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famedivittoria · 3 years
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ventitré marzo duemilaventuno.
La visita di ieri è andata molto bene. Contro ogni aspettativa, ho buttato giù quello che avevo preso in questo periodo buio e anche qualcosa in più, tra l'altro in soli quattordici giorni. Può sembrare poca roba, ma in realtà mi sentivo forte e splendida come il sole mentre uscivo vittoriosa dallo studio del mio nutrizionista, soprattutto perché non me l'aspettavo. Come da nuova regola, mi sono concessa il mio pomeriggio premio e la pizza come coronamento del piccolo successo personale, tutto reso ancora più bello dal fatto che ho anche saputo che a Pasqua avrò la giornata libera, per cui giuro solennemente di impegnarmi ad essere rigorosa fino ad allora.
Non nascondo di essere stata più volte sul punto di cedere poco prima di ieri, guardando magari un pacco di biscotti in dispensa o mia madre che iniziava a sperimentare delle ricettine nuove, insieme alle classiche, per il pranzo pasquale, ma sono stata più forte. Pensavo "perché cedere adesso quando sei stata così brava a rientrare nei ranghi dopo la delusione dell'ultima visita? vuoi sentirti ancora fuori da te? vuoi sentirti ancora una delusione?" e la risposta, naturalmente, era un no generico grande quanto una casa. Voglio rimanere equilibrata e giusta, prendendo quel "più" con tutto il piacere solo quando so di averne il pieno merito e il pieno controllo, non quando lo faccio perché mi si annebbiano la vista e i pensieri.
Mi aiuto pensando al domani.
Mi aiuto pensando alla fine e al mantenimento di un percorso che ad oggi vive da ben nove mesi ma che vorrei mi accompagnasse per tutta la vita, nonostante il solo pensiero mi faccia paura perché non so se ne sarò all'altezza.
Intanto, sono di un passo più vicina alla fine... e sorrido.
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famedivittoria · 3 years
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tredici marzo duemilaventuno.
Non voglio sembrare ripetitiva, ma in questi giorni mi sono soffermata più volte a riflettere sull'importanza del programmare. Anche solo un pensiero ordinato, talvolta, può fare la differenza. Fermarsi e riflettere, anche se può sembrare una riflessione sciocca, può davvero aiutare!
Di solito vedo il mio medico il lunedì e il fatto che sul piano alimentare il sabato sera sia il mio momento per la famosissima e agognata pizza del fine settimana mi ha sempre dato molta pressione, nonostante non sia mai più di una pizza margherita a rappresentare questo "cheating" alimentare, che tanto cheating nemmeno è essendo segnato nero su bianco. Così ho deciso, e per sicurezza vorrei interpellare anche lui, di spostare la serata golosa del sabato al lunedì sera, trapiantando invece il pasto del lunedì sera al sabato sera. So che in termini di calorie e di tutto il resto non cambia poi nulla, ma sento che psicologicamente mi renderebbe molto più tranquilla e più propensa a godermi il momento fare in questo modo piuttosto che dovermi poi confrontare con la bilancia solo due giorni dopo.
Lo so, lo so: è una paranoia inutile. Lo so. Eppure sento che fare così mi darebbe il doppio del piacere e della motivazione, non solo perché consumerei uno dei cibi che mi piace di più in totale libertà, ma anche perché in qualche modo lo sentirei come meritata ricompensa dopo le visite, i controlli, che da quando ho iniziato a perdere peso più lentamente dopo la grande botta iniziale sembrano diventare sempre più motivo di preoccupazione... ed io, in tutta sincerità, voglio evitare il più possibile questi tipi di ansie.
Voi adottate questi trucchetti?
Ps. otto giorni senza crisi di nessun genere.
Anche scrivere qui mi ha aiutato molto.
Sono fiera di me.
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famedivittoria · 3 years
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nove marzo duemilaventuno.
Ebbene sì, ieri c'è stata la visita di controllo – ne avrei scritto ieri sera stesso ma sono tornata a casa davvero esausta e inoltre avevo un bel da fare con i corsi dell'università, dunque eccomi adesso. Ora, io di nutrizione non sono un'esperta ma, nonostante la bilancia abbia sbugiardato almeno quattrocento grammi in più rispetto all'ultima volta – com'era? Che l'ago della bilancia mi stava coprendo? AH!, il medico mi dice che ciccia non è... o almeno così gli risulta. Inutile dire che di certo per me non si tratta di un premio di consolazione, considerando lo scheletro nell'armadio.
Tuttavia, quando sono tornata a casa col nuovo piano alimentare che durerà almeno fino a Pasqua, mi sentivo stranamente sollevata. Innanzitutto perché mi sono concessa la tipica giornata "easy" che ho istituito ad ogni cambio di piano alimentare – niente di particolare, un paio di giornate al mese in cui mi preparo dei pasti a scelta prima di inaugurare la nuova dieta – ma soprattutto perché, mentre mi preparavo da mangiare, notavo di farlo con consapevolezza. Ricordo perfettamente cosa ho usato, in che ordine, che sapore avesse, e la prima cosa a cui ho pensato è stata inevitabilmente quella: la differenza tra la gioia di preparare dei pasti liberi piacevoli e pensati prima, e il blackout totale che ti assale quando mangi per crisi. C'è un abisso di differenza. Ieri ero talmente felice di poter mangiare liberamente che quei quattrocento grammi in più era come se non fossero mai stati segnati, come se la fatica dei chilometri percorsi gambe in spalla e a tratti sotto l'acqua non pesasse nulla, come se ricominciare oggi con il regime pulito fosse quasi un premio, magari con la speranza di non ricadere più negli stessi errori.
Mi sono sentita brava, sì, nonostante quei quattrocento grammi, e non la bestia delle crisi.
Voglio sentirmi ancora così brava e mantenere l'equilibrio.
Voglio vincere.
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famedivittoria · 3 years
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Benvenuti.
Sento la necessità di mettere in chiaro una cosa con me stessa, ancor prima che svelarmi a voi: io non torno indietro. Non ho intenzione di perdere.
Io conosco bene la pratica e ancor meglio la teoria, ma quando la testa non collabora e gli impulsi non sono quelli giusti, quando mi sento poco più che una bestia mentre cammino avanti e indietro per la cucina percependo lo stomaco torcersi né per fame né per necessità ma solo ed unicamente perché c'è una voce bastarda a dirmi di perdere il senso della misura perché in quel momento le gira così, non ricordo più né cosa sia bene né cosa sia male per me: devo solo fare in modo di lasciarmi andare alla nebbia e raggiungere il punto di non ritorno. Fallo, fallo, fallo, prima un morso e poi un altro, prima il dolce e poi il salato, poi ancora dolce e poi ancora salato, come se non potessi mai più avere cibo in vita tua dopo questo momento, sempre di più, sempre di più, e tento inutilmente di riconnettermi al cervello tramite un filo che più tento di annodare e quello più si spezza, più si frantuma, più mi sfugge.
Sono H., ho venticinque anni, seguo con un professionista un percorso alimentare dall'estate scorsa che, fino ad ora, mi ha permesso di perdere trentatré chili. In teoria, ne avrei ancora una decina da perdere prima di raggiungere il peso ottimale per me. Non mi piace lo sport ma cammino molto, quasi tutti i giorni per almeno un'ora e mezza, e lo faccio a passo veloce per sentire soddisfazione nella fatica e sudare, fortificarmi e aiutare il corpo a raggiungere un obiettivo sempre più grande, sempre più vicino ad un benessere crescente... ma crescere, crescere, crescere, chissà a furia di crescere quando riuscirò ad appropriarmene in via definitiva, quando riuscirò ad acchiapparlo e tenerlo fermo tra le mani.
Non saprei calcolarlo con certezza in termini di giorni o di singoli episodi, ma è da più o meno un mese che con la media di una volta a settimana vivo tempeste di binge eating. E mi fa molta paura. Mi fa paura perché nemmeno agli inizi del percorso, quando lo status di oggi sembrava irraggiungibile, mi è mai capitata una cosa simile. Mi fa paura perché per ora l'ago della bilancia sembra camuffare questo mostro, ma temo il momento in cui potrebbe iniziare ad oscillare, ad essere instabile, a cancellare i progressi. Mi fa paura perché ho tentato anche di indurmi il vomito subito dopo l'episodio tra questi più grave, ma non ho ottenuto nulla più di qualche conato e qualche brutto colpo di tosse. Fa ridere pensare che il corpo faccia un po' come gli pare. Mi fa paura perché finché non ricapita nego a me stessa fatti che accadono concretamente nella realtà, come se non mi appartenessero, e riprendo serenamente la mia alimentazione pulita, corretta, come se nulla fosse successo, ma in realtà ho ancora il fiato del mostro a soffiarmi sul collo la mattina dopo, caldo e nauseabondo.
Sono H., ho venticinque anni, una delle poche cose che so fare è scrivere.
E scriverò.
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