciata alla finestra. Luna non ce n’era quasi e fuori era tutto buio. Allora ho gridato “Giuseppa, Giuseppa che tieni? Perché piangi”
“Bhè” chiese il vecchio prete impressionato
“Niente. La voce è sparita e non l’ho sentita più fino a stanotte. Era l’ora sesta quando il lamento ha ripreso”
La vecchia sembrava ora essersi calmata. Lo sfogo le aveva disteso i nervi. Don Celestino allentò le mani che aveva stretto sulle scapole della donna.
“Tornate nel confessionale” disse lei cogliendo di sorpresa il sacerdote “Tornate che così non vi posso parlare” insistette.
Rassegnato, don Celestino rientrò nel suo forno di legno
“Maria” esordì “Tu dici che tu non sei sconvolta per la morta di Giuseppa, ma non ci credo”
“Papa” interruppe
“No aspetta, fammi finire. Giuseppa è morta in grazia di Dio, peccati sono sicuro non ne avesse, perché era una brava donna e anche se li avesse avuti in punto di morte ha ricevuto tutti i sacramenti”
“E allora quale anima piange e si lamenta? Mio marito? Buonanima”
“Chi ti dice che sia un’anima. Tu hai la testa e il cuore scossi. I rumori che senti possono venire da altre case, possono essere gatti in amore come ce ne sono tanti in questa stagione, può essere il vento che si infiltra dalle finestre, qualche civetta o barbagianni che ha fatto il nido dalle parti di casa tua”
La vecchia taceva
“Maria, parlate” ordinò il cantore “Non mi fate inquietare”
“Non mi convincete, papa. I rumori che sento, le voci e tutto il resto sono di un’anima”
“Facciamo così” mediò il vecchio prete “Se le prossime notti senti ancora delle voci o qualcos’altro che ti impressiona, vieni di nuovo da me, ti benedico la casa e diciamo una messa per Giuseppa e per tuo marito”
“La messa me la dice lo stesso”
“Va bene, va bene. Ora andate e cercate di riposare”
“E l’assoluzione”
“Peccati non ne avete” rise don Celestino “Lo avete detto voi stessa”
“E la superbia? Se non mi assolvete non me ne vado”
“E va bene. Ego te absolvo….” snocciolò accondiscendente
La vedova fece il segno della croce, si sollevò dall’inginocchiato e, atteso il confessore per baciargli la mano, si congedò.
“Arrivederci papa”
“Arrivederci”.
(continua)
Qui i primi due capitoli:
Racconti| La macchia blu. Una falsa storia vera (cap. I)
Racconti| La macchia blu. Una falsa storia vera (cap. II)
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lasventuratarispose · 7 years
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cara me 16enne, leggerai questa lettera tra un paio d'anni; la metterai in un cassetto e la perderai tra i fogli, per poi ritrovarla in un giorno di primavera, quando sarai in preda alla nostalgia del periodo in cui eri troppo distratta per leggerla. ho quasi 22 anni ora, e credimi, darei tutta la vita per rivivere un solo giorno della tua. sei troppo innamorata, perché sei troppo bella! porti lunghi capelli biondi, una frangetta e camicette anni '70, scollate, a fiorellini, i jeans di due taglie in meno e -talvolta- le trecce. ti trucchi gli occhi come cleopatra e le labbra con il labello alla ciliegia, che continuerai a comprare per molti molti anni, perché ti ricorderà sempre il gusto di metterselo nel bagno di casa sua. la scuola è quasi un gioco, vero? da quando hai visto il suo viso riflesso sul vetro della finestra e ti sei voltata per sorridergli, niente è stato più lo stesso. da quando durante l'ora di ginnastica lui ti corre accanto e ti prende in giro per il rossore delle tue guance. vorrei regalarti l'immagine del suo sorriso per sempre! avete tutto il tempo del mondo, è settembre, non c'è niente che vi possa scalfire, niente che vi possa fermare, così non correte, ve la prendete un po' comoda, ma va bene lo stesso. non ci sai per niente fare, non hai neanche capito che voleva uscire con te, hai fatto un po' di casino, ma nonostante tutto vi trovate a parlare per ore ed ore, a condividere i momenti dei giorni, tutti sulla pelle. lui ti vuole vicino durante le ore di supplenza e le assemblee, poi gli piace dirti che sta benissimo con te e toccarti la pancia e le gambe. hai troppa paura di essere fuori forma, vero? da quando lui ti ha detto che hai belle gambe, però, ti senti più sicura e carina, e ti sei rifatta il guardaroba. magari dovresti studiare meglio filosofia: platone non fa schifo come pensi! e non passare il pomeriggio a messaggiare troppo con lui, impara a farlo aspettare... so che non lo farai. non lo farai perché non pensi ad altro: il suo viso è scolpito nel tuo cuore di 16enne, ma non preoccuparti, è scolpito ancora anche nel mio. da quando avete iniziato a uscire insieme, parlare per ore e prendervi in giro, non sei più sola, non sei più persa: senti la tua parte di mondo. so che ad un certo punto ti ha cominciato a prestare la giacca, so che tu adori seppellirti nel suo odore, e mi raccomando fallo sempre finché puoi, imprimitelo nell'anima. un giorno, quando le cose saranno diverse, lo sentirai durante il mercatino di natale in città, un altro giorno studiando, in biblioteca, poi in momenti random, un po' sporadici. continua ad inalarlo per ora, e adoralo: anch'io lo adorerei. vorrei dirti di lasciargli dello spazio, di non dargli tutta te stessa e di non amarlo troppo, per assurdo, ma tu non mi ascolterai, e ti butterai a capofitto su un amore che non sai descrivere.. notizia: non saprai descriverlo neanche a 22 anni. passiamo alle cose bellissime: ci sarà una primavera meravigliosa, ricordati che una primavera è breve e che non devi correrci dentro, ma camminarci. non è colpa tua se il tempo vola, tu cerca di trattenerlo come velo tra le dita: insomma, fa' del tuo meglio. in marzo lo vedrai così tante volte che non penserai possibile che quella sia davvero la tua vita, invece lo è. quel sabato al cinema e poi a passeggio, con il gelato alla fragola, cerca di riconoscerlo, cerca di viverlo fino in fondo: sarà la serata più bella della tua vita e per questo non si ripeterà. hai 16 anni e hai tutto, cerca di rendertene conto: anche se questo rapporto è pazzo e vago, esiste! non te lo stai immaginando, e anche la tua vita di studentessa e il rapporto con i tuoi amici stanno andando a gonfie vele. in questo momento stai vivendo quello di cui tutti parlano e che tutti pensiamo non esista mai, invece esiste: non sei mai stata così viva, non lo sarai forse più, quindi cerca di accendere le luci e di vedere tutto ciò che c'è di illuminato, per il buio ci sarà sempre tempo. l'amore è eterno, ma l'innamoramento no; i bei momenti si ricordano come tali solo perché sono brevi, altrimenti sarebbero banali routine. quei tre giorni a parigi ti trafiggeranno il cuore e si sedimenteranno alla sua base come la vacanza più bella della tua vita. ci saranno gite in bicicletta, balli un po' strani e qualche una notte all'aperto. penserai di non essere abbastanza ma non è vero: casomai sei troppo. e non te lo dico per dire, come dicono tutti, ma perché lo sono ancora. e io so come sei. non posso risponderti alla domanda che ti stai facendo: ti stai chiedendo se durerà per sempre o se guarderai mai qualcuno allo stesso modo.. e se qualcuno guarderà così te: non lo so, non posso risponderti per adesso. nessuno può. ti stai chiedendo come finirà, e non voglio dirtelo, perché non è mai arrivata la fine, perché, come direbbe L., alla fine tutto andrà bene, sennò vorrà dire che non è ancora la fine. ti stai chiedendo troppe cose perché io possa risponderti, me le sto chiedendo ancora. qualcosa però te lo posso dire: innamorarsi è sentirsi piccoli e grandi, è commettere gli errori che stai commettendo e i grandi passi che stai facendo. non pensare di sbagliare sempre: non stai sbagliando troppo, chi ama non sbaglia mai. e non pensare troppo alle domande che vuoi farmi: so cosa pensi, so cosa sogni, sei me. so che sogni tutto ciò che non osi chiedere e che vuoi essere in una storia come le altre, una ragazza come le altre. ma non lo sei e non devi frustrartene. sei molto più amata di quanto non pensi, probabilmente anche da lui: dimostrare l'affetto non è per tutti la stessa cosa, ciascuno ha i suoi tempi. non preoccuparti di essere sbagliata, perché non lo sei: non-lo-sei. ti stai divertendo così tanto e ti senti così viva che questa lettera sono felice tu la legga tra un paio d'anni: come diceva il buon Luciano Ferrucci, c'è sempre tempo per le amarezze. non leggere questa lettera, quindi, ma continua ad essere distratta, continua a farti un baffo di me e di come sarai, ci arriverai con il tempo. non perdere un solo secondo di questi sedici anni, perché guarda che sono unici. che il tempo vola. che ogni giorno sarà un giorno di sole. ragazza, stavolta tocca a te: questo è il tuo anno, conceditelo: c'è sempre tempo per le amarezze! ci sono queste belle poesie di dante, petrarca e gli stilnovisti, e mentre le studiate, leggete insieme e tu ti senti viva, con lui che ti chiama madonna angelicata e gli angeli cantano davvero. presta attenzione a quel verso di De Medici: tant'è bella giovinezza, che si fugge tuttavia.. chi vuol esser, lieto sia: del doman non c'è certezza. vivi così, come arianna. non guardarti indietro, non guardarti attorno, imprimi ogni secondo nel cuore e nella mente, presto ti serviranno tutti questi secondi per sopravvivere a un po' di dolore. non aver paura, si vive una volta sola, e non si ama tante volte di più. sei bella e felice, sei con la tua persona preferita al mondo, nel tuo posto preferito al mondo, le tue poesie preferite al mondo, e l'età più bella del mondo: ti amo e ti invidio, voglio tutto di te, dai tuoi capelli biondi al tuo diastema tra i denti. voglio tutte le foglie che raccogli, tutti i sogni che fai e i pomeriggi che passi, e le notti al telefono fino a mattino. voglio essere te finché non mi accorgo che sono stata te, e allora mi sento fortunata. incredibile, quella principessa ero io, allora sì che sono una donna ricca e fortunata. ti adoro, me 21enne.
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#COMPLOTTO
Ciao a tutti non utenti e non lettori di questa pagina. :) Oggi volevo iniziare la giornata nella maniera migliore; eliminando ogni pensiero diverso da quello relativo allo studio matto e disperato per la preparazione di un esame.
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Prima di immergermi nei libri, volevo parlare al volo di Supernatural!
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Ve lo dico subito, non si parlerà della Destiel in alcun modo (perchè io sono vecchietta e al massimo i personaggi li shippo con me stessa eheheheh XD)
No, volevo parlare del finale di stagione. Un finale sicuramente che nessuno si aspettava! Per quanto mi riguarda è stata una valle di lacrime.. io purtroppo mi attacco facilmente ai personaggi secondari, in quanto sono convinta che diano sempre quel qualcosa in più alla storia. Quando poi inizi ad amare o ad odiare un determinato personaggio, vuol dire che hanno fatto centro.
Iniziamo dai “Brits”, Mr Ketch e Mick Davies.
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La fine del povero Mick l’abbiamo già affrontata qualche episodio fa e devo dire la verità, non sono rimasta troppo male. Soprattutto quando ha iniziato la sua transazione da rompiballe a pentito, per arrivare ad essere uno dei buoni, avevo già capito che il povero Mick ci avrebbe lasciato a breve.
Cosa che invece non mi aspettavo, almeno non così presto, è stata la morte di quello psicopatico bello come il sole di Mr Ketch. Che io mi prenda delle cotte assurde per i personaggi più psicopatici e dannati delle serie tv è un’altra storia, che un giorno affronterò per il mio solo diletto di spiattellare un elenco dei “sexyspyco” del mio cuore <3
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(uhuhuhuh cercherò di non mettere una gif di ketch ogni 4 righe giuro).
Tornando a noi, la morte di Ketch mi è sembrata prematura per un semplice motivo: aveva del potenziale per essere un Cattivo con la C maiuscola! In qualche modo rappresentava la figura del cacciatore, senza sentimenti e senza una coscienza, che eseguiva gli ordini in maniera efficacie. Inoltre rappresentava una vera minaccia per la famiglia, da poco riunita, dei Winchester. Il suo flirt con Mary era una mossa bastarda che poteva rilevarsi un’arma contro i nostri amati Sam e Dean (o almeno gli faceva rodere un bel po il culo che non è poco ahahah).
Quindi pensavo che il suo personaggio per almeno un’altra mezza stagione poteva reggere, anche perchè a parte il ritorno di Mark Pellegrino con il suo Lucifer, era da un bel po che non ci stava qualcuno che dava del filo da torcere ai Winchester e che, allo stesso tempo, fosse un personaggio ben costruito.
Quando poi vidi la fine del povero Ketch non rimasi sorpresa, ma dispiaciuta. Mi ero affezionata a quello psicopatico dall’accento sexy! <3
Ma parlando di accento SEXY... 
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Allora, cerco di dilungarmi il meno possibile, perchè per me Mark Sheppard è un nervo scoperto. Lo amo alla follia, lo trovo sexy da morire e, da quanto ho potuto constatare a 2 convention, una persona dolcissima (almeno con me lo è stato) e divertente. 
Crowley... Crowley è.... Crowley è il CATTIVO CHE TI PIACE AMARE/ODIARE.
Ancora mi ricordo la sua epica entrata nel mondo di Supernatural; un personaggio fantastico, pieno di sfumature e carattere. Crowley per molto tempo è stato il mio personaggio preferito! E’ grazie a lui che sono tornata a guardare Supernatural dopo un periodo di stanca (verso la settima stagione; anche se pure lì il personaggio è sempre stato al top).
Immaginate quindi come ci sono rimasta di merda quando ho visto il finale!
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Non potevo crederci! Alla fine in quella stramaledetta serie nessuno muore definitivamente no? E invece in questo caso hanno voluto proprio farci capire che fosse finita per lui, con la scena di qualche episodio fa (quando lucifero lo pugnala e lui scappa dal topo).
Era un po come “guardate che questa volta è diverso”!
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S E N Z A - S E N S O Il mio primo pensiero è stato questo.
E poi ho capito... o almeno ho cercato di dare un senso alla faccenda; ed è qui che entrano in gioco i tweet di Mark Sheppard. Per comodità non metto screenshots, anche perchè sono sicura che voi siete tecnologici e riuscite sicuramente a recuperarli (se non li avete già visti..cosa molto probabile).
Mark non ha subito commentato il finale; ha aspettato qualche giorno e poi è uscito un suo tweet dove ringraziava tutti e dicendo che voleva fare qualcosa di nuovo.
Successivamente pubblica la campagna represent.com con la maglietta “even when I lose I win”, e nel post scrive che questa frase, pensata da lui, era stata tagliata dal montaggio finale della sua scena (aggiungendo un “sorpresa sopresa”). Ha palesemente rosicato! 
Dopo un paio di giorni, il produttore Jim Michaels risponde ad suo tweet ringraziandolo, scrivendo in maniera velata che non si poteva sapere se un giorno crowley sarebbe tornato. E qui arriva Mark, che con la sua acidità che lo contraddistingue (lo amo anche per questo) risponde subito dicendo di non far sperare o credere ai fan in un ritorno di crowley, in quanto non era previsto da nessuna parte.
Su twitter la reazione a questo scambio di tweets è stata più o meno la stessa per tutti..
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Tralasciando questo, ho una teoria sulla morte del personaggio. E’ innegabile che ultimamente Crowley avesse perso un po della sua stronzaggine.
Mi spiego: Crowley nasce come cattivo; che poi lui facesse accordi e alleanze anche con i buoni è irrilevante, in quanto ogni sua mossa era finalizzata al raggiungimento dei suoi interessi. E questo per un “diversamente cattivo” va bene, Non può essere quindi considerato dalla parte dei giusti. 
Dopo la stagione in cui cercano di umanizzarlo per chiudere i cancelli dell’inferno, gli sceneggiatori hanno iniziato secondo me a occuparsi sempre meno della bastardaggine che caratterizzava crowley, facendolo trasformare sempre più in un servetto dei cacciatori. Quest’ultima stagione poi è stata imbarazzante da questo punto di vista!
Ripeteva 4 battute in croce, quasi sempre uguali, e inoltre lo facevano apparire un rammollito! Speravo in una sua vera rivincita con tutta la storia di lucifero e invece è andata a finire diversamente. 
Quindi penso che Mark proprio per questa mancanza di attenzione verso il suo personaggio abbia deciso di andarsene, perchè forse aveva già capito che di lì a poco il povero crowley era destinato a fare comunque quella fine. (Inoltre girano voci sul fatto che mark non vada molto a genio a nessuno del cast.. boh sarà vero?)
In ultimo Mark per dare una morte decente al suo personaggio scrisse quella frase “Even when I lose I win”, che secondo me ci stava! Crowley non l’avrebbe mai fatto per salvare la terra, ma anzi lo avrebbe fatto proprio per fregare lucifero! Della serie “alla fine ti ho battuto e sono meglio io” XD
La produzione per non so quali motivi ha deciso di tagliare la scena e ciao ciao.
Sinceramente potevano fare di meglio; potevano dargli una morte molto più gloriosa! Un’uscita di scena col botto!!! Cosa che non è avvenuta anche per colpa della finta morte di Castiel (non ci crede nessuno che anche Misha abbandona la serie!!!).
Non so se a questo punto la morte di Crowley era evitabile, però quello di cui sono sicura è che un personaggio simile negli ultimi tempi è stato sprecato e la sua morte è stata inverosimile.
Basta potrei parlare in maniera così sconnessa per ore. Vi lascio liberi di leggere cose più interessanti. ;)
Ciao.
RIP CROWLEY
Hail to the KING
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evilvenator · 5 years
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Capitolo 18
«Come state?» Il ragazzo, Julian, la guardava con aria preoccupata.
Ellena non sapeva cosa rispondere.
Erano seduti sotto il portico della Chiesa. Riful aveva detto che l'aria fresca poteva portarle giovamento, quindi tutti i giorni, da quando si era potuta alzare dal suo giaciglio di fortuna, aveva fatto un giro per il villaggio. La visuale limitata era un continuo impedimento, e per i primi giorni si era affidata a Tundra per non sbattere contro oggetti o persone fuori dal suo campo visivo. Sperava che col tempo sarebbe stato più semplice. Almeno, era viva.
Si sistemò la benda di pelle che portava per coprire l'orbita vuota. Aveva sistemato i capelli in modo che cadessero sulla parte ustionata del volto, ma si rendeva conto che era impossibile nasconderlo.
«Vi devo ringraziare. Mi avete salvato la vita.»
Il ragazzo si grattò la nuca, abbassando lo sguardo. «Non è niente... e vi prego, datemi del tu. Vorrei solo essere arrivato prima. Mi dispiace.»
«Non dite…» Ellena si interruppe, mordendosi un poco il labbro inferiore. «Non dire così. Non fossi arrivato tu, quelle creature mi avrebbero sicuramente uccisa. Ti sono debitrice.»
L'altro rimase in silenzio.
Lei non sapeva cosa dire. Si sentiva in imbarazzo a parlare con un perfetto sconosciuto a cui doveva la vita, e che per di più era ricercato da Re Ulfric in quanto traditore del regno.
Come poteva una persona così gentile, coraggiosa e di buon cuore, essere un assassino voltagabbana? Se era davvero un Venator, aveva abbandonato la Divina nel momento del bisogno, lasciandola in pasto all’Orda.
E allora, cosa ci faceva a Bowerstone?
«Ho sentito che avete salvato il villaggio.» Disse. Era curiosa sulle vere intenzioni dei due Venator. La Druida, una ragazzina scontrosa con i capelli color cenere che non l'aveva degnata di un secondo sguardo, le era sembrata molto lontana dalla figura di un eroe leggendario, come dovevano essere i Venator. Erano passati due giorni da quando avevano liberato Bowerstone dalla maledizione che gravava sul castello. A quanto pare, un Demone Risvegliato aveva posseduto l'unico figlio ed erede del Conte, e Julian e l'altra Venator erano andati a chiedere aiuto all’Accademia dei maghi per salvarlo. E ci erano riusciti.
Occorreva una grande dose di coraggio e nobiltà d'animo per rischiare la vita entrando in una torre di maghi sfuggiti al controllo della Fratellanza. Affrontare maghi del sangue, Abomini e chissà che altro... Solo un eroe avrebbe affrontato un’impresa del genere.
«Sì, non è stato facile. Purtroppo, per guarire il Conte servirà ben altro.» Rispose Julian, pensoso. «Partiremo domani mattina per Tristram. Si dice che una goccia di Sangue dell’Ultimo possa guarire qualsiasi malattia o ferita...»
Ellena sospirò. Quella sì che sembrava un'impresa epica. Una di quelle su cui qualcuno, un giorno, avrebbe scritto libri e ballate. «Perché proprio Tristram?»
«Johann Volkhardt ha sentito dai suoi cavalieri che un certo Genitivi, uno studioso di storia e manufatti antichi, stava indagando Su dove si trova il Sangue dell’Ultimo. Potrebbe aver scoperto qualcosa di utile.»
La ragazza si morse il labbro inferiore, incerta su cosa dire. «Non sarà poco sicuro per voi recarvi in città?» Dopotutto, erano ricercati dal reggente in persona, andare nella capitale del regno non poteva essere una buona idea.
Lo vide stringere i pugni, fino a farsi sbiancare le nocche. «Ulfric... dovrà pagare per quello che ha fatto. Ma per il momento non possiamo affrontarlo, quindi entreremo in città di nascosto.»
Ellena scosse la testa. «Credi davvero che abbia tradito la Divina e la Fratellanza?» Provò a ribattere. «Insomma, era, ed è un eroe di guerra...»
«È un traditore, ecco cos'è!» Sbottò Julian.
Lei sobbalzò, allontanandosi istintivamente da lui. Tundra, ai suoi piedi, percepì la paura della padrona, perché alzò le orecchie, puntando il muso verso il ragazzo, scoprendo i denti.
Il Venator si fece indietro a sua volta, alzando le mani. «Scusatemi!» Esclamò. «Non volevo spaventarvi. È che... ha raccontato a tutti che siamo dei traditori, quando è stato lui ad ignorare il segnale di scendere in battaglia. Ha portato via i suoi uomini, lasciando che la l’esercito della Fratellanza e la Divina venissero massacrati.»
Ellena non voleva crederci. «Sei sicuro sia andata così?»
L'altro abbassò lo sguardo. «Ero lì. Alla Torre di Ishal. Abbiamo acceso il segnale, io e Castalia. Lui non è mai sceso nella vallata.»
«Eri ad Ostagar?» Gli chiese, sorpresa. Aveva pensato che i due si fossero salvati perché lontani dalla battaglia. Come avevano fatto a sopravvivere, quando di coloro che erano stati alla fortezza, così pochi avevano fatto ritorno?
Il viso del fratello le balenò in mente, alimentato da una flebile speranza.
«Se vi dicessi che siamo stati salvati da un drago, che in realtà era una Strega delle Paludi, mi dareste del pazzo?»
Lei sgranò gli occhi. «Riful?»
«Sua madre, per l'esattezza.» Julian si incupì. Era chiaro che tra lui e la donna non corresse buon sangue. «Ma sì, è stata lei a tirarci fuori da lì. L’Orda ci stava facendo a pezzi.»
Ellena scosse la testa. «Non ha senso. Perché il Re avrebbe voluto uccidere la Divina?»
«Non ne ho idea. So solo che glielo chiederò, prima di mozzargli la testa.» Rispose lui, la rabbia che sgorgava dalle sue parole.
Ulfric. L'eroe che aveva sconfitto l’Impero Samuren, brillante stratega e grande guerriero. “Deve esserci un errore. Non può essere andata così.”
Nella piazza, intanto, un gruppetto di spettatori si era radunato in una piccola folla.
«Ti dico che non ne so niente!» Urlava un uomo, agitando la propria ascia con fare minaccioso.
La Druida dai capelli color cenere lo affrontò spavalda, anche lei aveva sguainato la sua spada. «E allora facci dare un'occhiata a quel baule!»
«Come diavolo sai del baule, maledetta selvaggia!?»
Un'altra ragazza dai capelli rossi, si avvicinò a loro. Era una barbara delle montagne almeno i suoi abiti di stracci e il poco pudore lo ricordavano. «Colpa mia.»
«Tu!» La apostrofò lui, rosso di rabbia. «Lo sapevo che non mi sarei dovuto portare a letto una dannata selvaggia!»
Ellena si mosse, a disagio. «Dovremmo intervenire?» Chiese a Julian, che stava osservando la scena. Notò che il ragazzo aveva un'espressione divertita.
«No, se la cavano benissimo da sole. Stiamo a goderci lo spettacolo.»
«Dacci la spada, Dwyn.» Minacciò la Druida, mentre la barbara faceva roteare in aria un coltello, che nella sua parabola rifletté la luce del sole sul metallo della lama.
«Scordatelo. Venite a prendervela.» L’uomo, fece un cenno a due uomini dietro di lui, si scagliò con violenza contro di loro. Le due erano pronte a difendersi. Nessuna delle parti mirava ad uccidere, ma fu il combattimento più sgraziato che Ellena avesse mai visto. La barbara usava trucchetti di ogni genere per accecare e aggirare gli avversari, colpendoli alle spalle o raggiungendo i punti deboli scoperti dall'armatura, mentre la Druida, seppur di costituzione minuta, usava una forza bruta sorprendente.
In breve tempo, l'esito dello scontro fu ovvio. Dwyn era a terra, ammaccato e ansimante, la barbara sopra di lui, uno dei coltelli premuto sulla sua gola. La Druida nel frattempo teneva un piede saldamente premuto contro la gola di uno dei due uomini, la spada puntata contro il suo stomaco. Il secondo giaceva privo di sensi nella polvere.
«Vedo che ti piace proprio stare sotto.» Sentì dire alla guerriera.
L'altro si lasciò andare in una serie di ingiurie irripetibili. «Stramaledetta puttana senzacasta! E va bene, prendetevela, quella fottuta spada! Tanto non me ne faccio niente, grande com'è!»
Le due, soddisfatte, si fecero indietro, permettendo all'uomo di alzarsi da terra. Il secondo fece un cenno del capo al primo, che corse in direzione delle case sulla riva del lago.
«Ve l'avevo detto che se la sarebbero cavata...» Julian si girò a guardarla, scoppiando poi a ridere.
Ellena si girò a guardarlo, rendendosi conto solo dopo di avere probabilmente in volto un'espressione sconvolta. “Come fa a viaggiare con gente del genere?!” «Scusatemi, io...»
Il ragazzo alzò una mano. «Vi prego, datemi del tu, Lady Von Meyer.»
Lei si interruppe di nuovo, imbarazzata. «Scusami. Dicevo, non mi aspettavo che viaggiassi con una compagnia così... colorita?» Sperò di non averlo offeso.
L'altro ridacchiò di nuovo. «Sono assolutamente tremende, vero? E non avete visto niente. Ma ci si fa l'abitudine, credo. Spero, prima o poi. Perché ne ho di strada da fare con quelle, e non solo loro.» Scosse la testa, alzandosi in piedi e allungandole una mano per aiutarla.
Lei accettò di buon grado, anche se non era necessario.
Aveva le mani callose, forti e grandi. Mani di chi si allenava da una vita. Con una fitta al cuore, ricordò di come sua madre si disperava, pensando che le ore di combattimento con la spada e lo scudo avrebbero reso le mani della figlia come quelle di “un vecchio mercenario”. La costringeva sempre a metterle a bagno in oli profumati, per mantenerle morbide, massaggiandole dolcemente. Ellena lo aveva sempre trovato un po' una scocciatura, ma ora rimpiangeva quei momenti di affetto.
Intanto, la barbara mezza nuda e l'altra Venator si erano accorti di loro e si stavano avvicinando.
«Piaciuto lo spettacolo?» Chiese la barbara, rimettendo a posto i coltelli nella fodera appesa alla cintura. «Quello scemo di Dwyn è piuttosto bravo con un'arma, ma lo è ancora di più con l'altra spada, non so se capite co…»
«Senua!» La fermò la Druida.
«Ah!» La barbara si inchinò profondamente, un ghigno divertito stampato in faccia. «Scusatemi, vostra altitudine, ho la delicatezza di un marinaio ubriaco.»
«Non fa niente.» Rispose a denti stretti Ellena, cercando di nascondere l'irritazione. Quelle due la stavano trattando come una principessina incapace. «Piuttosto, non credo di essermi presentata. Sono Ellena Von Meyer.» Tese loro la mano.
La giovane Druida la scrutò per un attimo, afferrandola poi con vigore. «Castalia.». Aveva brillanti occhi chiari, quasi innaturali, era bella e al tempo stesso misteriosa.
«Io sono Senua.» Si presentò la barbara, buttandosi indietro una ciocca di capelli rossi ribelli. Li portava sciolti, pieni di nodi e arruffati. Sarebbero stati l'incubo peggiore di sua madre, pensò Ellena. Sulla guancia destra la guerriera aveva anche un tatuaggio tribale, spesso e nero. Il naso era storto e incassato, come se fosse stato preso a pugni molte volte. Aveva piccole cicatrici sulla fronte, una sulla guancia destra che si estendeva quasi dall'orecchio al labbro, una sull'occhio e svariate più piccole sul naso e sul mento. I denti erano leggermente storti. La mano che le offriva era sporca di terra e chissà cos'altro, le unghie poco curate, come il resto del suo equipaggiamento. L'unica cosa che brillava erano i coltelli che portava nei foderi legati alla cintura, che chiaramente venivano puliti e affilati più volte al giorno.
Ellena strinse cortesemente la mano di Senua, sorprendendosi di quanto fosse forte.
L’uomo che era stato sconfitto, Dwyn, le chiamò con un grugnito, una spada più grande di lui tra le mani. «Allora, la volete o no questa roba?!» Urlò loro.
«Ah, eccola finalmente!» Esclamò Castalia, prendendogliela di mano e roteandola faticosamente in aria. «Certo che pesa parecchio.»
«Quel bel pezzo d’uomo di Kamal sarà entusiasta.» Commentò Senua.
«Sicuro, salterà di gioia.»
I due Venator e la barbara ridacchiarono. Ellena si sforzò di sorridere, senza capire il motivo di tanta ilarità.
«Come avete fatto a sapere che era lì?» Chiese il ragazzo.
Senua scoppiò a ridere fragorosamente. «Vuoi la versione dettagliata? Allora, avevo un certo prurito là sotto, quindi…»
«No, ho cambiato idea! Non è necessario saperlo!» Urlò Julian, guardando allarmato in direzione di Ellena, paonazzo in volto.
Lei gonfiò il petto, indispettita. “Credono che mi sconvolga per qualche volgarità?”
La donna prese un respiro profondo. «Beh, in breve, sono finita a casa sua e mi ha fatto vedere tutta la sua collezione di spade. Di ogni forma e dimensione.» Ridacchiò di nuovo.
“Cosa ci sarà di così divertente...” Pensò Ellena, ma lasciò perdere. Forse non capiva il fascino delle battute volgari.
«Sarà meglio che andiate da Kamal a dargli la spada, allora.» Le spronò Julian, in un chiaro tentativo di levarsele di torno.
«Oh, certo, vi lasciamo da soli.» Rispose la barbara, sogghignando. «Vedi di darti una mossa qui, che domani si parte. Ultima notte!»
Senza smettere di ridacchiare, se ne andarono.
«Mi scuso per loro... Non so cosa dire.» Balbettò lui, scuotendo la testa.
“Come fa a sopportarle?!” Si chiese lei, incredula. «Sono sicuramente... bizzarre.»
«Se vogliamo chiamarle così.» Il ragazzo si grattò nuovamente la nuca, guardandosi attorno. «Credo sia più o meno ora di cena, dovrei tornare al castello e vedere se è tutto pronto...»
«Lasciatemi venire con voi.» Esclamò Ellena improvvisamente.
L'altro la guardò sorpreso, gli occhi sgranati. «Che?»
«Non vi sarò di intralcio, lo giuro.» Lo pregò lei.
«Ma sarà pericoloso. E siamo ricercati in tutto il regno!» Ribatté Julian. «Non capisco, perché mai vorreste viaggiare con noi?»
La ragazza si morse il labbro. «L'ultima volta che mi si è presentata un'occasione del genere, sono rimasta a casa. E tutto è andato nel peggiore dei modi.» Come spiegarle che voleva rendersi utile, aiutarli nella loro missione per salvare il regno intero? Se davvero i Venator erano gli unici a poter sconfiggere l’Orda, era suo dovere fare la propria parte. «Quello che fate, salverà il Khanduras. Voglio aiutarvi.»
Il ragazzo rimase a guardarla, come se stesse cercando le parole giuste per scaricarla. «Non... non prendetelo come un'offesa, vi prego, ma siete stata gravemente ferita. Sarà un viaggio pieno di pericoli, per arrivare anche solo a Tristram, e noi non siamo abbastanza per proteggervi.»
«Non voglio essere protetta!» Sbottò Ellena. «So che mi hai dovuto salvare, ma ti assicuro che sono in grado di usare una spada. E non me ne resterò qui ad aspettare con le mani in mano, devo fare qualcosa!» Lo guardò dritto negli occhi, cercando di fargli capire quanto fosse importante per lei. «Non dovrete trattarmi in modo diverso da chiunque altro, so cavarmela da sola.»
L'altro abbassò lo sguardo. «Non posso, mi dispiace. Siete l'ultima della linea dei Von Meyer, sarebbe troppo pericoloso portarvi con noi, non vi siete ancora ripresa.»
«Ma…»
«Vi prego di non insistere.» La interruppe lui senza guardarla, per poi voltarle le spalle. «Mi dispiace.»
Senza darle il tempo di replicare, si allontanò velocemente, lasciandola lì da sola, in mezzo alla piazza, a darsi della stupida.
Tundra uggiolò, strofinando la testa contro la sua gamba. La ragazza si chinò ad accarezzarlo, la pelliccia era morbida al tatto e profumata, dopo il bagno che gli aveva fatto quella mattina. Le veniva da piangere.
Le lacrime ovviamente scesero da un solo lato del volto, mentre il destro restava in gran parte insensibile. Ciò la fece irritare ancora di più.
«Non finisce qui.» Disse al lupo, che la guardò sollevando un orecchio, senza capire cosa avesse in mente. Ellena si alzò di scatto, dirigendosi a grandi falcate verso il castello che sormontava il villaggio. Tundra la seguiva trotterellando. Evitò di incontrare i Venator e i loro compagni, riuscendo a sgattaiolare nella piccola stanza che Johann Volkhardt le aveva assegnato, sfruttando il fatto che la maggior parte degli occupanti del palazzo erano riuniti nel salone per la cena.
Prese la spada e si sedette sul letto, estraendola dal fodero. La lama riluceva affilata.
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theshadownextyou · 7 years
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Sfogo.
Proprio un minuto fa mi è capitato di leggere su fb il post di un Dj abbastanza famoso nella nostra zona, molto simpatico, in cui raccontava che mentre girava per le bancarelle di natale ha sentito alle sue spalle una vecchietta che diceva che il periodo natalizio per le persone sole è veramente un brutto e duro periodo. Io non lo conosco molto bene, sono andata solo qualche volta a ballare nella discoteca in cui suona, ma lo seguo su fb ed è veramente una persona sensibile, simpatica e altruista, e non pensate che sia giovane, anzi non è per nulla giovane ed è quello che lo rende speciale. L'incontro con la vecchietta è finito bene, il nostro Dj non l'ha presa a male, e anzi ha rimediato anche un bacino dalla vecchietta. Ma ciò che mi ha fatto accendere sono stati i commenti di una ragazza sotto al post. Premetto che non conosco nemmeno la ragazza, e voi giustamente direte "minchia non conosci nessuno ma parli di loro e li giudichi", non è mia intenzione giudicare né lei né nessuno, capisco che lei tentava solo di rincuorare il nostro Dj , ma diciamo che non c'è riuscita per nulla a mio parere. La ragazza ha prima invitato il Dj da lei per Natale, ma il nostro amico ha rifiutato e ribadendo che sarebbe stato da solo, al che la ragazza ha detto "Che poi sta cosa che a Natale non si può stare soli non la capisco" e questo m'ha lasciato spiazzata. A mio parere per quanto una persona possa dire che voglia stare da solo in un giorno in cui sa, e ripeto sa, che tutti gli altri stanno insieme, festeggiano e sono felici, io credo che menta. E mente non perchè vuole fare il duro, ma perchè ammettere di essere soli in un giorno come il Natale è visto come una debolezza, come "poverino quello/a", "oddio che tristezza" e nessuno vuole la pietà di nessuno, perchè quando sei solo e non hai amici, l'ultima cosa che vuoi è ricevere finto buonismo da persone che da te non gliene frega un cazzo; quindi devi per forza addottare la maschera del "a me non frega niente di nessuno, sto bene anche da solo". Io non sto dicendo che il Dj non abbia amici, ribatto che non lo conosco, ma sono partita da lui, dal suo post, e da quel commento per liberarmi di una cosa che mi porto dentro tutti i giorni. Io non ho un giro di amici, ne ho solo qualcuno con cui esco saltuariamente, e nelle occasioni importanti si organizzano tra di loro e raramente pensano a me. Ora non voglio stare qui a discutere sul perchè 'sono sola', ormai tento di passarci sopra, farmi forza e andare avanti per la mia strada. Ma quando sento frasi come quelle mi sale l'incazzatura a duemila e ve lo dico subito perchè. Capodanno 2016 l'ho passato a casa da sola, completamente, i miei erano andati ad una cena, i miei amici non mi avevano detto nulla, neanche chiesto che facevo e io non sono il tipo che si autoinvita. Quindi mi sono detta 'fanculo a tutti', mi sono fatta bella e mi sono messa davanti alla tv con una bottiglia di vino. Allo scoccare della mezzanotte ho pensato "e con questa ho raggiunto il culmine della mia solitudine". Ma per solitudine non mi riferisco al numero di amici che hai o non hai intorno, mi riferisco a quel sentimento che ti arriva quando un amico ti fa sentire voluto bene, ti fa capire che c'è, che ti starà vicino. Intorno a casa mia esplodeva la felicità, tutti i vicini che gridavano, si urlavano auguri e io da sola. A me chi aveva pensato? In momenti come quelli non ti senti voluto, non ti senti giusto, ti senti sbagliato, rifiutato dal mondo, inadeguato. Quindi quando sento frasi come "chi l'ha detto che a natale non si può stare da soli" o "il sabato sera migliore è stare a casa al caldo a guardare un film". Beh stacci da sola, e vedi se ti piace, se ti piace sentire gli altri felici e renderti conto che tu non fai gli auguri a nessuno mentre gli altri se li scambiano da mezz'ora, se ti piace vedere le atmosfere calde, allegre e accoglienti degli altri, mentre a casa tua c'è il gelo, che mentre tutti sono a ballare e vivono la loro giovinezza tu sei a casa a fare le cose che non farebbe neanche una trentenne, fatelo e poi comunicatemi com'è, che io l'ho provato e ci si sente di orribilmente inadeguati e sbagliati, e non si capisce nemmeno il perchè. Non dico che si debba sempre uscire ma c'è differenza tra il rimanere ogni tanto a casa perchè magari abbiamo avuto una settimana stancante e lo starci quasi tutti i sabati sera. Quindi basta con la cazzata meglio soli che mal accompagnati, che magari in parte sarà anche vera ma è anche vero che l'essere umano è un essere sociale, e la solitudine ok ma fino a un certo punto.
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