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#pietruzze
popolodipekino · 1 year
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a l'aura
Sparse il brigadiere con le dita, e con il gesto di chi discevera il riso prima di buttarlo ne la pila, sparse le pietrine, le pietruzze, i monili d'oro, le favolose caramellozze, lucide gemme del maharagia nella depressione della misera coperta. Di quelle parvenze, festuche d'oro o luminosi chicchi sul color bruno del drappo, una punteggiata si disegnò, come una lineatura (che fosse però veduta dall'alto, e da lunge, dal monte o dall'aereo) di globi elettrici nel rigirare di Riviera: tale la luminaria di Botafogo imperla, nelle notti bananifere, la linea di livello del litorale e della via litoranea, torno torno la base del Pão de Azucar. da C. E. Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana
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somehow---here · 4 months
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Le frasi sono pietruzze che lo scrittore getta nell'animo del lettore. Il diametro delle onde concentriche che esse formano dipende dalle dimensioni dello stagno.
Nicolás Gómez Dávila, da "In margine a un testo implicito"
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idettaglihere · 2 months
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stanotte ho sognato R. che mi regalava un paio di orecchini con quelle "pietruzze" dove se guardi come in una lente vedi una foto e c'era quella di noi due; mi ha anche chiesto perché non l'ho mai baciato e non sapevo che dire
lui rimarrà per sempre il mio roman empire
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bucciadiarancia · 1 year
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Sono diventata un po' macabra: c'è un passerotto nero (uccello giardiniere satinato) che durante la stagione degli accoppiamenti si prepara il letto nuziale (Courtney Love canta: i made my bed i'll lie in it) raccogliendo ciò che di luccicante e colorato trova in giro (bacche, pietruzze, conchiglie, cadaveri di coleotteri) per poi disporlo sul terreno seguendo alla meglio il suo senso artistico. Di solito va alla ricerca di cose blu perché gli ricordano il colore del suo piumaggio quando è colpito dai raggi del sole.
Io mi accorgo di origliare tutte le storie di decessi che capto in giro (un incidente stradale, un bambino che soffoca, un sessantenne colto da un malore) e di conservare ciascuna di quelle morti nel mio cuore.
Non so proprio a che scopo io lo faccia, l'uccellino di cui parlavo prima perlomeno tentava di attirare fica nel porticato davanti casa, questo sì che ha senso, i miei pezzi di vetro colorato no.
#r
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scorcidipoesia · 1 year
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[…..] Quanto ti ho amata lo so soltanto io
Io che una volta ti sfiorai con gli occhi delle Pleiadi
Grande mare nero con tanti ciottoli attorno al collo
tante pietruzze colorate nei tuoi capelli. E una campana in lontananza tinge il cielo d'indaco
Come la voce di un crepitàcolo che viaggia tra le stelle
Per tanti secoli in fuga
Nikos Gatsos
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nipresa · 2 years
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Ants will be ants
(La striscia più scura sul vialetto non è data tanto dalla presenza delle formiche, quando dal fatto che ripuliscono proprio il sentiero che percorrono, spostando ostacoli come le pietruzze più grandi, come fanno nel prato – o ciò che ne resta, visto che è da giugno che sembra la savana ad agosto
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sognosacro · 2 months
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Se qualche notte fa ho sognato due volte un pulcino che diventa un bambino papa (spirituale) sta notte ho sognato di affrontare sfide, entrare nella zona gialla e conoscere dove colpivano e sconfiggerli. Diventare poi il papa, donare una cravatta dorata sfarzosa e strapparmi il mantello per camuffarmi di fronte male.
Bella la mia matella, bordeaux in velluto con i ricami dorati e la cravattina era un nastro oro in seta con delle pietruzze rosse.
E appunto c'era questo tipo che mi lasciava passare alla fila e gli ho donato il cravattino, però era malvagio e si è montato la testa con quel cravattino.
Non so se in quel momento dovevo parlare ai piani alti, o ai massimi inferiori. Ma siccome mi sono camuffata la santità e svegliata prima di sconfiggerli, immagino a quelli inferiori.
A volte guardatevi allo specchio nei sogni, può essere divertente o sconvolgente
Una volta mi sono vista con dei piercing ovunque e dei pezzi di gengiva attaccati ai piercing e mi sono messa a toglierli davanti allo specchio.
Altre come un papa, con la mantella sfarzosa
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La parola della settimana: 'Numero (seconda parte)' di Massimo Sebastiani
E insomma ‘siamo solo numeri’? E perché, in caso, non vogliamo essere solo numeri? Insomma cosa c’è che non va, eventualmente, nel numero? La prima parte di questo podcast si è conclusa con il riferimento alle pietre, anzi pietruzze, cioè calculus. E’ il punto in cui le parole, che a volte sono pietre, e i numeri in un certo senso si incontrano. Forse i numeri non sono così lontani dalle parole,…
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brunopino · 9 months
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Giocando con le pietre, composizioni su telo marino
Mi sono accorto che le foto che seguono erano state condivise sui social ma non sul blog e provvedo ora. Si tratta di composizioni con pietruzze di mare su telo, fatte da mia moglie Laura Pagnotta, tra agosto e settembre 2020.
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lamilanomagazine · 10 months
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Lecce: "Poesia e Chi", un reading poetico a cura di Annelisa Addolorato
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Lecce: "Poesia e Chi", un reading poetico a cura di Annelisa Addolorato.  La poetessa Annelisa Addolorato, propone una performance (adatta ad adulti e bambini) intitolata "Poesia e Chi". Questo evento unisce la declamazione poetica, le arti marziali tradizionali cinesi (Kung Fu Chang) e il concetto di 'Chi', la nostra energia interna, concetto che ricorre non solo nelle tradizioni culturali cinesi, ma anche giapponesi e coreane. Attraverso questo sincretismo espressivo, Annelisa Addolorato offre al pubblico un'esperienza che combina poesia, movimento, consapevolezza. Il declamare versi è l'arte di dare vita alle parole attraverso la performatività verbale e motoria. La poetessa Annelisa Addolorato, con la sua abilità nell'uso del linguaggio poetico e la sua sensibilità artistica, trasporta gli spettatori in un viaggio emotivo attraverso le sue poesie. L'arte marziale è un'espressione fisica di disciplina, controllo e grazia. In questa performance, le suddette categorie si uniscono alla poetessa per creare un'armonia tra poesia e movimento. Attraverso i propri movimenti fluidi, precisi e coordinati, riesce a trasmettere al pubblico un senso di forza interiore e padronanza di sé. L'arte marziale diventa un linguaggio visivo e di condivisione, che si fonde con la poetica delle parole, con le parole della poesia, unico e affascinante. Il concetto di Chi, la nostra energia interna, è un elemento centrale nelle tradizioni culturali cinesi, giapponesi e coreane. È considerato un'energia vitale che permea ogni aspetto della vita. Nella performance "Poesia e Chi", l'artista mette in evidenza l'importanza della consapevolezza interiore e dell'equilibrio energetico. Attraverso la pratica delle arti marziali e la declamazione poetica, Annelisa Addolorato cerca di connettersi con il proprio 'Chi' e di trasmettere al pubblico un senso di serenità e armonia. Questa performance permette di esplorare le profondità dell'anima umana, di riflettere sulla nostra connessione con il mondo che ci circonda e di scoprire il potenziale illimitato del nostro 'Chi', in senso olistico, ovvero globale. Annelisa Addolorato ha pubblicato per i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno il libro di versi "Guardando la mar – Il nostro Chi" - "Navicella, freccia d'acciaio, acqua dissetante mutevole, legno musicale e medicamento speziale, danza quotidiana, petalo, fiore, giardino e bosco virente, montagna fiorita. Luminescenza, vortice di luce e di luna crescente, gioia paonazza, sorprese insolite, fantastiche, cortesi. Sensazioni fraterne, amore diffuso. La poetessa Annelisa Addolorato respira e vive poesia come una grazia. Lei si sa prendere cura del terreno fertile delle parole e, in quell'humus, pesca pietruzze preziose, piccole calie da donare al prossimo. Addolorato intende la poesia come dono, come medium da condividere come pane cereale, tramite il quale costruire ponti di condivisione, di comunanza. La silloge "Guardando la mar – Il nostro Chi", racchiude in sé una costellazione umana di vibratile bellezza. Scorrendo i versi, si desume che l'autrice abbia una formazione culturale composita, morbida. Annelisa Addolorato, nella sua esistenza migratoria, ha traversato e amato diverse città e paesi. Da Barcellona e Madrid fino a Milano, dal Messico al Venezuela, da Delhi fino all'India, da Israele fino alla Germania, dall'America fino a Nicaragua e Cuba. Un'anima errante come la luna, che, nei suoi transiti, ha saputo stringere al petto tutto il bene del mondo." (Dalla post fazione di Marcello Buttazzo) Dichiara l'autrice - "Si rammenta a chi legge che l'autrice fa uso e applica varie licenze poetiche, essendo dalla sua nascita praticamente sempre stata cullata e anche graziata (in senso lato e in senso stretto) dalla poesia e dalle sue calde e avvolgenti maglie, dal suo tepore materno e dal suo chiarore eterno, etereo. Tali licenze sono state in parte accolte, in parte acquisite (con studium e titoli vari), in parte sofferte, in parte accettate – sia con beneplacito della stessa, sia con scuri bene affilate, e con l'apprendistato presso altre poetesse e poeti e nel navigare nelle loro opere, e con il sudore della fronte despejada y linda della esperienza diretta di boschi, foreste e dirupi colmi di una vegetazione letteraria e insieme spontanea davvero strabilianti."... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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agnesebascia · 1 year
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Nella fontana di città.../Toglimi di dosso...
di Marcello Buttazzo   Nella fontana di città pescherò pietruzze d’oro e cuori di leonesse. Di petali di rose adornerò il giaciglio d’un amore in disuso malinconico e ferito. Il passero dell’oblio svolazza fra le fronde verdeggianti e di ruggine. (more…) “”
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paroxetinaa · 3 years
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alessandrom76 · 5 years
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per quanto lo si possa lucidare, un sassolino rimane un sassolino.
@alessandrom76
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peggiodibukowski · 2 years
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Whisky e vermouth
La aspettavo al bar da un po’, sorseggiavo il mio Manhattan, la ciliegina all’interno aveva un colorito pallido, un po’ come me verso le 4 di notte durante gli ultimi sabati sera, e venerdì sera, e giovedì sera, e va be scacciai via il pensiero buttando giù le ultime dita di whisky e vermounth e ne ordinai un altro. Ero lì da solo da almeno 20 minuti, non che la cosa mi dispiacesse, amo stare solo...e soprattutto stare solo a bere. Però gli sguardi delle persone attorno col passare dei minuti si facevano sempre più insistenti, cazzo odio quelle fottute persone che insinuano lo sguardo e pensano di scandagliare la tua anima, non sapete chi io sia e non lo saprete mai. Perché ero lì da solo? Aspettavo Clara, e mi direte chi cazzo è Clara? Una tipa conosciuta due giorni prima mentre avevo 6 gin lemon nello stomaco e tanta voglia di scopare. Per essere coerente con la magnifica Clara ordinai un altro Manhattan così da darle al suo arrivo il me che aveva conosciuto l’ultima volta. Dopo 30 minuti arrivò. Io odio le persone che fanno ritardo. Cazzo posso accettare 5 minuti, anche 10, non so non trovavi cosa mettere, ti sei fermata a fare benzina, il cane ti ha pisciato sulle scarpe, quello che cazzo ti pare, ma 30 minuti. 30 minuti.30 fottuti minuti. Se fossi stato suo padre le avrei tirato uno schiaffo lì davanti a tutti. Ma non ero suo padre, e il vestito che aveva era cortissimo e le risaltava il bel culo, quindi l’incazzatura mi scese e mi si alzò altro. Aveva dei capelli neri mossi che le scendevano sulle spalle, raccolti dietro le orecchie, erano piccole, ricoperte da due orecchini dorati con pietruzze bluastre che si intonavano al vestito. Camminava per il locale girandosi attorno con lo sguardo attento per scrutare il tavolo dov’ero seduto. Mi vide, finalmente. Non mi alzai per andarle in contro. Non se lo meritava dopo 30 minuti e non volevo che si accorgesse della mia erezione. Le feci un cenno con lo sguardo, sollevando di poco il mento. Sorrise e fece muovere quelle belle gambe in direzione del mio tavolo, mi raggiunse e si chinò per salutarmi. Mi diede un bacio sulla guancia sporcandomi leggermente di rossetto. Intravidi con la coda dell’occhio i tre stronzi che non smettevano di fissarmi nella precedente mezz’ora e li sorpresi a guardare il bel culo di Clara. Vaffanculo di nuovo stronzi, stasera quello è il mio bel culo, guardatelo ora e poi andate insieme a segarvi nel cesso del bar. Clara appoggiò finalmente il
lato b sulla sedia e si inventò una scusa stupida per giustificare il ritardo. Poi aggiunse “Siamo stati bene l’altra sera vero?”
Cazzo ricordavo nemmeno la metà delle cose successe, so solo che ad un certo punto mi ritrova a metterle la lingua in bocca e la cosa fu tutt’altro che spiacevole. Le risposi “Certo ma stasera possiamo stare ancora meglio.” Accostando la mia gamba sul suo ginocchio. Rispose all’invito. Continuammo a parlare noiosamente raccontandomi dei suoi problemi con la sessione dell’università e dei litigi con l’amica, mentre sorseggiava il secondo Cosmopolitan e io il quinto Manhattan, affogavo l’alcol con le noccioline dell’aperitivo altrimenti non mi sarei più alzato da quel tavolino. Aveva quegli occhi spenti che mi guardavano e le labbra ondeggiavano producendo parole che non volevo ascoltare. Un gran bel corpo riempito di cose che non mi interessavano. Mi stufai di quella situazione. Lasciai i soldi sotto il bicchiere, le presi la mano e mi alzai. Uscimmo fuori e mentre camminavo le misi una mano sul fianco accostandola a me. Quel bel pezzo di carne vuota mi ispirava più di 100 libri dei vostri autori preferiti. Salimmo in macchina. Limonammo un paio di minuti nel parcheggio, un po’ perché ne avevo voglia, un po’ per farmi passare la sbornia. Misi in moto e guidai fino a casa sua tenendole una mano sulla coscia. Accesi Spotify non avevo voglia di sentirla ancora. Canticchiava le canzoni di Blanco mentre le tenevo la mano sulla coscia, sempre più sù, cazzo era calda. Le infilai un dito scostandole le mutandine e la massaggiavo piano, mentre tenevo l’altra mano sul volante, dovevo decelerare i fari della mia macchina erano una merda e il whisky non aiutava la situazione. Per un miracolo divino arrivammo a casa, parcheggiai e tirai fuori dalle sue gambe il mio dito ormai bagnato, lo infilai nella sua bocca, succhiò, e potemmo spostarci dentro da lei. In entrambi i sensi. Casa sua era poco fuori dal centro, la condivideva con un’altra ragazza che frequentava la sua stessa facoltà, era una sinistroide femminista pazza con cui non volevo avere nulla a che fare, a meno che non voleva succhiarmi il cazzo insieme all’amica, in quel caso anche la più sinistroide femminista pazza del mondo se ben equipaggiata poteva essere perdonata per una sera dei suoi peccati. Le mie fantasie sfumarono subito poiché Clara annunciò che eravamo soli e la coinquilina era dal fidanzato. Mi gioco il cazzo che il tipo era un comunista che studiava lettere e filosofia e spendeva gli ultimi spiccioli passatigli dal padre in erba e in libri su Marx. Non è che simpatizzavo per
quelli di destra eh che sia chiaro. A me stanno tutti sul cazzo indistintamente. Ma mi fa piacere che siano così presi dai loro nobili ideali, così intanto posso scoparmi le loro tipe.
Tornando a Clara. Avevo voglia di scoparmela da due giorni, mi ero già tirato un paio di seghe sul suo profilo Instagram, nel quale non disdegnava di mostrare le potenzialità del suo fondoschiena. Ora ero finalmente sul suo letto e lei si strusciava sul mio pacco mentre faceva passare la lingua focosamente sul collo. Cazzo la tecnica del massaggio preparatorio in macchina funziona sempre, era calda come la sabbia alle due di pomeriggio ad agosto, che se non trovi un po’ d’ombra ti ustiona, ma fortunatamente volevo essere ustionato dalla figa di Clara. Le sfilai il vestito e non ci fu il tempo di apprezzare il suo intimo in pizzo nero coordinato perché le strappai da dosso anche quello. Mi abbassai il pantalone e le accostai il cazzo in bocca per farmi deliziare, la troia ci sapeva fare. La ringraziai della prestazione regalandole una scopata memorabile e fui soddisfatto che il mio cazzo dopo tutto quel bere riusciva a tenere duro, durissimo. Le venni sul bel culo mentre la stavo scopando a 90. Andò a ripulirsi in bagno e quando tornò mi trovò a russare. L’alcol aveva fatto effetto dopo tutto. Mi svegliai forse un paio d’ore dopo, con lei che mi stava cavalcando, non so come il mio cazzo era duro, si accorse dei miei occhi aperti e si giustificò dicendo “Ne voglio ancora”.
“Cazzo piccola non potevi aspettare a domani?”
Continuava a far muovere quel culo su di me e le vedevo il seno muoversi, mi mise una mano sulla bocca facendomi tacere e continuò finché non fu una ninfomane soddisfatta. Finì il tutto prendendo il mio caro amico in bocca e gustando l’elisir di lunga vita. Si addormentò subito dopo, io non riuscivo a riprendere sonno. Mi alzai dal letto col cazzo che mi traballava ancora mezzo eccitato e andai in salotto a prendere una birra, la bevvi tutta ma non fece effetto, presi i miei vestiti e me ne andai lasciando un messaggio su whatsapp a Clara dicendole che la mattina dopo avrei dovuto fare delle cose importanti. In realtà volevo solo il mio cesso per farmi una cagata decente e levarmi quella ninfomane dalle palle. Una bella ninfomane però, mi ci sarei fatto un’altra sega sul mio cesso il giorno dopo guardando le foto di quel culo.
@peggiodibukowski
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lunamarish · 2 years
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Aveva, negli ultimi anni, un viso solcato e scavato, devastato da travagliati pensieri: ma conservò fino all’ultimo, nella figura, la gentilezza d’un adolescente.
[...]
Era, qualche volta, molto triste: ma noi pensammo, per lungo tempo, che sarebbe guarito di quella tristezza, quando si fosse deciso a diventare adulto: perché ci pareva, la sua, una tristezza come di ragazzo – la malinconia voluttuosa e svagata del ragazzo che ancora non ha toccato la terra e si muove nel mondo arido e solitario dei sogni. Qualche volta, la sera, ci veniva a trovare; sedeva pallido, con la sua sciarpetta al collo, e si attorcigliava i capelli o sgualciva un foglio di carta; non pronunciava, in tutta la sera, una sola parola; non rispondeva a nessuna delle nostre domande. Infine, di scatto, agguantava il cappotto e se ne andava. Umiliati, noi ci chiedevamo se la nostra compagnia l’aveva deluso, se aveva cercato accanto a noi di rasserenarsi e non c’era riuscito; o se invece si era proposto, semplicemente, di passare una serata in silenzio sotto una lampada che non fosse la sua. 
[...]
Se eravamo lontani da lui, non ci scriveva, né rispondeva alle nostre lettere, o rispondeva con poche frasi recise e agghiaccianti: perché, diceva, non sapeva voler bene agli amici quand’erano lontani, non voleva soffrire della loro assenza, e subito li inceneriva nel proprio pensiero. 
[...]
E’ morto d’estate. La nostra città, d’estate, è deserta e sembra molto grande, chiara e sonora come una piazza; il cielo è limpido ma non luminoso, di un pallore latteo; il fiume scorre piatto come una strada, senza spirare umidità, né frescura. S’alzano dai viali folate di polvere; passano, venendo dal fiume, grossi carri carichi di sabbia; l’asfalto del corso è tutto spalmato di pietruzze, che cuo-ciono nel catrame. All’aperto, sotto gli ombrelloni a frange, i tavolini dei caffè sono abbandonati e roventi. Non c’era nessuno di noi. Scelse, per morire, un giorno qualunque di quel torrido agosto; e scelse la stanza d’un albergo nei pressi della stazione: volendo morire, nella città che gli apparteneva, come un forestiero.
[...]
Natalia Ginzburg su Cesare Pavese – Roma, 1957, “Radiocorriere”
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ypsilonzeta1 · 2 years
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Per una vita buona,
coltivare, ogni giorno
tutto il fragile e l’inesperto
che è in noi.
Coltivare ogni giorno, aspettarlo,
come fosse il giorno decisivo
quello in cui tutto potrà cambiare
e noi saremo nuovi e splendenti.
E aspettare, ogni giorno,
la fioritura dei corpi,
che diventino pietruzze scintillanti
alla luce della luna che sarà.
Coltivare il miracolo
di una vita integra e intera
aspettarla, quella vita
come si aspetta un’innamorata.
Coltivare ogni giorno la speranza
soffiarla sulle nostre particelle stanche
per troppa vita affannata
per troppo coltello e tradimento.
Aspettare ogni tramonto
per confondersi nella gloria
di quella caduta
che è il precipitare degli angeli.
Darsi appuntamento, ogni giorno
con il nostro essere splendido
che danza leggero di passi.
Amare il grande
quando si scompone
nella meravigliosa tessitura
del piccolo,
non ignorare niente
non dimenticare niente
niente ritenere indegno
di grazia e d’importanza.
Aderire alla vita,
alla sua corteccia benefica,
da lì succhiare linfa
per essere ramo e foglia.
Ridere di tutti gli inciampi,
che fanno parte
dell’allenamento dell’acrobata.
Essere in trasformazione, sempre
ascoltare le proprie stagioni
essere gloria di sole
e carezza di nebbia.
Ritrovare la freccia dei desideri,
anche quelli che sembrano impossibili
o fuori tempo massimo.
Sognare un teatro
per l’incontro di tutte le anime
e una pista di ballo
per il sudore che unisce.
Guardare la porta della prigione
e chiederle
di non prendersi troppo sul serio
di rendersi conto
della sua manifattura scadente.
Ubriacarsi senza bere
permettere a tutto l’amore
di fare girare la testa.
Cercare tutta la luce
che s’impasta con l’umido dei baci.
Suonare la sveglia
a tutti i corpi rassegnati
e affaticati dentro di noi
Sperimentare ogni giorno
le strade in bilico
e i sentieri sospesi sul nulla.
Ogni giorno imparare
apprendisti della vita
inesperti ed esposti
alla benedizione degli attimi.
gianluigi gherzi
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