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#utopie radicali
nofatclips · 6 years
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SuperStudio by Calibro 35 from the album Decade - Direction, editing: Patrizio Gioffredi
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liviaserpieri · 7 years
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“Radicale è una attitudine di chi ha un atteggiamento critico, di chi cerca gli strumenti da dare alla società per capire”
Utopie Radicali http://www.firenzetoday.it/eventi/mostra-utopie-radicali-architetture-palazzo-strozzi-20-ottobre-2017-21-gennaio-2018.html
Superstudio https://www.che-fare.com/architettura-radicale-pratica-immaginario/
https://www.nytimes.com/2016/04/04/t-magazine/design/superstudio-design-architecture-group-italy.html?_r=0
Rivoluzione 9999  http://www.controradio.it/space-electronic-mostra-ne-ripercorre-le-origini/
“Un gruppo di visionari che invece di lasciarsi distrarre dalla meta-narrazione e dal meta-linguaggio del loro campo professionale specifico, hanno preferito guardarsi intorno. Invece di produrre (edifici od oggetti di design) hanno piuttosto progettato immaginari che scioccassero e ci mettessero in guardia su quello che stava succedendo. E l’immagine del Condominium di Ballard non può che venirmi in mente. L’Utopia positiva del Modernismo che tutto progetta, incluse le minime abitudini quotidiane degli esseri umani, nulla può di fronte al vissuto, all’istinto, alle paure, all’esistenza reale. E così progettare spazi razionali, l’Utopia positiva (dal Bauhaus ai progetti urbanistici per Parigi, mai realizzati, di Le Corbousier, fatti di autostrade ed enormi unita’ abitative), si scontrano contro le utopie negative di cui parla invece Toraldo, che “raccontavano il male e lo portavano ai limiti”. “
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eleonora-casarin · 4 years
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Commento di un giovane campagnolo/ a young farm boy's comment
🇮🇹
È una situazione quasi surreale.
Il caldo insolito e il fatto di essere quasi sempre a casa fanno credere al mio corpo che è già estate. Non avete idea di quante volte io abbia già involontariamente pensato al mare!
Le mie giornate sono come tanti quadri fatti con solo tre colori: il blu delle videochiamate (con scuola e altri attivisti XR), il verde del lavoro sui campi e dello smercio di verdura, il giallo delle scampagnate fatte in giro per i nostri ettari di campo e alberi.
In particolare, il nostro lavoro familiare (vivo in un’azienda agricola) è lievitato: la gente non si fida più di andare nei supermercati, preferisce chiedere la nostra merce anche se è più cara.
Dopotutto, però, frutta, uova e verdure bio e consegnate direttamente a casa sembrano valere molto oggi.
La richiesta è quintuplicata: in una settimana vendiamo quello che vendevamo in un mese. Abbiamo quasi finito anche le scorte, senza le reti agricole da cui ora compriamo dovremmo presto scegliere a chi vendere e a chi no.
Mio papà è preoccupato, dice che anche le reti stanno finendo le scorte. I migranti regolari, quelli che nelle grandi aziende forniscono la manodopera necessaria e in inverno tornano in aereo a casa, quest’anno sono rimasti nei loro Paesi perché vogliono evitare di venire contagiati e morire lontano dalla famiglia.
Poi sorride, dicendo che forse in futuro potremmo permetterci di aumentare i prezzi; dopotutto, “a fare i contadini non si diventa ricchi, ma neppure si muore mai di fame”.
Io capisco che un po’ scherza, ma non ignoro che stiamo iniziando a mettere da parte un po’ di zucche e patate, e a guardare se nel fiume di nuovo pulito di fronte a casa nostra sono tornati i pesci pescabili. È solo istinto, comunque.
Con mia sorella e il cane facciamo spesso scampagnate, perché anche se siamo sul confine della provincia la Polizia non sorveglia argini e campi. Neanche le autostrade deserte vicino alla nostra proprietà, se è per quello: ormai ci sono più animaletti in pista che macchine, e il Convolvolo esplora le strade. Specialmente qui in campagna, c’è un rivivere della natura che è fenomenale.
È bello.
Quasi non riesco, non oso pensare a chi vive in città ed è bloccato in casa tutto il giorno. Finita la quarantena, sarà psicologicamente stabile quanto i superstiti della Grande Guerra, secondo me.
I miei amici del borgo infatti sono già diventati un po’ lunatici, perché o sono tremendamente attivi sui social, o diventano semplicemente introvabili. Anche se di mio sto abbastanza bene, è come se mi sentissi addosso la cappa di una società cieca che soffre perché costretta a fermarsi e per una volta pensare, e pensare, e pensare.
E poi mi manca andare in giro, quello sì. La gente ormai la vedo tutta in videochiamata, ma non è la stessa cosa.
Lo pseudo-isolamento sta facendo affiorare dei difetti diversi ad ogni persona: c’è chi diventa intrattabile, chi si impigrisce malamente, chi rompe le palle su whatsapp, chi al telefono diventa estremamente locquace (come me).
Era psicologicamente inevitabile, e col senno di poi chissà quante risate.
Questo è un evento mai accaduto prima.
Quarantena mondiale.
Da vecchi (collasso climatico permettendo) potremo leggere dai libri di storia dei nostri nipoti, e ritrovarci in quella data a pagina 635 del libro di quinta.
Ma che ci sarà scritto?
Guardo le news: ovunque il sistema sanitario è in difficoltà, l’economia boccheggia, le bufale alimentano i rispettivi nazionalismi.
In futuro, per ricominciare a giocare a chi ha il PIL più grosso, le nazioni sacrificheranno i già pochi fondi per gli investimenti verdi, di cui abbiamo invece disperatamente bisogno per prevenire problemi ben più grossi.
Ma pensiamo anche ai lati positivi, perché (per quanto piccoli) ci sono: quanto stiamo imparando da questa esperienza?
Abbiamo imparato che le videochiamate sono dannatamente utili.
I cambiamenti radicali per salvarsi le chiappe sono ancora una cosa da utopie? A quanto pare, sono stati utopie solo nel nostro immaginario.
Le mascherine non FFX sono quasi inutili, ma alla gente l’avere qualcosa davanti alla faccia fa sentire protetta: la realtà e la percezione si detestano.
Quando non hai altro da fare, i flashmobs musicali e simili non sono poi così ridicoli.
La routine può essere spezzata, la vita può cambiare in poco tempo, anche se non siamo in un fiilm.
La natura, quando non la bastoni, è molto più bella.
Ma l’industria bellica è davvero un bene di prima necessità?
Lavarsi le mani bene, a lungo, con il sapone, ci sta sempre.
Siamo probabilmente neanche a metà dell’emergenza, ci aspetta molto altro.
Comunque, altro che laboratori e scemenze varie! Per me ci sono semplicemente gli sviluppatori delle app delle videochiamate dietro a tutto questo! XD
🇬🇧
It is an almost surreal situation.
The unusual heat and the fact of being almost always at home make my body believe that it is already summer. You have no idea how many times I’ve involuntarily thought of the sea!
My days are like so many paintings made with only three colors: the blue of video calls (with school and other XR activists), the green of work on the fields and the sale of vegetables, the yellow of the outings made around our acres of field and trees.
In particular, our family work (I live on a farm) has risen: people no longer trust to go to supermarkets, they prefer to ask for our goods even if it is more expensive.
After all, however, fruits, eggs and vegetables organic and delivered directly to the house seem to be worth a lot today.
The demand is quintupled: in a week we sell what we sold in a month. We have almost run out of stocks, too, without the agricultural networks from which we now buy, we should soon have to choose who we sell to and who we do not.
My dad’s worried, says the networks are running low, too. Regular migrants, those who provide the necessary manpower in large companies and fly home in the winter, have remained in their countries this year because they want to avoid being infected and die far away from their families.
Then he smiles, saying that perhaps in the future we could afford to increase prices; after all, "you do not become rich as a farmer, but you never starve".
I understand that he is joking a little, but I am not unaware that we are starting to set aside some pumpkins and potatoes, and to look if in the river clean again in front of our house the fishes have returned. It’s just instinct, though
With my sister and the dog we often go out, because even if we are on the border of the province the police do not guard banks and fields. Not even the deserted highways near our property, for that matter: now there are more animals on the track than cars, and the convolvolo explores the streets. Especially here in the countryside, there is a revival of nature that is phenomenal.
It is beautiful.
I can’t bear to think of people who live in the city and are stuck in the house all day. After the quarantine, he’ll be as stable psychologically as the survivors of the Great War, in my opinion.
My friends in the village have already become a bit moody, because either they are tremendously active on social networks, or they simply become impossible to find.
Although I am quite well, it is as if I feel the cloak of a blind society that suffers because forced to stop and for once think, and think, and think. And then I miss going around, that I do. People now see it all on video call, but it’s not the same thing.
The pseudo-isolation is bringing out different defects to every person: some become intractable, some become poorly stacked, some break the balls on whatsapp, others on the phone become extremely locquacious (like me).
It was psychologically inevitable, and with hindsight who knows how many laughs.
This is an event never happened before.
World quarantine.
As old people (climatic collapse permitting) we can read from our grandchildren’s history books, and find ourselves on that date on page 635 of the fifth book.
But what will it say?
I look at the news: everywhere the health system is in trouble, the economy is struggling, the buffaloes are feeding the respective nationalisms.
In the future, in order to start playing with those with the largest GDP, nations will sacrifice the already limited funds for green investment, which we desperately need to prevent much bigger problems.
But let’s also think about the positives, because (however small) there are: how much are we learning from this experience?
We’ve learned that video calls are damn good.
Are radical changes to save your ass still utopian? Apparently, they were utopias only in our imagination.
Non-FFX masks are almost useless, but people feel that having something in front of their face makes them feel protected: reality and perception hate each other.
When you have nothing else to do, musical flashmobs and such are not all that ridiculous.
The routine can be broken, life can change in a short time, even if we are not in a fiilm.
Nature, when not sticks, is much more beautiful.
Is the war industry really a commodity of necessity?
Wash your hands well, for a long time, with soap, always fits.
We are probably not even halfway through the emergency, there is much more waiting for us.
However, more than labs and miscellaneous nonsense! For me there are simply developers of video call apps behind this! XD
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levysoft · 5 years
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Per molti statunitensi, il primo lavoro consiste nel fare il cassiere al McDonald’s. Per molti altri, lavorare come commesso in un centro commerciale. Si tratta quasi sempre di mansioni noiose e ripetitive. Grazie alle quali, però, molti adolescenti costruiscono le proprie attitudini al lavoro, e trovano una sorta di educazione su come si sta al mondo.
Che costituisca una utile lezione di vita, oppure mera alienazione, il “lavoretto”prima o durante gli anni dell’università o delle scuole superiori è un primo passo verso il mondo degli adulti.
Che però rischia di essere soppressa dal convitato di pietra che si aggira per l’Occidente sviluppato: l’automazione.
L’effetto sul mercato del lavoro
È un argomento su cui negli ultimi anni si è dibattuto alternando utopie radicali e toni apocalittici. L’avanzamento dell’intelligenza artificiale ha dapprima fatto scattare diversi campanelli d’allarme nel mondo politico e nei sindacati, spaventati dall’idea che i robot potessero rubare posti di lavoro a individui in carne ed ossa.
Però poi è seguito un periodo di ridimensionamento del pericolo, con nuove ricerche che hanno rassicurato i lettori sull’effettiva minaccia delle macchine. Certo c’è chi ancora si ostina a non voler affrontare la questione e le riforme del welfare che si renderanno necessarie, ma forse sarebbe il caso di adoperare un certo equilibrio.
Che l’automazione non sarà una catastrofe senza rimedio nè una passeggiata è quanto emerge da uno studio della no profit americana Brookings Institution, secondo cui appena il 25% dei posti di lavoro negli Stati Uniti è ad alto rischio di sostituzione: solo un quarto del totale, ma comunque l’equivalente di36 milioni di persone che rischiano di restare disoccupate.
Chi è a rischio e chi no
“Praticamente nessuna occupazione rimarrà invariata con i cambiamenti portati dall’era dell’intelligenza artificiale”, si legge nel rapporto. Ma l’impatto varierà molto a seconda dei settori produttivi. Le categorie più penalizzate saranno quelle con mansioni più di routine, come il manifatturiero, con il 90% delle mansioni potenzialmente rimpiazzabili. A seguire la ristorazione (85%, assediata dai robot che possono preparare il cibo senza intervento umano) e i trasporti (78%, in un contesto in cui si sta investendo molto in auto che si guidano da sole).
A detta di Brookings, tra i mestieri più sicuri invece c’è l’operatore economico, con appena il 10% delle sue mansioni che saranno rimpiazzabili. Oppure chi si occupa di arte e intrattenimento, gli ingegneri e in generale chi fa lavori che richiedono un’istruzione superiore. Il rapporto si basa sull’analisi degli impatti dell’automazione tra il 1980 e il 2016, e sulla loro proiezione fino al 2030. Un lavoro scientifico che però si basa sulle previsioni, piuttosto che su programmi industriali precisi.
Allerta per i lavoretti
Sono però i giovani, secondo Mark Muro, il coordinatore dello studio, a doversi guardare maggiormente le spalle. Sono loro infatti a a rappresentare il grosso del personale addetto alla ristorazione, e dunque la categoria di lavoratori più vulnerabile.
Negli Usa l’intelligenza artificiale potrebbe rendere disoccupato ben il 49% deilavoratori tra i 16 e i 24 anni: appena il 9% della forza lavoro totale negli Stati Uniti ma il 40% dei cassieri e dei camerieri e il 25% degli impiegati nel commercio al dettaglio. A detta di Muro, oltre all’eventuale danno economico, questa categoria potrebbe perdere un importante occasione per acquisire familiarità con il lavoro di gruppo e la realtà professionale. Una prospettiva che tocca uno dei cardini dell’etica e della cultura civica nazionale americana, e non solo.
Quali soluzioni?
Brookings insiste sulle moltiplici conseguenze negative dell’Ai: tra i lavoratori aumenteranno l’ansia, lo stress, e il senso di smarrimento per la rivoluzione tecnologica. I servizi pubblici dovranno farsi trovare preparati.
Lo studio allora ha provato a suggerire alcuni approcci per per facilitare un migliore adattamento all’avvento dei robot: più investimenti nella formazione superiore e nella riqualificazione del personale, innanzitutto, ma anche nell’aumento delle certificazioni e dei processi di apprendimento, senza dimenticare di rendere i centri d’impiego adeguati alle nuove mansioni richieste.
Alla Federal Reserve lo studioso suggerisce di lasciar perdere l’inflazione e puntare tutto, piuttosto, sulla piena occupazione. La morale dello studio dunque è che se sul lungo periodo sono quantomeno plausibili aggiustamenti del mercato del lavoro, sul breve e medio termine anche i più fermi difensori del libero mercato dovranno riconoscere che le politiche pubbliche devono ritagliarsi un ruolo importante. Altrimenti si rischia di lasciare a casa molti lavoratori senza le competenze necessarie per il nuovo mercato del lavoro.
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antifanovara · 6 years
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Diamo comunicazione della nascita del sito fight4afrin.noblogs.org, che ha lo scopo di portare avanti una mobilitazione contro l’aggressione dell’Esercito turco nel Cantone di Afrin e contro i governi, le industrie e le banche che qua in Europa sono complici delle stragi di Erdogan e dei suoi tagliagole. L’appello – Se Afrin cadrà…. sarà troppo tardi! Per più di 6 settimane abbiamo dovuto assistere all’attacco e l’occupazione da parte dello Stato turco e insieme a gruppi islamisti come ISIS e Al-Qaeda di Afrin, il cantone più a ovest del Rojava. In questa campagna di sterminio, gli invasori non si trattengono né dal ricorrere al bombardamento deliberato di civili né dall’usare armi chimiche. I mercenari islamisti e i soldati turchi fascisti lasciano una scia di devastazione, saccheggio, stupro e omicidio, praticano una pulizia etnica del territorio curdo. Finora più di 300 civili e molti militanti hanno dato la vita, decine di villaggi sono stati distrutti e centinaia di migliaia di persone hanno dovuto lasciare le loro case. Nonostante la resistenza determinata del popolo di Afrin e delle sue unità di difesa YPG / YPJ / SDF, l’esercito turco riesce a guadagnare sempre più terreno ogni giorno. Mentre l’offensiva turca è rimasta bloccata per il primo mese nella zona di confine del cantone, negli ultimi giorni importanti cittadine come Raco e Shera sono state conquistate dagli invasori. La loro destinazione è la città di Afrin, il luogo dove i civili sono fuggiti dai villaggi e dalle piccole città che hanno conquistato finora. Ciò è reso possibile dall’uso massiccio della moderna tecnologia NATO, come caccia da combattimento, l’artiglieria, i carri armati e i droni. La guerra di aggressione fascista-islamista contro Afrin non è solo il tentativo di Erdogan di distruggere il movimento curdo per la libertà. Mentre la Russia apre le porte all’Aeronautica Militare Turca e il regime siriano di Assad di fatto è inattivo, la NATO sostiene attivamente questa guerra con informazioni di intelligence, tecnologia militare, armi e munizioni provenienti dalle fabbriche occidentali. I messaggi ipocriti dei palazzi del potere non possono nascondere il fatto che questa guerra non è altro che la resa dei conti dei governi con la rivoluzione del Rojava. E’ una resa dei conti con il tentativo di contrastare il sistema capitalista con un’alternativa autodeterminata di democrazia radicale, liberazione delle donne, vera uguaglianza di genere ed ecologia sociale. Come sinistra rivoluzionaria nel mondo, dovremmo essere consapevoli del significato storico di questi giorni. L’ attacco ad Afrin è un tentativo di distruggere il progetto rivoluzionario più promettente della nostra generazione. La Rivoluzione del Rojava non è solo l’unica prospettiva emancipatoria significativa in Medio Oriente, ma anche uno degli ultimi barlumi di speranza per un altro mondo. Come nessun’altra rivoluzione degli ultimi decenni, il Rojava ci ha ispirato e dimostrato quanto sia radicale e bella la lotta per la liberazione di una società. L’eroica resistenza di YPG e YPJ a Kobanw e l’autoorganizzazione della popolazione sotto l’iniziativa delle donne, che si sono liberate, incantano migliaia di militanti di sinistra, anarchici, socialisti e femministe. In tutto il mondo, questa rivoluzione è stata discussa, ha ricevuto rispetto e solidarietà, centinaia di persone si sono recate in Rojava e hanno partecipato alla resistenza contro l’ISIS e alla costruzione di una nuova società. Nonostante tutte le contraddizioni, il movimento del Rojava, con la sua determinazione, il suo attaccamento al popolo e l’attuazione concreta delle nostre utopie, è diventato il punto focale più importante della lotta globale contro il capitalismo, il patriarcato e il razzismo. Oggi, questo progetto è con la schiena al muro. La guerra contro Afrin è una lotta per l’esistenza o non esistenza per la rivoluzione del Rojava. Se Afrin cade, anche Minbij cadrà. Con una vittoria per lo Stato turco ad ovest dell’Eufrate, l’imperialismo americano rivedrà anche la sua strategia regionale e prenderà in considerazione di consegnare la Siria settentrionale alle milizie islamiche affiliate alla Turchia sotto l’etichetta FSA, alias ISIS e Al-Qaeda / Al-Nusra. Questo non sarebbe solo l’inizio della pulizia etnica e la sanguinosa fine della rivoluzione del Rojava, ma anche l’inizio di una nuova fase nello sviluppo del fascismo turco come motore dell’islamismo mondiale – i sogni di Erdogan di nuovo Impero Ottomano con lui come sultano alla testa, non avrebbero più alcuna controparte. La dittatura all’interno della Turchia si consoliderebbe per decenni, l’espansione coloniale si estenderebbe all’ esterno. Il Medio Oriente sarebbe spinto sempre più profondamente nel caos della guerra e dell’annientamento senza una forza in grado di sviluppare un’alternativa emancipatoria. Il fatto che gli sviluppi in Medio Oriente abbiano un impatto diretto sui processi politici e sociali anche in Europa e in altre parti del mondo non è stato dimostrato solo dagli attacchi dell’ISIS negli ultimi anni. L’ascesa del razzismo, del sessismo e dell’antisemitismo nelle società europee, il nuovo militarismo e i sempre maggiori appelli allo Stato autoritario e quindi al ritorno della destra radicale sono direttamente collegati a questo. Dobbiamo essere consapevoli che le condizioni in cui noi, la sinistra rivoluzionaria, stiamo lottando nei centri del potere sono anche plasmate dagli equilibri internazionali del potere. E lo stesso vale per le condizioni politiche nelle metropoli del capitalismo, che influenzano le condizioni in cui i nostri amici combattono ad Afrin. Gli abitanti del Rojava sono ancora in piedi, YPG / YPJ / SDF si stanno opponendo a questi progetti. E questa resistenza finora ha avuto successo solo perché la gente ha deciso di dare tutto per essa. Tuttavia, non saranno in grado di difendersi dalla brutale superiorità dell’esercito turco e dei suoi aiutanti islamisti senza il sostegno internazionale. Ma nonostante le settimane di proteste in tutto il mondo, gli Stati del Nord America passando per l’Europa fino alla Russia mantengono la loro crudele decisione di porre fine a questa rivoluzione, e sembrano aver suggellato il destino del popolo del Rojava. La resistenza ad Afrin avrà successo solo se saremo pronti a dare ogni cosa, anche la più preziosa. Non continueremo a guardare passivamente questa ingiustizia. Non lasceremo la gente del Rojava e i nostri compagni di combattimento da soli, perché la guerra contro Afrin è anche una guerra contro di noi. L’attacco turco ad Afrin è l’affondo politico, economico e militare della NATO nel cuore delle nostre lotte rivoluzionarie, sogni e speranze. Portiamo questa guerra dove è approvata, sostenuta, legittimata e prodotta. Facciamo lievitare i costi per coloro che beneficiano di questa guerra. Chiameremo a rendere conto delle proprie azioni coloro che appoggiano l’assassinio dei civili e lo legittimano come una presunta “guerra al terrore”. Faremo ascoltare i sordi cittadini europei e ricorderemo alle nostre società che siamo tutti responsabili di ciò che i governi stanno facendo a nostro nome. In questo senso, invitiamo tutte le forze emancipatrici di tutto il mondo a rompere il silenzio e a dare una voce al popolo del Rojava che nessun altro possa ignorare. Se non noi, chi altro potrà ricordare alle nostre società le loro responsabilità? La situazione ad Afrin è una minaccia esistenziale per tutte le nostre prospettive rivoluzionarie – quando, se non ora, è il momento di rischiare tutto? Se Afrin cadrà, sarà troppo tardi. Solo se diamo tutto, saremo in grado di vincere tutto. Le passate azioni di solidarietà con la resistenza ad Afrin sono state giuste e positive. Salutiamo tutti i compagni che da settimane organizzano, manifestato e realizzato azioni dirette. Sono stati momenti importanti, ma non sono sufficienti. Nella situazione attuale, il silenzio assassino e il sostegno della Turchia fascista da parte della comunità internazionale ci costringe ad altri mezzi. Dobbiamo esercitare il nostro diritto di autodifesa delle nostre speranze. Le azioni dirette non solo possono essere un intervento concreto nei meccanismi di guerra e propaganda dello Stato turco e dei suoi aiutanti, ma possono anche attirare l’attenzione sulla straordinaria gravità della situazione. Ambasciate e consolati turchi in fiamme, società di armamenti sabotate e azioni militanti di massa contro i simboli del comando capitalista e imperialista romperanno il silenzio e renderanno le atrocità del fascismo turco non più ignorabili. Il sistema in Europa prevale su di noi per cooptarci e stordirci, per pacificare conflitti e contraddizioni – Facciamo che questa falsa illusione di pace sociale vada in fiamme. Mostriamo ai governanti che resistiamo agli attacchi con la popolazione del Rojava e difendiamo con ogni mezzo la rivoluzione del Rojava, che è anche la nostra rivoluzione. Lunedì 12.3.2018 chiediamo di iniziare con questa campagna militante ovunque possiamo colpire i governi: Radicali, creativi e coraggiosi, prendete parte e organizzate azioni locali come preludio ad una resistenza che dimostrerà ai potenti di questo mondo che Afrin non è sola. Come il popolo del Rojava, anche noi diciamo:”Insieme lotteremo, insieme perderemo, o insieme vinceremo”. Afrin non cadrà! Biji Berxwedana Afrin! Lunga vita alla solidarietà internazionale! Cellule radicali nel ventre della bestia 3/8/2018 Raccoglieremo tutte le azioni dirette in solidarietà con la resistenza di Afrin e gli obiettivi possibili su: fight4afrin.noblogs.org Contatto: fight4afrin[at]riseup.net INDUSTRIA DELLE ARMI Le seguenti società sono coinvolte direttamente nella guerra ad Afrin, con le loro armi e attrezzature: Rheinmetall: coinvolto nella produzione del tank Leopard 2. Kraus-Maffai Wegmann GmbH & CO. KG: Kraus-Maffai è la società di produzione del Leopard 2. Ma le seguenti società sono coinvolte in questa produzione: Northrop Grumann LITEF GmbH (Friburgo in Brisgovia / Germania) Cassidian Optronics GmbH (Unterschleißheim / Germania) RUAG Holding AG (Berna / Svizzera ) Gruppo Thales (Défense / Francia) DIEHL Remscheid GmbH & Co. KG (Remscheid / Germania) RENK AG (Augsburg / Germania) SAAB Barracuda AB (Stoccolma / Svezia ) Rheinmetall (Düsseldorf / Germania) Jenopotik AG (Jena / Germania) Dräger Safety AG & Co. KGaA (Lubecca / Germania) Nexter Group (Roanne / Francia) MTU Friedrichshafen GmbH (Friedrichshafen / Germania) KMW Schweißtechnik GmBH (Amburgo / Germania) DSL Defense Service Logistics GmbH (Freisen / Germania) VPS Vehicle Protection Systems GmbH (Monaco di Baviera / Germania) A TM ComputerSysteme GmbH (Costanza / Germania) Mercedes: Produzione di veicoli per il trasporto di carrarmati. Produce anche veicoli corazzati per spostare truppe e attrezzature. Heckler & Koch: Heckler & Koch produce fucili e vende licenze per la produzione in Turchia. MTU Friedrichshafen: I carri armati turchi sono equipaggiati con motori diesel MTU. MUT fornisce per i cannoni dell’esercito turco unità ad alte prestazioni. Anche i motori diesel MTU sono usati nella marina turca. RENK AG: I Sabra, i principari carri armati sono equipaggiati con riduttori della RENK AG Triton Water AG: Produce attrezzature sanitarie per navi da guerra, vendute anche in Turchia (Norderstedt / Germania) Witt und Sohn AG: Produce ventilatori per navi da guerra, venduti anche in Turchia Aeroporto Husum Schwesing: Sede della Forza Di Risposta della NATO (NRF), unità di volo PATRIOT (Husum / Germania) Metallverarbeitungsgesellschaft Schubert und Co: Sistemi utilizzati nelle navi da guerra, venduti anche in Turchia AIRBUS: Parte di EADS (la settima più grande compagnia di armamenti), produce aerei da guerra e molto altro GERMANISCHER LLOYD AG: Produce navi da guerra, vendute anche all’esercito turco (Amburgo / Germania) AGOSTO FM BOHNHOFF E .: K: Produce cucine per navi da guerra, anche vendute all’esercito turco (Halstenbek / Germania) HAMANN AG: Produce sistemi idraulici per navi da guerra, venduti anche all’esercito turco (Hollenstedt / Germania) Fritz Werner Industrie-Ausrüstungen GmbH: Fabbrica di cartucce, che vende anche in Turchia (Geisenheim / Germania) Logic Instrument: Produce componenti per diversi carri armati (Leopard, Puma, Marder, Wiesel, Fennek) (Heusenstamm / Germania) EURO-ART GmBH: Fondata per creare il sistema radar di artiglieria “COBRA” (Monaco / Germania)
LE BANCHE FINANZIANO L’INDUSTRIA DELLE ARMI Le seguenti banche sono coinvolte nel finanziamento e nel profitto dalla produzione e dalla vendita di Leopard 2 tramite società come Kraus-Maffai Wegmann GmbH & CO. KG e Rheinmetall: Deutsche Bank Commerzbank Bayern LB HypoVereinsbank Helaba Landesbank Hessen-Thüringen Allianz Societe Generale Axa Lloyds Banking Group UBS BNP Paribas HSBC Credit Suisse Prudential Crédit Agricole ING UniCredit Group Azioni dirette in solidarietà con la resistenza di Afrin fino ad ora: 10.03. – Contro un’auto di un fascista turco a Marignan / Francia 09.03. – Molotov contro il club dei fascisti turchi a Lauffen am Neckar / Germania 08.03. – Contro un’auto di un agente turco a Parigi / Francia 07.03. – Attacco su un’auto a Berlino / Germania 06.03. – Contro un caffè di fascisti turchi a Berlino / Germania 28.02. – Contro una fabbrica di Istanbul / Turchia 27.02. – Contro l’ambasciata turca a Berlino / Germania 26.02. – Contro un collaboratore dell’AKP ad Ankara / Turchia 24.02. – Contro un caffè fascista a Heilbronn, in Germania 24.02. – Contro una fabbrica di tessuti appartenente ad un collaboratore dell’AKP a Bursa / Turchia 21.02. – Contro il DOCUP a Darmstadt / Germania 21.02. – Contro l’azienda aerospaziale OHB a Brema / Germania 19.02. – Contro un’auto di DITIB a Berlino / Germania 18.02. – Contro il DOCUP a Dresda / Germania 17.02. – Contro la CDU di Hannover / Germania 16.02. – Contro la conferenza di guerra della NATO a Monaco di Baviera / Germania 15.02. – Contro le associazioni di fascisti turchi a Wiesbaden / Germania 14.02. Contro una fabbrica appartenente ad un collaboratore di AKP a Gebze / Turchia 09.02. – Contro la SPD a Coblenza / Germania 06.02. – Contro Thyssen Krupp a Francoforte / Germania 02.02. – Contro la compagnia turca “Istikbal” ad Atene / Grecia 02.02. – Contro la CDU a Lipsia / Germania 31.01. – Contro la CDU di Stoccarda / Germania 29.01. – Contro una lobby dell’AKP a Stoccolma / Svezia 29.01. – Contro un’auto del consolato turco.in Zurigo / Svizzera 29.01. – Contro il consolato generale turco a Stoccarda / Germania 29.01. – Contro il DOCUP di Stoccarda / Germania 29.01. – Contro la polizia di Lipsia / Germania 27.01. – Contro il DOCUP di Lipsia / Germania 27.01. – Contro un club di fascisti turchi all’Aia / Paesi Bassi 26.01. – Contro il DOCUP di Amburgo / Germania 26.01. – Contro la casa di un fascista turco a Stoccarda / Germania 26.01. – Contro il DITIB a Francoforte sul Meno / Germania 26.01. – Contro il MHP di Offenbach / Germania 25.01. Contro il consolato turco a Marsiglia / Francia 25.01. – Contro il DOCUP di Lipsia / Germania 25.01. – Contro DITIB a Stadte, Bützfleht / Germania 24.01. – Contro un’associazione di fascisti turchi a Rotterdam / Paesi Bassi 24.01 – Contro l’auto di un agente del MIT a Parigi / Francia 23.01. – Contro l’auto di un fascista turco a Heilbronn, in Germania 22.01. – Contro il centro DITIB a Minden / Germania 22.01. – Contro il consolato generale turco a Salisburgo / Austira 22.01. – Contro il centro DITIB a Lipsia / Germania 21.01. – Contro il centro MHP a Kassel / Germania fonte: fight4afrin.noblogs.org
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francocilli · 5 years
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Capitalismo e lotta di classe: una risposta a Alessandro Barile
Capitalismo e lotta di classe: una risposta a Alessandro Barile
da Micromega
Alessandro Barile è stato attento lettore di due miei libri recenti, “Utopie letali” e “La variante populista”, da lui commentati sul sito Carmilla con una posizione lontana dalle reazioni scandalizzate di molti intellettuali delle sinistre (cosiddette) radicali o antagoniste. In particolare, è stato fra i pochi ad apprezzare (o almeno a considerare stimolanti e legittime) due…
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decorfrontline · 6 years
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Today's archidose #994
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Today's archidose #994
Here are some photos of La città lineare per Santa Croce (1969) by Zziggurat (Alberto Breschi, Roberto Pecchioli) from Radical Utopias Beyond Architecture: Florence 1966–1976, which closed on January 21 at Palazzo Strozzi in Florence. (Photos: Trevor Patt, who has lots of photos of the exhibition in his “Utopie Radicali” Flickr set.)
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particellare · 6 years
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Utopie Radicali Oltre l’architettura: Firenze 1966-1976 - Palazzo Strozzi, 13-01-2018
Utopie Radicali Oltre l’architettura: Firenze 1966-1976 – Palazzo Strozzi, 13-01-2018
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phdiegocicionesi · 6 years
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simonarinaldi · 7 years
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Palazzo Strozzi - Il Cinquecento a Firenze - Utopie Radicali
Palazzo Strozzi – Il Cinquecento a Firenze – Utopie Radicali
#500 IL #CINQUECENTO A #FIRENZE #Utopie Radicali, Oltre l’Architettura a Firenze 1966-1976 Video sulla Mostra http://www.palazzostrozzi.org
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italiaefriends · 7 years
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Palazzo Strozzi ancora una volta protagonista con due eventi d'eccezione, "Il Cinquecento a Firenze" dal 21 settembre 2017 al 21 gennaio 2018 e "Utopie Radicali" dal 20 ottobre 2017 al 21 gennaio 2018. Assolutamente da non perdere. @enititaliaturismo @italiait @MiBACT @italianfriends #comunichiamoalmondolitalia (presso Palazzo Strozzi)
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lucianodonatini · 7 years
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Archizoom - Letto di sogno - Naufrgio di rose - 1967 - UTOPIE RADICALI Oltre l’architettura: Firenze 1966-1976 a cura di #PinoBrugellis #GianniPettena #AlbertoSalvadori #GalleriaLaStrozzina #PalazzoStrozzi #utopieradicali #designblogger #designlovers #radicaldesign #archizoom
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occhioriflessopss · 7 years
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Sin dai tempi dell’antico Egitto le palme sono state simbolicamente utilizzate sia in architettura che in religione, plasmando la forma delle capitali egiziane così come le cerimonie atletiche dei romani, ma principalmente esse sono associate, per la loro altezza ed il tronco longilineo, alle colonne. Al giorno d'oggi in Europa, quella della palma è un'immagine problematica, soprattutto dopo la tragica invasione del punteruolo rosso, un coleottero parassita che ha causato la morte di migliaia di palme in tutto il Mediterraneo nel corso degli ultimi anni. Originario dell'Asia tropicale, il punteruolo rosso si è spostato attraverso l'Africa e l'Europa sin dagli anni '80. Dopo la sua diffusione si è registrato il collasso delle palme in tutta l'Europa meridionale, una sorta di rovina naturale di materiale organico. Le coste sarde, siciliane, spagnole, portoghesi, greche, tunisine, egiziane, libiche, sono piene di palme spezzate che ricordano le colonne in rovina di edifici classici; le palme sono in rovina e il Mediterraneo è in fiamme. 
Nell'osservare il lavoro di Giaime, lo abbiamo immaginato simile a quello del neozelandese di Doré, a raffigurare le rovine dell'Europa meridionale per scriverne una storia di declino, decadenza, utopie fallite. C'è, comunque, un senso fondamentalmente problematico nella sua descrizione di questo scenario: narrazioni storiche o identitarie sembrano essere concetti difficili; il risultato, nell’immagine generale, è quello di una terra immaginaria, di una dialettica tra realtà e finzione, passato e futuro, creati dall'autore per la propria estetica, allo scopo di rispondere ad alcune domande radicali. C'è un origine ideale condivisa dai paesi del Mediterraneo? Un'identità visiva? Un passato mitico da scoprire? Un' estetica comune di qualche genere?
L’ultima sembra essere l’ipotesi più possibile, e la narrazione complessiva creata da Giaime con il suo viaggio fotografico riassume questa estetica del Mediterraneo: un'esotica, brutale, tropicale, pittoresca immagine di un paese immaginario in rovina.
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Since the time of ancient Egypt palms have been symbolically used in both  architecture and religion, shaping Egyptian capitals as well as Roman athletic rituals, but most of all they are associated, because of their tall, clean trunk, to columns. Nowadays in Europe, that of the palm plant is a problematic kind of image, especially after the tragic invasion of the red palm weevil, a parasite beetle which caused the death of thousands of palm plants all over the Mediterranean during the last years. Originally from tropical Asia, the red palm weevil has moved through Africa and Europe since the 80's. After its diffusion there has been a collapse of palms all over Southern Europe, a sort of natural ruin of organic material. Sardinian, Sicilian, Spanish, Portuguese, Greek, Tunisian, Egyptian, Lybian coasts are filled with broken palms resembling ruined Columns from classical buildings; palms are in ruin and the Mediterranean is on fire. Looking at Giaime's photographic images we can ask ourselves what kind of gazers we are, if we are looking at the ruins of something we belong to or not, if there' any (and what kind of, eventually) distance between us and this scenario; a distance that can be spatial, chronological, or sentimental. We've imagined that Giaime was working like Dorè's New Zealander, depicting the ruins of Southern Europe and writing a story of decline, decay, failed utopias. There is, anyway, a fundamental point in his depiction of this scenario: historical, identitarian narratives seem to be troubled notions, the resulting, overarching image, is that of an imaginary land, a dialectic between reality and fiction, past and future, created by the author for his own aesthetic, visual purpose to answer some radical questions. Is there an ideal origin shared by the Mediterranean countries? A visual identity? A mythical past to uncover? An aesthetic of sorts? The last seems to be the most possible of the hypothesis, and the overall narrative created by Giaime with his photographic tour summarizes this Mediterranean aesthetic: an exotic, brutal, tropical, picturesque image of a non existing country in ruins.
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lucianodonatini · 7 years
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Archizoom - Letto Elettro rosa (serie Rosa imperiale) 1967 - UTOPIE RADICALI Oltre l’architettura: Firenze 1966-1976 a cura di #PinoBrugellis #GianniPettena #AlbertoSalvadori #GalleriaLaStrozzina #PalazzoStrozzi #utopieradicali #designblogger #designlovers #radicaldesign #archizoom
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lucianodonatini · 7 years
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Lapo Binazzi "MGM" - UTOPIE RADICALI Oltre l’architettura: Firenze 1966-1976 a cura di #PinoBrugellis #GianniPettena #AlbertoSalvadori #GalleriaLaStrozzina #PalazzoStrozzi #utopieradicali #designblogger #designlovers #radicaldesign #lapobinazzi
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lucianodonatini · 7 years
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Lapo Binazzi "Paramount" - UTOPIE RADICALI Oltre l’architettura: Firenze 1966-1976 a cura di #PinoBrugellis #GianniPettena #AlbertoSalvadori #GalleriaLaStrozzina #PalazzoStrozzi #utopieradicali #designblogger #designlovers #radicaldesign #lapobinazzi
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