MAG 032 - Caso #0142392 - “Il vespaio”
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ARCHIVISTA
Dichiarazione di Jane Prentiss, riguardante... un nido di vespe nella sua soffitta. Dichiarazione originale rilasciata il 23 febbraio 2014. Registrazione audio di Jonathan Sims, Capo Archivista dell’Istituto Magnus, Londra.
Inizio della dichiarazione.
ARCHIVISTA (DICHIARAZIONE)
Sento prurito tutto il tempo. Nel profondo sotto la mia pelle, dove si trova l'osso, incastonato nella carne, lo sento. Qualcosa, che non si muove, ma che vuole muoversi. Vuole essere libero. Prude e non credo di volerlo. Non so cosa fare.
Non puoi aiutarmi. Non credo proprio, almeno. Ma qualunque cosa sia a chiamarmi, a volermi per sé, ti odia. Odia ciò che sei e ciò che fai. E se ti odia, allora forse puoi aiutarmi. Se volessi essere aiutata. Non so se lo voglio. Devi capire, canta così dolcemente e io ne ho bisogno, ma ho paura. Non è normale e ho bisogno di aiuto. Ho bisogno che sia visto. Essere visti alla luce fredda della conoscenza è un anatema per le cose che strisciano, serpeggiano e sciamano negli angoli e nelle crepe. Nei buchi profondi del vespaio.
Non puoi vederlo, ovviamente. Non è reale. Non come tu o io siamo reali. È più un ovunque. Un sentimento. Conosci la tripofobia? Quella paura disgustosa dei buchi, irregolari, buchi alveolari. Ti fa sentire quel prurito nella parte posteriore della mente, come se ci fossero dei buchi anche lì, nel tuo cervello, marcio e vuoto e brulicante. È reale quello?
Mi dispiace, so che dovrei raccontare cosa è successo. Cosa mi ha portata in questo posto. Questo luogo di libri e di apprendimento, di vista e di contemplazione. Mi dispiace. Dovrei. Lo farò.
Io... io non dormo da un po' di tempo. Non riesco a dormire. I miei sogni sono striscianti e con molte gambe. Non solo striscianti e scavanti, sebbene sia lo scavare che mi attira. Cantano sempre quella canzone di carne. Spero che mi perdonerai per una storia così sconclusionata. Spero che mi perdonerai per molte cose, perché potrei fare di peggio. Ho quella sensazione, quell'istinto che si contorce nella pancia. Saranno compiute grandi violenze qui. E io prendo parte a quella violenza.
Mi chiedo, lo sai? Mentre ti guardo seduta lì attraverso il vetro. Mentre mangi un panino. Sai dove sei? Mi hai chiamato "cara". "Siediti, cara." "Puoi scriverlo, cara." "Prenditi tutto il tempo che ti serve, cara." Conosci veramente il pericolo in cui ti trovi?
C'è un nido di vespe nella mia soffitta. Una cosa grassa ed estesa che si accovaccia nell'angolo in ombra. Vibra di vita e malizia. Potrei stare seduta lì per ore, osservando i turbinii di polpa e carta sulla sua superficie. L'ho fatto. Non sono le figure che mi affascinano, non sono una di quegli sciocchi che inseguono i frattali; no, è ciò che canta dietro di loro. Canta che sono bellissima. Canta che sono una casa. Che posso essere completamente consumata da ciò che mi ama.
Non so per quanto tempo il nido sia stato lì. Non è nemmeno casa mia, abito solo lì. Un vecchio sudato pensa di possederla, prendendo soldi per la mia presenza come se potessero salvarlo. Me ne preoccupavo, sai. Ricordo che, prima dei sogni, passavo così tanto tempo a preoccuparmi di quei soldi. Di come avrei potuto permettermi di vivere lì. Ora so che qualunque cosa il vecchio pensi, mentre passa per la casa con la fronte corrugata e la bocca increspata per disapprovazione, non è sua. Ha un migliaio di veri proprietari che si spostano, vivono e cantano all'interno delle stesse mura dell'edificio. Non sa nemmeno del nido delle vespe. Mi chiedo da quanto tempo non lo sappia. Per quanti anni sia stato lì.
Hai mai sentito parlare del verme filaria? Le zanzare gli regalano il loro bacio e quello cresce e cresce. Ferma l'acqua dal muoversi correttamente nel corpo umano, fa gonfiare e afflosciare gli arti e la pancia con il fluido. Ora, quando guardo quel sacco grasso e sudato, penso al verme, e la voce canta di mostrargli cosa può fare un vero parassita.
Per quanti mesi è stato così? C'è stato un tempo prima? Deve esserci stato. Ricordo una vita che non era prurito, non era paura, non era canzone dolce come il nettare. Avevo un lavoro. Vendevo cristalli. Erano puliti, nitidi e luminosi e non cantavano per me, anche se a volte dicevo che lo facevano. Vendevamo le pietre a giovani coppie sorridenti con il colore tra i capelli. Ricordo, prima di trovare il nido, arrivò qualcuno di nuovo. Si chiamava Oliver e mi guardava in modo strano. Non con lussuria, affetto o disprezzo, ma con tristezza. Una tristezza così profonda. E una volta con paura. Non importava, perché nessuno nel negozio voleva sapere delle formiche sottostanti. Ho provato a dirglielo, a spiegare, ma a loro non importava. Le adorabili personcine si sono lamentate e me ne sono andata.
Quello è successo quando mi definivo ancora una strega. Wicca e paganesimo, passavo i miei fine settimana a fare rituali lungo il Tamigi. Volevo qualcosa oltre me stessa, ma non potevo digerire il prete, l'imam o il pujari delle chiese. Sapevo come stavano le cose. Sapevo che non era così semplice come affidarsi a degli dei ben conosciuti. Dai miei rituali non ho mai sentito altro che stanchezza e orgoglio. Pensavo che quelle fossero le mie estasi spirituali.
Vorrei, nel profondo, sotto il prurito, che fossero ancora le mie estasi. Ho toccato qualcosa ora, però, per cui tutti i miei discorsi sulle linee di potere e sulle dee madri non avrebbero mai potuto prepararmi. Non è un dio. O se lo è, allora è un dio morto, carne di cadavere decomposta e appiccicosa piena di vermi contorti.
Quando l'ho sentita per la prima volta? Non è stato il nido, ne sono sicura. Non ero mai andata in soffitta. Era chiusa e non avevo una chiave. Ho passato una giornata a tagliare il lucchetto con un vecchio seghetto. Le mie mani alla fine erano piene di vesciche. Perché avrei dovuto farlo se non avessi saputo cosa avrei trovato? Il volto di colui che mi cantava dimorando nell'oscurità nascosta sopra di me. Non avevo visto vespe. So di non averlo fatto. Non ci sono vespe nel nido. Allora come avrei potuto sapere che sarei dovuta essere lì, essere al buio con esso, se non aveva già cantato per me?
No, non è vero. Il nido non canta per me. È semplicemente la facciata. Non l'intero volto, poiché l'intero alveare è infinito. Un piano infinito di forme contorte che brulicano dentro e fuori dai pori dilatati e dalla carne a nido d'ape. Il nido non è altro che carta.
Erano i ragni? C'erano ragnatele negli angoli, attorno all'ingresso della soffitta. Li guardavo correre e scomparire tra le assi di legno. 'Dove state andando, piccoli ragni?' Pensavo. 'Che cosa vedete nel buio? È cibo? Preda? Predatori?' Mi chiedevo se fossero stati i ragni a creare la dolce canzone ronzante. Non erano loro. Anche le ragnatele hanno una canzone, ovviamente, ma non è la canzone dell'alveare.
Avevo l'abitudine di spremermi la pelle. Era una compulsione. Trascorrevo ore in bagno, fissandomi la faccia, il più vicino possibile agli specchi, cercando i pori oscuri da spremere e guardando il verme d'olio rappreso che mi usciva dalla pelle. Spesso finivo con segni rossi e gonfi in cui si era infiammata con irritazione o infezione. Ho sentito la canzone allora?
È stato quando ero una bambina, un ricordo così chiaro di un compagno di classe che mi diceva che un punto nero era un buco nella mia faccia, e se non lo avessi tenuto pulito sarebbe cresciuto e marcito. L'ho sentita allora, mentre quell'immagine si imprimeva nella mia mente per sempre? O è stato l'anno scorso, mentre passavo per una striscia di verde che chiamano un parco vicino a casa mia, dopo la pioggia, e osservavo un centinaio di vermi strisciare e contorcersi verso la superficie.
Forse l'ho sempre sentita. Forse il prurito è sempre stato la vera me, ed era la felice e sorridente Jane che si definiva una strega e beveva vino nel parco quando c'era il sole. Forse è stata lei a essere l'illusione esasperata che nasconde la malata realtà contorta di ciò che sono. Di quello che siamo tutti, quando togli la pretesa che una persona sia di più di un habitat caldo e umido per il miliardo di cose striscianti che hanno bisogno di una casa. Che ci amano a modo loro.
Ho bisogno di pensare. Di schiarirmi le idee. Di provare e ricordare, ma ricordare cosa? Ero sola prima. Questo lo so. Avevo degli amici, almeno una volta, ma li ho persi. O loro hanno perso me. Perché è successo? Ricordo urla, recriminazioni e sono stata abbandonata. Non ho idea del perché. I ricordi sono confusi. Ricordo che mi hanno chiamato "tossica". Non credo di aver saputo davvero cosa significasse, tranne per il fatto che fosse la ragione per cui ero così dolorosamente sola. È stato quello? Sono stata influenzata e attratta semplicemente dalla prospettiva di essere sinceramente amata? Non amata come potresti intendere tu. Un amore più profondo, più primordiale. Un bisogno tanto quanto un sentimento. Amore che ti consuma in tutti i modi.
Non puoi aiutarmi. Ne sono sicura ora. Ho provato a scriverlo, a spiegarlo con termini e parole che potresti capire. E ora lo rileggo e nemmeno una parola è abbastanza per descrivere appieno il prurito. Perché "prurito" non è la parola giusta. Non esiste una parola giusta perché per quanto il tuo Istituto e l'ignoranza possano lodare il potere della parola, questa non può nemmeno lontanamente catturare completamente ciò che sento nelle mie ossa. Quale possibile ricorso potrebbe esserci nei tuoi libri, nei tuoi file e nelle tue biblioteche, tranne che altro inutile inchiostro e lettere morenti? Ora capisco perché il nido ti odia. Puoi vederlo e registrarlo e notare ogni suo dettaglio ma non puoi mai capirlo. Gli togli la sua paura anche se le tue parole deboli non hanno il diritto di farlo.
Non so perché il nido mi abbia scelto, ma lo ha fatto. E penso che l'abbia fatto da sempre. La canzone è forte e bellissima e io ho molta paura. C'è un nido di vespe nella mia soffitta. Forse può lenire la mia anima pruriginosa.
ARCHIVISTA
Fine della dichiarazione
Questo è… uh…
Scusate, leggere quello è stato, um...hmm. Sebbene sia lieto che abbiamo... trovato la dichiarazione che Prentiss ha rilasciato all'Istituto, risponde a molte meno delle nostre domande di quanto avrei sperato, e ci fornisce poche nuove informazioni su di lei che non avessimo già prima, salvo un'istantanea della sua condizione mentale prima del suo ricovero in ospedale. Eravamo già a conoscenza della sua storia religiosa e del suo attacco isterico per un'infestazione di formiche che apparentemente condusse al termine del suo lavoro per il negozio di forniture spirituali Good Energies ad Archway.
Il nido delle vespe è interessante. Il rapporto dei paramedici afferma che quando loro e la polizia hanno risposto alle segnalazioni di urla nell'appartamento della signorina Prentiss in Prospero Road, l'hanno trovata in uno spazio soppalcato, svenuta, con l’avambraccio sepolto fino al gomito in "materia organica schiacciata". Questo avrebbe potuto essere proprio un nido di vespe, suppongo, ma nessun abitante nelle vicinanze riferì di aver visto delle vespe nell'area. Sfortunatamente, non poté essere esaminato ulteriormente, poiché più tardi quella notte ci fu un incendio che distrusse completamente l'appartamento e uccise il proprietario, Arthur Nolan. I vigili del fuoco hanno stabilito che si fosse addormentato con una sigaretta accesa, basandosi sul fatto che era stato trovato seduto nei resti di una poltrona, senza alcun segno che avesse tentato di scappare.
La signorina Prentiss fu portata al pronto soccorso dell'ospedale di Whittington, ma stava già mostrando segni della... infestazione che avrebbe caratterizzato le sue apparizioni successive. Sei membri del personale ospedaliero stavano tentando di curarla e sedarla, quando molti dei vermi furono espulsi violentemente dal suo corpo. Rapidamente hanno scavato nei tessuti molli del personale medico - occhi, lingua, eccetera - e nel cervello, uccidendoli dopo circa un minuto e mezzo. Quindi lei uscì con calma dalla porta del pronto soccorso. Un'infermiera tentò di scappare, ma nel panico inciampò sulle scale e si ruppe il collo. Poi se n'era andata. L'Istituto fu consultato, poiché apparentemente durante la sua ammissione aveva affermato di essere posseduta, ma è stato deciso che la situazione era di natura medica e il nostro coinvolgimento fu messo da parte in favore di quello che posso solo descrivere come un insabbiamento. Se avessimo saputo di questa dichiarazione, forse le cose sarebbero potute andare diversamente, ma eccoci qui.
Tuttavia, chiunque abbia familiarizzato con il suo file potrebbe dire questo. Non abbiamo ancora alcuna prova che Prentiss sia effettivamente paranormale. Potrebbe trattarsi solo di un parassita sconosciuto e aggressivo. Ci sono cose strane là fuori che sono perfettamente naturali. Non lo è, però. So che non è naturale. In qualche modo io... io lo sento. Mi dispiace, il mio distacco accademico sembra avermi abbandonato. Qualcosa in questa affermazione mi ha sconvolto un po'. Vado ... vado a coricarmi.
Fine della registrazione.
[ Traduzione di: Jo ]
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Ars Poetica
by asuralucier
After reading the particularly affecting statement of Jane Prentiss, Jon needs a lie down, and maybe some distraction. Good thing Martin is there with a mug of cocoa and really bad poetry.
Words: 1202, Chapters: 1/1, Language: English
Fandoms: The Magnus Archives (Podcast)
Rating: Teen And Up Audiences
Warnings: No Archive Warnings Apply
Categories: M/M
Characters: Jonathan Sims, Martin Blackwood
Relationships: Martin Blackwood/Jonathan Sims, Martin Blackwood & Jonathan Sims
Additional Tags: Episode Tag MAG 032, Bad Poetry, William McGonagall - Freeform, i don’t know, my approach to this canon is that Jon needs a hug or some fancy hot choc, fluff?, Season 1, Pre-Slash
source https://archiveofourown.org/works/24009001
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