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#corea del nord
ringoworld · 5 months
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kaelula-sungwis · 1 year
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North korean army Pyongyang North Korea 북한 by Eric Lafforgue Via Flickr: A woman in traditional dress in the middle of hundred of soldiers who were going to parade in Pyongyang. Do not know why she was there...to be on Flickr perhaps! If you want to get a signed print, just drop me a mail: [email protected] L'armée et ses soldats sont omniprésents en Corée du Nord. Dans les rues, devant les bâtiments, même dans les champs pour aider les paysans à tenir les objectifs de production fixés par le gouvernement. Le pays est un des plus plus militarisés du monde, avec un effectif estimée à 1,2 million d’hommes et de femmes en armes pour 23 millions d’habitants. Même si les experts pensent que le pays possède la bombe atomique, les infrastructures et les équipements visibles semblent datés des années 50. En Corée du Nord, le service militaire dure 6 ans. 6 années qui coupent totalement la recrue de sa famille à cause de l’absence de mobile, mail et de téléphones privés. Pyongyang North Korea 북한 © Eric Lafforgue www.ericlafforgue.com
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superfuji · 1 year
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Il leader della Corea del Nord Kim Jong Un ha dichiarato di essere intenzionato a usare armi nucleari per contrastare le minacce degli USA, a poche ore dall’ultimo test di un missile balistico intercontinentale. Su richiesta di Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti, lunedì si riunirà il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per discutere di quest’ultimo lancio. Il test e le dichiarazioni giungono a pochi giorni dall’incontro tra Biden e Xi Jinping al G20 di Bali, nel corso del quale il presidente americano avrebbe esercitato pressioni su quello cinese perché comunicasse a Kim che Washington non avrebbe tollerato “test nucleari a lungo raggio”.
Corea del Nord, Kim: “reagiremo alle aggressioni con armi nucleari”
rassicurante
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grazielladwan · 24 days
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Quale luogo del mondo non vorresti mai visitare? Perché? Non esiste, io andrei pure in Corea del Nord. C’è un fascino innegabile nell’inaspettato, nel decidere di esplorare territori meno battuti e spesso avvolti in un’aura di mistero. Prendiamo, ad esempio, la Corea del Nord: un paese che, nonostante la sua fama per rigide restrizioni e un controllo capillare, attrae l’attenzione di chi cerca…
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roma-sera-giornale · 3 months
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I russi e la “legge dell'imbuto”: largo per loro e stretto per noi.
De Ficchy Giovanni NAZIONI UNITE (AP) Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha accusato mercoledì gli Stati Uniti, la Corea del Sud e il Giappone di prepararsi alla guerra contro la Corea del Nord.  (I poveri nordcoreani non lanciano ogni giorno razzi e sviluppano armi nucleari, affermando che devono attaccare il mondo intero) Durante una conferenza stampa alle Nazioni Unite, Lavrov ha…
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ilsimplicissimusblog · 8 months
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La Corea del Nord raddoppia
Non saprei dire se c’è qualche collegamento diretto tra la visita del leader nordcoreano in Russia e la caduta del governo Kishida in Giappone, probabilmente no, ma in termini più ampi la correlazione esiste: perché il viaggio intrapreso da Kim Jong-un a Mosca nonché l’arrivo a Pyongyang di vari dignitari cinesi e russi nei mesi scorsi  cambiano completamente le carte in tavola in estremo…
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sauolasa · 10 months
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Corea del Nord, armi in vetrina per il ministro della Difesa russo e per gli alti funzionari cinesi
Per la prima volta dopo la pandemia, Kim Jong-Un ha invitato a Pyongyang degli ospiti stranieri. La loro visita coincide con il 70° anniversario dell'armistizio della Guerra di Corea, celebrato come "Giorno della Vittoria" con una parata militare
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collettivotongil · 1 year
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Le lingue coreaniche
Origine delle lingue coreaniche
Il coreanico è una famiglia linguistica che raggruppa la lingua coreana, la lingua di Jeju e la lingua Yukjin. L'origine delle lingue coreaniche attuali si può trovare nel coreano antico parlato nello stato di Silla. L'origine delle lingue coreaniche è oggetto di dibattito tra esperti linguisti, i quali hanno teorizzato negli anni diverse appartenenze linguistiche - queste lingue:
Fanno parte della famiglia delle lingue altaiche (turco, mongolo e manciù-tunguso). Questa teoria, formulata nel XVIII secolo, non è ad oggi dimostrabile per via delle differenze linguistiche.
Fanno parte della famiglia delle lingue nipponiche (giapponese e ryukyuano).
Fanno parte della famiglia delle lingue dravidiche (parlate nel sud dell'India e in Sri Lanka) ma la teoria è poco affidabile.
Hanno un'origine che si può cercare nella famiglia delle lingue austronesiane (parlate in Madagascar, gran parte del Sud-Est Asiatico, dai nativi taiwanesi e sulle isole del Pacifico) ma anche qui la teoria è poco affidabile.
Si sono originate per proprio conto, nonostante le somiglianze con il giapponese (dovute agli intensi scambi culturali e al colonialismo). Questa è la teoria sostenuta dalla maggioranza dei linguisti esperti.
 
Coreano
Il coreano è una lingua parlata da più di 80 milioni di persone. E' la lingua ufficiale della Corea (del Nord e del Sud) ma è anche riconosciuta ufficialmente nella Prefettura di Yanbian e nella Contea di Changbai in Cina. Inoltre, è parlata anche dai coreani di Sakhalin e dai Koryo-saram (Russia e Asia Centrale), nonché dalla maggior parte della diaspora.
L'alfabeto coreano si chiama hangeul (한글) in Corea del Sud o joseongeul (조선글) in Corea del Nord: fu ideato nel 1443 da una commissione istituita dal sovrano Sejong il Grande. L'alfabeto è composto da 19 consonanti e 21 vocali, comuni per tutta la Corea.
Prima dell'invenzione dell'alfabeto coreano, venivano utilizzati gli hanja (i caratteri cinesi) che, però, erano inaccurati nel riprodurre i suoni del coreano e difficili da imparare per la gente comune. Ancora oggi, soprattutto al Sud, l'utilizzo degli hanja permane limitatamente in ambiti specifici (come sui giornali o in ambito culinario) o per ragioni stilistiche.
L'alfabeto coreano viene utilizzato non solo nel resto delle altre lingue coreaniche ma anche nella lingua Cia-Cia parlata in Indonesia. Dal XXI secolo, grazie alla globalizzazione e alla diffusione della cultura coreana nel mondo, l'apprendimento del coreano si è diffuso in tutto il globo.
 
Dialetti del coreano
Nella penisola coreana sono presenti diversi dialetti della lingua coreana che differiscono l'uno dall'altro per pronuncia e lessico ma non tutti sono intellegibili tra loro. Essi si possono suddividere in cinque aree dialettali:
Hamgyong: nord-est, al confine con Russia e Cina.
Pyongan: nord-ovest, compresa la capitale della nord Corea Pyongyang.
Centrale: parlato nella parte centrale della Corea, compresa la capitale della sud Corea Seoul - e può essere diviso in ulteriori cinque sub-dialetti.
Gyeongsang: sud-est, comprese le città di Busan, Daegu e Ulsan.
Jeolla: sud-ovest, compresa la città rivoluzionaria di Gwangju.
Al di fuori della Corea, tra la diaspora, si sono formati altri dialetti del coreano quali: il Koryo-mar (basato sul dialetto di Hamgyong ma con prestiti lessicali dal russo); il coreano di Sakhalin; il coreano degli Zainichi (influenzato dal giapponese); e il coreano in Cina (simile al dialetto di Hamgyong ma con forti prestiti lessicali dal cinese).
 
Differenze nord-sud
La lingua coreana si è differenziata tra la Corea del Nord e la Corea del Sud a causa del lungo periodo di tempo in cui la il Paese è stato separato dopo il conflitto.
Tra il coreano parlato al Nord e quello del Sud ci sono alcune differenze nell'ortografia e nella pronuncia, e differenze sostanziali nel vocabolario più recente: mentre il Sud tende a prendere in prestito molto dall'inglese (gli inglesismi imposti nel parlato comune hanno prodotto un fenomeno curioso che hanno contribuito alla formazione del Konglish), il Nord usa parole di origine russa o formula parole composte.
Ad esempio, in Corea del Sud la parola gelato si traduce con 아이스크림 (aiseukeulim) dall'inglese ice cream, mentre in Corea del Nord si traduce con 얼음보숭이 (oreumbosungi) ovvero letteralmente "cosa di ghiaccio soffice".
 
Lingua Jeju
La lingua di Jeju è una lingua di derivazione coreanica, parlata sull'isola di Jeju. Nonostante sia erroneamente classificata spesso come dialetto del coreano, gli esperti lo categorizzano come lingua a sè. Infatti, la lingua di Jeju non è intellegibile con i dialetti della penisola coreana.
La lingua conserva molte parole del coreano medio ora perse nel coreano standard. Jeju potrebbe avere anche un substrato di origine giapponese.
L'UNESCO ha designato questa lingua come lingua in pericolo di estinzione poiché i suoi parlanti nativi sono ormai anziani e per l'influenza del coreano. Sforzi sono quotidianamente compiuti per recuperare e salvare questo idioma.
Lingua Yukjin
La lingua Yukjin è un'altra lingua di derivazione coreanica, considerata spesso un dialetto del coreano. Si parla nella regione storica dello Yukjin, nel nord-est della Corea e in alcune comunità in Cina e in Asia Centrale.
Lo Yukjin mantiene un lessico molto arcaico, e preserva diverse forme del coreano medio - come una minore influenza patriarcale sulla lingua di origine neo-confuciana. Inoltre è possibile osservare prestiti lessicali di derivazione jurchen o mancese, cinese o, in alcuni casi, russa.
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s-memorando · 2 years
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Titolo azzeccato per questo libro che dovrebbe essere un libro di viaggi, un libro che racconta un viaggio lungo 4 anni in un paese misterioso e sconosciuto.
Pyongyang blues, il blues di Pyongyang, dove la musicalità del testo e della prosa si accorda perfettamente alla scrittura quasi orale dell’autrice.
Carla arriva in Corea del nord, che lei chiama per convenzione Rimini nord, quasi per caso, non era previsto, non era programmato, Carla fa, o vorrebbe fare, l’attrice e finisce per insegnare italiano all’università della capitale più blindata del mondo.
Il carattere esuberante e libero deve adattarsi alle rigide regole del soggiorno, al controllo pressante del “coreano personale” che la tampina in ogni luogo, oltre alla mancanza di acqua, di luce di comunicazioni decenti di generi di conforto a cui si è abituati nel mondo occidentale e che in Corea del nord sembrano utopia.
Ma Carla non si scoraggia, di tutto ne fa quasi un divertimento, riesce a ridere e a scherzare e nello stesso tempo cerca di capire in che mondo è piombata.
Non è il mondo dei turisti intruppati e scortati, non è il mondo delle persone comuni che vivono oltre le mura del “compaund”, la zona franca riservata agli expat; è un piccolo mondo a cui bisogna adattarsi, e fare da cerniera tra ciò che si è lasciato e ciò che si è trovato.
Dicevo del blues, la musica sincopata che prende il cuore e l’anima, la scrittura di questo libro la ricorda. Sembra allegra e veloce, satirica e pungente e poi si fa malinconica e nostalgica. 
C’è l’ironia del toto-acqua-calda; quando ci sarà, ci sarà? Quando arriverà la corrente elettrica per potersi collegare col mondo che si è lasciato attraverso l’inaffidabile  provider cinese? Rimini nord è il nome in codice per riferirsi alla Corea del nord, e “Le tartine sono buone” è la frase da scrivere nel caso le succedesse qualcosa. Frase che non sarà mai necessario pronunciare, nonostante le crisi interiori ed esteriori. Nessuna tartina è stata mangiata, non è stato necessario.
Carla nel suo raccontare attraverso lanci di dadi sempre più coinvolgenti, ci fa entrare nel cuore di un paese che è mille miglia lontano da noi, non solo per la distanza, ma sopratutto per l’isolamento che si è auto inflitto; si chiede e ci fa chiedere mille volte chi sono i coreani che vivono intorno a lei, chi sono i suoi studenti e le persone che ogni tanto spariscono e poi ricompaiono perché – giustificazione –  sono andati a trovare la nonna malata! Frase che copre l’obbligo di partecipare e faticose corvè.
Come sopportare il freddo che va fino a 20 gradi sotto zero con il riscaldamento che va e viene senza nessuna prevedibilità. La sorpresa è che, nonostante tutto, esiste vita, esiste tutto un mondo che Carla ci fa scoprire col suo linguaggio fresco e colorito, musicale appunto. 
Certo mandano molti tasselli al mosaico, una expat non può sapere tutto, non può frequentare che alcuni luoghi, non può mescolarsi troppo al popolo, non può frequentare certi ristoranti, certi locali, i negozi sono quello che sono, anche se nel corso dei quattro anni in cui rimane nel paese migliorano un po’.
Ci si può anche innamorare a Pyongyang, e sentire lo struggimento del tempo che passa, che marca la fine della storia. Perché in Corea del nord non si rimane per molto tempo, finita la missione si torna in patria e allora sono le malinconie dei saluti che si fanno avanti, saluti a cui seguono silenzi con persone che non si vedranno mai più. 
Inutile scambiarsi gli indirizzi, Pyongyang è una bolla, come una gita scolastica che ti ubriaca e poi finisce.
Perché tutto finisce, anche la missione di Carla nel paese più blindato del mondo, quello più misterioso, più chiuso, e allora la sensazione è di panico, le vacanze a Rimini sono terminate, tutto sarà diverso ed è come se, cancellata Rimini, non ci fosse più nulla. 
Avete capito, questo non è un libro, è una emozione continua che trascina e fa dire: «Come avrei voluto esserci io a suonare il blues a Pyongyang!»
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Per chi si fosse incuriosito qui i link per acquistarlo: Copertina flessibile – € 17,10; Formato Kindle – € 8,99
(Avviso: Se volete comperare il libro potete farlo direttamente dal link consigliato, in questo caso io avrò una piccola percentuale sulla vendita. Il prezzo per voi non varierà)
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omarfor-orchestra · 20 days
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Raga lei ha veramente paura che la chiudano in diretta continua a guardare fuori
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b0ringasfuck · 1 year
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falcemartello · 12 days
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IL PARADOSSO DEL TOTALITARISMO
di Andrea Zhok
Da tempo la strategia narrativa neoliberale, di matrice angloamericana, passa attraverso due mosse:
1) il tentativo di definire il mondo liberale come l’unico mondo possibile, per cui, nel lungo periodo non c’è alternativa (da Fukuyama alla Thatcher), e 2) il tentativo di sussumere tutte le forme di vita, tutte le organizzazioni politiche e tutti gli impianti culturali che pretendono di non ridursi al paradigma liberale come “illiberali-e-dunque-totalitari”.
Finiscono così nel calderone degli “illiberali-e-dunque-totalitari” ogni religione che pretenda di essere più che fatto privato (es.: l’Islam), tutti i paesi che pretendono di mantenere sovranità senza genuflettersi all’impero americano (Cina, Russia, Iran, Corea del Nord ma poi anche, a seconda di come girano i governi, Cuba, Venezuela, Bielorussia, Ungheria, Serbia, Sudafrica, ecc.), e poi tutte le ideologie che hanno storicamente rigettato l’impianto liberale (socialismo/comunismo in primis, conservatorismi pre-liberali dove esistono, e nella modesta misura in cui hanno elaborato una teoria, i fascismi tra le due guerre).
Naturalmente gli elementi che compaiono in questo calderone presentano, a chi voglia prendersi la briga di guardarli da vicino, una miriade di soluzioni politiche, istituzionali e culturali diverse, ma questo per la narrazione neoliberale è irrilevante: su di essi ricade la scomunica dell’“illiberalità-e-dunque-totalitarismo”.
Ci si ritrova così con il seguente quadro, altamente ironico, per cui il liberalismo, l’unica ideologia che si pretende l’ultima e definitiva verità della storia, da estendersi in forma planetaria, denuncia tutte le altre culture e soluzioni politiche della storia come “totalitarie”.
✅In sostanza l’unica cultura che oggi ha pretese realisticamente totalitarie denuncia tutti gli altri come totalitari.
E siccome in una visione totalitaria, ciò che appartiene alla propria ortodossia è per definizione il Bene, le società liberali (oggi neoliberali) riescono con perfetta serenità e buona coscienza a prodursi in spettacolari doppiopesismi, in un profluvio di doppi standard, perché i nostri delitti sono errori contingenti, i vostri ignobili abiezioni, i nostri massacri sono danni collaterali, i vostri espressione di malvagità innata, le nostre proteste interne sono tafferugli di minoranze ingrate, le vostre sono manifestazione popolare di un anelito alla libertà, ecc. ecc.
La denuncia neoliberale di “tutti i totalitarismi” è la perfetta esemplificazione del proverbiale bue che dà del cornuto all’asino.
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L'anomalia che ti spia
L’anomalia che ti spia
Si chiama Anomaly Six, ma in realtà è la cosa più normale che si possa immaginare nel mondo contemporaneo. Si tratta di un’azienda con sede nei dintorni di Fairfax, non lontano dal complesso centrale della Cia che sta commercializzando una tecnologia di spionaggio illegale in grado di carpire i dati personali più sensibili di un individuo monitorando il suo smartphone, ovvero qualcosa che…
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sauolasa · 10 months
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Corea del Nord, nuovo lancio di un missile balistico
Pyongyang ha risposto al presunto passaggio di un aereo spia statunistense vicino al proprio territorio
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collettivotongil · 1 year
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Avete mai visto quella serie di meme sugli Stati Uniti che invadono qualsiasi cosa se c’è un po’ di olio? Sappiamo benissimo che sono basati su delle storie reali di invasioni, golpe, destabilizzazioni e di covert operation progettate ad hoc dagli scranni del potere economico-militare di Washington che hanno colpito diversi - se non la maggior parte - dei paesi del mondo.
Nel 2019, in Bolivia, gli USA portano avanti il primo di quei golpe green-washed che piacciono tanto alle teste delle nuove industrie “verdi” che sfidano i vecchi babbioni delle industrie super-grigie del petrolio e del carbone. Il golpe in salsa latino-americana fatto in Bolivia fu rivendicato anche dall’attuale CEO della più discussa piattaforma social negli ultimi giorni, il quale affermò con totale nonchalance: “faremo golpe a chi vogliamo, fatevene una ragione”. Il motivo del golpe? Il litio di cui la Bolivia è ricchissima, che serve per le batterie dei veicoli elettrici (e non solo).
Sapete quale altro paese è ricchissimo di minerali rari distribuiti sull’80% del proprio territorio, con grandi depositi di magnetite, tungsteno, grafite, oro, molibdeno e molto altro? Proprio la Corea del Nord!
Secondo fonti sudcoreane e statunitensi, il valore di questi minerali (utilizzati per lo sviluppo di tecnologie sofisticate, dai cellulari ai missili guidati) supera i 10 trilioni di dollari: cifre che fanno gola anche alle élite del paese più forte del mondo. Nemmeno la Corea del Sud raggiunge quelle cifre, che sono almeno venti volte più alte rispetto a quelle del sud, appunto.
Eppure la Corea del Nord rimane più povera rispetto al Sud, nonostante la ricchezza delle proprie terre – come mai? I motivi vanno ricercati nelle sanzioni imposte alla RPDC che, purtroppo, impediscono al paese di esportare i suoi minerali all’estero e ai paesi esteri di acquistarli ed importarli. Inoltre, le stesse sanzioni impediscono alla Corea Popolare di acquistare a sua volta nuovi equipaggiamenti per l’escavazione e l’estrazione. A sua volta l’instabilità della rete elettrica, dovuta anch’essa alle sanzioni, che per anni ha colpito la nazione socialista non ha contribuito.
Il settore minerario rappresenta ben il 14% dell’economia del Nord e nel 2013, la RPDC superò il Vietnam come primo esportatore di antracite – cosa che garantì ben 1.4 miliardi di dollari di entrate nelle casse dello Stato. Molti attori economici esteri sono attratti da tutto ciò: non solo compagnie cinesi ma anche australiane, britanniche, malesi, singaporiane e di molti altri paesi si sono detti interessati dal potenziale delle risorse che la nord Corea possiede.
Il sunto di tutto: la Corea del Nord possiede trilioni di dollari di minerali che le permetterebbero di sviluppare l’economia e diventare un paese molto sviluppato e ricco, però gli Stati Uniti e i suoi alleati impongono sanzioni con la scusa delle armi nucleari (che loro stessi hanno – e sono gli unici ad averle mai utilizzate su civili innocenti!) e dei “diritti umani violati” per non far sviluppare quell’economia nel tentativo di far crollare il “regime”, installarne uno amichevole e sfruttare le risorse di quel paese a proprio piacimento.
Noi, che crediamo allo sviluppo in autonomia di ogni Paese e al multipolarismo, speriamo invece che la Corea Popolare riesca, con l’aiuto della Cina e di altri partner commerciali, ad utilizzare quelle risorse minerali per il bene del proprio popolo e per sviluppare un’economia stabile e indipendente.
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blogitalianissimo · 3 months
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Dalla Corea del Nord è tutto
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