Tumgik
#sono: turbata
deathshallbenomore · 2 years
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ho sognato di stare. con uno……..?
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colpa dei capelli lisci di sicuro
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mossmx · 5 months
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raga ma perchè ero convinta che Amadeus facesse di secondo nome Rita???? Invece è Maria??? Che trip di acidi ho avuto
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watercolour-blur · 1 year
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l'anno scorso ho detto a una persona che ciò che mi turbava di più fosse che, nonostante riuscissi a vedere la bellezza nel mondo, volessi comunque morire. mi ha risposto "è una cosa positiva vedere la bellezza nel mondo" e mi chiedo ancora se avesse davvero capito.
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oorgvsm · 5 months
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Oggi ero presente ad una delle manifestazioni organizzate nella mia città in occasione della giornata contro la violenza sulle donne.
Sono partita da casa turbata, durante il tragitto non facevo altro che pensare a tutte quelle donne e ragazze che non possono più partecipare ad eventi del genere perché un uomo ha deciso per loro, perché un uomo si è permesso di togliere loro la vita. In macchina, mentre guidavo, mi veniva da piangere, dal dispiacere, dall'impotenza.
Quando sono arrivata in piazza, mi sono guardata intorno. Ho visto donne, bambine, giovani adulte, nonne, cartelli, striscioni, visi determinati, espressioni decise, forti.
E lì, in mezzo a quell'energia, l'angoscia e la tristezza si sono trasformate in rabbia, ma non quella rabbia cieca, che porta alla violenza, una rabbia che sfocia nella voglia di rivoluzione, di cambiare le cose, di lottare per noi, per chi non può più farlo, per chi da sola non ce la fa e ha bisogno di aiuto.
Ed è lì, dalla trasformazione interiore che ho vissuto, ho compreso l'importanza della partecipazione della comunità a manifestazioni del genere.
Non è vero che "queste cose non servono a niente, a che serve una manifestazione così". Perché serve, serve a smuovere qualcosa nell'anima, a prendere coscienza, a toccare la propria forza e a trovare il coraggio di canalizzarla per porre in essere un cambiamento strutturale che è necessario.
Oggi mi sono resa conto che non siamo sole, che dalla sofferenza causata dalla mano di un uomo violento si può uscire, se ci si affida alle persone giuste, se accettiamo di essere aiutate, da altre donne, da chi è forte come noi.
E mi sono ritrovata ad essere orgogliosa di essere donna.
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kyda · 1 year
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due sere fa sono rimasta sveglia a studiare fino alle 3 e ieri alle 8 ero già in macchina verso l'università. per fortuna non ero fra i primi dell'appello perché la prof procedeva per verbali e ho aspettato 5 ore prima che toccasse a me. ripassare prima dell'esame è una cosa che ho smesso di fare qualche anno fa e di solito se i prof danno la possibilità di scegliere sono la prima a propormi ma ieri non dovevo ripassare, dovevo studiare. ho studiato fino all'ultimo secondo, con l'acqua alla gola, quando la prof mi ha chiamata alle 14:52 e io ero lì fuori che cercavo di finire le 50 pagine centrali di wide sargasso sea dopo aver provato in tutti i modi a memorizzare opere e date di autori degli ultimi due secoli, mentre leggevo su wikipedia le teorie di godwin e rousseau che hanno influenzato shelley e la storia coloniale dell'impero della regina vittoria e cosa questo avesse a che fare con dracula, associando i punti principali della poetica di lawrence forster e ford a immagini improbabili nella mia mente con giochi di parole che difficilmente dimenticherò. quando mi sono seduta lei si è ricordata di me perché l'altro giorno per letteratura1 aveva notato il mio dilatatore. stava mangiando dei biscotti e mi ha detto dopo gliene offro uno, ora facciamo l'esame. mi ha chiesto di nuovo un solo autore del manuale, blake, l'ultimo preromantico, uno di quelli che ricordavo meglio. poi in italiano mi ha fatto una domanda sugli studi postcoloniali. quando ho preparato letteratura1 sono andata così a fondo in quest'argomento per cercare di capire cose che non capivo (tipo il discorso di foucault e il pensiero della spivak), che a questa domanda ho risposto così bene che mi ha interrotta dicendomi che non c'era bisogno di continuare. poi mi ha chiesto di prendere la mia copia di jane eyre e quando l'ho posata sulla scrivania ha riso e ha detto oh finalmente un libro vissuto, le è piaciuto? mi sono rilassata immediatamente e ho detto di sì, soprattutto perché era la prima volta che lo leggevo, e mentre lo sfogliava per decidere quale parte farmi analizzare pensavo glielo dico o non glielo dico e alla fine ho detto che in realtà però mi ha turbata perché mi dispiace non aver odiato mr rochester e berta è così silenziata in jane eyre che quasi mi dimenticavo di lei e sapevo che era sbagliato e quindi sono stata combattuta e lei ha riso e mi ha chiesto di analizzare un paragrafo e fare un confronto con quello che succede su wide sargasso sea e mi ha chiesto di approfondire quel pensiero e se leggere la riscrittura della rhys mi aveva fatto cambiare idea. poi mi ha fatto un'ultima domanda sulla warner che non ho capito bene ma alla quale ho risposto con tutto quello che mi veniva in mente e poi mi ha fermata e mi ha detto va bene così, le metto 30. ho rifiutato il biscotto che mi aveva offerto perché tanto comunque stavo andando a casa, ho salutato e sono scappata via. non ho preso neanche l'ascensore, ho fatto sette piani piangendo al telefono con mia mamma e quando sono uscita mi sono accorta a contatto con l'aria gelida di non aver messo neanche il cappotto e di avere in mano ancora il raccoglitore le fotocopie jane eyre e sono andata di corsa verso la macchina di mio padre e da lontano gli ho gridato indovina chi ha preso 30 all'ultimo esame? e per tutto il viaggio verso casa ho solo sorriso, sorriso e pensato che non solo ce l'avevo fatta, ma che è stato anche un successo quando io pensavo a come in caso avrei dovuto chiedere un'altra domanda per arrivare al 18. negli ultimi 10 giorni sono stata veramente soffocata dall'ansia di non farcela e dover rimandare la laurea, di sentirmi chiedere cose di cui non avevo la minima idea o, peggio, di cui avrei saputo parlare se avessi studiato meglio. ora devo iniziare la prova finale ma mi sembra incredibile essere arrivata a questo traguardo e in questo modo. ho pensato che in fin dei conti mi piace studiare (assurdo, lo so) e che sono stata veramente brava e sono contenta perché non sono stata davvero sola. quest'ultima in particolare è la mia gioia più grande in questo momento
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canterai · 9 months
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Stanotte il panico. L'altro ieri ho conosciuto questo ragazzo, amico di amica, che chiameremo L. Ieri sera abbiamo fatto nottata per ferragosto, e io ovviamente ero la tipa figa troppo a disagio per parlare con chiunque. Non mi andava di bere e neanche di andare a ballare, e sono rimasta per buona parte della sera a chiacchierare con L. di tutto e di più, abbiamo addirittura calcolato la ipotetica velocità media di una lumaca trovata lì affianco. Verso le tre siamo tornati a casa solo io e lui, e mi ha proposto di rimanere a dormire con tutti loro a casa della mia amica. A casa abbiamo fatto altre cose da vecchi, tipo bere birra e fare cruciverba, e man mano sono tornati anche gli altri. In otto in una casa con tre posti letti+divano, ci siamo stretti come si poteva e io ovviamente sono finita a dormire con lui. Abbiamo continuato a chiacchierare tutta la notte fino alla mattina, e vabbè per farla breve mi ha baciata. E sono rimasta molto turbata perché mi sono resa conto di essere a disagio a essere toccata da braccia che non siano le mie, ad affidarmi all'altro. Non so se mi abbia fatto questo effetto semplicemente perché, pur essendo un'anima affine alla mia, ovviamente non sono innamorata di lui. Sono così confusa, non riguardo a lui ma riguardo a me.
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momentidicri · 10 months
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mia zia sta per terminare la sua vita qui e vederla così fragile mi lascia un po’ turbata, lei che è sempre stata la roccia della famiglia, quella indipendente che non chiede mai aiuto a nessuno. ma ancora più tristezza è vedere le nipoti di 13 e 18 anni occuparsi di lei, diventare ancora più responsabili di quello che già erano mentre i loro occhi sono sull orlo del pianto per la prossima perdita della nonna.
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sciatu · 6 months
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IL PRIMO BACIO (dovrebbe essere un racconto)
Si disse che avrebbe aspettato ancora dieci minuti e poi se ne sarebbe andata. Guardò per la millesima volta il cellulare ma non c’era nessun messaggio. L’ultimo diceva che gli era capitato un imprevisto, sarebbe arrivato in ritardo di qualche minuto. Questo due ore prima.
“Cinque minuti, non di più.”
ripeté decisa e arrabbiata, ma non con quel lui che aveva promesso, giurato e che ora era uno scomodo fantasma; arrabbiata con quel bisogno di qualcuno che l’obbligava a restare li, ferma come una vittima sulla ghigliottina ad aspettare un verdetto che già sapeva
Sentì dei passi sulla sabbia e vide la figura di un ragazzo arrivare. Piena di speranza alzò la testa per vedere meglio. Non era lui. Era più alto di Luigi e con i capelli ricci. Tornò a sdraiarsi mettendo la testa sul cuscino gonfiabile e, fingendo di avere gli occhi chiusi, osservò il nuovo arrivato. Lui stava guardando il cellulare e quando girò intorno alla collina di sabbia che la nascondeva si fermò stupito osservandola. Si guardò intorno indeciso sul da farsi poi continuò nella piccola conca che formava una spiaggetta protetta dal vento e dagli sguardi indiscreti dirigendosi al lato opposto a quello dove lei era sdraiata e, distesa la tovaglia, si coricò senza levarsi la maglietta.
Lei decise che ormai poteva andarsene. Anche se Luigi fosse arrivato non avrebbero avuto quell’intimità necessaria a parlarsi e forse a legarsi per sempre. Ormai, Luigi le aveva fatto capire che per loro non ci sarebbe stato un sempre.
Si mise a sedere cercando qualcosa nella borsa solo per non farsi fregare dalla tristezza e mettersi a piangere come una scema. Il vento soffiò improvviso e feroce, a sottolineare l’amara rabbia che lei provava e col suo soffio cattivo, si portò via il suo cuscino gonfiabile. Lei cercò di girarsi per afferrarlo ma cadde goffamente sulla sabbia e poiché si era messa su una duna, rotolò verso il basso come una pera caduta dal suo ramo.
Quando si fermò era confusa e disorientata, con la testa verso il basso, le gambe verso l’alto, senza riuscire a muoversi da quella ridicola posizione. Si butto su un fianco e cercò di alzarsi senza riuscirci.
“Vuoi una mano?”
Era il ragazzo con i capelli ricci che la guardava dall’alto.
“Si grazie, mi sono incasinata.”
Le spostò le gambe verso il basso e, prese le sue braccia, la tirò su lentamente. Stretto sotto un suo braccio c’era il suo cuscino.
Si drizzò barcollando, levandosi la sabbia dalla testa.
“Hai fatto un bel ruzzolone”
“I disastri sono la mia specialità”
Si levò la sabbia dalle gambe
“Ce la fai a risalire?”
Le chiese preoccupato con un accento che sembrava altoatesino.
“Si, si”
Rispose lei cercando di camminare sulla piccola duna su cui era sdraiata. Lui le allungò il cuscino
“Grazie, grazie nuovamente”
“Prego - Rispose gentilmente facendo un piccolo sorriso – va tutto bene?”
“Si, si, grazie ancora. Grazie”
Rispose velocemente quasi gli desse fastidio e afferrò con malagrazia il cuscino. Il ragazzo fece un altro sorriso di circostanza e tornò a sdraiarsi dall’altra parte della piccola spiaggia concentrandosi sul cellulare e ignorandola.
Lei l’osservò. Sembrava magro ma l’aveva aiutata senza mostrare alcuna fatica ed era stato gentile ed educato, non il solito sciabbacotu (pescatore povero, sinonimo di persona rozza e ignorante) che c’erano nei paesi lungo la costa. Lei al solito si era comportata da zalla. Ormai non poteva evitare di morire vergine, cosa che secondo sua zia Pinuccia era la disgrazia peggiore che potesse capitare ad una donna, ma passare da zalla non le andava. Si alzò e si diresse con cautela dal ragazzo sedendosi accanto. Lui si accorse di lei solo quando se la vide vicinissima, si levò gli auricolari e la guardò interrogativo.
“Eh nenti, prima sono stata un po' sgarbata, volevo chiederti ancora grazie. “
“Non ti preoccupare – la osservò attentamente – va tutto bene? Ti vedo turbata”
“è che tutto mi va a schifiu”
“Cose sentimentali o cose serie?”
“Le cose sentimentali non sono cose serie?”
“Per chi gli vuol dare importanza si, per chi ha un po' gnengu (intelligenza), no”
“Ecco, come finire la serata in gloria, con il sentimental-scettico di turno – pensò lei e continuò ironicamente a voce alta – perché tu non credi all’amore?”
“All’amore si, ma a tutte quelle storie che ci ricamano intorno, no. È un marketing dei sentimenti che mi da fastidio.”
“Che vuoi dire, non ti capisco “
“Scusami, sono con le scatole girate. Oggi ho avuto una giornata di lavoro storta. Ero venuto qui a distrarmi un po'”
“Oh scusa vado via”
“No resta, tu non fai parte della mia giornata ma di questa spiaggia, quindi sei senza peccato”
Lei sorrise e gli chiese
“Che lavoro fai?”
“Lavoro in un laboratorio di analisi mediche. Oggi si son rotte due apparecchiature e ho passato la giornata a cercare l’assistenza tecnica per domani. Ma qui in Sicilia “domani” è un tempo indefinito. E tu che lavoro fai?”
“Lavoro in un asilo, con i bambini.”
“Allora la tua giornata dovrebbe essere stata tranquilla”
“Invece era una giornata piena di aspettative: ero riuscita a farmi dare un appuntamento da un bonazzo che mi piaceva da tanto, e stu strunzu mi da buca! Ma dimmi: Cettina si nu cessu, m’affruntu (mi vergogno) ad uscire con te invece di farmi sperare per niente. Stu strunzu”
Sentì  gli occhi riempirsi di lacrime.
“Lo vedi? È questo quello che chiamo marketing dei sentimenti: i sentimenti che creano false illusioni e falsi motivi di auto compatimento per poi cercare altri motivi di autocompiacimento, autostima etc etc, così siamo sempre a cercare di essere apprezzati o di apprezzare per avere in cambio quelle gratificazioni che non riusciamo a trovare nella vita e di cui i sentimenti sono il motore”
Si avvicinò a Cettina
“Ragiona, se non è venuto è un bene! Ti avrebbe riempito di illusioni, false promesse, sogni … e poi sarebbe scomparso nel nulla lasciandoti la sensazione di aver sprecato una vita.”
Si sdraiò sulla schiena
“E poi non si nu cessu, lo sai!”
“Comu no! Ho il corpo a fiasco di vino e questo naso che da solo fa provincia”
E guardò la punta del suo naso con entrambi gli occhi. Lui sorrise di gusto
“Hai fatto una espressione ridicola – si scusò – e poi la bellezza di una donna non è nel solo fisico. È nella sua sensualità, nel suo carattere, nel suo charme. La bellezza rimanda sempre a qualcosa, ad un sentimento, al sesso, al piacere, ad una canzone, una stagione, ad un ideale, ad un’idea di perfezione. Non è qualcosa di assoluto ma di culturalmente e personalmente relativo e nella sua relatività non c’è un più o un meno bello.”
“Si, si – fece lei scettica – intanto quelle con le cosce lunghe, il seno rifatto, magre e bionde hanno sempre nu zitu che le sta dietro ed io resto sempre seduta da parte come na seggia sciancata (una sedia con una gamba rotta) chi nuddu voli. Sula a ittari sangu, ad aspettare che qualche caso umano mi consideri. Tu parli bene, ma a me nessuno mi guarda, perché l’unica cosa a cui culturalmente rimando è un sacco di patate.”
Lui sorrise e si sdraiò sulla schiena chiudendo le palpebre ed aggiunse semplicemente
“esagerata comu tutti i fimmini”
“A si, - fece lei piccata - allora dimmi di che colore sono i miei occhi? Se sono interessante li avrai notati”
Gli disse ironica e se li nascose con una mano. Lui sorrise
“Sono nocciola con dei sprazzi ambrati intorno alla pupilla, hanno una forma a mandorla e sono ben proporzionati nel volto.”
Lei levò la mano sorpresa e pensò
“minchia ma mi ha guardato veramente"
“E tu sapresti dirmi di che colore sono i miei?”
Fece lui e si coprì gli occhi come aveva fatto lei
Ebbe un attacco di panico ma si riprese subito
“Neri … neri scurissimi … e normali, cioè non a mandorla ma normali”
“Hai dimenticato affascinanti e intelligenti ….”
“Si va bene, ha parlato George Clooney”
Fece lei ridendo. Sorrise anche lui e restarono in silenzio qualche secondo
“Lo fai il bagno?”
Lui la guardò
“Ma si dai “
si levò la maglietta mentre lei si alzò e corse sulla sabbia calda entrando in acqua con un tuffo. Lui la seguì entrando in acqua lentamente. Cettina ne approfittò e avvicinandosi, lo bagnò; lui sussulto per l’acqua fredda e si tuffò inseguendola. Lei nuotò via ridendo mentre il ragazzo con grandi bracciate cercava di raggiungerla.
Sentì ad un certo punto un dolore intenso al polpaccio. Lanciò un grido e malgrado cercasse di restare a galla, affondò lentamente. Prima di essere sommersa dall’acqua cercò di respirare più aria che poteva, ma lo fece con la bocca vicino all’acqua e un boccone le scese lungo la gola facendola tossire. L’acqua la sommerse. Si sentì afferrare ai fianchi, percepì il corpo caldo di lui contro il suo e con forza si sentì sollevare finché la testa uscì in superfice. Incominciò a tossire e a sputare acqua. Il ragazzo l’aveva afferrata e lentamente la stava portando a riva.
Lei si appoggio a lui mentre sentiva le sue braccia stringerla e sostenerla
“Un crampo”
Disse tra un colpo di tosse e l’altro. Arrivarono sul bagnasciuga e lui si fermo. Lei in si massaggio il polpaccio dolorante appoggiandosi contro il corpo di lui.
“cerca di stendere il piede.”
Sentiva il corpo del ragazzo contro il suo e il braccio che la circondava.
“ora va meglio aiutami a sdraiarmi.”
l’aiutò a raggiungere la sua tovaglia
“Stai qui al caldo “
e si tuffò di nuovo.
Cettina massaggiandosi il polpaccio si sdraio sulla sabbia calda.
Il ragazzo tornò poco dopo, prese le sue cose e si sdraiò accanto a lei con la schiena al sole e gli occhi chiusi. Cettina aprì di poco gli occhi come se li avesse ancora chiusi e lo guardò. Osservò il naso regolare e il mento largo soffermandosi sulle labbra sottili.
“Oggi è la giornata in cui mi devi salvare”
“Capitano le giornate no, che vuoi fare”
“Meno male che nuoti benissimo”
“La piscina era la cosa più vicina al mare che c’era dove abitavo in Germania. Facevo parte di una squadra di pallanuoto.”
“E hai vinto qualcosa?”
“Dicevano che ero troppo piccolo e magro per stavo sempre in panchina. Ma in realtà non giocavo perché ero italiano.”
Chiuse gli occhi e cercò di farsi scaldare dal sole.
Cettina pensò a quello che lui aveva detto prima del bagno e alla fine si alzò sui gomiti e gli chiese
“Posso farti una domanda personale”
“E fammela …”
“Ma tu l’hai mai avuta una ragazza?”
“No, e non sono gay per rispondere alla tua seconda domanda”
“La mia seconda domanda è “perché”? perché non ci credi nell’amore se non hai mai avuto una ragazza?”
Lui si appoggiò sulle braccia alzando il busto
“Mi è successo che quando avevo sei anni mio padre si è innamorato di una ragazza più giovane di lui e ha lasciato la famiglia. Mia madre non aveva mai lavorato ed è stato un momento molto difficile. Poi siamo andati in Germania dove c’era mio zio che le ha trovato un lavoro. Si è messa poi con uno che sapeva che ogni sabato pensava che doverosamente dovesse ubriacarsi. Io mi sono ritrovato da che abitavo di fronte al mare, a vedere da un giorno con l’altro solo distese di luppolo e pini oscuri, senza capire cosa mi diceva la gente e a sentirmi sempre un diverso, un estraneo sopportato e mai accettato. Quando ho potuto me ne sono tornato qui. Non riuscivo ad amare quel mare di terra e quella gente che ti sorrideva solo se aveva un bicchiere in mano. Per questo sono tornato e per tutti sono un pacciu (pazzo), ma i pacci sono liberi, hanno il diritto di vivere come vogliono. Ho preso in casa mio padre che è stato lasciato dalla sua amante e che a furia di pensare a tutti gli errori che ha fatto è diventato un alcolizzato. L’amore, i rapporti con gli altri sono fregature, legami che devi subire tuo malgrado, che devi accettare anche se non hanno più senso, come la famiglia. Perché legarsi se i legami sono solo temporanei e si usurano con la stessa velocità con cui invecchiano i telefonini?”
Lei ascoltava in silenzio, e quando lui finì di parlare continuò a guardarlo come se stesse ancora ascoltandolo, poi si sdraiò nuovamente sulla pancia.
“Io mio padre non l’ho mai conosciuto. Mia madre non ne parla mai. Qualcuno dice che è o era una brava persona, qualche altro dice che era un mascalzone. Non lo so, forse nessuno mi vuole: perché sono una bastarda. Ma a me la cosa non mi interessa. Mia madre è una donna eccezionale, uno scoglio che nessuna mareggiata riesce a spostare; mi ha insegnato che la vita si deve vivere e amare non “malgrado tutto” ma perché è vita, è la nostra, è l’unica che abbiamo. – restò qualche istante in silenzio - Io lavoro con i bambini e vedo ogni giorno che loro si nutrono d’amore. Ne hanno bisogno per crescere per comprendere, per capire questo mondo che per loro è meraviglioso e spesso terribile. Gli uomini non sono diversi dai bambini, senza amore, morirebbero o sarebbero eternamente ubriachi, per non pensare che sono soli, prigionieri di se stessi.”
Restò qualche minuto in silenzio come se ascoltasse il vento dirle qualcosa
“Quando da bambina ho chiesto a mia madre perché non avesse sposato mio padre mi ha risposto che quando si vuole bene a qualcuno è come quando si va in posta ad aprire in due un libretto dove si conserva tutto l’amore che in quel momento avanza; ci si mette i desideri comuni, le speranze per il domani, i ricordi belli, i momenti felici, baci, carezze, sorrisi, abbracci, insomma, tutto quello che  unisce e che rende felici. Quando si ha un momento di difficoltà si va alla posta e si preleva un po' d’amore dal libretto, così si continua a volersi bene. Quando era successo a lei di aver bisogno di quell’amore che mio padre in quel momento non le dava, aveva scoperto che il libretto era vuoto, che mio padre non aveva messo nulla e lei pochissimo. Non serviva a niente tenere quel libretto e lo aveva chiuso e con lui, aveva chiuso anche il rapporto con mio padre.  Mi ha detto anche che il suo era una eccezione. Perché l’amore, se ci crediamo, rinasce ogni giorno ed è l’interesse, il guadagno di quello che abbiamo messo nel libretto, così ogni giorno accumuliamo un tesoro. Questo perché è il tempo che giudica l’amore, perché fa la somma di quanto in quest’amore abbiamo messo di nostro e di sincero. Nel libretto dei tuoi forse c’era poco come in quello dei miei e tuo padre ha deciso di aprirne un altro perché come i bambini, tutti noi dobbiamo nutrirci d’amore.”
“E come si fa a mettere la giusta quantità d’amore sul libretto se all’inizio non si sa cosa si dovrà affrontare e siamo presi dalla voglia e dalla paura d’amare”
“conoscendosi e voglia di sapersi. Solo quando sai chi hai davanti puoi incominciare a depositare il tuo amore in più. Ora tu dici, l’amore non esiste! Ma se non lo hai mai provato, se non hai mai aperto un libretto impegnandoti in un rapporto, come fai a dire che non esiste. Io invece sono sempre qua, con il mio libretto in mano in cui nessuno vuole depositare qualcosa!”
Lui sorrise
“Forse dai troppa importanza a quel libretto postale”
“perché non si può ignorare l’amore come fai tu. Ma dimmi la verità, sei felice?”
Lui non rispose ed appoggiò la testa sulle mani vicino alla sabbia.
“nel mio piccolo si”
“si, sei felice come una barca lasciata per sempre sulla spiaggia: hai rinunciato al mare,  alla vita”
Lui chiuse gli occhi come per riflettere meglio.
“dipende da cosa intendi per vita, se è la spiaggia sempre uguale o il mare con le sue tempeste e bonacce. Quando hai visto solo naufragi, forse la spiaggia è l’unica soluzione”
Lei pensò alle sue parole. Non stava capendo. Non capiva che quell’amore di cui lei parlava non era un passatempo, un vestito sociale che bisognava indossare, ma un bisogno che tutti quanti avevano, anche lui sentimentalmente ateo. Fu invasa da una velenosa malinconia. Come sentiva che era finita in un altro vicolo cieco dove non c’era nessuno. Questo tirolese spiaggiato non voleva dare all’amore l’importanza che aveva e chissà quanti la pensavano come lui. Lei era l’unica a credere in qualcosa a cui nessuno in fondo dava un vero valore. Luigi era ormai un’ombra come tutti quelli che l’avevano preceduto: già prima dell’inizio era finito tutto. Si era spaventato o si vergognava di lei. Il risultato non cambiava: il suo libretto postale era ormai scaduto e nessun altro avrebbe messo su di esso un sogno, un desiderio, un momento felice perché alla fine, gira che ti rigira, lei restava sempre una senza valore, era solo la figlia della buttana che nessuno aveva sposato, era solo quella che non sapeva neanche chi fosse suo padre.
Le venne voglia di scappare e di fermarsi solo in quel posto lontano e introvabile del mondo dove non esistevano le ingiustizie
“si è fatto tardi – disse fredda e distante – il sole sta già tramontando. Io vado”
Si alzò e con le mani rimosse la sabbia dalle gambe. Incominciò a raccogliere nervosamente le sue cose. Lui la guardò sorpreso. Restò seduto osservandola qualche secondo, poi si alzò velocemente
“Hai ragione, quando il sole va via incomincia a fare freddo”
Raccolse la tovaglia e lo zaino e aspettò che lei finisse di piegare la sua. S’incamminarono lentamente sul bagnasciuga per aggirare il promontorio dietro cui era nascosta la spiaggetta e tornare alla piazzola sulla statale su cui avevano parcheggiato
Dopo alcuni secondi di silenzio lui incominciò a parlare
“Mi piace la tua teoria del libretto e anche quello che hai detto sui bambini …”
Lei camminava senza ascoltarlo, guardando dove metteva i piedi per evitare i sassi più grossi o più appuntiti.
“Poi, è vero, per mettere il giusto valore nel libretto comune, ognuno deve sapere, chi è la persona con cui ha aperto il conto e che cosa rappresenta per lui …”
Lei continuava a non parlare stanca di una discussione senza nessuna conclusione che ormai aveva sentito mille volte ripetuta in mille modi diversi.
“… Penso che alla fine ognuno deve trovare la sua strada ….” Concluse lui con una disarmante banalità detta come se fosse una verità assoluta.
Arrivarono alla piazzola del parcheggio e Cettina vide poco lontano dalla sua macchina una moto di grossa cilindrata con targa tedesca
Lei arrivò alla macchina qualche metro più avanti, l’aprì e si girò per salutarlo trovandolo giusto dietro di lei invece che accanto alla moto e spaventata fece un salto indietro
“Scusa – fece lui sorridendo per la faccia che aveva fatto – volevo chiederti sola una cosa …”
“Dimmi”
Rispose lei riavutasi dallo spavento
“… ti andrebbe di andare a mangiare una pizza con me questa sera … o domani se sei occupata?”
Lei lo guardò sorpresa
“Perché ?
“Per conoscerci meglio … per parlare un po' …. diventare amici….”
Non riuscì a trovare altri argomenti anche se si capiva che li stava cercando
“… tra le tante persone che ho incontrato qui, sei l’unica che dica delle cose sensate …  ”
Lei lo guardava stupita, indecisa sul da farsi pensando a cosa volesse dire
“… scusa, è la prima volta che chiedo un appuntamento e non so cosa si dica in questi casi … ma ho lasciato la Germania per il mare … mi scoccia pensarmi abbandonato su una spiaggia”
La guardò intensamente, con i ricci che gli scendevano sugli occhi e le labbra ferme in un sorriso gentile.
Lei pensò a il suo corpo contro il suo nel bagnasciuga, penso ai suoi occhi neri dietro i riccioli che gli coprivano la fronte, ebbe il flash delle sue labbra che le sorridevano senza malizia mentre le dava il cuscino e pensò a quello che le aveva detto, alla sua anima che le aveva mostrato. Sentì che era sincero, diversamente da tutti quelli prima di lui, le aveva mostrato la sua anima ancor prima di conoscerla.
“bhe, penso che stasera potremmo vederci, perché no … dove possiamo andare?”
“io vado sempre al kamelot, ti va bene?”
“ si non è lontano da casa mia alle 21:00 va bene?”
“okei, prenoto io”
Lei lo guardò tutta seria.
“ Non mi darai anche tu una buca?”
“No! io quando dico una cosa è quella”
E sorrise nuovamente
“va bene, a stasera”
Fece lei contenta. Il volto di lui si illuminò.  Si voltò e si avviò verso la moto. Lei lo guardò allontanarsi e dopo pochi secondi gli corse dietro
“scusa, … scusa,”
Lui si voltò immediatamente e se la vide arrivare di corsa
“Come ti chiami ? …. Non mi hai detto come ti chiami”
Lui la guardò
“Philipp, Filippo in italiano”
I loro occhi si guardavano come quando si guarda un tramonto o il mare del mattino mentre sorge il sole e lo riveste di luce.
“Ah, Filippo … “
Ripetè lei. Ma non si mosse e non disse nulla. Lui faceva lo stesso quasi a voler leggere ogni suo tratto, ogni più piccolo particolare di lei per ricordarselo per sempre
I loro occhi si fissavano come se le loro anime volessero conoscersi direttamente, senza usare parole, ma solo il loro silenzioso desiderio di sapersi
“minchia baciami,  abbracciami, … stringimi …”
Pensò Cettina improvvisamente, sperando che la stringesse come aveva fatto in acqua o come fanno nei film e che premesse le sue labbra sulle sue, perché le labbra sono la penna con cui ogni amante scrive il suo amore sulla pelle di chi ama e lei voleva che lui scrivesse sulla sua pelle quanto per lui, lei fosse importante, quanto la desiderasse e la volesse rivestire di piacere, perché aveva sempre desiderato un bacio rivelatore come quello che non era mai arrivato.
Si vergognò immediatamente dei pensieri che stava facendo
“… a dopo … allora”
E indietreggio per ricordarlo com’era, con i riccioli smossi dal vento, quel sorriso che sembrava quello di un bambino e l’asciugamano rossa sulla spalla.
Sentì che stava arrossendo, si voltò e andò via, salì in macchina e partì. Arrivò a casa senza ricordarsi nulla della strada che aveva fatto, perché pensava solo a lui, a quello che si erano detti, alle sue braccia intorno la sua vita, ai suoi occhi fissi nei suoi. Alle sue labbra che dovevano essere dolcissime, alle sue mani sul suo corpo, alla sua pelle che doveva profumare di fuoco e zagara. Si asciugò i capelli raccogliendoli in una lunga coda, si mise lo smalto nuovo sulle unghie dei piedi e delle mani, si passo sulle gambe la crema per rassodarle e passò parecchio tempo a truccarsi. Lo faceva in modo inconscio, mentre pensava a lui. Si provo due vestiti e scelse il nero con le scarpe basse e una piccola borsa. Restò in dubbio sull’intimo, se dovesse mettersi Victoria Segret o Coin.
“Minchia - si disse - se deve succedere qualcosa, me lo devo ricordare per tutta la vita”
E levò il tagliandino del prezzo a Victoria Segret. Quando guardò l’orologio si accorse che era tardi e corse via sotto lo sguardo severo della madre rimasta a guardarla preoccupata sulla porta di casa. Arrivò con quasi venti minuti di ritardo e all’ingresso del locale lo cercò con ansia e paura tra i tavoli. Lo vide in un angolo che guardava il cellulare. Si diresse verso di lui sicura ed emozionata. Felice di vederlo con i suoi ricci e la sua camicia di lino bianco. Felice di vederlo perché le sembrava di conoscerlo da sempre, di sapere ogni suo segreto e che in verità non l’avesse mai lasciata. Era rimasto dentro i suoi più nascosti desideri a sorriderle, a stringerla e proteggerla come quando l’aveva stretta nel mare. Non era mai andato via, era rinchiuso dentro la sua anima a nutrirla d’amore Quando lui la vide si alzo sorridendo e lei si sorprese perché non lo ricordava così carino e pensò che era naturale che lei fosse lì con lui, che non potesse essere altrimenti, che quel momento per loro due era gia stato scritto da sempre. Per sempre.
“Ciao”
Le disse Filippo guardandola stupito della sua elegante trasformazione mentre aspettava che si sedesse.
“ciao, è tanto che mi aspetti? “
gli chiese preoccupata Cettina.
“da sempre”
rispose e sorrise con un sorriso grande quanto l’orizzonte Lo stomaco le prese fuoco e capì che sarebbe stata la serata più importante di tutta la vita che fino a quel momento aveva vissuto. Si spaventò, per quell’immensa e incosciente felicità che stava provando.  
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valentina-lauricella · 7 months
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Per me Leopardi non costituisce studio, ma pura evasione. Può sembrare un paradosso, cercare - e trovare - la felicità in un noto pessimista (sebbene ri-valutato) e la serenità in un personaggio complesso, imprendibile, frustrante per chi esiga una totale tomografia fenomenica. Per quanto sia auspicabile che la biografia degli artisti non sia più ingombrante della loro opera, la vita di Leopardi, la sua persona, sono entrate nell'immaginario popolare e in quello di altri artisti, che hanno così creato, dal nucleo originario del dato reale, una costellazione di ampliamenti, interpretazioni, corresponsioni.
L'ombra di Leopardi perdonerà il verosimile, pensa Giampaolo Rugarli, autore del libro Il bruno dei crepuscoli, perché è meglio il verosimile che abbia un'anima, e giunga al pubblico, piuttosto che l'arido vero, illuminato da una cruda luce, che non commuova altrettanto o addirittura per nulla. Perché non rendere la stessa vita di Leopardi una poesia (revisionata, balbettata, enunciata con una voce ch'è quasi un fiato, ma tesa e tenuta insieme da un filo di senso superiore)? Sembra quasi cosa dovuta, piuttosto che intento per il quale ci si debba scusare.
Rugarli in questo intento riesce benissimo; con risultati esteticamente altalenanti, ma compensati dall'altalena di emozioni che riesce a generare nel lettore. Qui e lì, la carenza di materiale biografico certo, si rende evidente, non sufficientemente coperta dall'invenzione letteraria, che pure si mantiene sempre coerente; non tradisce la logica né la psicologia; non rompe l'incanto della sospensione dell'incredulità.
Il primo capitolo è costituito dal monologo della cugina di Leopardi, Geltrude Cassi Lazzari, giovane e robusta donna maritata che si sorprende ad essere turbata dal cugino molto più giovane di lei, sgraziato e deforme, che però fa baluginare intelligenza e carisma tali da trasformare la pena e il fastidio iniziali in un delirio che la tiene sveglia.
Il secondo è anch'esso un monologo, scritto come personale orazione funebre, dalla prostituta romana Dafne, che ricorda, probabilmente a un passo dalla morte per colera, il periodo in cui la sua vita s'intrecciò, in modo impalpabile e inesplicabile, ma persistente, alla vita del ragazzo Leopardi, ospite dello zio Antici.
Il terzo è costituito dagli appunti del giovane nobiluomo Papadopoli, allievo di latino e greco del Leopardi. I due diventano amici, e il ragazzo diventa preoccupato spettatore della vicenda in cui Leopardi cercherà l'umiliazione prostrandosi ai piedi della rotondeggiante, umoralmente labile dea Teresa Carniani Malvezzi.
Nel quarto capitolo, Ranieri accenna, in una lettera alla sorella, ai tumulti sentimentali del periodo fiorentino di Leopardi, in cui egli passa dalla venerazione della virago Fanny Targioni Tozzetti all'abbandono a lui, testimoniato dalle famose letterine amorose con cui lo implorava di tornare a Firenze, manifestando la volontà di quel "sodalizio" che poi si protrasse ben oltre il volere dei suoi contraenti.
L'ultimo capitolo, redatto dal medico Mannella, testimone del periodo più aspro della malattia di Leopardi, quello napoletano, è il più drammatico e torbido, in cui le ambiguità, le menzogne, le manipolazioni operate dai fratelli Antonio e Paolina Ranieri, sembrano isolare il fragilissimo Leopardi in un precoce sudario di morte, desiderata e provocata, che infine si compie.
È un viaggio a più voci attorno alla psiche di Leopardi, che riesce a restituire un ritratto profondamente armonico e credibile della sua personalità, dal quale lo scaturire della sua opera sembra naturale, quasi necessario. Questa non è una mera biografia, ma un'opera letteraria parallela, a sé bastante, che paradossalmente potrebbe funzionare anche se Leopardi non fosse mai esistito come persona reale, ma fosse stato, da sempre e per sempre, un personaggio padrone dell'immaginario, e la sua vita una parabola archetipica in cui ciascuno può rispecchiarsi e provare a interpretarsi.
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deathshallbenomore · 1 year
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INDOVINATE CHI DOPO LETTERALMENTE MESI HA PASSATO IL REFERAGGIO (anche il ri-check del referee infame per te solo le lame) E VEDRÀ IL PROPRIO ARTICOLO (fr🏧 ingiustamente bloccato in fase di referaggio) PUBBLICATO?
SÌ.
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susieporta · 7 months
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COME FARSI CAPIRE DALL'ALTR@
- LA COMUNICAZIONE NONVIOLENTA E NON MANIPOLATIVA
La comunicazione nonviolenta si basa tutta su un pilastro fondamentale:
riuscire ad esprimere i propri bisogni e i propri sentimenti per entrare in empatia con l’altro ed essere compresi, anziché addossare all’altro la responsabilità dei nostri sentimenti.
PER QUESTO, quando si impara a comunicare tramite la modalità nonviolenta,
anziché dire "mi fai sentire" si dice "mi sento";
anziché dire "mi hai detto o fatto questo" si dice "a me è arrivato questo, ho capito bene?";
anzichè dire "tu devi" si dice "io avrei bisogno di", eccetera, eccetera.
Ecco, imparare a fare questo in una cultura che ti ha insegnato ad essere punita o ripresa sempre fin dall’inizio quando hai osato, magari da piccola, esprimere i tuoi bisogni, è molto difficile, perché bisogna vincere delle resistenze e buttare giù un muro di cui spesso non siamo neanche più consapevoli.
Nel libro di Marshall B. Rosenberg “Le parole sono finestre [oppure muri] – Introduzione alla comunicazione nonviolenta”: https://amzn.to/3g9VZWS,
mi ha colpita in particolare una lista di aggettivi che possono aiutarci ad esprimere meglio, in maniera più comprensibile, analitica, sottile e dettagliata cosa sentiamo in quel momento.
Dunque qui trascriverò per tutti una lista preziosa per provare a farsi capire meglio da chi ci ascolta e, in primis, a capire meglio se stesse/i e come si reagisce di fronte a un certo stimolo! 😊
ALCUNI SENTIMENTI CHE PROVIAMO QUANDO I NOSTRI BISOGNI SONO SODDISFATTI
Mi sento….
Affascinata, A mio agio, Affettuosa, Agitata, Allegra, Amichevole, Ammaliata, Amorevole, Appagata, Appassionata, Assorta, Aperta, Attenta, Audace, Baldanzosa, Beata, Bendisposta, Brillante, Briosa, Calma, Calorosa, Coinvolta, Centrata, Commossa, Comoda, Concentrata, Contenta, Curiosa, Deliziata, Di buon umore, Desiderosa, Divertita, Eccitata, Effervescente, Elettrizzata, Emozionata, Entusiasta, Estasiata, Esuberante, Esaltante, Felice, Festosa, Fiduciosa, Fiera, Frizzante, Grata, Gioiosa, Gloriosa, Immersa, Impaziente, In armonia, Impressionata, In attesa, Interessata, In pace, Ispirata, Incantata, Incoraggiata, Incuriosita, Intenerita, Libera, Lieta, Meravigliata, Orgogliosa, Ottimista, Pacifica, Piena di ammirazione, Piena di energia, Placida, Quieta, Raggiante, Rallegrata, Rapita, Rasserenata, Riconoscente, Rilassata, Rinforzata, Rinfrescata, Risvegliata, Riposata, Sbalordita, Serena, Stupita, Sensibile, Senza fiato, Sfavillante, Soddisfatta, Sollevata, Sopraffatta (dalla gioia), Sorpresa, Spensierata, Speranzosa, Stregata, Stupita, Toccata, Tranquilla, Turbata, Vigile, Vivace.
ALCUNI SENTIMENTI CHE PROVIAMO QUANDO I NOSTRI BISOGNI NON SONO SODDISFATTI
Mi sento….
A disagio, Abbattuta, Addolorata, Adirata, Affaticata, Afflitta, Affranta, Agitata, Allarmata, Amareggiata, Angosciata, Annoiata, Ansiosa, Apatica, Arrabbiata, Assonnata, Atterrita, Avversa, Avvilita, Colpevole, Confusa, Contrariata, Costernata, Cupa, Delusa, Demoralizzata, Depressa, Di malumore, Diffidente, Disgustata, Disillusa, Disinteressata, Disperata, Dispiaciuta, Distaccata, Dolente, Dubbiosa, Esasperata, Esausta, Febbrile, Fiacca, Fredda, Fragile, Frustrata, Furibonda, Furiosa, Gelosa, Imbarazzata, Impacciata, Impaurita, Impaziente, Impensierita, Impotente, Inappagata, Inasprita, Incerta, Incontrollabile, Incurante, Indifesa, Indifferente, Infastidita, Infelice, Impietrita, In colpa, Indecisa, Infervorata, Inorridita, Inquieta, Insensibile, Insicura, Invidiosa, Irrequieta, Irritabile, Letargica, Malinconica, Mesta, Nervosa, Ostile, Pensierosa, Perplessa, Persa d’animo, Pessimista, Piena di paura, Piena di rancore, Piena di vergogna, Preoccupata, Raccapricciata, Rammaricata, Rattristata, Reticente, Riluttante, Risentita, Sbigottita, Scettica, Scioccata, Scocciata, Sconsolata, Scontenta, Sconvolta, Scoraggiata, Scossa, Seccata, Senza energia, Sfiduciata, Sfinita, Sgomenta, Snervata, Sola, Sopraffatta, Sorpresa, Sospettosa, Spaventata, Stanca, Stordita, Straziata, Stressata, Stufa, Suscettibile, Svogliata, Tesa, Tetra, Tiepida, Timorosa, Titubante, Triste, Turbata, Vergognosa, Vulnerabile
www.ilboscofemmina.com
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The Nun II 2023
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✔️ 𝐒𝐓𝐑𝐄𝐀𝐌𝐈𝐍𝐆 𝐎𝐑𝐀 𝐐𝐔𝐈 ▶ https://bit.ly/3PCJt58
:: Trama The Nun II :: Tarascon, Francia, 1956. Un sacerdote trova la morte in circostanze terribili e misteriose all'interno della sua chiesa davanti agli occhi del suo chierichetto. Suor Irene, ancora turbata dalla lotta contro il demone avvenuta pochi anni prima e raccontata nel primo film della serie, vive adesso serenamente in un convento, ma riceve la visita di un prelato: oltre a quella a Tarascon, ci sono state altre strane morti di preti e suore. È chiaro che il demone è tornato e sta seguendo un suo percorso con un obiettivo sconosciuto. Dato che padre Burke è morto, solo lei può affrontarlo. Benché riluttante, suor Irene si mette in viaggio accompagnata da suor Debra. Scoprirà che nella vicenda è coinvolto Marcel, suo compagno di lotta nel primo film, adesso lavorante in un collegio femminile, e che la mira del demone è puntata su un'antica reliquia che lo renderebbe ancora più potente: gli occhi di Santa Lucia.
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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era probabilmente inevitabile questo seguito.
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:: Trama The Nun II :: Tarascon, Francia, 1956. Un sacerdote trova la morte in circostanze terribili e misteriose all'interno della sua chiesa davanti agli occhi del suo chierichetto. Suor Irene, ancora turbata dalla lotta contro il demone avvenuta pochi anni prima e raccontata nel primo film della serie, vive adesso serenamente in un convento, ma riceve la visita di un prelato: oltre a quella a Tarascon, ci sono state altre strane morti di preti e suore. È chiaro che il demone è tornato e sta seguendo un suo percorso con un obiettivo sconosciuto. Dato che padre Burke è morto, solo lei può affrontarlo. Benché riluttante, suor Irene si mette in viaggio accompagnata da suor Debra. Scoprirà che nella vicenda è coinvolto Marcel, suo compagno di lotta nel primo film, adesso lavorante in un collegio femminile, e che la mira del demone è puntata su un'antica reliquia che lo renderebbe ancora più potente: gli occhi di Santa Lucia.
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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fled-girl-diary · 8 months
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Caro diario
Oggi sono stata in visita al centro Cabrini DCA. La mamma è ricoverata lì da un mese, e come ben ricordi non è il primo ricovero. Sono stata in visita perché oggi era previsto il un incontro tra familiari e medici, essenzialmente un momento di condivisione guidato dai terapeuti dei nostri cari che soffrono di DCA.
Alla domanda dei parenti "com'è andata? Come sta la mamma?" mi sento fortemente turbata. Vi direi di andare voi stessi e provare.
Sono entrata e ho visto dozzine di adolescenti sofferenti, turbate dal mondo, da sé stesse. Vedevo l'abbraccio sconfortato dei genitori che rivedono una figlia in ricovero, e altre figlie respingere quello stesso abbraccio. Ho visto una ragazza col volto pieno di graffi, come se fosse stata aggredita a morsi da un cane randagio. Ne ho visto un'altra totalmente estraniata come effetto collaterale del Litio e di una serie di farmaci che assume.
In corso di riunione familiare più o meno tutti siamo riusciti a condividere pensieri ed emozioni. Diverse sensazioni prevalevano in ognuno: in chi L a rabbia, in chi lo sconforto, in chi la totale sfiducia nei confronti del proprio caro malato. Il tema affrontato è stato la fiducia.
Il terapeuta ci ha chiesto di scrivere delle parole associate al tema della fiducia?l. Ho scritto due parole e queste sono "complicità e accettazione". Accettazione del fatto che la fiducia possa essere unilaterale. È una vita che provo a costruire un rapporto in cui mamma possa appoggiarsi a me, e a tratti penso anche di esserci riuscita. Ma questo non potrà mai essere il contrario, e devo accettarlo. Devo accettare l'unilateralità di molti aspetti del nostro rapporto. Accetto che sia lei ad avere fiducia in me, ma io non riuscirò ad averne in lei, e mi va bene così, basta che lei sopravviva a tutto questo.
Ammetto che questo momento di condivisione mi abbia aiutata a riflettere molto sulle sensazioni che noi familiari proviamo. La manipolazione. Il controllo dell'altra persona malata su di noi.
No, non ce la faccio a spiegarvi cosa provo oggi per la seconda volta che vado in visita a trovare mamma.
Lo dico a te, caro diario, come vorrei dirlo al mio fidanzato, alle mie sorelle, a mio padre, a mia nonna, ai miei cari.
Come faccio a spiegarvi questa sofferenza? Questi momenti così intensi?
Finita la riunione ci incamminiamo, io con altri familiari, verso l'uscita. Una ragazza esce dalla struttura e sviene per terra. Svenuta, debole, fragile. Chissà quante volte deve essere successo.
Sono così estremamente triste per ciò che le persone malate di DCA debbano passare, di tutte le problematiche che si sovrappongono ad esso col passare degli anni. Mamma ne soffre da oltre 40 anni. Non lo trovo giusto. È una lotta che è diventata anche la mia, per quanto la mia terapeuta voglia smontarmi questo concetto per spiegarmi che non è la mia battaglia.
"È andata bene, la mamma sta meglio, un passo alla volta e speriamo bene"
Questa è la frase con cui stacco ogni chiamata oggi. Sono così profondamente turbata
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unquadernino · 8 months
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Sono seduta al pianoforte, suono Beethoven. L'altro ieri notte ho sognato la mia maestra di pianoforte e mi sono svegliata molto turbata, nel sogno volevo tanto suonare ma per qualche motivo me ne stavo con altre persone su una terrazza dove una tastiera digitale al PC riproduceva in modo falso il suono di un pianoforte. Solo alle 20:04 correvo verso la stanza nella quale si trovava un pianoforte vero, identico a quello che usavamo a lezione. Ma era troppo tardi per suonare, dopo le 20 non si può più, e mi sedevo sullo sgabello piena di rammarico. Oggi mi sono seduta qui e ho suonato Beethoven. L'ho suonato per un po'. Ora ho interrotto perché avevo la testa piena di pensieri che si rincorrevano, e una strana sensazione di nudità nel suonare mentre mia madre è nell'altra stanza. Mi sento come una persona che dopo tantissimo dolore per un amore non corrisposto, mostri di provare ancora dei sentimenti, e di provarli ancora con lo stesso dolore di prima. La verità è che ho il rimpianto enorme di non aver continuato a prendere lezioni, ma la verità ancora più forte è che non ho potuto farlo e che se ho smesso è stato solo perché per non far mancare niente in famiglia ho smesso di pensare a me in tanti momenti. E di questo mi pento, me ne pento ogni volta che suono e che sento le mie dita, dopo due anni, suonare alla perfezione passaggi complicati come se fossero solo loro a ricordarli, non la mia testa e non la mia razionalità. Suonando poco fa ho capito anche che il pianoforte per me è stato un linguaggio di tante relazioni di amicizia che ora sono finite, o sono tornate dopo tanto (e forse è per questo che ora sono di nuovo qui). Ho creduto di poter lasciare andare questo linguaggio insieme a quelle persone, e solo adesso mi rendo conto del fatto che è come se non sapessi più parlare, o come se non sapessi più ascoltare. Come se non sapessi più ascoltare
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canterai · 9 months
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Sono molto turbata dal mio peso così altamente, specie perché non ne vedo il motivo. Da un anno a questa parte, le mie abitudini alimentari sono rimaste indicativamente invariate, regolari e sane, nel senso positivo della parola, non quello ossessivo. Un anno fa pesavo tre chili meno di adesso, rimanendo sempre nel range del normopeso. L'inverno scorso il mio peso è diminuito drasticamente, facendomi perdere fino a cinque chili e lanciandomi nel sottopeso contro la mia volontà. A posteriori, penso che questa improvvisa perdita di peso fosse stata in gran parte dovuta al colon. Da inizio 2023, man mano che il colon stava meglio, anche il peso è gradualmente tornato normale, arrivando però a superare il peso di partenza. Mi chiedo se questa cosa possa essere legata all'assenza del ciclo da ormai otto mesi, anch'essa apparentemente ingiustificata. Dall'inizio dell'estate vedo il mio corpo piuttosto gonfio, affaticato. In questi giorni sono anche ritornati i dolori al colon. Insomma, sono confusa e disorientata.
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