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#la cena delle beffe
di-biancoenero · 9 months
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Amedeo Nazzari è Nero Chiaramantesi ne La Cena delle Beffe ( 1942) diretto da Alessandro Blasetti
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old-movie-stars · 2 years
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Clara Calamai. She was the first actress to appear topless in the Italian film La cena delle beffe (1942) & the brief moment caused a sensation when the film was first released in Italy.
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opera-ghosts · 11 months
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Here a picture of Gaetano Pini-Corsi as Mime, Madrid 1901.
Gaetano Pini-Corsi (1860-1935) was a gifted singer of both leading and buffo roles. Born in the Croatian town of Zara, Pini-Corsi came from a family of singers. Included in the dynasty were his two uncles, baritone Giovanni Corsi (1822-1890) and tenor Achille Corsi (1840-1906), his cousin, soprano Emilia Corsi (1870-1928), his nephew, tenor Umberto Pini-Corsi (1879-1911) and, probably the best known member of the family, older brother Antonio Pini-Corsi (1858-1918), the celebrated buffo baritone, who sang character roles at the Met during the early 20th Century. Gaetano Pini-Corsi made his debut in Empoli as Ernesto in Don Pasquale in 1881. For the next two decades, the tenor sang mostly leading roles, such as the Duke in Rigoletto, Riccardo in Un Ballo in Maschera, Alfredo in La Traviata, Edgardo in Lucia di Lammermoor, Elvino in La Sonnambula, Tonio in La Figlia del Reggimento, Almaviva in Il Barbiere di Siviglia, Gennaro in Lucrezia Borgia, Pollione in Norma, Manrico in Il Trovatore, Fernando in La Favorita, Nemorino in L’Elisir d’Amore, Carlo in Linda di Chamounix, Corentin in Dinorah and the title roles in Ernani, Fra Diavolo and Faust. As he approached the age of 40, however, Pini-Corsi found that his flair for the comedic lent itself to buffo roles. As the 19th century came to a close, the tenor began to gravitate more and more toward character roles. For the next several years, Pini-Corsi divided his time between leading and comic roles, finally committing exclusively to the latter in 1908. He was very much in demand in both major and provincial companies throughout Europe and the Americas including the Politeama in Genoa, the Teatro Regio in Parma, Como’s Teatro Sociale, the Teatro Ristori in Verona, Bologna’s Teatro Comunale, the Teatro Costanzi in Rome, Palermo’s Teatro Massimo, the Teatro San Carlo in Naples, Milan’s La Scala, Turin’s Teatro Regio, La Fenice in Venice, Modena’s Teatro Municipale, the Teatro Reale in Madrid, the Teatro Coliseo in Lisbon, Barcelona’s Teatro Liceo, the Teatro Municipal in Caracas, the Teatro Colón in Buenos Aires, the Teatro Solís in Montevideo and Boston Opera. One of the high points in Pini-Corsi’s career was his creation of the role of the marriage broker, Goro, in the world premiere of Puccini’s Madama Butterfly at La Scala in 1904. It would become a part he sang frequently over the course of the next quarter century and remained one of the tenor’s favorite roles until the end of his career. Pini-Corsi’s massive repertoire of over 75 roles included Laertes in Hamlet, Dr. Cajus and Bardolfo in Falstaff, Don Basilio in Le Nozze di Figaro, The Dance Master in Manon Lescaut, Abate in Adriana Lecouvreur, Schmidt in Werther, the Servants in I Racconti d’Hoffmann, Cassio in Otello, Mime in both Siegfried and Das Rheingold, David in Die Meistersinger, both Joe and Nick in La Fanciulla del West, Wagner in Mefistofele, Incredibile in Andrea Chénier, First Jew in Salome, Trinca in La Cena delle Beffe, Despréaux in Madame Sans-Gêne, Laerte in Mignon, Spoletta in Tosca and Gherardo in Gianni Schicchi. It was as Goro that the 72-year-old tenor bade farewell to the stage at the Teatro Comunale in Ferrara in 1932. Gaetano Pini-Corsi passed away in Milan on December 16, 1935 at the age of 75. Gaetano Pini-Corsi made more than 40 recordings (including the very first complete recording of Pagliacci) for such labels as Fonografia Nazionale, Odeon Fonotipia, The Gramophone Company, Parlophone and Victor. These discs showcase a relatively lightweight instrument which the tenor used wisely and efficiently during his 50-year stage career. The stylistic similarities to his older brother Antonio are striking, most notably in the exaggerated, machine gun vibrato (also noticeable in some of Giovanni Martinelli’s recordings) that he sometimes uses for dramatic effect. It is not a classically beautiful voice, but an effective one, nonetheless.
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tenorissimi · 5 months
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Beniamino Gigli
Colore per Luz Butron Soprano LBS 23
Con la sua famiglia: la Moglie Constanza e la figlia Rina.
Davanti alla propia propaganda.
Pensieroso.
Nelle vesti di Fausto ne BOITO: Mefistofele.
Nelle vesti di Elvino ne BELLINI: La Sonnambula.
Nelle vesti di Don Ottavio ne MOZART: Don Giovanni con Lucrezia Bori ed Editha Fleischer.
Nelle vesti di Ruggero ne PUCCINI: La Rondine con il celebre Soprano Lucrezia Bori.
Nelle vesti di Gianetto ne GIORDANO: La Cena delle Beffe.
Nelle vesti di Mario Cavaradossi ne PUCCINI: Tosca
Nelle vesti di Turiddu ne MASCAGNI: Cavalleria Rusticana.
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agrpress-blog · 6 months
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Tre anni fa, il 2 novembre 2020, moriva (nel giorno del suo ottantesimo compleanno) il grande attore, cabarettista, doppiatore, conduttore e regista, interprete di film quali La mortadella di Mario Monicelli, La Tosca di Luigi Magni, L’eredità Ferramonti di Mauro Bolognini, Febbre da cavallo di Steno, Casotto di Sergio Citti, Un matrimonio di Robert Altman ed altri. Nato a Roma nel 1940, grandissimo attore di teatro, dove spazia dai monologhi alle commedie musicali, incontra un grande successo in televisione, riproponendo sul piccolo schermo i suoi spettacoli più riusciti. Fin da ragazzo suona vari strumenti (chitarra, pianoforte, fisarmonica, contrabbasso) e canta nelle feste studentesche e nei bar all’aperto. Si iscrive al Centro Teatro Ateneo, in cui insegnano attori quali Giancarlo Sbragia e Arnoldo Foà, e in seguito frequenta il corso di mimica di Giancarlo Cobelli, che nota le sue qualità e lo scrittura per un suo spettacolo d’avanguardia, Can Can degli Italiani (1963), che segnerà il debutto teatrale del giovane Proietti. Negli anni successivi lo troviamo in ruoli secondari con vari gruppi teatrali: in Il mercante di Venezia (1966) di Ettore Giannini, e, con il Gruppo Sperimentale 101 Le mammelle di Tiresia (1968) di Guillaume Apollinaire; Nella giungla delle città (1968) di Bertolt Brecht, Coriolano (1969) di William Shakespeare, Il dio Kurt (1969) di Alberto Moravia, e altre opere, fino al primo grande successo, quando viene inaspettatamente chiamato a sostituire Domenico Modugno nella commedia musicale di Garinei e Giovannini Alleluja brava gente. A seguire il dramma di Sam Benelli La cena delle beffe (1974), con Carmelo Bene; nel ’76 A me gli occhi, please, considerata una fra le sue prove teatrali più riuscite, e che sarà riportata in scena con grande successo nel ’93, ’96 e, nel 2000, al Teatro Olimpico. Nel ’78, con Sandro Merli, diventa direttore artistico del Teatro Brancaccio di Roma, dove crea un suo Laboratorio di Esercitazioni Sceniche per i giovani attori che rappresenterà un vero trampolino per volti noti dello spettacolo (Flavio Insinna, Enrico Brignano, Giorgio Tirabassi, Francesca Reggiani e molti altri). Segue una serie di performances, fra cui Il bugiardo di Carlo Goldoni (1980, regia di Ugo Gregoretti), Edipo re di Sofocle (1981, regia di Vittorio Gassman), I sette re di Roma di Luigi Magni (1989, regia di Pietro Garinei), e altre per le quali, oltre a recitare, cura anche la regia, come Caro Petrolini (1979), Cyrano de Bergerac (1985), Liolà di Luigi Pirandello (1988), Guardami negli occhi (1989) e La pulce nell’orecchio (1991) di Georges Feydeau, Socrate (2000, adattamento di Vincenzo Cerami dai Dialoghi di Platone), Full Monty (2001, versione teatrale del film omonimo del ’97), Io, Toto e gli altri (2002, ripreso quattro anni dopo), e molti altri. A partire dagli anni Ottanta ha diretto anche alcune opere liriche: Tosca di Giacomo Puccini nel 1983, Don Pasquale di Gaetano Donizetti nel 1985, Falstaff e Nabucco di Giuseppe Verdi (rispettivamente nel 1985 e nel 2009), Le nozze di Figaro e Don Giovanni (nel 1986 e nel 2002) di Wolfgang Amadeus Mozart, Carmen di Georges Bizet nel 2010. Istrionico, grande improvvisatore, dotato di un’ottima voce e molto audace negli sperimentalismi, al cinema lo ricordiamo nel ruolo del fidanzato di Sophia Loren nel farsesco La mortadella (1971) di Mario Monicelli, ironico protagonista del musicale Tosca (1973) di Luigi Magni, in cui recita con Monica Vitti, interprete del giovane Pippo nel calligrafico L’eredità Ferramonti (1976) di Mauro Bolognini, stallone da quattro soldi nel cinico Casotto (1977) di Sergio Citti, fanfarone nel satirico Un matrimonio (1978) di Robert Altman, in cui recita con Vittorio Gassman. A partire dalla fine degli anni Ottanta dirada notevolmente le sue apparizioni cinematografiche per proseguire l’attività teatrale e quella televisiva, dove ottiene grande successo con le serie Il Maresciallo Rocca (1996-2004) e L’avvocato Porta (1997-98).
Fra gli altri film ricordiamo Se permettete parliamo di donne (1964) di Ettore Scola, Le piacevoli notti (1966) di Armando Crispino e Luciano Lucignani, La ragazza del bersagliere (1967) di Alessandro Blasetti, Lo scatenato (1967) di Franco Indovina, La matriarca (1968) di Pasquale Festa Campanile, Una ragazza piuttosto complicata (1969) di Damiano Damiani, La virtù sdraiata (1969) di Sidney Lumet, tratto dal libro omonimo di Antonio Leonviola ed interpretato da Anouk Aimée, Omar Sharif, Didi Perego, Fausto Tozzi e Lotte Lenya (la grande attrice di teatro austriaca, vedova del musicista e compositore Kurt Weill ed interprete di Jenny nella prima rappresentazione di L’opera da tre soldi – 1929 – di Bertolt Brecht), Brancaleone alle crociate (1970) di Mario Monicelli, Bubù (1971) di Mauro Bolognini, Gli ordini sono ordini (1972) di Franco Giraldi, Meo Patacca (1972) di Marcello Ciorciolini, La proprietà non è più un furto (1973) di Elio Petri, con Flavio Bucci, Daria Nicolodi, Ugo Tognazzi e Salvo Randone, Le farò da padre (1974) di Alberto Lattuada, Musica per la libertà (1975) di Luigi Perelli, Bordella (1976) di Pupi Avati, Chi dice donna dice donna (1976) di Tonino Cervi, Febbre da cavallo (1976) e Mi faccia causa (1985) di Steno, Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi d’Europa (1978) di Ted Kotcheff (il futuro regista di Rambo), Due pezzi di pane (1979) di Sergio Citti, Non ti conosco più amore (1980) di Sergio Corbucci, Di padre in figlio (1982) di Vittorio Gassman, FF. SS.” – Cioè: “che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene? (1983) di Renzo Arbore, Eloise, la figlia di D’Artagnan (1994) di Bertrand Tavernier, Panni sporchi (1998) di Mario Monicelli, Tutti al mare (2011) di Matteo Cerami, Indovina chi viene a Natale? (2013) di Fausto Brizzi, Alberto il grande (2014) di Carlo e Luca Verdone, Il premio (2017) di Alessandro Gassman, Pinocchio (2019) di Matteo Garrone. Ha doppiato attori quali Marlon Brando - in Riflessi in un occhio d’oro (1967) di John Huston, Richard Burton - Chi ha paura di Virginia Woolf? (1966) di Mike Nichols -, Alex Cord - I cinque disperati duri a morire (1970) di Gordon Flemyng - , Kevin Costner - Attraverso i miei occhi (2019) di Simon Curtis - , Robert De Niro - Mean Streets - Domenica in chiesa, lunedì all’inferno (1972) di Martin Scorsese, Gli ultimi fuochi (1976) di Elia Kazan, Casinò (19959 di M. Scorsese - , Ray Danton - Agente speciale L.K. Operazione Re Mida (1967) di Jesus Franco - , Kirk Douglas - Uomini e cobra (1970) di Joseph L. Mankiewicz -, Henry Fonda - L’ora della furia (1968) di Vincent McEveety -, Richard Harris - Camelot (1967) di Joshua Logan, Un uomo chiamato cavallo (1970) di Elliott Silverstein -, Charlton Heston - 23 pugnali per Cesare (1970) di Stuart Burge, Hamlet (1996) di Kenneth Branagh -, Dustin Hoffman - Lenny (1974) di Bob Fosse -, Anthony Hopkins - Hitchcock (2012) di Sacha Gervasi -, Rock Hudson - I due invincibili (1969) di Andrew V. McLagen -, Dean Jones - Tutti i mercoledì (1966) di Robert Ellis Miller -, Paul Newman - Buffalo Bill e gli indiani (1976) di Robert Altman - , Michael Pate - Il ritorno del pistolero (1966) di James Neilsen -, Gregory Peck - La notte dell’agguato (1969) di Robert Mulligan -, Michel Piccoli - Diabolik (1968) di Mario Bava -, Jean Reno - I visitatori (1993) di Jean-Marie Poiré -, George Segal - Gioco senza fine -, Dick Shawn - Per favore, non toccate le vecchiette (1967) di Mel Brooks - , Robert Stack - Il più grande colpo del secolo (1967) di Jean Delannoy -, Sylvester Stallone - Rocky (1976) di John G. Avildsen, F.I.S.T. (1978) di Norman Jewison -, Benito Stefanelli - I giorni dell’ira (1967) di Tonino Valerii -, Donald Sutherland - Il Casanova di Federico Fellini (1976) di Federico Fellini. A teatro, a partire dagli anni Sessanta, recita in decine di pièces e, dal decennio successivo, dirige varie opere ed opere liriche. In televisione appare anche in vari film tv - La maschera e il volto
(1965) di Flaminio Bollini, La fantastica storia di Don Chisciotte della Mancha (1970) di Carlo Quartucci, Romanzo popolare italiano (1975) e Viaggio a Goldonia (1982) di Ugo Gregoretti, Fregoli (1981) di Paolo Cavara, Gli innocenti vanno all’estero (1983) di Luciano Salce, La bella Otero (1984) di José Maria Sanchez, Io a modo mio (1985) di Eros Macchi, Sogni e bisogni (1987) di Sergio Citti, Un figlio a metà (1992) e Un figlio a metà - Un anno dopo (1994) di Giorgio Capitani, Mai storie d’amore in cucina (2004) di G. Capitani e Fabio Jephcott, Il veterinario (2004) di J. M. Sanchez - ed in sceneggiati, serie e miniserie - I grandi camaleonti (1964) di Edmo Fenoglio, Il circolo Pickwick (19669 e Le tigri di Mompracem (1974) di Ugo Gregoretti, Il viaggio di Astolfo (1972) di Vito Molinari, Facciaffittasi (1987), Italian Restaurant (1994), Il signore della truffa (2011) di Luis Prieto, L’ultimo papa re (2013) di Luca Manfredi, Una pallottola nel cuore (2014-18). Nel 2018-19 ha partecipato a due puntate del programma documentaristico Ulisse - Il piacere della scoperta di Piero e Alberto Angela, e ad una puntata di Meraviglie - La penisola dei tesori di A. Angela.
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londranotizie24 · 8 months
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L'opera italiana risuona in Uk grazie a IF Opera
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Di Simone Platania @ItalyinLDN @ICCIUK @ItalyinUk @inigoinLND La Fedora di Umberto Giordano apre il 24 agosto If Opera, il prestigioso festival operistico internazionale di Bradford on Avon. L'opera italiana risuona in Uk grazie a IF Opera: Umberto Giordano e la sua Fedora a Bradford Nel tardo, grande repertorio operistico italiano, accanto alle "super-opere", si trovano alcune perle che sono cresciute nella coscienza del pubblico di tutto il mondo. Fedora di Umberto Giordano è una di queste e, sebbene il compositore sia probabilmente più conosciuto per Andrea Chenier, Fedora è comunque annoverata tra i suoi capolavori. L'ensemble di If Opera è orgoglioso di portare questa magnifica opera tutta italiana al pubblico, offrendo una rara (non viene rappresentata nel Regno Unito dal 2006) ma preziosa opportunità di vederla e ascoltarla di nuovo. La nuova produzione di Fedora di If Opera sarà diretta da John Wilkie e dal direttore artistico di If Opera Oliver Gooch. L'opera è basata su un'opera teatrale di Victorien Sardou. La prima rappresentazione fu interpretata da Enrico Caruso. Quattro le rappresentazioni in programma, che si svolgeranno alla Belcombe Court di Bradford on Avon il 24, 26, 31 agosto e 1 settembre (qui il sito per le prenotazioni). I minori di 18 anni possono accedere alla serata gratuitamente. Umberto Giordano e la Giovane Scuola Giordano fu contemporaneo di compositori come Mascagni e Puccini e fece parte di quella che divenne nota come la Giovane Scuola, un gruppo di compositori che comprendeva anche Cilea, Ponchielli, Catalani, Wolf-Ferrari e altri. Essi riprendevano Verdi e i precedenti compositori italiani e volevano creare un linguaggio musicale rinnovato. Tra loro, questi compositori crearono un enorme nuovo repertorio operistico che ha prodotto alcune tra le più popolari opere di sempre. Il loro regno rappresentò quella che fu l'ultima grande fioritura dell'opera italiana. Umberto Giordano è noto soprattutto per l'epopea dell'Andrea Chenier, ma ha scritto molte opere che conservano un posto speciale nel repertorio operistico italiano. Tra queste troviamo opere come Siberia, Madam Sans-Gêne, La cena delle beffe e un grintoso spaccato di verismo chiamato Mala vita. ... Continua a leggere su www. Read the full article
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loosealcina · 1 year
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UMBERTO GIORDANO’S FEDORA AT LA SCALA, NOVEMBER 3, 2022
Act I: Saint Petersburg. Princess Fedora Romazov—a fourteen-million widow—is about to get married again. But when the wedding is a mere few hours away, her betrothed (Count Vladimiro Andrejevich, captain of the Royal Guards) is murdered. A gunshot in the deep of night. Who or why—the police come up with a single suspect, who narrowly manages to escape and vanishes. Act II: Paris. Surrounded by the swirling colors of the beau monde, Fedora is on a mission; she’s actively flirting with the aforementioned sole suspect—Count Loris Ipanov, who doesn’t know who she actually is—in order to discover the truth and get her revenge on the killer. Yet, after the trap is set, Loris’s version of the whole incident (supported by a solid piece of evidence) changes everything, turning hatred into love. Act III: Bernese Alps, not far from Thun and its lake. While Fedora and Loris revel in the ultimate bliss of each other, a ferocious monster—the past—is coming for them. Mario Martone’s retelling of Fedora (his third encounter with Umberto Giordano at La Scala after La cena delle beffe [2016] and Andrea Chénier [2017]) chose to truly center on René Magritte. Three of his works were specifically—and prominently—present in some form: Empire of Light (which is, in fact, a series of paintings), The Lovers, and The Menaced Assassin. It may have been interesting (or even memorable) as far as Magritte’s reception is concerned; alas, it didn’t appear to give any boost to the opera itself. I wasn’t able to detect a strong, unifying idea/path within this iteration of Fedora. And it all felt more flat and tentative than arcane or enigmatic.
My feelings about Sonya Yoncheva’s Fedora are complicated. The super-rare, mesmerizing aura that only a genuine diva can generate was definitely there. So was the jaw-dropping timbre. And the theatrical sparks. Nevertheless, her performance was somewhat capricious—not necessarily in an entirely good way. At times, she seemed to be barely aware of whatever was going on onstage. At times (quite suddenly), she would unleash her own artistry and tear the blanketing grayness open, in a short-lived blast of anger, tenderness, or craving. (If you need examples, I’d consider the love duet of Act II [«Vedi, io piango…»]; and of course that high-temperature, heart-shattering finale). In spite of an elegant, positively moving rendition of the famed aria «Amor ti vieta» (Act II), Fabio Sartori’s Loris was a little patchy as well—and not especially helped by the production. The orchestra conducted by Marco Armiliato sounded partial to a brisk and energetic attitude. I was impressed by a number of tasty miniatures, such as the heroic outburst of the brass section coming out of nowhere the moment a mystery man is seen fleeing the murder scene in the middle of Act I. And I was extremely impressed by essentially anything the strings—as sweet and shiny as they come—were doing; including my very favorite: the spectacular absence of motion of the first part of the Intermezzo. (I suspect this Intermezzo is a bit of a frank imitation of the one you find in Pietro Mascagni’s Cavalleria Rusticana [which predates Fedora by eight years: 1890/1898], but I also suspect originality is not [I mean: is not always] that important after all).
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lydaborelli · 2 years
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Amedeo Nazzari in Alessandro Blasetti’s La cena delle beffe (The Jester’s Supper), 1942
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catastrofe · 6 years
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indigodreams · 4 years
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Galileo Chini (1873, Florence – 1956) was an Italian decorator, designer, painter, and potter. A prominent member of the Italian Liberty style movement, or Italian Art Nouveau, he taught decorative arts at the Accademia di Belle Arti in Florence. He was responsible for several of the paintings and decorations in the Brandini Chapel at Castelfiorentino, the church of San Francesco de' Ferri in Pisa, and the Ananta Samakhom Throne Hall in Bangkok. His theatrical work included designing the sets for the European premiere of Puccini's opera Gianni Schicchi (Rome, January 1919) and the world premiere of his Turandot (Milan, 1926). He also created the sets for the premieres of Umberto Giordano's opera La cena delle beffe (Milan, 1924) and Sem Benelli's play of the same name on which the opera was based (Rome, 1909).
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chez-mimich · 3 years
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DIALOGHI DAL TERZO MILLENNIO SPECIAL EDITION: LA CENA DELLE BEFFE (RADIOFONICHE)
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Davanti alla pizzeria
Maurizio: “Carissimo! che piacere, ti ho riconosciuto da come camminavi da lontano…Fatti abbracciare! Ma quanti anni sono passati?!”
Carlo: “Eh tanti, tanti, carissimo, ma tu sei sempre uguale…”
Fulvio: “Eccolì lì i due filibustieri…”
Carlo: “Ma noooo, non ci posso credere! Ma come stai??
Maurizio: “Evviva, cazzo, ma perché abbiamo lasciato passare tutto questo tempo?! Dovevamo trovarci prima!
Roberto: “E ci sono anch’io!!!”
Carlo: “Aleeeee, non potevi mancare
Maurizio: “Come va, vecchia carogna?!
Fulvio: “Qualche chiletto in più ma, sei sempre tu…
Giovanni: “Sorpresa!!! Eccomi!!”
Federico: “Eccoci di nuovo!!”
Maurizio: “Beh entriamo parliamo a tavola…”
Fulvio: “Quante avventure insieme alla radio! Che tempi, da allora non mi sono più divertito  così…”
Giovanni: “Erano anni irripetibili, ma forse senza la radio non sarebbe stato così bello…”
Federico: “Beh gli anni di via dei Cautieri sono stati davvero eccezionali…”
Roberto: “Vorrai dire via dei Cattaneo, la radio era lì…”
Federico: “Ma stai scherzando? Era via dei Cautieri…”
Giovanni: “Mah, secondo me non era nessuna delle due…Era una di quelle vie parallele…”
Fulvio: “Va beh ma cosa importa? Io mi ricordo bene lui al mixer quando faceva il notiziario, la prima boccata di libertà…”
Roberto: “No, ma non ero io che facevo il notiziario, io facevo “Fender & Co.”
Carlo: “Va beh comunque eravamo un bel gruppo, io e proponevamo “Il popolo del blues” con qualcuno di voi se non ricordo male…”
Federico: “Io detesto il blues, non ero certo io…”
Maurizio: “Ma non mi sembra ci fosse blues nella nostra programmazione…”
Fulvio: “Boh…”
Giovanni: “Comunque “Radio Fantasy”era unica!”
Carlo: “Radio Fantasy”?
Fulvio: “Ma non si chiamava “Blue Radio”?”
Maurizio: “Ragazzi, l’ho fondata io, si chiamava “Radio Music”! Eccheccazzo!”
Federico: “Gianni io mi ricordo, “New Radio” veramente…”
Maurizio: “Gianni? E chi è ‘sto Gianni? Io mi chiamo Maurizio…”
Federico: “Ah sì scusa, mi confondevo con Stefano…”
Fulvio: “Claudio, guarda che io non sono Stefano, sono Fulvio…”
Federico: “E io non sono Claudio, sono Federico…”
Carlo: “Eh beh a volte coi nomi ci si confonde, scusa Giorgio, secondo te dove era la radio…”
Giovanni: “Dici a me? Ma io non sono Giorgio, sono Giovanni…”
Carlo: “Giovanni? Ma sei sicuro?”
Giovanni: “Veramente no, ma sono stati anni magnifici lo stesso!”
Carlo: :”Ben detto!”
Federico: “Sicuro!”
Maurizio: “Eh certo!”
Fulvio: “L’importante è ritrovarsi!”
Roberto: “Dai mangiamo va…”
Cameriere: “Oh eccoli qui come un tempo gli amici di Radio Kabouter…Cosa vi porto?”
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Gli ex ragazzi di Radio Kabouter con Ricky Gianco (in una foto di qualche anno fa… più di qualche…)
www.radiokabouter.It
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di-biancoenero · 4 years
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Clara Calamai in La Cena delle Beffe (1942) diretto da Alessandro Blasetti, tratto dal dramma di Sem Benelli. Costumi di Gino Carlo Sensani
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penelopeics · 5 years
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Chi ten’ ‘a mamm’ è ricc’ e nun ‘o ssap’.
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Cara mamma
oggi ti ho sognata. Non pensavo più di dover andare a toccare nuovamente l’argomento che tu sei. E invece. Ecco, già la malattia del pianto mi torna, a scrivere questa introduzione! Capisci perché non vorrei proseguire?
Nel mio sogno eri giusto un po’ migliore di come sei davvero. Eri anziana, ma attiva, sul depresso, ma presente; non dormivi con papà nello stesso letto, ma nella stessa stanza sì; non eri allegra né gentile, ma ti prendevi cura di me, in qualche modo, senza fare della guerra, senza sminuire, biasimare, insultare, colpevolizzare, sbraitare né mentire. Eri molto simile a come sei: solo un po’ meno cattiva.
Tante volte mi sono chiesta come sarebbe stato avere una mamma sana di mente, non perfetta, solo più o meno sana. Forse saresti stata come in questo sogno.
Non è qualcosa che è sempre esistita, questa mia concezione di te. Da principio -nell’Era che sono Io- era normale che tu fossi come eri. Scontato. Non c’erano altre madri nel mio mondo. Al principio di tutto io ero una fogliolina sballottata di qua e di là dal vento che eri tu. Quando stavi bene, mi volevi bene, e qualche volta poteva capitare che mi facessi fare il cavalluccio canticchiandomi una filastrocca. La sera era il nostro momento, e per nulla al mondo mi sarei persa i suoni della tua pancia mentre guardavamo la tv e io ci stavo appoggiata come su un cuscino. Decidevi tu cosa guardare, sempre tu: non c’erano programmi più o meno adatti ai bambini. Così, in tenera età, ho visto Hitchcock, film drammatici, talk-show politici, programmi con quel pizzico di erotismo di troppo. Non potevo cavillare, erano momenti da cogliere al volo: chissà quando ancora saremmo state io e te, vicine.
Quando qualcosa ti offendeva te la prendevi con me, con tutti veramente, e anche con me. La mia età non contava. Ti ricordi quando non mi hai parlato per giorni perché non ero voluta andare alla festa di una bambina della tua classe? Essere timida, era un lusso che non potevo permettermi.
Nella mia mente mi ero fatta l’idea che tu fossi cattiva con il rossetto, e buona senza: non era così, ma sembrava pur sempre una regola cui aggrapparsi. Quando qualche volta eri struccata, dunque, quando eri in buona, mi chiamavi “Musica”: che nomignolo bellissimo! Cosa può esserci di più piacevole di una musica? Tanto mi sentivo gradita a te, in quei momenti.
Una volta ho sognato che morivi, avrò avuto 10 anni -minacciavi così spesso di andartene o ucciderti! Mi sono appiccicata alla tua schiena, attenta a non farti svegliare, per controllare che respirassi.  Ti arrabbiavi così tanto quando ti svegliavano! Anche la pipì dovevo farla pianissimo, e, non potendo uscire dalla stanza per non fare rumore con la porta, mi avevi messo un vaso da notte in camera, che dovevo usare al buio. Ho voluto dormire con te fino alla pre-adolescenza: chissà che nottetempo non te ne fossi andata, o peggio. Tanto con papà non ci dormivi più già da anni: non me lo ricordo nemmeno quando avete smesso. Per me non avete mai iniziato.
Amavi il potere e l’apparenza, li hai sempre amati. Dovevamo farti fare bella figura e per questo ci esibivi e non potevamo ribellarci -pena che non ci avresti più voluto bene. Se venivi invitata a una cena in centro dove poteva, magari, esserci qualche politico, una delle possibili opzioni era lasciarmi da sola chiusa in casa -a 12 anni o 10- se io non desideravo venire con te. Quella volta c’era Casini al tavolo accanto al nostro, wow. Il risotto al limone mi faceva schifo.
Ti piaceva il potere e in particolare ti piacevano gli uomini potenti, per questo, credo, ti è sempre piaciuto tanto il duce, anche se non sei così vecchia da averlo conosciuto. Purtroppo. Come lui, però, non esitavi a fare la guerra, a noi bambini, anche, ma soprattutto a papà, che ti lasciava passare ogni cosa e al massimo sibilava “mascalzona”, mentre tu gli auguravi di morire in vari brutti modi. Non ti ha mai lasciato, papà, anche se il divorzio era già legge l’anno prima che vi sposaste. Urlavi sempre con lui e lo insultavi piangendo, se però comparivamo noi, svegliati dalle urla, ti comportavi come se non stesse accadendo niente, come se avessimo potuto non sentire, e sorridevi con gli occhi rossi e umidi.
Poi a un certo punto ho iniziato a capire. Ho iniziato a notare le mamme degli altri, quelle dei telefilm: delle prime avevo paura -sia mai che fossero come te. Le seconde mi sembravano fantascienza. Ho iniziato ad arrabbiarmi perché non potevi, semplicemente, amarmi come avevo bisogno che mi amassi? Se eri malata, perché non ti curavi, semplicemente? Qualsiasi fosse la soluzione, perché non la trovavi? Ho iniziato ad arrabbiarmi e a spaccare le cose, ormai avevo imparato da te a dubitare di ogni mio pensiero ed emozione, perché i miei pensieri, e anche le emozioni, che non ti piacevano dicevi che non erano veri, e non erano leciti. 
Ma io volevo essere felice, ma’, non so perché mi sono messa in testa questa idea stramba, non so da chi l’ho presa. E così mi sono fatta aiutare. Ho iniziato a seppellirti, piano piano, nel mio cuore. Da essere la persona più importante in assoluto per me (I needed you, you didn’t need me, cantava John Lennon), sei diventata una cicatrice: insensibile e inutile.
Ho rinunciato a te così tanto tempo fa che nemmeno me lo ricordo, eppure due anni fa ti ho pensato con tenerezza, con perdono. Ho pensato a quanto ti sia sentita un fallimento, quanto spesso, e ho provato pena. “Certa gente è meglio se non si rende mai conto di quanto è disturbata”, mi ha detto una volta qualcuno: “se se ne rendesse conto potrebbe anche ammazzarsi”. E tu mi sa che conto non te ne sei resa mai, meglio così. Averti pure sulla coscienza, se no...
Sei stata la personificazione dell’incomunicabilità, dell’impossibile e della tragica frustrazione. Del non capire mai, del non ascoltare mai, del colpire con brutali parole, del farsi beffe delle proprie vittime auto-elogiandosi. Mi hai cresciuto con la convinzione di essere predestinata alla sfiga, brutta e anche cattiva. Hai generato una famiglia apparentemente solo per poi distruggerla, hai risucchiato -e continui a risucchiare- chiunque entra in relazione con te nel buco nero che sei. Tu che hai preso ogni possibile decisione sbagliata, che spendevi milioni per i tuoi abiti e che lasci, ora che è anziano e disabile, che papà non abbia che vecchie magliette lise e bucate e solo un paio di pantaloni. Tu che innalzi su un piedistallo chi ti può servire e lo scaraventi poi nel nulla assoluto non appena ti contraddice. Tu che nessuno è stato capace di fermarti o opportisi, in tutta l’Era che sono Io. Tu che psichiatri, assistenti sociali, avvocati, consigliano di “lasciar perdere”.
Sono stanca, mamma. Non so come devo finirlo questo pezzo. Forse perché non è finito.
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vegiamilan · 5 years
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Nanni Svampa
Nato nel ’38 in un quartiere popolare di Porta Venezia, aveva una laurea in economia e commercio e veniva spesso rimproverato dal padre ragioniere: “Ti ho fatto studiare e tu perdi tempo”.
Lui invece diventava ogni giorno più grande nel mondo dello spettacolo: traduceva Brassens e scriveva canzoni, testi per il teatro e per la televisione e recitava al Piccolo Teatro, al Gerolamo su altri palcoscenici di prestigio.
(nella foto Franco Presicci)
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Copertina del libro di ConfalonieriUn pomeriggio, nel suo vecchio studio di via Fiori Chiari, a Brera, dove lui era insignito scherzosamente del titolo di sindaco, dato l’attaccamento che dimostrava alla vita, alla storia, alla conservazione del quartiere, riunì un gruppo di amici, compreso Giulio Confalonieri, critico e storico della musica allora al “Giorno” e amico dei “clochard”, che gli ispirarono il libro, oggi quasi introvabile, “I barboni di Milano”, per assistere a un’esibizione improvvisata e amichevole di Nanni Svampa, Gianni Magni, Roberto Brivio, Lino Patruno, che, ribattezzati con in nome di “Gufi”, fecero poi un’abbondante vendemmia di successi. Dopo averli ascoltati, Zecchillo s’infiammò: “Sono davvero bravi: avranno una carriera più che brillante”. In quell’occasione conquistarono anche il maestro. Quattro o cinque anni fa, intervistando al telefono Svampa, che viveva a Porto Valtravaglia, sul Lago Maggiore, ma veniva spesso nel capoluogo lombardo, gli accennai a quell’esordio non ufficiale, ma lui fece fatica a ricordarlo. Era così lontano nel tempo e così estemporaneo, con un pubblico così striminzito, sia pure con la presenza di un personaggio eminente come Confalonieri, che tra l’altro aveva composto e messo in scena nel ’23, a Londra, il balletto “Une nuit de Versailles”; era stato applauditissimo pianista concertista, aveva scritto una Storia della musica e composto una biografia del Cherubini vincitrice del Premio Bagutta. L’ispiratore dei “Gufi” era stato Nanni, che mi spiegò di aver avuto l’idea mentre cercava un posto in cui fare il cabaret: “Incontrai al ‘Capitan Kid’, nei pressi della Biblioteca Ambrosiana, Lino Patruno, jazzista di grande valore, e cominciai con lui e con Didi Martinaz. 
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Poi all’Intra’s Derby Club, in viale Monterosa, m’imbattei in Roberto Brivio e in Gianni Magni. La Martinaz andò via e rimanemmo in quattro. Io ero il cantastorie; Lino il cantamusico; Gianni il cantamimo; Roberto il cantamacabro. Il pronostico di Giuseppe Zecchillo si avverò: il fenomeno dei “Gufi” esplose. Spettacoli celebrati dappertutto, televisione compresa. Prendevano per i fondelli i politici, i preti, la piccola borghesia… Nanni Svampa in casa di un’ex compagna di scuola aveva ascoltato alcuni brani di Georges Brassens, se n’era innamorato, e aveva iniziato a tradurli in milanese; e così luoghi e personaggi della Senna sbarcarono sui Navigli, facendo pensare alle atmosfere dell’Ortica. Nel ’68 Svampa portò l’autore francese al Piccolo Teatro, tra vasti consensi.
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Piero Mazzarella
E altrettanti ne suscitò successivamente l’iniziativa della Durium, che aveva sede in via degli Osii (dal nome di una famiglia patrizia), passaggio tra piazza Mercanti e via Orefici, sfornando “La Milanese” in dodici 33 giri, un documento storico, una testimonianza di enorme interesse. Che presentò in una serata affollatissima, presenti critici, giornalisti, addetti-stampa di case discografiche… al vecchio ristorante “Cascina Abbadesse”, nell’omonima via un tempo costellata di architetture rurali che abbracciavano una Badia. In quei solchi magici Svampa cantava e Patruno suonava. “Eravamo un gruppo divertente, anche se ogni tanto si litigava”, mi disse Nanni, empatico e schietto, disponibile, milanese con il cuore in mano. Ma non tutte le cose belle durano in eterno. E così verso il 1969 le incomprensioni dovute anche alla diversità di vedute provocarono crepe irreparabili e i “Gufi” si sciolsero. Sembra sia stato Gianni Magni il primo a disertare. “Era la Milano dell’ottimismo e del fervore – mi disse Nanni - con una generazione di comici che facevano la satira della società del ‘boom’... Io proseguii gli spettacoli con Antonio Mastino alla chitarra. Dopo i ‘Gufi’ allestii il trio con Lino Patruno e Franca Mazzola, quindi il duo con Lino, senza trascurare la tradizione di Brassens. Oggi a 30 anni dalla morte del cantautore, scrittore, poeta francese, (amato anche da Fabrizio De Andrè: n.d.a.), sto portando in giro un concerto dedicato a lui, oltre al Cabaret Concerto, antologia di canzoni e storielle”. Nanni Svampa era laureato in economia e commercio. Il padre, ragioniere, lo rimproverava ogni notte, quando aspettava in piedi il suo rientro: “Ti ho fatto studiare e tu perdi tempo”. Ma Nanni di tempo non ne perdeva: passava ore e ore per fare le prove al cabaret. Si era introdotto nel mondo musicale all’università Bocconi con “I soliti idioti”.
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Zecchillo nel suo studioIl vero debutto nel ’60 con la satira musicale “Prendeteli con le pinze e macellateli”, al Piccolo Teatro di Paolo Grassi e Giorgio Strehler e al Gerolamo, il teatro-bomboniera di piazza Beccaria, in cui si esibirono nomi prestigiosi: Piero Mazzarella, Milly, nel ’58 Edoardo De Filippo con L’Opera del Pupo” (nella seconda parte il grande attore si presentò nelle vesti di Pulcinella nella farsa in un atto di Antonio Petito “Pulcinella vedovo e disgraziato padre severo di una figlia nubile, con Felice Sciosciammocca creduto guaglione e’ n’anno”). Lo spettacolo di Nanni andò in scena con alcuni suoi colleghi di ateneo e Nuccio Ambrosoni. Due anni dopo rieccolo nei panni di Nencio ne “La cena delle beffe” con Besozzi. Nel ’69 scrisse “La mia morosa cara”, canti popolari meneghini e lombardi. Nel ’77, alla ribalta all’Odeon con “I desgrazzi di Giovannin Bongè” del Porta. Una vita sul palcoscenico e negli studi televisivi. Sempre presente e puntuale al Festival della Canzone milanese, a Inverigo, con Liliana Feldmann, Lino Patruno e Walter Valdi, che di giorno faceva l’avvocato e la sera recitava al Derby di Enrico Intra, dove sfilarono Charles Trenet, Umberto Bindi, Daisy Lumini e tanti altri, spettatori a volte Giorgio Gaber, a volte Paolo Stoppa e Rina Morelli… 
Il suo primo disco fu “Nanni Svampa canta Brassens”; con “I Gufi” “Milano canta” e “I Gufi due secoli di Resistenza”… Scrisse il volume “Scherzi della memoria” edito da Ponte delle Grazie…Nato nel ’38 a Porta Venezia, Nanni conosceva molto bene i quartieri popolari di Milano e li cantava, come cantava la Milano che cambiava volto. Quando nel ’69 il gruppo si disperse i “fans” rimasero delusi. Si risollevarono nell’81, quando il matrimonio riprese fiato con la trasmissione “Meglio Gufi che mai”, ad Antennatrè Lombardia, la televisione che ebbe tra i suoi principali esponenti in plancia Enzo Tortora, giornalista dallo stile squisito (fu alla “Nazione” di Firenze), conduttore coltissimo ed elegante, gentiluomo di antico stampo e tra i conduttori Ettore Andenna (uno dei suoi programmi “la bustarella”. Nanni Svampa partecipò a film e sceneggiati molto seguiti; realizzò recital al Teatro Uomo e soggetti cinematografici e “sketches” per la Rai, e fece tante altre cose. Era infaticabile, appassionato, ricco di idee, prolifico, studioso, ricercatore di brani nati nelle campagne, tra i contadini. Se n’è andato a 79 anni in un ospedale di Varese, suscitando tanta commozione: Ferruccio De Bortoli, già direttore del “Corriere della Sera” e de “Il Sole-24 Ore”: “Addio a Nanni Svampa, interprete di una Milano popolare, autentica, sincera”. Cordoglio anche da parte del sindaco Sala. Qualcuno ha scritto che Nanni Svampa era e continua ad essere il simbolo di Milano; e accenna ai titoli di alcune sue canzoni, tra cui                “El minestron”, “Se gh’ann de dì”, “L’era on bel fior”, “Porta Romana bella”; e le canzoni dell’osteria (“La cervellera”, “Il frate cappuccino”…). Era geniale, uno dei personaggi più rilevanti della musica italiana; antesignano del cabaret. Il tempo non potrà cancellare le sue tracce.
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korrektheiten · 7 years
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Umberto Giordano
LePenseur:"... der heute vor 150 Jahren in Foggia geboren wurde, stand Zeit seines Lebens und bis heute im Schatten seiner populäreren Zeitgenossen Leoncavallo, Mascagni und natürlich Puccini.  Neben Pietro Mascagni und Ruggiero Leoncavallo gilt Umberto Giordano mit seinen effektvollen Opern als der bedeutendste Vertreter des Verismus. Er ist vor allem Dramatiker; seine übrigen Werke stehen im Schatten seiner Opern. Deren bedeutendste, Andrea Chénier, ist nach wie vor auf den internationalen Spielplänen zu finden, während Fedora erst seit den 1980er Jahren wieder auf vermehrtes Interesse stößt.  ... schreibt Wikipedia. Wie wenig das zwischenzeitige Desinteresse berechtigt war, zeigt die folgende Aufnahme der "Fedora" (mit Renata Tebaldi in der Titelpartie): Mehr als ein Vierteljahrhundert nach "Fedora" schrieb Giordano mit seiner Oper "La cena delle beffe" ein zwar nicht erfolgreiches, aber musikalisch umso interessanteres Spätwerk: Interessant die im Wikipedia-Artikel aufgestellte Theorie, warum nach 1929 (Giordano lebte ja noch bis 1948) keine Oper von ihm vollendet wurde: Obwohl er noch verschiedene andere Pläne zu Bühnenwerken hatte, hat er nach 1929 keine weiteren mehr kompositorisch umgesetzt, wohl wegen der Erkenntnis, dass inzwischen das Kino die Oper als populäre Gattung abgelöst hatte.Und eine Karriere als Filmkomponist war verständlicherweise für einen Komponisten seines Alters und Ansehens schwer vorstellbar ... http://dlvr.it/Pj8bT4 "
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Le ruote iniziano a muoversi, stesso terminal che appena sette giorni fa ha visto una me spaventata chiedere a se stessa cosa ci facesse lì e perché avesse deciso di spingersi così oltre il limite che la timidezza le aveva imposto. Guardo fuori dal finestrino il gruppo di ragazzi che ci saluta e Bianca sta ancora piangendo, io ho smesso qualche minuto fa e vorrei scendere per abbracciarla un'ultima volta. Già mi manca.
Per una settimana ho chiamato "casa" un ambiente che di casa mia non ha neanche il nome. "Haus"(casa in tedesco), è stato questo il suo nome per una settimana. Non sono stata una semplice turista, non ho vissuto in un hotel, nessuno ha rifatto il mio letto la mattina. Ero la figlia acquisita di una famiglia di sconosciuti e mia "sorella" era una ragazza che prima di allora avevo visto solo in foto. Rinunciare alle piccole abitudini non è stato facile, cercare di godermi l'esperienza senza farmi prendere dall'ansia nemmeno, superare l'ostacolo della timidezza? Un'impresa.
Mio padre dice che i bei momenti sono tali perché finiscono, dice che se durassero per sempre non sarebbero più una piacevole eccezione ma la normalità. Forse ha ragione: sei perfettamente consapevole dell'effimera durata di certe gradevoli situazioni inusuali quindi tendenzialmente ti godi fino in fondo ogni istante. Oppure sono queste tredici interminabili ore di pullman (sono come i rotoloni Regina: non finiscono mai!) che stimolano il mio cervello a riflettere sulle più impensabili questioni esistenziali.
Mi guardo intorno e noto che Nostalgia si sta autoritraendo su ogni viso: è una grande compagna di viaggio, si sta occupando di noi da due giorni. Si siede sul sedile affianco al mio, mi cinge le spalle con un braccio e io mi appoggio a lei, inizia a palare mentre io chiudo gli occhi e mi perdo nel suo racconto.
"Ti ricordi quando sei arrivata? Sei scesa dal pullman e quell'odore forte di cavallo ha invaso le tue narici, ti sei guardata attorno spaesata in cerca della tua partner, ma non riuscivi a trovarla. Poi eccola: un metro e settantacinque, occhi azzurri, capelli neri. L'avevi immaginata più bassa. Livello di disagio: 9. Siete arrivate casa e BOOM momento imbarazzantissimo: la cena. Sei rimasta in silenzio mentre Ansia rideva senza sosta, loro parlavano in tedesco e tu riuscivi solamente a pensare a come avresti fatto a finire quello schnitzel gigante e avevano messo nel tuo piatto. Livello di disagio: 10. Hai pianto molto quella sera, avevi bisogno di un abbraccio, di qualcuno che ti dicesse che sarebbe andato tutto bene, purtroppo nessuno l'ha fatto.
La mattina dopo ti sei svegliata e ti sei presa qualche minuto per realizzare che no, non era solo un brutto sogno, avevi veramente dormito in quel letto, in quella stanza. Lei ti aveva preparato il caffè lungo(acqua sporca) per colazione e mentre lo bevevi ripensavi al tuo amato espresso, fino a quel momento non ti eri mai resa conto di quanto fosse buono. Sul treno per Monaco avete incontrato un ragazzo vestito da Pikachu che in dieci minuti si era integrato meglio di te dopo diverse ore. Da Starbucks non hai resistito e preso in mano il telefono hai scattato una bella foto insieme al tuo bicchiere con il famoso logo in bella vista perché a quel rito non ci si può sottrarre (ovviamente tutto documentato sulla tua InstaStory). Dopo la giornata passata tra grandi parchi, negozi e treni stranamente in perfetto orario, è arrivato il momento di prepararsi per la festa, quindi hai messo il tuo bel vestito, ti sei truccata al meglio, hai indossato le tue scarpe preferite e quando sono arrivati tutti è successa una cosa straordinaria: ERI PRONTA IN TEMPO. Ora non so se l'aria tedesca ti ha fatto diventare puntuale o sei impazzita di colpo ma questa storia che tu riesci a non essere in ritardo è troppo strana.
La festa è iniziata, l'atmosfera si è scalda e finalmente avete sfoggiato le vostre doti coreutiche lanciandovi in mezzo alla pista, un po' alterati dal magico "coraggio liquido". La serata è passata così, tra Cicirinella, 50 special e qualche canzone in tedesco, del cui testo non avete capito nulla ma in quel momento non importava, voi avete continuato a ballare e cantare a squarciagola: belli, disagiati e felici.
Il giorno seguente siete andate al lago di Chiemisee con la madre e il fratello di Bianca, Sara, Elizabeth (la partner) e la sua famiglia. Avere Sara affianco ti aveva tranquillizzato, probabilmente perché lei sorride sempre ed è molto rassicurante, era il tuo punto di riferimento quando Ansia si avvicinava. Al ritorno in macchina eri molto silenziosa, eri troppo concentrata a guardare il mondo che scorre dietro al finestrino mentre cercavi di scattare una foto mentale infinita. Ti sei girata verso Bianca e lei ti ha sorriso, nel giro di pochissimi istanti ti sei accorta di quanto tutto stesse diventando sempre più familiare: i volti, gli odori, le voci, la macchina, la haus, la tua stanza, il tuo bagno... tuo. Vivevi lì da soli tre giorni e già quella non è più una stanza qualunque ma la tua stanza, ti stavi lentamente ambientando e Ansia stava iniziando ad allentare la presa, a farti respirare. Tante foto, molti video (sembravi una turista cinese), avresti voluto fermare il tempo e contemporaneamente speravi che quei quattro giorni passassero in fretta.
Lunedì avete visitato Erding e una volta entrati in quel parco enorme siete passati da essere ventitré ragazzi di sedici anni a scendere come dei bambini il primo giorno di primavera da quello scivolo esageratamente alto. Ho cercato di rapirti quel giorno, ma le voci dei tuo compagni e soprattutto i loro abbracci ti davano coraggio, troppo...o almeno abbastanza da farmi allontanare.
Il martedì mattina io mi sentivo sempre più forte: la tua famiglia, la tua casa, la tua migliore amica, il tuo letto, il tuo espresso, ti sei chiesta quanti giorni mancassero, ti sentivi un'idiota e pensavi che forse non stavi sfruttando a pieno quell'opportunità. Gli autobus ti hanno sempre fatto quest'effetto: inizi a pensare e a riflettere su ogni minima cosa, facendo discorsi interminabili fra te e te. Hai confidato i tuoi sentimenti a Francesca, hai parlato con lei di quello che ti stava accadendo e lei ti ha detto che era esattamente nello stesso stato. Ti sei sentita meno sola.
Verso le otto eravate a casa troppo stanche per uscire, quindi avete dato buca al gruppo e avete deciso di mangiare qualcosa. Ti sei seduta al tavolo, la madre ha preso due bottiglie di vino e ti ha versato un bicchiere, poi un altro, un altro ancora. Avete iniziato a ridere di gusto mentre vi raccontavate qualche pettegolezzo, a te girava la testa e Bianca si è subito accorta che forse il vino stava facendo il suo effetto. Mi ha accompagnata in camera, ha preso una maschera per il viso e avete messo su un po' di musica: eravate praticamente due amiche di vecchia data e per la prima volta ti sei sentita davvero "parte della famiglia".
Il big match Germania-Italia di mercoledì ha lasciato tutti senza parole (per documentarlo al meglio mi faccio aiutare da Elia). I giocatori erano tutti pronti e la tensione era palpabile, campo da calcio a cinque, voi ovviamente in cinque, loro in nove (compreso il professore). Nonostante l'inferiorità numerica e contro ogni previsione avete dimostrato che ciò che conta è la qualità: Germania-Italia 1-5. Avete portato a casa questo risultato e vi siete goduti il pomeriggio alle terme, mentre tutti correvano freneticamente sulle scale, tu, Sara e Marco vi rilassavate nell'idromassaggio. Le ore passavano e tu iniziavi a realizzare che il giorno dopo sarebbe stato l'ultimo, le tue emozioni erano alquanto confuse: non vedevi l'ora di riabbracciare tuo fratello e simultaneamente avevi l'impressione che il tempo non fosse mai abbastanza.
Di colpo eccolo qui, il fatidico ultimo, quello in cui vorresti fare di tutto perché il tempo scorre facendosi beffe dei tuoi "Prima di ripartire devo assolutamente farlo"; quello in cui nella tua testa c'è solo un ammasso di pensieri, progetti, sensazioni, emozioni; quello in cui non riesci a essere troppo contenta perché sai che tra poche ore dovrai salutare qualcuno con cui hai vissuto per una settimana e che non rivedrai per molto tempo.
Siete andati al campo di concentramento di Dachau, il primo ad essere aperto, e la vostra guida è stata sorprendente, tanto da ottenere l'attenzione di tutti e da riuscire tenerla ben salda fra le sue mani per tutta la durata della visita, tanto da riuscire a farvi immaginare tutto ciò che raccontava, tanto da farvi vivere ogni singola tortura e farvi sentire le urla di chi riceveva i colpi di nervo sui reni. Dopo un paio di ore i visi di tutti erano rigati di lacrime, tranne il tuo e quello di Marco: voi due eravate gli unici che non riuscivano a piangere perché tutto sembrava un assurdo racconto, una storia irreale, troppo irreale, troppo sadica, troppo malata, troppo per le vostre menti che non riuscivano a spingersi fino ad un tale livello di disprezzo per delle vite umane, fino ad un tale livello di crudeltà. Angoscia, solo tanta angoscia. Mentre camminavi sentivi il rumore della ghiaia sotto i tuoi piedi e pensavi a chi come te aveva sentito quello stesso rumore, ma a differenza tua non si sono lasciate quel cancello alle spalle sulle proprie gambe.  
Ieri sera è stato il mio momento di gloria, tutta l'attenzione era su di me, ero l'emozione predominante, ero in tutte le teste, in ogni gesto, sguardo, risata. Vi siete divertiti e non avete sprecato neanche un minuto, ogni granello della clessidra era prezioso e nessuno sembrava avere la minima intenzione di voler lasciare quel posto. Avete ripercorso ogni momento insieme come stai facendo tu ora con me mentre il tempo vi remava ancora una volta contro e sembrava divertirsi molto.
Quella sera, quell'ultima, tutti sorridevano, ma nei loro occhi si leggeva chiaramente quel velo di tristezza, tutti squarciati dal solito "Voglio ripartire ma non voglio", tu quella sera avresti veramente voluto dire al tuo caro amico Tempo di fermarsi un attimo e di sedersi con voi a bere una birra, voi che nonostante in tre anni vi foste parlati a malapena avevate trascorso insieme dei momenti meravigliosi, voi che vi eravate sostenuti a vicenda quando io sembravo essere troppo pesante, voi che ancora una volta eravate belli, disagiati e felici."
A Sara e Marco, i miei compagni di pipì.
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