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#laggiù qualcuno mi ama
chez-mimich · 1 year
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LAGGIU’ QUALCUNO MI AMA_MARIO MARTONE
Non so se Mario Martone scegliendo il titolo del film-documentario dedicato a Massimo Troisi, abbia voluto schermirsi, ma quel che è certo è che Massimo Troisi è ancora, a tuttotondo, nel cuore di molti, forse di tutti. In realtà Troisi non appartiene a tutti, appartiene ai figli di un’epoca precisa della nostra storia e, se posso permettermi, appartiene ad un certo mondo politico e culturale. Solo a fatica e, forzatamente, possiamo dire che appartenga a tutti. Troisi non è patrimonio di tutti e in quest’epoca di facili ecumenismi, Martone lo ha voluto sottolineare nel taglio dato al suo magnifico film-documentario, nei prossimi giorni nelle sale. Massimo Troisi non appartiene, prima di tutto , alla cultura di destra, ammesso che esista o sia mai esistita una cultura di destra. Troisi è stato un militante della sinistra, lo è stato da uomo e lo è stato da regista, tanto da non accettare la censura preventiva che la Rai gli aveva imposto prima di un suo intervento al Festival di Sanremo, rinunciando alla partecipazione. Ma Troisi non è ascrivibile, forse proprio perché militante di sinistra, alla pletora di artisti, o pseudo tali, che la retorica italiana arruola nelle fila degli amanti della “napoletanità”, quella più stucchevole e ipocrita. Per fortuna Napoli ha, e ha avuto, grandi intellettuali e grandi artisti, che sanno distinguere ciò che è deteriore per Napoli e tra questi possiamo certo annoverare Mario Martone, Pino Daniele, Paolo Sorrentino, tutti e tre protagonisti, insieme a Troisi del documentario. Martone ripercorre, senza troppi geroglifici intellettuali la carriera di Troisi e lo fa nel miglior modo possibile, quello cioè di non partire da un teorema dimostrato, ma di lasciare che il teorema, o meglio la sua soluzione, si riveli nel finale del film. Ne esce così un ritratto delicato, umano e professionale, del Troisi regista comico e di un suo esistenzialismo a posteriori, condito non dalla insopportabile “napoletanità”, ma da quella sapienza napoletana che è parte importante della cultura italiana; non per nulla, credo, lo stesso Martone in una delle più belle sequenza del film, legge alcune illuminanti pagine di Raffaele La Capria, anch’esso “napoletano non-allineato”. Preziosissime nel racconto filmico le testimonianze di chi con Troisi, ha intrattenuto rapporti umani e intellettuali a cominciare da Anna Pavignano, con la quale, oltre ad aver scritto molti film, ha intessuto una relazione sentimentale, per proseguire con i registi Paolo Sorrentino ed Ettore Scola, il critico Goffredo Fofi, lo sceneggiatore Giuseppe Bertolucci, lo scrittore Francesco Piccolo. Martone racconta e analizza i materiali in compagnia del montatore Jacopo Quadri e l’inizio del film non è lusinghiero e illuminante, per il confronto tra il Troisi regista e personaggio dei film che mette in scena, anche con una certa ritrosia, con il suo scettico e dubitativo alter-ego, e quell’Antoine Doinel che è tutt’uno con gran parte del cinema di un mostro sacro come François Truffaut. Stesse introspezioni (formidabili quelle allo specchio), stessa timidezza, stessa incapacità di vivere il reale e le relazioni interpersonali. Ma se in un mero gioco di rimandi formali i due personaggi si assomigliano, diverso è l’ambiente in cui Troisi-personaggio si trova a vivere ed operare. Ed è proprio qui che è salutare la rottura con il cliché del napoletano, sempre emigrante e mai viaggiatore, come dice una delle più famose battute di “Ricomincio da tre”. Passo passo arrivano tutti gli altri film e la collaborazione con Roberto Benigni nel surreale “Non ci resta che piangere”, per finire con lo struggente “Il postino” del 1994 diretto da Michael Radford e montato da Roberto Perpignani e che, tra l’altro, valse l’Oscar per la miglior colonna sonora a Luis Bacalov. Pochi giorni dopo la fine del film Massimo Troisi morì. Dire però che Troisi lasciò un vuoto incolmabile è dire una banalità, per fortuna (e per bravura), Martine non ne ha fatto un santino partenopeo. Da vedere.
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visionairemagazine · 1 year
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Laggiù qualcuno mi ama. Il documentario di Mario Martone
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Splendido documentario incentrato su Massimo Troisi, che tramite contenuti inediti e una raccolta di testimonianze di colleghi e amici dell'attore racconta il suo genio. Il mito di Massimo Troisi, una figura sempre rimasta viva nell'immaginario del cinema italiano, si rianima nello scorrere delle immagini su quel grande schermo che gli ha dato la gloria, grazie al lavoro di Mario Martone, suo amico e ammiratore, e di Anna Pavignano, compagna di Troisi nella sfera privata e professionale.
In programmazione alla Cineteca Arlecchino di Milano:
Giovedì 23 febbraio ore 14.45, 20.30
Venerdì 24 febbraio ore 19.00, 21.15
Sabato 25 febbraio ore 20.30
Domenica 26 febbraio ore 16.15, 18.30
Martedì 28 febbraio ore 14.45
Mercoledì 1 marzo ore 16.45, 19.00
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double-croche1 · 1 year
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[BERLIN 2023] SÉLECTION
La Berlinale débute ce jeudi et se déroulera jusqu’au dimanche 26 février. Rendez-vous à partir de jeudi sur notre page dédiée pour suivre en direct notre couverture de cette édition ! COMPÉTITION Films datés : 08/03 : ‘Music’ d’Angela Schanelec 12/04 : ‘Suzume’ de Makoto Shinkai 19/04 : ‘Sur l’Adamant’ de Nicolas Philibert 03/05 : ‘Disco Boy’ de Giacomo Abbruzzese 06/09 : ‘Le Ciel Rouge’ de Christian Petzold 06/09 : ‘Le Grand Chariot’ de Phillipe Garrel 11/10 : ‘Mal Viver’ de João Canijo 13/12 : ‘The Survival of Kindness’ de Rolf de Heer 13/12 : ‘Nos vies d’avant’ de Celine Song 14/02/24 : ‘20 000 espèces d’abeilles’ d’Estibaliz Urresola Solaguren Films non datés : ‘Someday We’ll Tell Each Other Everything’ d’Emily Atef ‘Manodrome’ de John Trengove ‘Ingeborg Bachmann – Journey into the Desert’ de Margarethe Von Trotta ‘BlackBerry’ de Matt Johnson ‘Till the End of the Night’ de Christoph Hochhäusler ‘The Shadowless Tower’ de Zhang Lu ‘Limbo’ d’Ivan Sen ‘Art College 1994’ de Liu Jian ‘Tótem’ de Lila Avilés ENCOUNTERS Films datés : 11/10 : ‘Viver Mal’ de João Canijo 17/04/24 : ‘White Plastic Sky’ de Tibor Bánóczki et Sarolta Szabó Films non datés : ‘In Water’ de Hong Sang-soo ‘Orlando, ma biographie politique’ de Paul B. Preciado ‘The Adults’ de Dustin Guy Defa ‘The Echo’ de Tatiana Huezo ‘The Klezmer Project’ de Leandro Koch et Paloma Schachmann ‘Here’ de Bas Devos ‘In the Blind Spot’ d’Ayse Polat ‘The Cage Is Looking for a Bird’ de Malinka Mustaeva ‘Mon pire ennemi’ de Mehran Tamadon ‘Family Time’ de Tia Kuovo ‘The Walls of Bergamo’ de Stefano Savona ‘Samsara’ de Lois Patiño ‘Eastern Front’ de Vitaly Mansky et Yevhen Titarenko ‘Absence’ de Wu Lang PANORAMA Films datés : 28/06 : ‘Passages’ d’Ira Sachs 28/06 : ‘La Sirène’ de Spidah Farsi 05/07 : ‘Au cimetière de la pellicule’ de Thierno Souleymane Diallo 16/08 : ‘La Bête dans la jungle’ de Patric Chiha 23/08 : ‘Reality’ de Tina Satter 20/09 : ‘Silver Haze’ de Sacha Polak (DVD) 18/10 : ‘A l’intérieur’ de Vasilis Katsoupis 25/10 : ‘Sisi & I’ de Frauke Finsterwalder 29/11 : ‘Kokomo City’ de D. Smith Films non datés : ‘Perpetrator’ de Jennifer Reeder ‘Adversaire’ de Milad Alami ‘After’ d’Anthony Lapia ‘All the Colours of the World Are Between Black and White’ de Babatunde Apalowo ‘Al Murhagoon’ d’Amr Gamal ‘Ambush’ de Chhatrapal Ninawe ‘And, Towards Happy Alleys’ de Sreemoyee Singh ‘El Castillo’ de Martin Benchimoi ‘Do You Love Me?’ de Tonia Noyabrova ‘Drifter’ de Hannes Hirsch ‘The Eternal Memory’ de Maite Alberdi ‘Femme’ de Sam H. Freeman et Ng Choon Pin ‘Green Night’ de Han Shuai ‘Hello Darkness’ de Soda Jerk ‘Heroic’ de David Zonana ‘Joan Baez I Am a Noise’ de Karen O’Connor, Miri Navasky et Maeve O’Boyle ‘Matria’ d’Álvaro Gago ‘Property’ de Daniel Bandeira ‘Sages-femmes’ de Léa Fehner ‘Sira’ d’Apolline Traoré ‘Stams’ de Bernhard Braunstein ‘Stille Liv’ de Malene Choi ‘Transfarina’ de Joris Lachaise ‘The Teachers’ de Loungeİlker Çatak ‘Under the Sky of Damascus’ de Heba Khaled, Talal Derki et Ali Wajeeh BERLIN SPECIALS Films datés : 31/03 : ‘Kill Bok-soon’ de Byun Sung-hyun (Netflix) 07/04 : ‘Du tennis à la prison : l’histoire de Boris Becker Pt. 1’ d’Alex Gibney (AppleTV+) 07/06 : ‘Dernière nuit à Milan’ d’Andrea Di Stefano 26/07 : ‘La Main’ de Danny Philippou et Michael Philippou Films non datés : ‘Infinity Pool’ de Brandon Cronenberg ‘Laggiù qualcuno mi ama’ de Mario Martone ‘She Came to Me’ de Rebecca Miller ‘Superpower’ de Sean Penn et Aaron Kaufman ‘Golda’ de Guy Nattiv ‘Kiss the Future’ de Nenad Cicin-Sain ‘Loriots große Trickfilmrevue’ de Peter Geyer et Loriot ‘#Manhole’ de Kazuyoshi Kumakiri ‘Ming On’ de Soi Cheang ‘Seneca’ de Robert Schwentke ‘Sonne und Beton’ de David Wnendt ‘Der vermessene Mensch’ de Lars Kraume A&B
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benissimamente · 1 year
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"Laggiù qualcuno mi ama" al cinema Troisi. Felice d'averne fatto parte.
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A Mario Martone il Nastro dell'Anno - Documentari 2024
Nastro dell’Anno per il Documentario a Mario Martone, grande autore che con curiosità e passione ha firmato nel 2023 il racconto affettuosamente inedito di Laggiù qualcuno mi ama, dedicato a Massimo Troisi, ma anche l’originalità di Un ritratto in movimento. Omaggio a Mimmo Jodice che svela l’arte e la filosofia di un grande fotografo.     “Presentati rispettivamente alla Berlinale e al Torino…
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londranotizie24 · 8 months
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Laggiù qualcuno mi ama, da CinemaItaliaUk una proiezione per Massimo Troisi
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Di Pietro Nigro @ItalyinLDN @ICCIUK @ItalyinUk @inigoinLND Al Riverside Cinema di Londra, il 24 settembre, CinemaItaliaUk propone un tributo a Massimo Troisi con la proiezione del film di Marco Martone Laggiù qualcuno mi ama. Al Riverside Cinema di Londra, la proiezione di Laggiù qualcuno mi ama E' un tributo a Massimo Troisi la proiezione del film di Marco Martone Laggiù qualcuno mi ama (Down There Somebody Loves Me), che CinemaItaliaUk ha organizzato per il prossimo 24 settembre alle 5pm al Riverside Cinema di Londra. La proiezione, a cui assisterà anche l'Ambasciatore d'Italia Inigo Lambertini, permette di esplorare il genio di un attore indimenticabile attraverso un film diretto dal regista Marco Martone, che di Troisi era anche amico, e scritto dalla sceneggiatrice Anna Pavignano, compagna artistica e sentimentale dell'attore. Il film in realtà è una sorta di documentario sviluppato attraverso film, sketches teatrali e interviste nonché audio finora inediti spezzoni audio in cui Troisi parla di se stesso, nonché di testimonianze degli artisti che con lui hanno lavorato, da Ettore Scola a Michael Radford (il regista de Il Postino). Insieme a memorabili scene di film di Troisi e conversazioni con gli artisti che da lui sono stati anche influenzati, anche esponeti del mondo del cinema che di lui hanno scritto, tra cui Francesco Piccolo, Paolo Sorrentino, Ficarra & Picone, Goffredo Fofi, e Anna Pavignano, testimone di prima man mano del suo processo creativo che dà un incalcolabile contributo a questo film. Qui il trailer del film: https://www.youtube.com/watch?v=SDUa-2sS2W8     ... Continua a leggere su www.
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gaiaitaliacom · 1 year
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paoloferrario · 1 year
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LAGGIU' QUALCUNO MI AMA, di Mario Martone, 2022. Film biografico su Massimo Troisi
vai alla trama Laggiù qualcuno mi ama, di Mario Martone https://www.movietele.it/film/laggiu-qualcuno-mi-ama-mario-martone
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lamilanomagazine · 1 year
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70 anni di Massimo Troisi
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70 anni di Massimo Troisi. Avrebbe compiuto 70 anni Massimo Troisi, nato il 19 febbraio del 1953, a San Giorgio a Cremano provincia di Napoli e scomparso prematuramente a soli 41 anni, nel 1994 a causa di una malformazione al cuore. Ma il regista-attore napoletano, grazie alle sue opere rimane eterno; un’eternità percepibile con il suo cinema, quello della normalità, che “aveva la forma della vita” afferma Mario Martone nel suo docu-film dedicato propriamente all’artista partenopeo, intitolato Laggiù qualcuno mi ama, presentato alla Berlinale 2023. Troisi è stato un grandissimo attore, formatosi con La Smorfia, il programma di cabaret, fino agli inizi degli anni ’80 con l’esordio al cinema; con i suoi film, ci ha mostrato semplicemente il sapore della vita, quella dimensione realista dell’arte riconoscibile nella Nouvelle Vague dei registi francesi, come Francois Truffaut. L’autore ha lasciato un bagaglio artistico in cui viene impresso l’intero mondo “troisiano” e tutte le sue relazioni, come quella con l’amore, con le donne, con la politica e con il cinema stesso. Il ricordo di Massimo è deducibile espressamente con gli ultimi istanti della sua esistenza, durante le riprese del capitolo finale della sua carriera e della sua stessa vita, il capolavoro candidato all’Oscar Il postino. Come è ben noto, all’ultimo decise di cambiare la sceneggiatura optando per la morte del protagonista, quasi come una premonizione del destino, ahimè infausto. Ed è proprio così che accadde, “non farò il postino con il cuore di un altro”, tanto da decidere di rinunciare all’operazione cardiaca, pur di concludere “il postino”, e soltanto dopo qualche ora dalla fine delle riprese, Troisi ci lasciò.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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youviralart · 1 year
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kon-igi · 5 years
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LONG WAY HOME - Capitolo Due - Per un pugno di mosche
Capitolo Uno - Il cavaliere Impallidito
Questo è il punto di svolta da cui le cose vanno a farsi vieppiù spiacevoli, a partire in modo particolare dall’ascella.
(Prendete nota: è stato molto ganzo e scaltro essersi evitato due cartuccioni a pallettoni nel pancreas ma come tutti voi sicuramente saprete 14 (7+7) grammi di polvere nera Swiss N°2 detonati in una canna da 18,5 mm sviluppano una temperatura prossimale conduttiva di 3120 Joule e prima che andiate a rispolverare i vostri vecchi tomi di fisica vi dico che equivale a circa tre giorni di bestemmie fitte a suonare il banjo col gomito in alto per dare aria all’ascella ustionata)
♪♫ Mush-a ring dumb-a do dumb-a da Wack fall the daddy-o, wack fall the daddy-o C’è il whiskey nella giara! ♪♫
La tempesta lasciata alle mie spalle, pancake di arenaria rossa che mi cingono i bordi degli occhi, sopra di me un sole cattivo che sembra suggerirmi di provare a togliere il cappello e sotto di me il fedele e possente Re Nero, un pony color panna acida senza una zampa.
♪♫ Mush-a rin… CAZZO! dumb-a do dumb-aAARGH! Wack fall the dadEEEHHHH!!!, wack fall thECCHECCAZZO! C’è il whiskey nella giarAAAHHHHHH!! EH NOOOO, CRISTO!!! ♪♫
Rennie – gli dico spazientito – cerca di sincronizzare il passo monco coi punti morti degli accordi sennò mi fai assomigliare a Jimi Hendrix che cerca di mangiare fried chicken wings da un pollo vivo!
Vaffanculo – controbatte Rennie o perlomeno è quello che credo intenda, in assenza di un buon dizionario cavallese-umano.
E si continua così, col gomito sinistro che punta ben alto verso la stella polare e il graffiare metallico del banjo, che mi accompagna nell’esecuzione della vecchia e famosa ballata di whiskey, donne e tradimenti.
Io stavo cavalcando in mezzo ai monti Kerry Poi vidi il Captain Farrel che contava il suo bottino Puntai la mia pistola, sventolai la sciabolona Gli dissi ‘molla l’osso!’ perché un ladro ruba a un altro.
♪♫ Mush-a ring dumb-a do dumb-a da Wack fall the daddy-o, wack fall the daddy-o C’è il whiskey nella giara! ♪♫
Contai le sue monete, mordendo pure i penny Le misi tutte in sacca e tornai dalla mia Jenny Lei splendida mi bacia e mi dice che mi ama Ma il diavolo la prenda ché le donne sono serpi
♪♫ Mush-a ring dumb-a do dumb-a da Wack fall the daddy-o, wack fall the daddy-o C’è il whiskey nella giara! ♪♫
Andai nella mia stanza per fare un sonnellino Sognai cascate d’oro da donare alla mia donna Ma Jenny la bagascia mi bagnò le munizioni E disse a Captain Farrel di venire a massacrarmi
♪♫ Mush-a ring dumb-a do dumb-a da Wack fall the daddy-o, wack fall the daddy-o C’è il whiskey nella giara! ♪♫
Col sole ancora a nanna, appen prima di svegliarmi sfondaron la mia porta Captain Farrel e i suoi soldati sparai cinque o sei colpi, ché la sciabola non c’era ma con l’acqua nella canna in galera mi gettaron
♪♫ Mush-a ring dumb-a do dumb-a da Wack fall the daddy-o, wack fall the daddy-o C’è il whiskey nella giara! ♪♫
– Ehi! Guarda là, Rennie, più avanti sulla strada! Non ti pare un cartello con uno scontatissimo teschio di vacca appeso a un angolo?! Ti sei mai chiesto perché si vedano un sacco di teschi di vacca in giro ma non il resto dello scheletro? Forse esiste un cimitero delle vacche dove questi animali vanno a morire ghigliottinati e poi qualcuno si prende la briga di appenderne le teste in giro! Eh, Rennie? –
Vaffanculo – un altra volta, anche se voglio pensare di avere capito male e che invece l’idea lo esaltasse.
Mi avvicino al cartello, strizzo gli occhi nella luce del sole che va indebolendosi e leggo ad alta voce il nome
OLD KNEE-WOUNDED ONE-EYED BACK-CROOKED UNDER-WHIZZER  GOLDSEEKER’S DUSTY DAMNED FRENCH GULCH - Popolazione 666 665 abitanti
Continuo a fissare il cartello per cinque minuti buoni, con la strana sensazione inspiegabile che qualcosa non vada per il verso giusto, finché non mi rendo conto che è solo profonda compassione per i residenti dislessici. Poracci!
Entro nella cittadina, il classico stradone costellato di buche fangose e merde di cavallo; sui lati qualcuno ha vomitato un’emorragia di legno marcio che vorrebbe fare il verso a un insieme organizzato di abitazioni e negozi. Lì la bottega del maniscalco (uno a cento che è pelato e picchia sull’incudine guardandoti sempre male), laggiù il falegname-becchino, sicuramente col metro sempre in mano, più avanti l’emporio col proprietario che funge pure da barbiere e cavadenti e infine il saloon, che puzza di sifilide e guai seri anche da questa distanza.
– Credo che chiederò informazioni su dove alloggiare al legale rappresentante dell’ordine costituito, Rennie e mi farò rischiarare la strada dal fulgore della sua Stella di Sceriffo.
Nemmeno il pony sembra avere da obiettare e così mi dirigo alla piccola costruzione in legno, riconoscibile dalle sbarre alle finestre, dalla stella stilizzata in nero e giallo sulla facciata ma soprattutto dal cadavere impiccato all’albero di fronte.
L’odore di scorreggia dopo un avvelenamento da pesce avariato mi dice che il becchino ha terminato il legno già da qualche giorno e la cosa mi stupisce perché conosco l’ipocrita rispetto che questi bigotti forcaioli riservano ai morti. Cerco di non notare il liquame nero che cola dagli occhi e dalle orecchie del morto e passando oltre salgo i gradini di legno del porticato.
Trovo lo sceriffo davanti all’ingresso, stravaccato a gambe incrociate e cappello calato in faccia su una sedia a dondolo che sembra cigolare anche da ferma. Una bottiglia quasi vuota appoggiata a terra, il cui contenuto lo vedrei bene nel laboratorio di un tassidermista, mi suggerisce che per quell’aiuto dovrò essere molto convincente.
Sceriffo? – faccio – Sceriffo?! Mi scusi… sceriffo?! SCERIFFOOO?!?!
E con un urlo improvviso, lo sceriffo semiaccasciato si alza di scatto in piedi e tirandosi bruscamente su la falda del cappello mi fissa con due spiritati occhi azzurri perforanti.
– COME MI HAI CHIAMATO?! –
Sotto quel cappello di cuoio consunto, dentro quei puzzolenti vestiti e davanti a me adesso sta non uno sdrucito e quasi sdentato sceriffo di frontiera ma una donna bellissima, i cui capelli rossi (che avevo scambiato per una sciarpa) scendono sul collo e le incorniciano un viso affilato e decisamente, clamorosamente, indiscutibilmente incazzato nero.
Ehm… mi scusi ma, ecco, l’ho chiamata ‘sceriffo’ – le dico – Dalla stella sul petto oserei scommettere che è proprio quello il suo ruolo.
– Com’è vero che mi chiamo Bechdelia Dykes, io sono una SCERIFFA! Con la lettera A!
– Mi scusi, signora, ma…
– SignorA?! Hai appena presunto il mio genere?!
No, dunque – rispondo stizzito, non appena mi riprendo dal loop psico-ebefrenico – intanto siamo in un brutto esperimento pseudo-letterario ambientato in una cittadina del profondo e selvaggio Ovest degli Stati Uniti e in questa patetica lingua, seppur tanto pubblicizzata da Sir Lanciascossa, il genere dei sostantivi (per non parlare del cazzo di aggettivi!) lo devi sempre estrapolare dal contesto ma se proprio le brucia il gender ho detto ‘sheriff’… ‘SHE-RIFF’… SHE, pronome personale di genere femminile che credo possa soddisfare la sua voglia di essere riconosciuta come mi auguro lei si voglia o non si voglia identificare a suo personale, autodeterministico e insindacabile giudizio!
Mi fermo in attesa dell’applauso del pubblico ma come al solito ricevo solo il vaffanculo di Rennie.
Bechdelia mi sta fissando con uno sguardo che un profondo conoscitore dell’animo umano come il sottoscritto riesce a collocare nella gamma di sentimenti che spaziano dal ‘ti uso per tenere al caldo il manico della mia scopa’ al ‘ti lego per le palle a un mulino a vento in un giorno di tempesta’ e dopo aver inspirato con forza un’oncia d’aria e due di zanzare, comincia a urlare un nome.
– Alison! ALISON! Esci subito, testa quadra! ALISOOOON! E con subito intendo proprio ora adesso all’istante! –
Trambusto all’interno e poi vedo venir fuori a passo frettoloso quella che la stella di latta sul petto qualifica come una vice she-riffo ma che a me pare Biancaneve se i sette nani l’avessero scelta della loro misura.
– Alison, portami subito lo Yellow Boy!
– Ssssss…. iiiiiiiii….. sisisisissssssssss……. siiiiisssssssiiiiiiiiiiiiii…. – si ferma un attimo per spostarsi dalla pozza di sputacchi sul pavimento – ssssiiiiiiisssssiiiiii….. ssssssssssssssssssssss… SISSIGNORA!
– Alison… ti ho detto mille volte di rispondere solo con un cenno della testa. Ora fai quello che ti ho detto.
La sceriffa sembra davvero incazzata, più che altro – intuisco – per il fatto di non essere riuscita a trovare un insulto politicamente corretto per denigrare la mia bellissima borsa blu di Pochacco, che ha occhieggiato a narici dilatate per tutto il tempo, ma ecco finalmente uscire Alison che tira per una catena un ragazzo cinese tutto fasciato da un’attillata tuta di cuoio.
Oh, Santa Zedda Protettrice degli Storpi! – faccio io, divertito – non per fare kinkshaming ma…
Non azzardarti a fiatare! – schiuma la sceriffa rivolta a me – E tu, Alison… CRETIDIOTA! Intendevo IL FUCILE Yellow Boy!
Appena sento il nome capisco che questa volta mi sono spinto un po’ troppo oltre e infatti Alison ritorna con un Winchester ‘Yellow Boy’ Modello 1866 sul cui calcio sono attaccati due pompon viola scarlatto, solo che quando si avvicina mi accorgo con una fitta al basso ventre che non sono esattamente dei pompon.
– Cammina fino al centro della strada e ringrazia che ti do la possibilità di difenderti con le tue pistole, invece di spararti nella schiena come il cane bastardo che sei!
Becky – cerco di prendere tempo – io non ho due pistole… non ne ho nemmeno una! Non saprei che farmene! Ma se mi permetti di prendere una di quelle – e indico una delle padelle appesa fuori dall’emporio – ti prometto che finirà tutto velocissimamente!
La sceriffa non sembra avere nulla da obiettare – in fondo, tecnicamente, non sono disarmato – e perciò mi avvio al centro della strada, bilanciando la padella per danzare passi e ritmi del duello.
Senti, Becky – faccio io, voltandomi verso di lei – contiamo fino a die…
KA-BOOM!
Bechdelia scarrella subito dopo la leva di espulsione del bossolo e ricarica un altro colpo, che tanto sa non essere necessario.
Il fumo e la polvere si diradano quasi subito, mostrandomi a tutti i numerosi e curiosi spettatori del duello in una posizione piuttosto imbarazzante, con una padella ammaccata tenuta davanti ai testicoli e un’espressione di delusione per la sua scelta piuttosto prevedibile.
Ramona – le dico – se vuoi uccidere un uomo devi colpirlo al..
KA-BOOM!
Fumo, polvere e padella doppiamente ammaccata, questa volta appoggiata alla parte sinistra del petto.
Quando vedo che Bechdelia sgrana gli occhi per l’ennesimo colpo deviato e si appresta a scarrellare per la terza volta, solo allora pianto la punta del piede a terra, scalcio nella sua direzione una nuvola di merda di cavallo essiccata e scatto in avanti.
KA-BOOM!
Sdeng!
KA-BOOM!
Sdeng!
KA-BOOM!
Sdeng!
KA-BOOM!
Sdeng!
STUD!
Fumo e polvere si diradano per l’ultima volta, lasciando che lo stanco sole del tramonto bagni di rosso un uomo in piedi e una donna a terra, spezzata dalle sue certezze infrante ma anche da mezzo chilo di ghisa a velocità sostenuta.
– ‘Quando una donna col fucile incontra un uomo con la padella, la donna col fucile è una donna dolorante’…  È un vecchio proverbio messicano nel quale ti invito a non cercare metafore neoconservatrici reganiane nascoste.
E un attimo dopo tutti gli abitanti del paese mi sono addosso e l’ultima cosa che vedo è il maniscalco pelato dagli occhi cattivi che cala la mazzetta verso la mia fronte, poi il buio.
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chez-mimich · 1 year
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sciatu · 5 years
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TAORMINA - GRAND HOTEL SAN DOMENICO-RISTORANTE PRINCIPE CERAMI.
NON CI INDURRE IN TENTAZIONE
L’albergo San Domenico a Taormina è un hotel a cinque stelle realizzato in quello che era un vecchio convento Domenicano, per cui entrando si accede ad un primo lato di un corpo quadrato che era un lungo porticato con colonne che si affacciavano su un grande cortile interno ora occupato da splendide buganvillee fucsia, grandi cespugli di profumati gelsomini e da palme altissime. Dal colonnato opposto a quello dove è situato l’ingresso si esce verso il giardino interno che è costituito da vari terrazzamenti di cui l’ultimo, il più grande, si protende verso il golfo di Giardini Naxos. In primavera quando è sera e la luna si specchiava nel golfo, la visione delle luci di Giardini e dell’Etna protesa verso il cielo stellato con il suo rossetto di fuoco è bellissima. L’albergo ha un ristorante (il Principe Cerami) premiato con stelle e forchette dagli esperti della guida Michelin e del Gambero Rosso ma, oltre al cibo, quello che lo contraddistingue è la terrazza che si affaccia sul golfo di Giardini-Naxos da cui si può osservare il bellissimo panorama. Quella sera in particolare di cui ti parlo i tavoli non erano pieni. In un lato della terrazza c’era seduto il Dr Poldo Sbarozzi, ispettore di area per una nota società farmaceutica, poi, più in là ma sempre sul suo lato, due pensionati americani, mentre dal lato opposto, su tavolo tondo riccamente addobbato, l’ing S, presidente di una grande acciaieria di Brembana al Lago (provincia di Bergamo) aveva riunito attorno a se i sei maggiori dirigenti della filiale produttiva di Catania per festeggiare il revamping della linea di colata che avrebbe aumentato la produzione della società. Benché socievole e preso dai festeggiamenti l’ing. S. era interiormente in preda ad una grande ansia per un fatto disdicevole che gli era capitato. Aveva fatto la follia di far venire con sé l’ing. Rachele Valsecchi, responsabile dell’ufficio tecnico della sua ditta e da lungo tempo sua segreta amante. La follia si era evidenziata quando la segretaria direzionale della filiale di Catania, a sua insaputa e pensando di fare cosa a lui gradita, aveva prenotato la cena per i festeggiamenti nell’albergo dove i due amanti pensavano di essersi appartati, il San Domenico per l’appunto. Ora anche se il personale della filiale non conosceva l’ing. Valsecchi, all’ing.S. apparve subito come reale e tangibile il pericolo che i suoi dipendenti catanesi incontrandola, potessero far scaturire quel spettegolare aziendale, fastidioso e corrosivo, che mina rapporti personali e societari. Senza tener conto che sua moglie era anche la proprietaria della società di cui era presidente e pericolosamente e fraternamente amica di alcune segretarie aziendali, tutte quante pettegole e malelingue. L’ing. S, con una decisione creativa degna del manager che era, aveva cercato di salvare il salvabile prenotando a Rachele un tavolo al Granduca, il ristorante sul viale di Taormina (e quindi lontano dal San Domenico) dalla cui terrazza poteva vedere lo stesso panorama che si aveva dalla terrazza dell’albergo. Questa idea l’aveva presa e realizzata da solo, senza minimamente discuterne con lei che già si aspettava una serata romantica a due. Ora però Rachele non era una donna prevedibile ed ubbidiente. Le cicatrici invisibili che la vita avevano lasciato nella sua anima, l’avevano portata a credere solo nella certezza che non aveva bisogno di nessuno, e questa autosufficienza sentimentale le aveva permesso di evitare di trovarsi prigioniera, anche se amabilmente, di qualsiasi forma di affetto coercitivo, quegli affetti cioè che ci impongono dei doveri o un assoluta ubidienza, per il semplice fatto che siamo amati. Lei aveva scelto di non essere ne moglie ne fidanzata, per la libertà ed indipendenza che così aveva e provava e non perché fosse per lei necessario esserlo a causa delle sue lunghe permanenza all’estero per lavoro. Questo suo credo profondo nella sua libertà l’aveva portata in passato a collezionare diversi amanti in quanto, come diceva lei stessa “l’amore non è una torta che dividi a fette con questo o con quello. È solo uno stato d’animo a cui il sesso non è collegato in modo univoco, per cui amare qualcuno e far sesso con un altro non era peccato ma una scelta di vita“ Per questo motivo, collezionava uomini così come gli uomini collezionano le cravatte, esibendole finché non li stancano e se ne disfano con benevola indifferenza. La definizione di Rachele dell’amore era tornata in mente all’ing S. quando le aveva parlato del ristorante e della convenienza che lei vi andasse a cenare almeno quella sera. Lei lo aveva gelato con un’occhiata delle sue ed i suoi occhi scuri gli erano penetrati, duri e taglienti, fino in fondo all’anima. Aveva capito immediatamente, come a volte gli capitava, che ancora una volta con lei aveva sbagliato approccio: l’aveva trattata come la sporcizia che si nasconde sotto il tappeto quando improvvisamente arrivano gli ospiti. Per questo l’ing. S ora era estremamente nervoso e rideva forse in modo esagerato alle battute aziendali dei suoi collaboratori e beveva forse un tantino troppo rispetto all’usuale, ma dentro di sé sapeva che come sempre Rachele avrebbe fatto di testa sua non solo per affermare la sua indipendenza ma soprattutto perché non era scesa dalla nebbiosa Brembana al Lago fin nella solare Taormina solo per finire nascosta in un angolo. Perciò, quando Rachele apparve sulla porta che dall’hotel dava sul terrazzo del ristorante, un brivido percorse la sua schiena ed un senso di impotenza lo assali, anche se doveva ammettere che questa sua incontrollabile libera e determinata volontà era uno dei motivi per cui l’amava. Anche se non la conoscevano, il quartetto che suonava sul lato del ristorante vicino al tavolo dell’ ing. S. si fermò stupito per il suo arrivo. Lei osservò tutti i tavoli come un aquila che dall’alto del monte osserva un gregge, poi lentamente incominciò a dirigersi verso i tavoli avvolta nel suo vestito di seta nera che ondeggiava seguendo e richiamando tutte quelle sue forme che vibravano ad ogni suo passo; altera ed elegante, appariva circondata dal suo profumo che non era quello di un famoso stilista, ma la sua dominante sensualità, perché anche se non era più giovanissima e il suo corpo  non rispondeva ai canoni delle grandi modelle della moda, emanava un misto di innocente lussuria e peccaminosa sensualità che insieme all’ intelligenza dello sguardo colpiva gli uomini che la guardavano come con uno schiaffo e seduceva come un bacio promesso L’ing S guardò con fastidio i suoi collaboratori siciliani fermarsi nella discussione per osservarla apprezzandone le forme, l’incedere e quella sensualità decisa e vogliosa che emanava. Lui stesso, che quella sensualità aveva spesso cercato, apprezzato e subito, non riuscì a non restarne ammirato e soggiogato. Lei avanzò sicura e decisa tra i tavoli finchè un cameriere risorse dalla sorpresa di vederla e si avvicino indicandole uno dei tavoli vicino ai turisti americani. Lei lo guardò con sufficienza e senza considerarlo si diresse verso il dottor Poldo che la stava osservando con un lungo grissino che gli usciva dalla bocca, stupito e incuriosito. Lei si avvicinò e sorridendo lo salutò sedendosi sl suo tavolo “Buonasera, è tanto che aspetta?” chiese con voce alta e chiara Il dott. Poldo, con il grissino in bocca si alzò come deve fare ogni gentleman quando arriva una signora, ma visto che lei si era già seduta si sedette di nuovo e cercò di salutare accorgendosi solo allora del grissino che gli usciva dalla bocca “Buonasera, io veramente…. “ “Lo so non mi conosce – disse Rachele per aiutarlo sottovoce – ma devo fare ingelosire una persona… mi aiuti per favore – e rivolta al cameriere disse velocemente - mi porti il calamaro farcito di gambero di nassa e pane nero di seppia con avocado e la bottiglia più cara di spumante siciliano per favore” Il dott. Poldo la guardò sconcertato ed il cameriere stava per chiederle il numero di camera ma lei, come suo solito, stupì tutti e due “Metta tutto sul conto dell’ing. S, quello laggiù, anche la cena del signore. Non si preoccupi, siamo suoi ospiti” Il cameriere, che conosceva bene l’ing. S, fece un leggero inchino e scomparve tornando dopo pochi minuti con una bottiglia fredda di uno spumante di cui il dott. Poldo aveva visto sulla lista dei vini il prezzo a tre cifre. Fece comunque una faccia sorpresa e si senti orgoglioso che lei lo avesse scelto per far ingelosire qualcuno. “Oh – fece con tono da uomo di mondo – capisco” “lei è sposato?” “Si vede “rispose mostrando l’anello al dito Lei lo guardò con uno sguardo che a lui sembrava indifferente “Le sta ancora largo, vuol dire che è sposato da poco. Se fosse sposato tanto quanto la persona di cui sono l’amante avrebbe il dito stretto intorno all’anello, perché il matrimonio è così: prima ti da un grande senso di libertà e ti sembra che ti stia largo tanto che fai quello che vuoi, poi invece anno dopo anno, vedi che ti stringe e ti soffoca il dito come la vita. Per questo io sono un amante, da sempre, dal primo momento in cui ho scoperto la differenza tra il cane e una moglie…” Il dott. Poldo la guardò stupito “e qual è?” “nessuna – rispose Rachele sorridendo – tutti e due restano sempre fedeli all’ uomo che li tradisce. Io sono fedele solo a me stessa ed è già troppo – e poi guardandolo – …e lei è fedele?” “si certo, sicuro!” “Solo perché è sposato da poco ed è nel periodo in cui la moglie è ancora un amante, avete ancora passione e complicità, faccia passare un po’ di tempo e vedrà che sua moglie non sarà più la sua amante e allora lei penserà ad allargare il suo amore a qualche altra donna” “A tradire…?” “Che brutto sinonimo per amare - bevve un sorso guardando l’ing S che fingeva malamente di ignorarla – vede, quando si ama un'altra donna che non è la propria moglie lo si fa mettendo in gioco qualcosa che ha un enorme valore: la propria vita intesa come moglie, figli e tranquillità. Per questo, se si ama si ama veramente in un modo che deve giustificare il tradimento o magari una nuova vita, altrimenti si è solo idioti. – e lanciò un'altra occhiata severa all’ ing. S. - Io non sono sposata e quindi non faccio testo, ma i miei amanti spesso lo sono e quindi il loro amore deve essere vero altrimenti non rischierebbero la loro vita per amare. Quindi tradire per amare veramente, non è tradire ma scegliere un'altra strada, ma se non si sceglie, si tradisce soltanto e quindi non vi è nessun obbligo per l’amante, nessun bisogno di essere fedeli” e guardò l’ing S. socchiudendo gli occhi come fanno i cacciatori quando prendono la mira. Arrivarono i piatti che avevano ordinato. Rachele incominciò a mangiare lentamente e continuò sentendo su di se lo sguardo di fuoco dell’ingegnere “Vede tutti si ricordano di Cleopatra come l’amante di Cesare ma nessuno si ricorda chi era sua moglie, senza le amanti di Enrico VIII la storia sarebbe stata completamente diversa e senza la Dama Nera, Shakespeare non avrebbe scritto tutti i suoi sonetti o Romeo e Giulietta; Luigi XIV, il re Sole, sarebbe stato tale senza tutte le donne che ha amato? A un amante si concede di essere bella, più intelligente del suo amato, di essere divertente e di amare il sesso come lo amano gli uomini; per le mogli tutto questo viene considerato non opportuno o viene loro rimproverato. Le amanti hanno fatto la storia, le mogli solo figli per padri che tradivano senza pensarci. Dopo tutto Adamo diede il nome di Eva alla sua compagna quando furono cacciati dal paradiso, prima non aveva bisogno di chiamarla: era una sua parte, intimamente e gioiosamente unita a lui. È questo ricordo del paradiso che noi amanti portiamo ai nostri uomini e quando ne diventiamo le mogli non lo dimentichiamo” Rachele finì sorridendo ed osservando l’ingegnere la cui gamba destra sotto il tavolo si muoveva nervosamente. Poldo la osservava stupito e, sentendosi pur convinto di quanto affermava, anche se di fronte alla logica di Rachele poteva apparire uno stupido le disse timidamente “io però vorrei essere sempre fedele a mia moglie” Rachele lo osservò sorridendo e rispose arricciando la radice del naso come quando diceva qualcosa di sexy e sincero “ci provi, è importante esserlo, ma per sua informazione: io non ho mai conosciuto un uomo fedele e non ho mai capito se conosco solo gli uomini sbagliati o se invece nessuno di voi è fedele. Infatti c’è un motivo se il Padre Nostro finisce con “ non ci indurre in tentazione….” Perché nessuno di voi, con il cervello pendulo che avete in mezzo alle gambe, sa resistere ad una tentazione, specialmente se è più intelligente di voi…” e finì il suo bicchiere di spumante che tenne alto accanto a sé così che il cameriere, materializzandosi dal nulla, lo riempì. Il quartetto incominciò a suonare “A Modo Mio” e subito gli americani si alzarono e posizionandosi vicino all’orchestra incominciarono a ballare anche se in verità il terrazzo era troppo piccolo per muoversi. “Venga – fece Rachele alzandosi e prendendo per mano Poldo – andiamo a ballare” “Ma io …” cercò di rispondere Poldo poi, quando si ritrovò Rachele tra le braccia lasciò stare, troppo preso dalla sua sensuale forza vitale e dal seguire i suoi passi del ballo che non conosceva.
L’ing S la guardò mentre inondava la pista con il suo provocante danzare e sentendo i commenti piccanti dei suoi collaboratori, si voltò ad osservarli e, sicuramente per via del vino, li considerò come ombre, senza peso e spessore, anzi no, pupi mossi solo dai fili della mera quotidianità, dalla necessità di sopravvivere che hanno gli animali di quella giungla che si chiama vita, dove le uniche cose importanti erano fottere, mangiare e tirare avanti. Capì che senza di lei che attraverso il suo amore dava alla vita un senso compiuto, senza il suo sorriso che gli riempiva i giorni di sogni e desideri e le notti di passione e fuoco, anche lui sarebbe stato come loro. Tornò a guardare Rachele che cercava di spiegare a quell’essere inutile che stringeva tra le braccia come muoversi e fu preso da una vampata di folle gelosia. Si alzò tirando verso il basso la giacca blu e si sistemo la cravatta Marinella che lei gli aveva regalato e con passo deciso si diresse verso di loro. Arrivato vicino guardò Poldo tutto serio e quasi minaccioso chiedendogli “Permette?” e gli scippò Rachele dalle mani incominciando a ballare così come quella musica doveva essere ballata con gioia e passione, mentre Poldo, salvato da una figuraccia, se ne tornò al suo tavolo bevendo d’un fiato il bicchiere di spumante per vincere quell’ondata di bruciante carnalità che lo aveva assalito stringendo Rachele.
“Sei un strega – esordì sottovoce l’Ing S. Cercando di non far vedere che parlava – una terribile dolcissima strega” Rachele fingeva di non guardarlo e di seguire con indifferenza la musica ma rispose “Ricordati, un amante non è mai per sempre….” “Se i colleghi ti riconoscono io neanche arrivo a domani figurati al sempre” “Forse avranno visto qualche foto sul sito, ma ho sempre l’elmetto e gli occhialoni scuri di sicurezza: neanch’io mi riconosco, quindi non hai motivo di preoccuparti” Lui pensò un attimo e capì che come sempre aveva ragione, non c’erano contatti tra gli stabilimenti e sul sito le foto dei dirigenti non erano riportate. Si rilassò concentrandosi solo su di lei. “Dopo aspettami in camera che vengo a trovarti” le disse sottovoce “Chi ti dice che ci sia….?” “Non fare colpi di testa” “tu fai colpi di testa, io vivo e per vivere il sesso e l’amore sono fondamentali, se mi hai portato qui per chiudermi in una camera hai sbagliato” “Ti ho portato qui perché ti amo” “Non mi sembra: amare vuol dire mettere chi si ama davanti a tutto pronti ad accettarne ogni conseguenza. Per te sono solo un progetto a lunga scadenza, qualcosa tipo la Salerno-Reggio Calabria: piano piano fra vent’anni forse sarò la tua unica donna ” “È che devi essere realista, se comprendessero che siamo insieme…” rispose l’ingegnere cercando di cambiare argomento “Ti invidierebbero e mi compatirebbero! Io però non ho bisogno di te…” “Che vuoi dire – la guardò serio capendo che la sua vendetta non era finita – quello lì non è nessuno” disse indicando Poldo che da lontano li saluto con un sorriso idiota. Lei non rispose perché la musica era finita. Lui le fece un piccolo baciamano guardandola seriamente e se ne tornò al tavolo ricevendo i complimenti degli altri commensali ammirati dalla sua audacia nell’approcciare una donna che loro avrebbero solo desiderato. Lei se ne andò via mostrando una superficiale indifferenza “lei balla benissimo – le disse ammirato Poldo – era quella la persona che voleva ingelosire?” Lei lo guardò mentre beveva “Può darsi, mi accompagna all’uscita?” gli chiese sorridendo. Lui non si fece pregare e la seguì nel porticato e poi all’ingresso dove lei chiese un taxi che aspettarono insieme. All’arrivo del mezzo lo salutò calorosamente ringraziandolo e baciandolo su una guancia. Lui rientrò contento dell’esperienza imprevista e gradevole sentendo nell’aria ancora il suo profumo. Mentre era nel porticato apparve l’ing. S che vedendolo si diresse verso di lui “Scusi la sua amica …. - fece l’ingegnere con una certa ironia – non sa dov’è” Lui lo guardò e sorridendo rispose “Ha preso un taxi, ho sentito che ha detto al tassista di portarla dove c’erano degli uomini belli e prestanti…” Lesse per un secondo sconcerto e preoccupazione mista a rabbia negli occhi dell’uomo, un lampo che rivelò la tempesta che aveva dentro a cui segui immediatamente una freddezza forzata e controllata “Ah, fa nulla, volevo chiederle … se voleva fare un altro ballo… sarà per la prossima volta… grazie” e si allontanò dopo aver fatto un simbolico inchino Poldo lo vide dirigersi verso le camere contrariato proprio come aveva detto lei quando gli aveva suggerito la risposta da dargli. Poi Poldo prese il telefono e chiamò la moglie per sentirla, perché in fondo il “non ci indurre in tentazione” valeva anche per lui e lui sentiva di essere stato tentato troppo per quella sera.
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redqueenofbooks99 · 5 years
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Top Of City Of Heavenly Fire Pt.2
♡Voglio vedere Tessa più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ma se venisse a sapere altre cose su quello che è successo qui, vorrebbe raggiungerci e combattere al nostro fianco, e io mi rendo conto di non volerlo. Mi rendo conto che, uscendo dalla mia condizione di fratello Silente, sono in grado di desiderare che non lo faccia. Forse è egoismo, non so, però sono sicuro che gli stregoni del Labirinto a Spirale siano al sicuro. Tessa è al sicuro. Se andassi da lei lo sarei anch'io, ma significherebbe nascondersi. Io non sono uno stregone, non posso essere d'aiuto laggiù. Però posso esserlo qui.♡
♡Non posso guardare Tessa in faccia senza dirle la verità su quello che sta accadendo qui. Soprattutto non posso andare da lei e presentarmi come un essere mortale, uno Shadowhunters, senza rivelarle che i sentimenti che provavo nei suoi confronti quando ero...che i miei sentimenti sono rimasti gli stessi. Non posso fare una cosa simile e poi tornare in un luogo dove potrei essere ucciso. È meglio se lei continua a credere che per noi non ci sia mai stata una possibilità.♡
♡Credo che a volte verso il nostro cuore siamo incoscienti come lo siamo verso la nostra stessa vita. Quando lo doniamo a qualcuno lo facciamo senza riserve. E se non riceviamo ciò di cui abbiamo disperatamente bisogno, come viviamo?♡
♡Tu pensi che lei potrebbe non amarmi più dopo tutto questo tempo. È sensato chiederselo. Forse no, non mi ama. Ma a patto che lei sia viva, stia bene e sia felice in questo mondo, anch'io troverò il modo di essere altrettanto felice, pur senza starle accanto.♡
♡Anche a me piacerebbe avere un parabatai. È come avere qualcuno che fa parte della tua famiglia, ma perché vuole, non perché deve.♡
♡Devi sapere che non vorrei una vita diversa. Questa vita mi ha portato a te.♡
♡Shadowhunters. Ti entrano nel sangue, sotto la pelle. Io sono stato con vampiri, lupi mannari, fate, stregoni come me...e umani, tanti fragili umani. Ma mi ero sempre ripromesso di non dare il mio cuore a uno Shadowhunters. Li ho quasi amati, sono stato affascinato da loro, a volte da loro intere generazioni: Edmund,Will,James e Lucie... Quelli che ho salvato e quelli che non ho potuto salvare. E Clary...ho amato anche lei, perché l'ho vista crescere. Ma non mi sono mai innamorato di uno Shadowhunters, mai prima di Alec. Perché hanno in sé il sangue degli angeli, e l'amore degli angeli è qualcosa di nobile e santo.♡
♡Ho sempre saputo, fin dall'inizio, che tutti ti reputavano migliore di me. Mio padre, il Conclave, Izzy e Max ti guardavano come il grande guerriero che aspiravano a diventare. Ma il giorno in cui mi hai chiesto di essere il tuo parabatai, ho capito che intendevi dire che ti fidavi abbastanza di me da chiedermi aiuto. Che non eri il guerriero solitario capace di fare tutto da solo. Avevi bisogno di me. Così mi sono reso conto che c'era una persona che non ti reputava migliore di me. Tu.♡
♡Ci sono infiniti modi di essere migliore. Lo sapevo anche allora. Sarò più forte fisicamente, ma tu hai il cuore più puro di chiunque abbia mai conosciuto, e la fede più forte nel prossimo, e in questo senso sarai sempre migliore di quanto io possa mai sperare di essere. La cosa migliore che Valentine abbia fatto per me è stato mandarmi da voi. Dai tuoi genitori, certo, ma soprattutto da te. Da te, da Izzy e da Max. Non fosse stato per te, sarei stato come... Sebastian.♡
♡Lo strinse più forte, lo tenne come se tenerlo impedisse anche a lei di andare in pezzi.♡
♡Due Troni. Non sono una sciocca, so chi vuoi far sedere accanto a te. Lei ti serve là; la vuoi là. Il tuo trionfo non significa nulla se lei non sarà qui a guardarlo.♡
♡Ricordò Tessa che piangeva tra le sue braccia a Parigi, facendogli pensare che lui non aveva mai conosciuto un senso di perdita come il suo perché non aveva mai amato come lei, e allora aveva avuto paura che un giorno l'avrebbe fatto e avrebbe perduto il suo amore mortale proprio come era capitato a lei. E che era meglio essere chi moriva piuttosto che chi gli sopravviveva.♡
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"Laggiù qualcuno mi ama". A Berlino Martone presenta il film su Massimo Troisi
“Laggiù qualcuno mi ama”. A Berlino Martone presenta il film su Massimo Troisi Festival del cinema Mario Martone racconta Massimo Troisi con un documentario presentato al Festival di Berlino. In Italia uscirà con una speciale anteprima il 19 febbraio, giorno in cui il grande attore napoletano avrebbe compiuto 70 anni 17/02/2023 Lorenzo di Las Plassas source
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scrivoipensieri · 4 years
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Lettera a F.
Mi hanno sempre insegnato e incitato a seguire il cuore, la pancia, l’istinto, ma non l’ho mai fatto. Ho sempre trattenuto, nascosto, finto, fino al momento in cui tutto ciò che di buono avevo dentro diventava troppo pesante e sentiva la necessità di uscire e come un tornado spazzare via ogni logica e dietrologia.
Pensavo di poterlo contenere, pensavo di poterlo dubitare, maneggiare, scolpire, annodare, cancellare, assopire, addormentare, maltrattare, minimizzare, nascondere; ma non ci sono mai riuscita. Dopo un anno è ancora qui, presente, più forte di prima. Forse perché so troppo bene che viaggiamo su due mondi paralleli che non si incontreranno mai se non in un messaggio virtuale che ciclicamente come una stagione inizia e finisce, e che a te, semplicemente, questo tornado con me non è mai arrivato.
E mi si stringe il cuore e mi sento piccola e vorrei tornare indietro perché tutto questo sentimento vorrei donarlo a qualcuno che purtroppo, lo so, non lo avrà. Non per ora. Non così.
Non so cosa sia tutta questa esplosione di emozioni o forse lo so ma sono troppo orgogliosa per ammetterlo, ma la verità è che probabilmente ero pazza di te già due secondi dopo averti visto. Ed è illogico irrazionale e folle, soprattutto per me che il cuore lo chiudo sempre in un cassetto, che tento di fare la dura ma che poi con una carezza ed un “che nasino che hai” , “anche a me piace questa canzone” mi sciolgo.
“Hai freddo?”
“Sì un po’”
ma non era vero niente. Io sono quella che a Dicembre esce con il giubbottino di pelle e poi prende la febbre a 40, che si dimentica la sciarpa a casa, che il freddo ama sentirlo.
Volevo solo ricordarmi che in quel momento avevi avuto un pensiero di gentilezza verso di me.
Le briciole, come si suol dire.
Quando sentivo dire che al cuore non si comanda facevo una risata sarcastica e pensavo “come si può non riuscire a comandare le emozioni?”; questo perché ancora non avevo vissuto la tremenda e pietrificante sensazione di quando sono le emozioni a comandare te.
Vorrei non sentirmi esagerata pazza e paradossale immaginandoti mentre leggi queste parole, eppure mi ci sento, eppure sento che tutto questo sentire non ha senso, che è tutto frutto di una mia proiezione, di una mia sensazione, di un nostro incastro di anime a cui io ho dato un valore non quantificabile a parole e a cui tu non hai dato nemmeno una possibilità: Quella di poterti ancora sorprendere.
Perché io non sono stupida, io non vivo di illusioni. Io so quello che ho visto in te, e so che era bellissimo. Sarebbe stato bellissimo. Ma il tuo cuore è ancora troppo legato al passato per poter rischiare di fare un passo avanti senza farne tre indietro.
Vorrei che ti vedessi con i miei occhi, vorrei poter fabbricare degli occhiali composti di tanti fotogrammi e immagini di ciò che sei e non hai il coraggio di essere, ma non si può.
Rimane tutto un grande potenziale. Un filo appeso. Una passione annacquata.
So che per te non è lo stesso, che niente di tutto ciò che provo in senso di intensità è ricambiato, so che hai mille occhi su mille altre donne, che intrecci le tue mani con chiunque ti passi a tiro, che ti prendi tutte le cose belle che ti capitano davanti e ci passi sopra, che il tuo cuore non sarà mai anche un po’ mio e che la notte ti sei addormentato con altri occhi che guardavano quelle labbra morbide e quel naso strano. E so che nonostante le tue mani tocchino tanti corpi, i tuoi occhi non li vedono veramente.
Non ti sazi mai, più cerchi di riempirti, più di svuoti.
Sei abisso.
Nonostante questo, ho pensato di provare quel sentimento che non ho nemmeno il coraggio di pronunciare.
Hai risvegliato in me un lato che non pensavo esistesse. Hai dato un senso alle canzoni d’amore. Senza volerlo mi hai donato dei pensieri teneri che mi cullavano prima di addormentarmi, e io di questo te ne sarò sempre grata.
Tutti meritano di sapere che là fuori c’è una persona che prova per loro sentimenti tanto dolci e puri; anche tu lo meriti, ma non da me.
Questa lettera è troppo poetica e troppo vera, e anche troppo lunga. Non te la mando.
Perché dopotutto, la mia natura per quanto cerchi di smussarla non cambierà mai.
Mi hai insegnato ancora di più a lasciar andare l’amore quando non è corrisposto e mi trovo anche per questo a doverti ringraziare.
Guarda un po’, tu sei un coglione e io ti ringrazio pure.
Ti penso e ti penserò tanto, almeno fino a quando smetterò di ricordare la tenerezza che mi davi in un momento in cui ne avevo fortemente bisogno.
Perché io non sono come te, io non riesco a far finta che tu non esista.
Ti abbraccio, ti bacio, e spero che tu stia bene, che trovi l’amore che tanto neghi ma che tanto cerchi per poterti salvare da questa vita che ti fa annegare, che i tuoi limiti non ti soffochino e che ogni tanto ti torni ancora in mente il profumo della mia pelle.
Perché io, nonostante tutto, ci tengo a te. E proprio perché ci tengo voglio che tu sia contento.
“Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c'è un campo. Ti aspetterò laggiù.”
Ciao.
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