Tumgik
#ci arrivo pure io
spettriedemoni · 3 months
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La cosa più divertente
Quando te ne vai la cosa più divertente è vedere l’incredulità dall’altra parte.
Perché se anche glielo hai detto molte volte, non ci crede dall’altra parte che tu te ne saresti andato.
Finché non arriva il giorno che te ne vai e allora vedi quella sua espressione sorpresa, impagabile.
Ci prova poi a fermarti, eh. Solo che tu ormai sei troppo stufo pure per spiegare le tue ragioni.
Vai via e basta.
E l’altro resta lì a bocca aperta a chiedersi come sia potuto succedere. Chieditelo, ma dovresti già sapere la risposta.
A quel punto non mi servono le parole.
Bastano i gesti.
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omarfor-orchestra · 2 years
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deathshallbenomore · 2 years
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kon-igi · 27 days
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QUA CI SAREBBE STATO UN TITOLO ALTISONANTE MA QUESTA VOLTA NO
Trovo difficile spiegare quello che sto per raccontarvi, non perché provi vergogna o esitazione ma perché ho impiegato 23 giorni a capire cosa stesse succedendo e tutte le volte che mi fermavo con l'intenzione di parlarne, sentivo che le parole scritte non avrebbero reso il senso di quello che stavo provando.
Questa volta lo butto giù e basta, ben consapevole che le parole immiseriscono ciò che una volta fuori dalla testa non sembra poi così universale o interessante.
L'errore più grande che ho fatto in questi cinque anni (conto un anno prima della pandemia ma forse sarebbero pure di più) è stato credere di avere un equilibrio emotivo tale da poter prendere in carico i problemi e le sofferenze delle persone della mia famiglia.
Non solo, mi sono fatto partecipe e a volte risolutore dei problemi dei miei amici e una volta che sono stato in gioco mi sono reso disponibile ad ascoltare chiunque su questa piattaforma avesse bisogno di supporto, aiuto o di una semplice parola di conforto.
Ho sempre detto che una mano tesa salva tanto chi la stringe che chi la allunga e di questo sono ancora fermamente convinto.
Ma per aiutare qualcuno devi stare bene tu per primo, altrimenti ci si sorregge e si condivide il dolore, salvo poi cadere assieme.
In questi anni ho parlato molto di EMPATIA e di sicuro questa non è una dote che mi manca ma c'è stato un momento - non saprei dire quando e forse è stato più uno sfilacciamento proteso nel tempo - in cui non ho potuto fare più la distinzione tra la mia empatia e la mia fragilità emotiva.
Sentivo il peso, letteralmente, della sofferenza di ogni essere vivente con cui mi rapportavo... uno sgangherato messia sovrappeso con la sindrome del salvatore, insomma.
Sovrastato e dolente.
Mi sentivo costantemente sovrastato e dolente e più provavo questa terribile sensazione, più sentivo l'impellente bisogno di aiutare più persone possibile, perché questo era l'unico modo per lenire la mia sofferenza.
Dormivo male, mi svegliavo stanco, mangiavo troppo o troppo poco, lasciavo i lavori a metà e mi veniva da piangere per qualsiasi cosa.
Naturalmente sempre bravo a dispensare consigli ed esortazioni a curare la propria salute mentale ma lo sapete che i figli del calzolaio hanno sempre le scarpe rotte, per cui se miagola, graffia e mangia crocchette, bisognerà per forza chiamarlo gatto.
E io l'ho chiamata col suo nome.
Depressione.
La mia difficoltà, ora, a parlarne in modo comprensibile deriva da un vecchio stigma familiare, unito al fatto che col lavoro che faccio sono abituato a riconoscere i segni fisici di una patologia ma per ciò che riguarda la psiche i miei pazienti sono pressoché tutti compromessi in partenza, per cui mi sto ancora dando del coglione per non avere capito.
All'inizio ho detto 23 giorni perché questo è il tempo che mi ci è voluto per capire cosa sto provando, anzi, per certi aspetti cosa sono diventato dopo che ho cominciato la terapia con la sertralina.
(per chi non lo sapesse, la sertralina è un antidepressivo appartenente alla categoria degli inibitori della ricaptazione della serotonina... in soldoni, a livello delle sinapsi cerebrali evita che la serotonina si disperda troppo velocemente).
Dopo i primi giorni di gelo allo stomaco e di intestino annodato (la serotonina influenza non solo l'umore ma anche l'apparato digestivo) una mattina mi sono svegliato e mi sono reso conto di una cosa.
Non ero più addolorato per il mondo.
Era come se il nodo dolente che mi stringeva il cuore da anni si fosse dissolto e con lui anche quell'impressione costante che fosse sempre in arrivo qualche sorpresa spiacevole tra capo e collo.
Però ho avuto paura.
La domanda che mi sono subito fatto è stata 'Avrò perso anche la mia capacità di commuovermi?'
E sì, sentivo meno 'trasporto' verso gli altri, quasi come se il fatto che IO non provassi dolore, automaticamente rendesse gli altri meno... interessanti? Bisognosi? Visibili?
Non capivo ma per quanto mi sentissi meglio la cosa non mi piaceva.
Poi è capitato che una persona mi scrivesse, raccontandomi un fatto molto doloroso e chiedendomi aiuto per capire come comportarsi e per la prima volta in tanti anni ho potuto risponderle senza l'angoscia di cercare spasmodicamente per tutti un lieto fine.
L'ho aiutata senza che da questo dipendesse la salvezza del mondo.
Badate che non c'era nulla di eroico in quella mia sensazione emotiva... era pura angoscia esistenziale che resisteva a qualsiasi mio contenimento razionale.
E ora sono qua.
Non più 'intero' o più 'sano' ma senza dubbio meno stanco e più vigile, sempre disposto a tendere quella mano di cui sopra - perché finalmente ho avuto la prova che nessun farmaco acquieterà mai il mio amore verso gli altri - con la differenza che questa voltà si cammina davvero tutti assieme e io sentirò solo la giusta stanchezza di chi calpesta da anni questa bella terra.
Benritrovati e... ci si vede nella luce <3
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autolesionistra · 5 months
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Varie ed eventuali
Alla fresca età di [colpo di tosse] anni ho comprato il mio primo paio di anfibi. Neanche dieci giorni dopo mi son messo ad ascoltare i Rancid. La riflessologia plantare punk è una branca che andrebbe approfondita.
In questo periodo storico se il tuo peso forma coincide con le ultime due cifre del tuo anno di nascita o sei di mezza età o vai alle elementari
Ho una pila di libri arretrati che non sfiora il soffitto solo perché metà sono in formato digitale, e ho stimato che circa ogni quindici pagine lette mi viene in mente un altro libro che vorrei leggere. Ormai ho accettato serenamente di vivere annegato nei backlog, che siano di lettura, di lavatrici, di lavoro d'ufficio o di bestemmie arretrate
Arrivo dopo la puzza ma questo sbarbo oltre ad essere particolarmente talentuoso ha dato una rappresentazione di un certo tipo di disagio mentale incredibile: https://www.youtube.com/watch?v=s_nc1IVoMxc
Io e l'attualità non ci parliamo più da un pochino. Nell'ultimo tentativo di accensione di un tg a cinni presenti il piccolo ha visto un paio di palazzi ucraini distrutti e ha avuto paranoie belliche serali per una quindicina di giorni. L'altro giorno ho fatto un tentativo sintonizzandomi alle setteetrenta sul gr di popolare network trasmesso da radio città fujiko. Appena ha iniziato a sfumare Black Market dei Weather Report mi hanno iniziato a parlare in contemporanea in tre. Ho spento.
Negli ultimi due mesi il quantitativo di genitori di amici malati o deceduti è fuori scala, ma pure quello di amici che hanno scoperto sfighe di salute di vario tipo. Non sono pronto a tutto questo.
In una sfilza di attacchi di mal di testa che mi ha fatto inimicare a suon di porconi tutte le Principali Religioni Monoteistiche™, guardando il file dove da un paio d'anni ho iniziato ad appuntarmi questi eventi (i mal di testa, non le bestemmie) ho realizzato che novembre è sempre stato particolarmente infame come mese. Come se non avessi già abbastanza motivi per aborrire i mesi freddi.
Mi sono incammellato a guardare un quantitativo imbarazzante di versioni di White Rabbit. Amanda Palmer ne ha fatta una abbastanza strepitosa ma forse vincono questi tizi (non sai di avere bisogno di bluegrass lisergico finché non ti ci imbatti): https://www.youtube.com/watch?v=LeHlvXvG6vA (sul finale lo stregatto decolla)
Sono da sempre stato abbastanza utopista/idealista anche contro ogni evidenza (che credo sia una sorta di prerequisito per essere di sinistra) ma devo dire che il sol dell'avvenire non lo vedo più, manco come ombra diafana dietro al nebbione. Poi qualcuno dirà frasi ad effetto tipo la notte è sempre più buia prima dell'alba ma quelle son cose tipo pestare una cacca porta fortuna, l'ha inventata uno che ne aveva appena pestata una per non menare qualcuno. Se la situazione è una merda non è che puoi dirle che è bruttina, poi si fa delle illusioni (semi-cit).
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ossicodone · 1 year
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Sono uno che ha paura di disturbare. Di mettere in difficoltà. Ma ai limiti del patologico eh. Tipo quando vado al bar e vorrei un cappuccino freddo, o un caffè macchiato, e vedo che c'è un sacco di gente e tanta frenesia, coi baristi che corrono e si affannano, chiedo un caffè. Mi succede la stessa cosa quando nel bar dove vado sempre, in cui il cappuccino freddo lo prendo da anni e non serve neanche chiederlo, me lo lascio preparare anche se quella volta vorrei un caffè. Se alla cassa pago una cosa che credevo costasse qualche euro in meno, tendenzialmente lascio andare. Non importa. Mi capitava così anche con le persone, quelle persone che mostravano interesse per me, e io addirittura riuscivo ad aprirmi, a darmi una possibilità, e quelle persone poi se ne andavano. Se ne andavano di punto in bianco con spiegazioni pessime o nulle, e io avrei avuto tutto il diritto di chiedere qualcosa in più. Non l'ho mai fatto. Forse perchè credo che sia difficile per chiunque dire "non mi piaci" oppure "credevo fossi migliore", anche se sei la persona più schietta del mondo. E quindi non ho mai chiesto nulla. Magari avrei potuto chiedere "ho fatto qualcosa di sbagliato?", discuterne, senza poi cambiare nulla eh, ma almeno saperlo. E invece no. Ancora oggi ho una lista di persone per cui non so il perchè si siano allontanate. Le ho lasciate libere da ogni incombenza di dare spiegazioni quantomeno sufficienti, libere di rifarsi una vita da un giorno all'altro, e avranno pure pensato che se non ho chiesto spiegazioni è perchè forse, in fondo, neanche a me fregava poi così tanto. E quindi eccomi qui, una vita a guardarmi sostituito, messo in un angolo come un oggetto che all'inizio ci manda in estasi e poi ci stufa. E quando poi, durante alcune notti, mi veniva l'impulso di mandarlo quel messaggio, di scrivere "Com'è che ci siamo persi io e te?", era già troppo tardi. Io arrivo sempre tardi. Arrivo sempre quando sono ormai un ricordo sbiadito, una voce non riconoscibile al primo ascolto.E invece avrei dovuto farlo.
"Com'è che ci siamo persi io e te?" - "Ho fatto qualcosa di sbagliato?" - "Potrei avere un caffè macchiato per favore?"
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libero-de-mente · 10 months
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𝗪𝗲𝗲𝗸𝗻𝗱 𝗰𝗼𝗻 𝗶𝗹 𝗺𝗼𝗿𝘁𝗼
Weeknd avete letto bene, no non è un errore. Niente titolo di un film del 1989. Weeknd è un cantate e il morto sono io.
Ora mi spiego.
Figlio 2 insieme alla sua Rebecca decidono di andare a un concerto, il concerto di Weeknd a Milano per l’appunto, in una serata di luglio rinfrescata dalle tempeste monsoniche dei giorni precedenti.
- Pa’
- Dimmi Gabriele
- Domani c’è il concerto, potresti venirci a prendere?
- Ci mancherebbe certo che sì
Furono le mie ultime parole famose, del resto lasciare due ragazzi diciottenni in piena notte ostaggio dei mezzi pubblici, non proprio vicino casa, non mi andava.
I ragazzi si alzano presto, l’andata al concerto sarà autonoma: treno, metro e poi una camminata di mezz’ora. Partenza la mattina presto, ore 7:00, per un concerto che inizierà alle ore 21:00.
Come sempre i messaggi su WhatsApp durante il giorno piovono a catinelle. In realtà da parte mia, da parte sua sporadici messaggi da decifrare. Manco stesse usando un dispositivo elettromeccanico di scrittura crittografata degna della famosa “Enigma”. Così si succedono risposte del tipo:
“Ben”
“Ok, arrivat”
“A post”
“Fa hot”
“Cojon”
“So seduto”
“Mo eating”
“Mo drinking”
“Mo piscing”
“Mo ‘nizia”
Mi sembra di chattare con Cattivik, il personaggio di un fumetto che si mangiava le lettere finali, eppure studia, ha anche dei bei voti, ambisce alla carriera lavorativa nel campo della medicina.
Mi immagino se fosse medico: “Rott falang, mo gess e ripos così impar. Statt attent la pross volt, cojon”.
La sera parto con anticipo per andare con calma e senza correre a recuperare Gabriele e Rebecca. Autostrada e arrivo alla zona del concerto a Milano abbastanza tranquillo. Mi posiziono fuori dall’auto appoggiandomi a essa, si sente chiaramente il concerto. Sono molte le auto parcheggiate in quella zona, tutte contengono almeno un genitore in attesa.
Li vedi subito quelli abituati ai concerti, hanno l’aria sicura e scommetto che hanno preparato il giusto ristoro e il kit da viaggio di rientro per i ragazzi che attendono (cosa che ho capito dopo e lo leggerete). Poi ci sono quelli social, che condividono l’attesa facendosi selfie e go go, oppure postando storie dove riprendono sullo sfondo le luci e i suoni del concerto. Si sentono giovani.
Poi ci sono quelli come me. I novelli. Quelli che si chiedono se la posizione trovata è strategica, se si fosse potuto fare di meglio. Mille dubbi.
Mentre osservo questo mi si avvicina un padre della mia categoria
- Scusa sai se il concerto è da quella parte? – darsi del tu in queste occasioni è alla base per sopravvivere all’ansia della prima volta.
- Si si, è di là.
- Ho usato questa diavoleria della geo localizzazione su WhatsApp mi troveranno?
- Fidati, quelli vivono di geo localizzazione. La usano anche per trovarsi in casa “Dove sei?”, “In cucina, aspetta che mi geo localizzo”.
- Davvero? – occhi sbarrati.
- Ma no scherzavo, ti troveranno questi sono il loro metodi per ritrovarsi anche in paese.
- Ah certo, noi dovevamo girare per le vie della città col motorino per trovare la compagnia se arrivavi in ritardo, te lo ricordi anche tu?
- Si, solo che io non li trovavo mai.
- Perché?
- Perché si nascondevano da me.
- Ah ah ah, bella questa. Sei un tipo a cui piace scherzare.
- Sono serio – il suo volto si pietrifica come se fosse stato colto da una paresi. Il suo imbarazzo e percepibile.
- Ehm, io ho qua due figlie tu?
- Figlio 2 maschio e la sua compagna.
Ed è in quel momento che dalle mie spalle, zona concerto, si sente un fortissimo “Grazie MiLLanoH!”.
Ok, il concerto è finito, io e l’altro genitore vergine di concerti ci guardiamo. Come a dire sei pronto? Con cenni da Marines, in silenzio indichiamo da dove potrebbero arrivare.
Passano pochi minuti e i primi ragazzi che hanno partecipato al concerto si palesano. Arrivano da lì, ma anche da là e pure da quell’altra parte. Siamo circondati. In breve l’orda di gnu che attraversa il Serengeti è arrivata.
Cominciamo a girare con la testa come se fossimo gufi, lui si alza sulle punte dei piedi.
Lo guardo, mi guarda – Sembri Roberto Bolle sulle punte – gli dico.
- Eh, le mie ragazze non sono molto alte, tuo figlio è alto?
- Non l’ho più misurato ma credo che sia 1,87 cm – dico con orgoglio.
Ma lo sguardo di quel padre che mi squadra come a dire “l’altezza non è il tuo forte, di sicuro avranno preso da tua moglie”, mi mette in ginocchio.
Arriva Gabriele e saluto padre ansioso un po’ stronzo con la mia altezza, augurandogli buona fortuna.
- Pa’ diciotto minuti di cammino, non potevi avvicinarti? – le prime parole di Gabriele
- Gabriele era tutto strapieno, anche il parcheggio di Lampugnano era pieno.
Ripartiamo.
Percorro cento metri. E lì ci rimango per un’ora abbondante, tutto bloccato sia sulla mia carreggiata che sull’altra. I ragazzi dopo avermi raccontato, soprattutto Rebecca, del concerto crollano nel sonno più profondo. Neanche lo strombazzare di genitori impazienti e arrabbiati li sveglia. Cavolo suonano il clacson, la coda non ha fine con chi se la prendono? Con un semaforo o un incrocio che crea colonne di traffico a due chilometri?
La gente continua a sfilare camminando sulla destra, dalla sinistra e pure in centro tra le due corsie di marcia. Alcuni ragazzini molto giovani sono stati accompagnati al concerto dai genitori. Li vedo molto provati sul volto.
Se lo avessi fatto io sarei sembrato Bob Dylan al concerto di Gigi D’Alessio. Un estraneo.
Sono stanco, stanco morto quando finalmente ho raggiunto la tanto agognata tangenziale.
L’ingresso all’Autostrada è chiuso per lavori in corso. Rabbia.
Deviazione su altra autostrada ma per arrivarci devo percorrere una tangenziale trafficatissima dove una corsia è chiusa per lavori in corso.
Sono più morto di prima.
Esco nelle zone di Monza. La circumnavigo e per altre chiusure per lavori notturni viaggio per paesi e comuni diversi attraverso strade provinciali. Vedo strade da 50 Km all’ora, prostitute, gente che barcolla ubriaca e l’orologio che indica le 3:00 del mattino.
Ricordo il tempo delle strade secondarie percorse il mattino presto e di musica condivisa con amici, mentre si tornava dalla discoteca. Avevamo ancora voglia di spaccare il mondo. Oggi vorrei spaccarmi a letto.
Arriviamo a casa che sono le 3:35, penso che alle 6:00 dovrò svegliarmi. Sveglio i ragazzi, e Gabriele nota subito l’orario – Papà perché così tanto tempo? –
- È stato un viaggio un po’ complicato. Domani ti spiegherò. Ora andate a dormire? – più che una domanda era una preghiera.
Sento la sua voce, quella di Rebecca che si rivolge a me sempre come se fossi un padre. La figlia che non ho me la ritrovo in lei – Io ho un po’ di fame – mi dice scusandosi con i suoi dolci occhi.
Hanno fame, si vede. In casa tutti gli altri esseri viventi dormono di un sonno profondo, preparo loro da mangiare e li saluto. Guardo l’orologio. Due ore. Me le farò bastare. Perché per loro mi farei anche la notte in bianco, morto (di sonno) ma felice.
Cerco di fare pensieri felici prima di addormentarmi e penso a loro due. Penso alla battuta di Gabriele che rivolgendosi a Rebecca gli ha detto – Mio padre quando andava ai concerti suonava ancora Beethoven.
Beethoven, me lo immagino a un suo concerto in chiave moderna:
- Siete caldi?
- Siiiiiiì!
- Non vi sento!
- Siiiiiì!
- Non vi sento, sono sordo! Ahahahahah!
Ok meglio dormire. Sono morto di sonno con Weeknd. Può bastare.
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yomersapiens · 1 year
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che male c'è se voglio una vita all'altezza della mia immaginazione? ero di fretta e dovevo prendere la metro ma io non amo correre appresso alle cose e alle persone figuriamoci dietro a una metro perché tanto dopo 4 minuti ne arriva un'altra, ma sento il bip bip bip insistente delle porte che si stanno per chiudere e decido di fare uno scatto ed evito le persone che escono e il mio sprint è insuperabile e come Indiana Jones mi ci infilo dentro al pelo e sento quasi le porte chiudersi sul mio zaino ma niente, sono illeso, mi giro verso il vagone in attesa del mio applauso, io voglio il mio applauso, perché nessuno applaude e celebra questo momento insieme a me? cosa diavolo avete di sbagliato? arrivo in ospedale cantando una canzone degli squallor dal testo così volgare che mi distrae dalle notizie del cazzo dei dottori e lo so che dovrei stare serio ma a me non interessa, canticchio in testa quelle parole orribili e quando finiscono di ripetere le solite cose e dirmi che dovrò aspettare ancora un altro mese se non di più io indosso di nuovo le cuffiette e mi metto a cantare per le corsie e non mi interessa se c'è gente che soffre, tutto sommato ho una bella voce e la linea melodica è allegra e molti sorridono, un'infermiera mi dice qualcosa ma non capisco, dove sono i malati che si alzano e miracolosamente guariscono grazie a me? io li pretendo, voglio le madri che mi porgono i figli appena nati e mi chiedono di benedirli con il mio buon umore nonostante tutto e invece devo uscire dall'ospedale e fare i conti con un'altra giornata grigia così mi nascondo dietro a un muretto e faccio psss pssss al sole per sfidarlo, lui risponde e fa un psss psss altrettanto molesto, "brutto stronzo, stai nascosto dietro alle nuvole anche oggi?" gli urlo arrabbiato, "cazzo vuoi tu, cazzo hai da canticchiare e sorridere, lasciami in pace oggi non ho voglia..." mi risponde con la sua voce solare, "no senti bello mio ora smettila di fare il coglione e esci da là dietro e porta un po' di calore che non ne posso più" lui sospira "ma cosa vuoi che sono tutti incazzati con me e mi dicono che ho rovinato l'inverno e non c'è neve e non sono potuti andare a sciare" lo sento davvero giù e cerco di fare il possibile "ma sciare fa cagare, è uno sport di merda per ricchi del cazzo, lo snowboard pure peggio, hai fatto bene, io non ce l'ho con te dai, esci una mezz'ora, fammi compagnia mentre torno verso casa e poi torna a nasconderti dietro le tue amate nuvole" forse l'ho convinto, "mezz'ora? va bene dai, ma poi se mi prendo maleparole mi difendi tu!" sorrido, "certo amico". ecco non credo di avere aspettative troppo assurde tutto sommato eh, solo un po' di sole e controllare le condizioni atmosferiche e magari anche guarire le persone e perché no, se ci scappa anche me stesso.
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intotheclash · 5 months
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CAPITOLO 2
“Pietro! Pietro! Affacciati!” Urlò la prima voce.
“E muoviti! Sei diventato sordo?” Fece eco la seconda.
Cazzo, no che non ero sordo! Ci sentivo benissimo, l’inconveniente era che avevo solo dodici anni. E a quell’età non puoi fare come ti pare, specialmente se è domenica e sei a pranzo con la tua famiglia. Tutta la tua famiglia, tuo padre compreso, che, gli altri giorni della settimana, è sempre via per lavoro: camionista per una ditta di travi e tavolati in castagno. Lavoro di merda, secondo i miei pochi anni, ma pur sempre un lavoro.
Sentivo le spine sotto al culo, ma guai a sollevare le chiappe senza permesso, così continuavo a fissare il minestrone, che tra le altre cose mi faceva pure schifo, e a giocherellare con il cucchiaio fingendo indifferenza.
“Pietro! E forza! Sei sempre l’ultimo!” Insistettero dal vicolo.
Mio padre sbuffò un paio di volte, mollò le posate, distolse lo sguardo dal telegiornale e mi allungò uno scappellotto.
“Ahio! Cosa ho fatto ora?” Protestai.
Mi fissò con i suoi occhi chiarissimi e l’aria burbera di sempre, poi ordinò: “Su, affacciati e senti cosa vogliono quei piccoli rompicoglioni dei tuoi amici; ché così non mi fanno capire una sega! Già non lo sopporto quello del telegiornale, se non mi fanno neanche capire quello che dice, me lo spieghi tu cosa cazzo lo guardo a fare?”
Controllò il suo orologio e aggiunse: “Ma è appena l’una e quaranta! Come li fanno mangiare ‘sti bambini quelle scansafatiche delle loro madri? Li imboccano con la fionda? Su sbrigati Pietro, che sento che stanno iniziando a girarmi.”
“Tanto a te girano sempre!” Pensai mentre mi precipitai sul balcone.
“Era ora Pietro! Ma che te stai a magna'?” Dissero in coro Tonino e Sergio non appena mi videro.
“Veramente ho iniziato adesso! Ma che volete a quest’ora? E’ troppo presto, i miei si incaz… si arrabbiano se rompete all’ora di pranzo.” Risposi.
Fortunatamente avevo fatto marcia indietro in tempo. O almeno così speravo. Mia madre diventava una iena quando mi scappava qualche parolaccia. Diceva che, per quel genere di vocabolario, bastava e avanzava mio padre. E non è che avesse tutti i torti.
“Ma che ti sei rincoglionito? La proposta l’hai fatta tu ieri sera ed oggi già non te la ricordi più?” Mi ammonì incredulo Tonino.
“Allora davvero sei rincoglionito!” Aggiunse Sergio, che, dei due, era quello che andava sempre a rimorchio.
Finalmente lo sguardo mi cadde sulle biciclette appoggiate al muro scrostato della casa di fronte e la nebbia nella mia mente si diradò all’istante.
“Cazz…volo! Il fiume! Dobbiamo andare al fiume a fare il bagno! Me l’ero proprio scordato! Che testa di legno che sono!” Dissi
“Di legno è dir poco! Di cazzo è più esatto!” Disse Tonino ridendo e facendo ridere anche Sergio.
“Aspettatemi lì, finisco in fretta di mangiare e scendo. Non vi muovete!” Dissi ancora.
“Sbrigati però, che gli altri sono già sotto porta che ci aspettano. Avevamo detto alle due precise!” Insistette Tonino.
“E allora? Non sono ancora le due, stronzi!” Stavolta mi era scappata sul serio e sperare che sarebbe passata inosservata era un’illusione che neanche io potevo concedermi.
“Pietro! Vieni subito dentro!” Fu l’ordine militaresco di mia madre. Come volevasi dimostrare.
Rientrai immediatamente in cucina e la trovai già in posa per la predica. Si era tolta il tovagliolo da sopra le ginocchia, si era alzata in piedi, aveva divaricato leggermente le gambe, ma, quel che è peggio, aveva appoggiato il dorso delle mani sui fianchi, che era davvero peggissimo. Tutte e due le mani, la posizione della brocca, praticamente tuoni e fulmini in arrivo. Fosse stata una sola mano, la posizione a tazzina, come l’avevamo battezzata noi ragazzini, te la potevi anche cavare a buon mercato, ma con la brocca eri finito. Avrei volentieri pensato: “Erano cazzi!” Ma in quel frangente avevo persino paura a pensarle, le parolacce; non tanto per la sgridata, o gli scappellotti, che avrei potuto prendere e che avrei sicuramente preso; quanto per la paura che mi avrebbero potuto vietare di uscire. Quella si sarebbe stata una catastrofe planetaria.
“Allora, signorino? Quante volte ti ho ripetuto che non voglio che tu dica le parolacce?”
“Scusa mamma, mi è scappata!” Risposi col tono più innocente che riuscii a trovare.
Non vidi partire la mano, ma l’impatto con la mia testa lo sentii; eccome se lo sentii.
“Ahio!” Urlai tra il sorpreso, l’arrabbiato e il piagnucoloso. Poi guardai mio padre di traverso.
Lui raccolse il tovagliolo con la mano assassina, si pulì i folti baffi castani, mi fissò e disse: “Scusa, mi è scappato. Non volevo. Magari se ci avessi pensato prima, sarei anche riuscito a non dartelo; ma purtroppo è così che va il mondo e io non posso farci un cazzo di niente!”
Da una parte mia madre, ovvero la teoria, dall’altra mio padre, senza ombra di dubbio la pratica. Insieme formavano una morsa d’acciaio che mi avrebbe stritolato senza scampo. Potevo dire addio agli amici, al fiume, al bagno e a chissà quanti altri divertimenti.
Ma non andò così. Una via di fuga esisteva, ridotta al lumicino, ma esisteva ed io la imboccai di filata, incurante dei tremendi pericoli ai quali sicuramente andavo incontro. Non fu una scelta consapevole, proprio no, fui costretto ad imboccarla dalla rabbia e dal desiderio di vendetta per essere stato colpito, a mio avviso, ingiustamente e a tradimento.
“Allora perché lui le dice in continuazione?” Urlai verso mia madre, ma rivolgendomi più che altro a mio padre. Gli occhi mi si affollarono di lacrime, ma le trattenni stoicamente. Ero schifosamente orgoglioso, fin da piccolo. Era un colpo basso, lo ammetto, avventato e alla cieca, l’ultimo colpo, di quelli che come va, va; quello della disperazione, che ti può regalare il KO, ma che, più spesso, fa finire te al tappeto e trionfare l’avversario.
“Cosa, cosa?” Ringhiò basso mio padre.
“Le parolacce ecco cosa! Perché tu puoi dirne quante ne vuoi, ma se ne scappa una a me sono guai? Penso che se una cosa è sbagliata, è sbagliata per tutti!” Dissi, sempre con le lacrime in bilico e sforzandomi di non abbassare lo sguardo. Un rischio della Madonna!
Fu ancora svelto come un gatto, mi afferrò per la maglietta e mi trascinò a pochi centimetri da lui, facendomi rovesciare la sedia dove prima ero seduto. Ma come aveva fatto? Era grosso come un armadio e con la pancia di chi non sa mai dire di no ad una bella bevuta; ma quando si muoveva era Flash Gordon in persona. Certo che da grande avrei voluto essere come lui! Nessuno mai si sarebbe azzardato a prendermi in giro!
“Ascolta bene, stronzetto,” Mi disse inondandomi col suo alito di vino. Di vino: staccato,”L’unica persona che poteva dirmi ciò che dovevo, o non dovevo fare, era mio padre ed ora sta sotto un paio di metri di terra. Pace all’anima sua.”
Devo dire che il sospetto che lo avesse ammazzato lui mi attraversò la mente, ma mica potevo dirlo.
“Adesso ho quarantacinque anni,” Proseguì,” e nessuno, dico: nessuno, può permettersi di darmi degli ordini.”
“Io non…” Tentai di giustificarmi.
E giù un altro scappellotto, stavolta un po’ più sonoro, visto che mi rimbombarono i pensieri. Il vecchio ora era incazzato sul serio. Ora non potevo fare passi falsi. Dovevo stare attento a giocare bene le mie carte. Soprattutto dovevo uscire il più in fretta possibile da quella spiacevole situazione. Fortunatamente ed inaspettatamente mia madre arrivò in mio soccorso. Cuore di mamma non tradisce mai.
“Dai Alfredo, lascialo stare. Basta con gli schiaffi!” Disse con tono pacato ma perentorio.
“Cosa fai ora, Maria? Prendi le sue difese? Io intervengo a darti manforte e tu mi vieni contro? E’ ora che qualcuno insegni davvero l’educazione a questo moccioso sfrontato e se non vuole capire con le buone, peggio per lui! Io sono cresciuto a pane e scapaccioni tuttavia non mi sono mai sognato di rispondere a mio padre; anche perché mi avrebbe scorticato vivo!”
“Ma io non ti ho risposto male! Ho solo dett…”
Fu il terzo scappellotto della giornata a troncare il discorso e a sbaragliare la mia timida difesa.
“E basta Alfredo! Piantala di alzare sempre quelle tue manacce! Poi non picchiarlo sulla testa che è pericoloso!” Lo ammonì di nuovo mia madre.
“Così impara a parlare soltanto quando è interrogato! In quanto agli schiaffoni invece, di cosa hai paura? Per il tuo marmocchio la testa non è un organo vitale, visto che è vuota. O forse temi che il rimbombo possa causargli danno all’udito?” Concluse ridendo di gusto.
Cosa volete farci, mio padre era fatto in questa maniera: se la suonava e se la cantava. Faceva le battute e rideva da solo. Era capace di passare dall’incazzatura più nera all’ilarità più sfrenata, e viceversa, in un battibaleno. Difatti mi strizzò l’occhio, mi scompigliò i capelli neri e arruffati e disse:”Dai, finisci la minestra, mangia la carne e fila via. I tuoi amici saranno già in pensiero.”
“E no, cari miei!” Intervenne mia madre sempre mantenendo la posizione; ma ebbi l’impressione che la “brocca” in questa circostanza, fosse tutta per mio padre: “Con te facciamo i conti dopo,” Disse rivolta al vecchio, “In quanto a te signorino: ora finisci di pranzare, poi te la fili dritto, dritto in camera tua. Uscirai domani. Sempre che tu sia capace di non dire ancora parolacce.” E questo era per me.
“Ma dai, Maria! Tre sberle, per oggi, vanno più che bene come punizione. Domani, se si azzarderà ancora ad essere maleducato, lo portiamo al fiume e ce lo affoghiamo! Così ci togliamo il pensiero!” Detto ciò si batté forte sulle gambe e rise a crepapelle.
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mynameis-gloria · 5 months
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Sono mesi in cui sembro assente e in cui la mia testa è immersa h 24 nel lavoro, nelle strade ancora deserte alle 6 di mattina e un po' più trafficate alle nove e mezza di sera, mesi in cui cerco di giostrarmi tra casa famiglia, dieta, allenamento e lo studio. Sì, perché c'è pure quello. Un corso che al momento mi sembra solamente di finanziare mensilmente senza poter fare davvero. Perché la mia testa non c'è, non c'è il tempo ed io arrivo a casa che sono davvero cotta. Ed un giorno a settimana di riposo non mi basta. Mesi in cui non sono uscita molto, in cui le mostre le vedo tramite storie di Instagram di altre persone, così come le cene e tutto il resto. Mesi in cui Bologna è ancora lontana, in cui il tempo trascorso con amiche è quasi raro e gli aggiornamenti "quotidiani" ce li scambiamo tramite audio che paiono podcast per la lunghezza e passano giorni tra una risposta e l'altra. Mesi senza treni, spazio per fare quello che mi va senza dover guardare le due lancette maledette, in cui più volte mi son sentita sotto pressione, ed anche dispiaciuta per tutto questo "nuovo" attorno a me, che non è facile e che per il momento non posso cambiare, se non imparando a conviverci ed in un certo senso abituarmici, gestire, trasformare e trovare il buono che c'è. Ed il tempo lo vedo davvero scorrere via veloce come uno di quei treni su cui vorrei tanto salire, così per svagare la mente, cambiare aria, godermela un po'! ritrovare e riabbracciare persone. È solo uno dei miei monologhi di pensieri (tra l'altro serata sbagliata avendo la sveglia alle 5 domattina), Solo che è difficile far capire alle persone quanto sia importante o quanto sia sincera su questo fatto e poi mi dico che se non lo capiscono perché perdere ulteriore tempo a spiegarlo, a dover dare giustificazioni, dover chiedere scusa, sentirsi quasi in difetto e persino in colpa, come se dipendesse da me personalmente...che poi ci sono pure fatti piacevoli, cose belle, semplicemente questo è quello che posso concedermi ora, poco e nulla probabilmente ma alle volte bisogna far sacrifici, stringere un po' di più i denti, comprendere quanto si sta già facendo mettersi il cuore in pace e persino rallentare, e respirare innumerevoli volte.
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vintagebiker43 · 4 months
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Stanno in fondo, nell'ultimo banco, vicini vicini. Iniziano già alla prima ora e vanno avanti con costanza per tutta la mattina. Intanto sono alti. E larghi. In prima la partenza era già buona, me li sono persi di vista un attimo con i vari lockdown, poi in terza di colpo il loro organismo ha deciso di ingranare tutte le altre dodici marce. Adesso sono due pezzi di armadio che opportunamente schierati tra i pali della porta non lascerebbero passare nemmeno una pallina da golf. O forse no, perché son distratti. Non li ho mai visti prendere un appunto della mia materia. Nonostante provenienza, lingua d'origine e pure caratteri totalmente diversi, questi due sono amici che più amici non si può. Sarà il fatto stesso di respirare l'aria pura che si respira sopra il metro e novanta, o l'essere accomunati nella vita dallo sguardo reverenziale dei primini che si fanno carta da parati al loro incedere, chissà.
Da quest'anno, poi, hanno anche inziato a condividere la passione per lo studio. Non delle mie materie, questo mai. Lo studio di un piano alimentare calibrato sulle loro esigenze sportive. Che Macho Man e Mister Muscolo non siano soltanto ragazzoni creciutelli, ma che sotto a quelle magliette a maniche corte fieramente esibite con -3 gradi ci sia del lavoro di palestra, è evidente. Palese. Anche il fatto di aver abbandonato gli outfit da maranza e di venire a scuola con la tuta come Danny Zuko quando prova tutti gli sport per cercare di far colpo su Sandy. So che sono attenti a rispettare il loro severo ma costante regime dietetico, perché lo rispettano nelle mie ore. Arrivo al mattino e trovo Macho Man alle prese con i fiocchi d'avena, la frutta secca e gli spicchi di mandarino. Ho lezione alla terza ora e vedo Mister Muscolo estrarre uno yogurt greco e una banana. Faccio assistenza tra la quarta e la quinta ora e vedo comparire un tupperware con l'insalata di riso venere, avocado e gamberetti che impestano l'aria per un sacco di tempo.
Io sono abituata a gente che cerca di mangiarmi di soppiatto davanti e di lato. Conosco il crepitio dei pacchetti di patatine, riconosco al volo l'odore del panino al tonno e percepisco il sentore di cotoletta sprigionarsi da certi involucri d'argento abbandonati sul termosifone. Ma qui siamo alla follia. Complice due ore di potenziamento, sono rimasta immersa tra gli stessi tardoadolescenti per quattro ore consecutive e ho visto, cadenzati, apparire un uovo sodo, una mela, un tramezzino con le fette di tacchino magro, un quadretto di cioccolato fondente, sei gherigli di noci, otto quadretti di tofu. Non fanno dieta loro. Mettono su massa. E ogni tanto a me parte lo sclero della professoressa, spesso causato dalla fame atavica che mi prende alle 13 dopo aver consumato tutte le mie energie a spiegare la Restaurazione, senza peraltro aver bruciato una sola caloria, perché ho scoperto che l'unica parte del corpo che la scuola mette sotto sforzo, oltre al cervello ma neanche sempre, è il fegato, che nel mio caso è grosso come un'anguria.
"Voi due, là in fondo, la finite?!" urlo facendo levare in volo uno stormo di operai che stavano lavorando in cortile. "Ma prof..." inizia Macho Man facendo finta di non masticare. Inutile, ha la bocca sporca di briciole. "Io faccio finta di non vedere fino a un certo punto, capisco gli orari, i pullman, capisco che mangiate quando potete, quando saltate l'intervallo! Ma quello lì che cos'è?" chiedo mentre vedo scomparire una vaschetta nello zaino.
"Bresaola, prof. Devo mettere su massa!" risponde Mister Muscolo che sta spazzolando le briciole di gallette di riso.
"Ragazzi, ma voi la massa la dovete mettere nel cervello! Ma come pensate di arrivare all'esame?" e inizio a giocarmi la perfida carta del terrorismo psicologico.
"Prof, ma ci sono tutti gli orari da seguire, il dietologo ha detto di essere rigorosi!" prova a difendersi l'indifendibile bicipite ambulante.
"Io è una vita che vi dico di essere rigorosi! Di farvi un piano di studio, di non arrivare sempre all'ultimo, di fare i compiti un po' per volta! Com'è che a lui date retta e a me no? Cos'ha lui più di me?" piagnucolo come nelle peggiori soap.
"Ma prof, lui ci ha spiegato che bisogna avere rigore e disciplina perché il nostro corpo è un tempio!" mi spiega ispirato Macho Man, e nel parlare scuote i riccioloni neri che immagino si leghi quando si allena.
"Ah, ma certo, il cervello lasciamolo stare, tanto il vostro corpo è un tempio! E quando arriva il giorno dell'esame nel tempio cosa ci fate?!"
"Eh, prof. Preghiamo".
Io me le vado a cercare.
@Portami il diario.
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kyda · 7 months
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ci provo a non disturbare le mie coinquiline che dormono mentre io mi sveglio prestissimo ogni mattina ma non è colpa mia se mentre cerco di arrivare in cucina a passo felpato sbatto il piede nella porta del bagno e quando arrivo sbatto il gomito nella porta della cucina e se mi cade il telefono dalle mani e sbatte fortissimo sul tavolo mentre per cercare di evitarlo faccio cadere anche la tazza e nel panico lascio messe male le scodelle dentro la dispensa che cadono pure a loro volta. mi dispiace se mi cadono i piatti gli uni sugli altri mentre li lavo e che sono io la coinquilina rumorosa ma più ci provo a non esserlo e meno mi riesce, sono troppo sbadata non lo faccio apposta mi dispiaceee
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kon-igi · 4 months
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SE TRENTA MI DÀ TANTO
Ieri sera in privato ho avuto un bel scambio di punti di vista con @nusta (che taggo non per questo ma perché geograficamente interessata dall'argomento di questo post... quando ci arrivo!) fondamentalmente vertenti sulla mia frase 'una ragazza che ha terminato la transizione FtM' (N.d.A - Female To Male, da femmina a maschio).
Giustamente, lei mi ha fatto notare (in modo non polemico ma riflessivo) che la mia frase - sintetica per necessità di 'colpo di scena' - era scorretta perché la persona 'era ragazza già prima a prescindere dalla transizione che ha solo "esplicitato" la sostanza' e che purtroppo in alcuni ambiti digitali non cis questo errore mi avrebbe potuto valere un'aspra reprimenda se non addirittura un attacco diretto.
Non conosco tutte le sfumature espressive del movimento trans e per le mie limitate esperienze devo dire che ho trovato persone molto accondiscendenti verso gli inevitabili errori da parte del sottoscritto ma non dubito che come in ogni ambito si sviluppi una frangia molto agguerrita che per inclinazione o principio si possa triggerare a prescindere (gradito spiegone dalle persone trans che mi leggono).
Il punto del post è che adesso tratterò in modo leggero e simpatico un argomento molto importante che per il suo impatto sulla vita di tutti noi credo sarà inevitabile scateni una polarizzazione tra i vari diversi attori della questione...
LE CAZZO DI ZONE URBANE CON IL LIMITE DEI 30 KM ALL'ORA PER I VEICOLI A MOTORE
Bologna li ha già resi operativi (da cui il tag per Nusta)
Tumblr media
e qua comincia la polarizzazione con schieramento in trincea tra:
AUTOMOBILISTI
MOTICICLISTI
CICLISTI
PEDONI
Io per natura animale e istintiva appartengo al primo gruppo perché per il secondo conosco la traumatologia clinica ortopedica, per il terzo non ho sufficiente energia e per il quarto mi pesa il culo e/o odio aspettare i mezzi.
In un mondo ideale fatto di amore per il prossimo e di oculata scelta dei propri ritmi di vita, questo post non avrebbe ragione di esistere perché un ambiente urbano dove i mezzi non superano i 30 km/h è salutare per le ossa di chi non sta dentro la macchina e per la salvaguardia mentale e polmonare di tutti
MA
qualche mese fa sono andato alla discarica di paesello a portare alcune cose e mi sono accorto che la polizia municipale stava allestendo il telelaser sulla curva di una strada dove c'era il limite di 30 km/h... ovviamente sapevo che al ritorno li avrei trovati lì, tutti frementi e puntanti, quindi prima del cartello di divieto ho frenato e ho cominciato a tenere quella velocità.
Li vedevo piccoli laggiù in fondo al rettiline prima della curva...
Li vedevo piccoli...
Li vedevo piccoli e non si ingrandivano...
Piccoli ma mi puntavano addosso il cannone laser della Morte Nera...
Piccoli ma quasi vedevo i loro occhi cattivi e desiderosi che mi scappasse il piede sull'acceleratore... accelleratore che stavo premendo con la punta dell'alluce, delicato come se stessi disattivando 50 chili di plastico su un biplano senza carburante in picchiata dentro a un vulcano in eruzione.
A un certo punto ho pensato 'Vabbe'... adesso metto in folle, scendo e la spingo!'
Dopo un intervallo di tempo pari a quello di una vecchia che cerca gli spiccioli alla cassa del supermercato, finalmente li supero e penso 'Credo che oggi i conti del mio comune non solo andranno in pari ma si compreranno pure il Manchester City dagli arabi...' perché qua ve lo dico con il succitato amore di prima
A LIVELLO NEUROANATOMICO È FISICAMENTE IMPOSSIBILE RIUSCIRE A TENERE UNA VELOCITÀ SIMILE SENZA FARSI VENIRE UNA NECROSI AL TIBIALE ANTERIORE, SENZA STACCARE GLI OCCHI DAL TACHIMETRO O - E QUA PARLO PER ME - BESTEMMIARE TUTTO IL CALENDARIO FACENDO IL GIRO DELL'ANNO IN 10 SECONDI.
Ora lascio la parola a tutti i pedoni e i biruote, che amo in modo indistinto e che vorrei sempre protetti dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontreranno per la loro via, dalle ingiustizie e dagli inganni del loro tempo e dai fallimenti che per loro natura normalmente attireranno...
Però nessuno mi toglierà l'impressione che i 30 km/h vengano usati per far abbassare la velocità media dai 90 perlomeno ai 50, visto che qua in Italia i numeri dentro ai cartelli tondi col bordo rosso sono solo un suggerimento. E sempre per gli altri.
P.S.
Prevengo chi mi dirà che nell'impatto a 30 km/h con un autoveicolo il pedone avrà il 90% di probabilità di non avere lesioni mortali, contro il 60% dei 50 km/h e il 20% dei 70 km/h. Lo so bene perché ne ho curati parecchi.
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è da giorni che penso a questo messaggio e a come scriverlo, ho avuto questa discussione nella mia testa centinaia di volte.
sono stanca.
e sono stanca di definirmi così, uso questo aggettivo su di me da così tanto tempo che spesso mi sembra che non ci sia nientaltro da dire.
"che persona è Sophie?" "stanca".
descrizione completa della mia persona.
in questi giorni non faccio altro che piangere, in continuazione, anche per le cose sciocche.
mi cade dello zucchero? è un chiaro segno della mia incompetenza. pianto di tre ore.
la lavatrice non centrifuga? sono assolutamente inadatta a qualsiasi ruolo. altro pianto.
sto piangendo talmente tanto che i miei occhi ormai si sono abituati, rimangono gonfi e rossi a priori, così posso simpaticamente dire che in realtà mi sono spaccata di canne.
ho perso le mie uniche due amiche e mio padre nel giro di un mese.
solo che se le prime sono vive e vegete ma semplicemente se ne battono il cazzo, l'altro è morto e sepolto (più o meno, direi cremato).
non mi sono mai sentita così sola in vita mia e così incapace di chiedere aiuto.
che poi, mi sono fatta pure un tatuaggio sulla difficoltà di chiedere aiuto. cosa pretendevo da me stessa?
io so di non meritare molte cose che sto vivendo adesso. lo so, è così, ci dev'essere stato qualcosa che è andato storto e adesso mi ritrovo ad essere il guscio vuoto di ciò che una volta ero.
mi ero ripromessa di non volermi più sentire così.
invece dopo anni sono nuovamente qui, a sentirmi ancora peggio per gli stessi atteggiamenti.
a sentirmi nuovamente nessuno, piccola e inutile. la persona che puoi mettere sulla mensola per poi dimenticatene, come se fosse un soprammobile.
ora, io mi impegno sempre un sacco.
nei rapporti umani posso permettermi di dire di essere una fuoriclasse.
cene, uscite, mostre, concerti, viaggi, shopping, ti porto anche i fare i brunch se vuoi.
quando arrivo a dirti che ti voglio bene, lo percepisci che è reale, che quel "bene" lo puoi quasi toccare, perché è effettivamente lì.
ecco, ora io non so mai come interpretare il bene che mi viene detto e che poi, quando c'è da dimostrarlo, non si può toccare.
quando la persona che me lo ha detto quel "ti voglio bene" sparisce e basta a fronte di uno dei periodi più brutti e tosti della tua vita.
anzi, proprio il più brutto.
come devo interpretare il tutto? era un ti voglio bene a tempo determinato? a progetto? un po' lo stagista dei ti voglio bene?
non so se queste persone si rendono conto di ciò che lasciano e del male che fanno.
non so se si rendono conto che determinati gesti fatto e che il tempo speso non è dovuto, anzi, determinate cose vanno guadagnate e bisogna esserne anche grati; il tempo è la nostra risorsa più importante e mi avvilisce notare come la utilizziamo accanto a persone che non se ne fanno nulla.
smetterò mai di sentirmi così?
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ossicodone · 1 year
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Ho sempre guardato con ammirazione le persone che a un certo punto della loro vita decidevano di lasciare questo social, più o meno come quelli per cui l'ultima sigaretta, era davvero l'ultima sigaretta, non come la sigaretta della coscienza di Zeno. Non so cosa scattasse in loro, ho sempre visto tumblr come un posto sicuro dove vomitare miei pensieri, mie intimità e mano a mano rapportandomi anche con altre persone nel corso del tempo son cambiato tantissimo. Son cambiato nel momento in cui ho eliminato il mio primo blog con cui son diventato più popolare, ma si dai avete capito, quello con sessanta mila e passa followers che non so perché siano capitati a me ma che mi son ritrovato di punto in bianco dopo aver scritto una sorta di poesia, sì i più datati si ricorderanno di quale parlo. Lo cancellai e ne aprii un altro in cui il mio anonimato duró poco perché il mio stile di raccontare le cose era facilmente riconoscibile. Accettai di nuovo di essere in vista dai più, ma ero molto diverso. Meno scritti intimi, più cose sarcastiche, accadimenti divertenti della mia vita, risposte a domande anonime solo di carattere medico o consigli. Che poi mi ci vedete a me a dare consigli? Eppure oh, sembrava funzionassero. Son bravo a predicare ma poi quando si tratta di me son una chiavica. Una chiavica vera, un inetto, un Serafino Gubbio operatore che guarda da lontano la sua vita da una cinepresa e non vi partecipa. Vabbè fatto sta che lasciai l'ennesimo blog per farne un altro e fingermi una ragazza, per un periodo son stato Jasmin e scrivevo solo, non avevo interazioni con nessuno e poi alla fine è finita che mi han riconosciuto anche lì. Arrivo ad oggi che non so davvero cosa posso dare di più su questo social, dopo quindici anni sento di aver dato forse troppo in pasto a chi poi ha rigirato spesso le cose a suo favore, giusto per parlare di qualcosa con le amiche, giusto per avere una freccia in più al loro arco da poter scoccare al momento giusto. Arrivo ad oggi in cui non mi sento partecipe di questo mondo, tantomeno di questo social. Non mi sento più, vivo ma non vivo ed è davvero logorante per me continuare a fingere di star bene quando la mattina l'unico pensiero che ho è: "e pure oggi non sto fra i convocati del Signore". Magari questa cosa di salvare il mondo, aiutare il prossimo mi si sta ritorcendo contro. Faccio miei dolori altrui, i miei non so risolverli, accumulo e non voglio farmi aiutare perché non sia mai che porto nella merda qualcuno a me caro. E sto in questo loop, in questo mio inferno personale, creato su misura per me da me medesimo. E chi meglio di me poteva costruire questo castigo infernale? Forse voglio punirmi, ma per cosa? Perché continuo? E se me ne andassi? Ma ci pensate, se da domani io non esistessi più e tutto ciò che rimanesse di me sarebbe questo post? Credete sia possibile? Andarsene in silenzio, in punta di piedi, senza scomodare o disturbare nessuno, perché non voglio questo. Ma cosa voglio per me? Davvero non sarebbe bello? Sparire, da ogni social, non essere più partecipe. Oggi mi han detto:"lei mi ha salvato doc" e son stato felice ed ho pensato alla mia promessa:" una vita per una vita". Certo me lo ha detto la nonnina dissociata di ottant'anni, ma per lei io in quel momento l'ho salvata. Salvare, salvarsi, una vita per una vita. Sono pronto.
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