Tumgik
#conti te
a-silent-bear · 8 months
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Qualunque decisione tu prenda, in qualunque direzione tu vada, qualsiasi sia il tuo stato d’animo, ci saranno sempre persone contrariate dalle tue scelte. Sempre. Ora le cose sono due: o conosci te stesso talmente tanto da rimanere stabile e indenne, o barcolli e speri di non cadere, laddove sono tutti pronti allo spettacolo.
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pgfone · 9 months
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In montagna di solito carico la legna in una piazzola vicino a una casa sperduta nel nulla, in questa casa ci abita una bambina di 6 anni che mi viene a trovare ogni volta che sono li, me la vedo arrivare di corsa col suo cane che la precede sempre sorridente e serena, è una bambina molto intelligente, di solito non ho un buon rapporto con i bambini e sono spesso a disagio, ma lei ha qualcosa di diverso è come parlare con un adulto spensierato e senza filtri di nessun genere, parliamo di tutto mentre carico la legna, mi racconta del suo cane, dei suoi pesci nell'acquario, dei pappagalli, di quello che mangerà a pranzo di quello che le piace e di quello che non le piace e io le racconto delle mie tartarughe dei gatti delle galline e tante altre cose. La mamma spesso la controlla con la coda dell'occhio mentre stende i panni in terrazza e quando guardo verso di lei mi saluta con la mano e la chiama: "Martinaaaaaaa lascia stare Giulio che ha da fareeeeeeeeee". Io la saluto a mia volta con la mano e gli dico "non ti preoccupare mi fa compagniaaaaaaaaa" di solito quando ho finito di caricare o se devo fare qualche manovra pericolosa la riporto a casa, mi da la mano appena le dico "dai ti accompagno a casa che ho finito" e ci facciamo questi 30 metri a piedi con il cane che ci gira intorno come una trottola. Oggi ero parecchio nervoso e scazzato stavo facendo i conti delle pesate e la penna mi scriveva a tratti, così smadonnavo sbattendo la penna sul volante e non mi sono reso conto che Martina era lì a osservarmi, quando ho alzato gli occhi me la sono vista che mi fissava con aria preoccupa , e subito mi dice: sei arrabbiato oggi? E io gli dico, un po' non mi scrive manco la penna.... a queste parole è scattata via a casa, non gli ho dato peso e ho continuato a smadonnare con i miei conti, ma dopo 5 minuti rieccola qui con una penna, mi guarda, mi fa uno scarabocchio sul foglio e mi dice, te la regalo, questa scrive bene così non ti arrabbi più.
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ninoelesirene · 6 months
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Al pronto soccorso una signora con occhi buoni e due occhiaie livide si è avvicinata e mi ha chiesto di usare il mio cellulare per chiamare il figlio: “Sono qui dalle 13” ha detto, “e non ho potuto fargli sapere più nulla”.
Abbiamo riscritto il numero di Luca parecchie volte. Lei pronunciava le cifre, io le digitavo, poi le riguardavamo insieme per vedere se i conti tornassero. Pareva più una poesia di Rodari che un dettato.
Mentre i due finalmente parlavano, la signora ha appoggiato una mano sulla mia spalla e l’ha lasciata lì, finché non è stato il momento di congedarsi: “grazie, gentilissimo, potrei essere una mamma per te.”
Gianesia, questo il suo nome, avrà 85 anni almeno, mentre mia madre è morta a 54. Non ho idea di come sarebbe stata a quell’età e l’immagine che ho di lei è intrappolata in un’epoca di capelli scuri e pelle ancora intatta, di sorrisi sani e nessuna occhiaia livida. Chissà se avrebbe mai chiamato me con il tono timido, ma organizzativo che Gianesia aveva con Luca: quello di un genitore che sa di dipendere, ma non perde l’inclinazione ad accudire. Non lo saprò mai, e fa male. Soprattutto non so come sarei stato io, chi sarei stato io se lei fosse ancora qui e avesse potuto invecchiare, essendo fragile nell’unico modo che ci accomuna tutti. Avrei risposto alla sua chiamata con la stessa attenzione? L’avrei fatta sentire accolta? O mi sarei spazientito, come il figlio della signora che invece mi sedeva di fianco? Non lo so, ma so che sopravvivere significa accettare ciò che è stato e, soprattutto, ciò che non è potuto essere.
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sofysta · 1 month
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Qualcuno pensa che sia molto semplice per me lavorare e vivere a Parigi, altri dicono anonimamente che mon ce la farò mai e che sto perdendo tempo. Perchè ormai le persone pensano pure al posto tuo, giudicano al posto tuo, si fanno 4 conti al posto tuo e credono che sia corretto ergersi sul podio delle verità assoluta. Ebbene io non dico di stare male o che me la stia cavando male qui, ma ripeto che il primo mese e mezzo ho vissuto sul filo del rasoio e non sto qui a raccontare tutti gli escamotage per mangiare la sera. Cmq sia ci sono riuscita e adesso lo stipendio mi permette di stare quantomeno tranquilla. Ma vi svelo un segreto. Pago affitto degli alloggi, abbonamento Navigo mensile, ricarica cell, mensa disneyland al 50%, ed in 2 mesi e mezzo ormai sono uscita a cena solo due volte. Cosa voglio dire? Che può sembrare facile o no pensate quel che volete ma in questo lavoro, come molti altri lavori all'estero, se non cerchi di far quadrare i conti inizialmente per quanto mi riguarda te ne puoi tornare a casa è vero, ma questo accade se non sei ferma sul tuo obiettivo e se cominci a spendere andando in giro ovunque. Io ne ho 1 di obiettivo ( anche abbastanza grande) e sto camminando, a volte correndo, altre inciampando o sbattendo contro un muro e dovesse dipendere da me non mi fermerò mai, come non mi fermeranno le ipotesi altrui.
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Escrevi uma música triste para você, mas nunca fui bom em cantar, todo mundo sabe. Confesso que me surpreendi, pois algo tão bom, nunca escrevi. Muito menos tive o melhor amor do mundo. Escrevi uma música triste, onde falava de todos os nossos momentos, onde eu gritei todos os lamentos e rasguei todas as juras de amor. Escrevi, sobre algo que estava fadado a dar errado, e não é pecado, aceitar que chegou ao fim. Eu escrevi, sobre a gente juntinho, tu fazendo me carinho e eu sorrindo também. Eu gostaria de voltar no tempo, voltar para quando nos conhecemos, quando coloquei os olhos em você e eles brilharam, mas como não posso, eu só escrevi, escrevi a falta que me faz aqui, que queria te ver sorrir, e talvez, só talvez, te deseje o melhor até com outra pessoa. Escrevi uma música triste para você, mas confesso que até fui um pouco egoísta, desejei que não fosse feliz sem mim, pois é isso que desejo agora. Talvez quando eu estiver lá fora, voando pelo mundo que não conheço, eu pense de outra forma. Por mais que eu esteja errado, não posso ficar calado, preciso falar a verdade a você, não foi essa a promessa que fizemos um ao outro? Mas por agora, desejo você comigo, sinto falta do meu abrigo. Que porra é viver sem você!
Escrevi uma música triste, para deixar o meu legado, que foi fadado a ser cantada por outrem, pois como você sabe, eu não canto bem, e muito menor vou chegar aos pés de recitar sonetos ou juras de amor. Sou tímido para um caralho, e talvez por isso nosso amor chegou ao fim. Não te amei com as palavras que deveria, não demonstrei o quanto queria, e talvez a timidez, tenha esfriado o que era tão caloroso. Minhas atitudes eram confusas também, e nem você e nem ninguém, conseguira adivinhar como era difícil se achar insuficiente para alguém que é infinito. Escrevi uma música, triste que falava de amor, a história de um senhor, de engenho com seu escravo, chamado Tristeza. Aquele que foi comprado, e obrigado a ser abusado, pela monarquia que comanda tudo. Escrevi uma carta também, mas não foi de alforria, em que me despedia, e te libertava das amarras que só eu criara agora. Uma carta que nunca enviei, pois até para isso, demorei a ter coragem, quando o assunto era você. Escrevi muito mais que o normal quando terminamos, até estranhei, mas você era meu rei, que partira deixando todas as suas terras para traz, e eu como seu súdito, incapaz de louvá-lo, mesmo que em seu ouvido, como de costume. Tive que me declarar as paredes, e transformar as palavras em artes no papel. Nada tinha significado, nada tinha muita beleza também, até porque essa era a minha forma de amar, meio estranha talvez, um pouco contemporânea, que só você conseguia entender. Era o que eu achava.
Escrevi uma música sobre nós, algo que me fizesse lembrar minimamente de você, porque lhe esquecer é impossível. Mesmo essa canção tendo um foco na tristeza de não ter mais você na minha vida, eu ainda me pego dando sorrisos no canto do rosto, pois o mesmo sentimento de tristeza se mistura com a felicidade, felicidade essa de saber que tivemos momentos incríveis, momentos inesquecíveis contados por meio de uma música. Infelizmente serão apenas marcas do passado, no meu presente já não existe você, no meu futuro incerto talvez você volte, mas acredito fortemente que você estará mais feliz sem mim.
Sentado num quarto escuro ouvindo nossas músicas, escrevendo meus pensamentos no papel, fazendo rimas e mais rimas para lhe descrever, para contar por trás dessa triste musica o quanto eu queria estar com você, o quanto eu queria viver ao seu lado.
O sonho de ter você sempre ao meu lado pode ter acabado, o desejo de chegar juntos ao paraíso após velhos, te amar além da vida carnal, lhe ter para toda eternidade, porem o sonho acabou e talvez o inferno seja mais feliz que o local que lhe escrevo, talvez meu inferno pessoal seja rever você em todos os momentos da minha eternidade, pedindo para acabar a tortura e, ao mesmo tempo, sorrindo por poder te ver.
A vida continua mesmo indo por caminhos diferentes, eu desejo a sua felicidade e sei que você deseja a minha também, mas mesmo assim eu sinto que sempre vou lhe amar, mesmo que não possa ser mais a minha pessoa. Escrevi uma música triste para lembrar o quanto te amei.
Escrevi uma música triste - Thadeu Torres e Brendon Moraes
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occhietti · 24 days
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Mi piace pensare che i tempi sbagliati non esistano... Che le "cose" (gli incontri di vita e non) accadano quando devono accadere. Con i propri tempi, i propri errori, i propri assurdi conti che non tornano mai.
Mi piace pensare che tutto abbia un senso profondo, a volte confuso, altre solo in parte svelato, spesso ignoto.
Mi piace pensare che un qualsiasi Noi abbia radici nel cuore, prima ancora che "lo e Te" sappiano... E che poi semplicemente ci si riconosca. Per fare un po' di strada insieme. Per farsi un po' di bene e un po' di male. Per lasciare impronte l'uno nella vita dell'altro.
Perché ognuno di noi è il risultato di ogni anima con cui entra in sintonia di cuore o di pensieri.
Ci si tocca così: fondendo appartenenze.
Come Tu che mi tocchi sempre,
anche quando non mi tocchi mai.
- Letizia Cherubino, Se non t’incontro nei sogni, ti vengo a cercare 
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comefiorineldeserto · 6 months
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Che tu possa trovare qualcuno a cui brillano gli occhi quando ti vede, che ti dica che gli manchi, che si prenda cura di te per non perderti mai, che sappia dimostrarti quanto conti e che si vanti di averti al suo fianco, perché te lo meriti.
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viendiletto · 3 months
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«Erimo quei che xe andadi via…»
Ogni tanto dago un’ociada al mio Nuovissimo Palazzi del 1957. Se trata de una vecia abitudine che me gaveva inculcado la mia seconda mama, la professoressa Maria Concetta Viviano in Berti. Ala parola “Esilio” se lege: “Allontanamento volontario o forzato dalla patria”. Ala parola “Esule” corrisponde la definizion: “Chi o che è in esilio”. Un altro dizionario dise, “Esilio”: l’andare volontariamente o il vivere costretti fuori dalla patria”.
Forse tuto questo vol dir che mi non son un esule; in fin dei conti vivo in Patria! Non ve par?
Alora chi xe esule? Noi o lori? Lori, quei che xe rimasti!? Quei che xe rimasti?
Me par che se andèmo a far ‘ste ciacole dopo 70 ani finimo co’l barufarse de novo, e far saltar fora astio e malanimo.
Cossa fèmo? Dimentichemo?
Distiradi sula «rampa de lancio»
Quei dela mia età se trova oramai tuti distiradi sula “rampa de lancio”, puntadi verso l’alto, pronti a far una bela svolada e andar a trovar quei che ga avudo più premura de noi.
Qualche volta me brusa, quando torno a Fiume, e te trovo qualchedun de quei che non xe andadi via proprio perché i genitori, la familia, iera nati là e là i voleva restar. Me brusa pensar che forse un de quei che me parla e ciacola con mi poderìa esser el fio de quel sporco individuo che ga fato conosser, per la prima e l’unica volta in vita sua, la “residenza turistica” de Via Roma (deta: “nikad doma”) al mio povero papà! Un operaio! Un falegname che ga sgobà tuta la vita. Un polaco, arivado a Fiume co’i mìi noni che no’i saveva parlar altro che polaco e tedesco!
Mio padre, “italian convinto”, ga finido la prima guera mondial drento le trincee italiane e nela seconda lurida guera, ala verde età de 48 ani, el xe andà volontario, de novo a combater come un povero zurlo, per noi, per l’Italia!
Fazemo finta de gnente
Mio papà se ga stancà de viver, a Genova. Lontan dala sua Fiume. El dorme un sono eterno drento una picola nichia sula parte più alta del zimitero de Staglieno. El xe, “ossi contro ossi” in una casetiza insieme con la mia mama. Fino al ultimo giorno de vita el ga sempre parlà in fiuman. El ga vissuto una esistenza fata de ricordi. El se insognava sempre de Fiume, del Corso, del Monte Magior, dela sua bela Fiumara dove el gaveva la botega de marangon.
Adesso el dorme un sono senza sogni cussì che no’l core el ris’cio de riveder, tra i fantasmi dela note interminabile, la figura sporca de quel farabuto co’l muso gialo, che lo ga denunzià ai gianizeri de Tito, de esser stado un fervente italian!
Quel stesso mascalzon che, compena arivadi i drusi in zità, el ga cambià distintivo sula patela dela giacheta! El ga butado via el “fassio” per meter sù la “stela rossa!” Quel stesso infame che, da mediocre imbianchin, de colpo el iera diventado un prepotente dirigente in questura! Omo dela OSNA. Dimentichemo! Fazemo finta de gnente.
Una razion extra de patate boide
A mi me bastarà ricordar el forzado, misero turismo fato dal 1945 al 1947 per i campi profughi de tuta la penisola, insieme al caro indimenticado amico Agostino Sirola, nato a Fianona ma fiuman convinto. Cambiàvimo continuamente campo profughi, andando sempre più a sud. Passando per Roma, dove erimo, ogni giorno, “fissi” al Ministero dell’educazione nazionale per saper qualcosa sula apertura del Colegio de Brindisi. A Roma semo stadi diversi mesi nel Campo profughi del Quadraro. Mi ghe insegnavo qualcosa ai muleti dele elementari che era profughi dala Libia e dala Cirenaica e l’Agostino fazeva el sguatero nela cusina del campo. Una razion extra de patate boide e “saltade” non me mancava mai.
Al Collegio «Niccolò Tommaseo»
A tempo debito semo arivadi, primi assoluti, ala famosa Scola de Marina e ultima temporanea residenza bellica dela Accademia Naval de Livorno. Semo arivadi ancora prima che vegnissi zò el Professor Troili. El signor economo e el segretario, signor Cianciaruso, ne ga sistemado àla bona, in una cantina del Colegio dove, per qualche giorno, gavemo dormido su due letini, con la rede de fero ma senza stramazzi.
Spagheti co’l sugo de pomidori
Magnàvimo, in una saleta, vizin la tavola dei ex funzionari dela scola naval, solo a mesogiorno, spagheti co’l sugo de pomidori. De sera: nisba con contorno de stele in un ziel favoloso. Dopo qualche giorno xe arivà el diretor, el Professor Troili, insieme con quatro o cinque muli del “sientifico”. El resto dela ganga xe arivado a scalioni nel arco de un pèr de setimane. In quel meravilioso colegio che portava el nome de Nicolò Tomaseo (qualche nostro mulo, per far la remenàda, diseva che forse se tratava de un zerto Nikola Tomassic’, dalmato, come lo ciamava i titini…) go passado un ano per ciapar el diploma. Go fato la preziosa esperienza dela vita in coletività. E, per mia fortuna, dopo soli zinque mesi, cominziavo la mia vita de maritimo, imbarcado come “mozo”su un rimorciador nel porto de Savona. Una esperienza molto utile per quanto riguardava tuti i lavori manuali de bordo. Ogni tanto el Comandante, un “paron maritimo” meravilioso, el me fazeva far pratica al timon del rimorciador.
La prima nomina de Comandante
Ero veramente felice e contento ma, ogni volta che zurmàvimo ale varie banchine le grosse navi oceaniche, mi me sentivo el còr come una patata boida. Guadagnavo poco ma gavevo vitto e alogio asicuradi fin che, nel giro de un pàr de mesi, go trovà, con l’aiuto de una cara signorina, segretaria presso la più importante agenzia marittima de Savona, la possibilità de imbarcarme adiritura come alievo ufizial su una nave “Liberty” de diecimila tonelate. Squasi non me sentivo più adosso la scorza de profugo o de esule. Me sentivo libero e, son stado tanto fortunado, de restar imbarcado su quela nave per quasi tre ani consecutivi, senza far una licenza e sbarcar con el grado de terzo uficial. Dopo, la mia carriera xe stada limpida e veloce. A bordo gavevo studiado con grande serietà l’inglese el spagnolo e anca el francese. A 27 ani otegnivo la prima nomina de Comandante con la prestigiosa compagnia genovese “La Columbia”.
La mia famiglia, dopo pesanti peripezie e vessazioni quotidiane, ga podudo finalmente scampar de Fiume per finir in un lontan campo profughi vizin l’Aquila, su per le montagne, in un posto che se ciamava Rojo Pineta. Erimo de novo tuti profughi, esuli. Esuli in Patria.
Erimo quei che xe andadi via…
Reneo Lenski
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romyy999 · 3 days
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Nella vita dovrai fare continuamente i conti con persone che sono convinte di sapere tutto di te quando,
in realtà,
dentro hai un universo tutto da scoprire.
- romyy999
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ninfaribelle · 3 months
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Questa sera tornerai a casa.
Aprirai del vino buono.
Come un coccola leggera
scenderà a scaldarti il cuore.
Penserai che in fin dei conti
non ti manca proprio niente
per essere felice.
Forse un po’ di coraggio in più, ogni tanto.
Ma intanto, goditi il cielo che ti sei guadagnata.
Tu lo sai, quanto ti è costato.
Quel silenzio che hai addomesticato.
Che oggi ti è amico.
Ma un giorno ti ha ucciso.
Perché hai scelto
dove tanti si tiravano indietro
tu hai scelto, di non pretendere amore.
Ad ogni costo.
Solo per bisogno.
Solo per non essere sola.
Quando non era il momento.
Quando non te la sentivi.
Quella forza che non pensavi di avere.
Che oggi parla per te.
Che oggi ti difende dagli sguardi invidiosi.
E chi ti passa vicino
lo sente che la bellezza
nei tuoi occhi
ha vinto.
E non c’è spazio.
Non c’è più spazio vicino a te.
Per chi non sa scegliere.
Non sa rischiare.
Non sa sognare.
Per chi non sa che la notte
ascolta solo, chi la sa ascoltare.
Non c’è più spazio vicino a te
per chi non sa affrontare la vita.
Per chi resta nell’incertezza dell’ombra
e dimentica il bisogno
di riprendere a brillare.
(Andrew Faber - Ph. Io)
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quandotuttosifabuio · 1 month
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Si dice che la distanza fisica non conti perché la presenza di chi ami te la porti dentro, tutto vero.
Ma ci sono momenti in cui quella persona ti manca così tanto da stare male.
E capisci che la distanza fisica conta perché, quell'abbraccio che ti manca, ti continuerà a mancare sempre.
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kon-igi · 4 months
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Ciao Kon. Sono una sanitaria pubblica da molti anni. Sempre più spesso sento il peso di un'organizzazione che pezza ma non risolve, delle responsabilità assolte e liquidate con una pacca sulla spalla. Della stanchezza. Non ho più entusiasmo. So che è il momento d'oro del privato, ma non ho mai creduto alla favoletta del Bengodi, prima gli schiavi erano loro, adesso noi, la ruota prima o poi girerà di nuovo e resteranno sempre i conti da pagare. Certe vicende personali rendono tutto più pesante per il lavoro continuo che devo fare su me stessa. La professione mi ha curata tanto, adesso è come se l'avessi associata al mio malessere e volessi almeno cambiare posto... ma finora oltre a sentirmi dire che sono brava e l'occasione ci sarà, non ho ottenuto alcun miglioramento. Anzi. Sento di poter andare avanti, di essermi almeno allontanata un po'dal baratro della depressione, ma sento sempre addosso le sue dita viscide e l'impasse di non saper decidere cosa potrebbe essere meglio per me professionalmente, come mettere in fila le priorità. Non ti chiedo risposte, solo grazie di ascoltarmi, adesso come altre volte. Grazie.
Sai qual è il tuo errore?
Lo stesso che ho fatto io cioè credere che chi è sopra di te nella struttura piramidale organizzativa si occupi della cura degli altri con le tue stesse motivazioni.
E bada bene che il mio non è un giudizio sul singolo (esisteranno sempre persone ben motivate quanto abietti approfittatori) ma una considerazione sul sistema: più sali nella piramide, più paiono piccole le persone, fino ad assomigliare a numeri tutti uguali... e a volte diversi, quindi meno importanti.
E più sali, più diventano grandi le pressioni che ti fanno e i compromessi a cui devi scendere per evitare che il castello di carte crolli.
Perché il castello di carta, questo castello di carta E' destinato a crollare, senz'ombra di dubbio alcuna.
Da una parte c'è l'inclinazione di molte persone alla cura e all'accudimento (alcuni usano il termine 'missione' ma a me fa schifo perché sottintende abnegazione, sacrificio e troppo spesso annullamento) e poi ci sono quelli che soppesano le scelte con la bilancia del profitto, perché in una società come la nostra questo è il metro di misura che va per la maggiore...
L'utilità.
Prendi un cane non perché sia un membro della tua famiglia ma perché faccia la guardia, studi non per essere migliore della persona che eri ieri ma perché ti eleva nella succitata piramide, aiuti qualcuno non perché si vada avanti tutti assieme ma perché poi lui saldi il suo debito con te, costruisci non per la gioia della creazione ma per competere, ami non per 'sentire' l'altro ma perché l'altro ti ascolti e basta.
Io ho 'risolto' il problema fuggendo, letteralmente, anche solo dalla visione di quella piramide (senza nemmeno interessarmi al posto che avevo in essa) e lavorando in un contesto piccolo, in cima a una montagna e fuori dal mondo.
Detto da altri, avevo tutte le carte in regola per 'fare carriera' e per un po' ho avuto il pensiero e l'illusione che, magari, sulla parte alta della piramide avrei potuto fare qualcosa per cambiare le cose ma vedendo con chi avrei dovuto avere a che fare mi sono reso conto che non avrei avuto le forze fisiche e psichiche e che molto probabilmente sarei dovuto soccombere a quella merda che è la realpolitik.
No, grazie.
Preferisco aiutare e prendermi cura degli altri stando in basso, venendo deriso da colleghi che hanno fatto carriera e portando a casa uno stipendio decisamente modesto ma senza aver abiurato nemmeno per un attimo a quello che mi ero ripromesso tanti anni fa, quando ho cominciato a fare questo mestiere...
Nessuno verrà lasciato indietro.
Ed è faticoso perché le bestemmie te la cavano a forza dal cuore, con i loro sotterfugi, i loro compromessi al ribasso e la loro cecità verso tutto tranne che il guadagno e la gratificazione di un ego gonfio come la vescica di un alcolizzato.
E allora non rimane che aiutare dal basso, ignorando le false lodi da giuda iscariota, continuando per la nostra strada e spesso scegliendo quella che per altri è meno conveniente... ma certe persone non cercano il lustro o la gratificazione fine a se stessa.
Io con l'utilità dettata dagli altri è trent'anni che mi ci pulisco il culo.
Piango chi è andato insieme a chi è rimasto, tendo mille mani alle mille e uno persone che hanno bisogno (perché davvero non li puoi salvare tutti) e nella folla con cui proseguo il cammino verso non so dove mi tengo strette le persone a cui voglio bene.
Quando il castello di carte crollerà, tu sarai lontana e di gran lunga migliore di chi ti maledirà, perché nemmeno allora ti avrà voluto dare ragione.
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Parlami di te, racconta
E' la richiesta con cui ci si ritrova spesso a fare i conti, quando una nuova persona entra nella nostra vita e desidera conoscerci, o per meglio dire, cerca indizi per dare inizio all'elaborato processo della conoscenza e decidere, una volta raccolte le informazioni, se restare o andare via.
Parlami di te…e spesso si resta senza fiato...
e da dove iniziare?
Dall'infanzia? dagli eventi più significativi e quali? Quelli positivi o negativi? O semplicemente quelli che affluiscono, senza controllo vigile?
L'unicità di ogni essere umano, le credenze culturalmente assimilate e i valori di riferimento individuali e collettivi diventano il cocktail che si sorseggia mentre si sceglie, più o meno consapevolmente, se raccontare attingendo alla memoria del dolore, se spostare l'indice referenziale sulla propria cultura formale, se far rivivere immagini colorate e luminose.
A ognuna il suo stile e le sue scelte di memoria, nel tessere le trame della propria esistenza.
E' la memoria che funge da archivio dell'esperienza che ci permette di tracciare al nostro interlocutore un itinerario della propria vita.
Memorie che riaffiorano indesiderate, memorie che ci consolano, memorie evocate dagli altri.
Memoria della mente e memoria del corpo.
Così, ogni individuo ricostruisce la propria vita, i fili con i quali tessere le trame, quali ignorare; dimenticare, non considerare.
Raccontarsi è affascinante, è un esercizio di consapevolezza - ci si racconta agli altri, ci si racconta a se stessi, ci si racconta... e la vita prende forma; si ama, si condivide, si ha un posto nel qui e ora, si sceglie se vivere orientati verso il passato, proiettati nel futuro o aderendo al presente.
Ognuno di noi, più o meno consapevolmente, sceglie dove attingere il proprio nutrimento, realtà e finzione si mischiano nei ricordi: dettagli assumono proporzioni importanti e interi periodi vengono dimenticati… si fluisce insieme alla vita e quando nei periodi di passaggio si lascia spazio al rituale del ricordo, quando si tirano le somme…e le sintesi sono spietate, muoversi sulla simbolica linea del tempo, tornare lì ai bivi imboccati di allora, raccontarsi cosa sarebbe successo, se si fossero scelte le altre vie, in quelle vite parallele…può essere affascinante, forse doloroso a volte, ma sicuramente arricchente.
Quando i “se avessi, se avessi potuto, se avessi avuto…'' affluiscono prepotenti, la sospensione del rammarico e del pensiero che odora di frustrazione può regalare anche, però, delle piacevoli sorprese.
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susieporta · 8 months
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La saggezza del pene.
Mi prendo la responsabilità di aprire la bocca su un tabù di quelli con la T maiuscola.
Scrivo dopo una seduta profondamente toccante con un uomo.
Scrivo perché so che quello che sto per dire non è una cosa rara che capita a pochi, è invece una storia collettiva di dolore che tocca il maschile e lo piega a metà.
Pene grosso o pene piccolo?
Potenza o Impotenza?
Sarai amato o sarai rifiutato?
Così come tantissima dell’insicurezza delle donne vive nel disagio e nell’imbarazzo legato al loro corpo, anche per gli uomini la “sicurezza interiore” spesso passa da un’esame di virilità che spesso avviene da ragazzini.
Ed è proprio da ragazzini che si passa questa specie di spartiacque tra i fighi che ce l’hanno grosso e gli sfigati che ce l’hanno piccolo.
Perché ai ragazzini non glielo insegna nessuno che il valore di un uomo non sta alla pari con la misura del suo pisello.
I ragazzini crescono negli spogliatoi da calcio e tra una doccia e un’altra se ne raccontano di stronzate.
.. e tra una doccia e un’altra tutti ci provano a guardare in sordina verso il pisello dell’altro e a farsi due conti.
Poi se sei fortunato incontri la prima fidanzatina/o innocente e un po’ naive come te che ti farà sentire il suo grande eroe nonostante la misura che porti in mezzo alla gambe.
Ma soprattutto nonostante la tua “prestazione”.
Se sei meno fortunato le prime esperienze sessuali e di confronto con il tuo pene possono essere un disastro.
Per l’uomo con cui ho lavorato l’esperienza che ha segnato la sua storia è stata l’incontro con una ragazza che lo ha in leggerezza umiliato commentando alla misura del suo pene.
L’umiliazione a 13/14/15 anni non è qualcosa che si può risolvere capendo con la testa che cosa è avvenuto.
L’umiliazione verso i genitali è un colpo al centro dello stomaco dove si proverà vergogna per il resto della vita.
Se la sessualità per le donne è spesso un gran bel panorama di vergogna, giudizio, condizionamenti, paure generazionali, colpa del prete e traumi della madre.
Anche la vita sessuale degli uomini è tappezzata di ferite individuali e collettive profondissime.
Il pene è qualcosa di cui vergognarsi, e c’è sempre un motivo buono.
Te ne vergogni perché è sempre pronto per fare sesso.
Te ne vergogni perché non è mai pronto.
Te ne vergogni perché si eccita quando non dovrebbe e te ne vergogni perché si eccita quando dovrebbe.
Te ne vergogni quando ”dura a lungo “.
Te ne vergogni quando “dura poco”.
La comunicazione tra la mente e il pene di un uomo è spesso pari a zero.
Tra il cuore e il pene forse arriviamo a due su una scala di dieci.
Il pene è abbandonato.
Segregato dietro la cerniera dei pantaloni.
Colpevolizzato e demonizzato per tutto il male che ha fatto nei secoli.
Giudicato perché serve solo a quello.
Il pene porta pena, mi disse una volta un uomo.
Si porta appresso pressione.
Ansia da prestazione.
Paura di fallire.
E poi sì certo, è possibile che FUNZIONI il minimo indispensabile per vivere una vita sessuale mediocre “abbastanza”.
Ma il pene non è una funzione.
Così come non lo è la vagina.
Sono organi di senso, altamente intelligenti che SENTONO e sono connessi alla vita intera dell’organismo.
Pensare con il pene non vuol dire pensare solo al “sesso”.
Il centro energetico del sesso, come quello della mente, del cuore, del plesso solare è un centro di potere.
È un centro di conoscenza.
Ciò che rende il pene una pena è la tua disconnessione, il NON ascolto, l’abuso, le credenze limitanti.
Ma soprattutto i traumi, le memorie e le ferite che porta il tuo pene.
Solo attraverso la riconessione con questa parte sacra del corpo un uomo può riconquistare la sua autentica virilità.
Virilità.
Non significa ce l’ho più grosso di te e posso prendere ciò che voglio, distruggendo e senza voltarmi.
Questa è la piaga del patriarcato: gli anni di abuso del potere di un maschile immaturo e sofferente.
Virilità è la bellezza potente del Fallo come simbolo di forza, di presenza, di sicurezza, di energia.
Il Fallo che penetra il cuore della terra per portare Vita.
Il Fallo che porta il SEME della VITA.
Il Fallo che feconda la terra perché sia abbondante di frutti.
La guarigione del “pene” è una guarigione collettiva.
Non è solo degli uomini.
È anche delle donne.
È di tutti coloro che hanno realizzato che qualcosa nella nostra società è andato perso ed è nostro diritto e dovere ricordare.
È di chi parlerà ai ragazzi maschi del potere e della sensibilità che portano in mezzo alle gambe e di come rispettarsi e rispettare con amore e consapevolezza.
È di chi saprà fermarsi ogni volta che l’atto sessuale diventa una gara carica di pressione e potrà piangere invece che continuare a tenere.
Il pene ha bisogno di piangere e di gridare.
A volte eiaculare è pianto e grido trattenuto per troppo a lungo.
🖤
Federica Clemente
#Tantrasciamanico
#maschilematuro
#sessualitasacra
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fatalquiiete · 11 months
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- Netflix? - Sì, dimmi. - Com’è che non riesco più a entrare nel mio account? - Mah, magari è solo un problema tecnico, oppure… - Oppure? - Oppure sei una zecca dimmerda. - Prego? - Non pigliarmi per il culo, sudicio squatter! È finita la pacchia, basta con l’estate dell’amore, tu e i tuoi promiscui amici hippie non potete più passarmi fra voi come se fossi una canna! - A parte che abbiamo trentanni e le canne non ce le fumiamo più perché siamo tutti sotto psicofarmaci. E poi come cazzo ti permetti? - Io come cazzo mi permetto? Voi siete degli schifosi parassiti! - Non eri tu quello del “love is sharing a password”. - Sì, prima. Poi mi son fatto due conti e ho scoperto che mi stavate fregando. E quindi adesso c'è il nucleo domestico, così non fate più i furbetti. - Noi siamo un nucleo domestico. - Ma stai zitto che uno sta a Viterbo e l’altra sta a Bolzano. Quanto è grande sta casa? - Ma scusa, c’hai i miliardi, che ti frega se condividiamo l’account? - Mi frega perché voglio i triliardi, voglio i bizzilioni, forse persino i paperdollari. - Ah, è così? E allora sai che ti dico avido bastardo? Lì fuori è pieno così di servizi di streaming migliori di te. Ti mollo e me ne trovo un altro! - Non oseresti! - Addio! … - Ciao sono Disney+! - Ciao Disney+, io è da un po’ che non esco con un altro servizio streaming quindi non so bene come… - Lascia fare a me. Ti piace Star Wars? - Io adoro Star Wars. - A posto. Ce l’ho. - Ma che figata! E cos'hai? - Tutto. - Come tutto? - Tutto. Ho fatto una serie su tutto. - Ma Star Wars è un gigantesco universo di… - TUTTO! Ti ricordi il droide protocollare che compare brevemente in episodio IV? - No. - Mo c’ha una serie sua. Tre stagioni. Nella seconda mi diventa ludopatico. Indovina chi gli dà la voce? - Non lo so. - Dai, indovina. - Non lo so. - Servillo. - Un droide protocollare con la voce di Toni Servillo? - Che fuma! Fuma a tutto spiano! Però sigarette elettroniche perché è pur sempre Disney… - Io non so se… - Marvel! Ti piace la Marvel? - Magari ha un po’ stuccato… - TUTTA LA MARVEL. - Tutta? - Una serie ogni due settimane, pém pém. La prossima è sul commercialista di Thor. Il multiverso delle fatture, lui che fa delle gabole assurde in CGI per detrargli il martello. Una roba pazzesca. - Forse è un po’ troppo… - Live action! - Ti prego… - Un bel live action! Un grande classico della tua infanzia reso più freddo e inquietante dai potenti mezzi del digitale. - Quale classico? - Taron e la pentola magica. - Mai sentito. - Ma come? Il grande Taron e la pentola magica. Tu immagina la meraviglia di avere Taron e la pentola magica in live action. - Io devo proprio andare… - Non andare! È bello! La pentola magica è nera! … - Amazon Prime? - Prego, accomodati. - Perché sei alto due metri, pelato e pieno di gioielli? - Perché io sono il Re dei Re. E, se mi paghi, tu puoi diventare mio suddito. - Cliente no? - No, ci piace suddito. Ho risorse economiche infinite, posso produrre qualunque cosa, posso darti tutto ciò che vuoi. Mi basta guardarti per sapere esattamente quali sono i tuoi desideri più reconditi. - … - Una serie tv su Angelo Pintus. - No. - Un film con Lillo in cui lui fa delle scoregge magiche che viaggiano nel tempo. - No. - Uhm, sei tosto. Vediamo così: una produzione da settecento milioni di dollari basata su un franchise solidissimo, venerato e impossibile da rendere noioso. - Uau. Com’è? - Molto noiosa. … - Sky. - Eccomi qua. - Che mi proponi? - Ho solo una parola per te. Calcio. - Mi piace il calcio. - Certo che ti piace. Guarda qua: Conference League. - Ottimo. - Europa League. - Addirittura. - Champions League. - Meraviglioso. - Scusa, che squadra tifi tu? - Juve. - Oh no. … - DAZN. - €Kkom1 Q#a! - Va tutto bene? - Hò zoLL0 uñª pA@rlllll P*r ttt3. - Uhm. Che parola? - INTERRUZIONE DEL SERVIZIO. Ci scusiamo per il problema tecnico. Stiamo facendo tutto il possibile per ripristinare il servizio. … - Ciao, sono Apple TV! Ho delle serie decenti. - Tutto qua? - No, no, e se ti dicessi che a breve potrai vedere quelle serie con un’esperienza rivoluzionaria a 360° grazie ai nostri futuristici visori? - Be’, è fantastico! - A solo 3500 euro. - Non posso spendere 3500 euro per un visore. - Perché? - Perché devo mangiare. - Mi dispiace, non sei il nostro target. … - Ciao MUBI. - Fammi indovinare, vuoi una serata rilassante? - Magari. - Un bel filmetto scacciapensieri dopo una lunga giornata di lavoro? - Sarebbe l’ideale, sì. - E invece Tarkovkij. - No dai… - Herzog. - Magari una roba un po’ più leggera. - Lee Chang-dong. Coreano. Secret Sunshine. Storia di questa che impazzisce perché le muore il marito e poi le ammazzano il figlio. Se non ti ricordi il titolo basta che vai al tag tragedia. - Hai un tag tragedia? - Per forza. Ho duecentosettanta titoli solo sul suicidio. - Addio MUBI. - Torna qui! Mi sento così solo! C’ho Bergman in offerta! … - Non ci posso credere. - Ciao RAI. - Sei tornato. - Sì - Sei tornato da mamma. Dalla tua mammuzza. - Sì, boh, mo vediamo… - Come vediamo? Ma io lo sapevo! Non aspettavo altro! Il mio bambino! Guarda come sei cresciuto. Ti ho già preparato tutto. Tutte le cosette che ti piacciono tanto. C’è Don Matteo, Un Ciclone in Convento, l’Eredità e tutto il Posto al Sole che vuoi. Adesso ti metti qua col plaid, tranquillo e pacifico per tutta l’eternità. - Dov’è Fazio? - Non cominciamo, manco ti piaceva Fazio. - Mamma, tutti i servizi in streaming mi trattano male. - Non pensarci. Adesso non ti devi più preoccupare di quelle piattaforme cattive. Adesso c’è mamma tua. Vieni, abbracciami. Sai che ti voglio tanto tanto bene? - Anche io te ne voglio. - E mamma non è come quelle brutte avide piattaforme. Mamma ti vuole bene esattamente come sei. - Grazie mamma. - L’hai pagato il canone? - No. Sono due anni che non ti guardo. - Tranquillo. Non fa niente. Tu stai qui, rilassati e io intanto chiamo due amici di mamma che ti vengono a spezzare le rotule.
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palmiz · 1 year
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Nulla sarà come prima.
Tre anni fa era "solo" il lavoro, con annessi e connessi, con le difficoltà che con il passare del tempo ci hanno messo di fronte ad una situazione a dir poco di disagio o meglio ancora catastrofica….ma il fondo lo dobbiamo ancora raggiungere: in Italia la magistratura in cui tutti speravano ha detto, in buona sostanza o puntura o non mangi. E non è che le cose vadano molto diversamente in altre parti del mondo: tanto per dire, in Canada i giudici hanno detto che sia gli arresti dei manifestanti che il blocco dei conti bancari sono assolutamente legittimi.
Ora i mutui sono triplicati per non parlare di benzina alimenti e bollette, ma arriverà il salvatore, il Q o il guru di turno.
No. L'unico salvatore che ci potrà mai essere ce l'hai di fronte allo specchio.
Leva la maschera amico e amica mia.
È una semplice questione di raziocinio: pensi che ti possano salvare il culo i ricorsi in tribunale? Credi ancora che i mezzi approntati dal sistema possano volgersi in tuo favore? Credi ancora in politica e giustizia? Perché se sei ancora a questo punto, forse la questione coso19 non ti ha dato una lezione sufficiente.
Hanno inoculato i bambini, e già questo dovrebbe bastare.
Gli artefici di tutto ciò che è accaduto negli ultimi tre anni sono tutti ancora in posti di comando, con tanto di segreto militare.
Le case farmaceutiche protagoniste della campagna vaccinale stanno ancora beatamente facendo soldi a palate.
Ovunque si parla di reazioni avverse anche fatali, morti improvvise, ma tutto procede come se niente fosse.
Si mandano armi ad uno Stato con cui non abbiamo niente a che fare, ma è perché l'articolo 11 della costituzione va reinterpretato in chiave gialloblù.
Insetti.
Casa a classi energetiche.
Auto a combustione estinte,
Gli UFI…
E queste sono solo alcune piccole pennellate di un quadro esposto a Davos che definire dimmmerda è un eufemismo.
È servito comprarti l'auto euro 5 anche se la vecchia funzionava ancora benone? No. Te l'hanno bloccata comunque: se l'obsolescenza programmata non basta, te ne impedisco l'uso per legge.
Ora, credi davvero che per le case non sarà lo stesso, e che la ristrutturazione che hai già in mente ti basterà per schivare la mannaia di questi criminali? La tua ristrutturazione non basterà mai, perché sposteranno gli standard sempre più in là: lo hanno già fatto con le auto e hanno visto che il popolo bue accetta tutto, perché non farlo su qualcos'altro che per loro è infinitamente più redditizio?
Ma la vera domanda è un'altra: ancora non ti basta? Ancora non hai capito che l'unica salvezza non verrà dall'esterno, ma solo da te stesso , dal tuo cambiamento, e dall'unione di tanti uomini che si sono guardati allo specchio e hanno deciso che si sono rotti i coglioni?
Stanno continuando ad alzare l'asticella.
Forse è il caso di bloccargli la mano, e infilargli quella asticella su per il culo.
Ma non solo un pezzettino. Non un pezzo per volta.
No. Tutta insieme. Tutta in una volta con insetti, casa a classi energetiche, auto elettrica, siringa, armi e green pass.
Perché questi stanno andando spediti verso crediti al carbonio, moneta digitale a tempo e ci manca un tanto così per lo sdoganamento definitivo dell'eutanasia obbligatoria al raggiungimento di una certa età.
Possiamo ancora prendere in mano l'asticella, possiamo ancora cambiare le cose cambiando noi stessi, le nostre credenze, finendola di applaudire chi recita.
Nessun mercante fa affari senza la complicità di chi compera la sua merce.
Siamo ancora in tempo.
Nulla sarà come prima.
Ma nulla deve essere come prima, perché è proprio quel PRIMA che ci ha portato a questo.
Fabiano Mazzoni.
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