Tumgik
#invettiva
gregor-samsung · 1 year
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“ D’inverno, quando i bacilli della polio sono ibernati e posso contare di sopravvivere fuori d’un polmone d’acciaio fino al termine dell’anno scolastico, vado a pattinare sul lago ghiacciato di Irvington Park. Alle ultime luci della sera durante la settimana, e per tutto il giorno durante i frizzanti fine settimana di sereno, continuo a pattinare in circolo appresso alle shikses* che vivono a Irvington, l’abitato al di là del confine cittadino rispetto al mio riparato e rassicurante quartiere ebraico. Riconosco dove abitano le shikses dal tipo di tende che le loro madri appendono alle finestre. Inoltre, i goyim** espongono sul vetro un fazzoletto bianco con una stella, in proprio onore e dei figli partiti per il servizio militare: una stella azzurra se il figlio è vivo, una stella d’oro se è morto. «Una Mamma della Stella d’Oro» dice Ralph Edwards, presentando pomposamente una concorrente allo show Truth or Consequences, alla quale in capo a due minuti schizzeranno una bottiglia di seltz sulla gnocca, seguita da un frigorifero nuovo per la sua cucina… Mamma della Stella d’Oro è anche mia zia Clara del piano di sopra, ma con una differenza: non espone alcuna stella d’oro alla finestra poiché un figlio morto non la rende orgogliosa o nobile, anzi non la rende un bel niente. Sembra invece averla trasformata, per dirla con mio padre, in una «malata di nervi» a vita. Da quando Heshie è stato ucciso durante lo sbarco in Normandia, non c’è stato giorno che zia Clara non abbia passato a letto, singhiozzando tanto violentemente da indurre il dottor Izzie a praticarle piú volte iniezioni per calmare gli attacchi isterici… Ma le tendine… le tendine sono ornate di pizzi, o «sgargianti» di qualche altra trovata che mia madre definisce sarcasticamente «gusto goyische». Sotto Natale, quando non ho scuola e posso andare a pattinare di sera sotto le luci, vedo gli alberelli accendersi e spegnersi dietro le tende dei gentili. Non nel nostro isolato – Dio non voglia! – o in Leslie Street, o in Schley Street, o in Fabian Place, ma come mi avvicino al confine di Irvington, ecco qui un goy, ed ecco là un goy, ed eccone un altro ancora; e poi sono a Irvington ed è semplicemente allucinante: non solo c’è un albero vistosamente illuminato in ogni salotto, ma le case stesse sono inghirlandate di lampadine colorate che reclamizzano la cristianità, mentre i grammofoni spandono Silent Night per le strade come se – come se! – fosse l’inno nazionale, e nei prati innevati spuntano piccoli presepi intagliati… sul serio, c’è di che star male. Come fanno a credere a queste stronzate? Non solo i bambini, anche gli adulti si piazzano in circolo nei giardini innevati, sorridendo a pezzi di legno alti quindici centimetri chiamati Maria, Giuseppe e Bambin Gesú… e sorridono persino le mucchette e i cavallini scolpiti! Dio! L’idiozia degli ebrei per tutto l’anno, e poi l’idiozia dei goyim durante queste feste! Che paese! C’è da stupirsi se siamo tutti mezzi tocchi? ” *Ragazze non ebree. **Non ebrei.
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Philip Roth, Lamento di Portnoy, traduzione di Roberto C. Sonaglia, Mondadori (collana Oscar Classici Moderni n. 165), 2022¹²; pp. 114-115.
[Edizione originale: Portnoy's Complaint, Random House, NYC, 1969]
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lagard3nia · 1 year
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...
senza l'immaginazione non c'è memoria
senza l'immaginazione non c'è sensazione
senza l'immaginazione non c'è volontà, desiderio
...
Lettera rivoluzionaria 75 - Invettiva
Diane di Prima
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aitan · 2 years
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Pier Paolo Pasolini
Alla mia nazione
Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo. 
Da La religione del mio tempo, 1961
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"Poesie sospese", silloge terza
“… poesiole, ricordi, esortazioni, esibizionismi, scherzose invettive, di sicuro poesiacce, donate a chi non può permettersi di giocare con le parole, di pagarle in prima persona, di viverle sulla propria pelle. […] Questa terza e ultima silloge della serie sospesa, sottotitolata “nuovi materiali per un futuro incerto”, in omaggio alla prima serie, è divisa in quindici tempi, quindici momenti…
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haiku--di--aliantis · 2 months
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"L'età non è importante. Chiedimi quanti tramonti ho visto, quanti cuori ho amato, quanti viaggi ho fatto e a quanti concerti ho assistito. Ecco, la mia età."
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Ogni frase di passione che m'hai sussurrato, ogni invettiva che mi hai urlato, scritto o taciuto, ha parlato comunque al mio intimo più profondo e mi si è scolpita nel cuore. Tutto ciò che negli anni ci siamo confidati, tutte le carezze, i baci torridi, tutti i lunghi silenzi che ci siamo inflitti a vicenda, hanno fatto di noi due i lembi della stessa ferita d'amore: funzioniamo solo se siamo ricuciti insieme. Fusi l'un l'altra. Da questa notte di marzo finalmente rimarginiamo sorrisi.
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E un urgente desiderio di labbra divorate. Perché, ci piaccia o no, io e te esistiamo davvero solo se ci cerchiamo, se ci sfottiamo. Se giochiamo come due ragazzini limpidi che devono ancora crescere. Perché se è vero che sia tu che io ne abbiamo passate già veramente tante, il meglio per noi due è sempre domani. Il mio amore per te resta un fiume placido e gonfio. Sei libera di nuotarmi dentro ogni volta che vorrai. La tua persona è l'ospite mio più gradito. Poi, la vita faccia ciò che deve.
Aliantis
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fridagentileschi · 4 months
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I dieci danni che ci lasciò il '68
Mezzo secolo fa l'arroganza del (presunto) contropotere generò la dittatura chiamata "politicamente corretto"
Sono passati cinquant'anni dal '68 ma gli effetti di quella nube tossica così mitizzata si vedono ancora. Li riassumo in dieci eredità che sono poi il referto del nostro oggi.
SFASCISTA Per cominciare, il '68 lasciò una formidabile carica distruttiva: l'ebbrezza di demolire o cupio dissolvi, il pensiero negativo, il desiderio di decostruire, il Gran Rifiuto.
Basta, No, fuori, via, anti, rabbia, contro, furono le parole chiave, esclamative dell'epoca. Il potere destituente. Non a caso si chiamò Contestazione globale perché fu la globalizzazione destruens, l'affermazione di sé tramite la negazione del contesto, del sistema, delle istituzioni, dell'arte e della storia. Lo sfascismo diventò poi il nuovo collante sociale in forma di protesta, imprecazione, invettiva, e infine di antipolitica. Viviamo tra le macerie dello sfascismo.
PARRICIDA La rivolta del '68 ebbe un Nemico Assoluto, il Padre. Inteso come pater familias, come patriarcato, come patria, come Santo Padre, come Padrone, come docente, come autorità. Il '68 fu il movimento del parricidio gioioso, la festa per l'uccisione simbolica del padre e di chi ne fa le veci. Ogni autorità perse autorevolezza e credibilità, l'educazione fu rigettata come costrizione, la tradizione fu respinta come mistificazione, la vecchiaia fu ridicolizzata come rancida e retrò, il vecchio perse aura e rispetto e si fece ingombro, intralcio, ramo secco. Grottesca eredità se si considera che oggi viviamo in una società di vecchi. Il giovanilismo di allora era comprensibile, il giovanilismo in una società anziana è ridicolo e penoso nel suo autolesionismo e nei suoi camuffamenti.
INFANTILE Di contro, il '68 scatenò la sindrome del Bambino Perenne, giocoso e irresponsabile. Che nel nome della sua creatività e del suo genio, decretato per autoacclamazione, rifiuta le responsabilità del futuro, oltre che quelle del passato. La società senza padre diventò società senza figli; ecco la generazione dei figli permanenti, autocreati e autogestiti che non abdicano alla loro adolescenza per far spazio ai bambini veri. Peter Pan si fa egocentrico e narcisista. Il collettivismo originario del '68 diventò soggettivismo puerile, emozionale con relativo culto dell'Io. La denatalità, l'aborto e l'oltraggio alla vecchiaia trovano qui il loro alibi.
ARROGANTE che fa rima con ignorante. Ognuno in virtù della sua età e del suo ruolo di Contestatore si sentiva in diritto di giudicare il mondo e il sapere, nel nome di un'ignoranza costituente, rivoluzionaria. Il '68 sciolse il nesso tra diritti e doveri, tra desideri e sacrifici, tra libertà e limiti, tra meriti e risultati, tra responsabilità e potere, oltre che tra giovani e vecchi, tra sesso e procreazione, tra storia e natura, tra l'ebbrezza effimera della rottura e la gioia delle cose durevoli.
ESTREMISTA Dopo il '68 vennero gli anni di piombo, le violenze, il terrorismo. Non fu uno sbocco automatico e globale del '68 ma uno dei suoi esiti più significativi. L'arroganza di quel clima si cristallizzò in prevaricazione e aggressione verso chi non si conformava al nuovo conformismo radicale. Dal '68 derivò l'onda estremista che si abbeverò di modelli esotici: la Cina di Mao, il Vietnam di Ho-Chi-Minh, la Cuba di Castro e Che Guevara, l'Africa e il Black power. Il '68 fu la scuola dell'obbligo della rivolta; poi i più decisi scelsero i licei della violenza, fino al master in terrorismo. Il '68 non lasciò eventi memorabili ma avvelenò il clima, non produsse rivoluzioni politiche o economiche ma mutazioni di costume e di mentalità.
TOSSICO Un altro versante del '68 preferì alle canne fumanti delle P38 le canne fumate e anche peggio. Ai carnivori della violenza politica si affiancarono così gli erbivori della droga. Il filone hippy e la cultura radical, preesistenti al '68, si incontrarono con l'onda permissiva e trasgressiva del Movimento e prese fuoco con l'hashish, l'lsd e altri allucinogeni. Lasciò una lunga scia di disadattati, dipendenti, disperati. L'ideologia notturna del '68 fu dionisiaca, fondata sulla libertà sfrenata, sulla trasgressione illimitata, sul bere, fumare, bucarsi, far notte e sesso libero. Anche questo non fu l'esito principale del '68 ma una diramazione minore o uscita laterale.
CONFORMISTA L'esito principale del '68, la sua eredità maggiore, fu l'affermazione dello spirito radical, cinico e neoborghese. Il '68 si era presentato come rivoluzione antiborghese e anticapitalista ma alla fine lavorò al servizio della nuova borghesia, non più familista, cristiana e patriottica, e del nuovo capitale globale, finanziario. Attaccarono la tradizione che non era alleata del potere capitalistico ma era l'ultimo argine al suo dilagare. Così i credenti, i connazionali, i cittadini furono ridotti a consumatori, gaudenti e single. Il '68 spostò la rivoluzione sul privato, nella sfera sessuale e famigliare, nei rapporti tra le generazioni, nel lessico e nei costumi.
RIDUTTIVO Il '68 trascinò ogni storia, religione, scienza e pensiero nel tribunale del presente. Tutto venne ridotto all'attualità, perfino i classici venivano rigettati o accettati se attualizzabili, se parlavano al presente in modo adeguato. Era l'unico criterio di valore. Questa gigantesca riduzione all'attualità, alterata dalle lenti ideologiche, ha generato il presentismo, la rimozione della storia, la dimenticanza del passato; e poi la perdita del futuro, nel culto immediato dell'odierno, tribunale supremo per giudicare ogni tempo, ogni evento e ogni storia.
NEOBIGOTTO Conseguenza diretta fu la nascita e lo sviluppo del Politically correct, il bigottismo radical e progressista a tutela dei nuovi totem e dei nuovi tabù. Antifascismo, antirazzismo, antisessismo, tutela di gay, neri, svantaggiati. Il '68 era nato come rivolta contro l'ipocrisia parruccona dei benpensanti per un linguaggio franco e sboccato; ma col lessico politicamente corretto trionfò la nuova ipocrisia. Fallita la rivoluzione sociale, il '68 ripiegò sulla rivoluzione lessicale: non potendo cambiare la realtà e la natura ne cambiò i nomi, occultò la realtà o la vide sotto un altro punto di vista. Fallita l'etica si rivalsero sull'etichetta. Il p.c. è il rococò del '68.
SMISURATO Cosa lascia infine il '68? L'apologia dello sconfinamento in ogni campo. Sconfinano i popoli, i sessi, i luoghi. Si rompono gli argini, si perdono i limiti e le frontiere, il senso della misura e della norma, unica garanzia che la libertà non sconfini nel caos, la mia sfera invade la tua. Lo sconfinamento, che i greci temevano come hybris, la passione per l'illimitato, per la mutazione incessante; la natura soggiace ai desideri, la realtà stuprata dall'utopia, il sogno e la fantasia che pretendono di cancellare la vita vera e le sue imperfezioni... Questi sono i danni (e altri ce ne sarebbero), ma non ci sono pregi, eredità positive del '68? Certo, le conquiste femminili, i diritti civili e del lavoro, la sensibilità ambientale, l'effervescenza del clima e altro... Ma i pregi ve li diranno in tanti. Io vi ho raccontato l'altra faccia in ombra del '68. Noi, per dirla con un autore che piaceva ai sessantottini, Bertolt Brecht, ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati. Alla fine, i trasgressivi siamo noi.
Marcello Veneziani
Editorialista del Tempo, sul '68 ha scritto Rovesciare il '68 (Mondadori, anche in Oscar, 2008)
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thelastdinner · 1 month
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Amo le donne per quanto si rendano disponibili, per quanto cerchino di sembrare le creature create col dono della rettitudine morale, marie vergini col dono di procreare valori da ostentare verso il sesso opposto.
Bene allora io sono l’esempio su cui scagliare la loro invettiva, il bersaglio più grosso dove sparare sentenze inutili. E il cilicio di cui ornare le loro candide cosce o il flagello con cui dissacrarsi a nerbate o addirittura il fallo con cui punirsi e farsi penetrare tra le mie lenzuola che sanno d’inferno. Ecco tutto in un amplesso, tutto in un paio d’ore dove io sono il diavolo tentatore e loro le misericordiose timorate di dio.
Io sono il loro peccato da confessare ad orecchie clericali, io sono la carne e la lussuria, uno dei sette.
Azeruel
Da Anime Capovolte
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parmenida · 7 months
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Fossati: «Per Mina ho fatto una eccezione. Ora torno nel mio esilio.»
Mina Fossati, uscito il 22 novembre del 2019 e preceduto dal brano e dal video Tex Mex, è un lavoro struggente che parla di gelosia e di perdono. La collaborazione con Mina ha fatto uscire dall’autoesilio artistico Ivano Fossati («basta dischi e basta concerti» aveva detto nel 2011) che confessa: «Ho sempre sognato un disco con Mina. Quando ho ricevuto l’invito mia moglie mi ha detto: “se dici di no a Mina chiedo il divorzio”». Due anni fa cominciano le prove in studio. Le canzoni sono poche. Ma poi, spiega Massimiliano Pani, succede qualcosa di strano. Mina risveglia l’ansia creativa di Fossati. Mina diventa la sua musa. E a spizzichi e bocconi arrivano in studio nuovi provini. «Dei capolavori che ci lasciano a bocca aperta. Fossati scrive già i versi con l’attribuzione all’uno e all’altra. Ogni verso, ogni melodia, tiene conto delle vocazioni timbriche di ciascuno degli interpreti» dice Pani.
In questi due anni Fossati ha scoperto il segreto di Mina: «Dietro ogni parola c’è un pensiero. Se la volete annoiare parlatele del passato o fatele una lode. Se la volte far felice parlatele del presente o meglio ancora di un futuro progetto», racconta il cantautore. Non a caso la canzone che apre l’album, L’Infinito Di Stelle, pittorica, semplice ed elegante è il manifesto della filosofia del disco, «qui e ora», seguita da Farfalle, filastrocca gioiosa sulla consapevolezza felice del presente. In Ladro c’è una invettiva sul maschio bugiardo e fedifrago. Il rifiuto dell’amore è cantato in Come Volano Le Nuvole. La Guerra Fredda e Luna Diamante, che ha un sapore operistico, cantano i concetti di fatica e di attesa («Il tempo è un guardiano perfetto»).
«È bello lavorare con due giganti, perché non hanno fragilità, con le loro timbriche il ritrovarsi su una tonalità che è sempre un compromesso non li spaventa», spiega ancora Pani. E aggiunge: «Questo disco è un punto d’arrivo della mia carriera». Dopo il rock-blues Tex Mex, il disco ha una svolta veloce in Amore Della Domenica e Meraviglioso, È Tutto Qui, possente e penetrante. I suoni tendono all’Africa in L’Uomo Perfetto. Il sipario cala su Niente Meglio Di Noi Due. Una consapevolezza che aiuta a vivere «in questo mondo duro come un tamburo». Gran disco che unisce due grandi talenti in un’opera destinata a durare. Inoltre, Luna Diamante fa parte della colonna sonora del film di Ferzan Ozpetek, La Dea Fortuna. Fossati ha ribadito che il suo esilio artistico continuerà. Lo dice chiaramente: «Per Mina ho fatto un’eccezione».
- Mario Luzzatto Fegiz per Il Corriere Della Sera.
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abatelunare · 2 years
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Ragazzi state in palla...
Ammetto di aver visto da ragazzo alcune serie animate giapponesi soltanto perché me ne piaceva - e mica poco - la sigla italiana.
Angie Girl è una di queste. La protagonista era una minuscola investigatrice dai capelli biondi biondi. L’intreccio degli enigmi che si trovava a dover districare faceva davvero pietà. Ma il peggio era il lato estetico. Una serie disegnata e animata davvero col culo. Con un doppiaggio, poi, alla Ken il guerriero: pochissime vocei che si spartivano tutti i personaggi. Meno male che c’era la sigla di casa nostra, con un assolo di chitarra finale che mi mandava - e mi manda tuttora - fuori di testa.
Dell’Ape Maia a me piaceva soltanto la sigla della seconda stagione. S’intitolava L’Ape Maia va. Ed era cantata dall’annunciatrice Rai Katia Svizzero. La serie, in sé, non era nemmen balorda. Ma dopo un po’, nonostante non fossi propriamente un adulto, la trovavo un cincinino puerile...
Di contro abbiamo una serie la cui protagonista è sempre un’ape, ma con differenze sostanziali. Prima differenza: l’abbiamo chiamata Ape Magà, ma era un maschio, cazzo. In secondo luogo gli episodi erano di una drammaticità allucinante. La si potrebbe definire la Candy Candy al maschile degli insetti. Però la sigla mi piaceva - e mi piace tuttora - da matti.
Space Robot era un’altra sigla che trovavo bellissima. L’avevano ideata per una serie robotica che io guardavo nonostante mi piacesse poco poco poco. Intanto il robottone, del tipo componibile, era brutto come il peccato. Poi aveva quattro armi in croce. Ma le mie rimostranze qui riguardano l’adattamento italiano. Space Robot non esiste: lui è Getter Robot. I suoi avversari sono i dinosauri dell’Impero, appunto, dei Dinosauri, e provengono dalle viscere della Terra, non dallo spazio come dichiarato nella sigla. Mi fermo qui, se no parto con una invettiva della Madonna.
Concluderei questa rassegna minima con quella che io considero un’occasione mancata. Sto parlando di God Sigma. Bello il robottone, bella l’idea. Ma disastrosi disegni e animazione. Gli episodi decenti sono davvero pochi. Ma la sigla italiana, fanciulli e fanciulle miei... Ragazzi state in palla gli Eldiani son qua minacciano la Terra ce l'hanno con noi...
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afnews7 · 4 days
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OGGI HO UN'INVENTIVA INVETTIVA ASSAI INFETTIVA
OGGI HO UN’INVENTIVA INVETTIVA ASSAI INFETTIVA — Buondì! Talvolta, in ispecie in momenti politicamente ed elettoralmente pregnanti, mi ritrovo a confrontarmi con personaggi noiosi, antipatici e petulanti; in codesti casi metto su una faccia seeeeria e indulgo in citazioni totalmente inventate… —————– – Es. “Lei ricorderà sicuramente Epicrazio da Cirene e la Sua Invettiva “Contra Auriclastios”,…
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i-am-theseeker · 6 days
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La parodia del “Concilium deorum” di Lucilio
Il libro I delle Saturae, noto sin dall’antichità con il titolo di Concilium deorum, sul remoto modello di quello che apre l’Odissea (Od. I 26-95), mescolava insieme invettiva politica, satira di costume e parodia letteraria, offrendo una riscrittura che voleva essere, a un tempo, omaggio e affronto al precedente enniano degli Annales. Là si raccontava […]La parodia del “Concilium deorum” di…
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gregor-samsung · 2 years
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“ – La società americana, – disse, depositando zaino e sacco a pelo sul pavimento, e proseguendo la conferenza cominciata in macchina mentre costeggiavamo la baia diretti a Haifa, – non solo autorizza volgari e inique relazioni tra gli uomini, ma le incoraggia. Si può negare? No. Rivalità, competizione, invidia, gelosia, tutto quanto c’è di maligno nel carattere umano viene alimentato dal sistema. Possesso, denaro, proprietà… in base a questi standard corrotti voialtri misurate la felicità e il successo. Mentre, – disse, appollaiandosi a gambe incrociate sul letto, – ampie fasce della vostra popolazione vengono private dei minimi requisiti per una vita decente. Non è forse vero? Perché il vostro sistema è sostanzialmente sfruttatorio, intrinsecamente degradante e ingiusto. Di conseguenza, Alex, – usava il mio nome come avrebbe fatto un insegnante severo, c’era in esso la stilettata dell’ammonimento, – non potrà mai esserci nulla di somigliante a una vera uguaglianza in un tale ambiente. E ciò è indiscutibile, non puoi non ammetterlo se hai un minimo di onestà. – Per esempio, cos’hai ottenuto con le tue udienze per lo scandalo dei telequiz? Qualcosa? Niente, se me lo consenti. Hai denunciato la corruzione di alcuni individui deboli. Ma quanto al sistema che li ha educati alla corruzione, su quello non hai influito minimamente. Il sistema non ha fatto una piega. Il sistema non si è mosso di un millimetro. E sai perché? Perché, Alex, – oh oh, ci siamo, – tu stesso sei corrotto dal sistema quanto il signor Charles Van Horn* –. (Perbacco: ancora imperfetto! Cavolo!) – Tu non sei il nemico del sistema. Tu non sei neppure una sfida al sistema, come hai l’aria di credere. Tu sei solo uno dei suoi poliziotti, un funzionario stipendiato, un complice. Scusami, ma devo dirti la verità: credi di servire la giustizia, ma sei soltanto un lacchè della borghesia. Avete un sistema intrinsecamente sfruttatorio e ingiusto, intrinsecamente crudele e inumano, indifferente ai valori umani, e la tua attività consiste nel fare apparire legittimo e morale tale sistema, comportandoti come se la giustizia, i diritti umani e la dignità dell’uomo potessero realmente esistere in una società simile… quando è ovvio che nulla del genere è possibile. “ *Storpiatura di Charles Van Doren, nome di uno dei concorrenti coinvolti con alcuni produttori televisivi nello scandalo dei telequiz alla fine degli anni '50.
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Philip Roth, Lamento di Portnoy, traduzione di Roberto C. Sonaglia, Mondadori (collana Oscar Classici Moderni n. 165), 2022¹²; pp. 208-209.
[Edizione originale: Portnoy's Complaint, Random House, NYC, 1969]
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Mario Venuti, 'vado controcorrente tra denuncia sociale e amore'
Un viaggio tra carezze e schiaffi emotivi, che unisce all’esplorazione dei sentimenti e all’importanza di vivere pienamente ogni attimo della vita la denuncia sociale, affrontando temi come gli abusi sui minori nella Chiesa (con il brano che apre l’album, Abusando), preconcetti omofobi e ipocrisie sull’omosessualità (Ganimede), un’ironica invettiva sulla poca cura per la cosa pubblica (Degrado,…
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micro961 · 2 months
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Alessio Santacroce - Il singolo “Cuore in fiamme”
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Il brano dell’artista che lancia l’album “Il vento che pulisce l'Aria”
“Cuore in fiamme” è il singolo del poliedrico artista Alessio Santacroce, nei principali stores digitali e dal 1° marzo nelle radio in promozione nazionale. Produzione impeccabile dagli arrangiamenti ben strutturati, un rock che evidenzia la forte personalità del cantautore, figlia di una maturità artistica raggiunta a pieni voti. L’interpretazione vocale di Alessio Santacroce dona poi al tutto un forte impatto emotivo, spinto anche dal profondo messaggio sociale del brano. “Cuore in fiamme” lancia il nuovo album “Il vento che pulisce l'Aria” di Alessio Santacroce disponibile da nei principali digital stores via AWAL | THE ORCHAD | SONY MUSIC | GHOST RECORD STORE | CRASHSOUND STORE.
Come nel precedente Migras (Ghost record label), anche in questo lavoro si affrontano tematiche importanti e attuali utilizzando sonorità rock per gridare il proprio dissenso. Registrato al Feeling studio da Jimmy Burrow, l’album vede al suo interno la collaborazione di musicisti stimati dall’autore toscano come Alessandro Isa Ponzuoli alla dodici corde e alla voce, Susy Barsanti al basso, Mattia Salvadori alla batteria e Andrea Cattani alla viola. Alessio Santacroce ha pubblicato il video relativo al brano “Cuore In Fiamme”, con anteprima esclusiva sul portale nazionale del MEI.
“Una invettiva contro l’omofobia, contro chi si arroga il diritto di decidere qual è un amore giusto, contro chi giudica senza prima guardarsi allo specchio, contro chi alza le mani perché non ha la forza di accettare un no.” Alessio Santacroce
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Track by Track
Cuore in fiamme. Il singolo che lancia il disco è una invettiva contro l’omofobia, contro chi si arroga il diritto di decidere qual è un amore giusto, contro chi giudica senza prima guardarsi allo specchio, contro chi alza le mani perché non ha la forza di accettare un no. Un pezzo rock dalle sonorità moderne dove l’autore torna ad affrontare la piaga della guerra più che mai attuale. Un mondo che non si ferma se piove sangue è ignobile, un mondo che si rassegna alla sua morte è ignobile.
Hata Yoga. Un brano molto intimo accompagnato da un video evocativo girato sul calare della sera. Ci sono luoghi dove si possono curare le ferite e sentire che non siamo soli…perché il dolore è inevitabile e si cura soltanto con il sole, e poi al buio non si vedono le ombre e le nostre lacrime…
Livorno città scoperta. Santacroce dedica una canzone alla sua città natale ma senza utilizzare luoghi comuni perché Livorno è bella anche quando ci sono le nuvole e mostra i suoi difetti.
Striscia come un verme. Non si può più accettare questa dilagante violenza contro le donne, sono figlie, sorelle e madri che mancano e gridano vendetta. Un brano diretto ispirato a una storia vera.
Il vento che pulisce l’aria. La title track è una vera poesia messa in musica. Quando arriva il tempo di fare bilanci si capisce quanto sia importante preservare la bellezza che ci circonda e non rinunciare mai ai propri sogni. Un pezzo strumentale che doveva essere la colonna sonora di un film e invece si è trasformato in qualcosa di diverso da ascoltare ad occhi chiusi.
L’inverno nei tuoi occhi. Ci sono ricordi che restano indelebili nella mente e che ti permettono quasi di materializzare chi ti manca. Niente va perduto. Un brano bellissimo con un finale in crescendo impreziosito dalla viola di Andrea Cattani.
Bonus Track. La primavera in trincea. Questa canzone è stata scritta da Santacroce nel periodo più buio del covid, quando angeli vestiti di azzurro si sacrificavano per salvare vite. Si tratta della versione registrata allo studio Vinile da Lorenzo Iuracà e cantata insieme al cantautore IKO.
Facebook: https://www.facebook.com/alessio.santacroce Instagram: https://www.instagram.com/santacrocesamtanko/ Spotify: https://open.spotify.com/intl-it/artist/7bTmO9sJZwLWA5a3eXFk2k?si=iooTOMHwTD6cfe93E1m6bA
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incamminoblog · 3 months
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don Marco Pozza"Zelo in condotta"
III Domenica di Quaresima (Anno B)  (03/03/2024) Vangelo: Gv 2,13-25  Uscendo dal Tempio, dopo la sua invettiva, qualcuno glielo rinfaccia: “Se poi s’incazzano con te, però, non lamentarti, per cortesia!” A Lui, nel frattempo, di piacere ai mercanti – dei loro possibili voti al momento di scegliere se Lui è o non è simpatico – non gliene importa affatto. Tanto che, se gli venisse chiesto di…
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Io mi ricordo ogni tua frase, ogni sospiro di passione, ogni tuo sorriso, ogni bugia. Ogni risata sguaiata, ogni centimetro quadrato della tua pelle. Ogni invettiva tagliente. Ogni pudore, ogni confessione intima. Ogni carezza, ogni sarcasmo. Ogni doloroso e lunghissimo silenzio. Ogni inspiegabile distacco. Tu comunque, magari ogni tanto pensami con un po' di nostalgia per favore. Grazie.
Aliantis
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