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#scultura italiana
vertigo1871 · 8 months
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Emilio Greco, Vittoria Olimpica (detail), 1960
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO QUARTO - di Gianpiero Menniti
L'OMBRA DELLA LACRIMA
“L’uomo che cammina”, 1960 è un’opera famosa di Alberto Giacometti (1901 - 1966), ultima versione di una prima risalente al 1947.
Osservandola, è molto facile cadere in una trappola retorica: un fiume di parole per celebrare l’uomo, naturalmente l’uomo che ha conquistato la terra, sollevato il velo dei misteri, realizzato il progresso della scienza e della tecnica, costruito monumenti grandiosi, scolpito e dipinto opere magnifiche.
L’uomo che mai si ferma, sempre alla ricerca di confini da abbattere.
Così, un esile accrocco di linee estenuate, diventa il “Re del mondo”.
L’umiltà della figura è apparenza di sterminata eccellenza.
Se fosse così, non varrebbe nessun impegno d’artista oltre i fasti disincantati dell’Umanesimo invecchiato già di secoli.
No.
Quel passo è come un simbolo etrusco: un “senza nome” sepolto dalla boria dei vincitori.
La forma, abborracciata, sgraffiata, consumata, è solo ombra di steli che scivola incerta su un cammino senza meta.
Fragile.
Estrema.
Proviene da una caduta.
Si alza e muove i suoi passi, per esorcizzarla.
Scopre la leggerezza.
S’illude.
Come lacrima illuminata, si nasconde in un riflesso nero sullo sfondo.
Sovvengono i versi di Samuel Beckett , "Ossa d'Eco", del 1935:
«Dentro la mia andatura rifugio tutto il giorno con gazzarre smorzate se la carne decade senza tema erompendo o favore di vento vada il guanto di sfida del senso e del non senso preso dalle sue fisime per quello che mai sono.»
- Nelle immagini, Alberto Giacometti con Samuel Beckett, a Parigi nel 1961 e l’artista ritratto sulla copertina di “Life” negli anni ‘50
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storiearcheostorie · 6 days
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Studi / Quei gessi "tormentati" di Lorenzo Bartolini: presentati a Firenze i risultati delle analisi sulle opere conservate all'Accademia
Studi / Quei gessi "tormentati" di Lorenzo Bartolini: presentati a Firenze i risultati delle analisi sulle opere conservate nella Galleria dell'Accademia
Redazione Sono decisamente tormentate le vicende di gran parte dei modelli in gesso di Lorenzo Bartolini (1777 – 1850) conservati nella Gipsoteca della Galleria dell’Accademia di Firenze. Il lungo periodo di abbandono in cui sono state tenute per molti anni, gli inconsapevoli erronei interventi di restauro del passato, il devastante passaggio dell’Alluvione del 4 novembre 1966, hanno lasciato…
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playlovethink · 20 days
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Pino Pascali, genio eclettico e dirompente
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(Image: Pino Pascali, Vedova Blu, 1968. VI Biennale Romana, Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1968. Foto di Claudio Abate © Archivio Claudio Abate)
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patti-campani · 11 years
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Accrochage
“Il problema della nostra epoca è che è tutta piena di cartelli e priva di destinazioni”  questo l’appunto trovato a bordo pagina di quaderno e, come spesso mi succede, senza autore o riferimenti: fiducia in una memoria che è da tempo vagabonda. La cosa particolare è che alcuni giorni fa, in tempi perfetti per questo progetto, un’amica me l'ha suggerito involontariamente inviandomi un link che riportava la citazione completa di autore… coincidenze. Ma tant’è.  A ben vedere però  farei una piccola, ma significativa, variante al testo di Kronenberger e direi piuttosto che “Il problema della nostra epoca è che è tutta piena di cartelli che indicano destinazioni”.  Personalmente preferisco gli indizi alle indicazioni: quanto poco spazio resta altrimenti  all’attenzione, all’intuito e alla scoperta se si segue una traccia  certa. Meglio perdersi un poco lungo il percorso. Del resto  Walser, amato maestro dell’eterno vagabondare nella natura così come nella vita e nell’arte, mi ha insegnato, senza mai deludermi, che in  “… un’avventura nomade, dissociata e abbandonata agli incontri più incongrui, casuali e sorprendenti,  si abbraccia ogni particolare del circostante e insieme lo si osserva da una invalicabile distanza … “
E questo pensiero mi ha condotta attraverso Accrochage: non volevo dare o avere  indicazioni,  passare un filo di lettura orientato, ma piuttosto mischiare le carte e dare l’opportunità ad autori diversi tra loro per ricerca ed espressione, di convivere, di confrontarsi e di unirsi in imprevisti incontri. Del resto questo è il tempo o il modo  delle espressioni contemporanee, mutanti e aperte, nel quale  i confini tra i vari linguaggi sono sempre più labili, difficili da definire  e capire, perché si trasformano in continuazione. Accrochage, quindi, un bisticcio o schermaglia, un confronto di lingue, pensieri e poetiche, che rappresenta nel suo insieme una parte dell’espressione artistica attuale, acuta e presente a dispetto di alcuni vuoti propositivi che ci circondano.
Difficile costruire i limiti di una mostra  con l’intenzione di non volerla improntare seguendo un tema specifico. Come definire un limite  del campo  all’interno del quale poter rappresentare l’ordine o il disordine del senso del discorso? Ho scelto  di dare un ruolo fondamentale all’insieme cercando di evitare di racchiudere le opere di ogni  artista in una situazione di definizione ed invitando artisti in grado di attraversare liberamente ogni contesto espressivo, abbattere generi di appartenenza o correnti e  creare una sorta di rebus nel quale poter rintracciare  una soluzione, possibile solo tenendo conto dell’ insieme. 
Ho chiesto espressamente agli artisti invitati di partecipare con più lavori e  su un formato contenuto per poter realizzare  un’onda multiforme di immagini che andasse ad invadere in maniera serrata lo spazio, li ho invitati a   lasciare andare un’ immediata leggibilità personale per puntare sulla forza di una coralità a più voci.
Un’opera unica, quindi, ad occupare i limiti fisici del locale in una proposizione senza soluzione di continuità tra un autore e l’altro, tra una tecnica e  l’altra. Più di sessanta artistia rappresentare pittura, fotografia, grafica, illustrazione, installazione, video, mail art e quanto nasce dalla contaminazione dei singoli ambiti.
Un flusso continuo che  contenga , spavaldo,  dissonanze e armonie di questa modalità nomade e inquieta . E da questo flusso bisogna lasciarsi assorbire, prestargli attenzione, dare senso e presenza ad ogni singolo passaggio ad ogni frame che lo compone. Del resto le relazioni e le intersezioni si possono strutturare solo attraverso il dettaglio o il frammento, appunto. E qui naturalmente si entra nel merito dei singoli lavori, dell’opera nella sua unicità, nel filo armonico della poetica di ogni singolo artista che possiamo riconoscere e rintracciare, come una  voce amata, all’interno del coro di commistioni di segni e linguaggi.
La partecipazione così numerosa rende impossibile dedicarmi con parole ad ogni singola presenza senza cadere in una sintesi parziale  e vaga; solo la visione accurata delle  opere stesse  può accompagnarci in questa conoscenza. E se l’incessante bombardamento di immagini e di informazioni spesso portano la vista  ed insieme il pensiero ad essere distratti e superficiali, qui, forse, le dissonanze possono esserci d’aiuto: farci  da inciampo per condurci a rallentare il movimento e salvarci dal battere il naso contro la disattenzione.
Patti Campani,  maggio 2013
ACCROCHAGE   un progetto a cura di Patti Campani
Partecipano:
Claudio Alba, Marco Ara, Aseret Marille, Giampaolo Atzeni, Angelo Barile, Pietruccia Bassu, Lancillotto Bellini, Mauro Bellucci, Davide Bonazzi, Barbara Bonfilio, Carmine Calvanese, Silvia Camagni, Totò Cariello, Daniele Carnovale, Luna Cesari, Daniele Contavalli, Corti Manuela, Michele D’Agostino, Laura della Gatta, Federica De Ruvo, Luca Di Martino, Fernando Di Nucci, Roberta Fanti, Fathi Hassan, Massimo Festi, Roberta Filippelli, Maria Grazia Galatà,  Alberto Gallingani, Marina Gasparini, Anna Girolomini, Vittorio Gui, Piotr Hanzelewicz, Holly Demetra Heuser, Gabriele Lamberti, Marco Lavagetto, Paolo Maggi, Bruno Mangiaterra, Luigi Mastrangelo, Viviana Mauriello, Antonella Mazzoni, Gianfranco Milanesi, Mauro Molle, Monalisa Tina, Daniela Montanari, Sabrina Muzi, Emilio Nanni, Nieddu Gianni, Marilena Pasini, Simone Ponzi, Loredana Raciti, Nicola Rotiroti, Mauro Sambo, Gianfranco Sergio, Mike Michele Sigurtà, Gabriele Talarico, Elettra Tam Vania, Danilo Vaiz, Vittorio Valente, Samantha Vichi, Stefano Scheda, Sozzi Valentina, Xel, Roberto Zizzo
Opening: sabato 8 giugno dalle 19 alle 23
Fiorile+spazioUN1CO, via baruzzi 1\2 Bologna
8 - 18 giugno
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garadinervi · 10 months
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Francesco Lo Savio, XXXVI Biennale, 'scultura italiana contemporanea', Venezia, Galleria La Salita, Roma, 1972 [Reprinted text from Spazio-luce, Volume 1, 1962] [J.N. Herlin Inc.]
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fashionbooksmilano · 1 year
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Il Déco in Italia
L’Eleganza della Modernità
a cura di Francesco Parisi
SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo 2022, 304 pagine, 315 ill.,  24 x 28 cm, Brossura con alette, ISBN  9788836653966
euro 36,00
email if you want to buy :[email protected]
Il Déco in Italia, l’eleganza della modernità è il titolo della mostra inedita che il Forte di Bard ospita dal 2 dicembre 2022 al 10 aprile 2023. Il volume, muovendo dalla sezione italiana dell’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes, evento epocale che si tenne a Parigi nel 1925 e da cui deriva il termine “Déco”, intende restituire, attraverso 230 opere circa, una fotografia di quanto si andava producendo in quegli anni non solo nelle arti decorative e nella grafica, ma anche in pittura, scultura e architettura. L’obiettivo è quello di scoprire il fil rouge del gusto déco italiano che, tramite le necessarie intersezioni di stili e temi guida – come la danza, la maschera e la spinta sintetica nell’analisi formale di animali esotici –, favorì quella ricerca orientata verso una maggiore struttura architettonica e geometrizzazione delle forme. Tra le opere illustrate, per citarne solo alcune, le sfavillanti ceramiche firmate da Gio Ponti per Richard Ginori e quelle celebri di Francesco Nonni, le delicate trasparenze buranesi di Vittorio Zecchin, gli straordinari dipinti di Aleardo Terzi e Umberto Brunelleschi, che segnano un versante più illustrativo della pittura di quegli anni, e i progetti di Armando Brasini e Piero Portaluppi. Spazio è dato anche a quel sottile legame che avvicinò il secondo Futurismo alla temperie déco, testimoniato dalla partecipazione all’Expo parigina di Giacomo Balla, Fortunato Depero ed Enrico Prampolini.
09/03/23
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gregor-samsung · 6 months
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“ Eravamo nell'atrio, tutto rivestito di capelvenere. Dinnanzi m'era lo scenario che godevo da un mese e che mi sembrava di vedere ogni giorno per la prima volta. Il declivio verde di aranci, costellato di frutti d'oro, poi l'azzurro del mare, l'azzurro del cielo; e su quell'orizzonte a tre smalti diversi, i piú divini modelli che l'arte dorica abbia, col Partenone, tramandato sino a noi. Il Tempio della Concordia, e vicino il Tempio d'Era con la sua fuga di venti colonne erette e di venti colonne abbattute, e, piú oltre, il Tempio d'Ercole, ossario spaventoso della barbarie cartaginese, meraviglia ciclopica tale che la nostra fantasia si domanda non come sia stato costrutto, ma come sia stato abbattuto; e oltre ancora il Tempio di Giove Olimpico, il Tempio di Castore e Polluce: tutte le sacre rúine che Agrigento spiega a sfida tra l'azzurro del cielo e del mare, ecatombe di graniti e di marmi che sembra dover ricoprire tutta la terra di colonne mozze o giacenti, di capitelli, di cubi, di lastre, di frantumi divini. Ma dinnanzi a noi era quello che Miss Eleanor chiamava «il mio tempio», il tempio di Demetra, eretto ancora sulle sue cinquantaquattro colonne, l'unico intatto fra dieci altri abbattuti, l'unico sopravvissuto, per uno strano privilegio, al furore fenicio e cartaginese, al fanatismo cristiano e saraceno. — No, amico mio. Dobbiamo ai cristiani e ai saraceni se il tempio è giunto intatto fino a noi.
Fu San Rinaldo, nel IV secolo, che lo scelse fra «i monumenti infernali dell'idolatria» per convertirlo in una chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista, chiesa che fu trasformata in moschea al tempo dell'invasione saracena. E l'edificio divino fu salvo, mascherato e protetto come un fossile nella sua custodia di pietra e di cemento. Quale grazia del caso! Pensate allo scempio che fu fatto degli altri! Pubblicherò un manoscritto di mio padre dedicato tutto allo studio di queste distruzioni nefande. Pensate a quel colossale Tempio d'Ercole che forni materiale per tutti i porti nel Medio Evo! Tutto fu abbattuto e spezzato. Abbattute le colonne ciclopiche, ogni scannellatura delle quali poteva contenere un uomo, come in una nicchia, abbattuti i giganti e le sibille alte dodici metri che reggevano l'architrave, meraviglia di mole titanica e di scultura perfetta. Pensate le teste, le braccia, le spalle divine, i capitelli intorno ai quali si gettavano gomene colossali, tese, tirate da schiere di buoi fustigati, mentre le seghe tagliavano, le vanghe scalzavano i capolari alle basi. E le moli precipitavano in frantumi spaventosi, con un rombo che faceva tremare le terra. Ora sulle nudità divine, tra le pieghe dei pepli, nidificano le attinie e i polipi di Porto d'Empedocle. — Cose da invocare un secondo toro di Falaride per i cristianissimi demolitori. — Il gregge! Il gregge dell'Abazia! — Miss Eleanor si interruppe ad un tratto, ebbe uno di quei suoi moti fanciulleschi di bimba sopravvissuta, — il gregge dell'Abazia! Guardate che incanto! Dall'interno del Tempio, sul grigio delle colonne immani, biancheggiarono d'improvviso due, trecento agnelle color di neve. Uscivano dal riposo meridiano, dalla fresca penombra, correvano lungo il pronao, balzavano sui plinti, scendevano con grandi belati e tinnir di campani. Tre pastori s'affaccendavano con i cani per adunare le disperse e le ritardatarie. Alcune, le piccoline, non s'attentavano a balzare dagli alti cubi di granito, correvano disperate lungo il pronao, protendevano il collo invocando soccorso, con un belato lamentevole. I pastori le prendevano tra le braccia, passandole dall'uno all'altro, tra l'abbaiare dei cani. “
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Brano tratto dal racconto di Guido Gozzano Alcina, pubblicato per la prima volta sulla rivista culturale milanese L’illustrazione italiana il 26 dicembre 1913.
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argan-g · 1 year
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INDEX
CLASSICO E ROMANTICO
William Blake, Newton
Jöhan Heinrich Füssli, L'incubo
Étienne-Luoise Boullée, Progetto per il cenotafio di Newton
Claude-Nicolas Ledoux, Casa delle Guardie campestri
John Constable, La chiusa
e il mulino di Flatford
William Turner, Mare in tempesta
Francisco Goya, Fucilazione
Jacques-Louis David, La morte di Marat
Antonio Canova, Monumento di Maria Cristina d’Austria
Jean-August-Dominique Ingres, La bagnante di Valpingon
Théodore Géricault, La zattera della Medusa
Eugène Delacroix, La Libertà guida il popolo
Lorenzo Bartolini, Monumento funebre della contessa Zamoyska
François Rude, Rilievo dell'Arco di trionfo di Parigi Camille Corot, La cattedrale di Chartres
Théodore Rousseau, Temporale; veduta della piana di Montmartre
Honoré Daumier, Vogliamo Barabba
Constantin Guys, Per la strada
Honoré Daumier, Il vagone di terza classe
François Millet, L’Angelus
Camille Pissarro, Sentiero nel bosco in estate
LA REALTA' E LA COSCIENZA (l’Impressionismo; La fotografia; Il Neo-impressionismo; Il Simbolismo; L’architettura degli ingegneri)
Gustave Courbet, Ragazze in riva alla Senna (Estate)
Edouard Manet, Le déjeuner sur l'herbe
Alfred Sisley, Isola della Grande Jatte
Claude Monet, Regate ad Argenteuil;
Claude Monet, La Cattedrale di Rouen
Auguste Renoir, Le Moulin de la Galette 
Edgar Degas, L'absinthe
Paul Cézanne, L'asino e i ladri
Paul Cézanne, La casa dell'impiccato ad Auvers (Non Aversa)
Paul Cézanne, I giocatori di carte
Paul Cézanne, La montagna Sainte-Victoire 
Georges Seurat, Una domenica pomeriggio all’isola della Grande-Jatte
Paul Signac, Ingresso del porto a Marsiglia
Paul Gauguin, Te Tamari No Atua
Vincent van Gogh, Ritratto del postino Roulin 
Henri de Toulouse-Lautrec, La toilette
Henri Rousseau detto il Doganiere, La Guerra 
Odilon Redon, Nascita di Venere
Gustave Moreau, L'apparizione 
Pierre Bonnard, La toilette del mattino
Auguste Rodin, Monumento a Balzac
Medardo Rosso, Impressione di bambino davanti alle cucine economiche
I pittori della cerchia di Mallarmé
Edouard Vuillard, La pappa di Annette.
James MeNeill Whistler, Notturno in blu e oro: il vecchio ponte di Battersea
L' OTTOCENTO IN ITALIA, IN GERMANIA, IN INGHILTERRA
1. Giovanni Fattori, In vedetta
IL MODERNISMO (Urbanistica e architettura moderniste; Art Nouveau; La pittura del Modernismo; Pont-Aven e Nabis)
1. Antoni Gaudí, Casa Milá a Barcellona
2. Adolf Loos, Casa Steiner a Vienna
3. Antoni Gaudi, Il Parco Güell a Barcellona
L’ARTE COME ESPRESSIONE (Espressionismo; La grafica dell’Espressionismo)
1. Edvard Munch, Pubertà
André Derain, Donna in camicia
Ernst Ludwig Kirchner, Marcella
Henri Matisse, La danza
Emil Nolde, Rose rosse e gialle
Oskar Kokoschka, Chamonix, Monte Bianco
L’EPOCA DEL FUNZIONALISMO (Urbanistica, architettura, disegno industriale; Pittura e scultura; Der blaue Reiter; L’avanguardia russa; La situazione italiana; École de Paris; Dada; Il Surrealismo; La situazione in Inghilterra; La situazione italiana: Metafisica, Novecento, anti-Novecento)
Le Corbusier, Villa Savoye a Poissy
Le Corbusier, Cappella di Nötre-Dame-du-Haute a Ronchamp
Walter Gropius, La Bauhaus a Dessau
Ludwig Mies van der Rohe, Plastico di un grattacielo in verro per Chicago
Ludwig Mies van der Rohe, Seagram Buildings a New York
Tre progetti per il Palazzo dei Soviet. Le Corbusier e Pierre Jeanneret,
Walter Gropius, Bertold Luberkin,
Teo van Docsburg e Hans Arp, Cinema-ristorante L'Aubette a Strasburgo.
Thomas Gerrit Rietveld, Poltrona con elementi in nero, rosso, blu
Pier Mondrian, Composizione in rosso, giallo, blu
Aivar Aalto, Sanatorio a Paimio - Poltrona
Frank Lloyd Wright, Casa Kaufmann a Bear Run 
Pablo Picasso, I saltimbanchi; Les demoiselles d’Avignon; Natura morta spagnola
Georges Braque, Narura morta con l’asso di fiori
Robert Delaunay, Tour Eiffel
Juan Gris, Natura morta con fruttiera e bottiglia d’acqua
Georges Braque, Natura morta con credenza: Café-bar
Marcel Duchamp, Nu descendant un escalier n. 2
Umberto Boccioni, Forme uniche nella continuità dello spazio
Giacomo Balla, Automobile in corsa
Vasili; Kandinsky, Primo acquerello astratto; Punte nell'arco
Paul Klee, Strada principale e strade laterali
Anton Pevsner, Costruzione dinamica
Naum Gabo, Costruzione nello spazio; Il cristallo
Fernand Léger, Composizione con tre figure
Joan Miró, La lezione di sci; Donne e uccello al chiaro di luna
Giuseppe Terragni, Progetto dell'Asilo Sant'Elia a Como
Atanasio Soldati, Composizione
Constantin Brancusi, La Maiastra 
Amedeo Modigliani, Ritratto di Léopold Zborowski 
Georges Rouault, Cristo Deriso
Marc Chagall, A la Russie, aux anes et aux autres
Pablo Picasso, Guernica
René Magritte, La condizione umana Il
Man Ray, Motivo perpetuo 
Henry Moore, Figura sdraiata
Alexander Calder, Mobile
Ben Nicholson, Feb. 28-53 (Vertical Seconds)
Francis Bacon, Studio dal ritratto di Innocenzo X di Velázquez
Diego Rivera, L'esecuzione dell'imperatore Massimiliano
David Alfaro Sigueiros, Morte all'invasore
Giorgio De Chirico, Le Muse inquietanti
Carlo Carrà, L'amante dell'ingegnere 
Alberto Savinio, Nella foresta
Osvaldo Licini, Amalasunta su fondo blu
Giorgio Morandi, Natura morta con fruttiera
7. LA CRISI DELL'ARTE COME "SCIENZA EUROPEA" (Urbanistica e architettura; La ricerca visiva; La pittura negli Stati Uniti)
Ellsworth Kelly, Verde, blu, rosso
Morris Louis, Gamma Delta
László Moholy-Nagy, Composizione Q XX
Julius Bissier, 25 settembre 1963?
Josef Albers, Omaggio al quadrato
Arshile Gorky, Giardino a Sochi 
Jean Fautrier, Nudo
Jean Dubuffet, Orateur
André Masson, Les Chevaliers
Hans Hartung, Composizione 
Jackson Pollock, Sentieri ondulati
Mark Rothko, Rosso e blu su rosso
Albero Burri, Sacco B. 
Antoni Tápies, Bianco e arancione 
Giuseppe Capogrossi, Superficie 114
Lucio Fontana, Concetto spaziale: attesa 
Alberto Giacometti, Figura
Ettore Colla, Officina solare 
Mark Tobey, Circus transfigured
Georges Mathieu, Cast 
Victor Vasarély, Composizione. 
Kenneth Noland, Empireo 
Clyfford Still, 1962-D
Emilio Vedova, Plurimo n. 1; Le mani addosso 
Robert Rauschenberg, Letto
Mimmo Rotella, Marilyn 
Roy Lichtenstein, Il tempio di Apollo
Andy Warhol, Marilyn Monroe
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti
IL BAROCCO PRIMA DI BERNINI
Leggere la storia dell'arte seguendo pedissequamente le categorie inventate per confinare gli stili e le poetiche, non è una prassi che mi abbia mai convinto. Così, anche la stretta relazione tra un artista e un'epoca, mi è sempre parso un epifenomeno retorico o, peggio, una soluzione sbrigativa. In realtà, il gusto dei "pubblici", le scelte stilistiche, l'impulso dei committenti e le scuole di pensiero, le tendenze filosofiche e religiose, il clima di un'epoca e gli avvenimenti, rappresentano il crogiolo nel quale si sciolgono materie dotate di variegate temperature di fusione e di necessari tempi diversi: creare un amalgama non è un progetto possibile ma solo eventuale, accidentale, imprevedibile. A posteriori, tutto si tiene. Ma è un artificio esegetico: non può essere accettato ed è tollerabile a patto di riconoscere la necessità dell'approfondimento, del dubbio, dello sguardo indagatore. Senza questa consapevolezza, nei passaggi d'epoca si nasconde l'analisi grottesca che non spiega e sorvola. Un esempio, tra i molti, riguarda il Barocco e il ruolo di protagonista assoluto attribuito a Gian Lorenzo Bernini, che fu insigne, ma non l'unico. Basterà considerare una delle opere di Francesco Mochi (1580 - 1654) per sorprendere lo spettatore: "L'annunciazione" conservata nel Duomo di Orvieto. Realizzata tra il 1603 e il 1608, il gruppo scultoreo è animato da un dinamismo che correla, a distanza, l'angelo nell'atto improvviso dell'avvento al cospetto di Maria e la reazione istintiva della Vergine che compie una torsione sollevandosi dalla sedia. In quest'intuizione figurativa appare, con la medesima folgorazione, il segno di un tempo compresso all'estremo: epoche intere ridotte in un attimo. E' già barocco. Ma nessuno in quel momento lo sapeva. E' già barocco. Ma è solo arte che chiede udienza. E' già barocco. Ma è già oltre.
In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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altriocchi · 2 days
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La Tomba di Mosè è un affascinante monumento situato a Roma, noto per la sua straordinaria scultura realizzata da Michelangelo Buonarroti. Situata nella Basilica di San Pietro in Vincoli, questa tomba è parte del mausoleo del papa Giulio II. La statua di Mosè, celebre per il suo sguardo intenso e la straordinaria attenzione ai dettagli, rappresenta uno degli esempi più notevoli dell'arte rinascimentale italiana. Oltre alla sua bellezza artistica, La Tomba di Mosè è avvolta in un'aura di mistero e spiritualità, rendendola una meta imperdibile per gli amanti della storia e dell'arte. La sua posizione centrale a Roma la rende facilmente accessibile, invitando i visitatori a esplorare non solo il capolavoro scultoreo, ma anche la ricca storia della Basilica e della città eterna. 
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fiorile-arte · 2 days
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Vittorio Valente Piccoli Corpi a cura di Edoardo Di Mauro
Il cammino artistico di Vittorio Valente, apprezzabile per coerenza progettuale ed originalità  stilistica, si colloca esemplarmente all'interno del percorso di più marcata eccellenza della scena artistica italiana contemporanea, quello meglio in grado, a mio avviso, di confrontarsi in maniera armonica, ma al tempo stesso positivamente competitiva, con il restante panorama internazionale, perchè detentore di personalità  e di quelle caratteristiche estetiche e linguistiche peculiari al 'genius loci' nazionale. In uno scenario caratterizzato dalla sovrabbondanza di immagini ed icone, di materiale artistico ed artisticizzante, dall'invasività  della tecnologia e della comunicazione, nessun singolo lavoro, ferma restando la salvaguardia dei valori individuali, può essere interpretato come monade disgiunta da un rapporto con il suo tempo e le suggestioni, in positivo e negativo, di questo, così come dal confronto con le produzioni omologhe od antitetiche, e con i cicli che si susseguono frenetici, pur in presenza di una intima coerenza, per quanto sempre più caotica e frammentata. Il lavoro di Valente riesce peraltro, al pari di pochi altri, a rappresentare un elemento di continuità  rispetto alle poetiche emerse in Italia a partire dalla metà  degli anni'80, data delle sue prime apparizioni pubbliche, per poi proseguire nel decennio successivo fino ai giorni nostri, che costituiscono, al momento, ancora un episodio collegato al più recente passato. Le opere di Valente già  assumono, negli anni'80, quell'aspetto formalmente irreprensibile che perfettamente si integra nell'ambiente circostante, tale da sfidare le arti applicate, particolarmente il design, sul loro stesso terreno, invertendo i termini tradizionali del rapporto, restituendo all'arte il molto che negli ultimi anni le è stato sottratto dai limitrofi territori dell'oggettualismo, dell'immagine e della comunicazione. Quel periodo segna, in Italia e fuori, un ritorno di valori astratto-geometrici, adeguati alla nuova estetica telematica, ai 'pixel' della 'computer graphic', che aggiornano il linguaggio guida dell'avanguardia novecentesca, scongiurando il rischio di una citazione passiva ed inerte. Di pari assistiamo ad una riformulazione del linguaggio della scultura e dell'installazione, con una produzione che oscilla tra forme asciutte e minimali ed altre tendenti ad una più evidente ridondanza , con l'uso integrato delle tecnologie e con l'impiego di nuovi materiali plastici e sintetici. Valente si pone esemplarmente al crocevia ideale di queste impostazioni e le osservazioni sulla nuova dimensione 'post umana' dell'esistenza condurranno il suo lavoro a sintonizzarsi con gli umori più diffusi ed interessanti del decennio successivo. Decennio che vede l'artista genovese passare attraverso tre fasi tra loro intimamente collegate, predominanti stilistiche per brevi periodi abbandonate e poi riprese, modificate, aggiornate alla luce di nuove intuizioni.
La prima, datata primi anni'90, delle 'cellule', strettamente abbinata a quella immediatamente successiva dei 'derma scheletri'. Nella prima assistiamo ad un predominanza bidimensionale, mentre la seconda indulge efficacemente ad un originale costruttivismo, con le superfici istoriate di silicone montate su basi metalliche, una pelle artificiale che riveste la sua struttura ossea, dando vita ad a assemblaggi che simulano parodisticamente un espanso monumentalismo. L'ultimo periodo, quello dei 'virus', è certamente connotato da una felice, quasi frenetica vena creativa, che ha dotato di nuovo propellente la già  solida carriera dell'artista. I 'virus' testimoniano in maniera evidente l'interesse di Valente per la microbiologia, per il fitto reticolo amebico che giace racchiuso nelle forme organiche, apparentemente silente ma pronto a colpire con effetti devastanti. I microbi e batteri si presentano colorati a tinte squillanti come effettivamente appaiono in natura, seppure in presenza di un certo surplus decorativo, ad enfatizzare l'effetto ammaliante di queste creature insidiose, gradevoli all'aspetto come tutti i grandi tentatori.
Nelle ultime installazioni Valente preme sull'acceleratore dell'enfasi compositiva, creando assemblaggi talvolta di dimensioni imponenti, più spesso costellando l'ambiente di centinaia di piccole creature, tondeggianti e soffici al tatto per effetto della superficie siliconata, sorta di gommosi gadget per l'infanzia, simili a quelli confezionati nelle confezioni di merende e biscotti destinati al pubblico infantile, o all'opposto, in taluni casi volutamente vicine all'oggettistica innocuamente perversa dei pornoshop. Così operando, l'artista eleva i simboli del trash, del cattivo gusto imperante nei sottoscala della società  contemporanea, a simulacri di una nuova estetica, riuscendo a decontestualizzarli con abilità  e scaltrezza formale. Bisogna tener presente come spesso questi oggetti, all'apparenza innocui e giocosi, celino concrete insidie al loro interno, come aghi di siringhe e lamette, sebbene confezionate in modo da non costituire una minaccia per il fruitore inconsapevole ed ammaliato dalla veemenza totalizzante dell'impatto visivo.
Un lavoro, quindi, complesso nella sua apparente semplicità , come di frequente avviene per le produzioni di livello, che si pone al crocevia fenomenologico ed estetico della contemporaneità , rispetto sia alla sua evoluzione sociale che a quella, omologa, relativa allo stato attuale del sistema dell'arte. Edoardo Di Mauro
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agrpress-blog · 8 days
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Un ricordo di José Martí nell’anniversario della sua morte In occasione del CXXIX anniversario del... #amiciziaitaliacuba #cittadella #claramallegni #cuba #giardinomartiano #josémartì #mirtagrandaaverhoff #rosabianca #timbalaye https://agrpress.it/un-ricordo-di-jose-marti-nellanniversario-della-sua-morte/?feed_id=5403&_unique_id=664e967f84a0f
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carmenvicinanza · 10 days
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Anna Maria Maiolino
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“Fortunatamente per mezzo dell’arte possiamo sovvertire repressioni e conflitti. Sovvertire nel senso di porre rimedio alle repressioni cercando di realizzare un’arte anticonformista e di intervento politico, e perciò rivoluzionaria, che renda possibile recuperare ciò che il nostro spirito ha di fondamentale: la dignità. Grazie all’arte ho potuto consegnare un posto nel mondo ai miei sentimenti.”
Anna Maria Maiolino è l’artista brasiliana di origine italiana insignita del Leone d’Oro alla carriera della Biennale di Venezia del 2024, insieme a Nil Yalter.
Nel corso della sua lunga carriera si è cimentata con ogni mezzo espressivo: pittura, incisione, scultura, poesia, fotografia, video e  performance.
Sin dagli anni Sessanta, si ispira alla quotidianità femminile per opporre uno sbarramento all’egemonia maschile e a temi come la fame, la povertà, l’ingiustizia. Il suo percorso artistico è un viaggio verso la riappropriazione di un posto nel mondo.
È nata il 20 maggio 1942 a Scalea, in Italia, per poi emigrare con la famiglia a Caracas, nel 1954, ai tempi il Venezuela pagava il biglietto del viaggio in nave alle persone che migravano dall’Italia. Sin da piccola, disegnare aveva rappresentato, per lei, un rifugio e un conforto a una realtà estranea, aiutandola ad allontanare i ricordi di un’infanzia difficile, trascorsa durante gli anni più duri della guerra. Ha studiato alla Escuela de Artes Visuales Cristóbal Rojas fino al loro trasferimento a Rio de Janeiro, nel 1960, dove ha frequentato la Escola Nacional de Belas Artes. Aveva diciotto anni quando ha esposto per la prima volta, al XXI Salón Oficial de Arte Venezolano.
Dal 1967 è stata coinvolta nel movimento della Nova Figuração, che metteva in primo piano la partecipazione attiva del pubblico fruitore e un impegno e una posizione sui problemi politici, sociali ed etici.
Ha partecipato alla mostra Nova Objetividade Brasileira, al Museo d’Arte Moderna e le sue opere sono diventate un manifesto della resistenza al regime, così come delle crescenti disuguaglianze sociali del paese.
In quegli anni ha cominciato a occuparsi di disuguaglianze di genere sul duplice versante corporale e intimistico-spirituale.
I suoi dipinti e incisioni degli anni Sessanta sono piuttosto radicali,  combinano l’immaginario pop con il repertorio tipico della Nova Figuração, concentrandosi su personaggi e narrazioni politiche, oltre che su riferimenti personali, corporei e familiari.
Si è sperimentata con tecniche appartenenti alla cultura popolare come i cordels, xilografie accompagnate da brevi poesie o filastrocche d’intrattenimento, come strumento di denuncia sociale.
Questo tipo di rappresentazioni erano ispirate dal Manifesto Antropofago di Oswald de Andrade in cui, l’immagine dell’indigeno cannibale, riportata nei resoconti dei colonizzatori, veniva utilizzata per contrapporre alla cultura europea un’identità completamente diversa, antagonistica, quasi spaventosa, che potesse liberare definitivamente il Brasile da secoli di sudditanza politica e culturale. Una contrapposizione alla politica del regime, sempre più repressiva e autoritaria, un’arte popolare, kitsch e associata spesso al “cattivo gusto”. In questo clima politico e culturale piuttosto intricato, ha dato vita a opere come Anna e Glu Glu Glu, entrambe del 1967.
Nel 1968 si è trasferita a New York grazie a una borsa di studio al The Pratt Graphics Center dove ha avuto modo di praticare la tecnica di incisione su metallo, acquaforte, allargando i propri orizzonti artistici.
In questi anni scrivere poesie è stata la sua modalità espressiva primaria e al suo ritorno in Brasile, alla fine del 1971, ha iniziato a creare disegni e composizioni basate su di esse (“Mapas Mentais”, 1971-74; “Book Objects”, 1971-76; “Drawing Objects”, 1971-76).
L’interazione performativa tra gli oggetti d’arte e il pubblico sono il nodo centrale del suo lavoro.
Anche il suo primo film realizzato nel 1973, In-Out (Antropofagia), dimostra lo stretto legame con il pensiero antropofagico. Nel video l’inquadratura è fissa sulla bocca dei personaggi ed è talmente stretta che a malapena sono visibili il naso e il mento. Un uomo e una donna che tentano di parlare, senza riuscirci: dalle loro bocche spalancate e in continuo movimento non esce alcun suono, talvolta sono bloccati, prima da una striscia di nastro adesivo nero, poi da un uovo e da sempre più numerosi fili di tessuto.
L’impossibilità di esprimersi è un’aperta denuncia della censura in atto nel Brasile di quegli anni. L’assenza di parole e la loro sostituzione con un respiro affannato fanno riferimento al sofoco (soffocamento), con cui ci si riferiva agli anni più duri della repressione della dittatura militare. Un oggetto che compare per la prima volta proprio in In-Out (Antropofagia) e che diventerà fondamentale nell’iconografia di Anna Maria Maiolino è l’uovo.
Nel 1981 ha messo in scena Entrevidas, in cui decine di uova sono sparse sul pavimento e sfidano l’artista a percorrere lo spazio come fosse un campo minato, tenendo conto della fragilità e della precarietà dell’uovo, simbolo della vita stessa.
Una delle sue opere più celebri è Por un fio del 1976 dove l‘artista è seduta tra sua madre e sua figlia nell’atto di tenere in bocca segmenti di corda, come a voler enfatizzare i legami familiari. Il suo linguaggio ci parla di un legame, profondamente femminile, ed estremamente fiero e coraggioso nell’affrontare i divieti e le violenze maschili.
Nel 1989 ha iniziato a lavorare con l’argilla per la serie Modeled Earth, con una nuova attenzione per l’espressione gestuale e sensoriale, un rituale che richiama una radice profonda, un tassello della sua identità. Ha poi sperimentato con cemento e gesso, realizzando grandi sculture murali.
Il lavoro manuale, il rapporto con la terra, i materiali elementari in sculture e rilievi, continuano ancora a oggi a far parte della sua attività creativa. Un’azione ripetitiva e banale che si fa pratica artistica.
La carta, più di una superficie su cui disegnare, è diventata materia e corpo, la serie Indicios è, infatti, composta da disegni realizzati su carta con ago e filo, con l’intento di denunciare la meccanicità di gesti quotidiani appartenenti alla sfera domestica femminile come cucire.
Un momento di svolta nella sua carriera artistica è stata la partecipazione all’esposizione Inside the Visible a Boston, nel 1996, composta da trenta artiste fra cui Louise Bourgeois, Mona Hatoum, Carol Rama, Charlotte Salomon, Cecilia Vicuña, per citarne qualcuna. Sulla copertina del catalogo c’era un’immagine della sua performance Entrevidas, che l’ha fatta conoscere a un più ampio pubblico.
Per la prima volta alla Biennale Arte di Venezia, nel 2024, Anna Maria Maiolino ha esposto una nuova opera di grandi dimensioni che prosegue e sviluppa la serie delle sue sculture e installazioni in argilla. Un lavoro che indaga i rapporti umani, le difficoltà comunicative e di espressione, percorrendo il labile confine tra fisicità e sfera intima e spirituale.
Oggi vive e lavora a San Paolo, in Brasile. Ha esposto nei principali musei di arte moderna e contemporanea del mondo.
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fashionbooksmilano · 2 years
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Immaginazione aurea
Artisti-orafi e orafi-artisti in Italia nel secondo Novecento
Catalogo a cura di Enrico Crispolti
SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo 2001,176 pagine, 300 ill.colori,  23x28 cm., ISBN  9788882153014
euro 30,00
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Mostra Ancona - Mole Vanvitelliana 21 aprile - 29 luglio 2001
Opere di: Carla Accardi, Afro, Getulio Alviani, Mario Ballocco, Renato Barisani, Aldo Calò, Carmelo Cappello, Eugenio Carmi, Pietro Cascella, Alik Cavaliere, Mario Ceroli, Bruno Ceccobelli, Riccardo Dalisi, Lucio Fontana, Omar Galliani, Lorenzo Guerrini, Edgardo Mannucci, Eliseo Mattiacci, Fausto Melotti, Bruno Munari, Arnaldo Pomodoro, Giò Pomodoro, Mimmo Rotella, Emilio Scanavino, Ettore Sottsass jr., Daniel Spoerri, Mauro Staccioli, Vladimiro Tulli, Giulio Turcato, Giuseppe Uncini, Luigi Veronesi e molti altri.
Attraverso la ricostruzione dell'attività dell'oreficeria italiana nella seconda metà del XX secolo, il volume mira a rompere l'usuale schema bipartito di artisti-orafi e orafi-artisti, istituendo un confronto aperto e paritetico tra le opere d'oreficeria realizzate da artisti plastici oppure da artigiani orafi. I più interessanti maestri della scultura contemporanea e dell'oreficeria in Italia, presentano le forme loro suggerite dall'immaginazione e dalla fantasia, nelle prezione materie dell'oro e dell'argento. Nel lavoro sull'oro (ma in realtà è in gioco una vasta gamma di materiali), ciascuno riversa le proprie esperienze e le proprie sperimentazioni: per l'artista l'impegno nell'oreficeria non è mai un trasferimento di ricerche già elaborate, ma l'occasione di una nuova e affascinante avventura espressiva; per l'orafo si tratta di portare intenzionalmente la propria realizzazione a un livello di elaborazione di valenza anche plastica.
02/06/22
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lamilanomagazine · 1 month
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Pesaro.  Svelata nella mattinata di sabato 27 aprile la Scultura di Pavarotti insieme alle figlie Giuliana e Cristina.
Pesaro.  Svelata nella mattinata di sabato 27 aprile la Scultura di Pavarotti insieme alle figlie Giuliana e Cristina. La Capitale italiana dalla cultura ha dato appuntamento davanti al Teatro Rossini per la scopertura dell’opera realizzata dal Maestro Poli e dedicata “all’artista mondiale amatissimo dalla sua seconda città” Le figlie Giuliana e Cristina, la moglie Nicoletta Mantovani, il regista e scenografo Pier Luigi Pizzi. Erano presenti le figure più care al Maestro Luciano Pavarotti, in piazzale Lazzarini, per la cerimonia di scopertura della scultura bronzea, che la Capitale ha dedicato al “suo” Luciano Pavarotti, “nell’anno straordinario di Pesaro 2024”. “Un regalo alla città e, soprattutto, un omaggio a Luciano Pavarotti – spiegano Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e Daniele Vimini, vicesindaco assessore alla Bellezza - artista straordinario mai dimenticato, cittadino onorario di Pesaro che abbiamo deciso di onorare con una scultura bronzea di alto valore”. Dall’altezza di 192cm, poggiata su una base di marmo, l’opera in bronzo è realizzata con la tecnica della fusione a cera persa, da Albano Poli. A presentarla è stato Andrea Mezzetti, assistente artistico del maestro Poli che è intervenuto durante l’appuntamento promosso da Pesaro 2024 e a cui hanno partecipato Giuliana e Cristina Pavarotti (figlie del tenore; il sindaco e il vicesindaco sono stati al loro fianco durante la posa della stella del Maestro nella Walk of Fame di Hollywood nel 2022), Nicoletta Mantovani (moglie e presidente della Fondazione Pavarotti con cui la città ha stretto un intenso legame), il regista e scenografo Pier Luigi Pizzi, da 40 anni protagonista del ROF. Un Festival che deve tanto a Pavarotti. Fu proprio lui a inaugurare il rinnovato Teatro Rossini nell’aprile del 1980 dopo 14 anni di chiusura, una ricorrenza che diede ulteriore slancio ad un progetto, quello di un festival rossiniano a Pesaro, che pochi mesi dopo vide la luce. Fu nuovamente lui, nel 1986, a incantare il pubblico del ROF con uno storico concerto in piazza del Popolo. E infine, nel 1996, fu lui a inaugurare l’attuale Vitrifrigo Arena, nella quale il Rossini Opera Festival ha allestito alcuni dei suoi ultimi maggiori successi. “Pesaro, Città creativa della Musica UNESCO e Capitale italiana della Cultura 2024 - ricordano sindaco e vicesindaco - deve tanto al Maestro che qui ha intrecciato legami umani, solidali e creativi. Soprattutto nella sua villa immersa ne ‘La natura della cultura’ che ha plasmato Pesaro 2024. Una città che, per il Maestro era ‘il luogo della felicità’ e residenza creativa in cui produceva il suo canto capace di emozionare il pubblico dei teatri di tutto il mondo”. L’opera è stata collocata in piazzale Lazzarini, all'intersezione con via Curiel, “affinché possa salutare e accogliere con la sua presenza, pesaresi e visitatori che arrivando da via Branca imboccano il piazzale, quasi per invitarli a Teatro” aggiungono Ricci e Vimini. E proprio il Rossini ha accolto, dopo la cerimonia della statua, alle ore 21, la consegna dei Pesaro Music Awards 2024, premio ideato dall'Orchestra Sinfonica Rossini, in collaborazione con il Comune di Pesaro e il sostegno di OSR Xanitalia “per quelle personalità eccellenti nel settore musicale, che hanno o hanno avuto contatti e legami con la città di Pesaro”. A ricevere il riconoscimento, nella quinta edizione degli Awards, saranno: Pier Luigi Pizzi, regista, scenografo, costumista, direttore artistico e scrittore legato a Pesaro – che gli ha assegnato la cittadinanza onoraria nel 2022 - da numerosissimi allestimenti curati per il Rossini Opera Festival; ItaliaFestival, l’associazione multidisciplinare formata che oggi rappresenta 43 festival italiani e 4 reti di festival, che operano nell’ambito musicale, teatrale, delle arti performative e della danza, della letteratura; il “tenore per eccellenza”, a ritirare il premio è stata la moglie Nicoletta Mantovani, presidente della Fondazione Luciano Pavarotti. La cerimonia è stata inserita all’interno del concerto dell’Orchestra Sinfonica G. Rossini, guidata dal direttore residente, M° Noris Borgogelli. Il programma musicale prevedeva un omaggio a Giacomo Puccini, di cui nel 2024 ricorre il centesimo anniversario dalla morte. BIOGRAFIA ALBANO POLI Albano Poli nasce a Verona il 2 agosto 1935. Terminati gli studi presso la scuola d’arte di Verona inizia l’attività di vetratista in una piccola bottega d’arte in un prestigioso palazzo storico in centro a Verona. Dapprima restaura o riproduce vetrate di chiese e via via negli anni, unendo l’abilità manuale al genio creativo, disegna e progetta vetrate con un proprio stile. Più che le forme definite, nelle sue vetrate giocano le composizioni cromatiche ed il cenno allusivo a voler comunicare un preciso messaggio inserendosi armoniosamente nel contesto in cui vengono collocate. La creatività del Maestro Poli lo porta presto a sperimentare espressioni artistiche nuove circondandosi di professionisti e artigiani che assieme a lui crescono con la stessa sensibilità. Il suo laboratorio PROGETTO ARTE POLI è oggi un atelier ispirato alle antiche botteghe rinascimentali dove si progettano e creano opere diverse: non solo vetrate ma anche mosaici, affreschi, opere in bronzo, legno, pietra e metallo. Ognuna di esse si può dire sia l’esito di una sintesi tra l’artista e l’artigiano che in lui si ritrovano. La sua è un’arte in cui creatività, idea, ricerca e antica tecnica convivono in una perfetta simbiosi dove ogni elemento si intreccia con l’altro per trarne nuova energia vitale. Nella sua lunga carriera Albano Poli non ha però mai abbandonato l’attività di restauro. Anche in questo campo Albano Poli non si “limita” e approfondisce tecniche e metodi acquisendo esperienza per affrontare interventi su opere diverse e che gli ha permesso di ottenere la certificazione S.O.A. nelle categorie OS2, OG2, OS6.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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