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#una vita per una vita recensione
dedoholistic · 1 year
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Giada Rossa – Una vita per la libertà – di Fiori Picco
Recensione di Maria Teresa De Donato
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kon-igi · 5 months
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E ADESSO È IL MOMENTO DELLA RECENSIONE
Finalmente mi è arrivato e sebbene ne avessi già letto in anteprima la bozza posso finalmente parlarvi di NEL GNOME DEL PADRE, il primo romanzo di Matteo Jamunno aka @yomersapiens
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Senza fare alcun spoiler sulla trama posso dirvi che è
UN PREZIOSO PEZZO UNICO
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ELEVERÀ IL VOSTRO SPIRITO
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VI SCONVOLGERÀ
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E ARRIVANDO AL MOMENTO GIUSTO
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VI PROTEGGERÀ DAI COLPI DELLA VITA
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SEPPUR CON QUALCHE SORPRESA INASPETTATA
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Per il resto posso solo riportare le raccomandazioni dell'autore
Scrivetemi, così ve lo spedisco e vi faccio pure una dedica e ci metto dentro qualche pelo di Ernesto. Se invece vi vergognate di scrivermi e lo volete ottenere a mia insaputa beh fate pure, lo potete trovare un po’ ovunque. Qua il link alla casa editrice, diciamo quello ufficiale. È presente anche nel catalogo Feltrinelli IBS quindi che figata, andate in una libreria e ordinatelo da lì che magari crea attenzione e qualcuno mi caga. Noto ora che è già col 5% di sconto. Cioè manco è uscito e già c'è lo sconto. Ho capito, pure sto mese si mangia solo zuppa di cavolo. Vorrei dire che non mi causa rodimento di culo, ma lo trovate anche su Amazon. Non ha abbastanza soldi Bezos, no. Si prende pure la percentuale sul mio libro. Se avete Kindle o cose così, vi basterà fare una breve ricerca scrivendo il mio cognome, Jamunno, e lo troverete. Non so perché col titolo del romanzo non funziona subito ma vabbè, è la prima volta che il mio cognome inusuale serve a qualcosa. Poi boh, se volete scrivermi per parlarne, lo avete letto e volete chiedermi cose o insultarmi, mi piacerebbe molto dato che mi sento sempre solo.
Ah sì, giusto... c'erano pure i peli di Ernesto il Rosso Micio
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e la dedica <3
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Siate i mecenati di questo giovane scrittore esordiente e già che avete le dita sullo schermo rebloggate gentilmente per pubblicizzarlo.
Grazie <3
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l-incantatrice · 3 months
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Il caso di Giovanna Pedretti deve far riflettere sulla pericolosità dei social,sulla pericolosità dell’uso che se ne fa. Ancora non sappiamo se la donna abbia scritto una recensione falsa,ma anche se fosse non era il caso di accanirsi così contro di lei. In fondo non ha rubato,rapinato o ucciso qualcuno. Molte persone sui loro profili social scrivono falsità e magari sono pure ammirate per questo. Su Tumblr ho visto qualcuno diventare famoso,essere considerato un bravo scrittore,magari ha anche pubblicato qualche suo libro online,ma non faceva altro che scopiazzare frasi di veri scrittori.
Nel caso di Giovanna non capisco il comportamento di certi influencers,come Biagiarelli e la sua compagna Selvaggia Lucarelli,che si sono accaniti nel sottolineare la falsità della recensione. Credo che sui social vadano introdotte delle regole precise sui comportamenti da tenere. Purtroppo nel virtuale le persone,spesso in anonimato o con falsi nickname,fanno di tutto e dicono le peggiori cose,senza rendersi conto che non conoscendo quelli contro cui si accaniscono,non sanno come potranno reagire alle cattiverie subite. C’è chi reagisce con un alzata di spalle e torna alla sua vita senza problemi e c’è invece chi,molto sensibile e vulnerabile,può arrivare a gesti estremi,come nel caso di Giovanna e tanti altri. È una questione etica molto importante,non possiamo più fare finta di niente
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bicheco · 3 months
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Ferocia social
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Mi ha molto colpito questa vicenda della ristoratrice Giovanna Pedretti. Due cose in particolare:
1) Ammettiamo pure che la signora abbia contraffatto il post della recensione + risposta (e non è neppure detto che sia stata lei, eccetera). Rimane comunque una PICCOLA bugia a FIN DI BENE, in cui nella sostanza si affermano dei valori condivisibili (rispetto della disabilità, critica all'omofobia). Una sorta di bugia bianca, ingenua forse, ma apprezzabile (che poi il tutto possa avere un fine pubblicitario non ha alcun senso: tutti i social e tutti i post hanno sempre un fine promozionale). Detto ciò: una piccola bugia di una piccola, anonima, ristoratrice meritava una reazione da parte dell'esercito Lucarelli, una che ha milioni di followers e che smuove i social come nessun altro?! Secondo me, assolutamente no! Selvaggia, tu dovresti attaccare e fare le pulci ai potenti, non agli ultimi, devi essere consapevole (e lei lo sa bene!) che le tue accuse spalancheranno le porte dell'inferno, e non tutti sono abbastanza forti da reggere la c.d. "gogna mediatica". Io personalmente spero che da questa tragedia possa nascere una riflessione seria sull'argomento.
2) Il secondo aspetto che sconvolge è la totale mancanza di empatia e compassione da parte della Lucarelli e del compagno: ma come, la signora si suicida, probabilmente anche a causa tua, e non senti il bisogno come primo atto pubblico di esprimere dolore e rincrescimento per un essere umano che si è tolto la vita? Triste, avvilente, sconcertante.
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ideeperscrittori · 6 months
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(Io che parlo di cazzate su Facebook)
– Non mi piace il tuo comportamento su Facebook.
– Cosa intendi?
– Ci sono guerre, tragedie, il pianeta sembra incamminato verso lo sfacelo, e tu ogni tanto scrivi post a proposito di cazzate. Perché?
– Perché sono un essere umano. Le cazzate sono una parte essenziale della mia vita.
– Non è una buona scusa. Mentre tu parli di cazzate, sai cosa succede? La gente muore.
– Lo so.
– Mentre tu fai la recensione di un film trash, ci sono corpi di bambini che vengono mutilati.
– Ne sono amaramente consapevole.
– Qualche giorno fa hai scritto un post sul tuo profilo personale. Te lo ricordi?
– No. Forse l'ho rimosso dall'archivio della mia memoria.
– Te lo ricordo io. Parlava di sacchetti della spesa. Ti lamentavi del fatto che non ricevi ovazioni ogni volta che ne apri uno al primo colpo. Proprio mentre immense tragedie fanno precipitare l'umanità nel baratro, tu hai il coraggio di essere triste per una stronzata del genere.
– A volte sono triste anche per cose più stupide. A volte sono triste senza un motivo umanamente comprensibile. A volte vedo una giacca verde e mi sento triste.
– E quando ti lamenti perché non fanno la seconda stagione di una serie che ti è piaciuta? Vogliamo parlarne?
– Non infierire. Mi piaceva quella serie. Mi rendeva le serate più piacevoli.
– Ti sei lamentato per il caldo. Lo hai fatto per mesi. Ci sono catastrofi che distruggono la vita delle persone e tu cosa fai? Ti lamenti per il caldo. Non provi vergogna?
– Non ho scuse.
– Certo che non ne hai.
– E sai cosa fai ogni tanto? Questa è forse la cosa che mi innervosisce maggiormente. Condividi stupidi meme. E magari ci ridi su. Mentre tu ridi, la gente muore.
– Cosa dovrei fare?
– Semplice. Fai come me. Renditi utile. Informa le persone a proposto dei grandi problemi che mettono in pericolo la sopravvivenza dell'umanità.
– Ne parlo ogni tanto. Nel mio piccolo, sono un attivista libertario.
– Devi parlarne sempre.
– Non posso farlo.
– Perché?
– Perché sono un essere umano. Mi aggrappo alle cazzate per sopravvivere. E poi non voglio mentire. Non voglio dare un'immagine eroica di me stesso. Sono come tante altre persone. Forse peggio. Sono un pantofolaio asociale. Non c'è nulla di più inutile di un pantofolaio asociale. Ho un sacco di passioni stupide e disimpegnate, che servono solo a farmi passare le ore. E servono anche per non farmi pensare all'incessante scorrere del tempo.
– Ecco che ricominci. Ora ti lamenti dello scorrere del tempo. C'è gente che muore prima dei vent'anni e tu stai qui a piagnucolare per il tempo che passa, invece di ringraziare la buona sorte per essere ancora vivo.
– Faccio schifo. Contento? Se fossi una persona che sta per essere uccisa, sai cosa rimpiangerei?
– Sentiamo.
– Le cazzate. Avrei una struggente nostalgia delle cazzate. Si, sono fatto così.
– E ne vai fiero, immagino.
– Per niente.
– Non sperare di ottenere una sorta di redenzione con questa tua ammissione.
– Per fortuna ci sei tu che cambi il mondo con i tuoi post su Facebook.
FINE
[L'Ideota]
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Ho ucciso l'angelo del focolare. È stata legittima difesa.
Mi accorsi che se volevo recensire dei libri, dovevo combattere contro un certo fantasma. E il fantasma era una donna, e quando imparai a conoscerla meglio la chiamai come la protagonista di una famosa poesia, la chiamai l’Angelo del focolare. Era lei che quando scrivevo una recensione si metteva in mezzo tra me e il mio foglio. Era lei che mi angustiava e mi faceva perdere tempo e mi tormentava a tal punto che alla fine la uccisi. Voi che appartenete a una generazione più giovane e più felice forse non capite che cosa intendo per Angelo del focolare. Proverò a descrivervela il più brevemente possibile. Era infinitamente comprensiva. Era estremamente accattivante. Era assolutamente altruista. Eccedeva nelle difficili arti del vivere familiare.Si sacrificava quotidianamente. Se c’era il pollo, lei prendeva l’ala; se c’era uno spiffero, ci si sedeva davanti lei; insomma era fatta in modo da non avere mai un pensiero, mai un desiderio per sé, ma preferiva sempre capire e compatire i pensieri e i desideri degli altri. E soprattutto(non occorre dirlo) era pudica. Il pudore era ritenuto la sua bellezza piu grande, i suoi rossori il suo più bell’ornamento. A quei tempi (gli ultimi della Regina Vittoria) ogni focolare aveva il suo Angelo. E quando incominciai a scrivere me la trovai davanti alle prime parole. L’ombra delle sue ali cadevano sulla mia pagina; sentivo nella stanza il fruscio delle sue gonne. Non appena presi in mano la penna per recensire il romanzo di quell’uomo famoso, insomma, lei mi scivolò alle spalle sussurrandomi:« Mia cara, sei una ragazza giovane. Stai scrivendo di un libro che è stato scritto da un uomo. Sii conprensiva; sii tenera, lusinga, inganna, usa tutte le arti e le astuzie del nostro sesso. Non far mai capire che sai pensare con la tua testa. E soprattutto, sii pudica. » E fece come per guidare la mia penna. Ora voglio registrare l’unico gesto per cui mi assumo qualche credito, anche se di diritto il credito va dato a certi miei ottimi antenati che mi lasciarono una certa somma di denaro (facciamo cinquecento sterline I’anno?), sicché non mi trovavo nella necessità di dipendere esclusivamente dalle mie grazie per sopravvivere. Mi voltai e l’afferrai per la gola. Feci del mio meglio per ucciderla.
La mia giustificazione, se mi avesse trascinata in tribunale, sarebbe stata che avevo agito per legittima difesa.Non l’avessi uccisa, lei avrebbe ucciso me. Avrebbe succhiato la vita dai miei scritti. Perché, e me ne resi conto subito appena impugnata la penna, non si può recensire neppure un romanzo senza pensare con la propria testa, senza esprimere quella che secondo noi è la verità sui rapporti umani, sulla morale, sul sesso. E di tutti questi problemi, secondo l’Angelo del focolare, le donne non devono parlare liberamente e apertamente; le donne devono ammaliare,devono conciliare, devono, per dirla brutalmente, dire bugie se vogliono avere successo. Perciò, ogni volta che avvertivo l’ombra della sua ala sulla pagina, o la luce della sua aureola, afferravo il calamaio e glielo scagliavo contro. Ce ne volle per farla morire. La sua natura fantastica le dava un vantaggio. È molto piu difficile uccidere un fantasma che una realtà. Credevo di averla liquidata e invece eccola li di nuovo. Benché mi lusinghi di averla uccisa infine, fu una lotta durissima; che richiese del tempo che sarebbe stato piu utilmente impiegato a imparare la grammatica greca; o a girare il mondo in cerca di avventure .Ma fu una vera esperienza; un’esperienza che doveva toccare a tutte le donne scrittrici a quell’epoca. Uccidere l’angelo del focolare faceva parte del mestiere di scrittrice.
Virginia Woolf, La morte della falena e altri saggi, 1942.
Illustrazione: Liuba Gabriele
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valentina-lauricella · 8 months
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Amazon, ora che ti ho scritto questa recensione, raccontami una barzelletta.
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Una bella sorpresa
I riassunti di questo poemetto spiegano che parla dei moti rivoluzionari italiani del '20/'21, come se si trattasse di un pamphlet politico. Il che, non è. Piuttosto, è una favola, in cui sembra riaccendersi il Leopardi fanciullo, erudito assorbitore di epopee antiche, immerso in immagini meravigliose di un mondo primigenio, nel suo sorgere magmatico in cui uomini e dinosauri convivono, ed Atlantide ancora emerge dalla spuma delle onde. Un mondo in cui gli animali sono civili, come gli uomini, e possiedono un'anima, e il loro oltretomba. Frequenti le digressioni dalla trama, tuttavia in essa coese e giustificate, in cui l'autore esprime, con logica stringente armata d'ironia, le sue concezioni filosofiche riguardo alla presunta bontà della Natura e alla conoscenza. Ma dopo aver letto questo poemetto, sentirete con tutti voi stessi che Leopardi non era un personaggio monolitico e definibile al quale attribuire idee e bandiere come, ad esempio, l'ateismo. Sentirete insieme a lui la terribile meraviglia di essere umani, sull'orlo del mistero razionalmente irresolubile del fine della vita e dell'oltre, alle soglie del nulla o d'infinite possibilità. E lì dove la ragione non arriva, conviene chiudere gli occhi e sognare per creare quella realtà che, in sé, ci sfugge, ma che ci serve come trampolino di lancio per sublimi voli dell'immaginazione.
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
ESPRESSIONI ARCHETIPALI
In letteratura, esistono i racconti "archetipali".
Ecco come ne ho spiegato la natura nel mio "Il '300 di Boccaccio e dei lettori del Decameron":
[...]
Camilleri ricorda di aver scritto un racconto breve che in seguito scoprì essere molto simile ad un altro racconto pubblicato in precedenza da Jorge Amado. Non sapendo come spiegarsi una così sorprendente analogia, pensò all’esistenza di “storie marinare” che in qualche modo transitano entro la memoria collettiva e vengono attinte senza volerlo da più di un narratore.
Di questo genere di storie, aveva anche scritto Dante definendole “archetipali”. Il discorso venne ripreso da Italo Calvino in una recensione pubblicata su “Repubblica” : «[...] Beniamino Joppolo aveva scritto nel 1937 un breve racconto in cui il segreto d'una rispettabile famiglia d'oggi è che tiene in casa uno zio scimmione (l'evoluzione biologica in quella famiglia ha funzionato con ritardo ma a grande velocità); il nipote cerca di nasconderlo alla sposa, la quale invece trova il fatto scientificamente interessante e promettente. Il bello è che io, senza saperne niente, ventisette anni dopo ho scritto un racconto che, pur essendo quanto mai diverso, ha esattamente lo stesso schema: nell'era carbonifera, una famiglia d'animali terrestri ha uno zio che è rimasto pesce; il nipote lo vorrebbe nascondere alla fidanzata che invece ne è entusiasta. Il che prova che le strutture narrative esistono per conto loro come figure geometriche o idee platoniche o archetipi astratti e s'impongono all'immaginazione individuale dei singoli autori. È da notare che nessun critico (che io ricordi) ha mai scoperto questa analogia: e ciò prova che non c'è letteratura meno conosciuta dell'italiana. [...]».
Si tratta di una suggestione: perdersi ad immaginare Boccaccio che attinge a quest’iperuranio di racconti che appartengono ad un patrimonio collettivo invisibile ma disponibile attraverso il ricorso ad un’ispirazione creativa.
[...]
Questa spiegazione vale anche per la pittura, a maggior ragione per l'arte figurativa.
L'esempio più interessante è dato da due artisti che non si sono mai conosciuti e che hanno vissuto in luoghi diversi: Vincent van Gogh (1853 - 1890) e Edvard Munch (1863 - 1944).
Con il suo "Sulla soglia dell'eternità", risalente al 1890 e conservato nel Kröller-Müller a Otterlo, Van Gogh mette in forma il prologo di cupezza, solitudine, disperazione pietosa che ghermisce l'animo turbato di un vecchio ormai consapevole delle ultime vibrazioni di vita.
Il segno del baratro.
Il segno del nulla destinale.
Munch, con il suo celebre "Urlo", di una data incerta tra il 1893 e il 1910, conservato nella Galleria Nazionale a Oslo, coglie sentimenti simili, proiettati tuttavia sullo sfondo di una caduta del senso che anticipa la visione della soglia finale.
Come se i tremiti di quel vecchio si fossero propagati nell'onda mentale avvertita, a distanza, da una figura instabile, quella di un essere umano che consuma in un urlo agghiacciante il tragico della coscienza.
La misura del mondo giace sotto un unico velo.
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petalididonna · 1 year
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«Ho ucciso l’angelo del focolare. È stata legittima difesa».
Virginia Woolf
«Mi accorsi che se volevo recensire dei libri, dovevo combattere contro un certo fantasma, una donna, l’Angelo del focolare. Era lei che quando scrivevo una recensione si metteva in mezzo tra me e il mio foglio. Mi tormentava a tal punto che alla fine la uccisi.
Voi che appartenete a una generazione più giovane e più felice forse non capite che cosa intendo per Angelo del focolare. Proverò a descrivervela il più brevemente possibile. Era infinitamente comprensiva. Era estremamente accattivante. Era assolutamente altruista. Eccelleva nelle difficili arti del vivere familiare.
Si sacrificava quotidianamente. Se c’era il pollo, lei prendeva l’ala; se c’era uno spiffero, ci si sedeva davanti lei; insomma era fatta in modo da non avere mai un pensiero, mai un desiderio per sé.
A quei tempi ogni focolare aveva il suo Angelo. E quando incominciai a scrivere me la trovai davanti alle prime parole. L’ombra delle sue ali cadeva sulla mia pagina; sentivo nella stanza il fruscio delle sue gonne. Non appena presi in mano la penna per recensire il romanzo di quell’uomo famoso, insomma, lei mi scivolò alle spalle sussurrandomi:
"Mia cara, sei una ragazza giovane. Stai parlando di un libro che è stato scritto da un uomo. Sii comprensiva; sii tenera, lusinga, inganna, usa tutte le arti e le astuzie del nostro sesso. Non far mai capire che sai pensare con la tua testa".
Mi voltai e l’afferrai per la gola. Feci del mio meglio per ucciderla. Avevo agito per legittima difesa. Non l’avessi uccisa, lei avrebbe ucciso me. Avrebbe succhiato la vita dai miei scritti.
Secondo l’Angelo del focolare, le donne non devono parlare liberamente e apertamente; devono ammaliare, conciliare, dire bugie se vogliono avere successo. Perciò, ogni volta che avvertivo l’ombra della sua ala sulla pagina, o la luce della sua aureola, afferravo il calamaio e glielo scagliavo contro. Uccidere l’angelo del focolare faceva parte del mestiere di scrittrice».
💐💐💐👍👍👍
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klimt7 · 2 months
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10 marzo 2024 SEGNALAZIONI DI FILM
FILM ASSOLUTAMENTE DA VEDERE
LA ZONA DI INTERESSE
Com'è vivere accanto ad Auschwitz? Com'è guardare chi vive accanto ad Auschwitz?
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Un film molto potente, calmo, lucidissimo inesorabile e devastante.
Un film modernissimo che pare rivolgersi a noi spettatori del ventunesimo secolo alle prese con il rischio sempre più reale e imminente che certe dinamiche autoritarie e fasciste accadano di nuovo.
Un'opera cinematografica che ti entra dentro lavorando proprio sul piano emotivo, agendo sulle emozioni che suscita nello spettatore
Un opera che lavora piano piano fino a scavarti dei vuoti tremendi. Delle domande terribili. Un film drammatico nel senso più profondo e integrale.
Un film che agisce sullo spettatore non per mostrargli scene violente o di sangue, ma la vita spicciola e quotidiana di una normalissima famiglia tedesca, di fine anni Trenta, fino a portarlo, alla domande definitive e dilanianti:
Come poterono non vedere?
Come poterono non sentire?
Come poterono non porsi domande e fermare quell'avanzata lenta e inesorabile del Male Assoluto?
Domande essenziali.
Sul piano emotivo e su quello psicologico.
Fino a farti alzare dalla poltrona, a fine proiezione, avvolto in un vortice di vertigini e di domande, di interrogativi, di dubbi e di profondo disgusto verso ciò che fu il fenomeno dell'Olocausto nazista.
Mi fermo qui, lasciandovi la prima recensione che ho letto (rigorosamente dopo aver visto il film) e in cui mi riconosco completamente.
Un consiglio?
Andate a vederlo e state a vedere l'effetto emotivo che scatena dentro di voi.
Vi assicuro che ne vale la pena.
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multiverseofseries · 2 months
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Moon Knight: Una folle corsa tra mistero e avventura
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Non posso nascondere l'entusiasmo nello scrivere le prime righe di questa recensione di Moon Knight. La serie che ha per protagonisti Oscar Isaac e Ethan Hawke è infatti un'operazione ben costruita su un personaggio molto intrigante e che permette ai Marvel Studios di andare in una nuova direzione e aggiungere un ulteriore e importante tassello al mosaico che sta componendo sulla piattaforma streaming Disney+.
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La nuova serie Marvel adatta un affascinante personaggio a fumetti creato da Doug Moench e Don Perlin nel 1975. La costruzione dei primi episodi della serie è tale da conquistare e spiazzare lo spettatore, soprattutto se a digiuno del materiale di partenza. Lo fa sin da un incipit suggestivo, che ci fa fare la conoscenza del protagonista Steven Grant e la sua monotona vita da impiegato del negozio di souvenir del British Museum, ma fatta anche di qualcosa di dissonante, tra comportamenti spiazzanti che gli vediamo compiere sin dalle prime battute e una frammentarietà di azioni e ricordi che ci fanno capire fin da subito che sotto l'apparenza di ordinario impiegato giace qualcosa di diverso. Un qualcosa di cui lui stesso è all'oscuro.
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Il montaggio e la costruzione del primo episodio sono perfetti per farci entrare fin da subito nel mondo del protagonista, sia dal punto di vista della routine in cui appare impantanato e dalla quale è completamente oppresso, sia sul versante opposto in quel qualcosa di fuori dal comune che viene evocato prima e mostrato poi. Oscar Isaac è il perfetto interprete di questa duplicità, nell'incarnare lo schivo Steven ed evocare, con sempre maggior spazio e convinzione, Marc Spector, il mercenario che condivide il suo corpo: l'attore si rivela in perfetto equilibrio tra i due, così come tra i diversi toni che compongono la serie, che non rinuncia a stemperare la cupezza di fondo con sprazzi di quella leggerezza a cui i Marvel Studios hanno abituato i loro spettatori.
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Non è però l'unica nota positiva di un cast che si fregia della presenza di un altro grande interprete, un Ethan Hawk altrettanto in parte e altrettanto efficace nel ruolo di un antagonista tutto da scoprire. Intrigante anche il grande lavoro fatto sulle canzoni che accompagnano l'azione, sullo sfondo di un'ambientazione e un contesto narrativo che attinge a piene mani dalla mitologia dall'antico Egitto, le sue divinità e il suo suggestivo e iconico immaginario.
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Un immaginario che ben si sposa con lo stile dinamico alla Indiana Jones, che Moon Knight sviluppa con gusto, e che prendono il sopravvento in alcuni degli episodi. Ma sarebbe inesatto definire Moon Knight come una serie d'avventura, così come lo è considerarla una serie di stampo superoistico classico o un thriller a base di tensione e toni dark: la nuova produzione Marvel, sviluppata da Jeremy Slater, attinge a toni e generi diversi per proporre al suo pubblico qualcosa che possa stuzzicarlo, intrattenerlo e sorprenderlo, così di catturare lo spettatore in una sorta di attrazione da parco a tema, capace di cambiare le carte in tavola e spiazzare ulteriormente una volta che si pensa di averla inquadrata.
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Come già detto Moon Knight è una serie che mescola toni e generi diversi, divertendosi a spiazzare lo spettatore nel presentarci il nuovo personaggio interpretato da Oscar Isaac, un'ottima aggiunta al corposo cast dell'Universo Marvel. Non è da meno Ethan Hawke, che completa il quadro con un antagonista da indagare, sullo sfondo del suggestivo immaginario mitologico dell'antico Egitto e con un interessante lavoro sulla selezione di canzoni.
👍
- Oscar Isaac, ottima aggiunta al già corposo cast dell'MCU.
- Ethan Hawke, antagonista all'altezza della situazione.
- L'immaginario dell'antico Egitto che aggiunge fascino e suggestioni interessanti.
- La miscela di generi, dal thriller all'avventura, per proporre qualcosa che possa intrattenere e spiazzare.
👎
- La componente più leggera può deludere chi avrebbe preferito una storia del tutto cupa e matura.
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moonyvali · 1 year
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Il Colosseo? È tutto rotto. Gli serve un restauro e una riverniciata, sono queste le incredibili parole scritte da un turista in una recensione su google.
Il visitatore, insoddisfatto dell’aria vecchia e cadente del nostro monumento, prosegue imperterrito: «Ci avevano detto che nella visita era inclusa una battaglia tra gladiatori, ma nel giorno della nostra visita non c'era nulla in programma.» È questa la storia tragicomica riportata da Repubblica, che ha raccolto alcune delle più assurde recensioni scritte dai turisti stranieri in visita nel Bel Paese. Un altro turista insoddisfatto scrive: «L'ho visto per la prima volta nel film Il Gladiatore, ma quando siamo arrivati, siamo rimasti stupiti. È tutto rotto. Non possono ripararlo e farlo funzionare di nuovo?»
Qualcuno la prenderà sul ridere, ma io non riesco a riderne, forse perché questa è una battaglia che vivo ogni giorno in prima persona da quando ho pubblicato il mio romanzo Clodio. L’ignorante di turno, che è convinto di conoscere l’Antica Roma per aver visto il Gladiatore, si sente sempre in diritto dirmi: ma che sciocchezze hai scritto; una signora, risentita del fatto che nel mio libro i romani parlavano del bene e del male, della ricerca della verità e altra “robaccia”filosofica, ha voluto esprimere tutto il suo disappunto in una recensione.
Avrà mai sentito parlare di Seneca e di Terenzio? E che dire di Cicerone che vedeva nella filosofia la “medicina dell’anima”? O di Orazio che si domandava quale fosse il senso della vita? Nell’immaginario collettivo la storia di Roma si riduce a battaglie epiche, piccanti scene di sesso e pugnalate alle spalle.
L’ignoranza ormai è una virtù, perché almeno prima ci si vergognava di “parlare a vanvera”, ma nell’era di Uomini e Donne e del Grande Fratello “sapere” è diventato sinonimo di noia e presunzione e riflettere prima di parlare è un anacronismo. Certo la storia di Roma mi tocca in prima persona, per via di Clodio, ma non crediate che altrove le cose vadano meglio. Su TripAdvisor il museo egizio non è stato risparmiato: “mummie...mummie... e ancora mummie, troppo deprimente, non portateci i bambini,” scrive un nostro connazionale, e il pantheon? “Un buco nel soffitto”, così è stato liquidato, mentre occorre un restauro alla basilica di San Marco perché, a detta di un turista, “ci sono alcuni arazzi sbiaditi". Dove andremo a finire?
Ripubblicato per i nuovi lettori
G.Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X Se vi ho incuriosito potete leggere un estratto gratuito di Clodio a questo link: https://www.amazon.it/Clodio-G-Middei/dp/8832055848
#cultura #istruzione #storia #colosseo #filosofia
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dilebe06 · 3 months
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Mafia the Series: Guns & Freaks
Giuro che non è un porno!
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Forse ha ragione @lisia81 quando mi dice che mi guardo drama assurdi e che trovo solo io.
Dopo Lost Tomb ed altri drama senza senso, davvero dovrei cominciare a pensarci sopra. Soprattutto dopo questo Mafia The Series che per certi versi è l'apice del discorso.
Ma d'altronde come potevo perdermi una serie che dal trailer pare una cosa a metà tra Il Padrino - girato tra le fogne - e una puntata di Paperissima e che non c'ha manco una recensione su Mydramalist?! Per non avere nemmeno due righe deve essere una parla nascosta.
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Allora... Io non so nemmeno da cosa cominciare.
Partiamo dalla trama:
La storia parla di Beam, un normale studente universitario . Anche se è debole nei confronti del mondo, dopo la morte misteriosa di suo padre Rachen, vuole diventare un eroe. La sua vita non sarà più la stessa quando scoprirà che suo padre era il leader della banda Nemesis, la più grande organizzazione mafiosa della Thailandia, e Beam, invece di diventare l'eroe dei suoi sogni, dovrà diventare il capo di un'organizzazione terroristica. [mydramalist]
Ok. A differenza di Lost Tomb qui la trama è chiara e comprensibile e la serie cerca di seguirla fino in fondo. Certo, con un approssimazione che rasenta la querela ma intanto ringraziamo tutti gli dei che almeno si siano attenuti alla storia.
Non mentirò, mi interessava la parte del conflitto interiore del protagonista tra il suo sogno e la realtà dei fatti e come sarebbe venuto a patti con il mondo mafioso. Ma ahimè, di introspezione psicologica in questa serie non c'è traccia. [introspezione psicologica AHAHAHAHAHAH]
Il nostro Beam assurge al ruolo di futuro capo mafia senza troppi problemi o drammi interiori. Solo nel finale cercherà di tirarsi indietro prima di scoprire che se lo facesse, dovrebbe dare indietro un botto di soldi alla Mafia. Meglio mafioso e ricco che libero ma povero!
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Ora, c'è da dire una cosa sulla trama. Essa è stata per gran parte imprevedibile. Difficile ipotizzare chi sarebbe spuntato fuori o cosa sarebbe successo. E vorrei davvero dire che questo punto fantastico è frutto di un bel lavoro da parte degli sceneggiatori, capaci di mantenere la tensione e creare una storia improvvisa ed ad alta tensione.
Ma...la storia non si può prevedere semplicemente perché è fatta male: personaggi che appaiono e scompaiono dalla scena come vuole la sceneggiatura, tizi che scappano dall'Università poiché inseguiti da degli assassini e si ritrovano - non si sa come - nella sala da pranzo di uno del Capo Mafia rivali, cameriere robot, un corridoio dentro una casa dove c'è un muro di cactus alla fine che gli blocca la strada... e potrei continuare per ore. Le cose che ho visto...Dio, non posso ancora crederci!
Essendo dei partecipanti alla fiera dell'assurdo, non mi sono quindi stupita quando nel finale, il padre di Beam resuscita dai morti per rivelarci che ha fatto finta di morire per preparare il figlio ad una futura carriera nella malavita. Un finale e una seconda stagione in arrivo che ha pure il sottotitolo di " più pistole e più pazzi". So già cosa aspettarmi. XD
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Io ovviamente mi sono divertita come una pazza. Senza prendere sul serio NULLA di ciò che viene messo a schermo, la trama scorre come un teatrino dell'assurdo che riesce comunque a far capire allo spettatore la progressione degli eventi ed ad arrivare ad un finale sensato. E non è poco. Sì, Lost Tomb sto pensando a te.
Se questa serie per certi versi ricorda quella perla del Tombaroli di Lost Tomb - soprattutto per quanto riguarda la povertà tecnica, registica, ambientale e così via... - si discosta per via della sua comicità: dove Lost Tomb fa involontariamente ridere perché si prende tremendamente sul serio, Mafia The Series fa sorridere perché si prende per il culo da sola. E questo l'ho apprezzato.
Un altra cosa c'è poi da dire: non ho mai trovato una serie con una realizzazione così discontinua. Alcune scene erano ben fatte, belle inquadrature ed anche un minimo di caratterizzazione. Altre invece pareva di essere dentro Paperissima Sprint. Si passa da scene toccanti dove si parla di un amore difficile per via della mafia dove si piange e ci si commuove a momenti dove fanno mangiare il pene di una mucca al protagonista solo per farci fare quattro risate. Questa serie mi ha ubriacata!
Essendo una serie comica sono innumerevoli le gag, le battute a sfondo sessuale (mai trovate così tante dentro una serie), le scene a mo' di caduta sulla buccia di banana, le musichette divertenti, la recitazione esagerata ecc ecc ... pensate ad una cosa assurda e quella ci sarà.
Ricorderò fino alla fine dei miei giorni che ho passato 2 minuti di puntata ad ascoltare Beam ed i suoi amici che parlavano della lunghezza dei loro peni. Così, per ridere.
L'assurdità poi si riscontra anche nei personaggi che attorniano Beam, prima tra tutti Anna. La sicaria migliore del mondo che pare Carmen San Diego e va in giro con la pistola con su scritto "BITCH" ed è decisamente sopra le righe in tutto quello che fa. In realtà Anna e tutti gli altri come Sven o Intenso, mi sono piaciuti e li ho trovati divertenti. I loro bisticci e scenette comiche erano carine e mi hanno strappato spesso una risatina.
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Mi è piaciuto che abbiano creato tutti assieme una piccola famiglia con Beam, pronti a proteggerlo ed aiutarlo a costo di rimetterci la vita. Speriamo che se fanno una seconda stagione, si possa rivedere queste dinamiche "familiari" un po' matte ma divertentissime.
A far compagnia ad Anna nel podio della follia c'è anche Sonya, la figlia della famiglia rivale di Beam. Ho capito che sarebbe stato un personaggio meraviglioso quando gli viene chiesto delle origini di Bunny, la sua bodyguard vestita da coniglietta sexy. Sonya racconta che da piccola era sempre sola, con la compagnia di un coniglietto di peluche. Così durante la notte, espresse il desiderio di avere un amica e la mattina dopo...Bunny era lì. La cosa più bella però è che in tutti questi anni, Bunny non è mai invecchiata.
Siamo nel paranormale? nella prossima stagione vedremo gli alieni?!
Sonya è la regina del dramma, esagerata in tutto che però fa sorridere e quindi l'ho amata parecchio. XD
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Gli altri personaggi sono "quasi" normali anche se i cattivi delle bande rivali avevano lo spessore della carta velina e il carisma di un carratrezzi. Discorso diverso per il padre Lazzaro di Beam che nel finale imbruttisce tutti i cattivi semplicemente facendosi vedere in faccia. Sarà che era interpretato dal Preside di the Gifted, ma solo lui ha saputo essere vagamente intimidatorio. Per essere un drama sulla mafia è tutto dire.
Il gravissimo problema di questa serie si ha con la parte tecnica: l'audio è stato atroce. Alcune volte si sentiva ovattato. In altre, non so il perché, si è deciso di modificare la voce dei personaggi con un modificatore della voce. In altre la musica di spengeva all'improvviso e certe volte ho avuto paura che addirittura partissero le risate registrate.
Il montaggio ha dei tagli spaventosi, scavalcamenti di campo che dovrebbero essere considerati illegali in almeno due terzi dei Paesi del mondo ed in altre, hanno ben pensato di girare una scena da più di 2 minuti, girando attorno ad un tavolo con la telecamera, mentre i personaggi parlano. Il risultato è stato un atroce mal di mare e quel vago senso di nausea che solo drama così ben fatti possono garantirti.
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giro giro tondo...casca il mondo....
Anche i combattimenti sono stati discontinui. Alcuni erano ben girati, con ottime coreografie e scene avvincenti. In questo, il personaggio di Sven svetta su chiunque altro. In altre scazzottate invece, sembrava di vedere due bambini dell'asilo che si menano. In alcune scene scorre sangue come se non ci fosse un domani. In altre i personaggi non hanno un graffio dopo che si sono gonfiati di botte per un buon quarto d'ora. Io boh...
Poi l'ambientazione ed il poco budget mi hanno dato il colpo di grazia. Pensi a combattimenti tra gruppi mafiosi e ti immagini una cosa e la serie ti da quattro stronzi presi al mercato che fanno finta di menarsi a mani nude. Le famiglie mafiose sono composte da 4 persone in croce che paiono più spacciatori che boss di mafia.
Le locations sono o capannoni abbandonati o luoghi pubblici dove non c'è un cazzo di passante manco a pagarlo oro. Sparatorie per strada, inseguimenti con truppe d'assalto in una Facoltà dove ci dovrebbero essere studenti ed invece pare che in Tailandia ci abitino solo i personaggi di sta serie.
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Infine, le storie d'amore. Questa serie è PIENA di love story. In pole position c'è quella di Beam e della sua compagna di corso che però è più un triangolo perché anche Sonya è innamorata di Beam. Che diventa un quadrilatero a metà serie perché anche un ragazzo della classe del lead si scopre innamorato del protagonista. In tutto questo intrallazzo d'amore io però voto Sonya che almeno mi fa ridere.
Poi c'è la storiella tra l'amico di Beam e La Pazza. Sono stati carini da guardare e sono contenta che l'amico alla fine si sia rivelato un bel personaggio coraggioso e leale. E che abbia accettato l'amore e la relazione con la sua compagna di corso superando il fatto che fosse piatta come una tavola. Peccato però che nonostante sia un personaggio presente per gran parte della storia, non compare manco in nessuna pagina del cast di questa serie. Pare che lui non esista proprio.
Poi c'è la relazione unilaterale tra l'altro amico di Beam e Sven che però quest'ultimo è etero ed ha già una ragazza che ha dovuto lasciare per via del suo lavoro per la mafia e la cui storia ci ha regalato uno dei pochi episodi con un minimo di struggimento ed emozioni.
Infine, ma non per importanza, c'è la relazione tra l'hacker ed Anna. Con Intenso che all'ultimo episodio ci rivela che anche lui è sempre stato innamorato della nostra Carmen San Diego, senza però avercelo mai fatto vedere questo grande amore. Eh va bene, gli crediamo sulla fiducia.
Qui la ship diventa più difficile perché ho adorato entrambi i ragazzi. L'hacker è un ragazzo normale, un bravo ragazzo che è giustamente terrorizzato da pistole, sangue e sparatorie. Intenso è un assassino mezzo pazzo che prima ti sgozza e poi si domanda se ha fatto bene.
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Comunque sia, la critica più grave la devo fare al protagonista. Beam in realtà mi è piaciuto ed è stato bravo nel suo ruolo. Interpreta un bravo ragazzo che ama i suoi amici e preferisce discutere più che usare la violenza.
Il problema è che Beam è stato un personaggio troppo passivo ed in balia degli eventi. All'inizio della serie ci poteva pure stare. Ma andando avanti con la storia, doveva prendere consapevolezza e determinazione e soprattutto, essendo il lead, essere lui a muovere la trama. Invece Beam è spettatore come noi, limitandosi a farsi trascinare dalla storia senza un briciolo di presenza. Ed è un peccato.
Speriamo che nella seconda stagione - ma la faranno??!!! - Beam prenda più spazio e ruolo per diventare quel Capo Mafia che pare destinato ad essere. se lo dite voi...
Concludendo: Drama comico perfetto per farsi due risate sapendo che nulla deve essere preso sul serio - manco i personaggi - mettendo in conto che scene serie verranno interrotte da gag comiche spesso basate sul sesso.
Voto: 7.6
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susieporta · 1 year
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«Ho ucciso l’angelo del focolare. È stata legittima difesa».
Un brano di Virginia Wolf
«Mi accorsi che se volevo recensire dei libri, dovevo combattere contro un certo fantasma, una donna, l’Angelo del focolare. Era lei che quando scrivevo una recensione si metteva in mezzo tra me e il mio foglio. Mi tormentava a tal punto che alla fine la uccisi.
Voi che appartenete a una generazione più giovane e più felice forse non capite che cosa intendo per Angelo del focolare. Proverò a descrivervela il più brevemente possibile. Era infinitamente comprensiva. Era estremamente accattivante. Era assolutamente altruista. Eccelleva nelle difficili arti del vivere familiare.
Si sacrificava quotidianamente. Se c’era il pollo, lei prendeva l’ala; se c’era uno spiffero, ci si sedeva davanti lei; insomma era fatta in modo da non avere mai un pensiero, mai un desiderio per sé.
A quei tempi ogni focolare aveva il suo Angelo. E quando incominciai a scrivere me la trovai davanti alle prime parole. L’ombra delle sue ali cadeva sulla mia pagina; sentivo nella stanza il fruscio delle sue gonne. Non appena presi in mano la penna per recensire il romanzo di quell’uomo famoso, insomma, lei mi scivolò alle spalle sussurrandomi:
"Mia cara, sei una ragazza giovane. Stai parlando di un libro che è stato scritto da un uomo. Sii comprensiva; sii tenera, lusinga, inganna, usa tutte le arti e le astuzie del nostro sesso. Non far mai capire che sai pensare con la tua testa".
Mi voltai e l’afferrai per la gola. Feci del mio meglio per ucciderla. Avevo agito per legittima difesa. Non l’avessi uccisa, lei avrebbe ucciso me. Avrebbe succhiato la vita dai miei scritti.
Secondo l’Angelo del focolare, le donne non devono parlare liberamente e apertamente; devono ammaliare, conciliare, dire bugie se vogliono avere successo. Perciò, ogni volta che avvertivo l’ombra della sua ala sulla pagina, o la luce della sua aureola, afferravo il calamaio e glielo scagliavo contro. Uccidere l’angelo del focolare faceva parte del mestiere di scrittrice».
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frabooks · 4 months
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Il sosia
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Il sosia è il secondo romanzo di Dostoevskij, pubblicato nel 1846, quando aveva 25 anni. È lungo circa 230 pagine e presenta il topos narrativo del doppio. Ovviamente.
È stato pubblicato subito dopo il primo romanzo, Povera gente, anche sull’onda del grande successo di questo, grazie soprattutto alla recensione positiva del grande critico Belinskij. Per D. fu un grande colpo, era entusiasta e non vedeva l’ora di diventare grande e di essere riconosciuto come tale. Lettera al fratello: “Goljadkin è dieci volte superiore a Povera gente. Con quante speranze mi guardano tutti! Effettivamente Goljadkin mi è riuscito come meglio non si povera TI piacerà come non so cosa. Ti piacerà persino più di Anime morte, lo so”.
Il sosia fu un fallimento clamoroso. D. ci restò malissimo tanto che lo riprese in mano diverse volte, anche dopo la condanna, per un riscrittura parziale o completa, cosa che non terminò mai.
Tema del doppio sempre presente. Il tema del Sosia, per D., era un tema serissimo, il più serio di tutti. Raskolnikov vuol dire diviso. D. indica Goljadkin come primo uomo del sottosuolo.
Non gli era riuscita la forma, secondo D.
Majkov, nel 1846 parlò del Sosia così:”Nel sosia la maniera di D: e il suo amore per l’analisi psicologica si sono espresse in tutta la loro pienezza e originalità. In quest’opera egli è penetrato così a fondo nell’anima umana, con tanta impavida e appassionata attenzione ha osservato il moderno meccanismo dei sentimenti, dei pensieri e degli atti umani che l’impressione prodotta dalla lettura del sosia può essere paragonata soltanto l'impressione di una persona curiosa che sia penetrata nella struttura chimica della materia. […] Nei suoi studi psicologici c’è quel riflesso mistico che, in generale, è proprio delle raffigurazioni di una realtà analizzata profondamente”. Majkov ha colto che la “pazzia” non era un tema fantastico o realistico legato a Gogol o Hoffman ma a un’aspetto dell’analisi del tipo umano di D.
È un romanzo quasi in prima persona. È questo quasi che permette di fondere satira e tragedia, condanna e pietà, realismo e misticismo, lucidità e delirio. Goljadkin ha le movenze brusche e meccaniche di un burattino, che si muove a scatti e agisce in modo repentino,e la sua umanità sta nella patologia della sua coscienza verbale, nel suo ininterrotto parlare con se stesso e con le proprie proiezioni, nel continuo sforzo di giustificare se stesso ai proprio occhi e quelli degli altri.
“Il doppio […] è un tratto che è proprio della natura umana in generale, ma che è ben lungi dall’esser reperibile in ogni natura umana con l'intensità che si trova in Lei. Per questo Lei mi è affine, perché questo sdoppiamento in lei è esattamente lo stesso che io ho e che sempre ho avuto. È un grande tormento, ma allo stesso tempo anche un grande piacere. SI tratta di una intensa coscienza, di un’esigenza di autorendiconto e di presenza nella sua natura dell’esigenza di un dovere morale verso se stessi e verso l’umanità.
Goljadkin è la patologia dell’uomo qualunque, il primo gradino di quello “sdoppiamento” che costituisce la malattia dell’uomo moderno, malattia sublimabile soltanto nel privilegio dell’attività spirituale.
Goljadkin è un impiegato di medio livello, ha un servo, Petruska, non ha apertura sociale, non conosce donne né ha amici, nonostante il dottore gli consigli continuamente di fare una vita con più “allegre compagnie”. G. non lo fa mai, ha paura del mondo, del giudizio degli altri e quindi preferisce evitare. È imbranato nelle occasioni sociali, non riesce in nulla e, in primo luogo si chiude in se stesso, in secondo luogo critica fortemente “la società” e chi “ce la fa”.
Usa spesso frasi fatte e usa poche, singole formule continuamente. Si sente vittima delle società, che gli vuole male, che trama contro di lui.
Goldjiakin suona “mentalmente sprovveduto, povero di spirito”.
È un personaggio D. nel senso che è molto vero, sfaccettato. D. non lo descrive, gli fa fare cose, lo fa parlare e interagire con le persone, così capiamo chi è.
G. è a tratti un po’ tutti noi. Io mi ci sono rivisto in alcuni tratti; mi succede spesso con i personaggi di D.
La storia è banale, scontata, molto lineare e pulita. Non so se sono io, se è colpa mia questo effetto. Però questa banalità pregiudica moltissimo la lettura che non si fa mai davvero intrigante, “pericolosa”. Nonostante sia un romanzo grezzo e giovanile, si sente D., lo si percepisce proprio nel personaggio di G.
Ma per far riuscire questo libro sarebbe servito anche altro.
NON è un libro utile per conoscere D., è un libro di D. che può interessare a chi interessa D., tutto qua.
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dinonfissatoaffetto · 5 months
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In questi giorni la recensione più bella (escluse quelle dei ragazzi, ovvio) di Sette abbracci e tieni il resto (Rizzoli) compie 4 anni, e mi pare di non averla mai postata.
"Cesellato come una miniatura, frizzante come una bibita gassata, con una cura così minuziosa, certosina e chirurgica per le parole che quasi le senti, le parole, rabbrividire di piacere e ridere, o nascondersi, o svelarsi timide e nude o mostrarsi addobbate a festa: "Sette abbracci e tieni il resto" di Stefano Tofani è una sferzata di bellezza, poesia e umorismo che spazza via per un attimo il piattume di molta pseudo letteratura (non solo) per ragazzi.
Esilarante e surreale, è saturo di quel pensiero irriverente e profondo che non si ferma a piagnucolare o predicare ma attraversa il quotidiano e lo mostra e lo racconta con leggerezza calviniana, colpendo netto, dritto al centro, a caccia di sfumature ma senza inutili orpelli. C'è il piacere vero, puro, del raccontare. Ci sono pagine dove si ride, forte, altre dove il cuore si strizza e ci si emoziona. In alcune mi son fermata a pensare "oh, caspita, che bello detto così".
C'è una storia che non perde un respiro o una battuta, a volte suonando in controtempo. C'è tutta quell'ironia feroce degli adolescenti, usata come arma e scudo, come scherzo e pozione per attraversare se stessi e il mondo. C'è tenerezza, aspra e dolce, come certi fruttini selvatici che racchiudono tutti i sapori e li fanno esplodere al primo morso. C'è un modo di raccontare la nostalgia e la mancanza che ti vien voglia di abbracciare l'autore perché caspita se ha ragione, non serve spiegare e si capisce benissimo ed è proprio così, certi vuoti diventano quel cercare, quel cullarsi nel ricordo srotolandolo al tempo presente.
Ci sono pensieri contorti e aggrovigliati, di quando la vita ricorda quei giochi di enigmistica in cui seguendo un filo devi trovare la via, ma il filo giusto non lo trovi e provi e riprovi, e tutto dura un attimo mentre il tempo si dilata, dispettoso. Si legge d'un fiato, ma resta a lungo, come i profumi, quelli buoni, quelli che restano impigliati nel tempo, nella memoria. Assolutamente da scoprire.
A pagina 54 c'è uno dei passaggi più esilaranti e geniali che io abbia letto fino a oggi. Di righe sottolineate tante. Tante proprio."
- Monica Tappa, Gazzetta di Modena
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