Tumgik
#fontana luminosa
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
5 notes · View notes
canadianabroadvery · 10 months
Text
Tumblr media Tumblr media
Fontana Luminosa (Luminous Fountain), in L’Aquila, Abruzzo, Italy.
The fountain located in the city of L’Aquila in central Italy, is called Fontana Luminosa, which translates to ��luminous fountain.” It was created in 1934 by sculptor Nicola D'Antino. The fountain is characterized by two female bronze nudes supporting characteristic basin of Abruzzo, placed on a circular basin, raised by steps. It is located in historical center of the city and takes its name from the suggestive play of lights on the water that comes alive at night.
4 notes · View notes
Text
Tumblr media
Claire Fontaine, Fontana Luminosa (Marco), 2023
17 notes · View notes
lovewillthaw-j · 10 months
Text
Tumblr media
I just learnt about this fountain (Fontana Luminosa) in Italy. At the right time of day, cloudless sky, with the proper camera angle the water is illuminated by the sun and looks like fire!
Tumblr media Tumblr media
(2nd image: daenal on reddit)
Wade and Ember!
Tumblr media
23 notes · View notes
mosertone · 11 months
Text
Tumblr media
There is an unusual fountain in the Italian town of L'Aquila, which is called Fontana Luminosa ("illuminous fountain"). The sunlight passing through this fountain feels like it is pouring fire lava.
22 notes · View notes
giancarlonicoli · 1 month
Text
7 apr 2024 17:30
TAAC! RENATO POZZETTO RACCONTA A “GENTE” LO SCHERZO TREMENDO CHE FECE CON COCHI E JANNACCI A LINO TOFFOLO: “LO SEGUIMMO, MENTRE ERA APPARTATO IN AUTO CON UNA GIORNALISTA DI “FAMIGLIA CRISTIANA”. APPOGGIAI IL SEDERE NUDO AL SUO FINESTRINO. POI SCAPPAMMO VIA. QUANDO TORNÒ AL DERBY ERA  ROSSO PER LE RISATE E CI RACCONTÒ COSA GLI ERA SUCCESSO MENTRE LIMONAVA. NOI ZITTI, MORIVAMO DAL RIDERE���” – E POI LE DONNE, LA DROGA AL DERBY, LA CARRA’ CHE NON VOLEVA A "CANZONISSIMA" LUI, COCHI E BOLDI (“ERA UNA BALLERINA, CHE NE CAPIVA?”) E COME NASCE IL MITOLOGICO “TAAC”... -
Maria Elena Barnabi per Gente 
Gli occhi sono un po’ velati, il viso è pieno di rughe, ma la voce fa impressione: è quella di sempre. Stentorea, delineata, con la ben riconoscibile cadenza milanese che l’ha reso famoso in tutta Italia. «Quando salgo in taxi mi basta dire: “Mi porta in via Calatafimi?”, che il tassista si gira e dice: “Ma lei è Pozzetto?”». Ed è proprio quella voce lì che dovete sentire nelle orecchie quando leggete le risposte che Pozzetto ci dà in questa lunga chiacchierata. 
Lei è il ragazzo di tutti. 
«Sì, abbastanza». 
Uomini, donne, bambini, le vogliono bene tutti. 
«Me lo dicono spesso». 
È sempre stato così? 
«Sì. Perché anche da ragazzo andavo sempre alla ricerca dell’allegria. Non costava niente. Ci divertivamo tutti. Qualcuno aveva la casa libera, facevamo scherzi, suonavamo. Cantavamo le canzoni popolari. Ci prendevamo in giro anche in modo feroce. Come la commedia all’italiana: che fa ridere anche quando racconta le tragedie». 
L’intervista potrebbe già finire qui, perché in queste frasi c’è già dentro tutto: l’ironia di uno degli artisti che ha inventato il cabaret italiano, l’amore per il surreale che ha conquistato diverse generazioni, la consapevolezza di chi era povero ed è diventato ricchissimo.
Ma siccome Renato Pozzetto a quasi 84 anni è venuto apposta per noi a Milano dal Varesotto – dove abita in una grande villa, la moglie Brunella non c’è più dal 2009 – per parlare della sua bella autobiografia, andiamo avanti. Lo incontriamo in pieno centro a Milano, nella luminosa sede della società di produzione televisiva e cinematografica dei figli Francesca e Giacomo, alle pareti quadri di Mario Schifano: «Se volete fare il cinema, rimanete dietro le quinte gli ho detto», spiega lui.
«E così abbiamo aperto questa società». La sua autobiografia si chiama Ne uccide più la gola che la sciarpa e dentro c’è la storia d’Italia, quella del Dopoguerra e del boom economico e dei giovani che volevano divertirsi, creare, inventare e lasciarsi alle spalle l’infanzia sotto le bombe. Oltre a ciò c’è anche, naturalmente, la storia personale di Pozzetto: l’infanzia da sfollato nelle montagne di Varese dove incontra e diventa amico di Cochi Ponzoni. Le notti all’osteria l’Oca d’oro insieme agli artisti Piero Manzoni e Lucio Fontana. Le serate a cantare al cabaret, dove il duo Cochi e Renato viene notato da Enzo Jannacci che da allora decide di prendere i due ragazzi scatenati e geniali sotto la sua ala protettrice. I successi al Derby, lo storico locale milanese di cabaret, insieme con i ragazzi del “Gruppo motore”, cioè Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Felice Andreasi, Bruno Lauzi. E poi la Rai, la Carrà, “la vita l’è bela”, le mille traversate Roma-Milano in auto, il film, i soldi, le case, le mangiate alla mitica trattoria Cantarelli di Busseto nella Bassa padana, le bevute, i ristoranti, le donne. Da sfondo, una Milano che ti fa venire voglia di averla vissuta in quegli anni lì. 
Perché ha scritto la storia della sua vita a 83 anni suonati? 
«Prima insistevano gli editori. Poi gli amici: bevi un bicchiere in più e magari racconti qualcosa in più. E così alla fine mi sono deciso a farlo. È stato piacevole scrivere cose che non mi ricordavo. Volevo raccontare le cose con la mia filosofia». 
(...)
Il suo “Taac” e i mille modi di dire di Cochi e Renato sono entrati nel costume di tutti gli italiani.
«Le frasi che sono rimaste le ho trovate io. Mi è sempre piaciuto osservare le persone, mi affascinavano, e poi volevo aggrapparmi a qualcosa che mi faceva sorridere. “Bravo sette più” era un modo per far ridere gli studenti, era portare in scena la stronzata dei voti. Invece Taac lo diceva un amico che veniva al Derby: “Ciao Renato, sono andato al casinò, ho vinto. Taac”. Lo feci mio». 
Si dice che al Derby ci fosse una stanza per gli artisti e le loro “amiche” della serata. «Tutto vero. Una sera la stanza era occupata da non so più chi e allora Lino Toffolo – caro Lino, scriveva delle canzoni bellissime – uscì in auto con una sua amica, una giornalista che lavorava pensi un po’ a Famiglia Cristiana. Io, Cochi e Enzo lo seguimmo e, mentre erano appartati, scesi dall’auto e appoggiai il sedere nudo al suo finestrino. Poi scappammo via. Quando tornò al Derby era tutto rosso per le risate e ci raccontò cosa gli era successo mentre limonava. Noi zitti, morivamo dal ridere». 
Nel libro cita spesso le “simpatiche signorine” che vi stavano attorno.
«Ho iniziato con la chitarra in mano nei locali a 15 anni. Dai, di certo non ho mai dormito all’umido...». 
E di droga ne girava al Derby? 
«Ma che domanda mi fa? Era il cabaret, erano gli Anni 60. Come chiedermi se c’era la “mala”...». 
Lo prendo per un sì. Passiamo oltre. Mentre eravate stelle del Derby, nei primi Anni 70 vi chiamò la Rai per fare un programma con Raffaella Carrà. Era Canzonissima, il varietà del sabato sera, il più seguito in Italia. 
«Ci convocarono dall’oggi al domani, andammo a Roma in fretta e furia, con noi c’era anche Massimo Boldi. La sera poi dovevamo tornare per fare uno spettacolo. La Carrà alla riunione non si fece vedere e ci dissero poi che non ci voleva. Ma era normale: era una ballerina, cantava il Tuca tuca. Cosa c’entrava con noi? Cosa ne capiva?». 
Invece voi rimaneste, e aveste l’idea di andare in onda per finta da un seminterrato. 
«Facevano finta di guardare su con un periscopio e dicevamo che le ballerine erano bellissime, usavano minigonne vertiginose e che avevano gambe perfette come la Carrà. Facevamo lo sketch del contadino, io parlavo con la radio. Poi la sigla E la vita, la vita entrò in classifica, divenne un successo incredibile. Si ricredettero tutti». 
Mentre facevate Canzonissima arrivò la prima offerta del cinema per lei solo: Per amare Ofelia, era il 1974. 
«Feci leggere il copione a Jannacci, lui mi disse: “Per me è una cagata”. E io gli risposi con l’ultima frase della sua canzone Prete Liprando: “E io lo faccio lo stesso!”. (Segue visione su YouTube del filmato di Jannacci che canta la canzone, ndr)». 
Da lì la sua vita cambiò. 
«Una bomba. Uscì il film, fu un grande successo, mi diedero il David di Donatello. Tutti parlavano di me, mi volevano. Quell’anno mi offrirono tre contratti con De Laurentiis credo, oppure erano cinque, non ricordo. Giravo a Madrid e poi tornavo nel weekend per fare la tv». 
Quanto guadagnò in quel primo anno? 
«Cento milioni. La mia vita cambiò totalmente. Io ero nato povero, sfollato, senza casa. Per anni avevo fatto la fame di notte nei locali, di giorno vendevo ascensori. Anche a teatro, da famosi, ci davano due lire. Con il cinema arrivarono cachet altissimi. 
Cosa ne fece?
«Comprai subito la casa per i miei genitori insieme a mio fratello che era un agente immobiliare. Facemmo la casa di Gemonio, al lago, una casa grande per tutti, camere da letto per l’intera famiglia. Così anche i ragazzi erano a posto». 
(...)
Fu a causa del cinema che le strade tra lei e Cochi si separarono? 
«All’inizio lui fece qualche film da solo e poi anche con me. Quando era possibile facevo lavorare i miei amici, come in Sturmtruppen. Alla fine Cochi scelse il teatro, lasciò la moglie e i figli e andò a Trieste dove c’era la sua nuova fidanzata. E così le nostre strade si divisero». 
Il ragazzo di campagna è senza dubbio il suo film più amato. 
«Quel ragazzo lì ero io. Anche in Sono fotogenico misi molto del mio, la scena del provino in cui non cambio espressione era una mia idea. Sa quel che mi dà fastidio? Dicono che Il ragazzo di campagna sia stato visto da 100 milioni di persone in tv. Però allora non c’erano i diritti dello sfruttamento televisivo. E io di quelli non prendo niente». 
Ha girato più di 70 film. Si è mai pentito di qualcuno? 
«E lei non si è mai pentita di niente? Ma la vita è fatta così». 
0 notes
Text
Tumblr media
La Fontana luminosa.
La fontana monumentale dell'Aquila , costruita nel 1934 , per un strano effetto ottico al tramonto s'infuoca.
Nulla di strano , nulla di magico è semplicemente la luce del sole che attraverso la fontana sembra versare lava.
Fonte foto:https://www.reddit.com/r/interestingasfuck/comments/wfzfwq/sunlight_through_this_fountain_looks_like_it_is/
0 notes
personal-reporter · 10 months
Text
Lumen Light Fest 2023 a Convensano
Tumblr media
Tra 150 paralumi vintage, 60 lanterne artistiche, 15 designer per 10 installazioni è da non perdere la seconda edizione del Lumen Light Fest nel centro storico di Convensano, in Puglia, dove, fino al 31 agosto il percorso artistico a cielo aperto consentirà ai visitatori di godere di suggestivi scorci del borgo illuminati nel cuore della notte. L’evento è stato ideato dei rappresentanti istituzionali del Comune di Conversano con il vice sindaco Roberto Berardi e l’assessore al turismo e alla cultura Katia Sportelli; per la BCC di Conversano, main sponsor dell’evento, il presidente Tonino Laruccia, e i rappresentanti dell’Associazione Fatti di China, organizzatrice dell’evento con tutti gli artisti coinvolti. Le dieci  installazioni sono anche visioni diverse di interpretare l’arte e la luce, dando significato e invitando anche alla riflessione. Partendo da Arco Carelli il visitatore incontra i paralumi vintage di Local Frames e poi i secchi colorati di Pino Incredix pronti a ricreare un cielo colorato per far divertire ma anche per far riflettere sull’importanza dell’acqua. Ci sono poi le grandi lanterne fatte di luminarie e una grande coda da pavone che aspetta il visitatore, permettendo ai passanti di portare, con una foto, la bellezza delle luci di Francesco Laruccia. Infine, passando da via Marcucci e giunti in villa Garibaldi, l’arte luminosa che si fa imponente con una serie di opere, Luigi Console e Mariangela Distante, reduci dal successo al Light Festival di Amsterdam,  che presentano Diachroic Diamonds, due diamanti realizzati con vetri colorati e materiale dicroico per creare un’esperienza visiva unica, dove un diamante si trova sulla fontana monumentale e l’altro in una nicchia della torre Sante Simone, mentre combina luce, colore e cartapesta invece l’installazione Aria,  firmata da Paolo Mastrangelo, maestro cartapestaio di Putignano, che propone un viaggio nella vita con i suoi alti e bassi, stelle e nubi e per godere dell’esperienza il visitatore è invitato a posizionarsi al centro dell’opera. Dopo il successo dello zoo luminoso dello scorso anno, i creatori di Officina Chiodo Fisso hanno realizzato un elefante di luci alto 8 metri che domina, al centro, Villa Garibaldi, quasi trasparente di giorno, che si accende al calar del sole di una luce che invita a riflettere sulla maestosità della natura e dei suoi abitanti, della sacralità di ogni specie, di vita e solennità. Ogni installazione è accompagnata da un QR Code che permette al visitatore di approfondire l’opera. Read the full article
0 notes
bouncinghedgehog · 1 year
Text
Tumblr media
When the sun hit the fountain, called Fontana Luminosa “luminous fountain” at just the right angle, the water looks like lava.
1 note · View note
forumelettrico · 2 years
Photo
Tumblr media
La Colonnina e-distribuzione da 22 kW situata a L'Aquila in Viale Nizza: la più centrale della città, posizionata accanto alla Fontana Luminosa da cui poi comincia la zona pedonale https://www.forumelettrico.it/forum/colonnina-e-distribuzione-22-kw-l-aquila-aq-viale-nizza-5-t25867.html #LAquila
0 notes
niaf · 2 years
Text
Tumblr media
The Fontana Luminosa in the Piazza Battaglione degli Alpini, one of the main piazzas in L’Aquila with the famous Gran Sasso peak in the background.
0 notes
Photo
Tumblr media
Giochi d’acqua: fuochi d’artificio delle fontane.
(Fabrizio Caramagna)  - - - - -  Fontana Luminosa. L’Aquila. Abruzzo. Italy.
4 notes · View notes
pagliarani · 3 years
Text
Tumblr media
Magia della luce !
3 notes · View notes
turuin · 3 years
Text
Tumblr media
E' sei Aprile, cara città dalla quale sono scappato nel cuore della notte, con indosso un paio di jeans ed un maglioncino troppo leggero per il freddo, con le telefonate fatte ai parenti a casa dal cellulare dei vicini per rassicurarli quando ancora non sapevano niente per le notizie terribili che avrebbero letto il giorno dopo. Ciao, città dove ho iniziato a diventare adulto, posto dal quale non sarei più andato via se non fosse stato per quel tremito terribile che mi ha ricordato che non esiste nessun rifugio solido, a questo mondo, al di là del nostro carcere di carne e sangue - ed a volte, neppure quello.
Ciao, L'Aquila. Mi manchi ancora molto, e forse tornerò a trovarti prima o poi, ma solo di passaggio. Solo come chi ci ha vissuto negli anni prima so, e conservo nel ricordo, che eri una delle città più belle nelle quali stabilirsi in Italia.
5 notes · View notes
corallorosso · 2 years
Photo
Tumblr media
Natale, quanto costano (e chi paga) gli alberi delle grandi città? Città che vai, albero di Natale che trovi. Anche gli addobbi natalizi segnano una marcata differenza di gestione tra i vari comuni italiani. Abeti di oltre 20 metri, luminarie e decorazioni nelle piazze delle principali città italiane forniscono una rappresentazione del funzionamento delle macchine amministrative, della salute delle casse comunali e delle capacità di coinvolgimento dei privati. Un quadro molto variegato che parte da una città come Milano, capace di ottenere una valanga di euro da sponsor privati (2,3 milioni, per l’esattezza), passando dalla Capitale che – con il neo sindaco Roberto Gualtieri – è costretta a investire quasi 170mila euro della casse comunali per l’albero di Natale in piazza Venezia (sperando di scongiurare l’incubo “Spelacchio”), fino ad arrivare a Palermo che a causa dei problemi finanziari è stata protagonista di una corsa contro il tempo per evitare il rischio di festività senza luci e albero. Anche quest’anno Milano è la regina italiana degli investimenti privati. (...) un abete di circa 24 venti metri, illuminato con 80mila luci led a basso consumo e addobbato con 800 palle di Natale rosse e color argento. Il costo è di quasi mezzo milione di euro (precisamente 488 mila) ed è interamente a carico della Gva Redilco & Sigest, società immobiliare che da pochi giorni ha tra i soci di minoranza anche Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi (figli di Silvio e Veronica Lario). Ma Milano non si ferma qui: attraverso altre sponsorizzazioni private, per un totale di oltre due milioni e 375 mila euro, può contare su altri sette alberi di Natale installati in altrettante zone della città. Niente finanziamenti privati, invece, per la Capitale. (...) il nuovo sindaco Roberto Gualtieri, insediatosi il 21 ottobre, si è limitato a fare autorizzare agli uffici del Campidoglio, il 5 novembre, la spesa di 169.336 euro per l’acquisto di un “Abies nordmanniana” di quasi 25 metri per piazza Venezia. (...) Ma lo scopo principale di Gualtieri rimane comunque quello di allontanare lo spettro “Spelacchio”, l’abete che nel 2017 in pochi giorni ha perso gran parte degli aghi. La sua chioma spoglia è stata in grado di sollevare un polverone di polemiche che si è abbattuto sull’amministrazione Raggi. Anche Spelacchio, tra l’altro, era stato pagato interamente con fondi del bilancio comunale. A Napoli è la Camera di commercio a venire in sostegno al Comune. L’albero in piazza del Plebiscito (composto da una spirale luminosa) fa parte del progetto “Illuminano Napoli”, frutto di un bando europeo del valore di 2,2 milioni di euro, che comprende anche le luminarie natalizie installate in quasi 140 chilometri di strade e 36 piazze di Napoli. La Camera di Commercio ha dovuto anche finanziare i consumi dell’energia elettrica delle illuminazioni perché il Comune non aveva i fondi per provvedere autonomamente. Problemi finanziari anche per la città di Palermo che ha rischiato addirittura un Natale al buio e senza addobbi. (...) Per l’amministrazione comunale guidata da Leoluca Orlando è stata una corsa contro il tempo per trovare partner privati o istituzionali almeno per provare a collocare un albero in piazza Castelnuovo. E, alla fine, l’albero sarà installato – entro il fine settimana – grazie al contributo di cinque associazioni di imprenditori (Confcommercio, Confindustria, Confartigianato, Ance e Confesercenti). Un mix tra fondi privati e pubblici è quanto messo in campo dalla città di Torino. (...) Il contributo delle casse comunali alla Fondazione è stato di 47.789 euro a fronte di un preventivo di 184 mila euro. Solidarietà tra istituzioni, invece, per l’abete rosso di oltre 21 metri di piazza De Ferrari a Genova. Nessun peso per le casse comunali, né contributo di soggetti privati. L’albero è stato, infatti, donato alla Regione Liguria dalla Regione Lombardia (...) Un dono di Attilio Fontana a Giovanni Toti. di Salvatore Frequente
4 notes · View notes
s-gobetti · 3 years
Text
intossicat* dai vapori
« Uno strano fenomeno vecchio ormai di un cinquantennio è il culto fanatico tributato negli ambienti omosessuali maschili alle grandi dive del cinema. Una moda del genere non ha riscontro fra le lesbiche, che in America sembrano interessate, come gruppo, piuttosto al softball che non all’arte o alle pose artificiose. La grande diva è una dea, una madre-padre universale. Le parodie cabarettistiche delle grandi dive eseguite da uomini ne sottolineano immancabilmente i tratti androgeni. MAE WEST, MARLENE DIETRICH, BETTE DAVIS, EARTHA KITT, CAROL CHANNING, BARBRA STREISAND, DIANA ROSS, JOAN COLLINS, JOAN RIVERS: tutte sono femmine di successo dalla fredda volontà maschile, che presentano sottili ambiguità sessuali nell’aspetto e nei modi. JUDY GARLAND suscitava fra gli omosessuali maschi attacchi di isteria collettiva. Le cronache riferiscono di urla disumane, assalti in massa al palcoscenico, lanci incessanti di fiori. Tali erano i riti orgiastici degli eunuchi presso il sacrario della dea. Vi sono foto che mostrano uomini in posa mentre mimano un ingresso trionfale nel luccicante costume di scena della Garland, esattamente come nel travestitismo dei devoti dell’antica Grande Madre »
Camille Paglia, Sexual Personae
Che tipo di relazione c'è fra dive, capelli ossigenati e omosessuali? È mia intenzione mettere vicino, accostare per tentativi una serie di cose trovate un pò come i pezzi di vetro levigati dal mare sulla spiaggia, per poi conservarli in dei barattoli, sempre di vetro, che pigramente riposano su mensole nella casa. Le dive, fra le dive, sono di un biondo platino, glaciale quanto preciso, pungente e definito che ci riporta ad una conversazione avuta pochi giorni fa:
c: mi fai venir voglia di riossigenare
f: la smania delle frocie
f: assurdo che tutte ci ossigeniamo ad un certo punto della nostra vita
f: come un bar mitzvah
Questo rito di passaggio, di pulizia, si ritrova nell’ossessione del pittore David Hockney per il bleach (candeggiare) dei suoi capelli quanto nella parrucca di Andy Warhol, paragonabile ad un turbante. Il medesimo artista che nel suo linguaggio unisce questi simboli riproducendoli attraverso lo strumento della comunicazione pubblicitaria, dell'epoca, la serigrafia: drag queen e Marilyn Monroe sono trattati nello stesso modo, con la stessa noia ed indifferenza, di come la stella dell'arte contemporanea tratta tutto, ma in particolare un prodotto messo su uno scaffale del supermercato: -un barattolo di zuppa Campbell grazie! Similmente questo accade nello sbiancamento operato da Madonna al Vouging che di fatto pulisce l’immaginario emerso da una cultura fatta di corpi di immigrat, non bianch, non ricch e sexworkers attraverso un elenco di icone -che sempre bionde sono- hollywoodiane, riprendendo le distanze della comunità gay di New York composta principalmente da maschi bianchi rispetto ad alcune personalità presenti all’interno della lotta per la liberazione del desiderio omosessuale: le STAR (Street Transvestites Action Revoluctionary).
« Beauty’s where you find it (move to the music)
Greta Garbo e Monroe,
Dietrich and DiMaggio
Marlon Brando, Jimmy Dean
On the cover of a magazine »
Madonna, Vogue
Trasportando la questione nel campo della rappresentazione, volendo indagare il mondo del fenomenico, quindi interrogando ciò che appare come appare agli occhi e mantenendo una particolare attenzione alla percezione riprendo le considerazioni sul guardare di John Berger. Il quale osservava come la figura della donna venga dalla più tenera età in-formata dallo sguardo che le si posa addosso, abituata quindi a dover controllare il proprio apparire e a doverlo renderlo piacevole, subendo quindi lo sguardo dell’uomo. Questo sguardo disincarnato sembrerebbe coincidere con il punto di vista, la posizione teorica propria a quell'occhio occidentale, che Camille Paglia vede nascere all’alba della nostra cultura. Ed è proprio in questo rito di detersione che le divinità dell'antico Egitto che ancora conservano parte del loro legame con la natura (ctonia) vengono coinvolte. Le sembianze animali non vengono accettate ai vertici del monte Olimpo e come ricorda il fregio del Partenone: il classico, il bianco, l'ordine si impostano sullo sterminio di creature ambigue, mezze umane mezze animali: i centauri, le amazzoni e i giganti. Nella mitologia greca queste battaglie, sono combattute da Apollo che vaga uccidendo i vari serperti -un pò come San Giorgio lo si trova sempre impegnato ad uccidere un drago- e le immagini delle divinità olimpiche vengono così lavate presentando delle figure completamente antropomorfe. Questo sguardo ritrova forza nel Rinascimento che infatti viene contrapposto ad un periodo di buio, fatto di ombra, il Medioevo. Prendendo adesso le considerazioni di Marshal McLuhan sulla Galassia Guttenberg: nascita dell'uomo tipografico (1962) dove associa l'introduzione in Europa della stampa a caratteri mobili (1455) con l'inizio del dominio del visivo, e quindi dell'occhio sugli altri organi di senso (naso, bocca, orecchie e pelle). Inaugurando così una lineare, progressiva, cronologica, Storia accompagnata da una sempre più luminosa società. La luce in effetti come ci insegnano praticamente quasi due secoli di sperimentazione nell'arte (George Seurat, Josef Albers, Lucio Fontana, Dan Flavin, etc..) è un medium che spesso viene letteralmente piegato per prendere significati, basti pensare alle insegne fatte con i neon, dove la tautologia si compie, la luce prende la forma di una parola. Ma cosa ci potrebbe dire per esempio una lettura del cambiamento dell'illuminazione nell'ambiente domestico? e del mondo dello spettacolo? quale pensiero si può trovare dietro la cecità per eccesso di luce? Dopo il libro diviso per capitoli, stampato e non trascritto o dettato (trasmesso quindi per via orale), l'altro strumento da indagare è la prospettiva che trova fortuna proprio nello stesso periodo (Leon Battista Alberti, De Pictura, 1434-1436) e che David Hockney associa alla necessità della chiesa cattolica di fissare una certa idea, rappresentata da un cristo in croce alla fine di una navata, che sarà proprio uno dei temi formali affrontati dall'architettura nel rinascimento: che forma ha una chiesa cattolica? Ah la fissità! Quale orrore, la cristallizzazione di sé stessi e la coerenza con la persona che si era ieri, che terribili gabbie, autoimposte, performate e ripetute. Ma che centra il dominio, l’autorità, il lineare, il progressivo, il dritto, con noi creature queer? E soprattutto cosa centra tutto questo con i capelli ossigenati? Come ultima testimonianza presenterò qualcosa che ho riesumato dalla cultura televisiva italiana, tipica del pomeriggio Rai di quando ero piccola, l’episodio diciannove della prima serie di Popular, (Ryhan Murphy, 1999), biondo è bello, uscito in Italia nel luglio del 2003 dove una regista frocia mette in scena il ribaltamento dei ruoli sociali attraverso il rito della decolorazione, l’ottenimento dunque di privilegi attraverso un elisir di potere dettato dal capello color dell’oro: Britney, Cristina, Pink, Paris Hilton, quanto Anna dello Russo, Donatella Versace e Lady Gaga che a colpi di I'm so fab. Check out, I'm blonde, I'm skinny, I'm rich And i'm a little bit of a bitch! portano avanti una vera e propria crociata conservatrice, ricca e bianca. Con una chiarezza tale, da brillare come un diamante, una prigione geometrica, una macchina perfetta dove tutti gli ingranaggi funzionano a tempo e con ritmo, una parete completamente bianca (il moderno in architettura), una attrazione ai vincoli e all'autorità tale da portare alla morte chi ricerca il bello. L'uomo occidentale annega quindi nel suo specchio e come ammette Bernadette in Priscilla regina del deserto (Stephan Elliott, 1994) di nero vestita, in rigoroso lutto, per la morte del suo compagno:
« non è scivolato, si stava di nuovo ossigenando i capelli ed è rimasto intossicato dai vapori »*
9 notes · View notes