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#libro di poesia inedito
marcogiovenale · 5 months
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premio nazionale di poesia elio pagliarani: sintesi del bando della nona edizione
L’Associazione letteraria Premio Nazionale Elio Pagliarani – Centro Studi e biblioteca sulla poesia contemporanea (https://associazioneletterariapremioeliopagliarani.it – https://premionazionaleeliopagliarani.it) ha indetto la IX edizione del PREMIO NAZIONALE ELIO PAGLIARANI presieduto da Cetta Petrollo Pagliarani Il Premio ha lo scopo di promuovere e valorizzare, nello spirito sperimentale di…
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carmy77 · 11 months
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Elenco vincitori
Concorso di Poesie, Filastrocche, Racconti e Fiabe
“Libera la fantasia” 5^ Edizione
A) Sezione Poesie e Filastrocche a tema fantasy
“Carmelo, il sedano fragola, Penelope la ragna e Riccardo, il riccio bugiardo” filastrocche inedite di Cecilia Turino – Frattaminore (NA)
“ Amore su petali di rosa” raccolta edita di poesie di Barbara Baka – Carapelle (FG)
“C’erano una volta sette nani” filastrocca inedita di Danila Pesce – Savona (SV)
Menzione Speciale a:
“Poesie, Filastrocche, Raccontini per grandi e piccini” libro edito di filastrocche e racconti brevi di Rita Giovanna Cavicchi – Castiglione dei Pepoli (BO)
Segnalazione di merito a:
“ Nonna e Paura” filastrocca inedita di Valerio Falgari – Curno (BG)
“Dimora fiabesca” raccolta edita di poesie di Maria Cristina Biasoli – Molinella (RO)
B) Poesie e Filastrocche a tema libero
“Ricomincio da t(r)e” raccolta di poesie in fase di pubblicazione di Mario Tommasini – Roma (RM)
“Alla periferia del vento” poesia inedita di Stefano Baldinu – S. Pietro in Casale (BO)
“Per voi” poesia inedita di Christian Testa – Villanterio (PV)
Menzione Speciale a:
“Filastroccando – Poesie e filastrocche di Nonnogino” raccolta inedita di poesie e filastrocche di Luigino De Francesco – Torino (TO)
Segnalazione di merito a:
“Unni a biddizza cunforta (Dove la bellezza consola)” poesia in dialetto siciliano tradotta in italiano di Lucia Zappalà -  Istrana  (TV)
  Premi Speciali
   Premio Assoluto della Critica a:
“Note dimenticate nella notte” raccolta poetica inedita di Francesco Ambrosio -  Frattamaggiore (NA)
  Premio Speciale Miglior Giovane Autore a:
“Unica salvezza” poesia inedita di Serena Cola – Meldola (FC)
     Premio Speciale per l’Operato Socio – Culturale a:
Angelo Canino, scrittore (Acri – CS) distintosi per quanto costruito artisticamente e culturalmente negli anni, vincendo tantissimi premi letterari e aderendo in varie manifestazioni di spessore. Poesia scelta come migliore dalla Giuria: “ Ppe cchilli terri (Per quei terreni)” opera inedita in dialetto calabrese tradotta in italiano.
    Premio Speciale della Giuria a:
Lucia Barabino, scrittrice (San Francesco al Campo – TO) per la sua
straordinaria capacità creativa e la sua estrema bravura mista a sensibilità nello scrivere testi per grandi e piccini. Testo scelto come migliore dalla Giuria: “L’albero nel bosco” filastrocca inedita.
“Kerstonville, segreti di contea” romanzo inedito di Silvia Turello – Siderno (RC)
C) Sezione Racconti e Fiabe a tema fantasy
“Sara e i mille mila” fiaba edita di Gabriele Missaglia – Dizzasco (CO)
“Ascoltate la biblioteca” racconto inedito di Gabriele Andreani – Pesaro (PU)
“Agata delle farfalle” fiaba inedita di Clara Guareschi – Varallo (VC)
Menzione speciale a:
“Misha l’orsetto magico” fiaba inedita di Giovanni Saia – La Spezia (SP)
  Segnalazione di merito a:
“Diario di un tirannosauro vegetariano” racconto fantasy inedito di Gabriele Di Fazio – Marino (RM)
D) Sezione Racconti e Romanzi a tema libero
“La rosa sott’acqua – Storia di una vita negata” racconto inedito di Cristina Manzo – Lecce (LE)
“La rosa bianca di Izmir – Oltre il velo della paura ” romanzo edito di Anna D’Auria – Gragnano (NA)
“Raggio di luce” romanzo edito di Matteo Molino – Milano (MI)
Menzione speciale a:
“Augustus Darius” romanzo inedito di Angelo Dario Garziano – Mazzarino (CL)
Segnalazione di merito a:
“La ragazza e il cavaliere” romanzo inedito di Cristina Mora – Luserna San Giovanni (TO)
   Premio Finalisti
“Cassandra e Isabeau” racconto inedito di Alessandra Peretti – Amandola (FM)
“L’arte di Howth (Tratto da una storia vera)” racconto inedito di Anna Ferriero – Torre del Greco (NA)
“Le avventure di Rapetta” raccolta inedita di racconti di Paola Ercole – Roma (RM)
“Il marziano Baffi Blu” filastrocca inedita di Barbara Barducco – Rivarossa (TO)
“La mia follia” monologo teatrale inedito di Rodolfo Andrei – Roma (RM)
“Il peso della solitudine” raccolta poetica di Roberta Matassa – Bari (BA)
“Anche l’ospedale è bello...se si muta in un castello” filastrocca inedita di Sergio Giovannetti – Vinci (FI)
“Il brutto anatroccolo (Favola rap) favola inedita in versi di Veruska Vertuani – Aprilia (LT)
“Era notte a Roma” racconto edito di Laura Marcucci – Roma (RM)
“La strega presuntuosa” filastrocca inedita di Caterina Giannini – Roma (RM)
“Immensa” racconto inedito di Chiara Mari – Losanna Svizzera (VD)
“Il Natale delle fiabe” filastrocca inedita di Patrizia Birtolo – Giussano (MB)
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carmelagabriele · 2 years
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Classifica vincitori del Premio di Narrativa, Teatro e Poesia “Il buon riso fa buon sangue” 4^ Edizione
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Sez A) Narrativa o Teatro a tema comico
1)  “Quella rompipalle in carrozzina. Zibaldone di episodi tragicomici” romanzo edito di Elvira Trap (Genova – GE)
2) “Vacanze, che passione! e altri racconti” libro di racconti edito di Mario Trapletti (Roma – RM)
3) “Ti l’Ovvio (ovvie e meno ovvie considerazioni)” libro di racconti edito di Rossella Longo (Noicattaro – BA)
4) “Il Maracchioni vuole un testo” commedia brillante inedita di Maria Giulia Magrini (Roma – RM)
Menzione Speciale a:
“Una quarantena forzata” commedia brillante inedita di Marco Ciaramella  (Pontedera – PI)
Sez B) Poesia a tema comico
1) “ ‘O munno a’ verità” poesia in dialetto napoletano con traduzione in italiano di Francesco Lastaria (Solofra – AV)
2) “Famo du’ conti...” poesia in romanesco con traduzione in italiano di Fabio Tinalli (Olevano Romano – RM)
3) “Il Signore dei fornelli” poesia di Francesco Petrucci (Verona – VR)
4) “Pinocchio” poesia di Gianluca Repossi (Milano – MI)
Menzione Speciale a:
“ Effetti dopo un bicchiere di vino” poesia di Maurizio Laugelli (Girifalco – CZ)
“Un vampiro dal...dentista!” poesia di Alessandro Porri (Roma – RM)
Diploma d’onore a:
“Il rap del mal di testa” poesia di Mario Trapletti (Roma – RM)
 Sez C) Poesia a tema libero
1) “Scarpe rosse numero ventiquattro (memoria di un bambino morto a Buchenwald)” poesia di Stefano Baldinu (San Pietro in Casale – Bo)
2) “Solitudine ribelle” raccolta poetica inedita di Roberta Matassa (Bari – BA)
3) “ ‘E criature” poesia in dialetto napoletano con traduzione in italiano di Michele La Montagna (Acerra – NA)
4) “Fu l’incertezza” poesia di Daniele Ambrosini (Cecina – LI)
Premio per Alti Meriti Culturali  a:
“Luna” poesia di Laura Marcucci (Roma – RM)
Menzione speciale a:
“Martina” poesia in dialetto calabrese con traduzione in italiano di Saverio Macrì (Bovalino – RC)
“Andromeda” poesia di  Rosa Almanno (Orta di Atella – CE)
Premio assegnato per Merito dal Presidente di Giuria ad Autore Emergente a:
Barbara Wioletta Baka, poetessa, per la sua raccolta di liriche inedite in fase di lavorazione (Carapelle – FG).
 Premi Speciali
1) Premio Assoluto alla Carriera al dott. Andrea Santaniello (Mercogliano – AV), autore delle poesie a tema libero “Amor di madre” e “Rosse d’amore”
2) Premio Speciale della Critica all’autore Angelo Dario Garziano (Mazzarino – CL) per il racconto a tema comico “Generale d’Armata Tarzan”
3) Premio Speciale per Alti Meriti Culturali Fuori Concorso a Carmelina Petullà (Lamezia Terme – CZ) per il suo eccellente operato culturale ed in particolare per la poesia “Il miracolo della Vita”
Sez D) Narrativa o Teatro a tema libero
1)“Soliloquio della mia morte” monologo inedito di Roberto Collari (Lanusei – NU)
2)“Diversamente uguali” testo teatrale inedito di Rodolfo Andrei (Roma – RM)
3) “Quinta elementare - Sezione B” racconto inedito di Maria Rosaria Esposito (Genova – GE)
4) “Mala Jin. Tulipani nel cemento” romanzo edito di Anna D’Auria (Gragnano – NA)
Diploma d’onore a:
“Nessun gineceo si addice a quelle quattro. Canto muliebre per quattro voci ed un poeta (La metà del mondo può salvare ancora l’altra?)” commedia brillante di Giuseppe Raineri (Bergamo - BG)
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micro961 · 1 month
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Helle “La tempesta”
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Il nuovo brano della cantautrice bolognese è il primo estratto dall’album “La colpa”
“La tempesta” che da il titolo al brano è la metafora scelta dalla protagonista della canzone per spiegare al suo innamorato le ragioni del proprio allontanamento. Un brano pop-folk ritmato e dinamico, dove la voce di Helle cavalca con sicurezza le impetuose onde musicali che attraversano il brano dall’inizio alla fine. "La tempesta" è l'ottavo capitolo del racconto in nove canzoni "La colpa", il terzo album in studio di Helle in uscita il 26 aprile per l’etichetta Volume!.
Tutte le canzoni del disco sono state scritte da Helle e vedono la partecipazione di Leziero Rescigno alla batteria e di Marco Carusino alle chitarre e arrangiamenti. Registrazioni, mix e master a cura di Max Lotti e Lele Battista.
Lisa Brunetti, in arte Helle, nasce a Bologna nel giugno 1994. Comincia a scrivere poesie ad 11 anni, a suonare la chitarra dall’adolescenza. Ha lavorato per quattro anni in Fonoprint, dove ha avuto l’opportunità di conoscere e collaborare con Bruno Mariani. Negli stessi anni ha suonato con Ricky Portera. Dopo la pubblicazione di vari singoli in inglese e in italiano, arriva per Helle il momento di intraprendere una nuova fase della sua carriera artistica. Nel 2020 escono i singoli “Tra le strade della mia città”, ed “Al Pacino”, entrambi prodotti, suonati e arrangiati dalla stessa Helle.
Si laurea presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna, scrivendo una tesi su "Com'è profondo il mare", celebre album di Lucio Dalla, datato 1977.
Seguono l'uscita dei brani “Carovane” e “Rispetto”. Il 25 giugno 2021 pubblica l’album “Disonore”, disco electro pop che caratterizza il nuovo corso artistico e professionale di Helle, che ha vinto il PREMIO SPECIALE assegnato dal MEI «Per aver affrontato con sonorità spiccatamente elettro-indie e liriche dal forte peso sociale, il tema della Libertà attraverso l’analisi delle sfumature dell’animo umano, soprattutto quello femminile». “2, 107” è brano con il quale vince il PREMIO LUNEZIA NEW MOOD «Per aver offerto una visione delicata e cruda con tappeti sonori moderni e sperimentali sulla morale delle donne». Vince il PREMIO DELLA CRITICA all’interno della rassegna del Premio InediTo al Salone Internazionale del libro (premio "Le colline di Torino") per la sezione “Testo canzone”, è finalista del Premio Bindi 2022 e si esibisce a Musicultura. “Tu mi volevi bene”, “Chimere” e "Tom" sono gli altri singoli estratti dal disco d'esordio.
Il 13 gennaio 2023, da alle stampe in versione cartacea ed ebook, il libro di poesie "Carovane" (ZONA Contemporanea), in contemporanea con l'uscita del singolo “Oggi è già ieri, il domani è eterno” realizzato e prodotto dalla stessa autrice. Le poesie di Helle – fuori dal disincanto, ma mai con distacco – poggiano sulla forza della parola e su immagini che si prestano alla metafora e all'allegoria, rivelando una scrittura consapevole, complessa come la realtà che descrive. “Musicista e cantautrice, con forte personalità e profonda soggettività, Helle impone con chiarezza i propri versi nell'orizzonte della poesia contemporanea, fuori dai facili sentimentalismi e saldamente ancorata alla materialità dell'esistenza.”
Parte da Bologna a febbraio il Carovane Tour che la vede impegnata in numerose date: una doppia esperienza live che porta nelle librerie e nei club uno spettacolo intimo e al contempo intenso ed energico, in cui vengono presentate le canzoni di Helle e le poesie di “Carovane” attraverso un file rouge che le lega.
Il 23 aprile 2023, nelle sede del Club Tenco a Sanremo, presenta in anteprima il nuovo disco "La liberazione” - hanno udito una donna ridere dal fiume", in uscita il 5 maggio e anticipato il 28 aprile dal singolo “Simone”.
Nel luglio dello stesso anno riceve un riconoscimento per il testo "Nebraska", presso il PREMIO LAUZI, tenutosi a Capri.
Il 26 aprile 2024 esce il suo terzo album in studio, "La colpa - racconto in nove canzoni", anticipato dal singolo "La tempesta" pubblicato il 12 aprile.
Etichetta: Volume!
CONTATTI E SOCIAL
www.facebook.com/Helle.musica/ www.instagram.com/helle.musica/?hl=it https://www.youtube.com/channel/UCUyHqlN2KJZZaI13abFhQhQ https://open.spotify.com/intl-it/artist/5dq7E4TCYHvIcG2fTxd8rY?si=K6LKZrPeSZe8YDKRQCrJmA
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lucianopagano · 6 months
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Appunti di lettura per
«Il rifiuto»
(Musicaos, Balbec, 1)
di Davide Morgagni.
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Dieci anni fa, nel 2014, venne pubblicato «I pornomadi» di Davide Morgagni, nella collana «Smartlit» di Musicaos Editore. Il primo manoscritto del primo romanzo di quello che oggi è «Il rifiuto» si intitolava «Canti di un pornomade». Nei vari ragionamenti attorno alla pubblicazione mi ricordo che quella parola, «Canti», oltre a essere molto evocativa (Leopardi, Lautréamont, Dante, etc.), poteva essere associata a un’altra opera, i «Canti dei caos» (2001, 2003, 2009²) di Antonio Moresco e così, per evitare cortocircuiti allusivi, trattandosi di un esordio, suggerii l’opportunità di togliere il libro dal repentaglio di intitolarsi «Canti di…» essendo il terzo titolo di un editore che aveva -caos come suffisso del suo nome, per sfuggire ogni tipo di ammiccamento. Cercammo così un riparo a distanza cautelativa dal capolavoro di Moresco, che a sua volta negli anni seguenti sarebbe divenuto parte di un lavoro ancora più grande. Una cautela che a posteriori, come spesso capita con le cautele letterarie di persone troppo devote alla letteratura, incorse nell’esagerazione di presupporre l’esistenza di lettori più che ideali, sublimi, invece che delle cimici di Majakovskij. 
Dal punto di vista linguistico-narrativo ciò che avviene ne «I pornomadi» è la genesi di un mondo e allo stesso tempo del «modo di esprimerlo». In una città infuocata un autore si scaracolla in balìa di mete imprecisate, tra un’estate e un inverno, con l’unico movente di esistere. L’idea di proporre un romanzo che contenesse un mondo senza somigliare a un romanzo-mondo era connaturata anche alla modalità in cui il volume si presentava nella sua prima edizione, con le opere d’arte fotografica di Lorenzo Papadia a costituire una narrazione visiva, e un’impaginazione “estesa”, che supportava l’idea di voler porre il lettore dinanzi a qualcosa di inedito, sotto più aspetti possibili. Questa realizzazione era alternativa alle aspettative e faceva parte dello stesso esordio, si trattava di un «io esiste».
Ricapitolando, una scrittura endogenetica, per un mondo che si costruisce dalla propria stessa lingua, raccogliendo testo, immagine, suono, urlo. Strumenti per narrare presi in prestito, oggettivamente, dalla poesia. Per usare un geniale e formidabile «metro» Eggersiano, in una scala dal 0 a 10 dove 0 è Poesia e 10 è Narrativa, «I pornomadi» si situa, oscillando, tra un 5 e un 7. Si tratta di una riflessione che troverà compimento nei romanzi successivi confluiti ne «Il rifiuto». Che impressione poteva fare sui suoi primi lettori «Il tropico del Cancro» di Henry Miller, pubblicato a Parigi nel 1934? Solo una ventina di anni prima la letteratura tradizionale (Gide che nel 1912 «rifiuta» “Dalla parte di Swann”) faceva i conti con l’«incomprensione» della prima parte della Recherche di Proust. Non c’è adito di paragone se non nel sottolineare che sempre, in tempi, luoghi e circoli differenti, la letteratura per emergere si pone complicemente come rottura con ciò che la precede nell’immediato, salvo poi essere ripresa – se riuscita – come continuità con lo stesso.
«I pornomadi», col suo stile «delirio» assume una modalità narrativa di derivazione céliniana, un «tenere bordone» costantemente «in levare» che dà movimento col suo stesso porsi, una scrittura che proviene da Miller, Deleuze, Guattari, Joyce, Beckett, Bataille, Céline, Bukowski; mi è sempre sembrato un «ponte» tra la concretezza sperimentativa e i suoi «misteri pedagogici», uno studio che devia dalla lezione originaria per creare qualcosa di originale e totalmente appartenente alla nostra lingua. Un romanzo “Il rifiuto” sul fatto che si possa scrivere un romanzo, fare scrittura, essere scrittura, tenuto conto di ciò che è stato prodotto in filosofia, teatro, poesia, negli ultimi cinquanta anni, tanti all’incirca ne sono trascorsi dalla pubblicazione dell’Anti-Edipo, dalla letteratura di avanguardia degli anni Settanta, dagli sperimentalismi più oltraggiosi, sia quelli riusciti che quelli mancati, quelli che hanno conservato una certa forza e quelli dileguati.
Perdere tutto per affermare l’esistenza di sé stessi, questo sembra urlare il protagonista de «I pornomadi».
«Strade negre» pone altre due urgenze sotto la lente focale della scrittura. Il «delirio» religioso – la prima metà si svolge a Roma, con il protagonista che segue un corso per diventare conservatore/divulgatore dei beni religiosi della Città Eterna – e il «delirio» da anti-potenza del «genere» del milieu culturale occidentale al suo tramonto.
«La nebbia del secolo», uscito nel 2019 con Leucotea Edizioni, è il terzo romanzo, riveduto, de «Il rifiuto». Romanzo più breve e altrettanto folgorante, è ambientato a Parigi nel periodo storico recente, dove il fantasma del terrorismo ha costituito la paranoia globale per eccellenza, concretizzandosi in attentati ancora oggi temibili, prima dello scoppio della pandemia e al margine di ogni guerra.
Dopo aver delirato i continenti, le religioni, i popoli, parlando di virus, guerre, conflitti, giunge la Pandemia. Il romanzo, fino a oggi inedito, «Finché c’è rabbia», racconta gli ultimi anni vissuti, quelli del Covid, nel racconto del protagonista. Le sue vicende non sono centrali di una storia che è più grande, che ci ha investito. Uno dei protagonisti è il Capitalismo, cui viene sferrata una critica viscerale, programmatica, che sottende tutta la narrazione.
«Il rifiuto» così si compone di quattro romanzi, quattro romanzi differenti per stile nei quali si produce un movimento stilistico dal caos iniziale, in cui la lingua poetica fa accadere il mondo, gettando sul piatto quelli che saranno i temi caratterizzanti del Romanzo: con il contrasto particolare (Capitalismo, Espressione, Spersonalizzazione), la Religione Universale e le religioni particolari, la religione dell’Arte, la religione del Maestro, la religione della Devozione Domestica, la religione della Famiglia, la religione allo Stato, la religione dello Studio, eccetera; e ancora lo Spettro della Storia Universale, attraversato a sua volta dagli spettri del terrorismo e della paranoia internazionale, con tutto ciò che compone il Secolo.
«Il rifiuto» è in tal senso rifiuto post-moderno, costruito sulle macerie del post-modernismo. Il post-moderno sanciva la fine della pretesa delle “Grandi Narrazioni”, dagli anni Settanta a oggi sembrava che si dovessero avverare tutte le promesse non solo stilistiche e narrative, ma anche di vita, di uno sviluppo consapevole, rispettoso delle coscienze e del sentire ecologico planetario. Una molecolarizzazione delle esperienze che si sarebbe accompagnata a un grado di umanità più apprezzabile. Tutto ciò ovviamente non ebbe luogo, se non teorico. Solo l’ipotesi di vivere su un pianeta insieme a cinque miliardi di persone, un giorno, poteva atterrire. Mentre scrivo siamo ottomiliardi settantasettemilioni quattrocentosessantasettemila e novecentonovantanove. Impossibile a credersi oggi, per chi vive in un’epoca che è somma di tante epoche che possono coesistere. Dagli anni Settanta a oggi è trascorso mezzo secolo, immaginare di riportare alcuni riferimenti culturali all’oggi senza storicizzarli sarebbe paradossale come interpretare il 1950 con le categorie del 1900. 
Per prescindere dall’empasse cui potrebbe condurci la storia ci si attiene alla creazione poietica, ai testi, alle influenze, in tal senso Gilgamesh è nostro contemporaneo. Nel miscuglio babelico dei linguaggi si è aperta con la Rete una Babele ancora più grande, districabile per chi ha in amore la complessità, la Società del Controllo è divenuta realtà, e oggi che ognuno di noi è misurato, controllato, enumerato, accountizzato, di quale bisogno si scopre desiderante la comunità dei clienti (lettori, ascoltatori, videoutenti) dell’infotainment? Narrazioni. Grandi. Innumerevoli. Ovunque. Grandi narrazioni. Chiusura del cerchio (canto del cigno o requiem) del post-modernismo, “Il cerchio si chiude”, come termina Stephen King il suo capolavoro virologico “L’ombra dello scorpione”.
«Il rifiuto» affronta questi temi con la densità leggera di un volo, pagina dopo pagina, mettendo a nudo i meccanismi psicologici, sociali, antropologici, mentali, narrativi, che ci vengono presentati dai metadiscorsi che viviamo. C’è un elemento comico che ritorna, come ce ne sono tanti, ilari, più o meno forti e incisivi, ma questo di cui parlo è – se vogliamo – metacomico: il protagonista, che si trova a dialogare con i suoi amici, conoscenti, spesso si sente rivolte frasi di questo tenore «sai, penso che quello che sto vivendo è importante, penso che lo racconterò in un libro», oppure «penso che scriverò un libro». In un mondo creato da un protagonista ossessionato dalla descrizione di un mondo traducibile e decifrabile per lui soltanto, gli altri, che subiscono il mondo senza comprenderlo, si sentono più atti di lui a raccontare la realtà. 
La scrittura filosofica è un genere poco letto, non mi riferisco ovviamente alla scrittura di romanzi a metà tra saggio e narrativa, o romanzi scritti da filosofi. Tutto ciò che c’è di politico e filosofico ne «Il rifiuto» traduce permanentemente un’urgenza stilistica, permettendo a questa scrittura la distanza tra autore, da una parte, e artista dall’altra. Se gli strumenti che Davide Morgagni utilizza attingono a un bagaglio simile, gli ambiti sono totalmente differenti. «Il rifiuto» intende porsi in un dialogo con le persone, i critici, i lettori, in generale, pensanti, a questi, da controcanto (di un pornomade) indico ad esempio la lettura dei romanzi di Aldo G. Gargani.
«Il rifiuto» è un romanzo lontano da Dio, fuori dalla sua grazia, se il protagonista può sembrare un asceta, questa sua ascesi si compie tra le mura, in un appartamento leccese, o romano, o parigino, senza wc, dove non c’è grazia del signore; c’è vicinanza a tutte le creature, compresi gli innumerevoli animali del creato, a dimostrazione di un anelito ecologista/ambientale di fondo  (pulci api foche mucche blatte vermi formiche microbi granchi lombrichi gatti pidocchi tonni pesci-spada galline polli sirene ragni topi cavalli gechi ramarri cani passeriformi molluschi bruchi testuggini merluzzi cicale grilli farfalle iene rondini fringuelli mosche tacchini ricci platesse polpi zanzare tigri cinghiali rondini piccioni scimmie pinguini giraffe bufali conigli rane mosconi manzi gazze capre agnelli struzzi tartarughe pipistrelli civette lucertole salmoni lumache porcospini moscerini calamari gamberoni ostriche colombe vipere ippopotami scorfani anguille orche foche seppie totani pappagalli cigni scoiattoli bisce avvoltoi scimmie anatre pecore pulcini millepiedi vitelli delfini pipistrelli pescecani gorilla babbuini rospi sanguisughe pesci palla leoni lupi asini ghepardi balene fagiani).
Molte creature ma, all’orizzonte, nessun Dio. Eppure non si tratta di un pensiero laico, quello che viene sfrondato da queste pagine, perché quella del protagonista non è un’ascesi raggiunta in mezzo alle persone buone e cordiali, al contrario, è una segregazione spesso ricercata per salvarsi e per difendersi dai barbari. Per non parlare delle volte in cui il protagonista, semplicemente, parla la lingua della verità in mezzo ai sordi, recando letteralmente la saggezza al mercato, come lo Zarathustra di Nietzsche, che compie l’oltraggio peggiore, quello di «bruciare» la news della sua scoperta «oltreuomo» con la condivisione.
Ciò che succede nei vari piani che situa il romanzo fa anzitutto in modo che ciò che risulta in esso romanzato (l’amore, le relazioni, le amicizie, i quartieri, le città, le metropolitane) trascorre in secondo piano rispetto alla società, ai conflitti generali di interesse economico, all’attrito tra classi sociali. «Il rifiuto» diviene così un dispositivo artistico rivolto all’esterno. Ricapitolando, una storia che abbraccia le vicende del protagonista nell’arco di quindici anni, con luci a più punti focali mirate a illuminare l’agire dell’individuo come reagente in una società paranoica-ossessiva-delirante. Il protagonista/Narratore, pure con diverse «facies», è sempre lo stesso, così i comprimari.
C’è un termine che si affaccia ed è: profezia. Quando la scrittura letteraria, poetica o narrativa, compone un quadro realistico di tutte le tensioni in gioco nel momento descritto, spostandosi in avanti fino a prevedere possibilità, la scrittura diviene profetica; un termine religioso – come ascesi – che ritorna in un ambito dal quale l’orizzonte di un qualsivoglia Dio è compromesso.
«Il rifiuto» è preludio a una narrativa dell’avvenire (non inteso come futuro, “ciò che avverrà”), di ciò che avviene nel suo farsi, che si compone passo dopo passo, della creazione di un contesto e dell’internamento di un protagonista nell’agire stesso che è stato contestualizzato a parole. La ricezione di una scrittura simile, è assimilabile a quella di una scrittura poetica, per quanto riguarda il suo abbrivio, che evolve in un percorso narrativo che porta al lettore stralci dal sapore joyciano, milleriano, beckettiano.
I luoghi in cui accade questo «avvenimento» (sempre da “avvenire”) narrativo sono tre, in tempi differenti e che si rincorrono, principalmente Lecce, Roma, Parigi. Il protagonista occupa sempre un altrove in ognuno di essi, ciò che percepisce il lettore è una velocità estrema, istantanea, centrifuga. Del centro, pur essendone affascinato, il Narratore coglie tutte le contraddizioni, la mancanza di umanità nei rapporti, la spersonalizzazione, l’egoismo. Non c’è un obiettivo, c’è una vita di margine vissuta al limite, nell’«underground». Torna qui, anche nel rapportarsi ai luoghi, la dimensione ascetica di una purezza etica, né santa né laica.
L’aggettivo «negro», come gli altri, è un simbolo. La negrezza/negritudine cui fa riferimento il Narratore è la risposta etica al disfacimento dell’Occidente. In particolare nell’ultimo romanzo, l’inedito «Finché c’è rabbia», dove lo sfondo delle vicende è lo Spettro Pandemico, si pone come fatto compiuto uno scollamento senza ritorno di tutti gli attori sociali. Non hanno più niente di esotico gli uomini del sud che ciondolano fuori dai bar per arrivare alla fine di un’altra giornata. Sono zombie, batterie senza carica positiva, salvati dal pasto quotidiano della Caritas e da un giaciglio di fortuna. Il racconto dell’umanità vissuta a contatto stretto, questo è il sud, un certo meridionalismo narrato da Davide Morgagni ne «Il rifiuto». Viene raccontata la povertà, l’indigenza, la vita degli ultimi. È uno dei temi che vengono messi di più in risalto nel quarto romanzo che compone «Il rifiuto», «Finché c’è rabbia».
Non potevano che volerci dieci anni per misurare un certo tipo di ampiezze. Termino con una breve considerazione sulla forma finale in cui è presentato «Il rifiuto». Perché quattro romanzi, al di là dell’Opera, in un volume? L’idea dell’autore, nel presentare «Finché c’è rabbia», era che questo romanzo chiudesse un ciclo di storie, tutte vissute e raccontate dallo stesso Narratore, e che questa conclusione avesse un titolo ideale che racchiudesse queste storie, per l’appunto, «Il rifiuto». Abbiamo creduto, di comune accordo con l’autore, che valesse la pena presentare questi quattro romanzi insieme, perché erano trascorsi dall’inizio de «I pornomadi» dieci anni, durante i quali avevamo il presentimento che fossero accadute molte cose.
A ciò si aggiunge il fatto, oggettivo, che sarebbe stato difficoltoso e magari affaticante, per il lettore odierno, ricomporre un puzzle narrativo i cui frammenti, seppure facilmente reperibili, andavano rinvenuti richiedendo quattro atti di volontà separati. Ciò per evitare, parafrasando l’Amleto/CB, quelle “spiegazioni che ci ammazzano”, nell’avere a che fare con un romanzo che richiamava inevitabilmente la prosecuzione all’inverso degli altri tre. Lo stesso senso è anche quello di questo intervento, che cerca di sollevare alcuni temi presenti nei quattro romanzi che fanno «Il rifiuto», che oltre a essere un romanzo da leggere, sia ad alta voce che interiormente, è un romanzo politico, nel senso più schietto e originario che si può dare oggi a questo termina.
E adesso dimentichiamoci di tutto per leggere «Il rifiuto».
Buona lettura.
«Il peggio passa e se ne fa una sintassi», «Io scrivo per le pulci di periferia», «Vedi ragazzo – quando perdi cerca di perdere tutto – e quando muori assicurati di essere morto», «Il demonio ha in serbo grandi fichi sbucciati per le nostre bocche ragazzo e quando ogni cosa va in frantumi è perché e eterna», «La Storia è un riciclaggio di antichità e remote invarianti ed è per sempre immondizia puzzolente di morte e morti e gambe e occhi paralizzati», «Poi ha compreso che soffrire non serve, ma ciò non serve a smettere di soffrire», «Nella disperazione non si vede nulla, ma la disperazione vede tutto».
«Il rifiuto» di Davide Morgagni è la prima uscita della collana «Balbec», di Musicaos Editore, nella quale sono in programmazione le uscite dei nuovi libri di Giuseppe Goisis, Raffaele Gorgoni, Francesco Lanzo.
Luciano Pagano
«IL RIFIUTO» (Musicaos, Balbec, 1) - Davide Morgagni
in distribuzione dal gennaio 2024
ANTEPRIMA a LECCE - VENERDÌ 22 DICEMBRE alle ORE 19
presso ASTRAGALI TEATRO (Via G. Candido, 23)
interveranno:
Fabio Tolledi [direttore artistico e regista di Astràgali Teatro]
Simone Giorgino [Docente di Letteratura Italiana Contemporanea / UniSalento]
Luciano Pagano [Editore]
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lamilanomagazine · 11 months
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Bologna: “San Francesco Estate” tra musica e teatro in Piazza
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Bologna: “San Francesco Estate” tra musica e teatro in Piazza. San Francesco Estate musica e teatro in piazza torna per il terzo fine settimana ad animare la splendida cornice di Piazza San Francesco con un ricco calendario di spettacoli a cura di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale in collaborazione con il Settore Cultura e Creatività del Comune di Bologna. Ad aprire il weekend venerdì 7 luglio alle 21.00 è lo scrittore e noto conduttore radiofonico di “Tutta la città ne parla” su Rai Radio3, Pietro Del Soldà, che debutta in prima nazionale a Bologna con Apologia dell'avventura. La libertà fuori di sé, con la regia di Manfredi Rutelli. Un delicato e profondo racconto che invita a riscoprire la spinta all’avventura come esperienza decisiva per conoscere sé stessi. La narrazione è ispirata all’ultimo libro di Del Soldà, La vita fuori di sé (Marsilio, 2022) ed è arricchita dalle coinvolgenti musiche composte dagli Interiors, ed eseguite dal vivo da Valerio Corzani e la violinista Erica Scherl. Da Erodoto a Sartre, da Montaigne a Alexander von Humboldt alla viaggiatrice Isabelle Eberhardt, lo spettacolo intreccia pagine di storia, riflessioni filosofiche, teatro e poesia con le vicende di personaggi storici o immaginari che hanno avuto il coraggio di lanciarsi verso l’ignoto, mossi dal desiderio di scoperta. Un viaggio oltre le frontiere chiuse che, attraverso i mondi diversi raccontati da Pietro Del Soldà, si aprono e ci liberano dal conformismo, dal narcisismo, dalla trappola delle aspettative e della tirannia delle abitudini. Sabato 8 luglio alle ore 21.00 ospite della serata è lo scrittore Paolo Nori con Tutto tranne che il liscio, testo scritto per Rai Radio3 nel 2009, che ora porta in scena in una lettura accompagnata da l’Usignolo - il Concerto a fiato diretto da Mirco Ghirardini e composto da Valentino Spaggiari (bombardino), Fabio Codeluppi (tromba), Marco Catelli (genis), Dimer Maccaferri (corno francese), Gianluigi Gialla Paganelli (bassotuba), Mirco Ghirardini (clarinetti) e Francesco Gualerzi (clarinetto e sassofono). «Tutto tranne che il liscio – afferma Nori – parla del liscio e di Scialpi, e di Toto Cutugno, e di Unione Sovietica, e di un periodo che l'Italia - dispiace dirlo - faceva schifo, e di bottoni, e dei nostri genitori, e della loro musica, e di un meccanico che dice che la macchina, se si ferma, la cosa da fare è svitare le targhe e lasciarla lì». In forma di discorso, il testo è diventato parte del libro La meravigliosa utilità del filo a piombo, uscito nel 2011 per Marcos y Marcos. Il fine settimana in Piazza San Francesco si chiude domenica 9 luglio alle 21.30 con il terzo appuntamento di Bo-Noir, la rassegna dedicata a letteratura e cronaca nera, con gli script della scrittrice Grazia Verasani, la moderazione del giornalista Stefano Tura e la regia di Riccardo Marchesini. Cogne, il primo delitto mediatico è una serata sul caso che ha visto coinvolta Anna Maria Franzoni, accusata dell’omicidio del figlio Samuele. Si parte da questa nota vicenda per analizzare il più ampio e complesso fenomeno degli infanticidi in Italia: cosa si cela dietro alla cosiddetta “maternity blues”? A intervenire ci saranno Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa forense; Luciano Garofano comandante del R.I.S. di Parma dal 1995 fino al 2009, biologo e generale in congedo Arma Carabinieri e Grazia Verasani. Il weekend successivo si apre venerdì 14 luglio con Margherita Hack, stella tra le stelle. La vita rigorosa e spettinata di una scienziata galattica, un reading musicale del giornalista e divulgatore scientifico Federico Taddia; sabato 15 è la volta del duo As Madalenas con un inedito live tratto dal nuovo progetto discografico; e infine domenica 16 è in programma la quarta e ultima serata a cura di Bo-Noir, Elisa è sempre stata lì. L’omicidio Claps, dedicata al caso di Elisa Claps.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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tempi-dispari · 1 year
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IMO: il merch non è solo ricordo, è memoria
Per questo IMO prendo spunto dalla pubblicazione della copertina del numero di maggio del nostro magazine sulla pagine di TheMetalMag. Lo spunto nasce dalle ‘sensazioni’ avute dopo la notizia. Emozione in primo luogo. Poi è subentrata la riflessione: perchè, nell’era di internet, dove tutti siamo ovunque in un secondo, tutto è condiviso in tempo reale, non esistono limiti e confini, una notizia del genere creare emozione? La prima risposta è stata: perché quella carta resterà per sempre.
Magari sepolta tra migliaia di altre pubblicazioni. Forse nessuno la scoprirà mai o qualcuno tra cento anni, rovistando nell’equivalente di uno scatolone, potrà tirarne fuori un numero e sfogliarlo. Fatto sta che rimarrà li, a memoria di un tempo, di un’epoca. Di ciò che quel tempo ha prodotto e dato. La corretta ‘contestazione’ di questa testi è: non è vero. È internet il regno dell’incancellabile. Tutto ciò che viene pubblicato, per quanto minimo, per quanto eliminato, non scompare mai del tutto.
Ne rimangono sempre briciole che permettono di ricostruirlo. Si veda il sito archive.org. Qui potete ritrovare pubblicazioni, articoli, video, che non esistono più da anni. Un esempio per tutti è la stessa TD. Su quel sito potete rivedere ancora l’edizione di quando eravamo dominio .com. Eppure quelle pagine sono state eliminate anni e anni or sono. Vero, verissimo, ma non è la stessa cosa.
Se in rete nulla viene cancellato, è vero che tutto viene sommerso da una infinità di materiale, ogni giorno. Per la carta non è così. Penso ad una pubblicazione fatta ormai 23 anni fa. Con alcuni amici pubblicammo un libro su H. P. Lovecraft intitolato Sculptus in tenebris. Una raccolta di saggi e materiale inedito in Italia sul solitario di Providence e sulla sua influenza nella cultura contemporanea.
Film, fumetti, racconti, poesia, canzoni ispirate al suo lavoro. Ebbene, quella pubblicazione in rete non c’è. Non è stata digitalizzata. Quindi non esiste? No no, esiste e come. Anzi. Una copia è anche custodita nella biblioteca di Providence nella sezione sugli studi lovecraftiani. Risultato che con internet non saremmo mai riusciti ad ottenere. Con la rete saremmo riusciti ad avere un link, al limite.
Senza contare l’impegno di tenere quel collegamento sempre vivo. Invece il libro è li. Sfogliabile, consultabile, rileggibile. È il medesimo concetto che potremmo applicare alla collezione di riviste di musica che molti di noi hanno ancora. Magari chiuse dentro un armadio per non fargli prendere polvere o magari ben esposte in libreria. Di quando in quando le prendiamo, le sfogliamo, ne sentiamo la consistenza.
Torniamo indietro nel tempo. Sia chiaro, questo non è un processo alla rete o un attacco di nostalgia della serie ‘si stava meglio quando si stava peggio’. Si tratta solo di considerazioni su un fenomeno ancora vivo, vivissimo. Per quanto la digitalizzazione possa aver portato vantaggi, la concretezza rimane foriera di sentimenti. Credo sia diverso per una band o un artista ascoltare la propria musica su una piattaforma digitale rispetto a tenere in mano un cd o un vinile. Ovvio, le questioni economiche sono di primaria importanza e la spesa sarebbe davvero insostenibile. Senza dimenticare la distribuzione.
Eppure, secondo me, arrivare ad un concerto e vedere il banchetto con il merch ha sempre il suo fascino. Ciò che il pubblico potrà acquistare è qualcosa di imperituro. Non è solo un ricordo per sé. È eredità per i posteri. La maglietta del gruppo X tra 50 anni potrebbe piacere a mio nipote che la porterebbe in giro con orgoglio. Senza sapere che in quel modo non farà altro che preservare il ricordo di una band, un evento, una manifestazione che ha fatto parte della vita di molte persone.
Se volessimo spostare il concetto alla fotografia, è un po’ come ritrovare le vecchie immagini dei bisnonni magari. Osservarle non ci porta solo la loro memoria. Ci fa rivedere un mondo. E un disco, una tshirt, una bandiera, una sciarpa, è lo stesso. Decidere se acquistare o meno un gadget non significa solo appoggiare un artista, una band, un evento. Significa decidere se salvarne la memoria o meno.
È lo stesso discorso che potremmo fare sempre con le foto. Quanti si vanno a rivedere le 10mila immagini scattate durante le vacanze e quanti, invece, sfogliano un album? Magari su quei fogli di fotografie ce ne sono solo poco meno di 100. Eppure le guardiamo. Ad ogni cambio di pagina ci soffermiamo. Ricordiamo. È una necessità. Credo non si possa parlare di sensibilità generazionale. Anche le nuove generazioni hanno bisogno di memoria, di qualcosa che gli ricordi cosa hanno vissuto. Lo fanno in modo diverso e, per gente della mia età, difficile da capire. Resta comunque il fatto. L’appagamento del tatto e della vita, non ha limiti.
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thebeautycove · 2 years
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FUEGUIA 1833 - LA JOVEN NOCHE - Fábula Fauna Collection - Parfum -
La Cura.
Everything that exist is alive and has a spirit. There is an energy that connects everything to each other and this is what is called the web of life. We, as part of Nature, can commune with trees, plants, animals, rocks, clouds, as well as with every element of earth, air, water and fire. We only need to see and heal, Nature in essence is a symbolic mirror of our soul.
" Fueguia 1833 è un omaggio ai miei antenati, naturalisti e scrittori, Louis Bedel, Henry D'Orbigny, Maurice Bedel, René Bedel e Filiberto Oliveira de Cézar. Hanno viaggiato nel mondo da soli e hanno lasciato un'impronta indelebile delle loro menti singolari e curiose. Fueguia 1833 nasce dal legame tra Europa e Sud America, stabilito secoli fa. Perpetrando la nostra tradizione, identifichiamo specie autoctone per progettare e creare fragranze tra Buenos Aires e Milano. Composizioni che riflettono la diversità esotica dei tesori naturali sudamericani, proposte aromatiche per spiriti erranti, sensibili al richiamo della reminiscenza "Julian Bedel,  fondatore di Fueguia 1833
Julian Bedel dà vita a Fueguia 1833 a Buenos Aires nel 2010 elaborando un concetto profondamente personale e inedito nel mondo della profumeria. L'Argentina, sua terra d'origine quale fondamento ispirativo, la Patagonia, territorio dominato da una natura fiera e selvaggia, come fulcro di esplorazione e scoperta per nuove sperimentazioni olfattive e, più ampiamente, un tributo all'arte, alla musica, alla vastità culturale del Sud America, sorgente inesauribile di stimoli per l'immaginazione e la creazione.
Julian è un po' esploratore e po' sciamano, un passato da liutaio, una genialità che si è fatta largo tra scienza e creatività, tanta mente e molto cuore, quella passione viscerale che porta a raggiungere l'obiettivo: un progetto dal respiro universale, che non appartiene solo al piacere dell'olfazione ma coinvolge tutti i sensi in un'esperienza multidimensionale, tra arte, cultura, sentimento e memoria.
Un Linneo 4.0 che lascia parlare la Natura col linguaggio aperto e trasversale dei suoi odori, autentici, familiari, confortanti, terapeutici. La meravigliosa macchina dell'universo, l'economia della Natura, l'ordine immutabile dei suoi elementi, le giuste proporzioni tra le specie, fanno capo ad un magnifico disegno di interazione e sostegno reciproco, nel segno di una potente sensibilità ecologica.
Un mondo nuovo da scoprire dove il profumo è La Cura per ogni stato d'animo, o forse un modo per provocarli. Inalarlo e sentirsi liberati, guariti, consolati, incoraggiati.
Perchè LA JOVEN NOCHE?
Perchè è stato un irresistibile richiamo. Perchè è un ricordo di serenità, la memoria di luoghi e persone che riaffiora, la poesia scritta e ritrovata nelle pagine di un libro, la fessura dalla quale spiavi il giardino all'alba, il foglio bianco da scarabocchiare con i pastelli di cera, il plenilunio di fine estate, i passi svelti e leggeri nel giardino di casa, la musica che non si scorda, un pianeta solo mio, un mondo senza algoritmi, un albero da abbracciare, un sorriso in ogni minuto e in ogni attimo qualcosa che vale e rimane. Perchè è il sandalo della vita, aroma che è sostegno, protezione e fermezza. Questo legno di sandalo espresso in purezza è l'emozione che cercavo, di bellezza rara e magnifica armonia. Un solinota delle meraviglie. Se lo stupore odorasse saprebbe di questa notte giovane, di un tesoro arboreo le cui radici profonde affondano nel terreno umido e vigoroso di un territorio munifico e inesplorato, di falò accesi sul mare, di sguardi complici verso l'orizzonte e pensieri morbidi, così morbidi da sprofondarcisi. Affiatati e affini per sempre.
Creata da Julian Bedel.
La Joven Noche è in edizione limitata numerata (questo è il N.167)
Disponibile in Parfum 100 ml, 30 ml e in Pura Esencia 8 ml.
A Milano nella Gallery Boutique di via Tommaso Grossi, 1.
Fueguia 1833
L'azienda è attiva e responsabile di ogni fase operativa. Dalla costante e meticolosa ricerca di esclusivi ingredienti naturali, a concept, formulazione, produzione, ideazione ed esecuzione di confezioni artigianali e infine presentazione nelle proprie boutique.Formulazione e produzione fanno capo a Milano, all'interno di uno spazio che supera i 1.000 mq, qui Julian si occupa dello sviluppo delle formulazioni, una ricerca botanica costante tra piante aromatiche e medicinali, molte delle quali originarie della Patagonia e mai impiegate in profumeria, una palette selezionata di oltre 1200 ingredienti da armonizzare con sapienza e ricercatezza. Essenziale il supporto di tecnologie innovative in ambito macerazione, filtrazione, maturazione e imbottigliamento, sempre effettuate in loco con macchine e apparecchiature personalizzate secondo i desideri di Bedel e le specifiche esigenze di Fueguia1833.Nel 2016 è stata inaugurata la Fueguia Botany, una piantagione di ventuno ettari in Uruguay dove vengono coltivate più di cento piante aromatiche originarie del Sud America, in cui insiste un laboratorio attrezzato per l'estrazione 'verde' con la tecnologia fluido CO2 supercritico, che distilla ed estrae gli ingredienti a bassa temperatura in assenza di esano e altri solventi, nel maggiore rispetto per l'ambiente.
Importante sottolineare l'approccio alla sostenibilità, le formulazioni del marchio contengono ingredienti biodegradabili, muschio di origine vegetale, etanolo di origine organica, ingredienti esotici naturali le cui essenze subiscono lunghi processi di macerazione.Sono totalmente esenti da composti di muschio policiclico (PCM), filtri UV, conservanti sintetici, coloranti sintetici, ingredienti di origine animale, test su animali, ftalati.Alcune delle specie vegetali utilizzate nelle fragranze vengono coltivate e distillate dalle comunità locali, coinvolte in progetti che supportano la loro crescita e il loro sviluppo. Questo è possibile grazie alla collaborazione con HelpArgentina, l'organizzazione no-profit fondata nel 2002 da Bedel, per lo sviluppo sociale dei territori argentini. L'azienda utilizza solo fornitori che soddisfano gli elevati standard di sostenibilità, garantendo la tracciabilità di tutti gli ingredienti e la trasparenza per i consumatori. Le custodie in legno, packaging delle fragranze, sono realizzate a mano da studenti di falegnameria in Patagonia e nel laboratorio di Milano, utilizzando solo legname da alberi caduti in Patagonia. I flaconi in cristallo con incisioni sono riciclabili, la carta impiegata è senza acidi certificata FSC e l'inchiostro a base di soia. Una mappa della Patagonia, stampata su carta pergamena, completa il pack definendolo in eleganza e accuratezza di ogni dettaglio
Ogni fragranza Fueguia1833 è realizzata con i migliori ingredienti naturali e selezionate essenze pregiate disponibili nel corso del processo produttivo in una serie limitata a 400 flaconi per lotto. Undici le collezioni proposte: Alquimia, Antropología , Aquilaria, Armonías, Destinos, Fábula Fauna, Linneo, Literatura, Muskara, Personajes e El Mundo de los Ouds per oltre cento creazioni complessivamente.
Nella selezione Home Collection la linea di profumi Aguas for Textile, Candele e Personal Perfume Diffuser.
©thebeautycove  
@igbeautycove
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giodibella · 2 years
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Diretta Instagram DIRETTA CON GIOACCHINO DI BELLA -TEMPORARY POST- Finalmente venerdì 16 settembre si ritorna in diretta con il bravissimo poeta @gioacchinodibella che ci parlerà del suo libro "Tracce di me ad Occidente" poesie dal 1981 al 2021 edito @portoseguroeditore 🖋️ Mi raccomando, se siete appassionati di poesia e di #sicilia sarà la serata giusta per voi! 📣 Come si dice... Passa parola! Non mancate! Gioacchino Di Bella [#abimedelivres #bookstagram #bookcrossing #poesia #amore #pensieri #intervista #scrivere #scrittoriemergenti #poesiaitaliana #citazioni #domande #inedito #libro #book #sicily #reed ] #gioacchinodibellaautore #gioacchinodibella #nemoprophetainpatriagdb #portoseguroeditore #rosabiancaedizioni #bookbloggeritalia #blogger #bloggersofinstagram #bloggerlifestyle #traccedimeaoccidente #liuilgattocheruggiva (at Salemi San Ciro) https://www.instagram.com/p/CigGJ0TMx6U/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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myborderland · 5 years
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La poesia, cioè l’arte di cantare la bellezza e il terrore di essere al mondo, parteggia per la ricerca di nuovi modi di percepire noi stessi e gli altri. L’amore per essere nuovamente vivo deve portare dentro l’infimo e l’immenso, non può stazionare nelle righe dell’uomo intermedio. Dobbiamo riprendere a oscillare verso gli estremi, l’amore è grande umiltà e grande arroganza, vogliamo acciuffare in un abbraccio non tanto un corpo, ma la salute che dio perde strada facendo e che noi dobbiamo trovare per dare un senso alle nostre giornate.
L’amore è la religione che ha per altare i nostri corpi, è il nostro contributo alla festa di essere al mondo.
L’amore è l’unico modo per uscire dalla galera dell’attualità. Se non amiamo non solo restiamo reclusi, ma contribuiamo ad alzare i muri della nostra galera. In amore non bisogna mai aspettare le mosse degli altri. Dobbiamo fare tutto noi e dobbiamo farlo subito.
Io non so che cosa sia l’amore. So cosa sono le intimità provvisorie. Non pensate a godimenti fuggitivi, non pensate alle divagazioni non matrimoniali. Credo che solo una visione vecchia di noi stessi e degli altri ci possa ancora far pensare all’amore come a una cosa che prima non c’è e poi compare e poi finisce. A me sembra che ci sono parti di noi che in un certo senso sono sempre in amore e altre che sono sempre in fuga o sepolte e irreperibili. L’amore si svolge dentro i confini di una cultura e di una religione che temono il giacimento mitico e poetico a cui ci fa attingere ogni incontro bello. E amare non è altro che incontrare e farsi incontrare. Poi può essere per un’ora o per mezzo secolo, poco importa.
È tempo di riscrivere l’alfabeto sentimentale. Non siamo fatti per essere in coppia, non siamo fatti per tradire e neppure per essere fedeli. Semplicemente non siamo fatti una volta per sempre. L’amore costruisce il dio che ci guida, non è già pronto, non è una forma in cui entrare e poi magari stare tutto il tempo a pensare come uscirne. L’amore è una dimensione intimamente locale, si svolge sempre in un luogo ed è sempre inedito ogni suo gesto. Bisogna lasciar correre tutta la vita dove vuole, seguire solo il volo imprevedibile dell’amore.
“Manifesto delle intimità provvisorie” è tratto dall’ultimo libro di Franco Arminio, L’infinito senza farci caso, in uscita in questi giorni presso Bompiani.
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raffreeflyart · 4 years
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Recensione Aculei spilli
Critica del prof. Luciano Domenighini Rivendica in qualche modo il potere sconfinato della parola la recente opera poetica di Raffaella Amoruso,Aculei Spilli, il cui titolo, iterando due sostantivi pungenti, vulneranti, bene prelude al suo carattere e ai suoi intenti.La silloge, la cui impaginazione prevede una pagina di pausa e di “rispetto”, senza testo e numerata, prima di ciascuna composizione poetica, accorgimento questo non privo di una sua valenza espressiva, è formata da una cinquantina di liriche monostrofiche senza titolo (in genere dalla terzina alla sestina) composte da versi brevi ( solitamente dal ternario al settenario) che colgono e traducono l’essenza di un momento di vita, una sensazione, una percezione, un moto emotivo, un pensiero, uno stato d’animo, una suggestione, declinandoli, in un’eterogenea varietà stilistica, lungo molteplici registri in una lucida rappresentazione della realtà, umorale e disadorna, sull’ala di un empito sdegnoso e risentito, intriso di amarezza, che tutto ridimensiona a resto frammentato, a peso residuale.Un realismo pluriforme e politonale venato dal disagio di un periodo di “spleen” e di disillusione.Sorprende rinvenire questo clima poetico in Raffaella Amoruso, in altre opere conosciuta per il lirismo semplice e sorgivo, confidente e solare.Così ci s’imbatte in invettive veementi o a composizioni di taglio epigrammatico quando non epigrafico, alternate ad altre visionarie oppure sentenziose e oracolari quando non apocalittiche, ad altre meditative e “filosofiche”, ad altre di erotica fisicità, ad altre ancora elegiache e commosse, non disdegnando di tanto in tanto placanti aperture liriche di idilliaca descrittività.La lingua e lo stile sono, come detto, alquanto alterni:a volte rifiniti e ricercati ma, a tratti, di gusto granguignolesco, diretti, espliciti fino ad apparire brutali e truculenti.Ma é proprio l’insieme di questa varietà contenutistico-formale la cifra e, tutto sommato, la risorsa maggiore della raccolta poetica.Nella sua genesi rapida e bruciante, spontanea ed estemporanea, nell’ampia varietà dei temi e delle modulazioni che la informano, nella spregiudicatezza talora ruvida dei toni, nell’incoercibile urgenza liberatoria che la governa e la sospinge, Aculei Spilli, questa rapsodia intimistica e corrucciata, pur nella sua alternanza stilistica e nella discontinuità formale, si propone come un’opera poetica dirompente e conturbante ma, prima d’ogni altra cosa, profondamente vera. Luciano Domenighini Critica di Lorenzo Spurio Inoltrandosi nella lettura del libro si scopre un mondo per lo più inedito anche a chi, come me, legge numerose sillogi poetiche a settimana poiché Raffaella Amoruso con uno stile sicuramente innovativo e riuscito, ci trasmette una serie di sue “vedute” su alcune realtà (di interesse privato o sociale) o piccoli episodi con un linguaggio che rifiuta espressamente orpelli affabulatori, la retorica e la costruzione barocca o per lo meno “romantica” dei testi. Al contrario, il contenuto linguistico impiegato dalla Nostra è molto ampio dal punto di vista lessicale e rimanda principalmente a un’attenzione meticolosa nei confronti delle aggettivazioni (correlazioni soggetto-aggettivo) che ne denotano con una particolarità –a tratti addirittura spasmodica- l’intera poetica. Le poesie si offrono al lettore come lamine di un qualche materiale che si sfalda perché sottoposto a un peso eccessivo, sono tutte per lo più brevi e costituite da un’unica strofa; in linea con l’entusiasmo nei confronti del mondo aggettivale, risulta impoverita la componente verbale proprio perché queste liriche forniscono delle immagini (che vanno denotate, qualificate) e che non necessitano, invece, di una narrazione step-by-step.Raffaella Amoruso non descrive né narra (per questo credo che si avvalga del racconto) e la sua poesia fornisce immagini molto chiare, che si stendono sulla tela in modo molto pratico, immagini che portano con loro un universo concettuale (a volte anche esistenziale) definito, tanto da apparire come impressionanti prove artistiche dall’incommensurabile talento pittorico. A livello semantico si osserva una ricorrenza a tematiche e immagini che si avvicinano al mondo dello splatter, se non del macabro, con riferimenti ricorrenti ad uccisioni, sangue e quant’altro.Le tematiche che qua e là affiorano sono molteplici e generalmente non completamente unite tra loro, a ulteriore testimonianza di come il momento di ispirazione e il conseguente atto creativo siano frutto di un istante, di una suggestione, di un’associazione di idee, di un profumo o di un colore, elementi che la Nostra è in grado di cogliere in maniera molto attenta per poi giungere ad ampliarne i significati. Si accenna alla libertà, all’importanza di saper(si) riconoscere la propria femminilità, ma anche di sentimenti meno edenici e più aggressivi come quando si fa riferimento a una situazione di acredine (Sfogherò l’odio/ Giurando vendetta., 23) o si contrappone la violenza delle fauci alla spensieratezza del cuore nella lirica che viene introdotta da un verso lapidario e concretamente vero: “Non c’è saggezza/ Dove il dolore è padrone”, 25).Sfogliando le varie pagine, la Nostra ci dona micro-cosmi diversi dove domina a volte la sincerità e la necessità di confessarsi, altre volte la rabbia, altre ancora la spregevole situazione del mondo. Quest’ultime non assurgono alla forza vera e propria delle poesie civili anche se ne condividono il punto di partenza: una riflessione amara sui tempi che corrono e la necessità della poesia di occuparsi anche di ciò che accade fuori dal nostro cervello e dal nostro cuore. Nelle categorie logiche che descrivono questa attualità del presente si sottolineano i punti di sutura di quel mondo dove domina l’ipocrisia o la falsa convinzione nelle idee assieme a un “menefreghismo opprimente” (27).La consapevolezza di vivere in un mondo che non va esattamente come ci si augurerebbe (la Nostra non fa riferimenti diretti alla politica, né alla società né a particolari realtà nello specifico) è chiarificata dalla Nostra da quella sciaguratezza e insieme pazzia dell’essere umano, metaforizzata ancor meglio in quegli “aculei spilli” del titolo, sintomo di un male minuto, non visto, ma che produce lentamente un senso di tormento e di dissanguamento, inteso come perdita delle energie e della lucidità.Molti termini impiegati dalla Nostra richiamano un mondo di dolore e di angoscia (bestia, satanico, perversità, putredine, sangue, pozza di sangue, tenebre, disordine, l’acqua torbida, spirito del male, …)  che si fondono a una vena poetica che nutre un certo gusto per il truculento e per la vivisezione delle vicissitudini. Ecco perché anche una stagione florida e piacevole come la primavera viene avvilita e stuprata da un linguaggio duro per intuire una partizione della stagione in “uno squarcio di primavera” (61) quasi che quello squarcio fosse una ferita aperta dalla quale sgorga sangue o, per ritornare al mondo della pittura materica, un taglio concettuale alla Fontana. Se è vero che non è possibile individuare un filo rosso alle varie poesie, di rosso c’è senz’altro molto: le varie gradazioni del colore che vediamo in copertina e il tanto sangue che scorre tra i versi, in un certo senso legittimato da una lirica di vendetta: “Sangue si paga con sangue” (71).Il contemporaneo conduce una vita che tra rituali (che sono degli automatismi) e lo svilimento del lavoro (la durezza del lavoro per chi ce l’ha, la nera disperazione per chi non lo trova) che ne minano lo stato di salute rendendolo con un’ “anima alienata” (53), priva di un reale progetto, di una destinazione, di una finalità perché soggiogato da tempi beffardi dove l’ipocrisia sembra ammorbare ogni ambito (“[l’]irreale imbroglio”, 53). Ma non tutto è perduto; anche se la speranza sembra in un certo senso bandita dalle liriche qui contenute, da quel carico di truculento che descrive la parabola del sangue è anche vero che la poetessa non si rinchiude in un pessimismo che degraderebbe l’anima, rimanendo, invece, una profeta dei tempi presenti e una conoscitrice dell’animo umano dove anche nelle più gravi situazioni sociali  gli “inganni [possano] svela[rsi]” (93) per affidare al cittadino ligio al bene e solidale, una più approfondita comprensione del mondo e dei suoi meccanismi. Lorenzo Spurio
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marcogiovenale · 6 months
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premio nazionale di poesia Elio Pagliarani: sintesi del bando della nona edizione
L’Associazione letteraria Premio Nazionale Elio Pagliarani – Centro Studi e biblioteca sulla poesia contemporanea (https://associazioneletterariapremioeliopagliarani.it – https://premionazionaleeliopagliarani.it) ha indetto la IX edizione del PREMIO NAZIONALE ELIO PAGLIARANI presieduto da Cetta Petrollo Pagliarani Il Premio ha lo scopo di promuovere e valorizzare, nello spirito sperimentale di…
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carmy77 · 2 years
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Classifica vincitori del Premio di Narrativa, Teatro e Poesia
“Il buon riso fa buon sangue” 4^ Edizione
 Sez A) Narrativa o Teatro a tema comico
 1)  “Quella rompipalle in carrozzina. Zibaldone di episodi tragicomici” romanzo edito di Elvira Trap (Genova – GE)
2) “Vacanze, che passione! e altri racconti” libro di racconti edito di Mario Trapletti (Roma – RM)
3) “Ti l’Ovvio (ovvie e meno ovvie considerazioni)” libro di racconti edito di Rossella Longo (Noicattaro – BA)
4) “Il Maracchioni vuole un testo” commedia brillante inedita di Maria Giulia Magrini (Roma – RM)
Menzione Speciale a:
“Una quarantena forzata” commedia brillante inedita di Marco Ciaramella (Pontedera – PI)
 Sez B) Poesia a tema comico
 1) “ ‘O munno a’ verità” poesia in dialetto napoletano con traduzione in italiano di Francesco Lastaria (Solofra – AV)
2) “Famo du’ conti...” poesia in romanesco con traduzione in italiano di Fabio Tinalli (Olevano Romano – RM)
3) “Il Signore dei fornelli” poesia di Francesco Petrucci (Verona – VR)
4) “Pinocchio” poesia di Gianluca Repossi (Milano – MI)
Menzione Speciale a:
“ Effetti dopo un bicchiere di vino” poesia di Maurizio Laugelli (Girifalco – CZ)
“Un vampiro dal...dentista!” poesia di Alessandro Porri (Roma – RM)
Diploma d’onore a:
“Il rap del mal di testa” poesia di Mario Trapletti (Roma – RM)
  Sez C) Poesia a tema libero
 1) “Scarpe rosse numero ventiquattro (memoria di un bambino morto a Buchenwald)” poesia di Stefano Baldinu (San Pietro in Casale – Bo)
2) “Solitudine ribelle” raccolta poetica inedita di Roberta Matassa (Bari – BA)
3) “ ‘E criature” poesia in dialetto napoletano con traduzione in italiano di Michele La Montagna (Acerra – NA)
4) “Fu l’incertezza” poesia di Daniele Ambrosini (Cecina – LI)
Premio per Alti Meriti Culturali  a:
“Luna” poesia di Laura Marcucci (Roma – RM)
Menzione speciale a:
“Martina” poesia in dialetto calabrese con traduzione in italiano di Saverio Macrì (Bovalino – RC)
“Andromeda” poesia di Rosa Almanno (Orta di Atella – CE)
Premio assegnato per Merito dal Presidente di Giuria ad Autore Emergente a:
Barbara Wioletta Baka, poetessa, per la sua raccolta di liriche inedite in fase di lavorazione (Carapelle – FG).
  Premi Speciali
 1) Premio Assoluto alla Carriera al dott. Andrea Santaniello (Mercogliano – AV), autore delle poesie a tema libero “Amor di madre” e “Rosse d’amore”
2) Premio Speciale della Critica all’autore Angelo Dario Garziano (Mazzarino – CL) per il racconto a tema comico “Generale d’Armata Tarzan”
3) Premio Speciale per Alti Meriti Culturali Fuori Concorso a Carmelina Petullà (Lamezia Terme – CZ) per il suo eccellente operato culturale ed in particolare per la poesia “Il miracolo della Vita”
 Sez D) Narrativa o Teatro a tema libero
 1)“Soliloquio della mia morte” monologo inedito di Roberto Collari (Lanusei – NU)
2)“Diversamente uguali” testo teatrale inedito di Rodolfo Andrei (Roma – RM)
3) “Quinta elementare - Sezione B” racconto inedito di Maria Rosaria Esposito (Genova – GE)
4) “Mala Jin. Tulipani nel cemento” romanzo edito di Anna D’Auria (Gragnano – NA)
Diploma d’onore a:
“Nessun gineceo si addice a quelle quattro. Canto muliebre per quattro voci ed un poeta (La metà del mondo può salvare ancora l’altra?)” commedia brillante di Giuseppe Raineri (Bergamo - BG)
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carmelagabriele · 7 months
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L' Associazione culturale e teatrale “Luce dell'Arte” ETS di Roma indice ed organizza il Premio di Poesia, Narrativa, Teatro e Pittura "Luce dell'Arte" 6^ Edizione. Il premio, aperto ad Autori adulti con limite d’età minimo 18 anni e massimo nessuno, è diviso in 4 sezioni:
Sezione A) Poesia e/o Videopoesia: poesia e/o videopoesia a tema libero edita o inedita in lingua italiana o straniera o in vernacolo, con inclusa traduzione, senza limiti di lunghezza, riservata a tutti i poeti di nazionalità italiana o poeti stranieri di età adulta. Sono ammessi anche libri editi di poesia ed e-book. Per chi avesse creato videopoesia, può inviarla, ricordando di allegare file della poesia, oltre al video.
Sezione B) Narrativa: racconto, libro di racconti, saggio o romanzo a tema libero, inedito o edito in lingua italiana, anche tradotto da lingua straniera, riservata a tutti gli scrittori di nazionalità italiana e scrittori stranieri. Sono ammessi anche e-book. Generi letterari a partire da quello giallo, noir, horror, di fantascienza, storico, romantico, di attualità, avventura, fantasy, introspettivo - psicologico, fino a quello epico, comico/umoristico, allegorico e didattico - scientifico.
Sezione C) Teatro: monologo, corto, commedia o tragedia e sceneggiatura a tema libero in lingua italiana o straniera o in vernacolo, con inclusa traduzione; sezione aperta a scrittori, attori, registi e sceneggiatori. I testi possono essere editi o inediti. Sono ammessi anche libri con vari testi teatrali ed e-book.
Sezione D) Pittura e/o Fotografia con annesso Pensiero poetico o Racconto breve: opera d’arte fatta con qualsiasi tecnica (olio, acquerello, china, etc.) e/o fotografia, della quale inviare due riproduzioni a colori del formato cm 13x18, indicando per la Pittura tecnica adoperata e misura effettiva della stessa, insieme ad un pensiero poetico o racconto breve che ne esplichi il senso più profondo. Fondamentale dichiarare che l’opera è frutto del proprio ingegno, presentandola nel formato originale alla premiazione. Il testo annesso ad essa va scritto su un foglio formato A 4, che presenti come titolo lo stesso dell’opera d’arte figurativa.
Scadenza bando il 15 Maggio 2024. Per bando completo e scheda di adesione andare sul sito www.lucedellarte.altervista.org alla sezione "Premi". E-mail: [email protected] Tel 348 1184968 Quota base di partecipazione 10 euro per una sezione.
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micro961 · 1 year
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“Carovane” - Poesie di HELLE
La pubblicazione del libro è stata accompagnata dall’uscita del brano “Oggi è già ieri, il domani è eterno”
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Una poesia cantata, che lacera il sentimento e riveste la realtà. In libreria e sui principali e-store. Le poesie di Helle – fuori dal disincanto, ma mai con distacco – poggiano sulla forza della parola e su immagini che si prestano alla metafora e all'allegoria, rivelando una scrittura consapevole, complessa come la realtà che descrive. Musicista e cantautrice, con forte personalità e profonda soggettività, Helle impone con chiarezza i propri versi nell'orizzonte della poesia contemporanea, fuori dai facili sentimentalismi e saldamente ancorata alla materialità dell'esistenza. Il brano che accompagna l’uscita del libro è una canzone che parla della necessità di scegliere la buona azione, invece di lasciarsi guidare da istinti più bui e maligni.
 «Inizialmente “Oggi è già ieri, il domani è eterno” doveva essere una delle poesie raccolte nel libro, ma rileggendola mi sono resa conto che la carta stampata non era la sua naturale destinazione. Quelle parole dovevano diventare una canzone e così ho lavorato alla musica». Helle
 Lisa Brunetti, in arte Helle, nasce a Bologna nel giugno 1994. Comincia a scrivere poesie ad undici anni, a suonare la chitarra dall’adolescenza. Ha lavorato per quattro anni in Fonoprint, dove ha avuto l’opportunità di conoscere e collaborare con Bruno Mariani. Negli stessi anni ha suonato con Ricky Portera. Nel 2016 partecipa ad Area Sanremo arrivando fra i 70 finalisti del concorso. Dopo la pubblicazione di vari singoli in inglese e in italiano, arriva per Helle il momento di intraprendere una nuova fase della sua carriera artistica. Il 19 maggio 2020 esce in radio il singolo “Tra le strade della mia città”, il 27 novembre 2020 arriva il nuovo singolo “Al Pacino”, entrambi prodotti, suonati e arrangiati dalla stessa Helle. Seguono questa uscita i brani “Carovane” e “Rispetto”. Il 25 giugno 2021 pubblica l’album “Disonore”, disco electro pop che caratterizza il nuovo corso artistico e professionale di Helle, cantautrice e producer bolognese, che a poche settimane dall’uscita (giugno 2021) ha vinto il PREMIO SPECIALE assegnato dal MEI «Per aver affrontato con sonorità spiccatamente elettro-indie e liriche dal forte peso sociale, il tema della Libertà attraverso l’analisi delle sfumature dell’animo umano, soprattutto quello femminile». Successivamente pubblica “2, 107”, brano con il quale vince il PREMIO LUNEZIA NUOVE PROPOSTE NEW MOOD «Per aver offerto nel brano 2, 107 una visione delicata e cruda con tappeti sonori moderni e sperimentali sulla morale delle donne». Proprio di recente poi ha vinto il PREMIO DELLA CRITICA all’interno della rassegna del Premio InediTo 2022 per la sezione “Testo canzone” ed è stata finalista del Premio Bindi 2022. “Tu mi volevi bene”, “Chimere” e "Tom" sono gli ultimi singoli estratti dal disco d'esordio. Esce il 13 gennaio 2023, in versione cartacea ed ebook, il libro di poesie di Helle "Carovane" (ZONA Contemporanea, 2023), in contemporanea con l'uscita del singolo “Oggi è già ieri, il domani è eterno” realizzato e prodotto dalla stessa autrice.
Editrice ZONA
Etichetta: Volume!
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pangeanews · 5 years
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“Viviamo un nuovo totalitarismo, viviamo da morti viventi, ma Dante ci può salvare”: dialogo con Gianni Vacchelli
Un dettaglio mi sembra decisivo. Lo estraggo dall’ultimo saggio di questo ciclo, La poesia profetica e critica di Dante. Quella parola è importante. Profetica. Il grande poeta è sempre profeta, cioè uno che pone una parola che gli è avanti (pro), che lo supera, che è destinata ai futuri – non ho detto: che divina il futuro; e non ho neanche detto che viene dalla divinità. I grandi libri, intendo – e intendo quelli di cui tutti dobbiamo fare esperienza, dalla Bibbia a Esilio di Saint-John Perse, dalle poesie di Leopardi alle tragedie di Eschilo ai romanzi di Dostoevskij a L’età dell’ansia di Wystan H. Auden – hanno sempre un calibro profetico, sono l’avanzo di ciò che altrimenti muta, il resto di ciò che si disintegra. Posseggono, perciò, una attualità infuocata, perché sono atto in moto e immutato. Allora, mi viene da dire, Vacchelli, già autore di studi pieni di splendore (ricordo sempre Dagli abissi oscuri alla mirabile visione, 2008), che in Dante e la selva oscura (Lemma Press, 2018) usa la Commedia come zattera e come spada, legge nell’unico modo possibile, senza le alchimie dell’accademico – pur con stuolo di bibliografia e accuratezza di note –, gettando le terzine di Dante nella rogna, nella Caina della Storia, nelle fauci dell’oggi. Leggendo l’interpretazione audace – ma così precisa – di Vacchelli scopriamo che gli ignavi siamo noi, perché “la totalità psicopolitica ci aliena da noi stessi, dal mondo, dal mistero… ci fa ‘morti viventi’, spettatori passivi e dipendenti del cyber-capitale”, e che gli assoluti assoli di Dante ci difendono dall’assalto capitalista che ci vuole divoratori di merci e a nostra volta divorati, in una specie di terribile cannibalismo digitale e sostanziale. Brandire Dante contro le storture dell’era, adottarlo come percorso di resurrezione, di risalita, mi pare magnifico. Perciò, ho contattato Vacchelli. (d.b.)
Mi pare che lei usi Dante per entrare nella rogna del tempo presente, scassandolo, scassinandolo. Ma non certo con un tono da manuale dantesco per vivere felici, ecco. Mi dica dunque, dell’oggi, cosa ci dice Dante. 
Sembra paradossale, ma Dante ci dice molto sull’oggi. Dante “vede” molto e in profondità. Vede la nostra indifferenza, la nostra ignavia: mentre il pianeta va in pezzi, predato, mentre le disuguaglianze crescono sempre più a vantaggio di pochissimi e a danno dei più, noi invece “dormiamo”, spettatori assuefatti e rassegnati. Siamo i nuovi ignavi, «questi sciaurati, che mai non fur vivi» (If III,64). Dante “mette all’inferno”, cioè giudica con criteri etici, umani, spirituali il “regno della lupa”, fin dal I canto dell’Inferno. La lupa è la cupiditas, l’avidità, l’accumulo. Il capitale, potremmo dire anche. La follia di un mondo che ha mercificato e quantificato tutto, al laccio dell’idolo denaro e dell’algoritmo imperante. Ma Dante ci ricorda che questa è la “versione infernale” dell’uomo. L’uomo è anche trasformazione (Purgatorio) e compimento (Paradiso). L’uomo può risvegliarsi alle profondità di se stesso, del mondo e dell’altro – come fratello e sorella – e all’inquantificabile, che è il divino. Dante ci chiama al risveglio. Il «mi ritrovai» del v. 2 della Commedia è appunto anche un ritrovamento, e non solo psicologico, ma spirituale e mistico.
Lei ci conduce, fin dal titolo del libro, nella ‘selva oscura’. Che ha analogia con la ‘notte oscura’ dell’anima, da cui l’anima trae vigore, dopo il timore. Oscurità come luogo dove fare luce. Ci spieghi meglio. 
Faccio una premessa. La selva oscura è un’immagine infinita, archetipica, che viene da zone della realtà più profonde di quelle di una “semplice fantasia”. L’immaginazione di Dante è creatrice, ed è anche una facoltà spirituale. Abbiamo perso cognizione di queste realtà, che sono ben vive e reali (!) invece per gli antichi, per i medievali, per i mistici d’Occidente e d’Oriente. Ma anche Vico e Leopardi, pur se in modi anche molto diversi, comprendevano bene tutto ciò. Allora la selva oscura da una parte dice negatività, male, peccato, angoscia, disorientamento, ma dall’altra è, come lei diceva, una «notte oscura», che fa rima con «ventura», per dirla con Giovanni della Croce, l’auctoritas in materia. Anche Dante è molto esplicito in merito, se lo leggiamo solo con attenzione. La selva «tant’è amara che poco è più morte; / ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte (If I,7-9). Chiarissimo quindi: la selva è terribile, mortale, ma è anche altra dimensione, nube oscura, crescita e ulteriorità divino-umana. Il testo più importante per Dante, la Bibbia, conosce bene questa misteriosa realtà. Citiamo, tra i molti luoghi possibili, Deuteronomio 5,22: «Sul monte il Signore disse, con voce possente, queste parole a tutta la vostra assemblea, in mezzo al fuoco, alla nube e all’oscurità». Mi verrebbe quasi da dire: non intratur in veritatem, nisi per obscuritatem. Nel nostro mondo di effetti speciali, di continui abbagli, di veglie troppo luminose, di “realtà aumentate”, abbiamo dimenticato la potenza benefica, anche se ardua, delle notti oscure dell’anima, della mente, del corpo, del silenzio.
“Mai Dante avrebbe potuto pensare ad Auschwitz, ma noi, rileggendolo da Auschwitz, qualcosa possiamo intravedervi”. Una frase potente, come se la Commedia vada letta anche per il suo carattere profetico. È così? Cosa intende con quella frase? 
Intendo che quando un uomo entra nella profondità di se stesso e soprattutto della realtà tutta, come Dante fece senz’altro, gli si schiudono, anche per grazia, possibilità infinite. Dante è un «uomo rappresentativo», per dirla con Emerson, che ci ricorda quello che possiamo e dobbiamo essere. Lo sguardo profetico non è una preveggenza, ma una dimensione, ancora una volta, di straordinaria intensità. Dante non è un indovino – quelli stanno all’Inferno – non è un “Nostradamus”, ma conosce gli abissi del cuore umano. Ecco allora che il cannibalismo di Ugolino, gli uomini congelati e “resi pezzi” nella morsa ghiacciata del Cocito, la furia fredda e accesa dell’odio e di una ragione fraudolenta e perversa generano le immagini finali, “luciferine” degli ultimi canti della Commedia. Non è ancora Auschwitz, ma noi, che rileggiamo Dante dopo Auschwitz, Hiroshima e Nagasaki, non possiamo non rabbrividire e non tremare di fronte a quei versi. Il tempo “si cortocircuita”. Dante “cresce con chi lo legge”, per parafrasare Gregorio Magno che diceva Scriptura crescit cum legentibus. Cresce Dante e soprattutto cresciamo noi, in visione, in consapevolezza. E in amore, se comprendiamo bene che questo è l’inferno e che l’uomo non è solo e tanto l’inferno.
Torno alla selva. La selva, scrive, oggi, “è quella di un nichilismo economicistico e crematistico, onnipervasivo, bio/psicopolitico, necrofilo. Ancora più radicalmente potremmo dire che ci troviamo a vivere un nuovo totalitarismo, il terzo del XX secolo e l’unico sopravvissuto nel XXI”. Altra frase perturbante. Che cosa intende?
Torniamo alla versione “mortifera” della selva. Solo che quella di Dante era una selva 1.0; la nostra è 2.0. La questione è complessa. Nel libro argomento meglio. Qui posso solo accennare. Il contesto odierno è una “totalità” che ci imprigiona e ci mostra solo se stessa, in un delirio di mercificazione spettacolarizzata, dove sette cerchi “infernali” concentrici e interconnessi – finanz-crazia, tecnocrazia, burocrazia, massmedio-crazia, geopolitica (o realgeopolitik), potere militare e potere nichilistico (inteso soprattutto come rassegnazione-amnesia, perdita di senso e di un “oltre”, comunque esso sia inteso) –, spadroneggiano, impossessandosi di noi e della vita. La totalità è più che mai totalitaria. Ma in modo nuovo e inedito. Procede per saturazione, per colonizzazione bio-psicopolitica, ci tiene servi in primis grazie alla nostra complicità. La nostra anima, i nostri neuroni sono conquistati e sfiniti o in una indotta rassegnazione depressiva, o in attivismo alienante: in qualunque caso, depressi o iperattivi/ipereccitati, si è come anestetizzati. Nella sua versione più subdola e di contagio animico e interiore, il sistema oggi si impadronisce in modo falso e invertito delle parole della vita: realizzati, sii te stesso, sii libero, sii democratico. Invero si fa solo più fitta la prigionia che invita all’autosfruttamento e alla capitalizzazione-quantificazione della vita, come se vivere la vita fosse l’oscena calculation of life proposta. Dimentichiamo in modo insano che l’ossessione quantificante ed efficientista ha fatto parlare più interpreti di «ritorno di Auschwitz» (Danilo Dolci, Franz Hinkelammert) e di «effetto Treblinka» (James Hillman). Ecco insomma il terzo totalitarismo – dopo quello nazista e stalinista – da smascherare e sconfiggere, dentro e fuori di noi. Potrei dire, semplificando, totalitarismo capitalista, neoliberista, ma, forse meglio, nichilista.
Infine, un Dante ci può salvare? 
Magnifica suggestione, la sua! Sì, “un Dante ci può salvare”, perché il Poeta ci ricorda la dignità e la possibilità infinite dell’uomo. Il suo viaggio sprofonda negli abissi, per risalire sul monte della trasformazione ed arrivare ad un incontro con se stesso, con il cosmo, con gli altri uomini e con il mistero divino. L’uomo per Dante è anche capax Dei, «capace di Dio», vaso del divino. In questo senso il Poeta sembra continuamente dirci: non vedi com’è misera e sottodimensionata la tua versione infernale? Perché non ti risvegli alla tua reale natura? Perché non scendi in profondità e in trascendimento dentro di te, dentro la materia, la natura e in quel mistero indicibile che sta in nessun luogo e ovunque?
*In copertina: William Bouguereau, “Dante e Virgilio nell’Inferno”, 1850
L'articolo “Viviamo un nuovo totalitarismo, viviamo da morti viventi, ma Dante ci può salvare”: dialogo con Gianni Vacchelli proviene da Pangea.
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